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SCHEMI DELLE PRIME LEZIONI DI

DIRITTO CANONICO I
(ad usum privatum. Anno accademico 2017-18)

I. IL FONDAMENTO DEL DIRITTO CANONICO

1. DIRITTO E GIUSTIZIA

1. LE NOZIONI SUL DIRITTO CANONICO

— Possono osservarsi queste nozioni di diritto canonico:


• Il diritto canonico è il «complexus legum» emanato dalla competente autorità della
Chiesa
E’ la nozione predominante, soprattutto nella manualistica posteriore al Codice del 1917.
Prende le mosse dalla considerazione della Chiesa come «società perfetta» e come società gerarchica per
volere divino
Concezione normativista del diritto
Concezione della Chiesa incentrata nell’elemento gerarchico
• Il diritto canonico è il «sistema normativo» della Chiesa
Scuola dogmatica italiana
Sistema razionale
Normativismo
• L’ordine sociale giusto della Chiesa
Hervada (1°)—Lombardía
Tentativo di superare l’impostazione “clericale”
Rimane un certo normativismo
• Il diritto canonico è una realtà «analoga» al diritto secolare. La legge canonica è
un’«ordinatio fidei». Il diritto serve alla garanzia della communio
Scuola di Mörsdorf (Corecco ed altri)
La scienza canonistica è una scienza teologica
• Il diritto canonico è ciò che è giusto nella Chiesa (Hervada)
— Per studiare il diritto canonico occorre tenere presente il mistero della Chiesa (Optatam totius,
n. 16)… ma anche la natura del diritto.

2. IL DIRITTO QUALE OGGETTO DELLA VIRTÙ DELLA GIUSTIZIA

— La persona umana è libera e responsabile: domina i suoi atti, non può essere oggetto di dominio
e può dominare le cose.
— Le cose sono attribuite a distinte persone: possiamo affermare che una cosa è mia o sua.
— Le cose possono trovarsi di fatto nel dominio di chi non è il legittimo dominus: ne segue il
dovere di dare a ciascuno il suo, ciò che gli spetta
— Dal fatto di essere le cose in potere di uno deriva il dover essere, il dovere di dare a ciascuno il
suo.
— Questo suum venne chiamato in Roma lo ius
— Il dare a ciascuno il suo è un’attività buona. L’abito della volontà di dare a ciascuno il suo
diritto è una virtù, la virtù della giustizia. E’ classica, e molto precisa, la definizione romana di
giustizia, attribuita a Ulpiano: «Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique
tribuendi» (Dig. 1.1.10)
Il diritto è quindi l’oggetto della virtù della giustizia, la stessa realtà giusta. E’ ciò che appartiene ad un
soggetto in quanto gli è dovuto: il suum in quanto dovuto
Questa concezione del diritto e della giustizia è stata assunta da S. Tommaso d’Aquino con particolare
brillantezza. Nel suo trattato sulla virtù della giustizia, definisce il diritto come l’oggetto della
giustizia, come ciò che appartiene ad un soggetto e bisogna darglielo. Il diritto è, per il Dottore
Angelico, ipsa res iusta (cfr. Summa Theologica, II—II, q. 57).
— L’atto di costituzione di un diritto non è di giustizia: la giustizia segue il diritto (e non
viceversa).
— Poiché il diritto è dovuto è anche esigibile; da qui nasce il diritto soggettivo, inteso come la
facoltà di esigere la cosa dovuta (ma il diritto è la cosa, il suo in quanto dovuto, non la facoltà
di esigere il diritto).

3. ANALISI DELLA FORMULA DELLA VIRTÙ DELLA GIUSTIZIA

— I termini «res iusta», «suum», «ius» racchiudono tutto ciò di cui l’uomo può dire «mio, tuo,
suo» e può stare in potere di altri
la cosa giusta può essere materiale (una casa, denaro, ecc.) o immateriale (fama, carica, ecc.)
se non può entrare sotto il dominio di un altro non è il «suum» nel senso giuridico (p. es., i pensieri).
— «Il suo» si riferisce a qualunque modalità in cui si può affermare che una cosa è nella sfera di
potere di una persona
La cosa può essere sua in quanto il titolare del diritto è il proprietario o l’amministratore o l’utente, sicché
una stessa cosa può essere diritto di diversi soggetti, ma sotto aspetti differenti.
— «Dare» ha un significato molto ampio: conferire, rispettare, restituire, trasferire, somministrare.
— Giustizia e uguaglianza
Si suole collegare la giustizia con l’uguaglianza perché il giusto è l’uguale, nel senso che ciò che si dà
deve essere uguale a ciò che si deve
In una relazione di interscambio, le cose scambiate devono essere uguali o equivalenti
L’uguaglianza, però, può essere d’identità, di equivalenza (uguale valore) o di proporzionalità (secondo la
finalità della ripartizione e secondo la relazione che i soggetti hanno nei confronti di tale finalità)
Giustizia versus egualitarismo.

