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DIRITTO CANONICO I
(ad usum privatum. Anno accademico 2017-18)
1. DIRITTO E GIUSTIZIA
— La persona umana è libera e responsabile: domina i suoi atti, non può essere oggetto di dominio
e può dominare le cose.
— Le cose sono attribuite a distinte persone: possiamo affermare che una cosa è mia o sua.
— Le cose possono trovarsi di fatto nel dominio di chi non è il legittimo dominus: ne segue il
dovere di dare a ciascuno il suo, ciò che gli spetta
— Dal fatto di essere le cose in potere di uno deriva il dover essere, il dovere di dare a ciascuno il
suo.
— Questo suum venne chiamato in Roma lo ius
— Il dare a ciascuno il suo è un’attività buona. L’abito della volontà di dare a ciascuno il suo
diritto è una virtù, la virtù della giustizia. E’ classica, e molto precisa, la definizione romana di
giustizia, attribuita a Ulpiano: «Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique
tribuendi» (Dig. 1.1.10)
Il diritto è quindi l’oggetto della virtù della giustizia, la stessa realtà giusta. E’ ciò che appartiene ad un
soggetto in quanto gli è dovuto: il suum in quanto dovuto
Questa concezione del diritto e della giustizia è stata assunta da S. Tommaso d’Aquino con particolare
brillantezza. Nel suo trattato sulla virtù della giustizia, definisce il diritto come l’oggetto della
giustizia, come ciò che appartiene ad un soggetto e bisogna darglielo. Il diritto è, per il Dottore
Angelico, ipsa res iusta (cfr. Summa Theologica, II—II, q. 57).
— L’atto di costituzione di un diritto non è di giustizia: la giustizia segue il diritto (e non
viceversa).
— Poiché il diritto è dovuto è anche esigibile; da qui nasce il diritto soggettivo, inteso come la
facoltà di esigere la cosa dovuta (ma il diritto è la cosa, il suo in quanto dovuto, non la facoltà
di esigere il diritto).
— I termini «res iusta», «suum», «ius» racchiudono tutto ciò di cui l’uomo può dire «mio, tuo,
suo» e può stare in potere di altri
la cosa giusta può essere materiale (una casa, denaro, ecc.) o immateriale (fama, carica, ecc.)
se non può entrare sotto il dominio di un altro non è il «suum» nel senso giuridico (p. es., i pensieri).
— «Il suo» si riferisce a qualunque modalità in cui si può affermare che una cosa è nella sfera di
potere di una persona
La cosa può essere sua in quanto il titolare del diritto è il proprietario o l’amministratore o l’utente, sicché
una stessa cosa può essere diritto di diversi soggetti, ma sotto aspetti differenti.
— «Dare» ha un significato molto ampio: conferire, rispettare, restituire, trasferire, somministrare.
— Giustizia e uguaglianza
Si suole collegare la giustizia con l’uguaglianza perché il giusto è l’uguale, nel senso che ciò che si dà
deve essere uguale a ciò che si deve
In una relazione di interscambio, le cose scambiate devono essere uguali o equivalenti
L’uguaglianza, però, può essere d’identità, di equivalenza (uguale valore) o di proporzionalità (secondo la
finalità della ripartizione e secondo la relazione che i soggetti hanno nei confronti di tale finalità)
Giustizia versus egualitarismo.
— Il titolo è ciò che attribuisce la cosa al soggetto. La stessa natura umana può essere il titolo di
un diritto (naturale); p. es., il diritto alla vita. Altri titoli sono il frutto di un atto umano; per
esempio, un testamento che attribuisce un patrimonio all’erede.
— Il fondamento è ciò che fa sì che un soggetto possa essere soggetto di un diritto.
• Il fondamento prossimo è la peculiare circostanza che fa sì che un soggetto possa essere
il titolare di un diritto.
• Il fondamento ultimo è sempre la condizione personale dell’uomo
La persona infatti è padrona del proprio essere, non può appartenere ad un altro perché è libera, è sui
iuris. La persona umana, con il suo agire libero, è responsabile e padrona dei suoi atti e delle
conseguenze che ne derivano. Proprio perché la persona è libera può dominare le cose.
— Le cose appartengono alle persone in un modo determinato. Perciò si parla della misura del
diritto, che indica la delimitazione della cosa, il modo di possederla, le condizioni di uso, ecc.
