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INDICE
1. Introduzione.
7. Sistemi continui.
Esercitazioni.
Parte 1 – Introduzione
PARTE 1 – Introduzione
MACCHINA
Una macchina è un sistema di organi disposti in modo tale da compiere, muovendosi sotto l'azione di
forze opportunamente applicate, lavoro di interesse industriale.
In sostanza una macchina ha il compito di trasformare una energia, in essa entrante, di un certo tipo, in
energia da essa uscente, in generale di tipo diverso: ad esempio di trasformare energia meccanica in altre
forme di energia (come avviene nelle macchine operatrici, nelle macchine generatrici elettriche), oppure
di trasformare in energia meccanica energia di tipo generalmente diverso (come nelle macchine motrici),
oppure anche di trasformare energia meccanica in energia meccanica, variandone i fattori (come avviene
ad esempio nei riduttori di velocità). Possiamo dunque dire che una macchina ha la duplice funzione di
trasmettere movimento e di trasmettere forze.
SISTEMA
Un sistema è un insieme di oggetti materiali che interagiscono a ben determinati fini. Gli oggetti materiali
costituenti il sistema sono connessi fisicamente fra loro.
È facile vedere come dalla definizione precedente possano essere esclusi molti sistemi, anche di grande
interesse per l'ingegneria meccanica. Così, per esempio, mentre il sistema costituito da un motore a
combustione interna rientra nella definizione data, quello di un'officina per il collaudo del motore non vi
ricade: in questo caso infatti fanno parte del sistema anche le procedure di collaudo che si intendono
adottate e queste non sono individuabili come oggetti materiali, anche se il sistema, nel suo complesso, è
fisicamente realizzabile.
Nel corso ci si occuperà in larga parte di sistemi meccanici. In altre parole, in conformità alla definizione
di sistema fisico, di quei sistemi in cui le connessioni fisiche fra gli oggetti costituenti diano luogo a
considerevoli scambi energetici in forma di energia meccanica – quindi esprimibili attraverso le variabili
forza e velocità , momento e velocità angolare – e nei quali si possano verificare variazioni dell'energia
potenziale e cinetica del sistema.
Dato che nella definizione sopra riportata un sistema è inteso come costituito da oggetti materiali, è
possibile definire tutto ciò che non fa parte di tali oggetti come esterno (o ambiente) del sistema,
riconoscendo una superficie fisica (o concettuale) di separazione fra sistema e ambiente esterno. Gli
oggetti costituenti un sistema possono essere indicati come sottosistemi, ossia come parti di un sistema a
loro volta rispondenti alla definizione già data, o come componenti, ossia come enti primitivi
caratterizzati da opportuni parametri che, per un dato fine, non è necessario ritenere ulteriormente
suddivisibili. Si noti che la definizione di componente dipende dal fine che ci si propone nell'effettuare la
oggetto, l'interazione dinamica fra stantuffo e fasce elastiche; altrimenti il pattino è un sottosistema,
mentre stantuffo e fasce ne sono i componenti. Allo stesso modo il meccanismo articolato biella-
manovella può costituire un sistema qualora se ne voglia studiare la dinamica; diventa un sotto sistema se
si vuol compiere l'analisi dell'intero motore; questo è a sua volta un sottosistema se, per esempio, si sta
analizzando la macchina su cui tale motore è operante, e così via. Il fatto che uno stesso ente possa essere
considerato sotto differenti aspetti è un punto fondamentale della dinamica e deve fin d'ora essere tenuto
presente.
Per affrontare lo studio di un qualsiasi sistema meccanico è necessario infatti formularne dapprima un
adeguato modello fisico e successivamente dedurre da questo il relativo modello matematico. Per modello
fisico si intende qui un sistema fisico immaginario che sia equivalente al sistema reale nell'ambito di una
prefissata approssimazione e rispetto alle caratteristiche che riguardano lo studio a cui si è interessati.
Prerogativa essenziale del modello fisico, ai fini della sua effettiva utilità, deve essere la possibilità di
studiarlo con gli strumenti a disposizione, di regola di tipo matematico. Il passaggio dal sistema reale al
suo modello fisico comporta un certo numero di approssimazioni consapevolmente accettate, la più
importante delle quali consiste nel trascurare tutto quanto provoca effetti piccoli, o comunque ritenuti
trascurabili, sul comportamento del sistema.
Il modello fisico deve includere un numero sufficiente di effetti e dettagli in modo da poter descrivere il
meglio possibile il sistema in termini di equazioni, senza divenire allo stesso tempo troppo complesso.
Il modello fisico può essere lineare o non lineare, in funzione del comportamento dei componenti del
sistema. Modelli lineari permettono una soluzione rapida e sono semplici da trattare. Modelli non lineari a
volte rivelano certe caratteristiche del sistema che non possono essere correttamente predette impiegando
modelli lineari.
A volte il modello viene gradualmente migliorato in modo da ottenere risultati più accurati. Inizialmente
viene usato un modello elementare per investigare rapidamente il comportamento globale del sistema.
Successivamente il modello viene raffinato includendo altri componenti ed effetti in modo che il
comportamento del sistema possa essere osservato più nel dettaglio.
IL MODELLO MATEMATICO
Una volta individuato il modello fisico del sistema, si può procedere a determinarne il modello
matematico, cioè un insieme di relazioni matematiche che descrivono il comportamento del modello
fisico stesso.
La scrittura di tali equazioni avviene impiegando i principi della dinamica: si possono seguire approcci
differenti tra i quali il principio di d'Alembert, il principio dei lavori virtuali, il principio di conservazione
dell'energia, le equazioni di Lagrange.
Le equazioni del moto sono solitamente equazioni differenziali ordinarie, per un sistema discreto, ed
equazioni differenziali alle derivate parziali, per un sistema continuo. Le equazioni possono essere lineari
o non lineari a seconda della tipologia dei componenti il sistema.
Si passerà infine alla realizzazione di un algoritmo di risoluzione delle equazioni del modello
matematico. Solo in casi semplici la soluzione può venire ottenuta in forma chiusa: di solito si ottiene la
soluzione per via numerica, mediante l'uso di un calcolatore.
In funzione della natura del problema si può usare una delle seguenti tecniche per trovare la soluzione:
metodi standard per la soluzione di equazioni differenziali, metodi basati sulla trasformata di Laplace,
metodi matriciali, metodi numerici.
Se le equazioni sono non lineari difficilmente possono essere risolte in forma chiusa.
CONTROLLO
Spesso un sistema che opera sotto azioni esterne e in condizioni mutevoli nel tempo, richiede un sistema
di controllo, in modo da produrre i risultati desiderati. Il ruolo del sistema di controllo è duplice: deve
portare le condizioni operative del sistema ai valori desiderati e deve mantenerle anche in presenza di
disturbi e/o variazioni delle condizioni esterne.
Il progetto di un sistema dinamico spesso implica anche lo studio del sistema di controllo più appropriato.
D'altra parte i progettisti del sistema di controllo richiedono modelli che descrivano le proprietà
dinamiche dominanti del sistema da controllare. Pertanto, modellazione e controllo dei sistemi dinamici
costituiscono una unica area di studio.
BIBLIOGRAFIA
* E. Funaioli, A. Maggiore, U. Meneghetti, Lezioni di Meccanica applicata alle macchine, Vol. I e II,
ed. Pàtron, Bologna.
* W. J. Palm, Modeling, analysis, and Control of Dynamic Systems, John Wiley & Sons, 1999.
* S.S. Rao, Mechanical vibrations, Third edition, Addison Wesley Pub. Company, 1995.
* R. Ghigliazza, U. Galletti, Meccanica applicata alle macchine, Utet, 1986.
ANALISI DINAMICA
DIRETTA
Date le forze attive sulla macchina e la legge di moto, determinare quale forza ulteriore deve essere
applicata per realizzare la legge di moto desiderata. Questo problema è detto analisi cinetostatica.
Rientrano tra gli argomenti che riguardano il problema diretto la determinazione delle azioni di
inerzia, il bilanciamento di tali azioni e l’analisi cinetostatica dei meccanismi.
INVERSA
Date tutte le forze attive agenti sulla macchina (sia le azioni resistenti, sia quelle motrici), determinare
la legge di moto dei membri in funzione del tempo. In questo caso si parla di analisi dinamica in senso
stretto. Questo tipo di problema si presenta ad esempio quando si vogliano studiare i transitori di
avviamento o di arresto.
Per entrambi i problemi, diretto ed inverso, possono poi essere determinate le forze reattive (le reazioni
vincolari).
AZIONI DI INERZIA
Vedi Appendice A1
T=
1
2
[
mvo + J x ω2x + J y ω2y + J z ω2z − 2 J xy ωx ω y − 2 J xz ωx ωz − 2 J yz ωy ωz
2
]
essendo (O, x, y, z) una terna di assi con origine baricentrica.
∑ F ⋅ δr
j =1
j j =0 (2.1)
PRINCIPIO DI D'ALEMBERT
Per illustrare il principio di d'Alembert (Parigi 16 Novembre 1717 - Ottobre 1783) iniziamo osservando
che la celebre equazione di Newton (seconda legge)
ma = F (2.2)
Apparentemente nulla si è guadagnato da tale semplice operazione algebrica, tuttavia ciò che rende
geniale il principio di d'Alembert è l'interpretazione della relazione (2.2) quale condizione di equilibrio.
Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 2–1
Parte 2 – Dinamica delle Macchine
In altri termini, da quest'ultima relazione si deduce che la somma delle forze d'inerzia a tutte le altre forze
agenti sul sistema produce equilibrio.
In definitiva il principio di d'Alembert afferma che è in equilibrio un sistema di forze ottenuto
aggiungendo alle forze F agenti su un sistema le forze di inerzia Fi.
Ciò introduce la possibilità di trattare problemi di dinamica avvalendosi delle metodologie proprie della
Statica e, in particolare, del PLV.
∑ (F − m a )⋅δr
N
j j j j =0 (2.6)
j =1
EQUAZIONE DELL'ENERGIA
L’equazione energetica è una formulazione particolare del PLV, a cui ci si riconduce allorquando si
scelgono come spostamenti virtuali gli spostamenti che il sistema effettivamente subisce durante il
movimento.
Se si suppone che l’energia interna (elastica, termica, ecc.) del sistema in studio non subisca modifiche (e
quindi in particolare, che i membri che costituiscono il sistema siano rigidi) e che il sistema stesso non
scambi energia con l’esterno se non sotto forma di energia meccanica, l’equazione dell’energia si scrive:
dW + dLi = dV (2.7)
dove dW e dLi sono i lavori elementari compiuti rispettivamente dalle forze attive esterne non
conservative (che non ammettono potenziale) e da quelle d’inerzia, mentre dV è la variazione d’energia
potenziale del sistema.
La (2.7) si può scrivere anche nella forma:
dLm + dLr + dL p + dLi = dV (2.8)
dove dLm, dLr, dLp sono i lavori elementari compiuti rispettivamente dalle forze motrici e da quelle
resistenti utili e passive.
D’altro canto, il lavoro elementare compiuto dalle forze d’inerzia è uguale all’opposto della variazione
d’energia cinetica del sistema:
!
!! dP = ∑ m dPj dP = ∑ m P! dP! = d 1 ∑ m P! 2 = dT
− dLi = ∑ j m j P j j j j j j j j j
j
dt j
2 j (2.9)
Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 2–2
Parte 2 – Dinamica delle Macchine
T(t)+V(t)=E (2.13)
dove E è una costante che rappresenta l’energia totale del sistema e che possiamo calcolare mediante le
condizioni iniziali.
GRADI DI LIBERTÀ
Il minimo numero di coordinate indipendenti richiesto per determinare univocamente la posizione di tutti
gli elementi di un sistema ad ogni istante di tempo, definisce il numero di gradi di libertà del sistema. Nel
seguito si parlerà indifferentemente di gradi di libertà (gdl) o, nell'accezione anglosassone, di degrees of
freedom (dof).
Indicato con n il numero di gdl di un generico sistema è sempre possibile definire un set di cosiddette
coordinate generalizzate, usualmente indicate con qk (k=1,2,…,n), ossia di coordinate indipendenti in
numero uguale a quello dei gdl del sistema.
EQUAZIONI DI LAGRANGE
Oltre ai citati mezzi di indagine, nello studio dinamico delle macchine altri mezzi trovano conveniente
impiego allorché si debbano studiare sistemi complessi a molti gdl. Per lo studio di questi problemi è, ad
esempio particolarmente utile l’uso delle equazioni di Lagrange.
Se n è il numero di gdl del sistema considerato, n sono le equazioni di Lagrange che ne individuano il
moto. La generica di queste equazioni può essere scritta nella forma:
d ∂T ∂T ∂V
− + = Qk , k = 1,…, n (2.14)
dt ∂q!k ∂qk ∂qk
BIBLIOGRAFIA
* E. Funaioli, A. Maggiore, U. Meneghetti, Lezioni di Meccanica applicata alle macchine, Vol. II, ed.
Pàtron, Bologna.
* M. Fabrizio, La Meccanica Razionale e i suoi metodi matematici, ed. Zanichelli, Bologna.
* E. Pennestrì, Dinamica Tecnica e computazionale (in corso di pubblicazione).
Dato un sistema di punti materiali Pj di massa mj, il baricentro G del sistema è definito dalla:
∑ j m j Pj
∑ j m j (Pj − G ) = 0 ovvero:
G =
m
La
#
risultante delle forze d’inerzia è:
Fi = − ∑ m P!!
j j j
(A1.1)
Derivando rispetto al tempo l’espressione del momento della quantità di moto si ottiene:
#
∑ (P! − O! ) ∧ m P! + ∑ (P − O ) ∧ m P!! =
dK O
= j j j j j j
dt j j
(A1.4)
= ∑ m P! ∧ P! − O! ∧ ∑ m P! + ∑ (P − O ) ∧ m P
j j j
!!
j j j j j
j j j
Osservando che il primo addendo a secondo membro della (A1.4) è nullo e tenendo presente la
definizione
#
di baricentro e la (A1.3), si ricava:
dK O #
= −O! ∧ mG! − M i ,O
dt
#
# dK O # #
ossia: M i ,O = − − vO ∧ Q (A1.5)
dt
Risulta dunque sempre conveniente assumere O coincidente con un punto fisso o con il baricentro.
Assumiamo che O coincida con un punto fisso (qualora esista) ovvero con il baricentro.
Nel primo caso si ha: O! = 0 ; nel secondo: ∫ (P − O )dm = ∫ (P − G )dm = 0 .
m m
Comunque, il primo addendo che compare a secondo membro dell’eq. (A1.7) diventa nullo, per cui
risulta:
# #
KO = − ∫ (P − O ) ∧ [(P − O ) ∧ ω] dm
m
(A1.8)
Si ha:
# #
K O = JOω
Jx − J xy − J xz
dove la matrice simmetrica J O = − J xy Jy − J yz è detta tensore di inerzia
− J xz − J yz J z
Si#dimostra che è:
∫ (P − O ) ∧ [(P − O ) ∧ ω! ]dm + ω ∧ K O
dK O # # #
=− (A1.9)
dt m
~ è la matrice antisimmetrica:
dove ω
0 − ωz ωy
~
ω = ωz 0 − ωx
− ω y ωx 0
∑ m P!
1
T = j
2
j (A2.1)
2 j
Nel caso particolare del corpo rigido continuo, l’eq. (A2.1) diventa:
∫ [O! + ω ∧ (P − O )] dm
1 # 2
T= (A2.2)
2 m
Se si assume che O sia fisso ( O! = 0 ) o coincidente con G ( ∫ (P − G )dm = 0 ) e si espande l’eq. (A2.2):
m
#
1
T = mO! 2 + O! ⋅ ω ∧ ∫ (P − O )dm + 1 ∫ [ω# ∧ (P − O )]⋅ [ω# ∧ (P − O )]dm
2 m 2 m
Nelle ipotesi assunte, il secondo addendo a secondo membro è nullo, per cui:
1 !2 1 # #
T=
2
mO + ω ⋅
2 ∫ (P − O ) ∧ [ω ∧ (P − O )]dm =
m
(A2.3)
1 !2 1 # #
= mO − ω ⋅
2 2 ∫ (P − O ) ∧ [(P − O ) ∧ ω] dm
m
1 T
ovvero T = ω JO ω se O è un punto fisso;
2
1 # 2 1 T
e T= mv G + ω J G ω se O ≡ G.
2 2
GRADI DI LIBERTÀ
Il minimo numero di coordinate indipendenti richiesto per determinare univocamente la posizione di tutti
gli elementi di un sistema ad ogni istante di tempo, definisce il numero di gradi di libertà del sistema.
Indicato con n il numero di gdl di un generico sistema è sempre possibile definire un set di cosiddette
coordinate generalizzate, usualmente indicate con qk (k=1,2,…,n), ossia di coordinate indipendenti in
numero uguale a quello dei gdl del sistema.
Fig. 3.1 – Single-degree of freedom (SDOF) systems ("Mechanical vibrations", S.S. Rao, p. 14)
Fig. 3.2 – Two degree of freedom systems ("Mechanical vibrations", S.S. Rao, p. 14)
Fig. 3.3 – Three degree of freedom systems ("Mechanical vibrations", S.S. Rao, p. 15)
Fig. 3.4 – An infinite number of dof system: a cantilever beam ("Mechanical vibrations", S.S. Rao, p. 16)
ELEMENTI ELASTICI
Diversi sono i modelli impiegati per i membri dotati di elevata elasticità rispetto agli altri elementi del
sistema meccanico. Tali membri non si considerano dissipare energia e solitamente sono considerati privi
di massa.
Molle lineari
Se la molla funziona nel campo elastico entro il limite di proporzionalità, la forza che si sviluppa quando
la molla si deforma è proporzionale alla deformazione stessa. La costante di proporzionalità è detta
rigidezza ed il suo inverso è chiamato cedevolezza.
Forza (F) x1 x2
F=kx x = x2 – x1
1
Deformazione (x) V = k x2
2
Anche altri elementi elastici, quali ad esempio travi, si comportano come molle.
Per esempio si consideri la trave incastrata di figura, avente all’estremo libero una massa concentrata m e
si assuma per semplicità che la massa della trave sia trascurabile nei confronti della massa m.
W l3
La freccia statica all’estremo libero vale: δ st =
3EI
dove W=mg è il peso della massa m, E è il modulo di Young del materiale, I è il momento di inerzia di
sezione e l è la lunghezza della trave.
W 3EI
Di conseguenza la costante elastica (la rigidezza) della trave vale: k= = 3
δ st l
Fig. 3.5 – Cantilever with end mass ("Mechanical vibrations", S.S. Rao, p. 23)
F+∆ F
k
F(x*)
Deformazione (x)
Deformazione (x) x* x*+∆ x
Per piccoli valori di ∆x, i termini contenenti derivate di ordine elevato possono essere trascurati
ottenendo:
dF
F + ∆F = F ( x * + ∆x ) = F ( x*) + (∆x)
dx x*
e poiché F = F(x*), si può esprimere ∆F come: ∆F = k ∆x
dF
dove k è la rigidezza linearizzata della molla in corrispondenza della deformazione x*: k=
dx x*
Molle in serie
1 1 1 1
= + + ... +
k eq k1 k 2 kn
Molle in parallelo
keq = k1 + k2 + … + kn
ELEMENTI SMORZANTI
In molti sistemi meccanici, l’energia di vibrazione è gradualmente convertita in energia termica o energia
acustica. A causa della riduzione di energia, la risposta vibratoria del sistema subisce un graduale
decremento. Tale meccanismo prende il nome di smorzamento delle vibrazioni.
Sebbene la quantità di energia convertita in calore o suono sia relativamente piccola, considerare lo
smorzamento è di fondamentale importanza per una adeguata previsione del comportamento vibratorio
del sistema.
Solitamente si assume che un elemento smorzante sia privo di massa ed elasticità.
La forza che esercita uno smorzatore esiste solo in presenza di velocità relativa tra i due estremi dello
smorzatore stesso.
E’ piuttosto difficile determinare le cause di smorzamento nei sistemi meccanici; solitamente lo
smorzamento viene modellato come una combinazione dei seguenti:
Smorzamento viscoso
E’ quello usato più frequentemente nello studio delle vibrazioni.
Quando un sistema meccanico si muove in un fluido, la resistenza che il fluido offre al movimento dei
corpi causa dissipazione di energia. L’ammontare di questa energia dipende da molti fattori quali ad
esempio le dimensioni e la forma dei corpi, la viscosità del fluido, la velocità dei corpi.
Nello smorzamento di tipo viscoso, la forza è proporzionale alla velocità relativa dei corpi e la costante di
proporzionalità dipende dalla viscosità del fluido e dalla geometria dei corpi.
du v
F = τA = µ A=µ A=cv
dy h
3πD 3l 2d
c = µ 3
1+
4 d D
V
|T| = f N
T F = – sign (V) |T|
D = ∫ σ dε − ∫ σ dε
L U
MOTO ARMONICO
Fig. 3.6 – Meccanismo per moto armonico ("Mechanical vibrations", S.S. Rao, p. 46)
In fig. 3.6 è rappresentato un meccanismo mediante il quale alla massa m è impartito un moto armonico
semplice (l’accelerazione è proporzionale allo spostamento) quando alla manovella OP si impone un
moto rotatorio continuo uniforme. Se ω è la velocità angolare della manovella e A è la sua lunghezza, la
massa si muove con legge di moto x(t):
Si ha inoltre :
dx d 2x
= x! = ωA cos ωt 2
= !x! = −ω 2 A sin ωt = −ω 2 x
dt dt
Rappresentazione vettoriale
Un moto armonico può anche essere rappresentato mediante un vettore OP, di ampiezza A, rotante con
velocità angolare ω. Con riferimento alla fig. 3.7, le proiezioni di questo vettore lungo le due direzioni x e
y forniscono:
y = A sin ω t ; x = A cos ω t
Fig. 3.7 – Proiezioni di un vettore rotante ("Mechanical vibrations", S.S. Rao, p. 47)
Se si indica con A l’ampiezza del vettore X e con θ il suo argomento (l’angolo compreso tra il vettore e
l’asse x), X può essere espresso come:
b
X = A cos θ + i A sin θ con: A = a 2 + b2 ; θ = tan −1
a
Introducendo le relazioni di Eulero,
si ha anche:
X = A cos θ + i A sin θ = A eiθ
X = A e iωt
d 2X d 2
dt 2
(
= 2 Aeiωt =
dt
d
dt
) ( )
iωAeiωt = −ω 2 Aeiωt = −ω 2 X
da cui si vede che l’operazione di derivazione si traduce nel moltiplicare il vettore per iω, od anche nel
moltiplicare l’ampiezza del vettore per ω e ruotarlo in avanti di 90 gradi (vedi fig. 3.8).
2π / ω 2π / ω 2π 2π
dx 1 dx
W = ∫ Pdx = ∫ P dt = ∫ P d (ωt ) = P0 x0 ∫ sin(ωt + ϕ ) cos ωt d (ωt ) =
0 0
dt ω 0
dt 0
2π
= P0 x0 ∫ cosωt[sin ωt cosϕ + cosωt sin ϕ ] d (ωt ) =
0
2π 2π
= P0 x0 cosϕ ∫ sin ωt cos ωt d (ωt ) + P0 x0 sin ϕ ∫ cos 2 ωt d (ωt )
0 0
Il primo integrale è nullo mentre il secondo vale π per cui in definitiva si ha: W = πP0 x0 sin ϕ
OTTAVA
Quando il massimo valore di una banda di frequenza è il doppio del minimo, tale banda è detta banda
d’ottava. Ad esempio, ciascuna banda 75 – 150 Hz, 150 – 300 Hz, e 300 – 600 Hz, è una banda d’ottava.
In ciascun caso, il massimo ed il minimo valore della frequenza, che hanno un rapporto pari a 2:1, si dice
che differiscono di un’ottava.
DECIBEL
Le varie quantità che si incontrano nel campo delle vibrazioni e del rumore, come ad esempio,
spostamento, velocità, accelerazione, pressione, potenza, sono spesso rappresentate usando la notazione
dB (decibel). In origine il decibel è stato definito con riferimento a potenze elettriche come:
P
dB = 10 log dove P0 è un valore di riferimento.
P0
Poiché la potenza elettrica è proporzionale al quadrato della tensione (X), il decibel può anche essere
espresso come:
2
X X
dB = 10 log = 20 log dove X0 è un valore di riferimento.
0
X 0
X
Naturalmente il dB è usato anche per esprimere il rapporto tra altre quantità (spostamenti, velocità,
accelerazioni, pressioni, …).
BIBLIOGRAFIA
* E. Funaioli, A. Maggiore, U. Meneghetti, Lezioni di Meccanica applicata alle macchine, Vol. II, ed.
Pàtron, Bologna.
* S.S. Rao, Mechanical vibrations, Third edition, Addison Wesley Pub. Company, 1995.