4. TITOLO E FONDAMENTO DEL DIRITTO

— Il titolo è ciò che attribuisce la cosa al soggetto. La stessa natura umana può essere il titolo di
un diritto (naturale); p. es., il diritto alla vita. Altri titoli sono il frutto di un atto umano; per
esempio, un testamento che attribuisce un patrimonio all’erede.
— Il fondamento è ciò che fa sì che un soggetto possa essere soggetto di un diritto.
• Il fondamento prossimo è la peculiare circostanza che fa sì che un soggetto possa essere
il titolare di un diritto.
• Il fondamento ultimo è sempre la condizione personale dell’uomo
La persona infatti è padrona del proprio essere, non può appartenere ad un altro perché è libera, è sui
iuris. La persona umana, con il suo agire libero, è responsabile e padrona dei suoi atti e delle
conseguenze che ne derivano. Proprio perché la persona è libera può dominare le cose.
— Le cose appartengono alle persone in un modo determinato. Perciò si parla della misura del
diritto, che indica la delimitazione della cosa, il modo di possederla, le condizioni di uso, ecc.
— Giuridicità. Giuridicità e coercibilità
5. DIRITTO E LEGGE

— La legge (e le norme in generale) si danno per ordinare la vita sociale verso il bene comune.
— Nell’ordinare la società, si attribuiscono determinati diritti: la legge è causa (non esclusiva) e
misura dei diritti: è titolo di alcuni diritti
— L’arte di dare leggi è un’arte politica.
— La legge deve rispettare diritti precedenti alla legge.

6. LA CONOSCENZA DEL DIRITTO

— L’arte di saper dare a ciascuno il suo (conoscenza pratica, riguardante l’agire umano) è
chiamata fin dai romani l’arte giuridica
L’esperto in quest’arte è il giurista
Il giurista ha il compito della iuris-dictio
Il iudex è il giurista che ha il potere di vincolare con la sua iuris-dictio
Colui che dà ad ognuno il suo è il giusto.
— L’uomo giusto è colui che ha la virtù di dare ad ognuno il suo; il giurista è colui che sa di chi
sono i diritti e in quale misura.
— Essendo l’oggetto della giustizia il diritto e dovendo il diritto avere un fondamento, un titolo e
una misura, il giurista dovrà identificare il fondamento, il titolo e la misura del diritto in un caso
specifico, in modo da poter indicare dove è il diritto, quale è il suum di ognuno, in quale misura
gli appartiene.
— Trattandosi di dare una soluzione ad un caso concreto, l’arte giuridica si configura come un’arte
prudenziale (iuris-prudentia).
— La conoscenza della legge da parte del giurista
• Il giurista conosce le leggi, non come interesse diretto, ma in quanto esse determinano il
diritto
• Per conoscere la legge bisogna interpretarla
«Scire leges non hoc est verba earum tenere, sed vim ac potestatem» (Dig. 1.3.14 [Celsus])
• Per conoscere il diritto occorre conoscerne il titolo. Studio “giuridico” della legge:
finalizzato alla legge e criticato alla luce dei diritti.
• L’arte giuridica non è sapere o interpretare la legge ma dire quale è il diritto.
• L’equità in quanto supera il giusto legale.

