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Capitolo I.

LA NORMA GIURIDICA

Il diritto è la norma giuridica, cioè la regola socialmente garantita delle vita di relazione.
I rapporti tra gli uomini sono regolati da norme di varia natura (morali, religiose, ecc.). Ma le
norme giuridiche si distinguono come norme di cui la società garantisce l’osservanza
mediante diverse sanzioni esterne.

Es.: è regola giuridica quella che impone di restituire il denaro preso a mutuo mentre non lo è la regola
che impone di trattare gentilmente un ospite. Della prima la società ne assicura il rispetto, della
seconda invece no.

Distinzione tra diritto in senso oggettivo e in senso soggettivo.


In senso soggettivo il diritto è una posizione di vantaggio tutelata dalla norma giuridica.

Es.: se un soggetto dà in prestito del danaro, egli ha un diritto di credito, cioè la pretesa giuridicamente
tutelata di riavere il danaro indietro.

La complessità dei rapporti sociali esige una molteplicità di norme di diritto. L’insieme di tali
norme costituisce un ordinamento: il diritto di una società, cioè l’insieme delle norme
giuridiche che governano una società.
La vita associata non presenta solo la sottoposizione a norme giuridiche ma anche la tendenza
degli associati ad organizzarsi. Le singole organizzazioni formano varie istituzioni: gruppi
sociali stabilmente organizzato (famiglia, comune, Stato, ecc.).
Nel nostro ordinamento giuridico la massima istituzione è lo Stato, che detiene il potere
legislativo ed esprime l’unità nazionale.

I caratteri della norma giuridica.


Il momento essenziale della norma giuridica è quello della sua garanzia sociale, data dalla
sanzionabilità. La norma giuridica è socialmente garantita da sanzioni esterne: conseguenze
sfavorevoli previste per l’inosservanza della norma e comporta la privazione di un bene o di
un effetto giuridicamente vantaggioso.
Ne esistono di diverso tipo:
- Penali: tendono a punire il trasgressore attraverso una punizione personale o
patrimoniale. Es.: chi commette omicidio è punito con la reclusione non inferiore ad anni
ventuno.
- Esecutorie: attuano l’interesse leso dalla violazione della norma. Es.: il non consegnare la
cosa al proprietario importa la sanzione del rilascio coattivo.
- Risarcitorie: reintegrano il danno provocato dalla violazione. Es.: il danneggiamento del
bene altrui implica l’obbligo di risarcire il danno.
- Invalidatorie: privano di efficacia l’atto compiuto in violazione della norma. Es.: una
donazione stipulata senza la forma dell’atto pubblico è nulla.

Imperatività della norma: la sua necessaria inderogabilità. Una norma è inderogabile quando
gli interessati non possono sostituirla nella sua applicazione con altre norme legali o
convenzionali.

Es.: la norma che nega al minorenne di fare donazioni.

L’imperatività non è un carattere essenziale del diritto. Ci sono infatti anche le norme
derogabili, cioè le norme che gli interessati possono sostituire nella loro applicazione con altre
disposizioni legali o negoziali.
Le norme derogabili sono pur sempre socialmente garantite, e quindi munite di sanzione.

La norma è generale quando è rivolta ad una generalità di destinatari.


Es.: tutti hanno diritto al nome.

La norma è astratta quando prevede un’ipotesi astratta e detta una regola valevole per una
specie indefinita di casi concreti riconducibili dentro l’ipotesi prevista.
Es.: qualora l’immagine di una persona sia pubblicata abusivamente l’autorità giudiziaria può fare
cessare l’abuso.

La norma giuridica deve essere distinta dalla norma morale: esprime un dovere assoluto che
l’uomo avverte come necessario a prescindere dalla propria convenienza e dall’altrui giudizio.
Alcuni doveri morali sono tipizzati dalla coscienza collettiva e posti alla base dei rapporti di
convivenza. Questi doveri designano la morale sociale: l’insieme dei doveri morali riconosciuti
nei rapporti di convivenza.
La morale sociale si distingue in:
 buon costume: indica i canoni fondamentali di onestà pubblica e privata. Es.: contrari al
buon costume sono gli atti lesivi della dignità sessuale, di inganno e di corruzione.
 correttezza: l’impegno morale di solidarietà sociale. Impone al soggetto un
comportamento che tenga conto dell’utilità altrui se ciò non importi un apprezzabile
sacrificio. Es.: la correttezza ci impone di dare ad altri quell’avviso che consenta di evitare un
danno incombente.