* W.J. Palm. Modeling, Analysis, and Control of Dynamic Systems, 2nd ed., John Wiley & Sons.
Il teorema di Taylor afferma che una funzione può essere rappresentata in prossimità di un punto x = x0,
dall’espansione:
df 1 d2 f 1 dk f
f ( x ) = f ( x0 ) + ( x − x 0 ) + 2
( x − x 0 ) 2
+ ... + k
dx
( x − x 0 ) k + ... + Rn
dx x= x0 2! dx x = x0 k ! x = x0
1 dn f
dove il termine Rn è dato da: Rn = (x −x0 )n con b compreso tra x0 e x.
n! dx n
x =b
Il risultato è valido se la funzione ammette derivate continue fino all’ordine n. Se Rn tende a zero,
l’espansione è detta serie di Taylor della funzione f(x) attorno a x = x0. Se x0 = 0, la serie è anche detta
serie di McLaurin.
Esempio
x3 x5 x 7
sin x = x − + − + ...
3! 5! 7!
x 2 x 4 x6
cos x = 1 − + − + ...
2! 4! 6!
x 2 x3 x 4
ex = 1+ x + + + + ... dove x0 = 0.
2! 3! 4!
Si noti che se x è piccolo le prime due danno luogo a due approssimazioni largamente usate delle funzioni
seno e coseno:
sin x ≈ x e cos x ≈ 1.
θ2 θ3 θ4 θ5
Inoltre se nella terza si considera x = i θ, si ottiene: e iθ = 1 + iθ − −i +
+ ... ; +i
2!
3! 4! 5!
θ2 θ4 θ3 θ5
separando la parte reale da quella immaginaria: e iθ
= 1 + − +
+ ... + iθ − − + + ...
2! 4! 3! 5!
si ottengono le identità di Eulero:
e iθ = cosθ + i sin θ
e −iθ = cosθ − i sin θ (avendo sostituito θ con – θ).
e iθ = cosθ + i sin θ
0.5
Introducendo le relazioni di Eulero: e ± i ω nt = cosω n t ± i sin ω n t
0
si ottiene: x(t ) = (C1 + C2 ) cosω n t + i (C1 − C2 ) sin ω n t
da cui: x(t ) = D cosω n t + E sin ω n t -0.5
-1
Imponendo le condizioni iniziali: 0 0.5 1
x(0) = x0 v0
si ottiene: x(t ) = x0 cosω n t + sin ω n t
x! (0) = v0 ωn
Osservazione
La risposta di un sistema ad un gdl può essere rappresentata nel piano spostamento–velocità, noto anche
come spazio degli stati o piano delle fasi.
Consideriamo la risposta nella forma: x(t ) = Acos(ωn t − ϕ )
e la corrispondente velocità: x! (t ) = −ωn A sin(ω n t − ϕ )
da queste possiamo ricavare:
x(t ) x! (t )
= cos(ω n t − ϕ ) e − = sin(ωn t − ϕ )
A ωn A
Si definisce smorzamento critico ccr il valore della costante di smorzamento per il quale si ha:
2
c k k
− =0 da cui: ccr = 2m = 2 km = 2mω n
2m m m
Per un sistema smorzato si definisce fattore di smorzamento ζ il rapporto tra la costante i smorzamento c
e lo smorzamento critico ccr:
c
ζ = c / ccr da cui: ζ=
2mω n
La natura delle due radici, e di conseguenza il comportamento del sistema, dipende dall’ammontare dello
smorzamento. Occorre distinguere tre casi:
1.5
Il moto risulta oscillatorio, pseudoperiodico,
smorzato: 1
0.5
−ζω nt v0 + ζω n x0
x (t ) = e x0 cos ω s t + sin ω s t
ωs 0
-0.5
-1
-1.5
0 0.5 1
−ω n t
ovvero: x(t ) = (C1 + C 2t )e z1 t
= (C1 + C 2t )e
Si ha inoltre: x! (t ) = z1C1e z1 t
+ C2 e z1 t
+ z1C 2te z1 t
x(t ) = [ x0 + (v0 + ω n x0 )t ]e −ω n t
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4
C1 =
(
x0ω n ζ + ζ 2 − 1 + v0 ) 0.05
2ω n ζ 2 − 1
( )
ed infine:
− x0ω n ζ − ζ 2 − 1 − v0 0
C2 = 0 0.1 0.2 0.3 0.4
2ω n ζ − 1 2
x (t ) =
( )
x0ω n ζ + ζ 2 − 1 + v0
e
( )
ω n −ζ + ζ 2 −1 t
+
( )
− x0ω n ζ − ζ 2 − 1 − v0
e
( )
−ω n ζ + ζ 2 −1 t
2ω n ζ 2 − 1 2ω n ζ 2 − 1
La seguente figura confronta il moto del sistema massa – molla – smorzatore nei tre differenti casi (caso
1: sistema “poco smorzato”; caso 2: sistema con smorzamento critico; caso 3: sistema “molto smorzato”).
Osservazione
La natura delle due radici
dell’equazione caratteristica, z1 e
z2, e i corrispondenti valori del
fattore di smorzamento ζ, possono
essere rappresentati in un piano
complesso.
La semicirconferenza di raggio ωn
rappresenta il luogo delle radici per
valori di ζ compresi tra 0 ed 1.
Questo tipo di rappresentazione
permette di vedere l’effetto del
fattore di smorzamento ζ sul
comportamento del sistema. Infatti
per ζ = 0, si hanno le due radici
immaginarie z1 = iωn e z2 = −iωn ;
per 0 < ζ < 1, le radici sono
complesse e coniugate e collocate
simmetricamente rispetto all’asse
reale; quando ζ = 1, le due radici
sono coincidenti e pari a −ωn;
infine per ζ > 1, entrambe
giacciono sull’asse reale (per ζ → Luogo delle radici dell’equazione caratteristica
∞, una tende a 0 mentre l’altra del sistema massa – molla – smorzatore.
tende a −∞).
Osservazione
La risposta libera del sistema
massa – molla smorzato può
essere rappresentata nel piano
delle fasi, come indicato in
figura.
2πζω n 2πζ
δ= =
ωs 1−ζ 2
Per valori del fattore di smorzamento sufficientemente piccoli (ζ < 0.4), si può porre con buona
approssimazione:
δ ≈ 2πζ
x1 x x x x x
= 1 2 3 ... n = e nζω nT il cui logaritmo naturale vale: ln 1 = nζω nT = nδ
xn+1 x2 x3 x4 xn+1 x n+1
1 x
In definitiva risulta: δ = ln 1
n x n+1
In conclusione, se si riesce a misurare in via sperimentale il rapporto x1/xn+1 è poi possibile risalire al
valore del fattore di smorzamento ζ.
µN x! > 0
F = 0 x! = 0
− µN x! < 0
dove F è la forza d’attrito, N la forza normale e µ il coefficiente di attrito cinetico. La forza di attrito F si
oppone sempre alla velocità relativa tra i corpi a contatto. Facendo riferimento alla fig. 4.1, l’equazione
del moto si modifica a seconda del verso della velocità della massa m:
L’equazione del moto si può scrivere nella forma: m!x! + µmg sgn( x! ) + kx = 0
1 τ >0
dove sgn(τ), detta funzione segno, è definita come segue: sgn(τ ) = 0 τ =0
−1 τ <0
L’equazione del moto è pertanto una equazione differenziale non lineare e, in quanto tale, non può essere
risolta con i metodi tradizionali. Si può procedere suddividendo il dominio dei tempi in intervalli
corrispondenti ai cambiamenti di verso della velocità (vedi pagine 8 – 10 ).
In alternativa, si può procedere con metodi numerici di integrazione.
Fig. 4.2 – Risposta libera del sistema massa–molla con attrito coulombiano.
L’andamento della forza F(t) in funzione della deformazione x è una curva chiusa come illustrato in
figura 4.3(b). L’area interna a tale curva corrisponde all’energia dissipata dallo smorzatore in un ciclo del
moto armonico ed è data da:
2π / ω
∆W = ∫ Fdx = ∫ Fdx = πωcX
2
a h
∆W = aX 2 = πωceq X 2 da cui: ceq = =
ωπ ω
Introducendo ora la rappresentazione del moto armonico mediante numeri complessi, x (t ) = X eiωt , la
forza nel sistema di figura 4.3(a) vale:
Analogamente, la forza nel sistema molla – smorzatore isteretico di figura 4.4(a), può essere espressa
come:
h ~
F (t ) = ( k + ih ) x = k (1 + i ) x = k (1 + iη ) x = k x
k
~
dove k è nota come rigidezza complessa del sistema e η è una costante adimensionale detta fattore di
smorzamento strutturale.
d 1 1 2
m x! + k x = m x! !x! + k x x! = x! (m !x! + k x ) = 0 m!x! + kx = 0
2
ed infine:
dt 2 2
Il principio di conservazione dell’energia può essere impiegato anche per determinare direttamente la
pulsazione naturale del sistema. Indicate con 1 e 2 le configurazioni del sistema corrispondenti a due
istanti generici, si ha:
T1 + V1 = T2 + V2
Se si considera come istante 1 quello in cui il sistema passa per la posizione di equilibrio statico (scelta
come riferimento per l’energia potenziale) e, di conseguenza, l’energia cinetica è massima, si avrà:
U1 = 0 T1= TMAX
Se come istante 2 si prende quello in cui è massimo lo spostamento del sistema dalla sua posizione di
equilibrio statico (e quindi è nulla la velocità), l’energia potenziale è massima e si annulla l’energia
cinetica:
T2 = 0 U2= UMAX
x(t ) = Acos(ωn t − ϕ ) ,
1 1 1 1
TMAX = m x! MAX = mω n A2
2 2
VMAX = k x MAX = k A2
2
allora risulta:
2 2 2 2
mω n = k ωn = k m
2
che eguagliate forniscono: da cui:
Il metodo energetico per il calcolo della frequenza naturale è di fondamentale importanza. Infatti, per
sistemi più complessi, la determinazione delle frequenze naturali spesso è così complicata da divenire
praticamente impossibile. In tali casi si vedrà come una generalizzazione del metodo energetico, nota
come metodo di Rayleigh conduce, anche se con una certa approssimazione, al risultato.
Vengono ora presentati alcuni esempi di applicazione del metodo.
Se si assume il moto armonico della massa m nella forma x(t ) = Acos(ωn t − ϕ ) , si ha:
1 M 2 2 1
TMAX = m + A ω n = VMAX = k A
2
2 3 2
k
da cui si ricava la pulsazione naturale del sistema: ωn =
M
m+
3
In conclusione l’effetto della massa della molla può essere messo in conto aggiungendo un terzo della sua
massa alla massa principale del sistema.
Manometro
I sistemi fluidi, come quelli solidi, sono soggetti a moti vibratori.
Con riferimento al manometro a tubo illustrato in figura 4.6, impiegando il metodo energetico, si può
calcolare la frequenza naturale di oscillazione del fluido nel tubo. Detta S la sezione del tubo, ρ la densità
del fluido e g l’accelerazione di gravità, se x è lo spostamento del liquido dalla posizione di equilibrio,
l’energia potenziale e cinetica del fluido sono date da:
x x 1
V = ρgSx + ρgSx = ρgSx 2 ; T = ρSl x! 2
2 2 2
Assunto un moto armonico del liquido nella forma x(t ) = A cosω n t , si ha:
1
TMAX = ρSl A2ω n 2 = VMAX = ρgSA2
2
2g
da cui si ricava la pulsazione naturale del fluido: ωn =
l
Si osserva che la pulsazione naturale è indipendente dalla natura del fluido, ma dipende solo dalla
lunghezza del tubo. Ad esempio per un tubo avente lunghezza pari a l = 0.5 m, la pulsazione naturale è
circa uguale a 1 Hz.
3x x 3 l
y ( x ) = − 4 y max 0≤x≤
l l 2 Fig. 4.7 – Trave appoggiata con massa in mezzeria.
Assunta quest’ultima come “ragionevole deformata” per la trave vibrante [v(x,t) = y(x) cosωnt ], l’energia
cinetica massima si può scrivere come:
l 2 l 2
1 2 2 3x x 2
2
3x x
3 3
1 1 1m 2 2
TMAX = M ω n y max + 2 ∫ ωn − 4 y max dm = M ω n y max +
2 2 2 2
ω n y max 2 ∫ − 4 dx
2 2 0 l l 2 2 l 0 l l
che diviene:
1 2 17
TMAX = ω n 2 ymax M + m
2 35
1
Mentre per l’energia potenziale si ha: VMAX = 2
k ymax dove k è la rigidezza flessionale della
2
48EI 48EI
trave pari a: k= . In conclusione risulta: ωn =
l3 17
l3 M + m
35
Il metodo di Rayleigh è una generalizzazione del metodo dell’energia: viene assunta una “ragionevole
deformata” per il sistema vibrante e in base a questa vengono determinati ed eguagliati i valori massimi di
energia cinetica e potenziale. Ovviamente, il risultato sarà tanto più accurato quanto più la deformata
assunta si avvicina a quella reale.
VIBRAZIONI FORZATE
x(t) = R θ(t)
Assunta ora, come variabile indipendente per descrivere il moto del sistema vibrante, la traslazione x del
baricentro, si procede alla scrittura dell'equazione del moto impiegando diversi metodi.
m, JG
k
θ
F(t)
G
R
c
Principio di d'Alembert
La risultante delle forze applicate ad un sistema meccanico, comprese quelle di inerzia, è nulla; pertanto,
scrivendo le equazioni di equilibrio dinamico nelle direzioni orizzontale e verticale e il momento alla
rotazione rispetto al baricentro G del disco, si ottengono le seguenti tre equazioni:
J
m + G2 !x! + cx! + kx = f (t )
R
Essendo il sistema particolarmente semplice, era possibile giungere direttamente all’equazione del moto
scrivendo l’equilibrio dinamico alla rotazione rispetto al centro di istantanea rotazione tra disco e guida.
Equazioni di Lagrange
Per un sistema ad un gdl l’equazione di Lagrange può essere scritta come segue (vedi anche App. A2):
d ∂T ∂T ∂V
− + =Q
dt ∂q! ∂q ∂q
in cui q è la generica coordinata indipendente scelta per descrivere il moto del sistema. Risulta
conveniente scrivere le varie forme di energia esprimendole dapprima in funzione di coordinate fisiche:
tali coordinate possono essere per esempio spostamenti dei baricentri (o rotazioni) dei diversi corpi che
compongono il sistema, allungamenti relativi delle estremità di elementi elastici, spostamenti dei punti di
applicazione delle forze, ecc… In seguito si introducono i legami tra le variabili fisiche e la coordinata
generalizzata prescelta.
Se si considera, come unica variabile indipendente, lo spostamento x del baricentro del disco: q = x, e
come variabili fisiche la rotazione θ e l’allungamento ∆l della molla, le espressioni delle varie forme di
energia risultano le seguenti:
1 1 1
energia cinetica: T = m x! 2 + J Gθ! 2 energia potenziale: V = k ∆l 2
2 2 2
lavoro virtuale compiuto dalla forza dissipativa viscosa: !
δWd = −c ∆l δx
lavoro virtuale compiuto dalla forza esterna: δWe = f (t ) δx
Introducendo i legami tra le variabili fisiche e la coordinata generalizzata q=x, i vari termini
dell’equazione di Lagrange risultano:
d ∂T d ∂ 1 1 x! 2 d J J
= m x! + J G 2 = m x! + G2 x! = m !x! + G2 !x!
2
dt ∂x! dt ∂x! 2 2 R dt R R
d ∂T ∂ 1 1 x! 2
= m x! + J G 2 = 0
2
dt ∂x ∂x 2 2 R
∂V ∂ 1
= k x2 = k x
∂x ∂x 2
Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 4 – 16
Parte 4 – Sistemi ad 1 gdl
δW
Q= = −cx! + f (t )
δx
J
In definitiva: m + G2 !x! + cx! + kx = f (t )
R
ECCITAZIONE ARMONICA
Si consideri il sistema ad un gdl di figura 4.9, dove la massa m è soggetta ad una forza armonica F(t) = F0
cosωt. L’equazione del moto è:
dove A1 e A2 sono costanti che dipendono dalle condizioni iniziali e ωs è la pulsazione naturale del
sistema smorzato ( ω s = ω n 1 − ζ 2 ). Si tratta di un moto periodico smorzato che, dopo un certo tempo, si
annulla.
Trascorso il transitorio, resta l’integrale particolare le cui costanti X0 e ψ dipendono dalle caratteristiche
del sistema e dell’eccitazione. Si trova facilmente, ad esempio impiegando la rappresentazione di figura
4.10, che:
F0
mω n 2 2ζ ω
F0 cω ωn
X0 = = ; tgψ = =
(k − mω 2 ) 2 + c 2ω 2 ω2
2 2 k − mω 2 ω
2
1 − + 2ζ ω 1 −
ω 2 ωn
n ωn
Gli andamenti, corrispondenti a diversi valori del fattore di smorzamento ζ, di ampiezza X0 e fase ψ della
risposta forzata a regime, sono riportati in figura 4.11, in funzione del rapporto (ω/ωn)2. In figura 4.11(a),
l’ampiezza è stata divisa per la freccia statica, ossia per la deformazione della molla sotto l’azione della
forza statica F0.
4
3
3.5
2.5
3
2.5 2
Xo k/Fo
psi
2 1.5
1.5
1
1
0.5
0.5
0 0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
(a) (b)
Fig. 4.11 – Ampiezza (a) e fase (b) della risposta forzata a regime, in funzione del rapporto (ω/ωn)2.
In figura 4.12 è riportato l’andamento del rapporto tra XRF e XRA in funzione del fattore di smorzamento ζ.
Si nota come le due risonanze tendono a coincidere al diminuire di ζ.
0 .8
0 .6
0 .4
0 .2
0
0 0 .2 0 .4 0 .6 0 .8 1
Fig. 4.12 – Rapporto tra XRF e XRA in funzione del fattore di smorzamento ζ.
Poiché l’effettiva eccitazione è costituita dalla sola parte reale di F(t), la risposta del sistema sarà
anch’essa costituita dalla sola parte reale di z(t), x(t)=Re[z(t)], dove z(t) è una quantità complessa che
soddisfa l’equazione differenziale del moto.
Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 4 – 18
Parte 4 – Sistemi ad 1 gdl
Ipotizzata una soluzione particolare del tipo: z = Z 0ei (ωt −ψ ) = Z 0e − iψ eiωt = Zeiωt ,
se si sostituisce nella equazione differenziale, si ha: − mω 2 Z + icωZ + kZ = F0
F0
e si ottiene: Z = .
k − mω 2 + icω
Z 1 1
Quest’ultima può essere scritta come: = = k = H ( iω )
F0 k − mω 2 + icω ω 2
ω
1 − 2 + i 2ζ
ωn ωn
che è nota come funzione risposta in frequenza del sistema.
La risposta del sistema è, come detto, costituita dalla sola parte reale di z(t), ovvero:
[ ]
x (t ) = Re[ z (t )] = Re Z 0ei (ωt −ψ ) = Z 0 cos(ωt −ψ ) .
F0 F0
k X RF k
= =
(1 − r )
2 2
+ (2ζr )2 2 2ζ 2
Si ottiene l’equazione: (1 − r )
2 2
+ (2ζr )2 = 8ζ 2 cioè: ( )
r 4 + 2 2ζ 2 − 1 r 2 + 1 − 8ζ 2 = 0
le cui radici sono:
r1, 2 2 = 1 − 2ζ 2 ± 1 + 4ζ 4 − 4ζ 2 − 1 + 8ζ 2 = 1 − 2ζ 2 ± 2ζ 1 + ζ 2
Per valori piccoli dello smorzamento si ha ζ2<<1 per cui si può approssimare: r1, 2 2 ≈ 1 ± 2ζ
r2 2 − r12
da cui si ricava il valore del fattore di smorzamento: ζ = .
4
In definitiva, se si approssima ω n ≈ (ω 2 + ω1 ) 2 , si ha:
ω 2 2 − ω12 (ω 2 − ω1 )(ω 2 + ω1 ) 1 ω 2 − ω1
ζ= ≈ ≈
4ω n
2
(ω 2 + ω1 ) 2 2 ωn
L’intervallo di pulsazioni comprese tra ω1 e ω2 viene chiamato banda di mezza potenza. Tale
denominazione deriva dal fatto che la potenza media dissipata ad ogni ciclo per effetto dell’attrito
viscoso, in corrispondenza di ω1 e ω2, è approssimativamente la metà di quella dissipata in condizioni di
risonanza di fase.
Infatti, in generale, l’espressione della potenza media dissipata in un ciclo dallo smorzatore viscoso, per
un moto armonico x (t ) = X cos(ωt − ψ ) è:
T
1 1
Pm = ∫ c x! x! dt = c X 2ω 2
T0 2
Pm1, 2 c X 1, 2 2ω1, 2 2 r1,2 2 1 ± 2ζ 1
Si ha quindi: = = ≈ ≈
Pm RF c X RF 2ω n 2 2 2 2
Quanto detto fornisce la base per un metodo di rilevazione sperimentale dello smorzamento. Infatti,
trovato sperimentalmente l’andamento dell’ampiezza della risposta a regime in funzione del rapporto r, si
possono determinare ω1, ω2 e ωn, e quindi si può calcolare ζ.
4
Xo m/A
0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
Fig. 4.14 – Ampiezza del rapporto X0 m/A in funzione del rapporto (ω/ωn)2 nel caso di
oscillazioni forzate con eccitazione sinusoidale di ampiezza proporzionale a ω.
Fig. 4.15 – Risposta del sistema non smorzato all’eccitazione armonica in risonanza.
Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 4 – 21
Parte 4 – Sistemi ad 1 gdl
1 F0
x (t ) = A1 cosω n t + A2 sin ω n t + t ω n sin ω nt
2 k
x!o 1 F0
Introducendo le condizioni iniziali si ha: x (t ) = xo cosω n t + sin ω nt + t ω n sin ω n t
ωn 2 k
Si può osservare che l’integrale particolare dell’equazione completa è una oscillazione di ampiezza che
cresce linearmente nel tempo. Il suo andamento è rappresentato in figura 4.15.
F0 −ζω n t
x (t ) = k − e sin ω s t + sin ω n t
2ζ 1 − ζ 2
0.5
-0.5
-1
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
Fig. 4.17 – Risposta del sistema non smorzato all’eccitazione armonica (ω < ωn).
Fig. 4.18 – Risposta del sistema non smorzato all’eccitazione armonica (ω > ωn).
Il moto risulta la sovrapposizione di due moti: uno ha pulsazione pari a quella della forzante, l’altro ha
pulsazione pari a quella naturale del sistema. La figura 4.17 rappresenta il caso in cui la pulsazione della
forzante è inferiore a ωn (ω < ωn), mentre la situazione opposta è rappresentata in figura 4.18 (ω > ωn).
Ora, se la pulsazione ω della forzante è molto vicina alla pulsazione naturale del sistema, pur
mantenendosi distinta da quest’ultima, nasce un fenomeno noto come battimento. In questo tipo di
vibrazione l’ampiezza aumenta e diminuisce con andamento regolare. Il fenomeno può essere spiegato
considerando il caso in cui entrambe le condizioni iniziali siano nulle; allora si ha:
F0
x (t ) = X 0 (cos ωt − cos ω nt ) = m (cos ωt − cosω t )
n
ωn 2
−ω2
F0
x (t ) = m 2 sin ω n + ω t ⋅ sin ω n − ω t
che si può scrivere anche come:
ωn 2
−ω2 2 2
h
m!x! + x! + kx = F0 cos ωt
ω
h
Se si introduce la variabile complessa z, con x = Re(z), si ha: m!z! + z! + k z = F0 eiωt
ω
i (ωt −ψ ) − iψ iωt
Ipotizzata una soluzione particolare del tipo: z = Z 0e = Z 0e e = Zeiωt ,
se si sostituisce nella equazione differenziale, si ottiene: − mω 2 Z + ihZ + kZ = F0
che, introducendo il fattore di smorzamento strutturale η, si può scrivere: − mω 2 Z + k (1 + iη ) Z = F0
F0
e si ottiene: Z=
k − mω 2 + iη k
La risposta del sistema, x(t), è costituita dalla sola parte reale di z(t), ovvero:
[ ]
x (t ) = Re[ z (t )] = Re Z 0ei (ωt −ψ ) = Z 0 cos(ωt −ψ ) .
Si può notare che, nel caso di smorzamento strutturale, la risposta x(t) raggiunge il suo valore massimo,
F0/(kη), in corrispondenza della risonanza ω = ωn, al contrario di quanto avviene nel caso di smorzamento
viscoso in cui il massimo è raggiunto per ω < ωn. Inoltre, per valori non nulli di η, l’angolo ψ non si
annulla mai (nemmeno per ω = 0); ciò significa che nel caso di smorzamento struturale l’eccitazione e la
risposta non possono mai essere in fase.
