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LA NORMA GIURIDICA
Il diritto è la norma giuridica, cioè la regola socialmente garantita delle vita di relazione.
I rapporti tra gli uomini sono regolati da norme di varia natura (morali, religiose, ecc.). Ma le
norme giuridiche si distinguono come norme di cui la società garantisce l’osservanza
mediante diverse sanzioni esterne.
Es.: è regola giuridica quella che impone di restituire il denaro preso a mutuo mentre non lo è la regola
che impone di trattare gentilmente un ospite. Della prima la società ne assicura il rispetto, della
seconda invece no.
Es.: se un soggetto dà in prestito del danaro, egli ha un diritto di credito, cioè la pretesa giuridicamente
tutelata di riavere il danaro indietro.
La complessità dei rapporti sociali esige una molteplicità di norme di diritto. L’insieme di tali
norme costituisce un ordinamento: il diritto di una società, cioè l’insieme delle norme
giuridiche che governano una società.
La vita associata non presenta solo la sottoposizione a norme giuridiche ma anche la tendenza
degli associati ad organizzarsi. Le singole organizzazioni formano varie istituzioni: gruppi
sociali stabilmente organizzato (famiglia, comune, Stato, ecc.).
Nel nostro ordinamento giuridico la massima istituzione è lo Stato, che detiene il potere
legislativo ed esprime l’unità nazionale.
Imperatività della norma: la sua necessaria inderogabilità. Una norma è inderogabile quando
gli interessati non possono sostituirla nella sua applicazione con altre norme legali o
convenzionali.
L’imperatività non è un carattere essenziale del diritto. Ci sono infatti anche le norme
derogabili, cioè le norme che gli interessati possono sostituire nella loro applicazione con altre
disposizioni legali o negoziali.
Le norme derogabili sono pur sempre socialmente garantite, e quindi munite di sanzione.
La norma è astratta quando prevede un’ipotesi astratta e detta una regola valevole per una
specie indefinita di casi concreti riconducibili dentro l’ipotesi prevista.
Es.: qualora l’immagine di una persona sia pubblicata abusivamente l’autorità giudiziaria può fare
cessare l’abuso.
La norma giuridica deve essere distinta dalla norma morale: esprime un dovere assoluto che
l’uomo avverte come necessario a prescindere dalla propria convenienza e dall’altrui giudizio.
Alcuni doveri morali sono tipizzati dalla coscienza collettiva e posti alla base dei rapporti di
convivenza. Questi doveri designano la morale sociale: l’insieme dei doveri morali riconosciuti
nei rapporti di convivenza.
La morale sociale si distingue in:
buon costume: indica i canoni fondamentali di onestà pubblica e privata. Es.: contrari al
buon costume sono gli atti lesivi della dignità sessuale, di inganno e di corruzione.
correttezza: l’impegno morale di solidarietà sociale. Impone al soggetto un
comportamento che tenga conto dell’utilità altrui se ciò non importi un apprezzabile
sacrificio. Es.: la correttezza ci impone di dare ad altri quell’avviso che consenta di evitare un
danno incombente.
La buona fede impone al soggetto di preservare gli interessi altrui che non rientrano in una
specifica tutela giuridica contrattuale.
Si pone il problema di distinguere lo studio del diritto rispetto alle scienze sociali, in
particolare alla sociologia. La distinzione sta nell’oggetto di studio. La prima indaga sulle
norme giuridiche che regolano i rapporti sociali mentre la seconda indaga sulle leggi
naturalistiche di tali rapporti.
Si deve fare una distinzione anche tra diritto ed economia. Le scienze economiche si occupano
dei fenomeni sociali in quanto determinati dall’interesse economico. La scienza giuridica si
occupa della regolamentazione coercitiva (imposta)da parte dell’ambito sociali su tali
fenomeni.
Il giurista non può ignorare il momento economico poiché le attività regolate dalla norma
giuridica sono in buona parte attività strettamente economiche.
Le fonti del diritto sono gli atti o i fatti dai quali traggono esistenza le norme giuridiche.
Si distinguono in diverse categorie che sono organizzate secondo una gerarchia:
A) Costituzione
La Costituzione è la legge che enuncia le basilari scelte politiche del nostro ordinamento e
stabilisce la fondamentale organizzazione e funzione dei pubblici poteri.
La Corte costituzionale ha il compito di giudicare la legittimità costituzionale delle leggi, cioè
la loro conformità ai principi costituzionali.
Le decisioni del Corte che dichiarano la illegittimità della norma sono pubblicate nella
Gazzetta ufficiale.
I principi costituzionali sono molto importanti per il diritto privato poiché sono alla base dei
rapporti delle vita di relazione e affermano le garanzie essenziali della persona. Viene dato
generale riconoscimento ai diritti della personalità, cioè quei diritti che tutelano gli interessi
essenziali della persona. (diritti di libertà – diritti di solidarietà sociale)
Queste sono le fonti del diritto comunitario e si pongono al vertice delle gerarchia delle fonti
in posizione paritaria rispetto alla Costituzione.
I regolamenti comunitari hanno diretta e generale applicazione all’interno degli Stati membri.
Sono vigenti nell’ordinamento statale. I cittadini ne sono assoggettati. L’ordinamento dello
Stato si è quindi parzialmente integrato nell’ordinamento comunitario. Nel contrasto tra la
legge statale e il regolamento è quest’ultimo a prevalere.
A differenza dei regolamenti che sono volti a regolare i rapporti intersoggettivi dei cittadini
dell’Unione, le direttive hanno come destinatari gli Stati membri, costituendo una fonte di
obblighi dell’ente pubblico nei confronti dei cittadini.
B) Le leggi ordinarie
Le leggi ordinarie sono in generale le leggi dello Stato, escluse quelle di carattere
costituzionale.
I Libro. Delle persone e della famiglia. Riguarda la disciplina delle persone fisiche e giuridiche,
del matrimonio e della filiazione.
II Libro. Delle successioni. Riguarda le successioni a causa di morte e della donazione.
III Libro. Della proprietà. Riguarda la disciplina dei beni, dei diritti reali di godimento e del
possesso.
IV Libro. Delle obbligazioni. Riguarda la disciplina delle obbligazioni e dei contratti.
V Libro. Del lavoro. Riguarda le norme sul rapporto di lavoro, sull’impresa e sulle società.
VI Libro. Della tutela dei diritti.
Il codice è poi largamente integrato dalle comuni leggi statali, dette speciali.
Essendo le leggi che lo Stato emana nel corso del tempo molto numerose, non sempre quelle
nuove abrogano le precedenti e si rischia così di non sapere quali siano ancora vigenti e quali
non. Per questo motivo esistono i testi unici, raccolte di norme vigenti.
Se il testo unico è emanato nell’esercizio del potere legislativo, esso costituisce una nuova
legge e le norme anteriore sono da considerarsi abrogate. Se il testo unico è emanato
nell’esercizio del potere regolamentare, allora le norme vigenti non subiscono alcuna
modifica.
Le Regioni hanno potestà legislativa nelle materie (codice penale e civile, giurisdizione, norme
processuali) non riservate allo Stato e nelle materie di legislazione concorrente. In queste
ultime la potestà delle Regione è comunque sempre subordinata ai principi posti dalle leggi
statali. Si esula dalla competenza regionale la disciplina dei rapporti privatistici.
C) I regolamenti
Il regolamento è un precetto normativo di grado inferiore alla legge, emanato dallo Stato o da
altri enti pubblici nell’esercizio della loro potestà regolamentare.
Si distingue tra regolamenti indipendenti, che contengono una disciplina autonoma del suo
oggetto, ed esecutivi, che dettano norme di attuazione e di specificazione di una disciplina
principale.
È di grado inferiore alla legge. Nel caso in cui un regolamento fosse in contrasto con una legge,
questo sarebbe inefficace e andrebbe disapplicato.
Infine, i regolamenti delegati sono emanati dal Governo in base ad una legge delega che indica
i principi generali e hanno contenuto normativo.
Ma l’attuale realtà non conosce contratti collettivi con efficacia generale. I sindacati stipulano
contratti collettivi di diritto comune che hanno efficacia per gli iscritti ai sindacati.