La buona fede impone al soggetto di preservare gli interessi altrui che non rientrano in una
specifica tutela giuridica contrattuale.

Si pone il problema di distinguere lo studio del diritto rispetto alle scienze sociali, in
particolare alla sociologia. La distinzione sta nell’oggetto di studio. La prima indaga sulle
norme giuridiche che regolano i rapporti sociali mentre la seconda indaga sulle leggi
naturalistiche di tali rapporti.

Si deve fare una distinzione anche tra diritto ed economia. Le scienze economiche si occupano
dei fenomeni sociali in quanto determinati dall’interesse economico. La scienza giuridica si
occupa della regolamentazione coercitiva (imposta)da parte dell’ambito sociali su tali
fenomeni.
Il giurista non può ignorare il momento economico poiché le attività regolate dalla norma
giuridica sono in buona parte attività strettamente economiche.

Le norme giuridiche si ripartiscono in diritto privato e diritto pubblico.


Il diritto privato regola i comuni rapporti consociati ovvero il diritto comune delle persone e
dell’economia.
Il diritto pubblico riguarda i rapporti autoritari speciali, cioè i rapporti in cui si esprimono
speciali posizioni di supremazia.
La distinzione tra i due era già presente nella dottrina romana in cui, secondo la definizione di
Ulpiano, il diritto pubblico attiene allo Stato, mentre il diritto privato concerne l’utilità dei
singoli.
Anche lo Stato è assoggettato ad un ordinamento internazionale. Questo vincola lo Stato nei
suoi rapporti con altri enti internazionali ma non vincola anche i cittadini, i quali sono soggetti
alle norme vigenti all’interno dell’ordinamento statale.
Il diritto dell’Unione europea è un complesso di norme emanate dalle autorità sovrannazionali
che formano l’Unione Europea. Ha avuto origine nel Trattato di Roma del 1957 e fu firmato da
un primo nucleo di Stati europei per raggiungere un’unità economica, una più stretta
relazione politica e un costante progresso economico e sociale.

Capitolo II. LE FONTI DEL DIRITTO

Le fonti del diritto sono gli atti o i fatti dai quali traggono esistenza le norme giuridiche.
Si distinguono in diverse categorie che sono organizzate secondo una gerarchia:

A) Costituzione

La legge è un precetto (comando/divieto) emanato dallo Stato nell’esercizio della sua


suprema potestà normativa, che è la potestà legislativa.

La Costituzione è la legge che enuncia le basilari scelte politiche del nostro ordinamento e
stabilisce la fondamentale organizzazione e funzione dei pubblici poteri.
La Corte costituzionale ha il compito di giudicare la legittimità costituzionale delle leggi, cioè
la loro conformità ai principi costituzionali.
Le decisioni del Corte che dichiarano la illegittimità della norma sono pubblicate nella
Gazzetta ufficiale.
I principi costituzionali sono molto importanti per il diritto privato poiché sono alla base dei
rapporti delle vita di relazione e affermano le garanzie essenziali della persona. Viene dato
generale riconoscimento ai diritti della personalità, cioè quei diritti che tutelano gli interessi
essenziali della persona. (diritti di libertà – diritti di solidarietà sociale)

A¹) I regolamenti e le Direttive comunitarie

Queste sono le fonti del diritto comunitario e si pongono al vertice delle gerarchia delle fonti
in posizione paritaria rispetto alla Costituzione.

I regolamenti comunitari hanno diretta e generale applicazione all’interno degli Stati membri.
Sono vigenti nell’ordinamento statale. I cittadini ne sono assoggettati. L’ordinamento dello
Stato si è quindi parzialmente integrato nell’ordinamento comunitario. Nel contrasto tra la
legge statale e il regolamento è quest’ultimo a prevalere.

A differenza dei regolamenti che sono volti a regolare i rapporti intersoggettivi dei cittadini
dell’Unione, le direttive hanno come destinatari gli Stati membri, costituendo una fonte di
obblighi dell’ente pubblico nei confronti dei cittadini.

B) Le leggi ordinarie

Le leggi ordinarie sono in generale le leggi dello Stato, escluse quelle di carattere
costituzionale.

Il codice è una legge che disciplina un’intera materia.