2. IL DIRITTO NEL MISTERO DELLA CHIESA

1. LE POSIZIONI CONTRARIE AL DIRITTO DELLA CHIESA

— Chi nega l’esistenza del diritto canonico oppure muove da una visione errata del mistero della
Chiesa oppure concepisce il diritto in modo sbagliato
— Fin dai primi secoli del cristianesimo si osservano alcune posizioni contrarie al diritto canonico:
• I montanisti, poiché negano la mediazione dei ministri,
affermando che la Chiesa si riunisce attorno allo Spirito e non attorno ai vescovi, creavano una scissione
fra quello che sarebbe la Chiesa dello Spirito e la Chiesa istituzionale; i fedeli «spirituali», secondo i
montanisti, non avrebbero bisogno della mediazione dei ministri. Così facendo, i montanisti
negarono le relazioni interpersonali all’interno della Chiesa e quindi l’esistenza del diritto canonico
• I donatisti, poiché facevano dipendere la grazia dai meriti dei ministri
in questo modo, si negava il diritto a ricevere la grazia attraverso i sacramenti, poiché essa, nella loro
opinione, dipendeva da meriti altrui e, pertanto, non poteva costituire un diritto di colui che la
riceveva
• L’antigiuridismo di matrice protestante
A parte alcune posizioni del medioevo che rifiutavano l’esercizio del potere ecclesiastico, è
l’antigiuridismo più importante, che è arrivato fino ai nostri giorni
E’ significativa l’azione di Lutero di bruciare il Corpus Iuris Canonici (Wittemberg, 10.XII.1520), quale
segno di rottura con la Chiesa Cattolica
I protestanti concepiscono la Chiesa come realtà spirituale; la comunità (umana) dei credenti, che ha
bisogno del diritto, costituirebbe un elemento esterno alla comunicazione della grazia
Il diritto, pur necessario, sarebbe contingente e non essenziale alla Chiesa: la disciplina della comunità
cristiana può essere regolata dal potere secolare
Le critiche di Rudolf Sohm (opposizione tra Chiesa istituzionale e Chiesa carismatica) e Karl Barth («ubi
tres, Ecclesia est», la Chiesa sarebbe un «evento» ma non un’istituzione mediatrice)
• Recentemente e all’interno dell’ambito cattolico: opposizione tra diritto e carisma (e
libertà)
— Le reazioni tradizionali contro queste posizioni antigiuridiste hanno fornito queste ragioni:
• Cristo fondò la Chiesa come società: «ubi societas, ibi ius»
• La società ecclesiastica è gerarchica e «perfetta»: obbligo giuridico di obbedire
• La vita della primitiva Chiesa dimostra che fin dall’inizio c’è stato il diritto nella Chiesa
• E’ palese la giuridicità di alcune conseguenze sociali della vita della Chiesa (dominio
dei beni materiali, governo delle comunità, ecc.).
— Insufficienza di queste ragioni
• presentare il diritto come uno strumento di potere (essendo la società ecclesiastica
gerarchica ci deve essere lo strumento del diritto per poter governarla)
• il diritto canonico si troverebbe nella «periferia» della Chiesa
non si giustifica del tutto la necessità di un diritto «canonico», separato dal diritto civile.

2. IL MISTERO DELLA CHIESA QUALE REALTÀ COMPLESSA

— Per far fronte a queste difficoltà bisogna osservare il mistero della Chiesa (Optatam totius, 16),
senza dimenticare la nozione di diritto
• La cost. dogmatica Lumen Gentium (n. 8) ricorda che la Chiesa è una realtà complessa,
composta da un elemento umano e un elemento divino
Non debole analogia con l’Incarnazione del Verbo
E’ facile scorgere alcune manifestazioni giuridiche derivate dalla presenza dell’elemento umano, ma ciò
non è sufficiente
• Bisogna trovare la giuridicità proprio nell’essenza intima della Chiesa fondata da Cristo
• La Chiesa è l’assemblea, convocata da Dio, che si struttura sulla base della Parola e dei
sacramenti
Crede nello stesso Vangelo e gode degli stessi strumenti salvifici, cioè i sacramenti
La Chiesa è la depositaria della dottrina della fede e dei mezzi salvifici
La Chiesa è communio fidei e communio sacamentorum.
— La domanda sull’esistenza del diritto canonico è se la Parola e la grazia ricevuta attraverso i
sacramenti abbiano una dimensione giuridica (cioè, se la Parola e la grazia contenuta nei
sacramenti possano essere oggetto di diritto).

3. LA STRUTTURA SACRAMENTALE DELLA CHIESA

— La Chiesa è sacramentum salutis. La mediazione della Chiesa.


— La Chiesa, Popolo di Dio, Popolo sacerdotale
• Battesimo e ordine: sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale
• Ministerialità degli ordinati: «ex hominibus assumptus, pro hominibus constitutus».
— Fondazione della Chiesa: istituzionalizzazione della grazia e della Parola
La grazia è «contenuta» nei sacramenti, segni sensibili
La Parola divina è trasmessa attraverso le parole umane (Incarnazione del Verbo; missione catechetica
della Chiesa).
— La dottrina dell’efficacia ex opere operato dei sacramenti
Non dipende dai meriti del ministro
Per i protestanti i sacramenti sarebbero segni non efficaci della grazia.
— L’«alterità» ecclesiale nel disegno salvifico.