E) Gli usi normativi e usi negoziali
Gli usi normativi sono norme scritte che un ambiente sociale osserva costantemente nel tempo
come norme giuridicamente vincolanti.
Questi non sono emanati in base ad un procedimento formale, si parla infatti di norme non
scritte poiché tendono a formarsi spontaneamente, ma la loro osservanza è equiparabile a
quella delle norme di diritto.
Gli usi sono quindi accettati dall’ambiente sociale come norme che disciplinano i rapporti tra i
consociati.
Gli elementi costitutivi della consuetudine sono: un elemento obiettivo, cioè la costante
ripetizione nel tempo di un certo comportamento; un elemento soggettivo, cioè il
convincimento della vincolatività giuridica di tale comportamento.
Affinché la consuetudine possa dirsi formata deve sussistere un comportamento sociale
consolidato nel tempo e che questo sia tenuto come osservanza di norma giuridica.
Gli usi hanno un rilievo molto limitato, tanto che si trovano all’ultimo posto della gerarchia
delle fonti del diritto.
Gli usi negoziali sono clausole che vengono inserite in un certo tipo di contratto.
La legge presume che essi siano voluti dalle parti anche se non esplicitate nel contratto.
La giurisprudenza è l’insieme delle sentenze che vengono emesse dagli organi giudiziari. Le
sentenze sono le decisioni che risolvono le controversie di diritto.
Il nostro ordinamento ignora il principio della vincolatività dei precedenti, quindi il giudice
non è tenuto ad uniformarsi ad altre sentenze. Tuttavia, nella realtà avviene che le sentenze
tendono a formare orientamenti costanti e che il giudice si adegua a tali orientamenti.
In caso di un mutamento inatteso nell’interpretazione di una norma giuridica si parla di
overruling.
I giudici del nostro ordinamento sono vincolati a conformarsi ai principi del diritto
comunitario e alla sua interpretazione data dalle Corti europee.
Gli orientamenti giurisprudenziali si desumono dalle massime, principi di diritto applicati alla
sentenza.
La stessa interpretazione è un atto disciplinato dalla legge attraverso due tipi di criteri.
Il criterio letterale impone all’interprete di attribuire alla legge il significato manifestato dalle
parole di essa.
Il criterio funzionale impone all’interprete di non attribuire alla legge altro senso se non quello
palesato dal significato proprio delle parole e dall’intenzione del legislatore.
Il richiamo alla intenzione del legislatore sta a rappresentare l’intento obiettivo della legge,
cioè lo scopo al quale essa risulta obiettivamente indirizzata e che ne costituisce la ragione.
Quindi l’interpretazione letterale è solo il primo momento dell’atto interpretativo, che si
completa con la ricerca e la verifica della ragione della norma.
È possibile che l’interpretazione funzionale modifichi il significato letterale. Si parla di
interpretazione restrittiva quando si attribuisce alla legge un significato meno ampio di quello
risultante dall’interp. letterale. Estensiva, invece, quando si attribuisce alla legge un significato
più ampio di quello risultante dall’interp. letterale.
L’interp. funzionale è sistematica, cioè coerente con il sistema delle legge. Deve essere
coerente con il sistema generale dei valori che la comunità pone a base della propria
convivenza.
Infine, l’interp. è anche evolutiva, si adegua all’evolversi dei valori sociali. Consente di
adeguare le norme alle nuove esigenze, ma non deve mai contrastare la legge.
Può accadere che la realtà presenti situazioni che non sono direttamente riconducibili ad una
specifica previsione normativa.
In questi casi si ricorre all’analogia legis, il criterio in base al quale alla fattispecie non regolata
da una precisa disposizione di legge si applica la norma regolatrice di una fattispecie simile.
La somiglianza è data dalla presenza di elementi comuni che giustificano razionalmente la
medesima regola giuridica.
L’analogia colma le lacune legislative ed è pertanto mezzo di integrazione della legge.
Quando non vi sono disposizioni di legge che regolano casi simili allora si ricorre all’analogia
iuris, cioè ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.
Normalmente una legge entra in vigore dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale. L’intervallo tra la pubblicazione e l’entrata in vigore della legge si chiama vacatio
legis. È anche possibile che la legge preveda la sua immediata entrata in vigore a seguito della
pubblicazione.
Stesso procedimento spetta ai regolamenti.
Per le altre norme, invece, non vi sono disposizioni particolari.
Per quanto riguarda la durata la durata di efficacia di una legge, questa può essere
determinata dalla legge stessa. Oppure può verificarsi l’abrogazione, cioè la cessazione della
legge a seguito di un fatto estintivo.*
L’abrogazione può essere totale, quando investe l’intera norma, o parziale, quando investe
una parte di essa.
Questo principio di estinzione della legge per norma successiva trova applicazione anche e
soprattutto quando alla legge ordinaria fa seguito una legge costituzionale incompatibile con
la prima.
Secondo una tesi minoritaria, le norme del codice incompatibili con la Costituzione devono
ritenersi abrogate.
Secondo l’opinione dominante si esclude che la legge ordinaria venga automaticamente
abrogata dalla successiva legge costituzionale. C’è bisogno di un apposito procedimento e
un’apposita Corte per giudicare la contrarietà della legge alla Costituzione.
A questo punto si tratta di accertare da quale momento la legge successiva trova applicazione
e se tale applicazione riguarda i fatti compiuti e i rapporti costituiti sotto il vigore della
vecchia norma.
In generale la norma giuridica è irretroattiva, cioè non detta regole valevoli per un tempo
anteriore a quello della sua entrata in vigore.
Quindi, secondo la teoria del fatto compiuto, la nuova legge non tocca le posizioni giuridiche
attive già acquisite in base alla norma precedente.
Es.: se il soggetto è divenuto proprietario di un bene in base ad un valido contratto, il suo acquisto
rimane fermo anche se il contratto non risponde ai requisiti di validità richiesti dalla nuova legge. Il
diritto di proprietà acquistato sotto la vecchia legge è invece assoggettato alla nuova.
Il principio di irretroattività dice che la legge è valevole per il tempo successivo alla sua
entrata in vigore facendo salvi gli effetti giuridici derivati dalla legge precedente.
Secondo questo criterio la legge nuova non disconosce i diritti già sorti in base a fattispecie
perfezionate prima della sua entrata in vigore.
Es.: se il soggetto è divenuto proprietario di un bene in base ad un valido contratto, il suo acquisto
rimane fermo anche se il contratto non risponda ai requisiti di validità richiesti dalla nuova legge. Il
diritto dii proprietà acquistato sotto la vecchia legge è invece assoggettato alla nuova disciplina legale.
Questo principio è garantito dalla Costituzione per le norme penali. Per le leggi non penali è
possibile che ci siano delle eccezioni.
Una eccezione è prevista in materia di filiazione. La nuova disciplina sulla filiazione è
applicabile anche alle successioni già aperte. Questo per non andare contro all’attuazione del
principio di uguaglianza , principio ispiratore della recente riforma della filiazione.
Efficacia retroattiva spetta anche alle leggi interpretative, le leggi che fissano formalmente il
significato di una legge precedente.
Ciascuna legge emanata può contenere disposizioni transitorie per regolare il conflitto tra la
vecchia e la nuova normativa. Queste stabiliscono i limiti di applicazione della legge a
situazioni anteriormente sorte o in via di formazione.
Per quanto riguarda i rapporti che fanno capo agli stranieri è ammissibile l’applicazione di
norme di più ordinamenti giuridici. Ogni ordinamento ha le sue regole di diritto internazionale
privato che possono essere stabilite dallo Stato o mediante accordi internazionali con altri
Stati.
I conflitti di legislazione sono eliminati dall’adozione di una legge uniforme, cioè una disciplina
comune a più ordinamenti applicabile ad un’intera materia o a determinati istituti.
Le regole del diritto internazionale privato pongono un principio fondamentale, quello del
riconoscimento allo straniero della piena capacità giuridica di diritto privato.
Lo straniero è escluso dagli uffici pubblici, ma per il resto è parificato al cittadino italiano nella
tutela della sua personalità e nella partecipazione alla vita economica privata.