— Giuridicità. Giuridicità e coercibilità
5. DIRITTO E LEGGE
— La legge (e le norme in generale) si danno per ordinare la vita sociale verso il bene comune.
— Nell’ordinare la società, si attribuiscono determinati diritti: la legge è causa (non esclusiva) e
misura dei diritti: è titolo di alcuni diritti
— L’arte di dare leggi è un’arte politica.
— La legge deve rispettare diritti precedenti alla legge.
— L’arte di saper dare a ciascuno il suo (conoscenza pratica, riguardante l’agire umano) è
chiamata fin dai romani l’arte giuridica
L’esperto in quest’arte è il giurista
Il giurista ha il compito della iuris-dictio
Il iudex è il giurista che ha il potere di vincolare con la sua iuris-dictio
Colui che dà ad ognuno il suo è il giusto.
— L’uomo giusto è colui che ha la virtù di dare ad ognuno il suo; il giurista è colui che sa di chi
sono i diritti e in quale misura.
— Essendo l’oggetto della giustizia il diritto e dovendo il diritto avere un fondamento, un titolo e
una misura, il giurista dovrà identificare il fondamento, il titolo e la misura del diritto in un caso
specifico, in modo da poter indicare dove è il diritto, quale è il suum di ognuno, in quale misura
gli appartiene.
— Trattandosi di dare una soluzione ad un caso concreto, l’arte giuridica si configura come un’arte
prudenziale (iuris-prudentia).
— La conoscenza della legge da parte del giurista
• Il giurista conosce le leggi, non come interesse diretto, ma in quanto esse determinano il
diritto
• Per conoscere la legge bisogna interpretarla
«Scire leges non hoc est verba earum tenere, sed vim ac potestatem» (Dig. 1.3.14 [Celsus])
• Per conoscere il diritto occorre conoscerne il titolo. Studio “giuridico” della legge:
finalizzato alla legge e criticato alla luce dei diritti.
• L’arte giuridica non è sapere o interpretare la legge ma dire quale è il diritto.
• L’equità in quanto supera il giusto legale.
— Chi nega l’esistenza del diritto canonico oppure muove da una visione errata del mistero della
Chiesa oppure concepisce il diritto in modo sbagliato
— Fin dai primi secoli del cristianesimo si osservano alcune posizioni contrarie al diritto canonico:
• I montanisti, poiché negano la mediazione dei ministri,
affermando che la Chiesa si riunisce attorno allo Spirito e non attorno ai vescovi, creavano una scissione
fra quello che sarebbe la Chiesa dello Spirito e la Chiesa istituzionale; i fedeli «spirituali», secondo i
montanisti, non avrebbero bisogno della mediazione dei ministri. Così facendo, i montanisti
negarono le relazioni interpersonali all’interno della Chiesa e quindi l’esistenza del diritto canonico
• I donatisti, poiché facevano dipendere la grazia dai meriti dei ministri
in questo modo, si negava il diritto a ricevere la grazia attraverso i sacramenti, poiché essa, nella loro
opinione, dipendeva da meriti altrui e, pertanto, non poteva costituire un diritto di colui che la
riceveva
• L’antigiuridismo di matrice protestante
A parte alcune posizioni del medioevo che rifiutavano l’esercizio del potere ecclesiastico, è
l’antigiuridismo più importante, che è arrivato fino ai nostri giorni
E’ significativa l’azione di Lutero di bruciare il Corpus Iuris Canonici (Wittemberg, 10.XII.1520), quale
segno di rottura con la Chiesa Cattolica
I protestanti concepiscono la Chiesa come realtà spirituale; la comunità (umana) dei credenti, che ha
bisogno del diritto, costituirebbe un elemento esterno alla comunicazione della grazia
Il diritto, pur necessario, sarebbe contingente e non essenziale alla Chiesa: la disciplina della comunità
cristiana può essere regolata dal potere secolare
Le critiche di Rudolf Sohm (opposizione tra Chiesa istituzionale e Chiesa carismatica) e Karl Barth («ubi
tres, Ecclesia est», la Chiesa sarebbe un «evento» ma non un’istituzione mediatrice)
• Recentemente e all’interno dell’ambito cattolico: opposizione tra diritto e carisma (e
libertà)
— Le reazioni tradizionali contro queste posizioni antigiuridiste hanno fornito queste ragioni:
• Cristo fondò la Chiesa come società: «ubi societas, ibi ius»
• La società ecclesiastica è gerarchica e «perfetta»: obbligo giuridico di obbedire
• La vita della primitiva Chiesa dimostra che fin dall’inizio c’è stato il diritto nella Chiesa
• E’ palese la giuridicità di alcune conseguenze sociali della vita della Chiesa (dominio
dei beni materiali, governo delle comunità, ecc.).