A seguito dell’unificazione del Regno nel 1865 venne emanato un primo codice civile ispirato
a quello francese che rimase in vigore fino al 1942.
Il codice successivo (1942) venne emanato durante il regime fascista la cui influenza fu però
limitata.
Si compone di 2969 articoli numerati. Ogni articolo ha una propria intitolazione detta rubrica
e può dividersi in più periodi separati da un capo, detti commi. Il testo del codice si divide in
sei libri. Ogni libro è preceduto da un gruppo di disposizioni preliminari che riguardano le fonti
del diritto, l’interpretazione e l’applicazione della legge nel tempo.

I Libro. Delle persone e della famiglia. Riguarda la disciplina delle persone fisiche e giuridiche,
del matrimonio e della filiazione.
II Libro. Delle successioni. Riguarda le successioni a causa di morte e della donazione.
III Libro. Della proprietà. Riguarda la disciplina dei beni, dei diritti reali di godimento e del
possesso.
IV Libro. Delle obbligazioni. Riguarda la disciplina delle obbligazioni e dei contratti.
V Libro. Del lavoro. Riguarda le norme sul rapporto di lavoro, sull’impresa e sulle società.
VI Libro. Della tutela dei diritti.

Il codice è poi largamente integrato dalle comuni leggi statali, dette speciali.
Essendo le leggi che lo Stato emana nel corso del tempo molto numerose, non sempre quelle
nuove abrogano le precedenti e si rischia così di non sapere quali siano ancora vigenti e quali
non. Per questo motivo esistono i testi unici, raccolte di norme vigenti.
Se il testo unico è emanato nell’esercizio del potere legislativo, esso costituisce una nuova
legge e le norme anteriore sono da considerarsi abrogate. Se il testo unico è emanato
nell’esercizio del potere regolamentare, allora le norme vigenti non subiscono alcuna
modifica.

Le Regioni hanno potestà legislativa nelle materie (codice penale e civile, giurisdizione, norme
processuali) non riservate allo Stato e nelle materie di legislazione concorrente. In queste
ultime la potestà delle Regione è comunque sempre subordinata ai principi posti dalle leggi
statali. Si esula dalla competenza regionale la disciplina dei rapporti privatistici.

C) I regolamenti

Il regolamento è un precetto normativo di grado inferiore alla legge, emanato dallo Stato o da
altri enti pubblici nell’esercizio della loro potestà regolamentare.
Si distingue tra regolamenti indipendenti, che contengono una disciplina autonoma del suo
oggetto, ed esecutivi, che dettano norme di attuazione e di specificazione di una disciplina
principale.
È di grado inferiore alla legge. Nel caso in cui un regolamento fosse in contrasto con una legge,
questo sarebbe inefficace e andrebbe disapplicato.
Infine, i regolamenti delegati sono emanati dal Governo in base ad una legge delega che indica
i principi generali e hanno contenuto normativo.

D) I contratti collettivi con efficacia generale

Il contratto collettivo è un contratto normativo stipulato dalle associazioni sindacali per


disciplinare i rapporti di lavoro della categoria.
È ad efficacia generale quando si applica a tutti coloro che appartengono a una categoria
lavorativa a prescindere dal fatto che siano iscritti o meno ad uno dei sindacati che ha
stipulato il contratto.

Ma l’attuale realtà non conosce contratti collettivi con efficacia generale. I sindacati stipulano
contratti collettivi di diritto comune che hanno efficacia per gli iscritti ai sindacati.
E) Gli usi normativi e usi negoziali

Gli usi normativi sono norme scritte che un ambiente sociale osserva costantemente nel tempo
come norme giuridicamente vincolanti.
Questi non sono emanati in base ad un procedimento formale, si parla infatti di norme non
scritte poiché tendono a formarsi spontaneamente, ma la loro osservanza è equiparabile a
quella delle norme di diritto.
Gli usi sono quindi accettati dall’ambiente sociale come norme che disciplinano i rapporti tra i
consociati.
Gli elementi costitutivi della consuetudine sono: un elemento obiettivo, cioè la costante
ripetizione nel tempo di un certo comportamento; un elemento soggettivo, cioè il
convincimento della vincolatività giuridica di tale comportamento.
Affinché la consuetudine possa dirsi formata deve sussistere un comportamento sociale
consolidato nel tempo e che questo sia tenuto come osservanza di norma giuridica.
Gli usi hanno un rilievo molto limitato, tanto che si trovano all’ultimo posto della gerarchia
delle fonti del diritto.