Unico limite posto dalla legge è quello della reciprocità, cioè lo straniero è ammesso al
godimento dei diritti civili se il soggetto italiano è ammesso al godimento dei diritti civili nello
Stato di cui lo straniero ha la cittadinanza.
Questo diritto tuttavia non si applica quando ci sono in gioco i diritti fondamentali della
persona.
Tutti i fatti che caratterizzano le vicende umane sono considerati giuridici quando il loro
accadimento comporta conseguenze giuridiche per l’ordinamento.
Es.: il terremoto è un fatto naturale che diventa giuridico solo se si verificano danno a cose e persone.
Il rapporto giuridico è il rapporto che instaura tra due soggetti regolato dall’ordinamento
giuridico.
I fatti giuridici sono eventi ai quali l’ordinamento ricollega determinati effetti giuridici. La
nozione di fatto giuridico è strettamente collegata a quella di fattispecie, con la quale si indica
un fatto astratto previsto dalla norma giuridica al quale l’ordinamento ricollega determinati
effetti giuridici. La fattispecie può anche essere concreta, cioè come il fatto reale al quale si
applica la norma giuridica.
I fatti giuridici si dividono in:
- fatti giuridici naturali, eventi della natura ai quali l’ordinamento ricollega effetti
giuridici.
Es.: la caduta di un albero è un evento naturale che si trasforma in giuridico se questo albero
produce un danno ad un’autovettura. In questo caso il proprietario dell’albero ha l’obbligo di
risarcimento.
- atti giuridici, comportamenti riconducibili all’uomo ai quali l’ordinamento ricollega
effetti giuridici.
Es.: un danno agli altri, il mancato esercizio di un diritto.
Gli atti materiali consistono in una modificazione materiale del mondo esterno. Es.: la
costruzione di un manufatto.
Le dichiarazioni sono fatti comunicativi dell’opinione o della volontà dei soggetti. Es.: la
dichiarazione di accettare l’eredità.
In questo ambito delle dichiarazione hanno un valore importante le dichiarazioni negoziali,
dichiarazioni di volontà del soggetto volte alla creazione di specifici effetti giuridici che sono
voluti dall’autore dell’atto.
Es.: nel matrimonio è dichiarazione negoziale quella dei nubendo di prendersi come marito e moglie.
I negozi giuridici vengono, poi, distinti dagli atti giuridici. I negozi sono dichiarazioni di
volontà dirette a produrre effetti giuridici. Gli atti sono comportamenti umani che
prescindono dalla volontà degli effetti giuridici. I primi richiedono la capacità di agire del
soggetto, i secondi solo la capacità di intendere e di volere.
Infatti, un atto illecito, che è un atto giuridico, è un atto umano e consapevole che fa sorgere
l’obbligo di risarcimento. L’autore dell’atto vuole compiere l’atto ma sicuramente non vuole
l’effetto, cioè risarcire il danno.
Chi effettua un negozio giuridico, invece, non solo vuole l’atto, ma anche l’effetto giuridico che
ne deriva.
Es.: la proprietà ha per contenuto la facoltà di godere e di disporre della cosa. In questo modo il
proprietario esercita il suo diritto di proprietà. L’impedimento di tale esercizio integra la violazione
del diritto e suscita rimedi a tutela della proprietà.
L’onere è una situazione soggettiva che impone al soggetto di tenere un dato comportamento
al fine di realizzare un proprio interesse. Si differenzia dal dovere che, invece, obbliga il
soggetto a tenere un comportamento per realizzare altrui.
Quindi, l’onere è un comportamento connotato dalla libertà e non dalla doverosità.
Es.: l’onere della prova. Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne
costituiscono il fondamento.
Gli status sono le posizioni giuridiche che la persona assume nell’ambito della società e del
nucleo familiare. (stato di cittadino italiano, stato di figlio, stato di coniuge…)
Ormai sono terminate le discriminazioni sociali e familiari per via degli status. Con il
diffondersi del principio di uguaglianza si è esaltata la condizione di persona umana e del suo
fare.
L’interesse legittimo è l’interesse alla legittimità degli atti amministrativi. Si distingue dal
diritto soggettivo perché in questo l’interesse del soggetto è tutelato in via diretta ed
autonoma.
La capacità giuridica consiste anche di incapacità speciali, che sono le preclusione del soggetto
rispetto a determinati rapporti giuridici.
È assoluta quando la preclusione sussiste nei confronti di tutti i consociati.
Es.: ai minori di 15 anni sono preclusi i rapporti di lavoro nelle attività industriali e ai minori di 14
sono preclusi i rapporti di lavoro nelle altre attività.
Es.: i parenti in linea retta e i fratelli e sorelle non possono tra loro contrarre matrimonio.
La preclusione derivante dall’ incapacità speciale rende nullo il negozio del rapporto e non
può essere rimossa mediante autorizzazione né convalida.
Si distingue dagli impedimenti soggettivi, che sono divieti suscettibili a rimozione mediante
autorizzazione o convalida.
La persona fisica acquista la capacità giuridica con la nascita. Se la persona è nata e vissuta
anche solo per un attimo, essa ha acquistato la capacità giuridica definitiva.
Il codice dichiara capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo
dell’apertura della successione. Si pone il problema se il concepimento segni il momento di
acquisto di una sia pur minima capacità giuridica. In dottrina la soluzione è prettamente
negativa. Non si può ammettere che prima della nascita il concepito sia capace a determinati
rapporti. Per questo si nega che il concepito possa acquistare diritti in via successoria o per
donazione.
Al concepito vengono semplicemente conservati questi diritti che si concretizzano poi se si
verifica l’evento della nascita. La legge attribuisce la tutela di questi diritti del concepito ai
genitori. Egli, infatti, è portatore di interessi che devono essere fatti valere nel presente. Per
esempio l’interesse del riconoscimento da parte del genitore già prima della nascita.
Capacità di agire.
Sono privi di capacità di agire: a) i minori; b) gli interdetti giudiziali, coloro a cui sono
riconosciute infermità mentali; c) gli interdetti legali, coloro soggetti a condanna a pena
reclusiva non inferiore a 5 anni.
L’incapacità di agire consiste nella inidoneità del soggetto a compiere o ricevere atti giuridici.
Accanto ad essa troviamo la ridotta capacità di agire, che richiede che gli atti più importanti
siano compiuti con l’assistenza di un curatore. Riguarda: a) gli emancipati, cioè i minori che
hanno contratto matrimonio; b) gli inabilitati a causa di infermità mentali non eccessivamente
gravi da richiedere l’interdizione.
A) La minore età
L’incapacità di agire del minore è prevista in funzione protettiva del soggetto al fine di evitare
che la mancanza di un’adeguata maturità lo pregiudichi nella vita di relazione.
Il minore non ha la capacità di stare in giudizio, cioè di essere direttamente attore o convenuto
nelle cause civili. Può stare in giudizio per mezzo del suo rappresentante legale.
Incapacità extranegoziale. Per quanto riguarda gli atti leciti si ritiene non necessaria la
capacità di agire. Il minore può compiere e ricevere tutti gli atti giuridici, tranne quelli
suscettibili di conseguenze sfavorevoli. Il minore è quindi capace di compiere gli atti valevoli
ad acquisire o salvaguardare un diritto. Deve, invece, reputarsi incapace agli atti che
importano la perdita di un diritto o l’assunzione di oneri e obblighi.
Per gli atti illeciti il minore è esentato da responsabilità solo qualora si dimostri che non era in
grado di intendere e di volere al momento dell’illecito. Si considera il minore avente la
capacità delittuale in quanto la vita di relazione richiede l’osservanza di norme pratiche di
condotta che si prestano ad essere conosciute e comprese anche senza il raggiungimento della
maggiore età. In questi casi la legge rende responsabili i genitori per il danno recato dal figlio
non emancipato. Anche se il minore non è in grado di intendere e di volere, il terzo
danneggiato può richiede il risarcimento da parte dei genitori.
L’emancipazione è lo stato di ridotta capacità di agire che il minore acquista col matrimonio.