— Insufficienza di queste ragioni
• presentare il diritto come uno strumento di potere (essendo la società ecclesiastica
gerarchica ci deve essere lo strumento del diritto per poter governarla)
• il diritto canonico si troverebbe nella «periferia» della Chiesa
non si giustifica del tutto la necessità di un diritto «canonico», separato dal diritto civile.
— Per far fronte a queste difficoltà bisogna osservare il mistero della Chiesa (Optatam totius, 16),
senza dimenticare la nozione di diritto
• La cost. dogmatica Lumen Gentium (n. 8) ricorda che la Chiesa è una realtà complessa,
composta da un elemento umano e un elemento divino
Non debole analogia con l’Incarnazione del Verbo
E’ facile scorgere alcune manifestazioni giuridiche derivate dalla presenza dell’elemento umano, ma ciò
non è sufficiente
• Bisogna trovare la giuridicità proprio nell’essenza intima della Chiesa fondata da Cristo
• La Chiesa è l’assemblea, convocata da Dio, che si struttura sulla base della Parola e dei
sacramenti
Crede nello stesso Vangelo e gode degli stessi strumenti salvifici, cioè i sacramenti
La Chiesa è la depositaria della dottrina della fede e dei mezzi salvifici
La Chiesa è communio fidei e communio sacamentorum.
— La domanda sull’esistenza del diritto canonico è se la Parola e la grazia ricevuta attraverso i
sacramenti abbiano una dimensione giuridica (cioè, se la Parola e la grazia contenuta nei
sacramenti possano essere oggetto di diritto).
— Difficoltà per l’esistenza del diritto canonico: l’economia della grazia non è divisibile, né si
danno le dimensioni di quantità, spazio e tempo proprie delle cose esterne costituenti diritto, le
quali devono essere ripartite e suscettibili di stare in potere di altri
Sembra un controsenso parlare di diritto alla grazia
Come mai si può avere diritto ai meriti di un Altro (Cristo)?
— Il diritto alla grazia (trasmessa per i sacramenti)
La grazia ce l’ha ottenuta Cristo. Ci può essere un diritto alla grazia, ai meriti di un Altro (Cristo)?
Bisogna distinguere, in effetti, la grazia dal diritto, ma bisogna ricordare che un atto di «grazia» può
creare un diritto. Cristo ha voluto «istituzionalizzare» la grazia, istituendo i sacramenti, i quali hanno
un’efficacia ex opere operato, vale a dire per il semplice fatto di essere amministrati, senza che
intervengano i meriti del ministro che amministra il sacramento. Ciò significa che Cristo ha già
attribuito la grazia ai fedeli, «istituzionalizzandola» nei sacramenti. Evidentemente l’atto di istituire i
sacramenti è un atto di liberalità divina nei confronti degli uomini, ma un atto che ha costituito un
diritto: gli uomini hanno diritto a ricevere la grazia contenuta nei sacramenti, perché Cristo ha
istituito i sacramenti allo scopo di amministrare la grazia: i ministri dei sacramenti hanno il dovere
(di giustizia) di amministrare ciò che è nel loro potere e che appartiene agli altri (i sacramenti).
Pertanto, si ha un diritto alla grazia, nel senso che si ha un diritto ai sacramenti nei confronti di altri
uomini (i ministri dei sacramenti), non nei confronti di Dio. In ciò si trova l’errore di coloro che non
conoscono l’essenza della Chiesa: pensare che il diritto canonico non è vero diritto perché riguarda i
rapporti degli uomini con Dio.
— Analoghe considerazioni si potrebbero fare a proposito della Parola rivelata: Dio ha affidato il
deposito della fede affinché esso sia annunciato.
— Il diritto ai carismi ricevuti e il ruolo dell’autorità ecclesiastica.