Gli usi negoziali sono clausole che vengono inserite in un certo tipo di contratto.
La legge presume che essi siano voluti dalle parti anche se non esplicitate nel contratto.

La giurisprudenza è l’insieme delle sentenze che vengono emesse dagli organi giudiziari. Le
sentenze sono le decisioni che risolvono le controversie di diritto.
Il nostro ordinamento ignora il principio della vincolatività dei precedenti, quindi il giudice
non è tenuto ad uniformarsi ad altre sentenze. Tuttavia, nella realtà avviene che le sentenze
tendono a formare orientamenti costanti e che il giudice si adegua a tali orientamenti.
In caso di un mutamento inatteso nell’interpretazione di una norma giuridica si parla di
overruling.
I giudici del nostro ordinamento sono vincolati a conformarsi ai principi del diritto
comunitario e alla sua interpretazione data dalle Corti europee.
Gli orientamenti giurisprudenziali si desumono dalle massime, principi di diritto applicati alla
sentenza.

Il riconoscimento chela giurisprudenza concorre alla formazione del diritto va spiegato in


base al principio di effettività che muove dall’intendimento del diritto nella sua realtà di norma
regolatrice dei rapporti sociali.
La norma è regolatrice dei rapporti sociali solo se la società accetta e l‘applica come tale.

L’equità è il principio di contemperamento di contrapposti interessi rilevanti secondo la


coscienza sociale.
Assolve due funzioni, come criterio di valutazione e come criterio di soluzione della
controversia.
Anche se l’equità è usata come criterio di giustizia essa non è da considerarsi una fonte del
diritto, poiché nel giudizio di equità non viene applicata una regola ma si tiene solo conto di
tutte le rilevanti esigenze delle parti nel modo più conforme alla coscienza sociale.

Capitolo III. L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE

L’interpretazione della norma giuridica è l’atto che ne determina il significato.


Per osservare una regola occorre determinare che cosa essa significa.
Gli atti interpretativi non hanno carattere di vincolatività giuridica. L’interpretazione
vincolante si riscontra solo nell’interpretazione autentica, cioè nell’interpretazione fissata da
altra norma di legge, detta interpretativa.

La stessa interpretazione è un atto disciplinato dalla legge attraverso due tipi di criteri.
Il criterio letterale impone all’interprete di attribuire alla legge il significato manifestato dalle
parole di essa.

Il criterio funzionale impone all’interprete di non attribuire alla legge altro senso se non quello
palesato dal significato proprio delle parole e dall’intenzione del legislatore.
Il richiamo alla intenzione del legislatore sta a rappresentare l’intento obiettivo della legge,
cioè lo scopo al quale essa risulta obiettivamente indirizzata e che ne costituisce la ragione.
Quindi l’interpretazione letterale è solo il primo momento dell’atto interpretativo, che si
completa con la ricerca e la verifica della ragione della norma.
È possibile che l’interpretazione funzionale modifichi il significato letterale. Si parla di
interpretazione restrittiva quando si attribuisce alla legge un significato meno ampio di quello
risultante dall’interp. letterale. Estensiva, invece, quando si attribuisce alla legge un significato
più ampio di quello risultante dall’interp. letterale.

L’interp. funzionale è sistematica, cioè coerente con il sistema delle legge. Deve essere
coerente con il sistema generale dei valori che la comunità pone a base della propria
convivenza.
Infine, l’interp. è anche evolutiva, si adegua all’evolversi dei valori sociali. Consente di
adeguare le norme alle nuove esigenze, ma non deve mai contrastare la legge.

Può accadere che la realtà presenti situazioni che non sono direttamente riconducibili ad una
specifica previsione normativa.
In questi casi si ricorre all’analogia legis, il criterio in base al quale alla fattispecie non regolata
da una precisa disposizione di legge si applica la norma regolatrice di una fattispecie simile.
La somiglianza è data dalla presenza di elementi comuni che giustificano razionalmente la
medesima regola giuridica.
L’analogia colma le lacune legislative ed è pertanto mezzo di integrazione della legge.

Quando non vi sono disposizioni di legge che regolano casi simili allora si ricorre all’analogia
iuris, cioè ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.