Conferisce al soggetto la piena capacità di agire per quanto riguarda gli atti di ordinaria
amministrazione e gli atti di natura personale. Per gli atti di straordinaria amm. deve
compierli con l’assistenza di un curatore. Questo non è un rappresentante legale, ma presta
solo un consenso al compimento dell’atto.
B) L’interdizione giudiziale
I presupposti: 1. che il soggetto sia affetto da un’abituale malattia mentale. Non rileva uno
stato morboso transitorio destinato a risolversi in breve tempo. L’infermità è abituale anche
quando il soggetto gode di momenti di lucidità; 2. A causa dell’infermità il soggetto non è in
grado di provvedere ai propri interessi.
Interdetto può essere dichiarato il soggetto che ha raggiunto la maggiore età. Prima questo è
tutelato dal suo stato di minore.
Lo stato giuridico dell’interdetto è in gran parte uguale a quello del minore, eccetto alcune
differenze che trovano ragione nella diversa causa dell’incapacità.
L’interdetto difetta di capacità negoziale. Gli atti negoziali devono essere compiuti dal tutore.
Quelli direttamente compiuti dall’interdetto possono essere annullati.
All’interdetto non vengono sottratti i diritti fondamentali di libertà e solidarietà e di
partecipare direttamente alla vita di relazione.
Non può essere autorizzato al matrimonio.
Difetta della capacità di stare in giudizio.
Per gli atti leciti, può compiere e ricevere tutti gli atti non potenzialmente pregiudizievoli.
Per la capacità delittuale si avvale dell’incapacità di intendere e di volere che difficilmente
potrà essere vinta dalla prova di un lucido intervallo. Del fatto dannoso risponde chi è tenuto
alla sua sorveglianza.
C) L’interdizione legale
È lo stato di incapacità di agire della persona fisica maggiorenne condannata per delitto non
colposo alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni.
L’interdizione legale rientra tra le pene accessione, quindi ha una funzione sanzionatoria
anche se vale ad assicurare la cura degli interessi patrimoniali del soggetto.
La tutela dell’interdetto è disciplinata dalle norme dell’interdizione giudiziale. Lo stato di
incapacità corrisponde a quello dell’interdetto giudiziale ma solo per quanto riguarda i diritti
patrimoniali.
D) L’inabilitazione
È lo stato giudizialmente dichiarato di ridotta capacità di agire della persona maggiorenne che
per le sue condizioni mentali o fisiche non è pienamente in grado di curare i propri interessi
economici.
Lo stato di ridotta capacità di agire dell’inabilitato corrisponde a quella del minore
emancipato. Può compiere e ricevere tutti gli atti di ordinaria amministrazione e di natura
personale, ma per gli atti di straordinaria amministrazione occorre l’assistenza del curatore.
Può essere autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale, ma solo qualora si tratti di
attività già iniziata precedentemente. L’autorizzazione è data dal tribunale su parere del
giudice tutelare e può essere subordinata alla nomina di un institore che rappresenti l’impesa.
L’inabilitazione è dichiarata al raggiungimento dell’ultimo anno della minore età e riguarda:
a) coloro colpiti da un’infermità mentale ma non tanto grave da richiedere l’interdizione.
Non si esclude per intero la loro capacità di intendere e di volere.
b) La prodigalità, un impulso patologico che porta allo sperpero delle proprie capacità
economiche.
c) Coloro che abusano abitualmente di alcolici e droghe. Rileva quando si traduce in una
condizione patologiche che espone il soggetto o i suoi congiunti a un grave danno
economico.
d) I sordomuti e i cechi dalla nascita, in quanto sono soggetti che non hanno potuto
ricevere una adeguata educazione che gli permette di provvedere ai propri affari.
L’inabilitazione è dichiarata tramite sentenza del tribunale a seguito di un giudizio ordinario.
Gli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione lasciano senza risposta tutte quelle situazioni
in cui la persona è in difficoltà a curare i propri affari per cause psicofisiche che sono
transitorie o tali da non privarla dell’incapacità di intendere e di volere.
Il 9 gennaio 2004 è stata introdotta la figura di amministratore di sostegno, dettandone la
disciplina mediante disposizioni inserite nel codice civile.
Presupposto per la nomina dell’amministratore è lo stato di incapacità anche se temporanea.
L’atto di nomina dell’amministratore deve indicare l’oggetto di incarico e degli atti che l’amm.
ha il potere di compiere in rappresentanza e nell’interesse del beneficiario e gli atti che questo
può compiere da solo. Annullabili gli atti senza amministratore.
Capitolo VIII. I DIRITTI FONDAMENTALI
I diritti fondamentali dell’uomo, o diritti della personalità, tutelano la persona nei suoi valori
essenziali.
Nella nostra Costituzione sono diritti “inviolabili” e questo esprime l’impegno dello Stato a
garanzia di tali diritti.
Rientrano nella più ampia categoria dei diritti personali quali diritti che tutelano gli interessi
inerenti alla persona, cioè i suoi diretti interessi materiali e morali. I diritti personali si
distinguono dai diritti patrimoniali che tutelano gli interessi economici.
La pluralità dei diritti fondamentali si spiega in ragione dei diversi interessi fondamentali
dell’uomo.
È possibile distinguere una prima categoria di diritti di rispetto della personalità umana.
Questi conferiscono al soggetto un potere di godimento della sua personalità e una pretesa
alla non ingerenza da parte dei terzi. In questo ambito si distinguono diversi valori: a) la vita e
integrità fisica; b) l’integrità morale; c) le libertà civili; d) l’intimità privata; e) l’identità
personale; f) la paternità morale.
Una seconda categoria di diritti della personalità è quella dei diritti di solidarietà. Comprende
le pretese del soggetto a realizzare la propria personalità attraverso la cooperazione altrui. I
valori fondamentali tutelati: a) l’eguaglianza; b) il lavoro e la retribuzione; c) l’assistenza
materiale e morale; d) la sicurezza sociale; e) la salute.
Caratteri comuni dei diritti della personalità sono l’indisponibilità e la non patrimonialità.
Il titolare non può rinunciare a tali diritti e non può cederli ad altri.
L’indisponibilità dei diritto fondamentali non esclude, tuttavia, che il titolare possa costituire
diritti a favore di terzi, che importino vincoli nella sfera della propria personalità. Gli atti che
importino parziali limitazioni o rinunzie ai diritti della personalità possono reputarsi validi se
sono compatibili con la dignità della persona umana.
Es.: è invalida una rinunzia alla propria libertà di pensiero mentre è ammissibile che il soggetto
autorizzi la pubblicazione della propria immagine o dei fatti della propria vita privata. Lesiva della
dignità umana risulterebbe la definitiva cessione ad un terzo del diritto di utilizzazione della propria
immagine o di tutti i fatti della propria vita privata.
La non patrimonialità significa che il diritto non ha un valore economico. La violazione dei
diritti di rispetto della personalità cade nell’illecito civile e comporta una risarcimento del
danno.
La persona a cui viene negata la tutela giudiziaria dei suoi diritti fondamentali o che subisca la
violazione di essi da parte di uno degli Stati aderenti alla Convenzione dei diritti, può ricorrere
alla Corte dei diritti dell’uomo. Con la riforma della Convenzione di Roma del 1997 la Corte è
stata costituita come organo giurisdizionale che siede a Strasburgo e riceve ricorsi individuali.
La condizione per ricevere ricorso è l’esaurimento di mezzi di tutela esprimibili contro la
violazione dei diritti e che siano trascorsi 6 mesi dal provvedimento definitivo che abbi
attuato o confermato la violazione.
Il diritto all’integrità psicofisica tutela l’interesse dell’essere umano al godimento del proprio
organismo nella sua integrità e sanità. Esige il rispetto e la cura della persona. L’integrità deve
essere rispettata innanzitutto dal potere pubblica e inoltre implica a carico di tutti i terzi il
divieto di comportamenti che importino sofferenze, malattia o menomazioni. In caso di
violazione si ricorre al risarcimento.
Il diritto della salute è il diritto della persone all’assistenza sanitaria pubblica.
Il nostro codice civile pone uno specifico divieto di compiere atti di disposizione del proprio
corpo che importino una diminuzione permanente dell’integrità o che siano contrari
all’ordine pubblico.