4
3
3 .5
2 .5
3
2 .5 2
Xo k/F o
p si
2 1 .5
1 .5
1
1
0 .5
0 .5
0 0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
(a) (b)
Fig. 4.20 – Smorzamento strutturale: ampiezza (a) e fase (b) della risposta
forzata a regime, in funzione del rapporto (ω/ωn)2.
RISPOSTA ALL’IMPULSO
Si consideri una forza F nulla ovunque tranne che per l’intervallo di tempo ∆t in cui ha un’ampiezza
costante F0.
+∞
La quantità: I= ∫ F (t )dt = F0 ∆t si dice impulso della forza F.
−∞
+∞
Si faccia ora tendere a zero l’intervallo ∆t, imponendo che sia: lim
∆t → 0 ∫ F (t )dt = I .
−∞
La forza F(t) che soddisfa questa condizione si dice impulsiva.
Ricordando che l’impulso di una forza è uguale alla variazione della quantità di moto, se una forza
trasmette un impulso I ad un corpo di massa m inizialmente in quiete, il corpo stesso acquista una quantità
di moto Q = I, e quindi una velocità data da v0 = I / m.
Ne segue che la risposta forzata ad un’eccitazione impulsiva di impulso I di un corpo di massa m,
inizialmente fermo, coincide con il moto libero relativo alle condizioni iniziali:
I
x (0) = 0 e x! (0) =
m
Infatti, a causa della durata molto breve (teoricamente nulla) della forza impulsiva, durante la sua
applicazione il corpo rimane nella posizione iniziale.
Pertanto si avrà:
I
x (t ) = sin ω nt per il sistema non smorzato
mωn
I
x (t ) = e −ζω n t sin ω s t per il sistema smorzato (con ζ<1)
mωs
1 −ζω n t
Ovvero: x ( t ) = I h( t ) avendo indicato con: h (t ) = e sin ω s t
m ωs
la risposta del sistema ad un impulso unitario.
Fig. 4.21 – Forza eccitatrice di forma arbitraria e risposta del sistema all’impulso F(τ)dτ.
BIBLIOGRAFIA
* E. Funaioli, A. Maggiore, U. Meneghetti, Lezioni di Meccanica applicata alle macchine, Vol. II, ed.
Pàtron, Bologna.
* W. J. Palm, Modeling, analysis, and Control of Dynamic Systems, John Wiley & Sons, 1999.
* S.S. Rao, Mechanical vibrations, Third edition, Addison Wesley Pub. Company, 1995.
* G. Diana, F. Cheli, Dinamica e Vibrazione dei Sistemi, vol. I, ed. Utet, Torino, 1993.
* E. Pennestrì, Dinamica Tecnica e computazionale, vol. I, ed. Ambrosiana, 2001.
dove xo(t) è l’integrale dell’equazione omogenea associata (A) e xp(t) è un’integrale particolare della
EDO (B).
Le costanti di integrazione si determinano in funzione delle condizioni iniziali che possono riguardare la
posizione e/o la velocità:
x(0) = x0
x! (0) = v0
B) Integrale particolare dell’equazione completa (A1.1), xp(t), dipende dal termine F(t).
EQUAZIONI DI LAGRANGE
Se n è il numero di gdl del sistema considerato, n sono le equazioni di Lagrange che ne individuano il
moto. Per un sistema ad un gdl l’equazione può essere scritta nella forma:
d ∂T ∂T ∂V
− + =Q
dt ∂q! ∂q ∂q
∂r j δW
Q = ∑ j Fj ⋅ =
∂q δq
Pl 3 l2 l2 x x
2 2
Tratto AC y( x ) = 1 − − (A3.1)
6 EI l l l l
Pl 3 l2 l2 l − x l − x
2 2
Tratto CB y( x ) = 1 − − (A3.2)
6 EI l l l l
2 2
1 Pl1 l2
y ( x = l1 ) =
Punto C 3 EI l (A3.3)
Pl 3 3x x 3
y( x ) = −
12 EI 4l l (A3.4)
l 3
Pl
y x = = y max =
e in mezzeria, si ha: 2 48 EI (A3.5)
Pl 3 3x x
3
3x x
3
y( x ) = − 4 = y max − 4
48EI l l l l
(A3.6)
Infine, essendo la rigidezza pari all’inverso della freccia corrispondente ad un carico unitario, la rigidezza
flessionale della trave con carico in mezzeria è (vedi (A3.5)):
48EI
k=
l3
m1 0 k1 + k2 − k2 c1 + c2 − c2
dove: [M ] = [K ] = [C ] =
0 m2 − k2 k 2 + k3 − c2 c2 + c3
x1 (t ) F1 (t )
{x (t )} = {F (t )} =
x2 ( t ) F2 (t )
Esempio
x1 = ( z1 − z2 ) x2 = ( z1 + z2 )
m1 ( !z!1 − !z!2 ) + ( k1 + k 2 )( z1 − z 2 ) − k 2 ( z1 + z 2 ) = 0
m2 ( !z!1 + !z!2 ) + (k 2 + k 3 )( z1 + z 2 ) − k 2 ( z1 − z 2 ) = 0
m1 − m1 k1 − (k1 + 2k 2 )
[M ] = [K ] =
k 3 + 2k 2
Risulta pertanto:
m2 m2 k 3
m!z!1 − m!z!2 + k z1 − 3k z 2 = 0
m!z!1 + m!z!2 + k z1 + 3k z 2 = 0
m − m k − 3k
e le matrici: [M ] = [K ] =
m m k 3k
m!z!1 + k z1 = 0
m 0 k 0
con [M ] = [K ] =
m!z!2 + 3k z 2 = 0 0 m 0 3k
Le matrici massa e rigidezza sono ora diagonali e le due equazioni sono disaccoppiate.
k 3k
Inoltre si vede subito che le due pulsazioni naturali sono: ω12 = ; ω22 = .
m m
Le coordinate z1 e z2 si dicono coordinate principali.
VIBRAZIONI LIBERE
VIBRAZIONI FORZATE
Le equazioni del moto per un generico sistema a due gdl soggetto a forzanti esterne possono essere scritte
come:
iωt
F j (t ) = F j 0 e j = 1, 2 (5.20)
iωt
le soluzioni a regime sono del tipo: x j (t ) = X j e (5.21)
dove X1 e X2 sono, in generale, quantità complesse che dipendono da ω e dai parametri del sistema.
Se si definisce la quantità:
Z11 (iω )
Z12 (iω )
dove: [Z (iω )] = ;
X1
{X } = ;
F10
{F0 } = .
Z 21 (iω ) Z 22 (iω ) X 2 F20
Esempio
Trovare la risposta a regime del sistema di figura quando la massa m1 è eccitata dalla forzante armonica
F1(t) = F cosωt.
di conseguenza si ha:
Y1 (iω ) =
(− mω
+ icω + 2k F
2
)
( )(
− mω + icω + 2k − mω 2 + 2k − k 2
2
)
kF
Y2 (iω ) =
( )(
− mω + icω + 2k − mω 2 + 2k − k 2
2
)
k c c
Ponendo: ω 02 = ; a= =
m 2mω 0 2 km
ω2 ω F
− 2 + i 2a + 2 F
ω ω k
Y1 (iω ) = 0 0 e Y2 (iω ) = k .
ω 2 ω2 2
− 2 + i 2a ω + 2 1 − ω 2 − 1 − 2 + i 2a ω + 2 1 − ω 2 − 1
2
ω ω0 ω ω ω0 ω
0 0 0 0
Graficando la prima in funzione del rapporto adimensionale ω/ω0. e per diversi valori del parametro a si
vede che quando a >> 1 il sistema si comporta come un sistema ad un gdl con un’unica risonanza che
vale:
ω n = 2k m e risulta quindi: ωn ω0 = 2 .
0.16
0.14
a=10
0.12
0.1
abs(Y1)*k/F
0.08
0.06
a=0.2
0.04
a=1
0.02
0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
om/om0
SMORZATORE DINAMICO
Si consideri il caso di un macchinario sottoposto ad una eccitazione con pulsazione molto prossima ad
una pulsazione naturale del macchinario stesso. In tale caso, le vibrazioni eccessive del sistema possono
essere ridotte impiegando un cosiddetto smorzatore dinamico di vibrazioni (o assorbitore dinamico),
costituito da una massa collegata al macchinario da una molla. Lo smorzatore dinamico deve essere
progettato in modo che le frequenze naturali del sistema siano il più possibile lontane dalla frequenza
dell’eccitazione.
Per studiare il problema si schematizzi la macchina come un sistema ad un grado di libertà (v. figura)
sottoposto ad una forzante armonica F(t) = F cosωt , in cui ω = k1 m1 , ossia il sistema è in risonanza.
A questo punto si supponga di collegare al macchinario una seconda massa m2 mediante una molla di
costante elastica k2.
m1!x!1 + ( k1 + k2 ) x1 − k 2 x2 = F cos ωt
Le equazioni del moto sono:
m2 !x!2 + k 2 x2 − k 2 x1 = 0
di conseguenza si ha:
X 1 (ω ) =
(− m ω + k )F 2
(− m ω + k + k )(− m ω + k ) − k
2 2
2 2 2
1 1 2 2 2 2
k2 F
X 2 (ω ) =
( )(
− m1ω + k1 + k 2 − m2ω 2 + k 2 − k 2 2
2
)
k1 k2
Se è soddisfatta la condizione: ω= =
m1 m2
k1 k2
Posto: ω10 = ω 20 =
m1 m2
ω 2 F F
1 −
ω 2 k
X 1 (ω ) = 20 1
e X 2 (ω ) =
k1
k2 ω 2
ω 2 k 2 k 2 ω
2
ω 2 k 2
1 + − 1 − − 1 + − 1 − −
k1 ω102 ω102 k1 k1 ω102 ω102 k1
F
Si nota che quando ω10 = ω20 = ω, risulta: X 1 (ω ) = 0
. X 2 (ω ) = −
k2
In altre parole, la massa m1 non oscilla poiché la massa m2 trasmette alla massa m1 una forza uguale ed
opposta all’eccitazione; infatti:
m2 ω2
k 2 ( x2 − x1 ) = − m2 !x!2 = m2ω X 2 cos ωt = −
2
Fω cos ωt = −
2
F cos ωt = − F cos ωt
k2 ω 20 2
8 8
6 6
4 4
2 2
X1*k1/F0
X2*k1/F0
0 0
-2 -2
-4 -4
-6 -6
-8 -8
0 0.5 1 1.5 2 0 0.5 1 1.5 2
om/om10 om/om10
L’aggiunta di una massa introduce però nel sistema una seconda risonanza. Il sistema ha quindi due
risonanze che si possono trovare ponendo a zero il denominatore di X1(ω) (o di X2(ω)):
k 2 ω 2 ω 2 k2 ω4 ω2 k
1 + − 1 − − =0 ossia: − 2 + 2 + 1 = 0
2
k1 ω102 ω102 k1 ω10 ω10
4
k1
k 2 m2
Osservando che quando ω10 = ω20 = ω, si ha: =
k1 m1
le due pulsazioni sono tanto più lontane da ω10 = k1 m1 quanto più grande è il rapporto m2 m1 :
2
m m 2
2 + 2 ± 2 + 2 − 4
ω2 m1 m1
=
ω 2 2
10 1, 2
1.5
om/om10
0.5
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
m2/m1
MOTI RIGIDI
Si consideri il sistema a due 2gdl rappresentato in figura (potrebbe essere, ad esempio, il modello di due
vagoni ferroviari). Le equazioni del moto libero sono le seguenti:
m1&x&1 + k ( x1 − x2 ) = 0
m2 &x&2 + k ( x2 − x1 ) = 0
( − m1ω 2 + k ) X 1 − kX 2 = 0
− kX 1 + ( − m2ω 2 + k ) X 2 = 0
X
Come ovvio, alla pulsazione ω1 corrisponde il modo di vibrare: r1 = 2 =1
1 ω =ω1
X
X m
mentre alla pulsazione ω2 corrisponde il modo di vibrare: r2 = 2 =− 1
X 1 ω =ω 2 m2
che è una quantità negativa; pertanto il secondo modo ha un nodo.
BIBLIOGRAFIA
* E. Funaioli, A. Maggiore, U. Meneghetti, Lezioni di Meccanica applicata alle macchine, Vol. II, ed.
Pàtron, Bologna.
* S.S. Rao, Mechanical vibrations, Third edition, Addison Wesley Pub. Company, 1995.
La matrice massa [M] e la matrice rigidezza [K] possono essere, in generale, complete e non simmetriche.
Se però ad ogni massa (generalizzata) è associata una coordinata (generalizzata), allora la matrice massa
risulta diagonale. Analogamente, se ogni molla (generalizzata) ha ogni estremo mobile collegato ad una
massa (cioè posto in corrispondenza dell'origine di una coordinata), allora la matrice rigidezza risulta
simmetrica.
Nel seguito, supporremo sempre che la matrice massa e la matrice rigidezza siano simmetriche. Ciò è
lecito, in quanto scegliendo opportunamente le coordinate è sempre possibile ricondursi a tale situazione.
Gli elementi mij e kij che compongono le matrici massa e rigidezza hanno il significato che ora chiariamo.
Scriviamo per esteso l’equazione del moto della massa i-esima. Si ha:
n n
∑ mij &x& j + ∑ kij x j = 0 (i = 1, 2, …, n) (6.2)
j =1 j =1
Come si può vedere dalla (6.2), gli elementi mij della matrice massa rappresentano l’azione inerziale
agente sulla massa i-esima in corrispondenza di una accelerazione unitaria del punto in cui è concentrata
la massa j-esima (essendo nulle le accelerazioni dei restanti n-l punti). Gli elementi mij sono detti
coefficienti di influenza inerziali. Gli elementi kij della matrice rigidezza rappresentano l’azione elastica
agente sulla massa i-esima in corrispondenza di uno spostamento unitario del punto in cui è concentrata la
massa j-esima (essendo nulli gli spostamenti dei restanti n-1 punti). Essi sono noti anche come coefficienti
di influenza per la rigidezza.
Al fine di determinare i modi propri di vibrare del sistema imponiamo che sia:
x j (t ) = X j eiωt j = 1, 2 , …, n
Si perviene ad un sistema di equazioni analogo a quello già visto nel caso dei si-stemi a due gradi di
libertà:
[ A − µI ]{ X } = {0} (6.4)
Le radici µi dell’equazione caratteristica (6.5) sono gli autovalori e le pulsazioni naturali del sistema sono
definite dalla relazione:
ω i2 = µi
Sostituendo µi nelle equazioni (6.4) si ottengono gli autovettori, che forniscono i modi di vibrare
corrispondenti alle pulsazioni trovate ωni.
X 11 X 12 X 1n
X X X
{ X }1 = 21 ; { X }2 = 22 ; ... { X }n = 2 n ;
... ... ...
X n1 X n 2 X nn
Si ricordi che, essendo la (6.4) un sistema di n equazioni omogenee, gli elementi degli autovettori
risultano definiti a meno di una costante arbitraria.
Talvolta può essere utile formulare le equazioni del moto delle masse del sistema in modo diverso dalle
(6.1). A ciò si perviene utilizzando i coefficienti di influenza per la cedevolezza (flessibilità) δij. Essi
vengono definiti come lo spostamento del punto i-esimo provocato da una forza unitaria applicata nel
punto j-esimo. Nel caso delle oscillazioni libere di un sistema ad n gradi di libertà devono considerarsi
come forza applicata solo quelle inerziali e, pertanto, lo spostamento della massa i-esima vale:
n n
xi = − ∑δ ij ∑ mij &x& j (i = 1, 2, …, n) (6.6)
j =1 j =1
δ 11 δ 12 ... δ1n
δ δ 22 ... δ 2 n
La matrice: [ D ] = 21 è detta matrice cedevolezza (flessibilità).
... ... ... ...
δ n1 δ n 2 ... δ nn
Confrontando la (6.7) con la (6.1) scritta nel modo seguente: {x} = −[ K ]−1[ M ]{&x&}
si riconosce che: [ D ] = [ K ]−1
{ X } = ω 2 [ D ][ M ]{ X } (6.8)
[ A − µ I ]{ X } = {0} (6.9)
con [ A ] = [ D ][ M ] e µi = 1 2 .
ωi
si ricava: [ A ] = [ A]−1
In conclusione, sia partendo dalle (6.1), sia impiegando le (6.7), il problema della determinazione delle
frequenza proprie e dei modi di vibrare viene ricondotto a quello della ricerca degli autovalori di una
matrice, per il quale sono disponibili algoritmi assai efficienti.
Proprietà di ortogonalità
Gli autovettori godono di una proprietà, che prende il nome di ortogonalità, rispetto alle matrici massa e
rigidezza. Consideriamo le equazioni del moto scritte per il modo i-esimo:
[ K ]{ X }i = µi [ M ]{ X }i (6.10)
{ X } j [ K ]{ X }i = µi { X } j [ M ]{ X }i .
T T
(6.11)
{ X }i [ K ]{ X } j = µ j { X }i [ M ]{ X } j .
T T
(6.12)
{ X } j [ K ]{ X }i = { X }i [ K ]{ X } j { X } j [ M ]{ X }i = { X }i [ M ]{ X } j
T T T T
0 = ( µi − µ j ){ X } j [ M ]{ X }i
T
(6.13)
0 = { X } j [ K ]{ X }i
T
ed anche: (6.15)
Le (6.14) e (6.15) definiscono il carattere di ortogonalità dei modi propri di vibrare. Tale proprietà è di
fondamentale importanza per procedere al disaccoppiamento delle equazioni del moto del sistema.
Se poniamo i = j, la (6.13) risulta soddisfatta per ogni valore finito del termine { X }i T [ M ]{ X }i
M i = { X }i T [ M ]{ X }i K i = { X }i T [ K ]{ X }i
Le relazioni sopra scritte consentono di adottare come criterio di normalizzazione degli autovettori la
condizione:
M i = { X }i T [ M ]{ X }i = 1
Ki = { X } j [ K ]{ X }i = µi { X } j [ M ]{ X }i = µi = ω i
T T 2
Dalla (6.10) risulta:
La matrice modale
Se raccogliamo gli n autovettori in una matrice, otteniamo la cosiddetta matrice modale:
X 11 X 12 ... X 1n
X X 22 ... X 2 n
[Φ ] = 21
... ... ... ...
X n1 X n2 ... X nn
Per l’ortogonalità dei modi propri, il seguente prodotto è una matrice diagonale:
M1 0 ... 0
0 M2 ... 0
[Φ ] [ M ][Φ ] =
T = [ M ]P (6.16)
... ... ... ...
0 0 ... M n
Gli elementi della diagonale principale della (6.16) sono le masse modali. La matrice (6.16) prende il
nome di matrice massa principale. Analogamente si ha:
K1 0 ... 0
0 K2 ... 0
[Φ ] [ K ][Φ ] =
T = [ K ]P (6.17)
... ... ... ...
0 0 ... K n
In questo caso gli elementi della diagonale principale sono le rigidezze modali e la matrice prende il nome
di matrice rigidezza principale.
Se si adotta la normalizzazione rispetto alla matrice massa, le matrici massa principale e rigidezza
principale diventano, rispettivamente:
La matrice massa principale e la matrice rigidezza principale permettono di disaccoppiare le equazioni del
moto.
Le (6.20) definiscono le coordinate principali. Poiché [M]P e [K]P sono matrici diagonali, le equazioni del
moto (6.19), scritte in termini di coordinate principali, risultano disaccoppiate.
Risolto il sistema (6.19) in termini di coordinate principali, si passa da queste a quelle di origine con la
trasformazione:
{x} = [Φ ]{q}
Partendo dagli autovettori precedentemente calcolati, si ottengono gli autovettori normalizzati rispetto
alle masse moltiplicando gli elementi di ogni autovettore per uno scalare pi dato da:
1
pi = (i = 1, 2, …, n)
T
{ X }i [ M ]{ X }i
Risulterà: [ K ]{ X }1 = 0 [ K ]{ X }2 = 0
[ K ]{ X }i = ω i 2 [ M ]{ X }i (i = 3., 4, …, n)
Pertanto, la presenza di moti di corpo rigido può dare luogo alla presenza nella matrice massa principale
di termini al di fuori della diagonale.
Vibrazioni libere
Il più generale moto libero è la sovrapposizione di tutti i modi propri. Ogni modo vi partecipa in una certa
porzione, dipendente dalle condizioni iniziali. Se le condizioni iniziali eccitano un solo modo, alle
vibrazioni libere partecipa solo quel modo.
La matrice [C] è di regola simmetrica. Introducendo le coordinate principali, {q} = [Φ ]−1{x} si ottiene:
In generale, la matrice [Φ ]T [C ][Φ ] è simmetrica ma non diagonale, per cui le equazioni del moto non
sono più disaccoppiate.
dove la matrice [C]P è una matrice diagonale detta matrice smorzamento principale:
C1 0 ... 0
0 C ... 0
[C ]P = 2
... ... ... ...
0 0 ... Cn
Ci Ci α βω i
e, quindi, il fattore di smorzamento modale: ζi = = = +
CCRi 2M iω i 2ω i 2
VIBRAZIONI FORZATE
Le equazioni del moto di un sistema ad n g.d.l., con smorzamento viscoso, si possono scrivere nel modo
seguente:
[ M ]{&x&} + [C ]{x&} + [ K ]{x} = { f (t )} (6.21)
dove [M] e [K] sono le matrici massa e rigidezza, [C] è la matrice smorzamento, {x} è il vettore degli
spostamenti ed {f(t)} è il vettore delle forze applicate:
f1 (t )
f (t )
{f}= 2 (6.22)
...
f n (t )
X 11 f1 (t ) + X 21 f 2 (t ) + ... + X n1 f n (t )
[Φ ]T { f (t )} = X 12 f1 (t ) + X 22 f 2 (t ) + ... + X n 2 f n (t ) (6.26)
X 1n f1 (t ) + X 2n f 2 (t ) + ... + X nn f n (t )
Risulta:
M 1q&&1 + C1q&1 + K1q1 = X 11 f1 (t ) + X 21 f 2 (t ) + ... + X n1 f n (t )
M 2 q&&2 + C2 q& 2 + K 2 q2 = X 12 f1 (t ) + X 22 f 2 (t ) + ... + X n 2 f n (t )
(6.27)
.....................
M n q&&n + Cn q&n + K n qn = X 1n f1 (t ) + X 2 n f 2 (t ) + ... + X nn f n (t )
Le equazioni differenziali del sistema (6.27) vengono risolte singolarmente con i procedimenti visti nel
caso dei sistemi ad un singolo grado di libertà. In tal modo si ottengono le componenti del vettore delle
coordinate principali e, tramite le (6.20), quelle del vettore delle coordinate effettive.
Metodo modale
x1 X 11 X 12 ... X 1n q1
x X ... X 2 n q2
2 21 X 22
= [ Φ ]{q}
=
... ... ... ... ... ...
x N X N 1 XN2
... X Nn qn
Introduciamo nelle equazioni del moto [ M ]{&x&} + [C ]{x&} + [ K ]{x} = { f (t )} premoltiplicando per [Φ ]T :
Si ottengono così n (n<<N) equazioni disaccoppiate e quindi semplici da integrare. Una volta trovate le
coordinate generalizzate q, le coordinate effettive si trovano con la {x} = [ Φ ]{q} .
Il metodo è valido se la pulsazione Ω della forzante è inferiore alla pulsazione ωn del modo n-esimo.
Metodo pseudo–modale
Se lo smorzamento è piccolo ma non proporzionale (come capita abbastanza spesso), si può usare un
metodo “pseudo modale”. Si trovano prima gli N autovalori ed autovettori trascurando lo smorzamento, e
se ne utilizzano – come prima – i primi n, con n<<N:
x1 X 11 X 12 ... X 1n q1
x X ... X 2 n q2
2 21 X 22
= [ Φ ]{q}
=
... ... ... ... ... ...
x N X N 1 XN2
... X Nn qn
Questa volta si ottiene un sistema di n equazioni accoppiate per i termini in q& , ma integrabili abbastanza
facilmente perché n<<N:
La soluzione è valida solo se la pulsazione Ω della forzante è inferiore alla pulsazione ωn del modo n-
esimo.
METODO DI RAYLEIGH-RITZ
Si tratta di una generalizzazione, dovuta a Ritz, del metodo di Rayleigh. Il metodo viene impiegato per
valutare le prime (le più basse) frequenze proprie di un sistema.
Il procedimento si basa sulla scelta di una “ragionevole deformata” per i primi n modi del sistema a N
g.d.l. (n << N). E’ evidente che, nel caso in cui n=1, il metodo di Ritz coincide con quello di Rayleigh.