Capitolo IV. L’APPLICAZIONE DELLA LEGGE NEL TEMPO E NELLO SPAZIO

Normalmente una legge entra in vigore dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale. L’intervallo tra la pubblicazione e l’entrata in vigore della legge si chiama vacatio
legis. È anche possibile che la legge preveda la sua immediata entrata in vigore a seguito della
pubblicazione.
Stesso procedimento spetta ai regolamenti.
Per le altre norme, invece, non vi sono disposizioni particolari.

Per quanto riguarda la durata la durata di efficacia di una legge, questa può essere
determinata dalla legge stessa. Oppure può verificarsi l’abrogazione, cioè la cessazione della
legge a seguito di un fatto estintivo.*
L’abrogazione può essere totale, quando investe l’intera norma, o parziale, quando investe
una parte di essa.

*Abrogazione per legge successiva.


Può essere esplicita, quando una legge successiva dichiara la cessazione di efficacia di una
legge precedente.
Può essere tacita, quando la norma successiva è incompatibile con la precedente. Fino a
quando ci sono disposizioni della legge precedente compatibili con le disposizioni della
successiva, esse rimangono in vita.
Per dire che una legge è abrogata per intero occorre che la nuova legge dia una nuova
disciplina completa, in modo da escludere una congrua integrazione con le vecchie
disposizioni.
Inoltre una norma può essere abrogata solo da una norma di pari grado o di grado superiore.
Per esempio, una legge non può essere abrogata da una regolamento.

Questo principio di estinzione della legge per norma successiva trova applicazione anche e
soprattutto quando alla legge ordinaria fa seguito una legge costituzionale incompatibile con
la prima.
Secondo una tesi minoritaria, le norme del codice incompatibili con la Costituzione devono
ritenersi abrogate.
Secondo l’opinione dominante si esclude che la legge ordinaria venga automaticamente
abrogata dalla successiva legge costituzionale. C’è bisogno di un apposito procedimento e
un’apposita Corte per giudicare la contrarietà della legge alla Costituzione.

A questo punto si tratta di accertare da quale momento la legge successiva trova applicazione
e se tale applicazione riguarda i fatti compiuti e i rapporti costituiti sotto il vigore della
vecchia norma.
In generale la norma giuridica è irretroattiva, cioè non detta regole valevoli per un tempo
anteriore a quello della sua entrata in vigore.
Quindi, secondo la teoria del fatto compiuto, la nuova legge non tocca le posizioni giuridiche
attive già acquisite in base alla norma precedente.

Es.: se il soggetto è divenuto proprietario di un bene in base ad un valido contratto, il suo acquisto
rimane fermo anche se il contratto non risponde ai requisiti di validità richiesti dalla nuova legge. Il
diritto di proprietà acquistato sotto la vecchia legge è invece assoggettato alla nuova.

Il principio di irretroattività dice che la legge è valevole per il tempo successivo alla sua
entrata in vigore facendo salvi gli effetti giuridici derivati dalla legge precedente.
Secondo questo criterio la legge nuova non disconosce i diritti già sorti in base a fattispecie
perfezionate prima della sua entrata in vigore.

Es.: se il soggetto è divenuto proprietario di un bene in base ad un valido contratto, il suo acquisto
rimane fermo anche se il contratto non risponda ai requisiti di validità richiesti dalla nuova legge. Il
diritto dii proprietà acquistato sotto la vecchia legge è invece assoggettato alla nuova disciplina legale.

Questo principio è garantito dalla Costituzione per le norme penali. Per le leggi non penali è
possibile che ci siano delle eccezioni.
Una eccezione è prevista in materia di filiazione. La nuova disciplina sulla filiazione è
applicabile anche alle successioni già aperte. Questo per non andare contro all’attuazione del
principio di uguaglianza , principio ispiratore della recente riforma della filiazione.
Efficacia retroattiva spetta anche alle leggi interpretative, le leggi che fissano formalmente il
significato di una legge precedente.

Ciascuna legge emanata può contenere disposizioni transitorie per regolare il conflitto tra la
vecchia e la nuova normativa. Queste stabiliscono i limiti di applicazione della legge a
situazioni anteriormente sorte o in via di formazione.