— «Nescire quid antequam natus sis acciderit, id est semper esse puerum» (Cicerone, Orator, 120)
— Storia delle fonti e storia delle istituzioni. Storia della scienza canonica. Essendo il diritto
canonico il suum di ognuno nella Chiesa e l’arte giuridica il saper identificare il diritto, la storia
del diritto canonico non è altro che la storia dei problemi giuridici e delle loro soluzioni
— Fino a Nicea (a. 325). Primi sviluppi organizzativi
— Dopo Nicea:
• Il problema dei lapsi
• Le penitenze pubbliche, i libri penitenziali
• Rapporto Chiesa e società civile
• Rapporto tra i fedeli e la Gerarchia
• Differenze tra Oriente e Occidente, lo scisma di Oriente
• La nomina dei vescovi
• Lo sviluppo delle distinte forme di vita religiosa. I chierici religiosi: autonomia e
dipendenza dalla Gerarchia
• La Riforma gregoriana
— Le università europee e la nascita della scienza del diritto canonico. Il Decreto di Graziano
(1140 circa)
— Le decretali e le collezioni delle Decretali. Il Corpus Iuris Canonici. Età classica della scienza
del diritto canonico
— La rottura protestante. Il Concilio di Trento
— Lo sviluppo territoriale della Chiesa. I problemi delle terre di missione. La Congregazione di
Propaganda fidei
— Il Concilio Vaticano I e la decisione della codificazione. Il Codice del 1917
— Il Concilio Vaticano II.
— Il Codice del 1983 e il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali
III. NOZIONI GENERALI
LA LEGGE CANONICA
1. NOZIONE DI LEGGE
3. LEGGE E DIRITTO
4. IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ
— Diritto all’uguaglianza
— Diritto alla certezza e alla sicurezza giuridica
— Il principio di legalità penale
— La sottomissione del governo ecclesiastico al principio di legalità. La gerarchia di norme
— Legge e consuetudine canonica
— L’aequitas
IV. DIMENSIONE GIURIDICA DEL POPOLO DI DIO
— La Chiesa fondata da Cristo. Popolo di Dio. Battesimo, dignità battesimale. Funzione specifica
agli Apostoli. Ne derivano due principi: uguaglianza fondamentale e principio gerarchico.
Diversità funzionale.
— Principio di uguaglianza. Si diventa membri della Chiesa mediante lo stesso battesimo:
membri dello stesso Corpo.
Attraverso il Battesimo ci incorporiamo alla Chiesa ed acquistiamo la condizione di "fedele" (Can.
204): tutti siamo "fedeli" (altrimenti si sarebbe "infedeli").
Can. 208, LG n. 32c: comune condizione di fedele (statuto giuridico comune): piano d’uguaglianza
nella dignità (nell'essere: figli di Dio, sacerdozio comune, chiamata alla santità) e nella azione
(nell'operare: corresponsabilità nella missione della Chiesa, apostolato)
— Categoria di fedele. Fedele, laico, chierico, consacrato
• E' riscoperta dal Vaticano II:
• "Duo sunt genera christianorum" (S. Girolamo, Graziano)
Interpretazione storta di questo principio per negare un’uguaglianza fondamentale fra i fedeli
Clericalismo
Tendenza a ridurre in pratica la chiamata alla santità alla vita religiosa
— Conseguenze del principio d’uguaglianza: tutti i battezzati sono fedeli; tutti sono chiamati alla
santità e all’apostolato; tutti hanno la stessa fede, gli stessi sacramenti e sono sottoposti allo
stesso regime; tutti godono degli stessi diritti e doveri fondamentali
— Principio gerarchico. Nella Chiesa c’è per volontà divina una gerarchia. Funzione pubblica
riservata all’ordo. Spetta ai vescovi, in comunione con il Romano Pontefice, e ai loro
collaboratori predicare la Parola di Dio con autorità, amministrare i sacramenti e governare il
Popolo di Dio. La potestà è un servizio
Alcune funzioni e ministeri vengono esercitati in nome e rappresentanza di Cristo Capo, da Lui
stabiliti e affidati alla gerarchia. E’ un servizio a tutto il Popolo di Dio. Non intacca lo statuto
fondamentale dei fedeli. Non si è più fedele (più battezzato, più membro della Chiesa, più figlio
di Dio) per il fatto di occuparsi degli affari della gerarchia ecclesiastica. Pertanto non è un diritto
dei fedeli svolgere queste funzioni
— Principio di diversità funzionale
• Il principio gerarchico crea una diversità funzionale, poiché i fedeli che assumono il