4. RADICI SACRAMENTALI DEL DIRITTO CANONICO

— Difficoltà per l’esistenza del diritto canonico: l’economia della grazia non è divisibile, né si
danno le dimensioni di quantità, spazio e tempo proprie delle cose esterne costituenti diritto, le
quali devono essere ripartite e suscettibili di stare in potere di altri
Sembra un controsenso parlare di diritto alla grazia
Come mai si può avere diritto ai meriti di un Altro (Cristo)?
— Il diritto alla grazia (trasmessa per i sacramenti)
La grazia ce l’ha ottenuta Cristo. Ci può essere un diritto alla grazia, ai meriti di un Altro (Cristo)?
Bisogna distinguere, in effetti, la grazia dal diritto, ma bisogna ricordare che un atto di «grazia» può
creare un diritto. Cristo ha voluto «istituzionalizzare» la grazia, istituendo i sacramenti, i quali hanno
un’efficacia ex opere operato, vale a dire per il semplice fatto di essere amministrati, senza che
intervengano i meriti del ministro che amministra il sacramento. Ciò significa che Cristo ha già
attribuito la grazia ai fedeli, «istituzionalizzandola» nei sacramenti. Evidentemente l’atto di istituire i
sacramenti è un atto di liberalità divina nei confronti degli uomini, ma un atto che ha costituito un
diritto: gli uomini hanno diritto a ricevere la grazia contenuta nei sacramenti, perché Cristo ha
istituito i sacramenti allo scopo di amministrare la grazia: i ministri dei sacramenti hanno il dovere
(di giustizia) di amministrare ciò che è nel loro potere e che appartiene agli altri (i sacramenti).
Pertanto, si ha un diritto alla grazia, nel senso che si ha un diritto ai sacramenti nei confronti di altri
uomini (i ministri dei sacramenti), non nei confronti di Dio. In ciò si trova l’errore di coloro che non
conoscono l’essenza della Chiesa: pensare che il diritto canonico non è vero diritto perché riguarda i
rapporti degli uomini con Dio.
— Analoghe considerazioni si potrebbero fare a proposito della Parola rivelata: Dio ha affidato il
deposito della fede affinché esso sia annunciato.
— Il diritto ai carismi ricevuti e il ruolo dell’autorità ecclesiastica.

5. LO STATUTO EPISTEMOLOGICO DELLA SCIENZA DEL DIRITTO CANONICO

— Le cose sacre quale res iustae.


— Conoscenza di tale diritto: livelli
• Arte prudenziale
Individuazione del fondamento, titolo e misura del diritto
Conflitto di interessi
La prudenza giuridica (la gnome)
• Livello scientifico (sub ratione iustitiae)
• Livello fondamentale e livello teologico.
— Conoscenza della norma canonica e dell’organizzazione ecclesiastica e scienza canonica.

6. NOZIONE DI ORDINAMENTO GIURIDICO DELLA CHIESA

— Nascita della nozione di ordinamento canonico.


— Tentativo di mutuarlo.
— Sistema normativo e ordinamento giuridico
— Le c.d. peculiarità dell’ordinamento canonico
Universalità—particolarità
Foro interno—foro esterno?
Flessibilità?
Mancanza di coercibilità?
— Esistenza dell’ordinamento canonico e centralità dei diritti.

7. DIRITTO CANONICO E PASTORALE

— Azione di amministrare i mezzi salvifici: ministerialità giuridica.


— Spontaneità pastorale, disciplina ecclesiastica e diritti dei fedeli
Non c’è carità senza giustizia, non c’è pastorale se si ledono i diritti: «La dimensione giuridica e quella
pastorale sono inseparabilmente unite nella Chiesa pellegrina su questa terra. Anzitutto, vi è una loro
armonia derivante dalla comune finalità: la salvezza delle anime. Ma vi è di più. In effetti, l'attività
giuridico-canonica è per sua natura pastorale. Essa costituisce una peculiare partecipazione alla
missione di Cristo Pastore e consiste nell'attualizzare l'ordine di giustizia intraecclesiale voluto dallo
stesso Cristo. A sua volta, l'attività pastorale, pur superando di gran lunga i soli aspetti giuridici,
comporta sempre una dimensione di giustizia. Non sarebbe, infatti, possibile condurre le anime verso
il Regno dei Cieli, se si prescindesse da quel minimo di carità e di prudenza che consiste
nell'impegno di far osservare fedelmente la legge e i diritti di tutti nella Chiesa. Ne consegue che
ogni contrapposizione tra pastoralità e giuridicità è fuorviante. Non è vero che per essere più
pastorale il diritto debba rendersi meno giuridico. Vanno, sì, tenute presenti ed applicate le tante
manifestazioni di quella flessibilità che, proprio per ragioni pastorali, ha sempre contraddistinto il
diritto canonico. Ma vanno altresì rispettate le esigenze della giustizia, che da quella flessibilità
possono venir superate, ma mai negate. La vera giustizia nella Chiesa, animata dalla carità e
temperata dall'equità, merita sempre l'attributo qualificativo di pastorale. Non può esserci un
esercizio di autentica carità pastorale che non tenga conto anzitutto della giustizia pastorale» (San
Giovanni Paolo II, discorso alla Rota del 1990).
— Giustizia e carità
• Insufficienza della giustizia
«L'amore – caritas – sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c'è nessun ordinamento
statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell'amore. Chi vuole sbarazzarsi dell'amore si
dispone a sbarazzarsi dell'uomo in quanto uomo» (Benedetto XVI, Deus caritas est, 28 b)
• Necessità e priorità della giustizia
«La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del “mio” all'altro; ma non è mai senza la
giustizia, la quale induce a dare all'altro ciò che è “suo”, ciò che gli spetta in ragione del suo essere e
del suo operare. Non posso “donare” all'altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli
compete secondo giustizia. Chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro» (Benedetto
XVI, Caritas in veritate, 6).
— Equità. Giustizia e misericordia
• Ambito penale
• Ambito matrimoniale
II. LA FORMAZIONE STORICA DEL DIRITTO CANONICO