Sia [γ] la matrice contenente le stime dei primi n modi. Si può scrivere:
{x} = [γ ]{ p}
dove {x} è il vettore di dimensione N delle coordinate “fisiche”, [γ] è una matrice di dimensioni N×n le
cui colonne sono le “ragionevoli forme modali”, e {p} è un vettore di dimensione n<<N. Naturalmente, la
deformata prescelta deve soddisfare le condizioni al contorno.
Il sistema così ottenuto è costituito da n equazioni, mentre quello di partenza ne conteneva N >> n.
La soluzione del sistema fornirà una stima delle prime n pulsazioni proprie del sistema.
Come esempio di applicazione del metodo si consideri il sistema a N = 3 g.d.l. rappresentato in figura, le
cui soluzioni esatte sono:
m 0 0 1
{γ } [ M ]{γ } = {1 2.5 3} 0 2m 0 2.5 = 22.5 m
T
0 0 m 3
3k − k 0 1
{γ } [ K ]{γ } = {1 2.5 3}− k 2k − k 2.5 = 4.5 k
T
0 − k k 3
22.5 8
{&p&}+ k
4.5 2
Le equazioni del moto sono pertanto: m {p} = {0}
8 10 2 12
1 1
Si osservi che se si fosse assunto: [γ ] = 2.5 2 ,
3 1
22.5 14 4.5 3
si sarebbe ottenuto: [γ ]T [ M ][γ ] = m ; [γ ]T [ K ][γ ] = k
14 10 3 4
k k
da cui: ω~1 = 0.4461 ω~2 = 1.2488
m m
P1 1 P1 1
i cui corrispondenti modi sono: = =
P2 1 − 0.1066 P2 2 − 1.6242
1 1
~ ~
da cui si ricavano: { X }1 = [γ ]{P}1 = 2.5596 { X }2 = [γ ]{P}2 = 1.199
3.2386 − 2.204
QUOZIENTE DI RAYLEIGH
Se il sistema è conservativo vale il principio di conservazione dell’energia meccanica (TMAX = VMAX), per
cui si ottiene:
ω2 =
{X }T [ K ]{X } = R ({X }) noto come quoziente di Rayleigh.
{X }T [ M ]{X }
Questa proprietà è molto utile in quanto permette di usare il quoziente di Rayleigh per determinare un
valore approssimato della prima frequenza naturale di un sistema. Infatti, è sufficiente assumere un
ragionevole primo modo di vibrare (l’autovettore {X}1) ed il quoziente di Rayleigh fornirà una buona
approssimazione del quadrato della pulsazione naturale ω1.
Ovviamente la stima di ω1 sarà tanto migliore quanto più il primo modo ipotizzato è vicino a quello vero.
Osservazione
Si noti che il quoziente di Rayleigh si ottiene anche dall’equazione del moto del sistema libero non
smorzato:
MODIFICHE STRUTTURALI
Il quoziente di Rayleigh può venire impiegato per valutare l’effetto di piccole modifiche strutturali.
{X }jT [ K ]{X }j
ω j2 = (
= R {X }j )
{X }j T [ M ]{X }j
esso non è altro che il rapporto tra la rigidezza modale kj e la massa modale mj.
Supponiamo ora che alcune masse e/o rigidezze del sistema subiscano una modifica.
Siano [ M + ∆M ] e [ K + ∆K ] le nuove matrici massa e rigidezza.
Ovviamente anche le frequenze e i modi cambiano. Avremo rispettivamente:
ω j * = ω j + ∆ω j e { X }*j = { X } j + ∆{ X } j .
{X }*j [ K + ∆K ]{X }*j
T
Ora se si assume che { X } j * = { X } j , ossia che la forma modale conseguente alle modifiche coincida con
quella relativa al sistema senza modifiche, si può scrivere:
Come esempio di applicazione del metodo si consideri il sistema a N = 3 g.d.l. rappresentato in figura, le
cui matrici massa e rigidezza sono riportate a lato:
2m 0 0 3k − 2k 0
[ M ] = 0 m 0 [ K ] = − 2k 3k − k
0 0 3m 0 −k k
Impieghiamo il metodo di Rayleigh per trovare il nuovo valore ω 3 della terza pulsazione naturale se la
*
V3MAX =
1
{X }3T [ K ]{X }3 = 1 K 3 ; T3MAX = ω 3 {X }3 [ M ]{X }3 = ω 3 M 3
1 2 T 1 2
2 2 2 2
V3MAX * =
1
{X }3T [ K + ∆K ]{X }3 ; T3MAX * = ω 3 *2 {X }3 [ M ]{X }3 = ω 3 *2 M 3
1 T 1
2 2 2
ω 3 *2 T3 * V3 * {X }3T [ K + ∆K ]{X }3
= = =
MAX MAX
ω32 T3 V3
MAX
{X }3T [ K ]{X }3
MAX
K 3 = {X }3 [ K ]{X }3 = 31.38 k
T
La terza rigidezza modale K3 è:
Il valore esatto della terza pulsazione a seguito della variazione della rigidezza della seconda molla è:
ω 3 *ESATTO = 2.1549 k m , ovvero si è compiuto un errore pari a 0.1%.
Consideriamo ora lo stesso sistema ma supponiamo di dover calcolare la terza frequenza naturale qualora
la seconda massa passi al valore 1.3m. Questa volta risulta:
ω 3 *2 1 1
= =
ω3 2
{X }3 [M + ∆M ]{X }3
T
1+
{X }3 T
[∆M ]{X }3
M3 M3
0 0 0 0 0 0
[∆M ] = 0 0.3m 0 = 0 δ m 0
0 0 0 0 0 0
1 1
ω3* = ω3 = 1.9798 k = 1.793 k
1+
{X }3 T
[∆M ]{X }3 m
1+
0.3 m (−2.4195) 2 m
M3 8.006 m
Il valore esatto della terza pulsazione a seguito della variazione della seconda massa è:
ω 3 *ESATTO = 1.807 k m , ovvero si è compiuto un errore pari a −0.77%.
BIBLIOGRAFIA
* E. Funaioli, A. Maggiore, U. Meneghetti, Lezioni di Meccanica applicata alle macchine, Vol. II, ed.
Pàtron, Bologna.
* S.S. Rao, Mechanical vibrations, Third edition, Addison Wesley Pub. Company, 1995.
* D.J. Inman, Engineering Vibration, Prentice Hall, 1994.
* M. Lalanne, P. Berthier, J. Der Hagopian, Mechanical Vibrations for Engineers, John Wiley and Sons,
1983.
Supponiamo che il secondo modo di vibrare di un sistema a 4 gdl abbia un nodo in corrispondenza della
coordinata 3 ed andiamo ad eccitare il sistema in tale nodo. E’ facile verificare che la risposta del sistema
non contiene la componente relativa al secondo modo di vibrare.
X 11 X 12 X 13 X 14 0
0
X X X X
[Φ ] = 21 22 23 24 {f}=
X 31 0 X 33 X 34 f (
3 t )
0
X 41 X 42 X 43 X 44
0 + 0 + X 31 f 3 (t ) + 0 X 31 f 3 (t )
0 + 0 + 0 + 0 0
[Φ ]T { f (t )} = =
0 + 0 + X 33 f 3 (t ) + 0 X 33 f 3 (t )
0 + 0 + X 34 f 3 (t ) + 0 X 34 f 3 (t )
q1 Q1eiω1t
0
0
{q} = = {Qeiωt } = iω t
q3 Q3e
3
q4 Q4eiω 4t
INTRODUZIONE
L’analisi di un sistema continuo (ossia a infiniti gradi di libertà) può essere vista come estrapolazione, per
N tendente a infinito, dell’analisi di sistemi discreti a N gdl: il problema è quello di realizzare
analiticamente questo passo formale in quanto, nel continuo, le equazioni saranno, a differenza del caso
dei discreti, alle derivate parziali, poiché le grandezze che definiscono il moto del sistema in questo caso
dipendono sia dal tempo t, sia dallo spazio.
Tutti i sistemi reali dovrebbero, in realtà, essere studiati come continui: la soluzione rigorosa si ha però
soltanto in casi particolarmente semplici: in strutture complesse la soluzione analitica, utilizzando le
equazioni proprie del continuo, non è ottenibile. In tali situazioni diventa perciò indispensabile ricondursi
a schemi discreti, mediante opportune metodologie: a parametri concentrati o a elementi finiti. Lo studio
che verrà condotto sul continuo assume perciò un aspetto principalmente didattico, propedeutico anche
alla descrizione dei metodi di discretizzazione; ci limiteremo inoltre a casi particolarmente semplici, per i
quali sia possibile una trattazione analitica in forma chiusa.
Osservazione
iπ T
Dalla relazione ωi =
l ρ
si ricavano infiniti valori ωi, ognuno associato a un preciso valore assegnato al parametro intero i.
È interessante notare come, in questo caso, le ωi risultino tutte multiple di una frequenza fondamentale:
π T
ω1 =
l ρ
Sostanzialmente risultano definite per il sistema vibrante, schematizzato come continuo, infinite
pulsazioni proprie ωi, come estrapolazione delle N frequenze proprie dei sistemi discreti a N gdl, poiché il
sistema vibrante ha infiniti gd1. A ogni pulsazione propria ωi, corrisponde un modo proprio di vibrare
(ϕ ( x) )i definito dalla deformata spaziale assunta dal sistema in corrispondenza della generica ωi a esso
associata:
ρ iπ ρ iπ 2π
(ϕ ( x ) )i = (ϕ ( x ))ω =ω i = sin γ i x = sin ω i x = sin
T
x = sin x = sin x
T l ρ T l λi
avendo definito con λi la lunghezza d’onda corrispondente al generico i-esimo modo di vibrare, intesa
come distanza fra punti omologhi in periodi spaziali successivi della deformata:
2l
λi =
i
La deformata del generico modo di vibrare è ora descritta da una funzione, nel caso analizzato di tipo
sinusoidale, e non da un numero finito di termini contenuti nell’autovettore come avevamo visto nei
discreti, in quanto stiamo trattando un sistema continuo ossia a infiniti gdl.
Si osserva che essa ha un solo massimo (ventre o antinodo) in centro campata essendo la lunghezza
d’onda λ1 del primo modo: λ1 = 2l .
Essendo per il generico modo i-esimo di vibrare: (ϕ ( x ) )i = sin iπ x = sin 2π x
l λi
appare evidente come la deformata dell’i-esimo modo presenti “i” ventri o antinodi e “i + 1” nodi ossia
punti con spostamento nullo.
La precedente definizione di lunghezza d’onda λi può entrare nella scrittura della pulsazione propria del
sistema:
T iπ T 2π T
ωi = γ i = =
ρ l ρ λi ρ
Osserviamo che il valore della generica pulsazione, oltre a crescere con la tensione T e a decrescere con la
massa per unità di lunghezza della fune, risulta anche inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda
del modo associato.
Studiando un sistema continuo qualunque si avranno, dunque, sempre infinite pulsazioni proprie e,
corrispondentemente, infiniti modi di vibrare. Nel sistema continuo è inoltre possibile descrivere la
generica deformata del moto a regime come combinazione lineare dei modi propri di vibrare.
Nella figura seguente si riportano, a titolo di esempio, le prime cinque frequenze proprie e relative
deformate di una fune tesata con i seguenti dati:
Analizziamo le vibrazioni longitudinali nell’intorno della condizione di equilibrio statico in travi aventi
una dimensione, quella longitudinale, preponderante rispetto alle altre.
Ipotizzeremo che si tratti di travi omogenee, ossia a sezione trasversale S, rigidezza assiale ES e densità ρ
costanti.
Esempio
La seguente tabella riporta le espressioni delle pulsazioni naturali e delle forme modali per alcune
condizioni di vincolo.
E
c=
ρ
U n ( x ) = (ϕ ( x ) )n
Analizziamo le vibrazioni torsionali in travi aventi una dimensione, quella longitudinale, preponderante
rispetto alle altre.
Ipotizzeremo che si tratti di travi omogenee, ossia a sezione trasversale, rigidezza torsionale G Ip e densità
ρ costanti. Si suppone inoltre che il centro di torsione coincida con il baricentro della trave in modo tale
che la torsione si possa considerare disaccoppiata dalla flessione.
Analizziamo le piccole oscillazioni trasversali nell’intorno della condizione di equilibrio statico in una
trave ipotizzando che si tratti di una trave omogenea, ossia a sezione trasversale S, rigidezza flessionale
EI e densità ρ costanti. Si supporrà inoltre l’assenza di carichi assiali e si analizzerà il moto solo in
direzione trasversale, coincidente con una direzione principale di inerzia della trave.
La seguente tabella riporta i valori del prodotto βiL per le condizioni di vincolo più comuni.
Wn ( x ) = (ϕ ( x ) )n
RIEPILOGO
Si riepilogano nel seguito le espressioni dell’energia cinetica T e potenziale V per i sistemi continui
studiati in precedenza.
1 L ∂ϑ
2 2 2
1 L ∂u 1 L ∂v
Energia cinetica T = ∫ ρS dx T = ∫ Jo dx T = ∫ ρS dx
2 0 ∂t 2 0 ∂t 2 0 ∂t
Energia
∂ϑ
2 2 2
1 L ∂u 1 L 1 L ∂ 2v
potenziale V = ∫ ES dx V = ∫ GI p dx V = ∫ EI 2 dx
2 0 ∂x 2 0 ∂x 2 0 ∂x
METODI APPROSSIMATI
Metodo di Rayleigh
Procedimento:
- si formula una “ragionevole ipotesi” sulla deformata;
- si esprimono, sulla base di tale ipotesi, l’energia cinetica e quella potenziale (di deformazione);
- si scrivono le equazioni del moto (equazioni di Lagrange);
- si ricavano frequenza proprie e modi di vibrare.
x 2 x 3
Assumiamo come deformata ϕ ( x) = 3 − ,
l l
x 2 x 3
per cui risulta v( x, t ) = 3 − p(t ) = ϕ ( x) p (t )
l l
∂v( x, t ) dϕ ( x) x x
2 3
v(0, t ) = 0 ; ∂x = p (t ) = 3 −
dt l l p (t ) = 0
0 0 0
Essendo:
risulta:
2 2 2
1 l ∂v 1 dp (t ) l 1 dp (t ) 33
T = ∫ ρS dx = ρS ∫0 ϕ ( x) dx = 2 ρS dt 35 l
2
2 0
∂t 2 dt
2 2
1 l ∂ 2v 1 2 d ϕ ( x)
l
2
1 12
V = ∫ EI 2 dx = EI p (t ) ∫
dx = EI p (t ) 2 3
∂x
2
2 0 2 0
dx 2 l
33 12 33 420 EI
da cui: ρSl &p& + EI 3 p = 0 &p& + p=0
35 l 35 33 ρSl 4
420 EI 3.5675 EI
ed infine: ω~ 2 = ω~ =
33 ρSl 4 l2 ρS
3.5160 EI
Ricordando che il valore esatto è: ω= si ha un errore del 2%
l2 ρS
In alternativa, la prima pulsazione naturale si può ricavare anche dal principio di conservazione
dell’energia meccanica:
420 EI 3.5675 EI
da cui si ha ancora: ω~ 2 = = .
33 ρSl 4
l2 ρS
Esempio di applicazione del metodo di Rayleigh – Ritz: vibrazioni flessionali trave a mensola
2 3
x x
Si assuma questa volta: v( x, t ) = ϕ1 (t ) p1 (t ) + ϕ 2 (t ) p2 (t ) con: v( x, t ) = p1 (t ) + p2 (t )
l l
Essendo:
∂ 2 v ( x, t ) 2
2 3
∂v( x, t ) x x 6x
= p&1 (t ) + p& 2 (t ) = 2 p1 (t ) + 3 p2 (t )
∂t l l ∂x 2
l l
risulta:
2
1 l ∂v 1 1 2 1 2 1
T = ∫ ρS dx = ρSl p&1 + p& 2 + p&1 p& 2
2 0 ∂t 2 5 7 3
( )
2
1 l ∂ 2v 1 EI
V = ∫ EI 2 dx = 4 p1 + 12 p2 + 12 p1 p2
2 2
2 0 ∂x 2 l 3
d ∂T ∂V
+ =0
dt ∂p& i ∂pi
∂T 1 1 d ∂T ∂V EI
= ρSl &p&1 + &p&2 (4 p1 + 6 p2 )
1 1
= ρSl p&1 + p& 2 =
∂p& 1 5 6 dt ∂p&1 5 6 ∂p1 l 3
∂T 1 1 d ∂T ∂V EI
= ρSl &p&2 + &p&1 (12 p2 + 6 p1 )
1 1
= ρSl p& 2 + p& 1 =
∂p& 2 7 6 dt ∂p& 2 7 6 ∂p2 l 3
1 EI
da cui:
1 1
ρSl &p&1 + &p&2 +
EI
(4 p1 + 6 p2 ) = 0 1
ρSl &p&1 + &p&2 + (6 p1 + 12 p2 ) = 0
5 6 l3 6 7 l3
1 1
6 {&p&}+ EI 4 6 {p} = {0}
ρSl 5
1 l 3 6 12
ed infine:
1
6 7
3.533 EI 34.81 EI
ω~1 = ω~2 =
l2 ρS l2 ρS
3.5160 EI 22.0345 EI
ω1 = ω2 =
l2 ρS l2 ρS
Volendo ora determinare i modi di vibrare approssimati, si devono prima determinare gli autovettori {P}
e poi sostituirli nell’espressione generale dei modi approssimati:
{ϕ1 ( x) ϕ 2 ( x)}
P1
{ϕ1 ( x) ϕ 2 ( x)}
P1
P2 1 P2 2
P1 x x P1 x
2 3 2 3
x
{ϕ1 ( x) ϕ 2 ( x)} = = − 0.3837
P2 1 l l P2 1 l l
P 2 3
P 2 3
1 1
Approx Approx
0.9 Esatta 0.8 Esatta
0.8
0.6
0.7
0.4
0.6
0.2
0.5
0
0.4
-0.2
0.3
-0.4
0.2
0.1 -0.6
0 -0.8
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
v ( x, t ) = ∑ϕ ( x) p (t ) = ϕ ( x) p (t ) + ϕ ( x) p (t ) = v ( x, t ) + v ( x, t )
i =1, 2
i i 1 1 2 2 1 2
con: v1 ( x, t ) = ϕ1 ( x) P11 sin ω1t + ϕ 2 ( x) P21 sin ω1t v2 ( x, t ) = ϕ1 ( x) P12 sin ω 2t + ϕ 2 ( x) P22 sin ω 2t
VIBRAZIONI FORZATE
BIBLIOGRAFIA
* S.S. Rao, Mechanical vibrations, Third edition, Addison Wesley Pub. Company, 1995.
* M. Lalanne, P. Berthier, J. Der Hagopian, Mechanical Vibrations for Engineers, John Wiley and Sons,
1983.
* W.T. Thomson, Vibration Theory and Applications, Prentice Hall, 1965.
* G. Diana, F. Cheli, Dinamica e Vibrazione dei Sistemi, vol. I, ed. Utet, Torino, 1993.
∞ ∞
Soluzione generale: y ( x, t ) = ∑ ϕi ( x) fi (t ) = ∑ (Ci sin γ i x + Di cos γ i x )( Ai sin ωi t + Bi cos ωit )
i =1 i =1
Condizioni al contorno
∂y (0, t ) dϕ (0)
T =0 à =0
∂x dx
y (l , t ) = ϕ (l ) f (t ) = 0 à ϕ (l ) = 0
Consideriamo la corda di lunghezza l fissa agli estremi e supponiamo di afferrarla in mezzeria facendole
assumere la deformata di figura e poi di rilasciarla.
La soluzione generale è:
∞ ∞
y ( x, t ) = ∑ ϕi ( x) fi (t ) = ∑ (Ci sin γ i x + Di cos γ i x )( Ai sin ωi t + Bi cos ωit ) (A3)
i =1 i =1
dove: Ei = Ci Ai Fi = Ci Bi
Inoltre si ha:
∂y ( x, t ) ∞ iπ x T iπ T iπ t T iπ T iπ t
= ∑ sin E cos − F sin (A5)
∂t l ρ l ρ l ρ l ρ l
i i
i =1
iπ x
∞
T iπ 0 T iπ 0 ∞ iπ x
y ( x,0) = ∑ sin E sin + F cos = ∑ Fi sin (A6)
ρ l ρ l i=1
i i
i =1 l l
∂y ( x,0) ∞ iπ x T iπ T iπ 0 T iπ T iπ t 0 ∞ T iπ iπ x
= ∑ Ci sin A cos − B sin =∑ Ei sin (A7)
∂t ρ l ρ l ρ l ρ l i=1 ρ l
i i
i =1 l l
Ricordando ora che una arbitraria funzione g(x) della variabile indipendente x compresa nell’intervallo
[0, l] può essere sviluppata in serie di Fourier nel seno secondo la:
∞
iπ x 2 l iπ x
g ( x ) = ∑ Gi sin con Gi = ∫ g ( x) sin dx
i =1 l l 0 l
i coefficienti Fi e Ei che compaiono nelle (A6) e (A7) possono essere scritti come:
2 l /2 iπ x 2 ρ l/2 ∂y ( x,0) iπ x
Fi =
l ∫0
y ( x,0) sin
l
dx Ei =
iπ T ∫
0 ∂t
sin
l
dx (A8)
Nel nostro caso, poiché all’istante iniziale la velocità iniziale è nulla, risulta Ei = 0 e la (A4) diventa:
∞
iπ x T iπ t
y ( x, t ) = ∑ Fi sin cos
i =1 l ρ l
2hx
0 ≤ x ≤ l/2
y ( x,0) = l (A9)
2hx
2 h − l/2 ≤ x ≤ l
l
2 l / 2 2hx iπ x l iπ x l 2 hx iπ x
Fi = ∫0 sin dx + ∫ 2h sin dx − ∫ sin dx =
l l l l /2 l l/2 l l
2 2h l
l/2
iπ x 2 h l iπ x iπ x
2 l
2hl
= sin − x cos + − cos +
l l iπ l l iπ l iπ l l / 2
0
2h l 2
l
i π x 2h iπ x
− sin − x cos =
l iπ l iπ l
l/2
2 2h l iπ hl iπ 2hl iπ
2
2hl
= sin − cos + − cos(iπ ) + cos +
l l iπ 2 iπ 2 iπ iπ 2
2h l 2 iπ hl iπ
2
2hl 2h l
− + sin( iπ ) − cos(iπ ) − sin + cos =
l iπ iπ l iπ 2 iπ 2
2 4h l iπ 2 h l 1 2 iπ l
2 2 2
iπ
iπ 2 2 sin
8h
8h i = dispari
In definitiva: Fi = sin = i π 2
i 2π 2 2 i = pari
0
8h
In altre parole, per i dispari si può scrivere anche: Fi = 2 2 (−1)(i −1) / 2 i = 1, 3, 5, ...
iπ
8h π x T πt 1 3π x T 3π t 1 5π x T 5π t
y ( x, t ) = 2
sin cos − sin cos + sin cos − ...
π l ρ l 9 l ρ l 25 l ρ l
La seguente figura rappresenta la deformata della corda ad un istante generico ottenuta considerando solo
la prima, la terza e la quinta armonica.
LA CATENA DI MISURA
Le misure di vibrazioni possono essere effettuate con mezzi e fini diversi. Ad esempio:
• per vedere se un sistema meccanico rispetta le norme di sicurezza o di igiene del lavoro, se ne
rileva il livello di vibrazione;
• per dimensionare le sospensioni di una macchina, si esegue la misura delle azioni eccitatrici che
nascono nella macchina stessa;
• se si vuole trovare un adeguato modello matematico del sistema meccanico vibrante, si effettua la
misura della sua risposta ad una eccitazione nota.
In pratica è spesso presente anche un registratore magnetico (ora sostituito spesso dalla memoria del
calcolatore), che può essere situato prima o dopo il condizionatore di segnale ed è sempre presente un
convertitore analogico–digitale.
Il trasduttore ha in uscita un segnale elettrico (in pratica una tensione) proporzionale alla grandezza
meccanica da rilevare. Spesso il trasduttore è un accelerometro, per cui in uscita si ha una tensione
proporzionale all’accelerazione.
L’amplificatore amplifica l’ampiezza del segnale proveniente dall’accelerometro, che è debolissimo.
Il segnale viene poi trattato dal condizionatore di segnale che compie alcune eventuali operazioni, come il
filtraggio, una ulteriore amplificazione, l’integrazione nel tempo, e così via. Il filtraggio si intende in
frequenza: il segnale in entrata ha un certo spettro di frequenza, il filtro permette il passaggio solo di certe
componenti. Un filtro passa–basso, ad esempio, permette il passaggio delle sole componenti a frequenza
più bassa: il risultato del filtraggio è allora il segnale iniziale, in cui sono state eliminate le componenti
alle frequenze più alte. L’integrazione permette il passaggio dall’accelerazione alla velocità e/o dalla
velocità allo spostamento.