Per quanto riguarda i rapporti che fanno capo agli stranieri è ammissibile l’applicazione di
norme di più ordinamenti giuridici. Ogni ordinamento ha le sue regole di diritto internazionale
privato che possono essere stabilite dallo Stato o mediante accordi internazionali con altri
Stati.
I conflitti di legislazione sono eliminati dall’adozione di una legge uniforme, cioè una disciplina
comune a più ordinamenti applicabile ad un’intera materia o a determinati istituti.

Le regole del diritto internazionale privato pongono un principio fondamentale, quello del
riconoscimento allo straniero della piena capacità giuridica di diritto privato.
Lo straniero è escluso dagli uffici pubblici, ma per il resto è parificato al cittadino italiano nella
tutela della sua personalità e nella partecipazione alla vita economica privata.
Unico limite posto dalla legge è quello della reciprocità, cioè lo straniero è ammesso al
godimento dei diritti civili se il soggetto italiano è ammesso al godimento dei diritti civili nello
Stato di cui lo straniero ha la cittadinanza.
Questo diritto tuttavia non si applica quando ci sono in gioco i diritti fondamentali della
persona.

Le norme di applicazione necessaria sono le norme dell’ordinamento italiano che devono


essere applicate al rapporto pur quando secondo i criteri di collegamento di diritto
internazionale privato esso sia assoggettato alla legge straniera.

Capitolo V. FATTI E ATTI GIURIDICI

Tutti i fatti che caratterizzano le vicende umane sono considerati giuridici quando il loro
accadimento comporta conseguenze giuridiche per l’ordinamento.

Es.: il terremoto è un fatto naturale che diventa giuridico solo se si verificano danno a cose e persone.

Il rapporto giuridico è il rapporto che instaura tra due soggetti regolato dall’ordinamento
giuridico.

I fatti giuridici sono eventi ai quali l’ordinamento ricollega determinati effetti giuridici. La
nozione di fatto giuridico è strettamente collegata a quella di fattispecie, con la quale si indica
un fatto astratto previsto dalla norma giuridica al quale l’ordinamento ricollega determinati
effetti giuridici. La fattispecie può anche essere concreta, cioè come il fatto reale al quale si
applica la norma giuridica.
I fatti giuridici si dividono in:
- fatti giuridici naturali, eventi della natura ai quali l’ordinamento ricollega effetti
giuridici.
Es.: la caduta di un albero è un evento naturale che si trasforma in giuridico se questo albero
produce un danno ad un’autovettura. In questo caso il proprietario dell’albero ha l’obbligo di
risarcimento.
- atti giuridici, comportamenti riconducibili all’uomo ai quali l’ordinamento ricollega
effetti giuridici.
Es.: un danno agli altri, il mancato esercizio di un diritto.

Gli atti giuridici, poi, si suddividono in:


 illeciti: atti umani consapevoli e volontari contrari all’ordinamento giuridico.
Es.: un soggetto che insulta e umilia un altro soggetto. Vi è l’obbligo di risarcimento del danno
per lesione dei diritto fondamentali.
 leciti: atti umani consapevoli e volontari conformi all’ordinamento. Si distinguono in
atti materiali e dichiarazioni.

Gli atti materiali consistono in una modificazione materiale del mondo esterno. Es.: la
costruzione di un manufatto.
Le dichiarazioni sono fatti comunicativi dell’opinione o della volontà dei soggetti. Es.: la
dichiarazione di accettare l’eredità.
In questo ambito delle dichiarazione hanno un valore importante le dichiarazioni negoziali,
dichiarazioni di volontà del soggetto volte alla creazione di specifici effetti giuridici che sono
voluti dall’autore dell’atto.

Es.: nel matrimonio è dichiarazione negoziale quella dei nubendo di prendersi come marito e moglie.

I negozi giuridici vengono, poi, distinti dagli atti giuridici. I negozi sono dichiarazioni di
volontà dirette a produrre effetti giuridici. Gli atti sono comportamenti umani che
prescindono dalla volontà degli effetti giuridici. I primi richiedono la capacità di agire del
soggetto, i secondi solo la capacità di intendere e di volere.
Infatti, un atto illecito, che è un atto giuridico, è un atto umano e consapevole che fa sorgere
l’obbligo di risarcimento. L’autore dell’atto vuole compiere l’atto ma sicuramente non vuole
l’effetto, cioè risarcire il danno.
Chi effettua un negozio giuridico, invece, non solo vuole l’atto, ma anche l’effetto giuridico che
ne deriva.