— «Nescire quid antequam natus sis acciderit, id est semper esse puerum» (Cicerone, Orator, 120)
— Storia delle fonti e storia delle istituzioni. Storia della scienza canonica. Essendo il diritto
canonico il suum di ognuno nella Chiesa e l’arte giuridica il saper identificare il diritto, la storia
del diritto canonico non è altro che la storia dei problemi giuridici e delle loro soluzioni
— Fino a Nicea (a. 325). Primi sviluppi organizzativi
— Dopo Nicea:
• Il problema dei lapsi
• Le penitenze pubbliche, i libri penitenziali
• Rapporto Chiesa e società civile
• Rapporto tra i fedeli e la Gerarchia
• Differenze tra Oriente e Occidente, lo scisma di Oriente
• La nomina dei vescovi
• Lo sviluppo delle distinte forme di vita religiosa. I chierici religiosi: autonomia e
dipendenza dalla Gerarchia
• La Riforma gregoriana
— Le università europee e la nascita della scienza del diritto canonico. Il Decreto di Graziano
(1140 circa)
— Le decretali e le collezioni delle Decretali. Il Corpus Iuris Canonici. Età classica della scienza
del diritto canonico
— La rottura protestante. Il Concilio di Trento
— Lo sviluppo territoriale della Chiesa. I problemi delle terre di missione. La Congregazione di
Propaganda fidei
— Il Concilio Vaticano I e la decisione della codificazione. Il Codice del 1917
— Il Concilio Vaticano II.
— Il Codice del 1983 e il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali
III. NOZIONI GENERALI

LA LEGGE CANONICA

1. NOZIONE DI LEGGE

— Definizione di san Tommaso: «Ordinatio rationis ad bonum commune ab eo qui curam


communitatis habet promulgata» (S. Th. I-II, q. 90, a.4)
— Ordine al bene comune
— Potestà=funzione di ordinare
— Ordine della razione: razionalità: realismo della norma
— Conseguenze giuridiche della razionalità della norma
• Inefficacia giuridica della legge irrazionale
• Interpretazione della legge: testo e realtà disciplinata
— La visione volontaristica di F. Suárez (praeceptum stabile. Iustum quia iussum). Critica
— Legge canonica

2. LEGGE UMANA E LEGGE DIVINA

— Nozione analogica di legge. Legge divina. Diritto divino


— La legge umana e il suo componente divino
— La vigenza della legge divina. La storicità del diritto divino
— «In realtà, nessuna realtà giusta può essere soltanto divina o soltanto umana (…) sarebbe più
chiaro parlare di componenti divine ed umane del diritto, anziché di diritto divino e diritto
umano» (Errázuriz)
— L’obbligatorietà della legge umana. Il componente divino della legge umana:

3. LEGGE E DIRITTO

— La legge quale titolo dei diritti e i diritti precedenti alla legge


— Interpretazione giuridica della legge
— Conoscenza della legge e conoscenza dei diritti

4. IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ

— Diritto all’uguaglianza
— Diritto alla certezza e alla sicurezza giuridica
— Il principio di legalità penale
— La sottomissione del governo ecclesiastico al principio di legalità. La gerarchia di norme
— Legge e consuetudine canonica
— L’aequitas
IV. DIMENSIONE GIURIDICA DEL POPOLO DI DIO