Registratore
Condizionatore
Trasduttore Amplificatore
di segnale
Plotter
Convertitore Analizzatore
A/D
Stampante
...
Fig. 8.1 – Catena di misura
Il convertitore analogico digitale (A/D) è uno strumento a rigore non indispensabile, ma usualmente
presente perché permette di trattare il segnale con un calcolatore: il segnale proveniente dal trasduttore è
un segnale "analogico" continuo, il cui andamento è analogo a quello della grandezza misurata; il
Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 8–1
Parte 8 – Misura di vibrazioni e Analisi Modale Sperimentale
convertitore A/D rileva il valore istantaneo del segnale a intervalli regolari di tempo, trasformandolo in un
insieme discreto di numeri (segnale “digitale”). In questo modo in uscita si hanno dei numeri che possono
essere gestiti ed elaborati da un calcolatore.
L’analizzatore di segnale è infatti un computer, dotato di software adatto per elaborare il segnale.
Un altro strumento non indispensabile ma molto utile è il registratore magnetico, che permette di
conservare i dati sperimentali.
ANALISI IN FREQUENZA
Serie di Fourier
Come è noto, una funzione x(t) periodica di periodo T si può rappresentare mediante la serie di Fourier:
ovvero:
∞
x(t ) = X 0 + ∑ X n cos(2π nf1t + ϕ n )
n =1
dove:
Abbiamo riportato la notazione più usata, cioè quella solo in coseno ma, naturalmente, si può trovarla
anche solo in seno o in seno e coseno.
Se si ha una funzione periodica, effettuarne l’analisi di Fourier significa ricavare le ampiezze Xn e le fasi
ϕn. Si può pensare di compiere l’analisi di Fourier con un filtro che abbia la caratteristica di lasciar
passare solo le componenti comprese tra una certa frequenza f* e la f* più un certo incremento.
Ricordiamo che il filtro è un circuito elettronico (dato che il segnale è elettrico). In figura è rappresentato
un filtro ideale; in realtà è presente una certa dispersione.
Rapporto uscita/ingresso
f* Frequenza
Fig. 8.2 – Filtro ideale
Trasformata di Fourier
Per una funzione x(t) non periodica, con la condizione che l’integrale da –∞ a +∞ del valore assoluto di
x(t) sia una quantità finita, al posto della serie si definisce la Trasformata di Fourier:
∞
X ( f ) = F{x (t )} = ∫ x (t ) e − i 2π f t dt
0
La trasformata di Fourier è una funzione complessa, per cui si rappresenta con la parte reale e la parte
immaginaria:
X ( f ) = ℜ[ X ( f )] + i ℑ[ X ( f )]
ℑ[ X ( f )]
in cui: X ( f ) = ℜ[ X ( f )]2 + ℑ[ X ( f )]2 tg[Φ ( f )] =
ℜ[ X ( f )]
La X(f) si rappresenta graficamente mediante gli andamenti della parte reale e di quella immaginaria, o di
ampiezza e fase in funzione della frequenza.
In realtà, però, il segnale che si ha a disposizione non permette, a rigore, di calcolare la trasformata di
Fourier. Infatti ciò che si possiede è un segnale rilevato da un certo istante iniziale fino ad un tempo T*
finito.
Le conseguenze sono che:
T
T*
In questo modo la funzione che si considera non è più non periodica, ma “periodica” di periodo T*,
definita da –∞ a +∞.
Se si riportano le ampiezze in funzione delle frequenze, si ottiene uno spettro discontinuo, appunto per il
fatto che la funzione viene trattata come periodica di periodo T*.
È importante sottolineare che la frequenza ∆f non è (in generale) una frequenza del segnale, ma dipende
solo dal tempo di acquisizione T*. Non è detto che tale frequenza, o qualcuno dei suoi multipli, siano
effettivamente presenti nel segnale.
Supponiamo, ad esempio, di avere una struttura che vibra: essa avrà una certa frequenza fI del primo
modo, fII del secondo modo e così via. Se si rileva il segnale mettendo il trasduttore sulla struttura, tali
frequenze saranno presenti nel segnale. Se si rileva il segnale per un tempo T*, nello spettro compaiono
componenti alle frequenze pari ad un multiplo intero della frequenza fondamentale ∆f=1/T*. Di regola
succederà che fI e fII non siano dei multipli di ∆f: nello spettro si trova allora solo un “addensamento”
attorno a tali valori.
In corrispondenza delle componenti fI e fII, che non si ritrovano perché hanno una frequenza che non
esiste sullo spettro discreto, compaiono allora delle componenti a frequenze vicine (vedi figura 8.3), la cui
energia totale coincide con quella delle componenti fI e fII.
Questo fenomeno è detto leakage (dispersione): poiché si rileva la funzione in un tempo T* finito, cioè
guardando il segnale attraverso una finestra rettangolare, le frequenze effettivamente presenti si
“disperdono” nelle frequenze prossime ad esse, ma sempre multiple di ∆f=1/T*.
600
500
400
X (f)
300
200
100
0
0 0 .5 1 1.5 2 2.5 3
F reque nza
Per diminuire la dispersione si utilizzano finestre di forma diversa; uno dei tipi più usati è la finestra
Hanning, che ha la proprietà di annullare il segnale all’inizio e alla fine dell’acquisizione, per cui si
elimina la discontinuità che altrimenti si avrebbe all’inizio del periodo. Utilizzando le finestre si
ottengono degli spettri più vicini alla realtà rispetto alla finestra rettangolare, che dà spettri più dispersi.
CAMPIONAMENTO
È possibile analizzare il segnale con un computer se è presente nella catena di misura un convertitore A/D
che lo trasformi in una serie di numeri. L’operazione viene chiamata campionamento: ad intervalli
regolari di tempo il convertitore legge il valore istantaneo del segnale.
1.5
0.5
x(t)
-0.5
-1
-1.5
-2
0 2 4 6 8 10
Tem po
All’uscita dal convertitore A/D non si ha più un segnale continuo ma un segnale discreto.
L’intervallo di tempo ∆tc tra due acquisizioni successive è detto intervallo di campionamento; il suo
inverso fc = 1/ ∆tc è detto frequenza di campionamento.
Il campionamento permette un’analisi del segnale veloce e sofisticata, ma occorre che la fc sia adeguata
per non alterare il segnale.
ALIASING
Supponiamo che il segnale sia sinusoidale: effettuandone il campionamento con una fc troppo bassa, il
segnale viene interpretato come un segnale a frequenza più bassa. Qualsiasi analisi successiva dà allora
risultati errati, perché è fatta su un segnale diverso da quello effettivo.
Questo fenomeno è detto aliasing (alterazione). Per evitare l’aliasing deve essere soddisfatto il Teorema
di Shannon o del campionamento, secondo il quale deve essere:
Dato che non si conosce a priori il contenuto in frequenza del segnale da analizzare, affinché sia
soddisfatta tale condizione bisogna usare un filtro antialiasing (AA), che è un filtro passa-basso che lascia
passare solo le componenti con frequenza inferiore alla frequenza massima di interesse fmax. La frequenza
di campionamento dovrà essere non inferiore a 2 fmax. Solitamente si assume fc = 2.5 fmax.
1 1
Valgono le seguenti relazioni: T * = N ⋅ ∆t c = N =
f c ∆f
in cui:
N −1 −i 2π k
n
X ( k ∆f ) = ∆t c ∑ x n e N
n =0
dove:
Se il numero di campioni elaborati è una potenza di 2, il calcolo viene effettuato con algoritmi chiamati
FFT (Fast Fourier Transform), che velocizzano l’operazione (sono da 100 a 200 più veloci della
procedura normale) e consentono di avere la trasformata di Fourier in tempo reale.
L’analisi modale viene usualmente eseguita per mezzo della FUNZIONE RISPOSTA IN FREQUENZA.
Consideriamo un sistema ideale ossia quel sistema che ha parametri costanti ed è lineare tra due punti di
interesse chiaramente definiti, detti ingresso o punto di eccitazione e uscita o punto di risposta.
Un sistema ha parametri costanti se tutte le proprietà fondamentali del sistema sono invarianti rispetto al
tempo. Un sistema si dice lineare se le caratteristiche della risposta sono additive ed omogenee. Il
termine additivo significa che l’uscita corrispondente alla somma di più ingressi è uguale alla somma
delle uscite prodotte da ciascun ingresso individualmente. Il termine omogeneo significa che l’uscita
prodotta da un ingresso moltiplicato per una costante è uguale alla costante per l’uscita prodotta dal solo
ingresso.
L’ipotesi relativa alla costanza dei parametri è ragionevolmente valida per molti sistemi fisici. L’ipotesi di
linearità per i sistemi reali è, in qualche modo, più critica. Tutti i sistemi fisici manifestano caratteristiche
di risposta non lineari in condizioni di eccitazione estreme. Ciononostante, per molti sistemi fisici è lecito
assumere l’ipotesi di linearità, almeno per campi di valori limitati dell’ingresso, senza commettere errori
significativi.
Un sistema può essere identificato con l’uscita che corrisponde ad una determinata entrata. Nel caso di
sistemi meccanici è più comune parlare di eccitazione e di risposta:
Le caratteristiche di un sistema lineare a parametri costanti possono essere descritte dalla funzione
risposta all’impulso unitario h(τ), che viene definita come la risposta del sistema in dato istante t ad un
impulso unitario applicato all’istante t –τ . L’utilità della funzione risposta all’impulso unitario deriva dal
fatto che la risposta x(t) di un sistema ad un ingresso arbitrario f(t) è data dall’integrale di convoluzione:
∞
x (t ) = ∫ f (τ ) h(t − τ ) dτ
−∞
∞
o, con un semplice cambio di variabili: x (t ) = ∫ f (t − τ ) h(τ ) dτ
−∞
Un sistema lineare a parametri costanti può anche essere caratterizzato dalla funzione di trasferimento
H(s) , che è definita come la trasformata di Laplace della h(τ ) :
∞
H ( s ) = ∫ h(τ )e − sτ dτ s = σ + jω .
0
Le caratteristiche dinamiche del sistema possono essere descritte anche dalla funzione risposta in
frequenza H(ω) (FRF), che è definita come la trasformata di Fourier della h(τ ) :
∞
H (ω ) = ∫ h(τ )e − jωτ dτ
0
+∞ +∞ ∞
X (ω ) = ∫ x (t )e − jωt dt = ∫ ( ∫ h (τ ) f (t − τ )dτ )e − jω t dt =
−∞ −∞ −∞
+∞ +∞
= ∫ (∫ h(τ ) f (t − τ )dτ )e − jω ( t +τ −τ )dt =
−∞ −∞
+∞ − jωτ +∞
= ∫ h(τ )e dτ ∫ f (t − τ )e − jω (t −τ )d (t − τ ) =
−∞ −∞
= H (ω ) F (ω )
dove X(ω) e F(ω) sono, rispettivamente, le trasformate di Fourier dell’uscita e dell’ingresso. Come si
vede, nel dominio delle frequenze l’integrale di convoluzione si riduce ad una semplice espressione
algebrica.
La FRF di un sistema è dunque il rapporto fra le trasformate di Fourier (FT) della risposta e
dell’eccitazione:
X (ω )
H (ω ) =
F (ω )
Nella pratica, per diminuire gli errori di misura, si impiegano degli stimatori della FRF effettuando la
media di più misure (vedi Appendice A3).
La risposta può essere costituita dallo spostamento, dalla velocità o dall’accelerazione rilevati nel punto
m.
In realtà, non occorre eseguire l’operazione per ogni singola frequenza. Basta eccitare nel punto l con una
eccitazione che abbia adeguato contenuto in frequenza in tutto il campo che interessa: rilevate
sperimentalmente l’eccitazione e la risposta, se ne calcolano le trasformate di Fourier e si calcola poi il
rapporto di tali trasformate, che è la FRF cercata.
Definizioni
INGRESSO USCITA FRF 1/FRF
Accelerazione Inertanza Massa apparente
Forza Velocità Mobilità Impedenza
Spostamento Ricettanza Rigidezza dinamica
Sistemi a N gdl
Un sistema con N gradi di libertà si può studiare come se fosse costituito da N sistemi con un singolo gdl.
Ad ogni modo corrispondono:
* una pulsazione propria
* uno smorzamento modale
* una forma modale
Se in un punto del sistema con N gdl si applica una forzante sinusoidale f (t ) = F0 cos ωt , tutto il sistema
vibra con pulsazione ω; le ampiezze (e le fasi) delle risposte dipendono da ω; si hanno N condizioni di
risonanza.
La risposta del sistema viene descritta mediante funzioni risposta in frequenza (FRF):
La FRF presenta N picchi di risonanza. La FRF del sistema è la “somma” delle FRF dei singoli modi
propri.
Sistemi continui
Un sistema continuo ha infiniti gradi di libertà e infiniti modi propri, cioè infinite pulsazioni proprie e
infinite forme modali.
Però, le pulsazioni proprie sono distinte e costituiscono pertanto una infinità discreta; inoltre al di sopra di
una certa frequenza, i modi di vibrare non hanno più senso fisico e, comunque, non vengono mai eccitati.
Se siamo interessati al comportamento del sistema fino ad una certa pulsazione ωm, è sufficiente che
teniamo conto solo dei modi propri - siano r - con pulsazione non superiore ad ωm.
Il moto libero generale è dato dalla somma dei primi r modi propri.
Anche la risposta del sistema ad una forzante di pulsazione inferiore ad ωm è dato dalla somma delle
risposte degli r sistemi ad un solo gdl, corrispondenti ai primi r modi propri.
Un sistema continuo può essere modellato con un sistema discreto, con un numero finito di gdl, ad
esempio:
* con un modello modale (MM),
* con un modello a parametri concentrati (PC),
* con un modello a elementi finiti (EF).
Il modello modale è costituito da tanti sistemi ad un solo gdl quanti sono i modi che si vogliono mettere in
conto. Il modello modale rappresenta bene il sistema per frequenze inferiori alla massima presente nel
modello, cioè a quella del modo più alto.
Per effettuare l’analisi modale, si sceglie sulla struttura in esame un certo numero di punti, tali da definire
adeguatamente la geometria della struttura e le sue forme modali.
Si eccita in un punto e si rilevano le risposte negli altri punti; oppure si rileva la risposta in un punto e si
eccita in corrispondenza degli altri punti.
L’eccitazione ed il rilievo vengono effettuati in un intervallo ωmin ÷ ωmax (di solito è ωmin ≈ 0): gli N modi
rilevati sono tutti e solo quelli interni a tale intervallo.
Siano nm i punti scelti sulla struttura e a questi si facciano corrispondere altrettanti gradi di libertà.
Eccitando nel punto corrispondente al grado di libertà k: { f (t )} = {0, 0, ..., Fk , 0...,0}T ⋅ eiωt
e introducendo le coordinate modali: {x} = [Φ]⋅ {q}
dove la matrice modale è in generale rettangolare, (nm ×N), si ottiene:
q!!r + ω r 2 ⋅ qr = X kr ⋅ Fk ⋅ e iωt
X l (ω ) N X lr ⋅ X kr
Si può scrivere: α lk (ω ) = =∑ 2
r =1 ω r − ω
2
Fk
che rappresenta il rapporto tra l’ampiezza della vibrazione della coordinata l e l’ampiezza della forza
impressa alla coordinata k.
Se lo smorzamento è proporzionale, tutto il procedimento svolto per il sistema non smorzato può venire
ripetuto; si perviene così alla seguente espressione:
N
X lr ⋅ X kr ⋅ Fk
xl (t ) = ∑ .e iωt xl (t ) = X l (ω ) e iωt
r =1 ω r
2
( 2
)
− ω + i ⋅ (2ζ r ωω r )
X l (ω ) N X lr ⋅ X kr
α lk (ω ) = =∑ 2
E si può scrivere:
Fk ( )
r =1 ω r − ω + i ⋅ (2ζ r ωω r )
2
ESTRAZIONE DELLE FORME MODALI: METODO DEL SISTEMA AD UN SOLO GDL (METODO SDOF)
L’espressione del generico αlk(ω) mostra che esso è funzione di ω, e che per ogni valore di ω è somma di
termini relativi a tutti gli N modi di vibrare del sistema. Mettendo in evidenza il contributo di un
particolare modo s-esimo, scriviamo l’espressione di αlk nella forma:
X ls ⋅ X ks N
X ⋅X
α lk (ω ) =
( )+ i ⋅ (2ζ sωω s ) r=1∑(r ≠s ) (ω r2 − ω 2 )+ i ⋅ (2ζ rωω r )
+ lr kr
ω s2 −ω 2
Nell’ipotesi (non sempre accettabile) che quando ω = ωs i contributi degli altri modi siano trascurabili
rispetto a quelli del modo s-esimo, possiamo scrivere:
X ls ⋅ X ks
α lk (ω ) = Ponendo k = l, si ricava X : X ls = ω s 2ζ s ⋅ α ll (ω s )
2iζ sω s2 ls
2ζ sω s2 ⋅ α lk (ω )
e successivamente X : X ks = cioè le forme modali.
ks X ls
1. Si scelgono i vincoli della struttura: se possibile, si preferiscono di solito vincoli molto cedevoli, a cui
corrispondono moti di corpo rigido a frequenze molto basse, che non interferiscono con i modi di
vibrare della struttura.
3. Si eccita in un punto (ad es. con uno shaker elettrodinamico) e si rilevano (ad es. con accelerometri)
le risposte negli altri punti; oppure si rileva la risposta in un punto (ad es. con un accelerometro) e si
eccita (ad es. con un martello strumentato) in corrispondenza di tutti gli altri punti.
4. L’eccitazione ed il rilievo vengono effettuati in un intervallo ωmin ÷ ωmax (di solito è ωmin ≈ 0): i modi
rilevati sono tutti e solo quelli interni a tale intervallo.
6. Su ciascuna delle FRF così ottenute sono presenti N picchi, corrispondenti alle N pulsazioni proprie
comprese nell’intervallo ωmin ÷ ωmax considerato, salvo l’eventuale presenza di nodi: se un gdl l cade
in corrispondenza di un nodo del modo s, nella relativa FRF il picco in corrispondenza di ωs non
compare.
7. Si possono così ricavare, con la semplice osservazione dei picchi di risonanza (“peak picking”), le N
pulsazioni proprie del sistema nell’intervallo di interesse.
8. Nell’intorno di ogni pulsazione naturale ωs, trattando il sistema come se fosse ad un solo gdl, si ricava
il coefficiente di smorzamento ζs (per esempio con il metodo della banda di mezza potenza).
9. Con il metodo del sistema ad un solo grado di libertà (SDOF), si ricavano infine X eX :
ls ks
2ζ sω s2 ⋅ α lk (ω )
X ls = ω s 2ζ s ⋅ α ll (ω s ) X ks =
X ls
Esempio
La figura illustra sommariamente l’attrezzatura ed il procedimento: la mensola viene eccitata nel punto 1,
gli accelerometri A1, A2, A3 rilevano le risposte nei punti 1 , 2, 3 e l’analizzatore di segnale calcola le tre
FRF H11, H21, H31.
BIBLIOGRAFIA
* S.S. Rao, Mechanical vibrations, Third edition, Addison Wesley Pub. Company, 1995.
* D.J. Inman, Engineering Vibration, Prentice Hall, 1994.
Esempio
Si vogliano rilevare le frequenze proprie di un sistema libero-libero nel range 0-3000 Hz.
Da uno studio preliminare (eseguito utilizzando, per esempio, il metodo degli elementi finiti) tali
frequenze risultano essere le seguenti:
Fissiamo innanzitutto la frequenza di campionamento. Per evitare il fenomeno dell’aliasing deve essere:
fcamp ≥ 2.5 futile futile = 3000 Hz ==> fcamp ≥ 2.5 * 3000 = 7500 Hz
La distanza tra due linee spettrali adiacenti della Trasformata Finita di Fourier è pari a:
Dal momento che la quarta e la quinta frequenza differiscono tra loro di 15 Hz, è necessario che la
risoluzione dello spettro sia piuttosto alta (∆f sufficientemente piccolo).
A questo punto calcoliamo il numero di campioni che sono contenuti in 0.5 secondi:
Perché possa essere eseguita la FFT (Fast Fourier Transform) il numero N di campioni deve
necessariamente essere potenza di 2.
Scegliamo quindi il primo numero potenza di 2 superiore a 3750: N = 4096
Introducendo la Trasformata di Laplace, l’equazione del moto delle vibrazioni forzate si scrive:
(ms 2
)
+ cs + k X (s ) = F ( s ) + [ms x(0) + mx& (0) + cx(0)]
Si scrive anche: X ( s) = H ( s) F ( s)
1
dove: H (s) = 2 è la funzione di trasferimento del sistema.
ms + cs + k
Nella pratica, si impiega la Trasformata di Fourier, il che significa che in luogo della variabile s = σ + iω
si usa la variabile iω.
Pertanto in luogo della funzione di trasferimento si introduce la funzione risposta in frequenza (FRF):
1
1 k k c c
H ( iω ) = = dove: ωn = ζ = =
− mω + icω + k
2
ω 2
ω m 2 km 2mω n
1− + i 2ζ
ωn
2
ωn
Trattandosi di una funzione complessa, si rappresenta con parte reale e parte immaginaria oppure con
modulo e fase.
ω
1 2ζ
k cω ωn
H ( iω ) = tgψ = =
2
2 2 k − mω 2
ω2
ω ω 1 −
1 − 2 + 2ζ ωn2
ω ω
n n
ω
2ζ
X0 1 ωn
Valgono infine le seguenti: = tgψ =
F0 k ω2
2 2 ω2
ω 1 −
1 − + 2ζ ωn
2
ω 2 ω
n n
AUTOCORRELAZIONE (AUTOCORRELATION)
L’autocorrelazione Rxx (τ) di una funzione x(t) indica quanto la funzione stessa è correlata con sé stessa.
La definizione è:
T /2
1
T →∞ T ∫
Rxx (τ ) = lim x (t ) x(t + τ )dt
−T / 2
L’autocorrelazione di una funzione periodica è periodica. L’autocorrelazione di una funzione casuale
tende a zero per τ ≠ 0.
La trasformata di Fourier di Rxx(τ) è detta densità di potenza spettrale (PSD) o densità di autospettro
(ASD) e si indica di solito con Sxx(ω):
S xx (ω ) = F{Rxx (τ )}
La funzione Sxx(ω) è reale e contiene le informazioni sulle frequenze presenti in x(t), ma non quelle sulle
fasi.
1 N
Per diminuire gli errori di misura, si effettua la media di più misure: S xx (ω ) = ∑ X k * (ω ) X k (ω )
N k =1
La funzione Sxx(ω) è legata alle trasformate di Fourier di x(t) e di y(t) dalla relazione:
S xy (ω ) = X * (ω )Y (ω )
La funzione Sxx(ω) è una funzione complessa e contiene informazioni sulle frequenze e sulle fasi; inoltre
risulta:
S xy (ω ) = S xy * (ω )
1 N
Per diminuire gli errori di misura, si effettua la media di più misure: S xy (ω ) = ∑ X k * (ω )Yk (ω )
N k =1
X (ω )
H (ω ) =
F (ω )
Per diminuire gli errori di misura, si impiegano degli stimatori della FRF effettuando la media di più
misure.
F * (ω ) X (ω ) S fx (ω )
Stimatore H1: H (ω ) = = = H 1 (ω )
F * (ω ) F (ω ) S ff (ω )
X * (ω ) X (ω ) S xx (ω )
Stimatore H2: H (ω ) = = = H 2 (ω )
X * (ω ) F (ω ) S xf (ω )
Per giudicare l’attendibilità della misura si può usare la funzione coerenza γ2 che indica quanto la risposta
è coerente con l’eccitazione:
2
H (ω ) S fx (ω )
γ (ω ) = 1
2
= ; risulta: 0 ≤ γ 2 ≤ 1 .
H 2 (ω ) S ff (ω )S xx (ω )
Se γ2 < 0.75, i risultati sono poco attendibili, cioè il rapporto segnale/rumore è basso.