Non tutti gli atti che comportano menomazione permanente sono però lesivi alla dignità
umana. Non sono lesivi gli interventi medici compiuti nell’interesse del soggetto. Tali
interventi possono compiersi anche senza la volontà del soggetto se si tratta di un mezzo
idoneo per salvaguardarlo dal pericolo di un più grave danno alla persona. a questo principio
si è recentemente conformata anche la Corte di Cassazione, affermando che qualora un
medico esegua un intervento diverso dal quello per il quale era stato dato il consenso
informato e nel farlo salva la vita della persona, non può sussistere il reato di lesioni personali.
La perdita dell’integrità fisica può poi trovare un motivo adeguato nell’adempimento di un
superiore dovere morale, conforme al principio di solidarietà sociale. Ci si può riferire alle
donazioni di organi necessari per l’altrui salute. La legge consente la donazione del rene, il
trapianto parziale di polmone, pancreas e intestino tra persone viventi.
Molto delicato e discusso in dottrina è il problema delle decisioni di fine vita in caso di
malattie terminali e invalidanti. In mancanza di una specifica legge, una prima tesi ritiene che i
trattamenti salvavita siano trattamenti medici e come tali sono rifiutabili da parte del
soggetto. A questa tesi si è conformata la giurisprudenza di Cassazione per quanto riguarda i
casi di interruzione di vita di pazienti affetti da coma irreversibile.
Un’altra tesi ritiene i trattamenti salvavita non medici e quindi non possono essere rifiutati dal
soggetto.
Il diritto all’integrità morale tutela l’esigenza dell’essere umano al godimento del suo onore e
del suo decoro come singolo e come membro di una collettività.
La generalità degli ordinamenti provvede a tale tutela mediante disposizioni penali che
vietano l’ingiuria, cioè l’offesa diretta alla persona presente, e la diffamazione, cioè
l’attribuzione alla persona di fatti lesivi della sua reputazioni. Se questi fatti sono veri sorge il
contrasto con la libertà di comunicazione, che rientra nella libertà di informazione. Nel nostro
ordinamento quest’ultima prevale solo quando sussista un interesse generale alla conoscenza
dei fatti.
Oltre al risarcimento, un particolare rimedio prevista dalla legge sulla stampa è il diritto di
rettifica che consiste nel diritto di far pubblicare, sullo stesso periodico, risposte, rettifiche e
dichiarazioni.
I diritti di libertà tutelano l’esigenza della persona di esplicarsi secondo le proprie scelte. Si
distinguono la libertà personale (fisica), di circolazione e di residenza, di religione, di
manifestazione e di comunicazione del pensiero, di lavoro, di associazione, di sciopero.
Tra le libertà civili ha particolare importanza la libertà di stampa, che rientra nell’ambito della
libertà di espressione del pensiero. Questa prevale sul diritto alla riservatezza e all’onore.
Il diritto al segreto tutela l’interesse della persona a che i fatti della propria vita privata non
vengano abusivamente conosciuti o comunicati a terzi.
Il diritto alla riservatezza ha un duplice significato: protezione dei dati personali; rispetto
della propria vita privata.
Già da tempo si sentiva il bisogno di tutelare la persona contro l’abusiva diffusione dei fatti
privati. Questo bisogno è diventato sempre più forte con l’avvento della tecnologia
informatica. Ci voleva un intervento volto a regolamentare il trattamento dei dati personali
entro limiti compatibili con il rispetto della persona.
In Italia il trattamento dei dati personali è stato disciplinato dalla legge 31 dicembre 1996 che
concerne la diffusione dei dati personali e qualsiasi operazione di loro raccolta,
conservazione, utilizzazione.
Così il diritto alla riservatezza si è tramutato in diritto della persona alla protezione dei dati
personali.
La riservatezza designa anche il rispetto della vita privata . Privacy: diritto della personalità
inteso come diritto di ciascuno a non subire ingerenze nei proprio fatti personali, nella
propria immagine, nei proprio pensieri.
Il diritto dell’oblio tutela l’interesse del soggetto a che informazioni relative alla propria
immagine o ai propri dati personali del passato siano attualizzate o cancellate. Inizialmente
indicava il diritto all’attualità di notizia, successivamente si è specificato come diritto al
controllo della propria immagine sociale nella rete di internet, esprimendo l’esigenza di
un’attualizzazione dei propri dati e identità nei social.
Il diritto di cronaca è una particolare espressione della libertà di stampa, che rientra
nell’ambito della libertà di manifestazione del pensiero.
Condizioni di liceità della pubblicazione di notizie lesive della riservatezza o della
reputazione:
a) la verità oggettiva, che però non sussiste quando siano dolosamente o colposamente
taciuti altri fatti ricollegabili ai primi da mutarne il significato;
b) pertinenza: interesse pubblico all’informazione;
c) continenza: forma civile dell’esposizione e valutazione dei fatti.
Nel codice deontologico si tratta della tutela della riservatezza del minore, che prevale
rispetto al diritto di cronaca e di critica.
Il diritto di cronaca è ulteriormente sottoposto al limite del rispetto della dignità umana delle
persone coinvolte nell’indagine o processo.
Il diritto di critica è una particolare espressione del diritto di cronaca ed è sottoposto alle
stesse limitazioni. Si differenzia perché non si concreta nella narrazione dei fatti, ma si
esprime in un giudizio soggettivo. Per questo può essere esercitato attraverso espressioni
lesive della reputazione altrui, purché non si risolvano in una gratuita aggressione distruttiva
dell’onore. La critica deve, inoltre, corrispondere a verità, se pur parziale.
Il diritto di satira trova fondamento nella libertà di manifestazione artistica. È sottratto alla
limitazione della verità poiché si esprime attraverso lo strumento dell’inverosimiglianza e
dell’iperbole.
Il diritto all’immagine tutela l’interesse del soggetto a che il suo ritratto non venga diffuso o
esposto pubblicamente. Divieto a carico di tutti i terzi di esporre o pubblicare il ritratto altrui.
Il soggetto può però autorizzare l’uso del ritratto. Il consenso è comunque revocabile. Inoltre,
il consenso non autorizza una non prevista utilizzazione o manipolazione dell’immagine che
alteri il significato del comportamento.
La pubblicazione dell’immagine non richiede il consenso dell’interessato quando si tratta di
un soggetto che svolge un’attività che lo espone alla notorietà. Si richiede, invece, il consenso
del titolare nel caso di sfruttamento pubblicitario dell’immagine di personaggi celebri.
Ancora, è lecita la diffusione dell’immagine quando svolgono fatti in pubblico o aventi
rilevanza sociale.
Il diritto all’identità personale è il diritto del soggetto a essere identificato e riconosciuto nella
sua realtà individuale. L’identità della persona è tutelata da:
A) Il diritto al nome
Il nome è l’appellativo che identifica socialmente la persona. consta nel cognome, l’appellativo
del gruppo familiare, e del prenome, l’appellativo individuale.
La funzione di identificazione sociale del nome è di interesse pubblico e lo stato detta rigorose
regole per quanto riguarda l’acquisto e la pubblicità del nome delle persone.
Rientra tra i diritti della personalità, quindi è indisponibile e non patrimoniale.
Si ricorre a contestazione quando il terzo molesta il soggetto impedendo l’uso del proprio
nome. Sussiste l’uso indebito quando il terzo si avvale del nome del soggetto. L’uso indebito
può consistere nell’usurpazione, nell’appropriazione da parte del terzo del nome come nome
proprio; nell’utilizzazione abusiva quando il terzo utilizza il nome per identificare personaggi
di fantasia.
Lo pseudonimo è un nome diverso da quello spettante per legge che il soggetto usa in una
determinata attività letteraria o artistica. Può raggiungere l’importanza del nome, assolvendo
la funzione di identificazione sociale e per questo motivo è tutelato al pari del nome.
Anche gli enti giuridici hanno diritto al nome attraverso il quale sono socialmente identificati.
Ma questo diritto non rientra in quelli della personalità.