compito dell’ordo sono segnati a questa funzione pubblica, dalla quale scaturiscono
diritti e doveri. Senza nulla togliere alla uguaglianza fondamentale in quanto fedeli, c’è
una distinzione funzionale tra ordinati o chierici e laici (nel senso di non ordinati)
• In seguito ai doni elargiti dallo Spirito Santo alla Chiesa alcuni fedeli assumono una
funzione ufficiale e pubblica mediante la consacrazione. Sempre sulla base
dell’uguaglianza fondamentale dei fedeli esiste un’altra differenziazione funzionale tra i
fedeli chierici o laici e i fedeli consacrati (chierici o laici)
• La consacrazione comporta una funzione pubblica e ufficiale nella Chiesa
• Consacrazione e vita religiosa
• La consacrazione dei ministri sacri
— Ordinati e non , consacrati e non e missione positiva dei laici
— Armonia tra uguaglianza e diversità
• Statuto giuridico fondamentale dei fedeli
• Le diverse condizioni canoniche dei fedeli laici, chierici e consacrati
1. ESISTENZA E CARATTERISTICHE
— Diritti umani (beni della persona promananti dalla natura umana) presenti nella Chiesa
— Diritto fondamentali dei fedeli: beni promananti dal battesimo. Fondamento e titolo
• Diritto fondamentale astratto e concretezza del titolo che lega il debitore
• Diritto come bene appartenente ad una persona. Superazione della concezione liberale
dei diritti come spazi di potere o di libertà limitati solo dalla libertà altrui
• Diritti dei fedeli e comunione ecclesiastica
— Statuto giuridico del fedele
• prima era previsto nella Lex Ecclesiae Fundamentalis [LEF]);
• La formulazione del Codice. Cann. 208-223
Anche se non è una legge fondamentale, questi canoni, per i loro contenuto, prevalgono su eventuali
disposizioni contrarie. Il Codice non sempre formula i diritti in maniera ineccepibile sotto il
profilo tecnico-giuridico.
— Limiti dei diritti dei fedeli: la stessa delimitazione della costituzione dei beni; i diritti altrui, la
funzione della gerarchia e il bene comune della Chiesa (can. 223)
— Caratteristiche: universali, permanenti, irrinunciabili
Non si possono perdere, soltanto sospendere (per delitti soggetti a pena; per mancanza di piena
comunione, ecc.) (cfr. can. 96)
2. DESCRIZIONE DEI DIRITTI E DEI DOVERI FONDAMENTALI DEI FEDELI (CC. 208-223)
2. DIRITTI E DOVERI
— Lo statuto giuridico del chierico è composto dai diritti e doveri specifici degli ordinati che si
aggiungono a quelli del comune fedele o che determinano l’esercizio dei diritti e doveri
fondamentali.
— Il CIC tratta dello statuto del chierico nei cann. 273 e ss.: sostentamento; condotta in pubblico,
restrizione di alcuni diritti di libertà; dovere di obbedienza nel ministero, ecc.
— Tra i diritti fondamentali dei fedeli che acquistano una fisionomia particolare nel caso dei
chierici si trova il diritto di associazione il quale ha una particolare rilevanza giuridica. Tra i
doveri va sottolineato quello del celibato.
— Speciale statuto dei diaconi permanenti (cfr. can. 288)
— Cause:
1. Sentenza giudiziale o decreto sulla nullità dell'ordinazione (si perde la condizione
giuridica perché si dichiara che non esiste la situazione di fatto)
2. Pena di dimissione per qualche delitto.
3. Per rescritto della Santa Sede.
— Can. 290: il carattere non si può perdere; si perde soltanto la condizione giuridica di chierico:
si perdono i diritti e i doveri specifici del chierico, si proibisce di usare la potestà di ordine, si
perdono gli uffici, ecc.
— Tranne nel caso di dichiarazione di nullità dell’ordinazione, la perdita dello stato clericale non
toglie il dovere del celibato. La dispensa dall’obbligo del celibato la concede il Romano
Pontefice.
— Can. 293: Ritorno allo stato clericale, solo per rescritto Sede Apostolica.
— I seminari
• Nozione. cc. 235-237
• Tipi di seminario:
maggiore e minore.
Diocesani, interdiocesani e internazionali
— Formazione previa e formazione continua: diritto e dovere
— Diritto di giudizio di idoneità dei candidati. Il dovere morale di farsi conoscere
— La questione del (non) diritto all’ordine