Altre cause che danno luogo a bassi valori della coerenza sono le seguenti:
* sono presenti altre eccitazioni che però non vengono misurate
* il sistema presenta delle non linearità
1470
1800
4200
4700
7880
8500
Fcamp = 25600 Hz
N = 1024
70
60
50
40
30
dB
20
10
-10
-20
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000 10000
Frequency [Hz]
Fcamp = 25600 Hz
N = 8192
60
40
20
0
dB
-20
-40
-60
-80
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000 10000
Frequency [Hz]
Fcamp = 5120 Hz
N = 1024
40
20
0
dB
-20
-40
-60
-80
1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000
Frequency [Hz]
Fcamp = 5120 Hz
N = 8192
40
20
-20
-40
dB
-60
-80
-100
-120
1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000
Frequency [Hz]
612 1490
Hz Hz
768 2080
Hz Hz
IV III II
Primo modello
m / 3 0 0 2k −k 0
[M ] = 0 m/3 0 [ K ] = − k 2k − k
0 0 m / 6 0 −k k
6 −3 0
[ A] = [ M ]−1[ K ] = − 3 6 − 3
k
m
0 − 6 6
Autovalori k k k
0.80385 6 11.196
m m m
Pulsazioni calcolate 1.553 E 4.243 E 5.796 E
L ρ L ρ L ρ
Pulsazioni esatte 1.571 E 4.712 E 7.854 E
L ρ L ρ L ρ
Errore % −1.14 −9.97 −26.21
Secondo modello
m / 3 0 0 3k −k 0
[M ] = 0 m/3 0 [ K ] = − k 2k − k
0 0 m / 3 0 −k k
9 −3 0
[ A] = [ M ]−1[ K ] = − 3 6 − 3
k
m
0 − 3 3
Autovalori k k k
0.80385 6 11.196
m m m
Pulsazioni calcolate 1.553 E 4.243 E 5.796 E
L ρ L ρ L ρ
Pulsazioni esatte 1.571 E 4.712 E 7.854 E
L ρ L ρ L ρ
Errore % −1.14 −9.97 −26.21
Terzo modello
m / 3 0 0 2k −k 0
[M ] = 0 m/3 0 [ K ] = − k 2k − k
0 0 m / 3 0 −k k
6 −3 0
[ A] = [ M ]−1[ K ] = − 3 6 − 3
k
m
0 − 3 3
Autovalori k k k
0.5942 4.665 9.741
m m m
Pulsazioni calcolate 1.335 E 3.741 E 5.406 E
L ρ L ρ L ρ
Pulsazioni esatte 1.571 E 4.712 E 7.854 E
L ρ L ρ L ρ
Errore % −15.00 −20.61 −31.17
m 0 −k
N
0 ... ...
2k 0 ... 0
0 m 0 ... ... − k 2k −k 0 ...
N
[ M ] = ... 0 ... 0
... [ K ] = 0 −k ... −k 0
...
... 0 ... 0 ... 0 −k 2k − k
0 ... 0 m 0 −k k
2 N
... ... 0
2 − 1 0 ... 0
− 1 2 − 1 0 ...
Nk
−1
[ A] = [ M ] [ K ] = 0 − 1 ... − 1 0
m
... 0 − 1 2 − 1
0 ... 0 − 2 1
y(x)
x
a=L-b b
Per studiare le vibrazioni verticali di un aereo e delle sue ali si può utilizzare il modella a tre gdl di figura.
Le masse sono quelle della fusoliera e delle ali più i motori, le rigidezze sono quelle delle ali.
Per studiare i moti di saltellamento e di beccheggio di un autoveicolo si può utilizzare il modello a due
gdl di figura.
Dati:
Massa m = 4000 kg
Momento di inerzia I = 2560 kg m2
Distanza delle sospensioni dal baricentro l1 = 0.9 m l2 = 1.4 m
Costanti elastiche delle molle k1 = k2 = 20000 N/m
Costanti degli ammortizzatori c1 = c2 = 2000 Ns/m
0.9698 0.2439
[Φ ] =
− 0.2439 0.9698
e) Matrici principali (diagonali):
[M ] P = [Φ ]T [ I ][Φ ] = [ I ]
~ 9.2141 0 ~ 0.9214 0
[ K ] P = [Φ ]T [ K ][Φ ] = [C ]P = [Φ]T [C ][Φ ] =
0 22.4265 0 2.2426
c pi
ζi = ω si = ωi 1 − ζ i 2
f) Fattori di smorzamento modali e pulsazioni smorzate:
2 m pi ω i
x(t ) −1 q1 (t )
j) Coordinate fisiche: = M 2 [Φ ]
ϑ (t ) q 2 (t )
Co o rdinata X [m m ] x 10
-3 Co o rdinata T HET A [de g]
0.01 5 4
0 .0 1 3
0.00 5
2
0
1
-0.00 5
0
-0 .0 1
-0.01 5 -1
-0 .0 2 -2
0 2 4 6 8 10 0 2 4 6 8 10
T im e [s] Tim e [s]
Caso disaccoppiato
Poiché nei dati è k1=k2, e c1=c2, si ha che tale condizione è soddisfatta quando l1=l2:
k1 + k 2 0 c1 + c2 0
l1=l2 = l ! [K ] = 2 [C ] = 2
0 k1l + k 2l
2
0 c1l + c 2l
2
1 0 1 0 10.000 0 1.000 0
[Φ ] = [M ]P = [K ]P = [C ]P =
0 1 0 1 0 20.664 0 2.066
Per studiare le vibrazioni di una pressa si considera il modello a tre gdl di figura.
Dati:
m1 0 0 k1 − k1 0
Matrici massa e rigidezza: [M ] = 0 m2 0 [ K ] = − k1 k1 + k 2 − k 2
0 0 m3 0 − k2 k 2 + k 3
~ −1 −1
Autovalori ed autovettori con il metodo della matrice simmetrica: K = M 2 *K *M 2
~
Dagli autovalori di K si ricavano le
pulsazioni naturali 17.036 rad/s 33.759 rad/s 95.237 rad/s
290.2 0 0 2.161 0 0
[ K ] P = [Φ ]T [ K ][Φ ] = 0 0 [C ] P = [Φ ]T [C ][Φ ] = 0 0
~ ~
1139.7 5.559
0 0 9070.1 0 0 37.280
1000δ (t ) − 20.5805
−1
[Φ ] [ M ] = − 5.1026 δ (t )
T
2
La forzante modale vale: 0
45.2814
0
x1 (t ) q1 (t )
−1
x 2 (t ) = [ M ] [Φ ]q 2 (t )
2
Le coordinate fisiche:
x (t ) q (t )
3 3
La figura mostra il grafico del moto della massa m1 ed del moto relativo tra le masse m1 ed m2,
rispettivamente.
20
20
15
10
10
5
0
0
-10
-5
-20 -10
0 1 2 3 4 5 0 1 2 3 4 5
Time [s] Time [s]
1 4
5
0 0.05 0.1
ROCKER Time [s ]
AXIS
Ra
ROCKER
tangential
MOTOR accelerometer
0 0.05 0.1
Time [s ]
" Osservazioni
# I fenomeni dinamici risultano più intensi con l’aumentare
della velocità della macchina e possono risultare inaccettabili
per macchine di elevate prestazioni (velocità, precisione).
# I meccanismi sono
composti da
membri elastici
che si deformano
sotto l'azione delle
forze trasmesse e
delle forze di
inerzia.
# Un meccanismo progettato
“cinematicamente” può non essere in
grado di svolgere correttamente la
propria funzione se fatto operare ad
alte velocità.
" Giochi
" Attriti
# Non possono essere trascurati (determinano lo smorzamento
delle vibrazioni libere e influenzano l'ampiezza delle vibrazioni
forzate).
# Le resistenze passive :
$ smorzamento strutturale
$ resistenza di fluidi
$ attriti nelle coppie cinematiche
$ ....................
possono essere spesso modellate in maniera 'globale' con
resistenze viscose equivalenti.
Realtà fisica
Modello a
Parametri
Concentrati
2 Ma ss e; Modo # 1
3 Mass e; Mod o # 2
1 Ma sse ; Modo # 1
2 Ma ss e; Modo # 2
" Esempio
" Esempio z
θ ( z ) = θ1 + (θ2 − θ1 )
l
# Le inerzie distribuite sono • • • • z
concentrate negli elementi θ ( z ) = θ 1 + (θ 2 − θ 1 )
l
inerziali
l
1 Ja • 2
J
E=
20 l ∫
θ ( z ) dz =
Ja
1 Ja • 2 • • • 2 1 Ja • 2
= (θ 1 + θ 1 θ 2 + θ 2 ) = θ2
θ1 θ2 2 3 2 3
K
q q
1 Ja 2
θ1 θ2 z
J+Ja/3
ρπD 4 h MD 2
Jz = =
32 8
Modellazione a Parametri Concentrati Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 26
" Rigidezze
# Le rigidezze modellano la deformabilità elastica dei membri,
che fa sì che lo spostamento relativo tra le coordinate sia
diverso da quello cinematico.
" Rigidezze
# Forma semplice # Forma complessa (FEM)
l
1 1
1 1
K
K
1 l
=
K GI p
" Rigidezze
# Si tenga presente che:
# Le rigidezze ottenute dal calcolo sono spesso superiori alle
rigidezze effettive. In letteratura si afferma che può esistere un
rapporto 2-4 tra le rigidezze stimate e quello effettive.
# Ciò è dovuto alla presenza di:
$ coppie cinematiche
$ cedevolezze locali (cedevolezze di contatto)
$ distribuzione delle tensioni in prossimità dei carichi di cui è
difficile tenere conto con accuratezza.
# Le rigidezze del sistema si possono valutare in maniera
accurata solo mediante prove sperimentali (su prototipi o
meccanismi già esistenti).
# E' necessario operare una validazione sperimentale del
modello.
FV = − C( X! 2 − X! 1 ) X1 X2
# Per un modello a più gradi di libertà è comune adottare l’ipotesi di
smorzamento proporzionale: si considera la costante dello
smorzamento proporzionale alla rigidezza corrispondente.
Ci C i = q K i
# Il coefficiente qi può essere
determinato mediante il confronto
con i dati sperimentali nel corso
Ki della validazione.
V
-T
N
T = f N
F = − sign(V ) T
# Esempi:
$ Attrito tra slitte e guide
$ Attrito tra organi in moto e tenute
# A volte si dispone di dati di catalogo
" Giochi
X0 X1
K
FEL
M
C
-g/2
g/2 X1-X0 g
FEL = − K ( X1 − X0 − g / 2) X1 − X0 > g / 2
FEL = − K ( X1 − X0 + g / 2 ) X1 − X0 < − g / 2
FEL = 0 X1 − X0 ≤ g / 2
4 ⋅ Fc ⋅ D 1 1 1 π ⋅E ν
a= ; = + ; E' = ; ν' =
b ⋅ E' D D1 D2 1−ν2 1-ν
Csq = 12 ⋅ π ⋅ µ ⋅ b ⋅ [ D / ( 4 ⋅ h )]
3/ 2 1 1 1
= +
D D1 D 2
X0 X1
K
KH M µ = viscosità dinamica
del lubrificante
C h = altezza del meato
g
Modellazione a Parametri Concentrati Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 39
M
C
M X!! 1 = − K ( X 1 − X 0 ) − C ( X! 1 − X! 0 )
k_c_1
M X0
C Scope
Legge di moto m_1
M X!! 1 = − K ( X 1 − X 0 ) − C ( X! 1 − X! 0 )
du/dt
Derivative
M1 M2
C1 C2
g
0
k_c_1 k_c_2 Constant
X0
Scope
Legge di moto m_1 m_2
M1 X!!1 = − K1 ( X1 − X 0 ) − C1 ( X! 1 − X! 0 ) + K 2 ( X 2 − X1 ) + C2 ( X! 2 − X! 1 )
M 2 X!!2 = − K 2 ( X 2 − X1 ) − C2 ( X! 2 − X!1 )
1
Fev_2
+
* 1/s 1/s
2 -
Prod Integ Integ_1
Fev_1
Sum
Mux 1
1/2 1/M1
Mux X1
M1 X!!1 = − K1 ( X1 − X 0 ) − C1 ( X!1 − X! 0 ) + K 2 ( X2 − X1 ) + C2 ( X! 2 − X! 1 )
M 2 X!!2 = − K 2 ( X2 − X1 ) − C2 ( X! 2 − X! 1 )
1 Demux
-
X0 Demux1 + *
Sum1 Product
q
1.e-5
+
+ 1
Sum3 Fev_1
-
+ *
2 Demux
Sum2 G1 Product1
X1 Demux
1000 K1
!! = − K ( X − X ) − C ( X! − X! ) + K ( X − X ) + C ( X! − X! )
M1 X 1 1 1 0 1 1 0 2 2 1 2 2 1
M2 X!!2 = − K 2 ( X 2 − X1 ) − C2 ( X! 2 − X! 1 )
MECCANISMO
" La validazione
RILIEVI
# Si tratta di
MODELLO SPERIMENTALI "aggiustare" i
valori dei
parametri del
modello in base al
CONFRONTO confronto del
risultato numerico
con il rilievo
sperimentale
AGGIORNAMENTO della legge di
DEL MODELLO
moto.
a cc [m/s ^2]
te mpo [s]
te mpo [s ]
PRESTAZIONI SI'
MECCANISMO OK ?
FUNZIONALI
NO
MODELLO MODIFICHE
SUL MODELLO
MODIFICHE SUL
MECCANISMO
SIMULAZIONE
PRESTAZIONI
SI' NO
OK ?
DISEGNO
MODELLO
MODIFICHE SUL
DISEGNO MODIFICHE
(EVENTUALI) SIMULAZIONE
SUL MODELLO
SI' NO
OK ?
" 1° Esempio
# Impiego di un modello matematico a parametri concentrati per
simulare il comportamento dinamico di un meccanismo.
g1 g2
k1 k2
m1 m2
c1 c2
x0 x1 x2
Modellazione a Parametri Concentrati Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 51
100
q = c/k = 10-4 s 40
20
f1 = 114 Hz f2 = 297 Hz 0
0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25
Tempo [s ]
x0 x1 x2
Modellazione a Parametri Concentrati Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 52
0
60
40 -50
20 -100
0 -150
0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25
Te mpo [s ] Te mpo [s ]
g1 = g2 = 0 g1 = g2 = 0.02 mm
Acce le ra zione Ma s s a M2 [m/s ^2] Acce lera zione Mas s a M2 [m/s ^2]
150 150
100 100
50 50
0 0
-50 -50
-100 -100
-150 -150
0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25
Te mpo [s ] Te mpo [s ]
20
10
0
0 100 200 300 400
Fre que nza [Hz]
g1 = g2 = 0 g1 = g2 = 0.02 mm
Spe ttro Acc. Ma ssa M2 Spe ttro Acc. Ma ss a M2
50 50
40 40
30 30
20 20
10 10
0 0
0 100 200 300 400 0 100 200 300 400
Fre que nza [Hz] Fre que nza [Hz]
A c c e le r a z io n e M a s s a M 2 [m /s ^2 ]
" Analisi 1 5 0
1 0 0
effetti 5 0
dinamici 0
-5 0
-1 0 0
Accelerazione
massa m2 -1 5 0
0 0 .0 5 0 .1 0 .1 5 0 .2 0 .2 5
T e m p o [s ]
S p o s t . R e la t iv o X 2 - X 1 [m m ]
0 .1
Spostamento
0 .0 5
relativo X2 - X1
0
-0 .0 5
-0 .1
0 0 .0 5 0 .1 0 .1 5 0 .2 0 .2 5
T e m p o [s ]
dinamici 1 0 0
5 0
-5 0
-1 0 0
-1 5 0
0 0 .0 5 0 .1 0 .1 5 0 .2 0 .2 5
T e m p o [s ]
S p o s t . R e la t iv o X 2 - X 1 [m m ]
0 .1
0 .0 5
-0 .0 5
-0 .1
0 0 .0 5 0 .1 0 .1 5 0 .2 0 .2 5
T e m p o [s ]
" 2° Esempio
Meccanismo per moto
rettilineo alterno
$ Condizioni Normali
$ Gioco Incrementato
• è stato introdotto artificialmente un gioco quattro volte
superiore a quello in condizioni normali;
la condizione è ancora accettabile per il funzionamento in
produzione ma richiede ispezioni più frequenti;
la condizione simula il malfunzionamento dovuto a usura.
Legge di moto
Teorica
a cc. Y3
50
Legge di moto 0
0 100 200 300 400 500
Sperimentale del cedente Frequency [Hz]
150 150
FFT a cc. Y3
FFT a cc. Y3
100 100
50 50
0 0
0 100 200 300 400 500 0 100 200 300 400 500
Frequency [Hz] Frequency [Hz]
Y2 Y3
X2
Z0, Z1
Y3
M3
Y2
K3
K1 M1 K2
M2
X0 X1 X2
Rapporto di Riduzione
Y2
dY2 Y2
i= =
dX 2 X 2
X2
1.1
0.9
0.8
0.7
0 100 200 300
[de g]
11
10
K3 [N/m]
5
0 100 200 300
[deg]
F T resistenza tenute
f coefficiente di attrito
N componente normale forza
di contatto perno-boccola
m3 y3 = Fe3 + Fv 3 + Fa 3
a cc. Y3
m3 y3 = Fa 3
0 20 40 60 80 100 120
Time [ms ]
a cc. Y3
0 20 40 60 80 100 120
Time [ms ]
0 20 40 60 80 100 120
a cc. Y3
Time [ms ]
0 20 40 60 80 100 120
Time [ms ]
Risultati: tempo
a cc. Y3
a cc. Y3
0 20 40 60 80 100 120
0 20 40 60 80 100 120
Time [ms ]
Time [ms ]
FFT a cc. Y3
100 100
50 50
0 0
0 100 200 300 400 500 0 100 200 300 400 500
Fre que ncy [Hz] Fre que ncy [Hz]
150 150
FFT a cc. Y3
FFT a cc. Y3
100 100
50 50
0 0
0 100 200 300 400 500 0 100 200 300 400 500
Fre que ncy [Hz] Fre quency [Hz]
Conjugate cam
θ1 ,θ2
x8
Positive rocker
x7
x4 θ3
θ6
Adjuster k6 Negative rocker
Rocker spring
x5 Valve-head
kc_7
zeros(2,1)
Constant2
" Implementazione
kc_8
m_7 in SIMULINK
zeros(2,1)
Constant3
m_8
kc_01
kc_34
x0
m_1
m_3
kc_13
kc_45
kc_12
kc_46 m_4
m_5
m_2
kc_26 m_6
kc_6 kc_5
zeros(2,1) zeros(2,1)
Constant4 Constant5
accelerazione
valvola
a cc [m/s ^2]
# Rilievo
sperimentale
0 0.005 0.01 0.015
te mpo [s ]
# Risultato
numerico
a cc [m/s ^2]
" 4° Esempio -
Modellazione
di una
macchina
di prova
ingranaggi
# In frequenza
c) sperimentale
d) simulato
2
FLYWHEEL
" 5° Esempio
CAM MECHANISM
CAMSHAFT
AXIS
3 Modellazione
CAM FOLLOWER di un
AXIS
meccanismo
per moto
1 4 rotatorio
5 alterno
ROCKER
AXIS
Ra
ROCKER
tangential
MOTOR accelerometer
Modellazione a Parametri Concentrati Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 86
1 4
5
ROCKER
AXIS
Ra
ROCKER
tangential
MOTOR accelerometer
400 rpma
1 ciclo camma
Modellazione a Parametri Concentrati Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 90
moto teorica e
le risonanze
0 Theoretical
del
meccanismo
nel campo di Experimental 400 rpm
60
frequenze
100- 200 Hz
produce 40
oscillazioni
nella Theoretical
accelerazione 20
del levetto. 0 50 100 150 200
Frequency [Hz]
Modellazione a Parametri Concentrati Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 91
160 rpm
sovrapposte al
valore teorico. Cio è
400 rpm
camme. Tali 20
oscillazioni sono
legate alle proprietà
dinamiche della 0
trasmissione
meccanica a monte
dell’oscillatore.
0 5 10 15 20
Frequency [Hz]
Modellazione a Parametri Concentrati Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 92
J1 = 0.12060 kg m2
J2 = 0.09220 kg m2
J3 = 0.01304 kg m2
J4 = 0.00049 kg m2 fn1 = 5.6 ÷ 6.0 Hz
J5 = 0.00131 kg m2 fn2 = 13.8 ÷ 14.2 Hz
k1 = 391.00 Nm/rad fn3 = 131.7÷163.7 Hz
k2 = 319.00 Nm/rad fn4 = 367.5÷422.5 Hz
k3 = 22346÷51498 Nm/rad fn5 = 938.6÷939.4 Hz
k4 = 4378.0 Nm/rad
k5 = 9745.0 Nm/rad
q = 1.2 10-4 s
Experimental
" Risultati
Theoretical
# Velocità albero a
Numerical
Theoretical
Experimental
" Risultati
Theoretical
# Velocità albero a
Angular acceleration [rad/s2]
Numerical
Theoretical
180
160
140
120
Nominal speed
100
0.0 0.1 0.2 0.3
Time [s] 0.0 0.1 0.2 0.3
Time [s]
Modellazione a Parametri Concentrati Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 96
modello:
usura e giochi
Angular acceleration [rad/s2]
# Previsione del
a
comportamento in vista
dell’usura nelle coppie
cinematiche camma-rullo Numerical Gioco = 0.1 mm
Theoretical
dell’intermittore.
# Velocità albero a
camme 400 rpm
# Gioco = 0.1 mm
b
BIBLIOGRAFIA
* S.S. Rao, Mechanical vibrations, Third edition, Addison Wesley Pub. Company, 1995.
* D.J. Inman, Engineering Vibration, Prentice Hall, 1994.
INTRODUZIONE A SIMULINK
Simulink,prodotto dalla Mathworks Inc. è un programma per la simulazione di sistemi dinamici. Estende
le potenzialità di Matlab,aggiungendo molte funzioni specifiche e mantenendo le caratteristiche generali.
Simulink viene utilizzato attraverso due fasi: quella di definizione del modello da simulare e quella di
analisi del sistema stesso. Spesso questi due passi vengono eseguiti sequenzialmente modificando i
parametri del sistema al fine di ottenere il comportamento desiderato.
Affinché la definizione del modello possa essere immediata, Simulink utilizza un ambiente a
finestre,chiamate Block diagram windows attraverso cui creare i modelli semplicemente impiegando il
mouse.
L’analisi del modello avviene sia scegliendo le opzioni dai menu di Simulink che riutilizzando i comandi
Matlab attraverso la Matlab Command Windows. I risultati della simulazione sono disponibili durante la
fase di simulazione stessa e l’esito finale disponibile nello spazio di lavoro di Matlab.
che provoca la visualizzazione della finestra (Simulink Library Browser) contenente le icone delle
librerie standard di Simulink (vedi Fig. 1).
L’istruzione New della tendina File apre un nuovo file Simulink, mentre Open carica un file Simulink
salvato precedentemente. Creando un nuovo file si apre una seconda finestra in cui costruire il modello
del sistema da simulare. I blocchi possono essere copiati dalla prima finestra alla seconda trascinandoli
col mouse nella posizione desiderata. Tali blocchi possono essere connessi da linee disegnate sempre col
mouse: tenendo premuto il tasto sinistro, partendo dall’uscita di un blocco, col puntatore si crea una
nuova connessione all’ingresso ad un altro blocco, mentre premendo il tasto destro posizionati su una
connessione preesistente, si genera una diramazione per collegare un altro blocco.
Lo schema viene salvato utilizzando le istruzioni Save e Save as della tendina File.
Ciascuna icona della Fig. 1 contiene i blocchi relativi alla libreria a cui si riferisce.
Per aprire una libreria basta cliccare due volte sulla relativa icona oppure premere il tasto destro del
mouse per aprire la libreria in una nuova finestra.
In seguito verranno descritti brevemente i blocchi contenuti in ciascuna libreria.
SOURCES
contiene alcuni generatori di segnale come si vede nella Figura 2.
• From File: legge il contenuto di una matrice specificata dal <file>.mat. La prima riga della matrice
deve contenere i valori degli istanti di campionamento e in quelle successive sono memorizzati i
corrispondenti valori delle uscite.
• From Workspace :legge i valori specificati in una matrice presente nel WorkSpace di Matlab. La
matrice deve contenere nella prima colonna i valori corrispondenti agli istanti di campionamento. Le
successive colonne rappresentano i valori delle uscite.
• Random Number: genera valori con distribuzione normale gaussiana, dati il valore medio, la varianza
e un valore iniziale per il seme.
• Uniform Random Number: genera numeri aventi distribuzione uniforme tra due valori prefissati. Si
deve specificare anche il seme.
• Band-Limited White Noise: genera rumore bianco per sistemi continui. Si specifica la potenza del
rumore, istante di campionamento e il seme.
SINKS
contiene alcuni rivelatori di segnale, come si vede nella Figura 3.
DISCRETE
contiene i blocchi necessari all’analisi dei sistemi lineari tempo-discreti (vedi Figura 4).
CONTINUOUS
contiene i blocchi necessari all’analisi dei sistemi lineari tempo-continui evidenziati nella Figura 5.
• Integrator: calcola l’integrazione tempo continua del segnale di ingresso, stabilite le condizioni iniziali
ed eventuali limiti superiore ed inferiore di saturazione.