Il diritto all’uguaglianza tutela l’esigenza dell’essere umano ad essere trattato alla pari degli
altri senza discriminazioni giuridiche fondate sul sesso, la razza, la lingua, la religione…
Il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazione sono ampliamente trattati nella Carta
di Nizza.
È stato rivendicato nei confronti dello Stato il diritto di eguaglianza di trattamento
(eguaglianza giuridica). Sancisce il divieto di una legislazione discriminatoria. Il soggetto può
richiedere l’annullamento di un atto amministrativo che lo discrimini. Se la discriminazione
discende dalla legge, questa deve essere dichiarata incostituzionale mediante la pronunzia
della Corte costituzionale.
Il divieto di discriminazione razziale è stato applicato in Italia nel 2003 ed è stato costituito un
apparato giuridico per debellare il fenomeno presso il Ministero per le pari opportunità.
Il diritto alla retribuzione è un diritto fondamentale che fornisce una remunerazione che
garantisca al lavoratore e alla sua famiglia una vita libera e dignitosa. Esige che il lavoro non
diventi una forma di sfruttamento dell’uomo. La retribuzione deve essere proporzionata alla
quantità e qualità del lavoro svolto. È un diritto irrinunciabile e indisponibile.
I diritti di famiglia sono la libertà, cioè la libertà del soggetto di costituire la famiglia secondo
le proprie scelte e la libertà di svolgere in essa la propria personalità; la solidarietà reciproca
tra i coniugi ma anche nei confronti dei figli.
Hanno natura non patrimoniale (pagare per l’adozione è contrario alla morale sociale).
Inoltre, sono incedibili e intrasmissibili.
Altri destinatari di norme sono gli enti giuridici, organizzazioni dotate di capacità giuridica,
cioè dell’idoneità di essere titolari in proprio di diritti e doveri. È l’ente stesso che è parte di
rapporti giuridici. Se un ente contrae un debito, è l’ente che ne risponde con il suo patrimonio.
Se l’ente commette un illecito, la responsabilità è dell’ente.
Accanto all’ente possono essere responsabili singole persone, ma questa responsabilità di
aggiunge a quella dell’ente.
Ancora, l’ente può essere proprietario di beni che devono essere trascritti a suo nome.
enti associativi: hanno al vertice della loro organizzazione un gruppo di soggetti portatori di
un interesse proprio all’esistenza e all’attività dell’ente (soci o associati). Esempi di enti
associativi sono: le associazioni, organizzazioni per il perseguimento di fini non lucrativi
attraverso un’attività comune; i comitati, gruppi costituiti per il reperimento pubblico di fondi
destinati a scopi di generale utilità; le società, organizzazioni per il perseguimento di fini di
lucro mediante l’esercizio di un’attività economica comune.
enti amministrativi: hanno al vertice della loro organizzazione gli amministratori, ai quali
spettano poteri decisionali e rappresentativi dell’ente. Gli amministratori non sono portatori
di un interesse personale all’esistenza e all’attività dell’organizzazione. Hanno solo lo scopo di
gestire l’ente nel suo esclusivo interesse. Un esempio sono le fondazioni, organizzazioni
amministrative dotate di un patrimonio per il perseguimento di attività non lucrative.
Oltre ad avere capacità giuridica, gli enti hanno anche la capacità di agire. L’ente si avvale di
persone fisiche che fanno parte della loro stessa struttura organizzativa, gli organi. L’organo è
l’ufficio competente ad esercitare una funzione dell’ente.
Possono essere esterni o interni a seconda che abbiano o no il potere di rappresentanza. Tutta
l’attività svolta dall’organo nell’esercizio della sua funzione è imputata all’ente. Atti negoziali,
ma anche atti illeciti.
La legge ha sancito la responsabilità degli enti per quanto riguarda gli illeciti penali commessi
dai loro rappresentanti, ma questa responsabilità è solo amministrativa in quanto la
responsabilità penale ricade sulle persone fisiche che hanno compiuto l’illecito.
Gli enti giuridici si distinguono ulteriormente in enti personificati e non personificati. Tutti gli
enti sono soggetti di diritto, ma solo gli enti personificati hanno la qualifica di persona
giuridica, poiché hanno ricevuto il riconoscimento dall’ordinamento giuridico.
Persone giuridiche sono le fondazioni, le associazioni riconosciute, i comitati riconosciuti e le
società capitali. Ai fini del riconoscimento è necessario che lo scopo sia possibile e lecito e che
il patrimonio risulti adeguato allo scopo.
Oltre al riconoscimento, un altro motivo di distinzione è che la persona giuridica è un ente
dotato di capacità giuridica generale e autonomia patrimoniale perfetta. Questa partecipa in
proprio al mondo delle relazioni giuridiche. Mentre gli enti non personificati possono avere
capacità giuridica generale o parziale ma non possiedono autonomia patrimoniale perfetta.
Esempi sono le associazioni non riconosciute, i comitati non riconosciuti.
La capacità giuridica è da negarsi a tutte quelle forme organizzative di persone e di beni che
non costituiscono un centro unitario di imputazioni giuridiche.
L’azienda, in quanto è l’imprenditore a cui fanno capo i rapporti giuridici ed è l’imprenditore il
portatore dell’interesse all’esercizio dell’attività aziendale.
L’atto di riconoscimento è emanato dal prefetto e valuta l’adeguatezza del patrimonio alla
realizzazione dello scopo e l’utilità sociale del fine perseguito.
Lo scopo deve essere non lucrativo, non si può perseguire un mero vantaggio economico di
determinati beneficiari ma si deve soddisfare interessi ideali o bisogni fondamentali di una
generalità di destinatari.
Le fondazioni familiari sono destinate a vantaggio di una o più famiglie in senso economico,
ma devono comunque sopperire a bisogni fondamentali e realizzare finalità ritenute
socialmente utili.
Il carattere non lucrativo della fondazione non esclude che questa svolga attività economica.
La stessa amministrazione del patrimonio è un’attività economica.
La fondazione non può, però, esercitare in via esclusiva o principale un’impresa commerciale,
neanche se il profitto viene utilizzato per scopi altruistici. Può svolgere attività
imprenditoriale solo ina quanto si tratti di un’attività secondaria e funzionale al
perseguimento del suo scopo ideale.
Tra le fondazioni speciali, il legislatore ha previsto fondazioni (bancarie) che possono svolgere
attività imprenditoriale in via principale. Hanno un intenso sistema di controlli esterni ed
interni che minimizzano il pericolo di iniziative imprenditoriali avventate.
L’associazione ha la sua fonte nell’atto costitutivo, documento mediante il quale più persone si
organizzano in gruppo per il perseguimento di uno scopo non lucrativo. È una convenzione
plurilaterale che deve essere stipulata per atto pubblica a pena di nullità. Deve contenere
l’indicazione dello scopo, del nome, della sede, del patrimonio, indicare i diritti e gli obblighi
degli associati, le condizioni della loro ammissione, le disposizioni sull’ordinamento e
l’amministrazione.
La parte normativa è rappresentata dallo statuto.
Il riconoscimento dell’autorità governativa è necessario per l’acquisto della capacità giuridica.
In attesa di questo l’associazione può iniziare la sua attività come associazione non
riconosciuta.
Anche l’associazione si estingue per l’impossibilità o l’esaurimento dello scopo e per le altre
cause indicate nello statuto.
Causa specifica è la delibera assembleare di scioglimento, che richiede il voto favorevole di
almeno tre quarti degli associati.
Altra causa è il venir meno degli associati, ciò rende impossibile il funzionamento
dell’assemblea e di conseguenza il raggiungimento dello scopo. La pluralità degli associati può
tuttavia essere riscostruita.
In caso di estinzione i beni residui vengono devoluti secondo quanto posto dall’atto
costitutivo e dallo statuto. In mancanza, la decisione spetta all’autorità governativa.
Esistono associazioni di promozione sociale che perseguono scopi altruistici di utilità sociale,
come le organizzazione di volontariato. Queste devono essere costituite per atto pubblico e
sono iscritte in un apposito registro.
Una particolarità concerne i debiti. Coloro che hanno agito in nome o per conto di queste
associazioni rispondo di tali debiti in via sussidiaria, cioè subordinatamente alla escussione
del fondo sociale.