1. PRINCIPI COSTITUZIONALI DEL POPOLO DI DIO

1. I PRINCIPI COSTITUZIONALI DELLA CHIESA: UGUAGLIANZA FONDAMENTALE, DIVERSITÀ


FUNZIONALE E IL PRINCIPIO GERARCHICO

— La Chiesa fondata da Cristo. Popolo di Dio. Battesimo, dignità battesimale. Funzione specifica
agli Apostoli. Ne derivano due principi: uguaglianza fondamentale e principio gerarchico.
Diversità funzionale.
— Principio di uguaglianza. Si diventa membri della Chiesa mediante lo stesso battesimo:
membri dello stesso Corpo.
Attraverso il Battesimo ci incorporiamo alla Chiesa ed acquistiamo la condizione di "fedele" (Can.
204): tutti siamo "fedeli" (altrimenti si sarebbe "infedeli").
Can. 208, LG n. 32c: comune condizione di fedele (statuto giuridico comune): piano d’uguaglianza
nella dignità (nell'essere: figli di Dio, sacerdozio comune, chiamata alla santità) e nella azione
(nell'operare: corresponsabilità nella missione della Chiesa, apostolato)
— Categoria di fedele. Fedele, laico, chierico, consacrato
• E' riscoperta dal Vaticano II:
• "Duo sunt genera christianorum" (S. Girolamo, Graziano)
Interpretazione storta di questo principio per negare un’uguaglianza fondamentale fra i fedeli
Clericalismo
Tendenza a ridurre in pratica la chiamata alla santità alla vita religiosa
— Conseguenze del principio d’uguaglianza: tutti i battezzati sono fedeli; tutti sono chiamati alla
santità e all’apostolato; tutti hanno la stessa fede, gli stessi sacramenti e sono sottoposti allo
stesso regime; tutti godono degli stessi diritti e doveri fondamentali
— Principio gerarchico. Nella Chiesa c’è per volontà divina una gerarchia. Funzione pubblica
riservata all’ordo. Spetta ai vescovi, in comunione con il Romano Pontefice, e ai loro
collaboratori predicare la Parola di Dio con autorità, amministrare i sacramenti e governare il
Popolo di Dio. La potestà è un servizio
Alcune funzioni e ministeri vengono esercitati in nome e rappresentanza di Cristo Capo, da Lui
stabiliti e affidati alla gerarchia. E’ un servizio a tutto il Popolo di Dio. Non intacca lo statuto
fondamentale dei fedeli. Non si è più fedele (più battezzato, più membro della Chiesa, più figlio
di Dio) per il fatto di occuparsi degli affari della gerarchia ecclesiastica. Pertanto non è un diritto
dei fedeli svolgere queste funzioni
— Principio di diversità funzionale
• Il principio gerarchico crea una diversità funzionale, poiché i fedeli che assumono il
compito dell’ordo sono segnati a questa funzione pubblica, dalla quale scaturiscono
diritti e doveri. Senza nulla togliere alla uguaglianza fondamentale in quanto fedeli, c’è
una distinzione funzionale tra ordinati o chierici e laici (nel senso di non ordinati)
• In seguito ai doni elargiti dallo Spirito Santo alla Chiesa alcuni fedeli assumono una
funzione ufficiale e pubblica mediante la consacrazione. Sempre sulla base
dell’uguaglianza fondamentale dei fedeli esiste un’altra differenziazione funzionale tra i
fedeli chierici o laici e i fedeli consacrati (chierici o laici)
• La consacrazione comporta una funzione pubblica e ufficiale nella Chiesa
• Consacrazione e vita religiosa
• La consacrazione dei ministri sacri
— Ordinati e non , consacrati e non e missione positiva dei laici
— Armonia tra uguaglianza e diversità
• Statuto giuridico fondamentale dei fedeli
• Le diverse condizioni canoniche dei fedeli laici, chierici e consacrati

2. I DIRITTI FONDAMENTALI DEI FEDELI

1. ESISTENZA E CARATTERISTICHE

— Diritti umani (beni della persona promananti dalla natura umana) presenti nella Chiesa
— Diritto fondamentali dei fedeli: beni promananti dal battesimo. Fondamento e titolo
• Diritto fondamentale astratto e concretezza del titolo che lega il debitore
• Diritto come bene appartenente ad una persona. Superazione della concezione liberale
dei diritti come spazi di potere o di libertà limitati solo dalla libertà altrui
• Diritti dei fedeli e comunione ecclesiastica
— Statuto giuridico del fedele
• prima era previsto nella Lex Ecclesiae Fundamentalis [LEF]);
• La formulazione del Codice. Cann. 208-223
Anche se non è una legge fondamentale, questi canoni, per i loro contenuto, prevalgono su eventuali
disposizioni contrarie. Il Codice non sempre formula i diritti in maniera ineccepibile sotto il
profilo tecnico-giuridico.
— Limiti dei diritti dei fedeli: la stessa delimitazione della costituzione dei beni; i diritti altrui, la
funzione della gerarchia e il bene comune della Chiesa (can. 223)
— Caratteristiche: universali, permanenti, irrinunciabili
Non si possono perdere, soltanto sospendere (per delitti soggetti a pena; per mancanza di piena
comunione, ecc.) (cfr. can. 96)