• Transfer Fnc: espressione per la funzione di trasferimento, in cui il numeratore viene rappresentato da
una matrice e il denominatore da un vettore. Il numero delle uscite eguaglia il numero delle righe
della matrice al numeratore, i cui elementi sono i coefficienti del polinomio secondo potenze
decrescenti di s. Anche il vettore al denominatore rappresenta i coefficienti del polinomio secondo
potenze decrescenti di s.
• State-Space: modello nello spazio degli stati. Occorre inserire le matrici del modello (A,B,C,D) e le
relative condizioni iniziali.
• Zero-Pole: funzione Guadagno, Zeri e Poli. Gli zeri vengono rappresentati da una matrice, mentre i
poli da un vettore. Il numero delle uscite coincide con il numero delle colonne della matrice degli zeri.
• Derivative: effettua la derivata numerica dell’ingresso.
• Memory: rappresenta un ritardo di durata unitaria. L’uscita coincide con il valore assunto
precedentemente dall’ingresso. Occorre specificare le condizioni iniziali.
• Transport Delay: ritarda di una quantità specificata il segnale di ingresso. Il ritardo deve essere più
grande del passo utilizzato nella simulazione.
• Variable Transport Delay: ritarda il primo segnale di ingresso di una quantità specificata dal secondo
ingresso. Il ritardo deve essere più grande del passo utilizzato nella simulazione.
NONLINEAR
contiene i blocchi che svolgono funzioni non lineari (vedi Figura 6).
• Rate limiter: limita lo slew-rate (velocità di variazione) del segnale di ingresso. Si imposta lo slew-
rate positivo e negativo.
• Saturation: limita superiormente ed inferiormente il segnale di ingresso secondo due limiti prefissati.
• Quantizer: quantizza l’ingresso all’interno di un intervallo prefissato.
• Backlash: simula una zona d’isteresi o un certo “gioco” di ampiezza prefissata.
• Dead Zone: l’uscita rimane a zero per valori interni alla “deadzone”. Si specifica l’inizio e la fine
dell’intervallo.
• Relay: l’uscita assume due valori impostati se l’ingresso è maggiore dell’estremo superiore o minore
dell’estremo inferiore di un certo intervallo specificato attraverso due parametri. Lo stato del Relay
non dipende dall’ingresso quando questo assume un valore interno dell’intervallo.
• Switch: l’uscita coincide con il primo ingresso quando il secondo ingresso è maggiore od uguale ad
una certa soglia, altrimenti assume i valori del terzo ingresso.
• Manual Switch: commutatore regolabile col mouse senza parametri.
• Multiport Switch: coincide con gli ingressi secondo i valori arrotondati assunti dal primo di questi.
• Coulomb & Viscous Friction: funzione di attrito viscoso e forza di Coulomb. La forza coulombiana è
modellata da una discontinuità nello zero (y=sign(x)) mentre l’attrito viscoso è rappresentato da una
relazione lineare (Gain*abs(x)+Offset). Complessivamente l’uscita risulta
y=sign(x)*(Gain*abs(x)+Offset). Gain e Offset sono parametri del blocco.
MATH
contiene blocchi per le funzioni matematiche e relazioni logiche (vedi Figura 7).
• Sum: effettua la somma o la differenza degli ingressi. Si deve inserire la lista dei segni con cui ogni
ingresso entra nel blocco.
• Product: Moltiplica o divide gli ingressi. Occorre specificare il numero degli ingressi.
• Dot Product: effettua il prodotto (prodotto scalare) elemento per elemento degli ingressi u1 e u2
secondo l’espressione y =sum (u1 .* u2).
• Gain: guadagno scalare o vettoriale. Si imposta il guadagno k e il blocco calcola l’uscita y dato
l’ingresso u secondo l’espressione y = k * u.
• Slider Gain: guadagno regolabile tra un valore superiore ed uno inferiore.
• Matrix Gain: restituisce in uscita l’ingresso moltiplicato per una matrice predefinita.
• Math Function: implementa funzioni matematiche come quelle logaritmiche, esponenziali, potenze e
modulo.
• Trigonometric Function: implementa diverse funzioni trigonometriche ed iperboliche: sin, cos, tan,
asin, acos, atan, atan2, sinh, cosh e tanh.
• MinMax: restituisce il minimo od il massimo dell’ingresso. Prevede la scelta del numero degli
ingressi e quale operazione deve essere svolta su ogni ingresso.
• Abs: dato l’ingresso u, calcola l’uscita y = |u |.
• Sign: signum. Restituisce il valore 1 se l’ingresso è positivo, -1 per ingresso negativo e 0 per ingresso
nullo.
• Rounding Function: contiene le operazioni di arrotondamento: floor, ceil, round e fix.
• Combinatorial Logic: ricerca gli elementi specificati nel vettore d’ingresso (trattati come valori
booleani) nella tabella della verità impostata e restituisce le righe della tabella della verità stessa.
• Logical Operator: effettua una operazione logica per un prefissato numero di ingressi: AND, OR,
NAND, NOR, XOR, NOT. Per un singolo ingresso, l’operazione iene effettuata tra tutti i valori
dell’ingresso memorizzati in un vettore. Per ingressi multipli, l’operazione logica viene eseguita sugli
elementi dei diversi vettori di ingresso che occupano la stessa posizione.
• Relational Operator: effettua confronti tra gli ingressi: ==, =, >, >=, < e <=.
• Algebraic Constrain: vincola il segnale d’ingresso f(z) a zero e restituisce il corrispondente valore
algebrico z .Quindi il blocco fornisce il valore z tale per cui f(z)=0. L’uscita deve influenzare
l’ingresso attraverso una certa retroazione. Occorre fornire un valore di tentativo per z.
Dinamica delle Macchine e dei Sistemi Meccanici 10 – 6
Parte 10 – Modelli a parametri concentrati: impiego di Simulink
• Look-Up Table: effettua una interpolazione mono-dimensionale dei valori dell’ingresso usando quelli
nella tabella specificata. I valori esterni a quelli della tabella vengono estrapolati.
• Look-Up Table (2D): effettua una interpolazione bidimensionale dei valori dell’ingresso usando quelli
nella tabella specificata. I valori esterni a quelli della tabella vengono estrapolati.
• Fnc: permette di specificare una funzione arbitraria dell’ingresso u, y =f(u).
• MATLAB function: passa i valori dell’ingresso ad una funzione Matlab affinché possa essere
valutata. La funzione Matlab deve restituire un vettore la cui lunghezza deve essere definita.
• S-Function: blocco che può essere progettato dall’utente in Matlab, C, Fortran o usando le funzioni di
Simulink standard. I parametri t, x, u e flag sono passati automaticamente alla funzione di Simulink.
Possono essere specificati anche altri parametri.
• In: fornisce una porta d’ingresso per un modello. Occorre specificare il tempo di campionamento.
• Out: fornisce una porta d’uscita per un modello. Quando il modello non è disabilitato, occorre fornire
il corrispondente valore dell’uscita.
• Enable: il blocco viene posto all’interno di un modello affinché sia abilitato.
• Trigger: il blocco fornisce una porta di trigger predefinito.
• Mux: raggruppa scalari o vettori in un vettore di dimensioni maggiori.
• Demux: disaggrega i vettori d’ingresso in scalari o vettori di dimensioni inferiori.
• Selector: seleziona e riordina gli elementi specificati del vettore d’ingresso.
• From: riceve i segnali dal blocco Goto secondo l’etichetta (tag) specificata.
• Goto Tag Visibility: viene usato con i blocchi From e Goto e permette di specificare la visibilità di
una etichetta.
• Goto: invia i segnali al blocco From avente l’etichetta specificata. Permette di definire la visibilità
dell’etichetta.
• Data Store Read: legge i dati memorizzati in una certa regione definita dal blocco Data Store Memory
secondo un nome prefissato. Occorre definire il nome della zona di memoria e il tempo di
campionamento.
• Data Store Memory: permette di definire nome e valore iniziale di una regione di memoria utilizzata
dai blocchi Data Store Read e Data Store Write.
• Data Store Write: scrive la zona di memoria specificata dal nome. Viene definito anche il tempo di
campionamento.
• Ground: viene utilizzato per mettere a zero i segnali di ingresso. Si evitano i problemi dovuti agli
ingressi non collegati. Fornisce una uscita nulla.
• Terminator: usato per isolare un segnale di uscita e per prevenire così i problemi provocati dalle uscite
non connesse.
• Subsystem: fornisce una finestra in cui costruire un modello di subsystem.
• Hit Crossing: segnala quando il segnale di ingresso attraversa lo zero secondo un certo margine
prefissato. Si può specificare la direzione di attraversamento dello zero.
• IC: permette di specificare le condizioni iniziali per un segnale.
• Width: fornisce in uscita l’ampiezza del segnale d’ingresso.
Esempio 1
x& (t ) = u (t )
Esempio 2
x& (t ) = −2 x (t ) + u(t )
Esempio 3
x(t)
m &x&(t ) + c x& (t ) + k x (t ) = F (t ) k
F
m
m &x&(t ) = − c x& (t ) − k x (t ) + F (t )
c
Esempio 4
X0 X1
K
M
C
Esempio 5
Occorre definire nel workspace una matrice di due colonne (nell’esempio seguente è la matrice A)
dt = 1/100;
time = [0:dt:1];
x = sin(2*pi*time);
A = [time; x].';
Con un doppio click sul blocco Look-Up Table si apre la seguente finestra di dialogo in cui
andare ad inserire i valori di input (ascissa) e output (ordinata) della table.
Esempio 6
E’ come l’esempio 4, ma in questo caso non si utilizza il blocco signal generator per generare la legge di
moto. Quest’ultima viene caricata in workspace e poi opportunamente interpolata (con la look-up table).
X0 X1
K
M
C
Esempio 7
E’ come l’esempio 6, ma in questo caso i blocchi necessari per definire la legge di moto sono accorpati in
un unico blocco denominato “legge di moto”. Il contenuto di quest’ultimo è mostrato nella figura in
basso.
Esempio 8
E’ come l’esempio 7, ma in questo caso i blocchi necessari per calcolare la forza elasto-viscosa e quelli
per integrare sono accorpati in due soli blocchi.
Blocco “integrazione”
Esempio 9
X0 X1 X2
K1 K2
M1 M2
C1 C2
Esempio 10
Impiego di S-function
E’ possibile inserire delle funzioni utilizzando il blocco S-function la cui struttura è mostrata nel seguito.
Occorre scrivere uno script (file *.m).
function[out,aux1,aux2,aux3] = sfunction_es10(t,x,u,flag,gain);
if flag = = 0
out = [0,0,2,1,0,1,0];
aux1 = [];
aux2 = [];
aux3 = [];
elseif flag = = 3,
out(1) = u;
out(2) = gain*u;
end
Spiegazione:
u è la variabile in ingresso
out è la variabile di uscita
flag = = 0 il terzo e quarto campo della variabile di uscita devono essere rispettivamente la dimensione
dell’output e dell’input. Devono inoltre essere definite come vettore vuoto ( [ ] ) tre variabili
di uscita ausiliarie (aux1, aux2, aux3).
flag = = 3 cuore dell’algoritmo
Con un doppio click sul blocco S-function si apre la seguente finestra di dialogo in cui andare ad inserire
il nome della function ed, eventualmente, i parametri aggiuntivi (gain nell’esempio).
Esempio 11
Nel seguito viene mostrato un esempio di modello di una trasmissione meccanica e del relativo
azionamento. L’azionamento, mostrato in Fig. E.1, è costituito da un motore elettrico a corrente continua
con controllo in loop di corrente (vedi Fig. E.4) che applica una coppia motrice ad un mandrino che, a sua
volta, trasmette il moto ad una pinza terminale attraverso un albero intermedio. Il moto viene controllato
in posizione ed in velocità confrontando le letture di posizione e velocità fornite da due encoder montati
in prossimità del mandrino. In Fig. E.4 è mostrato uno schema del sistema di controllo.
MANDRINO
MOTORE PINZA
θ θ
1 2
θ
3
ENCODER
R L Campo
fisso
eq(t) vq(t)
Cm(t )
iq
θm(t )
Equazione del circuito d’armatura (iq corrente di armatura, vq forza contro-elettromotrice, eq tensione ai
capi del circuito di armatura, R resistenza di armatura, L induttanza di armatura):
diq (t )
R ⋅ iq (t ) + L ⋅ + v q (t ) = eq (t ) R ⋅ I q (s ) + L ⋅ s ⋅ I q (s ) + Vq (s ) = E q (s )
dt
La forza contro-elettromotrice si può esprimere in funzione della velocità del rotore (Kb costante di forza
contro-elettromotrice):
v q (t ) = K b ⋅ϑ&m (t ) Vq (s ) = K b ⋅ s ⋅ Θ m (s )
C m (t ) = K c ⋅ iq (t ) C m (s ) = K c ⋅ I q (s )
E q (s ) − K b ⋅ s ⋅ Θ m (s )
(R + L ⋅ s ) C m ( s ) = E q (s ) − K b ⋅ s ⋅ Θ m (s ) Cm ( s ) = K c
Kc R + L⋅s
Modello Meccanico
(
J mϑm = C m + k1 (ϑ 2 − ϑm ) + c1 ϑ2 − ϑm )
( ) (
J 2ϑ2 = − k1 (ϑ 2 − ϑm ) − c1 ϑ2 − ϑm + k 2 (ϑ3 − ϑ 2 ) + c2 ϑ3 − ϑ2 )
(
J 3ϑ3 = − k 2 (ϑ3 − ϑ2 ) − c2 ϑ3 − ϑ2 )
I trasduttori di posizione e velocità sono montati in corrispondenza dell’inerzia J2 per cui si ha:
ϑE = ϑ2 e ϑE = ϑ2
Dati numerici
1
Parametri dei controllori ad azione Proporzionale – Integrale G ( s ) = K p 1 +
Ti s
Risultati
40
30
20
10
0
0 100 200 300 Fig. E.8 – Legge teorica (spostamento).
[deg]
-1
-2
1.5
0.5
-0.5
-1
Osservazione
Il regolatore di posizione è ad azione proporzionale. Ne consegue un moto effettivo ritardato rispetto a
quello imposto. Sarebbe improprio considerare come errore la semplice differenza tra la coordinata 2 e il
moto imposto (vedi Fig. E.12). E’ più opportuno considerare l’errore a meno del ritardo (Fig. E.13).
0.4
0.2
-0.2
-0.4
0.015
0.01
0.005
-0.005
-0.01
INTRODUZIONE
Quando si devono studiare sistemi continui - come sono le strutture e gli organi delle macchine - nella
maggior parte dei casi di interesse pratico la forma geometrica e le condizioni al contorno sono troppo
complesse per poter applicare procedimenti analitici: per analisi sia statiche sia dinamiche si deve allora
fare ricorso ad altri metodi, per lo più basati sull’uso del calcolatore. Tra tali metodi, ampiamente
impiegato è quello degli elementi finiti, che considera il sistema continuo costituito da elementi “finiti”,
cioè di dimensioni finite, anziché di dimensioni infinitesime, come nel caso dei metodi analitici.
Il metodo degli elementi finiti (“MEF”, o “FEM”) è strettamente collegato con il metodo di Rayleigh-
Ritz, del quale anzi si può considerare, in senso lato, una versione “a tratti”. Infatti, mentre nel metodo di
Rayleigh-Ritz la deformata dell’intera struttura è approssimata mediante una somma di funzioni, il
metodo degli elementi finiti impiega molte di tali funzioni, ciascuna relativa ad una parte della struttura
stessa. In altre parole il metodo degli elementi finiti suddivide la struttura in tante parti e applica a
ciascuna il metodo di Rayleigh-Ritz.
L’idea di definire non un’unica funzione per l’intera struttura, ma una funzione per ciascun tratto della
struttura stessa, permette di applicare il metodo a strutture anche molto complesse, adottando peraltro
funzioni di forma molto semplici. Il principio è che se le funzioni di forma assunte per i vari elementi
sono scelte opportunamente, la soluzione può convergere a quella esatta per l’intera struttura al diminuire
delle dimensioni degli elementi finiti. Durante il processo di risoluzione, vengono soddisfatti l’equilibrio
e la congruenza degli spostamenti ai nodi, così che l’intera struttura si comporta come un’unica entità.
N
T = ∑ Ti (1’)
i =1
N
U = ∑U i (1’’)
i =1
Utilizzando le (1’) e (1’’) per scrivere le equazioni di Lagrange, si ottengono quindi le equazioni del
moto libero dell’intera struttura, che permettono di determinarne le frequenze ed i modi propri.
Eventuali forze generalizzate (forze o momenti) esterne si potranno pure introdurre nelle equazioni di
Lagrange, esprimendole attraverso il loro lavoro virtuale.
Discretizzazione.
Per discretizzazione si intende la suddivisione in elementi finiti della struttura data. Per prima cosa
occorre scegliere il tipo e la distribuzione degli elementi. Queste scelte devono tenere conto sia della
geometria della struttura, sia del suo comportamento: una buona discretizzazione richiede perciò molta
attenzione ed una certa esperienza. In particolare, occorre che la discretizzazione sia fatta tenendo conto
delle discontinuità geometriche e di quelle del materiale, delle condizioni al contorno e delle forze agenti.
Per una valutazione ragionevolmente precisa delle frequenze e dei modi propri o per la determinazione
della risposta dinamica di una struttura, la distribuzione degli elementi finiti (reticolo o mesh) può anche
essere a maglie relativamente grandi. In altri casi, ad esempio quando il FEM viene impiegato per il
calcolo delle tensioni, il reticolo deve invece essere più fine, con un infittimento ancora maggiore nelle
zone di concentrazione delle tensioni.
Fig. 1.
La relazione fra lo spostamento {d} di un generico punto dell’elemento e il vettore {δ} degli spostamenti
nodali dell’elemento stesso sarà esprimibile mediante un’opportuna matrice [N]:
Lo spostamento di un punto interno all’elemento, w(x, y, t), può essere espresso in termini degli
spostamenti incogniti δi(t) nella forma:
n
w ( x , y , t ) = ∑ N i ( x , y ) δ i (t )
i =1
Per determinare il vettore {δ} degli spostamenti nodali, occorre scrivere le equazioni del moto. L’energia
cinetica T e l’energia di deformazione U dell’elemento possono essere espresse rispettivamente come:
1 1
T = {δ!}T [m]{δ!} U = {δ }T [k ] {δ }
2 2
dove [m] e [k] sono le matrici massa e rigidezza dell’elemento. Ora, applicando l’equazione di Lagrange,
l’equazione del moto risulta:
[m ]{δ!!} + [k ]{δ } = { f (t )}
dove {f(t)} è il vettore delle forze nodali. A tale proposito occorre osservare che, se sull’elemento agisce
un carico distribuito f(x, y, t), questo può essere facilmente ricondotto a forze equivalenti agenti sui nodi.
Sebbene le equazioni del moto di un singolo elemento non siano direttamente utili, le matrici massa e
rigidezza ed il vettore delle forze nodali sono necessarie per pervenire alla soluzione dell’intera struttura.
Si noti infine che la forma dell’elemento finito ed il numero di incognite (componenti del vettore
spostamenti nodali) differisce a seconda dei casi.
MATRICE RIGIDEZZA
Ci proponiamo ora di esprimere l’energia potenziale elastica (energia di deformazione) di un elemento
generico. Per semplificare le notazioni, ometteremo il pedice i che dovrebbe contraddistinguere le
quantità relative all’elemento i-esimo.
Le tensioni sono legate alle deformazioni, e quindi agli spostamenti, da legami dipendenti dal
comportamento fisico dei materiali: in ogni punto di un elemento è pertanto definito un vettore
deformazione.
Differenziando la (2) rispetto alle coordinate si ottiene la relazione fra le deformazioni {ε} all’interno
dell’elemento e gli spostamenti nodali (nell’ipotesi di piccoli spostamenti e piccoli gradienti di
spostamento):
{ε} = [B] {δ} (3)
Per un materiale elastico lineare isotropo, se non ci sono tensioni iniziali (cioè se nell’elemento non vi
sono tensioni fino a che alla struttura non vengono applicate delle sollecitazioni), fra tensioni e
deformazioni sussiste la relazione:
dove [D] è una matrice quadrata simmetrica i cui elementi dipendono dalle caratteristiche del materiale,
cioè - di solito - dal modulo di Young E e dal coefficiente di Poisson v.
Come è noto, l’energia potenziale di deformazione elastica di un elemento si può esprimere nella forma:
1
U=
2V∫ {ε }T {σ } dV (5)
dove {ε} è il vettore delle deformazioni, {σ} è il vettore delle tensioni e V è il volume dell’elemento.
Introducendo la (3) e la (4) nella (5) si ottiene:
1 1
U=
2V∫ {Bδ }T [ D ] {Bδ } dV = {δ }T ∫ [ B]T [ D ] [ B ] dV {δ }
2V
(6)
dove
[k ] = ∫ [ B ]T [ D ] [ B ] dV (8)
V
è la matrice rigidezza dell’elemento. La matrice [k] è simmetrica perché, essendo simmetrica [D], è
simmetrica anche la matrice prodotto [B]T [D] [B].
MATRICE MASSA
L’espressione generale dell’energia cinetica di un elemento di volume V e densità ρ è:
1
T= ∫ ρ {d!}T {d!} dV (9)
2V
dove {d!} è la derivata rispetto al tempo del vettore spostamento {d}. Utilizzando la (2), e tenendo conto
che la matrice [N] è costante, si ricava l’espressione:
1 1
T= ∫ ρ {Nδ!}T {Nδ!} dV = {δ!}T ∫ ρ [ N ]T [ N ] dV {δ!} (11)
2V 2 V
dove:
[m ] = ∫ ρ [ N ]T [ N ] dV (13)
V
è una matrice simmetrica e costituisce la matrice massa dell’elemento. La matrice definita dalla (13) è
detta matrice massa coerente se viene ottenuta utilizzando la stessa funzione di forma impiegata per
ottenere la matrice rigidezza (le determinazioni di [k] ed [m] sono coerenti tra loro).
Spesso, al posto di una matrice massa coerente viene impiegata una matrice massa concentrata. Questa
matrice è ottenuta assumendo che la massa dell’elemento sia concentrata ai nodi dell’elemento stesso. Il
vantaggio di concentrare la massa è che la matrice che ne deriva è facile da costruire e, soprattutto, è
diagonale. Una matrice diagonale presenta diverse vantaggi quali ad esempio il minor costo
computazionale e la semplificazione maggiore degli algoritmi per la soluzione dell’autoproblema. Per
alcuni elementi, come ad esempio le aste vibranti longitudinalmente, la matrice massa concentrata si
rivela essere efficiente quanto la matrice massa coerente.
Poiché vi sono due spostamenti nodali, la funzione spostamento va scelta con almeno due costanti:
u( x ) = a1 + a2 x (15)
Le costanti al, a2 si ottengono dai valori di u(x) in corrispondenza dei due nodi:
u(0) = u1
(16)
u(l ) = u2
a1 = u1
(17)
a1 + a2l = u2
a1 = u1
(18)
a2 = (u2 − u1 ) / l
x x u1
u( x ) = 1 − (19)
l l u2
La (19) corrisponde, per il particolare elemento considerato, all’espressione generale (2). I polinomi che
compaiono nella matrice [N], in questo caso (1 - x/l) e (x/l), sono detti funzioni di forma. Può risultare
comodo scrivere:
u1
u ( x ) = [ N 1 ( x ) N 2 ( x ) ] (20)
u2
con:
x x
[ N ] = [ N1 ( x ) N 2 ( x )] = 1 − (21)
l l
Vengono ora determinate l’energia di deformazione U, la matrice rigidezza [k], l’energia cinetica T e la
matrice massa [m].
Matrice Rigidezza
Poiché è:
σ ≡ σ x = Eε x ≡ Eε (22)
con:
∂u
ε= (23)
∂x
la matrice [D] si riduce in questo caso alla quantità scalare E. Per la (20), la (23) diventa:
1 1 u1
ε = − (24)
l l u2
che corrisponde alla espressione generale (3), per cui in questo caso la matrice [B] è:
dN dN 2 1 1
[B] = 1 = − (25)
dx dx l l
Sostituendo la (25) nella (6) ed eseguendo il prodotto [B]T [D] [B] si ottiene:
dN1
1
l
dN dN 2 u1
U = {u1 u 2 } ∫ EA dx 1 dx u =
2 dN dx dx 2
0 2
dx
1 1
1
l
l2 − 2 u
= {u1 u 2 } ∫ EA l dx 1 =
(26)
1 1
2 0 − 2 u 2
l l
2
1 EA 1 − 1 u1
= {u1 u 2 }
2 l − 1 1 u 2
EA 1 − 1
[k ] = − 1 1 (27)
l
Come si vede, questa matrice è singolare, cioè il suo determinante è nullo. Ciò è conseguenza del fatto
che la funzione di forma (10) permette anche un moto (traslatorio) di corpo rigido.