I beni sono le cose che possono formare oggetto di diritti. Sono qualsiasi entità materiale o
ideale giuridicamente rilevante.
Si ritiene che la nozione giuridica di bene rifletta sul piano del diritto la nozione di bene
economico. In parte è vero, nel senso che i beni economici sono anche beni giuridici. Questi
ultimi però hanno una nozione più ampia in quanto anche entità economicamente non
valutabili possono considerarsi beni giuridici.
I beni pubblici sono i beni che appartengono allo Stato e agli altri enti pubblici.
Due tipi di beni pubblici:
1) il demanio pubblico (lido del mare, la spiaggia, i porti…). Condizione giuridica è
l’inalienabilità.
2) Il patrimonio indisponibile, beni che soddisfano un interesse generale (foreste, miniere,
cave). Condizione giuridica è la vincolatività delle destinazione. Questi beni non
possono essere sottratti alla loro destinazione.
Le pertinenze sono definite dal codice “le cose destinate in modo durevole al servizio o ad
ornamento di un’altra cosa”.
Il rapporto pertinenziale è caratterizzato da due requisiti:
1) uno soggettivo: l’atto di destinazione. La cosa accessoria è funzionalmente connessa
con quella principale.
2) uno oggettivo: la durevole funzione di servizio o di ornamento. La cosa conferisce alla
cosa principale qualsiasi utilità o abbellimento.
Tre regolamenti:
le pertinenze seguono la sorte della cosa principale. Il codice che gli atti e i rapporti che
hanno per oggetto la cosa principale comprende anche le pertinenze, salvo
diversamente disposto. (vendita, usufrutto, ipoteca)
la disposizione della cosa principale non pregiudica i diritti dei terzi sulle pertinenze.
Inefficacia degli atti dispositivi di diritti altrui.
Le pertinenze possono essere oggetto di separati atti o rapporti giuridici.
Il vincolo pertinenziale si estingue con il venir meno della funzione di servizio o di
ordinamento della cosa accessoria.
Le universalità di beni mobili sono pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e
che hanno una destinazione economica unitaria.
L’universalità di fatto ha tre requisiti: 1) la pluralità delle cose; 2) l’appartenenza alla stessa
persona; 3) l’unitaria destinazione economia.
Esempi di universalità sono il gregge e la biblioteca.
La caratteristica peculiare di una universalità è di essere una autonoma entità economica che
non muta col variare dei suoi elementi. Le regole delle pertinenze si applicano anche alle
universalità.
Accanto alle universalità di fatto ci sono anche quelle di diritto, complessi di beni unificati da
una destinazione giuridica. (eredità)
I diritti reali sono assoggettati al principio del numero chiuso, che indica la tipicità legale
necessaria dei diritti reali. Non è dato ai privati creare figure di diritti reali al di fuori di quelle
previste dalla legge né modificarne il regime.
Le obbligazioni reali sono obbligazioni collegate alla proprietà o altro diritto reale su cosa
immobile.
Esempi sono l’obbligo dell’usufruttuario di corrispondere al concedente gli interessi sulle
somme da questi pagate per le riparazioni straordinarie; l’obbligo del concedente dell’acqua
di una fonte di eseguire la manutenzione necessaria per consentire agli utenti l’utilizzazione
dell’acqua; l’obbligo dei comproprietari di contribuire alle spese necessarie per la
conservazione e il godimento della cosa comune.
In quanto le obbligazioni reali sono collegate alla proprietà di un immobile, il debitore può
liberarsene mediante l’abbandono di esso.
L’onere reale è un vincolo che inerisce ad un immobile e obbliga tutti i successivi proprietari al
pagamento di prestazioni periodiche.
Rispetto all’obbligazione reale l’onere ha per oggetto somme di denaro o altre cose generiche.
Inoltre, l’immobile è vincolato dal soddisfacimento del diritto di credito.
Il diritto di proprietà ha per contenuto la facoltà di godere e disporre delle cose in modo pieno
ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento
giuridico.
Il proprietario può disporre delle cose in senso giuridico e in senso materiale.
La nostra Costituzione non include la prop. tra i diritti “inviolabili”, ma enuncia due principi
basilari.
Il principio della garanzia costituzionale ha un duplice significato: 1) garanzia dell’istituto della
prop. privata; 2) garanzia del soggetto proprietario. Quest’ultimo è a salvaguardia del diritto
contro le espropriazioni abusive. La prop. privata può essere espropriata solo nei casi
preveduti dalla legge e per motivi di interesse generale.
Il principio della funzione sociale. La legge determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti
della proprietà allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La Costituzione impone il raccordo tra interesse individuale e interessi collettivi.
Il codice ha sancito il divieto degli atti emulativi. I requisiti della emulatività sono:
a) L’esercizio del diritto di proprietà. L’atto emulativo consiste in un atto di esplicazione
della facoltà di godimento o di disposizione della cosa.
b) La finalità pregiudizievole: la dolosa intenzione di arrecare ad altri danno o molestie.
Es.: la costruzione di un muro di cinta molto alto che impedisca la veduta del vicino.
c) L’inutilità dell’atto: la mancanza di un interesse obiettivamente apprezzabile al suo
compimento.
d) Il danno e la molestia altrui.
Es.: il proprietario fugge all’estero e aliena ad un amico i beni che non può portare con sé, col patto che
al rientro in patria i beni gli siano restituiti.
L’obbligazione è il dovere giuridico in forza del quale un soggetto, il debitore, è tenuto ad una
determinata prestazione patrimoniale per soddisfare l’interesse di un altro soggetto, il
creditore.
Tra debitore e creditore c’è un rapporto obbligatorio, che si struttura in due posizioni
correlative, una passiva, il debito, e una attiva, il credito.
Es.: darò 100 a chi scoprirà una cura contro una data malattia.
Es.: darò 100 allo studente che avrà conseguito la votazione più alta.
Si ha gestione degli affari altrui quando il soggetto assume, consapevolmente e senza obblighi,
la cura dell’interesse di chi non è in grado di provvedervi.
È disciplinata dalla legge tra le fonti non contrattuali dell’obbligazione.
Le obbligazioni principali sono il continuare la gestione intrapresa per il gestore e adempiere
alle obbligazioni assunte in suo nome e rimborsare le spese sostenute per l’interessato.
Oggetto della gestione è qualsiasi attività giuridica o materiale utile per il patrimonio o la
persona dell’interessato.
Presupposti della gestione di affari altrui sono:
a) L’impedimento dell’interessato a provvedere al proprio interesse.
b) La consapevolezza del gestore di curare interessi altrui e non credere che sia un affare
proprio.
c) La spontaneità del gestore.
d) Il presupposto dell’utilità iniziale della gestione.
Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un
rapporto giuridico patrimoniale.
Due momenti essenziali del contratto.
Il momento soggettivo identifica il contratto quale atto decisionale delle parti, come accordo.
Il momento oggettivo identifica il contratto come autoregolamento di rapporti giuridici
patrimoniali.
Il principio dell’autonomia privata è il potere del soggetto di determinare liberamente il
contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e il potere del soggetto di
autodeterminare i propri rapporti con i terzi mediante contratti tipi o atipici diretti a
realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
L’autonomia privata può esser vista come un diritto di libertà, quindi come un diritto
fondamentale della persona.
Questo valore trova inoltre riconoscimento nel principio della libertà di iniziativa economica
che non deve essere in contrasto con l’utilità sociale o pregiudicare la sicurezza, la libertà e la
dignità umana delle persone.
Il negozio giuridico è l’atto di volontà diretto ad uno scopo rilevante per l’ordinamento
giuridico. Vi rientrano tutti gli atti di autonomia privata.
Il contratto va distinto dalla delibera, atto decisionale del gruppo, atto col quale il gruppo
manifesta la volontà in ordine ad un interesse di sua competenza.
Ciascun partecipante concorre ad una decisione in ordine ad un interesse del gruppo.
La responsabilità per inadempimento è prevista dal codice, nel senso che il debitore che non
esegue la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che
l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante
da causa a lui non imputabile.
Il debitore è responsabile fino al limite dell'impossibilità, definita come l'impedimento non
prevedibile né superabile con la dovuta diligenza.