2. DESCRIZIONE DEI DIRITTI E DEI DOVERI FONDAMENTALI DEI FEDELI (CC. 208-223)

— Diritti umani nella Chiesa


• diritto alla fama e all’intimità
Rimozione dall’ufficio, trattamento di dati sensibili, archivi
• Principio di legalità penale (can. 221, §3): costituisce un diritto? Can. 1399
— Diritti riguardanti i sacramenti
• Diritto a ricevere i sacramenti (can. 213)
Diritto di ricevere i mezzi salvifici
Abundanter
Razionalità
Il dovere morale di riceverli è giuridico?
• Diritto al culto (can. 214)
• Diritto e dovere di conservazione
— Diritti riguardo alla parola
• Diritto a ricevere la parola (can. 213)
• Diritto all’educazione cristiana (can. 217). Debitori (genitori; Gerarchia)
• Diritto a ricevere il Magistero autentico: dovere giuridico di aderire
• Diritto di approfondire lo studio (can. 218)
• Diritto di diffondere la parola (e dovere solo morale)
— Diritti di libertà
• Libertà nel temporale (can. 227, ma è di tutti i fedeli. Es.: obbedienza di un religioso e
libertà nel temporale)
• Diritto di scegliere la propria condizione di vita (can. 219)
• Diritto di seguire «il proprio metodo di vita spirituale, che sia conforme alla dottrina
della Chiesa» (can. 214)
• Libertà di scelta delle modalità di accesso ai mezzi salvifici (non espressamente
formalizzato) e organizzazione ecclesiastica
• Diritto all’apostolato (can. 216) e dovere morale
• Diritto di riunione e di associazione (can. 215)
— Diritti nei confronti della Gerarchia
• Diritto di petizione (can. 212, §2)
• Diritto di manifestare la propria opinione fondata (cann. 218 e 212, §3)
• Diritto all’informazione sulla vita della Chiesa
• Capacità (diritto) di intervenire nelle questioni istituzionali (non espressamente
formalizzato)
• Diritto al retto governo
• Diritto alla tutela giudiziaria (can. 221, §§1 e 2). Diritto al giusto processo
Ricorsi
Retta amministrazione della giustizia
Ambito matrimoniale
Ambito penale
— I doveri fondamentali
• Obbedienza ai legittimi comandi
• Mantenere la comunione
Rispetto dei diritti altrui; rispetto al magistero
• Sovvenire alle necessità della Chiesa
3. RILEVANZA GIURIDICA DEL SACRAMENTO DELL'ORDINE

1. SACRAMENTO DELL'ORDINE E PRINCIPIO GERARCHICO

— Istituzione divina dell’ordine sacerdotale. Funzioni ecclesiastiche riservate all’ordo. Il


sacramento dell’ordine capacita per attuare in nomine et in Persona Christi Capitis.
— La Chiesa si costituisce sulla base della Parola e dei sacramenti. E’ necessaria la presenza
dell’ordo.
— Il governo del Popolo di Dio è stato affidato al Collegio dei Vescovi (in comunione con il
Papa). Spetta primariamente al Papa e al Collegio episcopale la sacra potestas ricevuta da
Cristo.
— Il ministero sacerdotale è una funzione pubblica. Ne deriva il diritto di riserva di ammissione
dei candidati
— Potestà di ordine e missione canonica. Potestà di ordine e potestà di giurisdizione
— L’articolazione dell’ordo e l’organizzazione ecclesiastica
— E’ possibile però la trasmissione di certi ambiti di potestà anche ai non ordinati.

2. IL MINISTRO SACRO: L'ORDINAZIONE, L'INCARDINAZIONE E LA MISSIONE

— chierico=ordinato (diacono, sacerdote, vescovo).