Capitolo VI. LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE

La situazione giuridica soggettiva è la posizione che un soggetto di diritto assume nell'ambito


di un rapporto giuridico.
Vi sono quelle attive, che sono le posizioni di preminenza del soggetto. Esempi sono i diritti
soggettivi, le facoltà, gli stati, i poteri giuridici.
Quelle passive sono le situazioni di subordinazione del soggetto. Qui rientrano i doveri e le
soggezioni.

La facoltà è il potere giuridicamente spettante al soggetto per determinare attività di fatto o


comportamenti. Concorrono a formare il contenuto dei diritti soggettivi, quindi in quanto
contenuto del diritto non possono essere alienate dal diritto che le contiene. Ma bisogna
riconoscere l’imprescrittibilità delle facoltà poiché ciò che si prescrive è il diritto e non il suo
contenuto.

Es.: la proprietà ha per contenuto la facoltà di godere e di disporre della cosa. In questo modo il
proprietario esercita il suo diritto di proprietà. L’impedimento di tale esercizio integra la violazione
del diritto e suscita rimedi a tutela della proprietà.
L’onere è una situazione soggettiva che impone al soggetto di tenere un dato comportamento
al fine di realizzare un proprio interesse. Si differenzia dal dovere che, invece, obbliga il
soggetto a tenere un comportamento per realizzare altrui.
Quindi, l’onere è un comportamento connotato dalla libertà e non dalla doverosità.

Es.: l’onere della prova. Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne
costituiscono il fondamento.

L'aspettativa consiste nella situazione in cui il soggetto attende il maturare, il perfezionarsi, di


una situazione giuridica soggettiva a lui favorevole ma che ancora non si è concretizzata. In
questa situazione soggettiva di attesa l'acquirente è titolare di un’aspettativa.
Rappresenta uno stadio anteriore del diritto soggettivo ed è tutelata, a differenza
dell’aspettativa di fatto che non lo è.

Gli status sono le posizioni giuridiche che la persona assume nell’ambito della società e del
nucleo familiare. (stato di cittadino italiano, stato di figlio, stato di coniuge…)
Ormai sono terminate le discriminazioni sociali e familiari per via degli status. Con il
diffondersi del principio di uguaglianza si è esaltata la condizione di persona umana e del suo
fare.

Il potere giuridico è la possibilità spettante al soggetto di produrre determinati effetti giuridici.


I poteri sono conferiti al soggetto nel suo interesse o nell’interesse altrui. I poteri conferiti
dalla legge o dal giudice nell’interesse altrui sono detti uffici. L’esercizio di tali poteri
costituisce adempimento di un obbligo e la dolosa o colposa trascuranza di tale interesse da
curare dà luogo a responsabilità nei confronti dell’interessato. Si parla qui di poteri-doveri.
Il potere di modificare la sfera giuridica altrui conferito al soggetto nel suo interesse prende il
nome di potere potestativo.
I poteri che costituiscono contenuto di diritti soggettivi possono spettare anche agli incapaci
di agire e agli incapaci naturali. Se il soggetto non è in grado di esercitare i suoi poteri,
l’esercizio di questi spetterà al rappresentante legale.
Tra i poteri giuridici è importante quello dispositivo, il potere di disporre di una certa
situazione giuridica mediante atti estintivi, modificativi o traslativi. In determinate situazioni
giuridiche questo prende il nome di legittimazione. È il potere di disposizione del soggetto in
relazione ad una data situazione giuridica. È un elemento importate per il contratto, che non
ne comporta l’invalidità, ma solo l’inefficacia di esso rispetto all’oggetto di cui la parte non è
competente a disporre.

Il diritto soggettivo è una posizione giuridica di vantaggio, quella riconosciuta al soggetto a


diretta tutela di un suo interesse. In esso si distinguono l’elemento formale, il contenuto, che
identifica la posizione del titolare, e l’elemento funzionale, l’interesse, in ragione del quale il
diritto è costituito. Quest’ultimo è molto importante nella teoria del diritto soggettivo in
quanto l’ordinamento riconosce i diritti dei privati per la tutela dei loro interessi. Questi
interessi devono essere socialmente meritevoli.
Diritti assoluti: valevoli nei confronti di tutti i consociati. Rapporto di preminenza rispetto ai
terzi. (diritti della personalità, diritti reali)
Diritti relativi: valevoli nei confronti di determinati soggetti. (diritti di credito, diritti familiari)

L’abuso del diritto indica un’alterazione funzionale del diritto.