Il debitore risponde dei fatti dolosi o colposi della persona di cui è ausiliario
nell'adempimento dell'obbligazione.
I presupposti della responsabilità del debitore per il fatto dell'ausiliario sono:
1. la posizione di ausiliario dell'autore del fatto
2. il carattere doloso o colposo del fatto
3. la connessione tra il fatto e le incombenze dell'ausiliario
In giudizio, il creditore deve dare prova del suo diritto di credito nei confronti del debitore. È
invece esonerato dall'onere della prova dell'inadempimento. Questo perché la presunta
persistenza del credito implica il presunto inadempimento del debitore; è quindi il debitore
che ha l'onere di provare di aver eseguito il pagamento.
Il debitore che è in mora non è liberato dall'impossibilità della prestazione, in quanto si tratta
di un evento che il tempestivo adempimento dell'obbligazione avrebbe evitato.
Questo effetto è chiamato perpetuatio obligationis.
Elementi oggettivi:
1. il fatto → il fatto è la vicenda che causa il danno ingiusto.
Il fatto non consiste necessariamente ad un'azione umana, ma può consistere anche in una
vicenda della natura. Ciò che importa è che sia riferibile ad un autore, cioè ad un soggetto che
l'ha provocata o che aveva il dovere di impedirla.
Il fatto può essere istantaneo o permanente.
Può essere anche omissivo (in caso di omissione di soccorso sancito dall'art 593).
2. Il danno ingiusto → Il danno ingiusto è la lesione di un interesse giuridicamente tutelato
nella vita di relazione.
Il danno riguardante l'illecito viene chiamato evento lesivo o danno-evento.
3. Nesso di causalità
è il nesso di causalità tra il fatto e il danno.
Il danneggiato deve provare che il danno lamentato è stato provocato dal danneggiante o
comunque è derivato da un fatto imputato alla sua sfera giuridica.
Elementi soggettivi:
1. Il dolo.
Il dolo può definirsi come l'intenzionalità del fatto illecito.
Un fatto illecito doloso è un fatto intenzionale.
I requisiti sono:
- la volontarietà del fatto
- la consapevolezza delle conseguenze dannose
- la consapevolezza dell'ingiustizia del danno
2. La colpa.
La colpa è l'inosservanza della diligenza dovuta nella vita di relazione.
Per esempio, un soggetto che tiene un comportamento non conforme ai canoni di diligenza è
in colpa anche se ha fatto del suo meglio per evitare il danno, senza riuscirci a causa della sua
incapacità personale o economica.
La colpa extracontrattuale si specifica negli aspetti della incuria, imprudenza, imperizia e
illegalità.
La colpa si distingue in lieve o grave, a seconda del grado di diligenza dovuto.
- la colpa lieve è la violazione dell'ordinaria diligenza
- la colpa grave è la violazione della diligenza minima
L'inosservanza della diligenza professionale designa la colpa professionale, mentre
l'inosservanza della diligenza alla quale tutti i consociati sono tenuti nella vita di relazione,
designa la colpa comune.
La prova della colpa è a carico del danneggiato (una delle maggiori differenze con la
responsabilità contrattuale, dove è il debitore a dover provare la sua mancanza di colpa).
Gli interessi maggiormente tutelati nella vita di relazione sono gli interessi fondamentali della
persona.
La clausola generale (art.2 Cost.) che sanziona la tutela dei diritti fondamentali dell'uomo ha
consentito il riconoscimento di diritti che non sono specificati nel codice o nella stessa
Costituzione, ma che rispondono a sicure istanze della società (riservatezza, identità
personale ecc..).
La tutela extracontrattuale dei diritti fondamentali pone due problemi:
1. il primo riguarda i limiti che i singoli diritti incontrano nel rispetto degli interessi
altrui, e anche i limiti che incontra la tutela della riservatezza in contrasto con il diritto
di cronaca, la libertà del pensiero critico, satirico e scientifico.
2. l'altro problema riguarda la risarcibilità delle lesioni dei diritti fondamentali.
La libertà negoziale, quale diritto alla libera esplicazione dell'autonomia privata, è un diritto
tutelato nella vita di relazione contro le intromissioni dei terzi volte ad alterarne l'esercizio.
Essa è tutelata contro la violenza e il dolore
La lesione della proprietà altrui mediante fatti dolosi o colposi rappresenta un danno ingiusto,
in quanto provoca la lesione di un diritto soggettivo assoluto.
La distruzione o il deterioramento di una proprietà altrui lede il diritto reale di godimento
proprio del titolare/proprietario.
Danno ingiusto è anche la lesione dolosa o colposa di diritti su beni immateriali (es.diritto
d'autore).
Il consenso dell'avente diritto è l'atto mediante il quale il soggetto autorizza un fatto lesivo del
proprio diritto.
Il codice penale prevede la non punibilità di chi lede o mette in pericolo un diritto col
consenso della persona che lo dispone (art. 50c.p.).
Ovviamente il consenso deve essere prestato da chi è legittimato a disporre del diritto, e
occorre che il soggetto sia capace.
Chi esercita un diritto non è responsabile anche nel caso in cui lede un interesse altrui, in
quanto il titolare si avvale di una posizione di vantaggio che gli è legalmente riconosciuta e
che prevale sugli interessi altrui.
È però necessario che il titolare non valichi i limiti del suo diritto, limiti che possono consiste
nei diritti altrui.
Presupposti:
-utilità sociale dell'informazione
-la verità oggettiva dei fatti imposti
-la forma "civile" dell'esposizione dei fatti
Uno degli elementi costitutivi del diritto di risarcimento del danno è il nesso di causalità che
intercorre tra l'inadempimento e il danno.
Viene definito come quella relazione tra due eventi che identifica l'uno come conseguenza
dell'altro.
Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando la
necessaria diligenza (art. 1227 c.c.)
Questa norma sancisce l'obbligo da parte del danneggiato di attivarsi per limitare i danni
prodotti dal danneggiante.
La compensazione del lucro col danno è il principio secondo il quale la determinazione del
danno risarcibile deve tener conto degli effetti vantaggiosi per il danneggiato che hanno causa
diretta nel fatto dannoso.
Il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l'obbligazione
(art. 1225 c.c.).
La regola della prevedibilità del danno è usata per contenere l'obbligo di risarcimento del
danno.
Il danno prevedibile è il danno di cui è probabile l'accadimenti secondo un giudizio
normalmente diligente.
Il creditore e la vittima dell'illecito possono chiedere il risarcimento dei danni futuri.
I danni futuri sono quei danni di cui si prevede con certezza il verificarsi in un tempo
successivo alla domanda di risarcimento o alla sentenza.
Il danno che non può essere provato nel suo preciso ammontare è determinato dal giudice con
valutazione equitativa, cioè secondo equità (art.1226 c.c.).
La valutazione equitativa è un giudizio di mediazione tra le probabilità positive e negative del
danno effettivo.
Il danno non patrimoniale è la lesione di interessi non economici, ossia la lesione di interessi
che alla stregua della coscienza sociale sono insuscettibili di valutazione economica.
Il codice sancisce la regola della risarcibilità dei danni non patrimoniali solo nei casi
determinati dalla legge(art.2059 c.c.).
In questa categoria rientrano: il danno morale soggettivo e la lesione di interessi essenziali
alla persona.
Il danno biologico è il danno rappresentato dalle lesioni dell'integrità psicofisica e della salute
a prescindere dagli effetti economici negativi.
Nel danno biologico rientrano: invalidità, menomazioni, deturpazioni, impotenze sessuali ecc..
È risarcibile.
Il danno esistenziale è il danno derivante dal deterioramento della qualità della vita.
A causa di vari contrasti verificatesi all'interno della Cassazione, è stato necessario un
chiarimento da parte delle Sezioni Unite. Esse non hanno negato la risarcibilità ma hanno
affermato che:
1. il danno esistenziale è risarcibile solo nelle ipotesi di seria alterazione della qualità
della vita
2. deve trattarsi di un danno derivante dalla violazione dei diritti di personalità
3. il danno esistenziale è una sottocategoria del danno non patrimoniale