— can. 1008: consacrazione e missione sono due componenti ontologici della condizione di
chierico («consacrati e destinati»). "Consacrazione": configurazione peculiare del ministro
sacro con Cristo Capo del Corpo Mistico che è la Chiesa; questi dà loro una potestà sacra e li
capacita per esercitare i ministeri sacri che esigono questa potestà, rendendoli anche partecipi
della "missione" (non «missio canonica») di Cristo Capo della Chiesa. Missione e
consacrazione sono inseparabili (i laici non possono avere funzioni che non li corrispondano).
Differenza essenziale, non di grado, la quale non influisce nella fondamentale uguaglianza (né
più fedele, né più persona, né superiore: servizio e dignità).
— Condizioni per la ricezione del sacramento dell’ordine (cann. 1024-1054): remissione alla parte
sacramentale
— Vescovo dell’ordinazione e lettere dimissorie (cann. 1015-1023)
— L'incardinazione: can. 265
• Storia:
- Quando si conferiva l'ordine, l’imposizione delle mani significava: conferimento dell'ordine e la
missione per un luogo concreto: l'ordine è perpetuo, quindi anche la missione (data dall'ordine).
- Titolo di ordinazione: proibizione delle "ordinazioni assolute" (Calcedonia, a. 451).
- Viene richiesto, oltre all’incardinazione, un titolo che garantisca il sostentamento del chierico: un
beneficio (pensione annessa ad un ufficio ecclesiastico) o patrimonio personale (o familiare). Si
ammette anche il titolo di servizio alla diocesi, oltre al caso dei chierici religiosi.
- L'incardinazione (servizio) non è lo stesso del "titolo" (beneficio, patrimonio, eredità).
- Una volta incardinato non si poteva muovere: evangelizzazione fatta dai religiosi. Isolamento
diocesano, mancanza di distribuzione razionale del clero tra le diocesi.
- CIC 1917: si perde visione di servizio e si sottolinea quella disciplinare: vigilanza e controllo del
chierico. Gli obblighi pastorali nascevano soltanto dal beneficio: se il chierico aveva titolo di
eredità non era tenuto ad obblighi pastorali.
- Vaticano II: si torna a dare all'incardinazione un senso pastorale di servizio ministeriale (CD 6,
28-29; PO 10): adattare l'istituto dell'incardinazione per una migliore distribuzione del clero,
mobilità dei sacerdoti, strutture più flessibili. In base ad una riflessione teologica: missione
universale del sacerdozio (sollecitudine per tutte le Chiese): incardinazione come
concretizzazione di questa missione universale in una struttura.
• Elementi: 1) disciplina; 2) sostentamento. Il servizio ministeriale: differenza tra
l’incardinazione in una circoscrizione ecclesiastica (ci si ordina al servizio di quella
circoscrizione, per collaborare con il Pastore di quella porzione del Popolo di Dio) e
l’incardinazione in un ente associativo (di vita consacrata o no)

2. DIRITTI E DOVERI

— Lo statuto giuridico del chierico è composto dai diritti e doveri specifici degli ordinati che si
aggiungono a quelli del comune fedele o che determinano l’esercizio dei diritti e doveri
fondamentali.
— Il CIC tratta dello statuto del chierico nei cann. 273 e ss.: sostentamento; condotta in pubblico,
restrizione di alcuni diritti di libertà; dovere di obbedienza nel ministero, ecc.
— Tra i diritti fondamentali dei fedeli che acquistano una fisionomia particolare nel caso dei
chierici si trova il diritto di associazione il quale ha una particolare rilevanza giuridica. Tra i
doveri va sottolineato quello del celibato.
— Speciale statuto dei diaconi permanenti (cfr. can. 288)

3. LA PERDITA DELLO STATO CLERICALE

— Cause:
1. Sentenza giudiziale o decreto sulla nullità dell'ordinazione (si perde la condizione
giuridica perché si dichiara che non esiste la situazione di fatto)
2. Pena di dimissione per qualche delitto.
3. Per rescritto della Santa Sede.
— Can. 290: il carattere non si può perdere; si perde soltanto la condizione giuridica di chierico:
si perdono i diritti e i doveri specifici del chierico, si proibisce di usare la potestà di ordine, si
perdono gli uffici, ecc.
— Tranne nel caso di dichiarazione di nullità dell’ordinazione, la perdita dello stato clericale non
toglie il dovere del celibato. La dispensa dall’obbligo del celibato la concede il Romano
Pontefice.
— Can. 293: Ritorno allo stato clericale, solo per rescritto Sede Apostolica.

4. LA FORMAZIONE DEI CHIERICI

— I seminari
• Nozione. cc. 235-237
• Tipi di seminario:
maggiore e minore.
Diocesani, interdiocesani e internazionali
— Formazione previa e formazione continua: diritto e dovere
— Diritto di giudizio di idoneità dei candidati. Il dovere morale di farsi conoscere
— La questione del (non) diritto all’ordine

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