Matrice Massa
Impiegando le stesse funzioni di forma usate per la determinazione della matrice rigidezza, dalla (21)
abbiamo la matrice delle funzioni di forma:
x x
[ N ] = 1 −
l l
x 2 x x
l 1 − 1 −
[m ] = ρ A ∫
l l l
dx (28)
0 x x x
2
1 −
l l l
cioè:
1 1
6
[m ] = ρAl 3
1
(29)
1
6 3
La matrice definita dalla (30) è una matrice massa coerente poiché è stata ottenuta utilizzando la stessa
funzione di forma impiegata per ottenere la matrice rigidezza (27).
La matrice massa concentrata si può ottenere concentrando la massa dell’elemento ai nodi e scrivendo
l’energia cinetica in forma matriciale:
1 ρAl 2 1 ρAl 1 0 u!1
T= (u!1 + u! 2 ) = {u!1 u! 2 }
2
2 2 2 2 0 1 u! 2
da cui risulta immediatamente:
ρAl 1 0
[m] =
2 0 1
(31)
l
δW (t ) = ∫ f ( x, t ) δu ( x, t ) dx =
0
l
x x
= ∫ f ( x, t ) 1 − δu1 (t ) + δu2 (t ) dx = (32)
0 l l
l x l x
= ∫ f ( x, t ) 1 − dx δu1 (t ) + ∫ f ( x, t ) dx δu2 (t )
0 l 0 l
f1 (t )
δW (t ) = {δu1 (t ) δu2 (t )} (33)
f 2 (t )
l x
∫ f ( x, t )1 − dx
f (t ) l
{ f (t )} = 1 = 0 l (34)
f 2 (t ) x
f ( x, t ) dx
∫ l
0
L’elemento ha due nodi, l e 2, ciascuno con un solo grado di libertà, cioè la rotazione. Il vettore
spostamento (rotazione) nodale in questo caso è:
θ1 (t )
{δ } =
θ 2 (t )
La rotazione all’interno dell’elemento può essere assunta lineare in x, ovvero può essere espressa come
segue:
θ ( x , t ) = a (t ) + b(t ) x
θ (t )
o, in alternativa, anche come: θ ( x , t ) = [ N 1 ( x ) N 2 ( x )] 1
θ 2 (t )
dove N1(x) e N2(x) si determinano in maniera analoga a quanto fatto per le vibrazioni longitudinali, ossia
imponendo le condizioni al contorno (vedi equazioni 15 – 21).
Risulta:
x x
[ N ] = [ N1 ( x ) N 2 ( x )] = 1 −
l l
Scriviamo ora le espressioni dell’energia cinetica, dell’energia di deformazione e del lavoro virtuale; si ha
rispettivamente:
∂θ ( x , t ) ∂θ ( x, t )
l 2 l 2
1 1 1 1
T = ∫ J0 dx = {δ!} [m ]{δ!} U = ∫ GJ dx = {δ } [k ]{δ }
T T
2 0 ∂t 2 20 ∂ x 2
l
δW = ∫ f ( x , t ) δθ ( x, t ) = δ {δ }T { f (t )}
0
dove f(x,t) è una coppia distribuita per unità di lunghezza. Sostituendo l’espressione di θ(x,t) ed
eseguendo le operazioni di integrazione, si ottengono le matrici massa e rigidezza ed il vettore delle forze
nodali:
l x
∫ f ( x, t )1 − dx
GJ 1 − 1 J l 2 1 f (t ) l
[k ] = [m ] = 0 { f (t )} = 1 = 0 l
l − 1 1 6 1 2 f 2 (t ) x
f ( x, t ) dx
∫ l
0
G I p 1 − 1 ρ I p l 2 1
[k ] = [m ] =
l − 1 1 6 1 2
Nel caso di sezione generica, la costante di torsione J si può ricavare in base alla seguente espressione
approssimata:
J ≈ 0.025 A4 I p dove A è l’area della sezione
Tabella – Valori della costante di torsione per sezioni diverse da quella circolare.
I nodi possiedono due gradi di libertà ciascuno: la traslazione in direzione trasversale e la rotazione.
Pertanto, il vettore degli spostamenti nodali è il seguente:
w1 (t ) Si avranno pertanto due forze nodali f1(t) e f3(t) corrispondenti ai due spostamenti
w (t ) nodali w1(t) e w3(t) e due momenti flettenti f2(t) e f4(t) corrispondenti rispettivamente
2
{δ } = alle rotazioni nodali w2(t) e w4(t).
w3 (t )
w4 (t ) Per lo spostamento trasversale di un generico punto dell’elemento trave può essere
assunto un polinomio di terzo grado in x, come nel caso della deformata statica:
w ( x , t ) = a ( t ) + b( t ) x + c ( t ) x 2 + d ( t ) x 3
Le quattro costanti a, b, c, d, si ricavano dai valori assunti da w(x,t) e dalla sua derivata spaziale in
corrispondenza dei due nodi:
∂w
w(0, t ) = w1 (t ) (0, t ) = w2 (t )
∂x
∂w
w(l , t ) = w3 (t ) (l , t ) = w4 (t )
∂x
Si ha dunque:
a (t ) = w1 (t )
b(t ) = w2 (t )
1
c (t ) = [−3w1 (t ) − 2 w2 (t )l + 3w3 (t ) − w4 (t )l ]
l2
1
d (t ) = 3 [2 w1 (t ) + w2 (t )l − 2 w3 (t ) + w4 (t )l ]
l
w1
x w2
2 3 2 3 2 3 2 3
x x x x x x x
w( x, t ) = 1 − 3 + 2 x − 2l + l 3 − 2 − l + l
l l l l l l l l w3
w4
2 3 2 3
x x x x
N1 ( x ) = 1 − 3 + 2 N 3 ( x ) = 3 − 2
l l l l
2 3 2 3
x x x x
N 2 ( x ) = x − 2l + l N 4 ( x ) = −l + l
l l l l
L’energia cinetica, quella di deformazione ed il lavoro virtuale compiuto dalla forza distribuita f(x,t), si
possono esprimere rispettivamente come:
l 2
1 ∂w( x, t ) 1
T = ∫ ρA dx = {δ!} [m]{δ!}
T
2 0 ∂t 2
2
1
l
∂ 2 w( x, t ) 1
U = ∫ EI dx = {δ } [k ]{δ }
T
2 0 ∂x 2
2
l
δW = ∫ f ( x, t ) δw( x, t ) = δ {δ }T { f (t )}
0
con ρ densità del materiale, E modulo di Young, I momento di inerzia della sezione trasversale, A area
della sezione trasversale della trave e dove:
δw1 (t ) f1 ( t )
δw (t ) f (t )
2
δ {δ } = 2 { f (t )} =
δw3 (t ) f 3 (t )
δw4 (t ) f 4 (t )
l
f i (t ) = ∫ f ( x , t ) N i ( x ) dx i = 1, 2, 3, 4
0
Si osservi che la matrice rigidezza [k] è singolare e ha rango 2; ciò significa che solo due dei vettori che
compongono [k] sono linearmente indipendenti. Il motivo è che la funzione spostamento w(x,t) assunta
permette due moti di corpo rigido, una traslazione ed una rotazione.
La matrice massa concentrata si può ottenere concentrando la massa dell’elemento ai nodi e scrivendo
l’energia cinetica in forma matriciale:
1 0 0 0 w! 1
0 0 0 0 w! 2
1 ρAl 1 ρAl
T= ( w! 1 + w! 3 ) = {w! 1 w! 2 w! 3 w! 4 }
2 2
2 2 2 2 0 0 1 0 w! 3
0 0 0 0 w! 4
da cui risulta immediatamente:
1 0 0 0
0
ρAl 0 0 0
[m] =
2 0 0 1 0
0 0 0 0
Al contrario di quanto avviene per le vibrazioni longitudinali, nel caso della flessione la matrice massa
coerente è molto più efficace di quella concentrata poiché quest’ultima non tiene conto dell’effetto di
rotazione dell’elemento.
ASSEMBLAGGIO
Per passare dai singoli elementi all’intera struttura, si scrivono le espressioni dell’energia cinetica e
dell’energia di deformazione della struttura secondo le relazioni (1’) e (1’’). In altre parole l’energia
cinetica e l’energia di deformazione della struttura sono la somma rispettivamente delle energie cinetiche
e di quelle di deformazione di ciascun elemento. Le equazioni di Lagrange, infine, permettono di scrivere
le equazioni differenziali del moto.
Esempio
Per illustrare il procedimento dell’assemblaggio, consideriamo l’asta di lunghezza L rappresentata in fig.
5. L’asta ha un estremo incastrato e l’altro libero ed è soggetta ad un moto longitudinale. L’asta viene
discretizzata con tre elementi finiti del tipo di fig. 2, ciascuno di lunghezza l = L/3.
Fig. 5. Asta con un estremo fisso modellata con tre elementi uguali.
L’energia di deformazione della struttura si ottiene sommando le energie di deformazione dei tre elementi
e tenendo conto della condizione al contorno (condizione di vincolo) u1 = 0. Impiegando le matrici
rigidezza (27) dei singoli elementi, si ha:
La matrice di rigidezza [K] della struttura, ottenuta assemblando i tre elementi, è pertanto:
2 − 1 0
3EA
[K ] = − 1 2 1
L
0 − 1 1
E’ fondamentale osservare che la matrice della struttura si può ottenere senza scrivere esplicitamente né
l’espressione di U, né l’equazione di Lagrange, bensì sovrapponendo le tre matrici rigidezza (27) dei
singoli elementi ed eliminando la prima riga e la prima colonna, cioè le righe e le colonne corrispondenti
alla condizione u1 = 0:
1 −1 0 0
3EA − 1 1 + 1 − 1 0
[K ] =
L 0 − 1 1 + 1 − 1
0 0 −1 1
Per quanto riguarda l’energia cinetica, impiegando le matrici massa (3) dei singoli elementi, risulta:
Si vede immediatamente che anche la matrice massa della struttura si può ottenere sovrapponendo le
matrici massa dei singoli elementi ed eliminando le righe e le colonne corrispondenti alla condizione
u1=0.
E’ opportuno rilevare che, una volta effettuato l’assemblaggio, i vari elementi finiti risultano collegati fra
loro nei nodi, nel senso che essi si trasmettono forze attraverso i nodi e che nei nodi sono soddisfatte le
condizioni di congruenza (cioè tutti gli elementi che confluiscono in un nodo hanno ivi gli stessi
spostamenti).
Osserviamo anche che si possono assemblare tra loro anche elementi diversi, o addirittura parti di sistemi
modellati con tecniche diverse, per esempio ad elementi finiti ed a parametri concentrati.
BIBLIOGRAFIA
* S.S. Rao, Mechanical vibrations, Third edition, Addison Wesley Pub. Company, 1995.
* D.J. Inman, Engineering Vibration, Prentice Hall, 1994.
* M. Lalanne, P. Berthier, J.D. Hagopian, Mechanical Vibrations for Engineers, John Wiley and Sons,
1984.
EX 13 – MODIFICHE STRUTTURALI
ultime due cifre, u e v, del numero di matricola u= v=
Prima frequenza propria [rad/s]
Seconda frequenza propria [rad/s]
Terza frequenza propria [rad/s]
Seconda frequenza propria dopo le modifiche [rad/s]
Esercizio 1
Con riferimento all’ingranaggio
pignone–dentiera di figura, dati la
massa m della dentiera, il raggio
primitivo R del pignone ed il suo
momento di inerzia JO (rispetto al
suo asse di rotazione O), trovare (i)
la massa equivalente del sistema
ridotta alla coordinata x e (ii) il
momento di inerzia equivalente
ridotto all’asse O.
1 2 1 &2
(“Mechanical vibrations”, S.S. Rao, p. 33) T= mx& + J oθ
2 2
Esercizio 2
Due cilindri, aventi momenti di inerzia J1 e J2,
sono calettati su due alberi paralleli rigidi e di
massa trascurabile, collegati da un ingranaggio le
cui due ruote, indicate con 1 e 2 in figura, hanno
rispettivamente numero di denti pari a n1 e n2 e
massa trascurabile.
Trovare il momento di inerzia equivalente risotto
alla coordinata θ1.
Esercizio 3
Con riferimento alla
seguente figura, dati
la massa m del
carrello, la massa m2
del membro rigido 2,
il momento di inerzia
J1 del membro rigido
1 rispetto al suo asse
di rotazione O, il
momento di inerzia Jp
della puleggia, la
massa mc del cilindro,
trovare la massa
equivalente del
sistema ridotta ad un
punto del carrello. Si
noti che il membro (“Mechanical vibrations”, S.S. Rao, p. 35)
rigido 1 ruota
solidalmente alla 1 2 1 & 2 1 &2 1 1
puleggia. T= mx& + J pθ p + J1θ1 + m2 x&2 2 + J cθ&c 2
2 2 2 2 2
Esercizio 4
Con riferimento alla seguente figura,
trovare la massa equivalente del sistema
ridotta alla coordinata x.
Esercizio 5
Con riferimento alla seguente
figura, dati la massa mp dello
spintore, la massa mr del
bilanciere, il suo momento di
inerzia baricentrico Jr, la massa
mv della valvola e ritenendo le
masse di camma, rotella e molla
trascurabili, trovare la massa
equivalente del meccanismo a
camma mostrato in figura,
assumendo che tale massa sia
collocata (i) nel punto A e (ii) nel
punto C.
1 1 1 1
T= m p x& p + mv x& v + J rθ&r + mr x& r
2 2 2 2
2 2 2 2
Determinare la coppia frenante che deve essere applicata dal freno per arrestare l’impianto di
montacarichi schematizzato in figura nell’intervallo di tempo ∆t.
Si ipotizzi che durante la manovra di arresto la coppia frenante sia costante e la coppia fornita dal motore
sia nulla ed, inoltre, che all’inizio della manovra stessa il carico stia scendendo con velocità v costante.
Si calcoli inoltre:
- il lavoro dissipato dal freno durante la manovra di arresto;
- l’intensità della forza sollecitante la fune durante la frenatura.
Si consideri un impianto (fig. 1) costituito da un motore elettrico asincrono trifase, un innesto a frizione
ad azionamento elettromagnetico, un riduttore ad ingranaggi ed una macchina operatrice.
Riguardo al motore elettrico, sono noti la potenza, Pn, e lo scorrimento, sn, in condizioni nominali, ed il
valore della velocità angolare a vuoto, n10; si determini la caratteristica meccanica, considerandola
lineare nel campo di funzionamento normale.
Sono noti anche la caratteristica meccanica della macchina operatrice, M3 = M30 + k3Ω3 (il momento
resistente M3 è somma di un termine costante M30 ed uno dipendente linearmente dalla velocità angolare
Ω3), il rapporto di trasmissione del riduttore, τr, il momento di inerzia delle parti a monte dell'innesto, J1,
e quello delle parti poste a valle dell'innesto stesso, J3, ridotto all'asse della macchina operatrice.
In tab. 1 sono riportate le caratteristiche tecniche di una serie di innesti a frizione dello stesso tipo (fig. 2),
in ordine crescente di dimensioni. Si scelga tra questi l'innesto che soddisfa le seguenti condizioni:
Per motivi di ingombro, inerzia e costo, la scelta deve cadere sull'innesto di dimensioni più piccole che
soddisfa le condizioni precedenti.
Si consideri costante il momento Mf trasmesso dall'innesto in condizioni di slittamento.
Si trascurino le perdite per attriti in organi diversi dall'innesto.
In base ai dati riportati in tab. 1, si calcoli per l'innesto scelto:
Infine si tracci l’andamento in funzione del tempo delle velocità angolari durante il transitorio.
DATI
Resto divisione per 4 Resto divisione per 4
del n. di matricola del n. di matricola
0 1 2 3 0 1 2 3
Pn [kW] 4 4 4 7.5 k3 [Nm/(rad/s)] 18 9 25 30
sn 0.05 0.04 0.05 0.03 J1 [kgm²] 0.005 0.005 0.005 0.013
n10 [rpm] 1500 3000 750 750 J3 [kgm²] 1.8 0.9 2.7 3.2
τr 1/15 1/21 1/9 1/7 M3max [Nm] 1200 1000 1400 2200
Si richiede di:
Valutare il tempo TR necessario per portare il ventilatore alla velocità di regime ωR.
Tracciare l’andamento in funzione del tempo della velocità angolare durante il transitorio.
DATI
Motore: Riduttore:
ξ
I m = 0.05 + kg ⋅ m 2 (mom. inerzia)
200 z A = 20 + ξ
Pn = 5 kW (potenza nominale) z B = 100 + ξ
ω10 = 1500 rpm (velocità a vuoto) ξ
I A = 2.0 + ⋅10− 4 kg ⋅ m 2 (mom. inerzia ruota A)
ω1n = 1420 rpm (velocità nominale) 10
ξ ξ −1
M m 0 = 2.0 + ⋅ M m n I B = 1.2 + ⋅10 kg ⋅ m (mom. inerzia ruota B)
2
20 100
Ventilatore:
Pv n = 4 kW (potenza nominale)
nv n = 280 rpm (velocità nominale)
ξ
I v = 30.0 + kg ⋅ m 2 (mom. inerzia ventilatore)
10
fig. 2 – Caratteristica meccanica del motore fig. 3 – Caratteristica meccanica del ventilatore
Esempio numerico:
I m = 0.05 kg ⋅ m 2
Pn = 5 kW τ = 0.2 Pv n = 4 kW
ω10 = 1500 rpm I A = 2.0 ⋅ 10− 4 kg ⋅ m 2 nv n = 280 rpm
ω1n = 1420 rpm I B = 1.25 ⋅10 −1 kg ⋅ m 2 I v = 30.5 kg ⋅ m 2
M m 0 = 2.5 ⋅ M m n
Risultati:
Transitorio di avviamento
250
200
Velocita' angolare [rad/s]
150
100
50
0
0 1 2 3 4 5 6
Tempo [s]
Si richiede di:
DATI
I dati sono espressi in funzione delle ultime due cifre, u e v, del numero di matricola (numero di matricola
= #####uv).
Mrl = 50 + 2 u2 + 3 uv + 10 v [N m] gl = 12 + u [giri]
Mr2 = 7 + v [N m] g2 = 16 - v [giri]
J0 = 1 + v/4 [kg m2] δ = 0.014
1 2 3 4 5 6
Pn [kW] 5.5 7.5 11. 15 18.5 22.
Sn [%] 4.67 4.67 4.00 3.67 3.33 3.33
Jm [kgm2] 0.0165 0.0213 0.049 0.063 0.103 0.123
7 8 9 10 11 12
Pn [kW] 30. 37. 45. 55. 75. 90.
Sn [%] 3.00 2.67 2.33 2.00 2.00 2.00
Jm [kgm2] 0.183 0.318 0.383 0.570 0.930 1.168
Esercizio 1
Esercizio 2
Con riferimento
all’impianto di
sollevamento di figura,
determinare la costante
elastica equivalente del
sistema quando
lunghezza libera della
fune è pari a l.
Esercizio 3
Esercizio 4
Determinare la pulsazione naturale di un cilindro di raggio r e massa m che rotola senza strisciare entro
un tubo di raggio R.
Energia cinetica
Energia potenziale
ϑ2
1
(
T = mvG + I G ϕ& 2
2
2 2
)
V = mg ( R − r )(1 − cosϑ ) ≈ mg ( R − r )
2 mr 2
IG = Rϑ = r Φ vG = ( R − r )ϑ&
1 2
VMAX = mg ( R − r )Θ 2
2 R−r &
ϕ& = ϑ
r
1 mr 2 R − r & 2
2
T = m( R − r ) + ϑ
2
2 2 r
3
TMAX = m( R − r ) 2 ω n Θ2
2
4
1 13
VMAX = mg ( R − r )Θ2 = TMAX = m( R − r ) 2 ω n Θ2
2
2 22
2g
ωn =
3( R − r )
Determinare la prima frequenza propria di vibrazione flessionale della colonna con serbatoio elevato
mostrata in figura, supponendo che la sezione tubolare della colonna sia costante.
Si esprima il risultato in Hz utilizzando almeno cinque cifre significative.
Dati:
D = diametro esterno della colonna
d = diametro interno della colonna
l = lunghezza della colonna
E = modulo di elasticità del materiale della colonna
Q = peso del serbatoio
ρ = massa volumica del materiale della colonna
I dati sono espressi in funzione delle ultime due cifre, u e v, del numero di matricola
(numero di matricola = #####uv).
Trovare la frequenza naturale di oscillazione del sistema rappresentato in figura, costituito da un cilindro
omogeneo di raggio r, massa m e momento di inerzia baricentrico JG, vincolato a telaio da due molle di
rigidezza k, nell’ipotesi che il cilindro rotoli sul piano senza strisciare.
Dati:
m massa del cilindro
r raggio del cilindro
k rigidezza delle molle
a distanza tra il baricentro del disco e il punto di attacco delle molle
k m, JG k
a θ
G
r
4k ( r + a ) 2
Risultato: ωn =
3mr 2
Determinare la risposta del sistema ad un grado di libertà rappresentato in figura, per una eccitazione a
gradino di ampiezza F0 preceduta, per 0 < t < t1, da una rampa.
F(t) F(t)
m
F0
x(t)
k
0 t1 t
Dati:
m massa
k costante elastica della molla
F0 ampiezza del gradino
t1 istante finale della rampa
t
1
x (t ) = ∫ F (τ ) h (t − τ ) dτ h(t ) = sin ω n t
0
m ωn
F0 t sin ω n t F0 t − t1 sin ω n (t − t1 )
x1 (t ) = − x1 (t − t1 ) = −
k t1 ω n t1 k t1 ω n t1
4 1.2
x (t) 1
1
2
0.8
t
1
0 0.6
-x (t-t ) 0.4
1 1
-2
0.2
t
1
-4 0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
In particolare:
* si trascuri l’inerzia degli alberi;
* si esprima il risultato utilizzando almeno cinque cifre significative;
* si esprimano le frequenze naturali in Hz;
* indicata con θ la rotazione dell’asse motore e con ϕ la rotazione dell’asse dell’elica, esprimere i
modi di vibrare nella seguente forma:
Φ Φ
r1 = 2 r2 = 2
Θ1 1 Θ1 2
Dati:
m3
Dati:
I dati sono espressi in funzione delle ultime due cifre, u e v, del numero di matricola
(numero di matricola = #####uv).
x 2 x 3
ϕ ( x) = 3 −
L L
x 2 x 3
v( x, t ) = ϕ ( x) f (t ) = 3 − f (t )
L L
2 2
L
∂ 2v L
d 2ϕ
V = ∫ EI 2 dx + k [v( x, t )]2x= L / 2 = ∫ EI f (t ) 2 dx + k f 2 (t ) [ϕ ( x)]2x = L / 2 =
1 1 1 1
2 0 ∂x 2 20 dx 2
2
36 x
L
1 1 25 1 12 25
= EI f 2 (t ) 4 ∫ 1 − dx + k f 2 (t ) = f 2 (t ) EI 3 + k
2 L 0 L 2 64 2 L 64
[ ]
2 2
∂v 1 ∂v
L L
= ∫ ρS f& (t )ϕ ( x) dx + m f& 2 (t ) [ϕ ( x)]x = L =
1 1 1
T = ∫ ρS dx + m
2 2
2 0 ∂t 2 ∂t x = L 2 0 2
2
L
x x
2 3
1 1 1 33 1
= ρS f (t ) ∫ 3 − dx + m f& 2 (t ) 4 = ρS f& 2 (t ) L + m f& 2 (t ) 4 =
& 2
2 0 L L 2 2 35 2
1 & 2 33
= f (t ) ρS L + 4m
2 35
EI 25
12 + k
Risultato: ω1 = L3 64
33
ρSL + 4 m
35
Si vogliono effettuare rilievi sperimentali di vibrazione su una struttura. L’analisi va condotta all’interno
del campo di frequenze 0 ÷ f* e, ai fini dell’analisi, occorre ottenere una risoluzione spettrale massima
pari a ∆f.
Determinare:
Dati:
f* = 3000 + 10 u – 20 v [Hz]
∆f = 10 + 0.1 uv + 0.5 v2 [Hz]
I dati sono espressi in funzione delle ultime due cifre, u e v, del numero di matricola
(numero di matricola = #####uv).
In figura è rappresentata una trave incastrata ad entrambi gli estremi avente sezione quadrata con
dimensioni variabili a tratti. Note le dimensioni della trave e le caratteristiche del materiale (modulo di
Young E e densità ρ), trovare le prime due frequenze naturali e i rispettivi modi di vibrare flessionali del
sistema impiegando il metodo degli elementi finiti.
In particolare:
* modellare la trave con tre elementi di tipo beam;
* esprimere le frequenze naturali in Hz;
* normalizzare le forma modali in modo da porre la massima componente al valore unitario.
axa cxc
bxb
l1 l2 l3