Il diritto potestativo è il potere del soggetto di modificare nel proprio interesse una
determinata situazione giuridica mediante una dichiarazione unilaterale di volontà. Al potere
del soggetto è correlativa una soggezione, non un dovere. Il destinatario dell’effetto giuridico è
semplicemente esposto a quell’effetto.

L’interesse legittimo è l’interesse alla legittimità degli atti amministrativi. Si distingue dal
diritto soggettivo perché in questo l’interesse del soggetto è tutelato in via diretta ed
autonoma.

Capitolo VII. CAPACITA’ GIURIDICA E CAPACITA’ DI AGIRE

Il soggetto è il centro di ogni imputazione di diritti e di doveri.


La nozione di persona fa invece riferimento al soggetto dotato di capacità giuridica generale.
La persona fisica è la persona umana, dotata di soggettività sin dal concepimento.
Le persone giuridiche sono quelle organizzazioni stabili alle quali l’ordinamento riconosce la
capacità giuridica generale e l’autonomia patrimoniale perfetta.

La capacità giuridica è l’idoneità del soggetto ad essere titolare di posizioni giuridiche. È


generale quando il soggetto è astrattamente idoneo ad essere titolare di tutte le posizioni
giuridiche connesse ai suoi interessi e alla sua attività. Compete a tutte le persone fisiche e alle
persone giuridiche. La persona fisica la acquista al momento della nascita e la conserva fino
alla sua morte.
La capacità di agire è l’idoneità del soggetto ad esplicare direttamente la propria autonomia
negoziale e processuale. La mancanza o la limitazione di questa capacità non incide sulla
capacità giuridica. Ciò che influenza è la possibilità di gestire direttamente e autonomamente
la propria sfera personale e patrimoniale. Occorre in questo caso un rappresentante legale o
curatore.

La capacità giuridica consiste anche di incapacità speciali, che sono le preclusione del soggetto
rispetto a determinati rapporti giuridici.
È assoluta quando la preclusione sussiste nei confronti di tutti i consociati.

Es.: ai minori di 15 anni sono preclusi i rapporti di lavoro nelle attività industriali e ai minori di 14
sono preclusi i rapporti di lavoro nelle altre attività.

È relativa quando sussiste nei confronti di determinate persone.

Es.: i parenti in linea retta e i fratelli e sorelle non possono tra loro contrarre matrimonio.

La preclusione derivante dall’ incapacità speciale rende nullo il negozio del rapporto e non
può essere rimossa mediante autorizzazione né convalida.
Si distingue dagli impedimenti soggettivi, che sono divieti suscettibili a rimozione mediante
autorizzazione o convalida.

La persona fisica acquista la capacità giuridica con la nascita. Se la persona è nata e vissuta
anche solo per un attimo, essa ha acquistato la capacità giuridica definitiva.
Il codice dichiara capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo
dell’apertura della successione. Si pone il problema se il concepimento segni il momento di
acquisto di una sia pur minima capacità giuridica. In dottrina la soluzione è prettamente
negativa. Non si può ammettere che prima della nascita il concepito sia capace a determinati
rapporti. Per questo si nega che il concepito possa acquistare diritti in via successoria o per
donazione.
Al concepito vengono semplicemente conservati questi diritti che si concretizzano poi se si
verifica l’evento della nascita. La legge attribuisce la tutela di questi diritti del concepito ai
genitori. Egli, infatti, è portatore di interessi che devono essere fatti valere nel presente. Per
esempio l’interesse del riconoscimento da parte del genitore già prima della nascita.

Capacità di agire.

Sono privi di capacità di agire: a) i minori; b) gli interdetti giudiziali, coloro a cui sono
riconosciute infermità mentali; c) gli interdetti legali, coloro soggetti a condanna a pena
reclusiva non inferiore a 5 anni.
L’incapacità di agire consiste nella inidoneità del soggetto a compiere o ricevere atti giuridici.
Accanto ad essa troviamo la ridotta capacità di agire, che richiede che gli atti più importanti
siano compiuti con l’assistenza di un curatore. Riguarda: a) gli emancipati, cioè i minori che
hanno contratto matrimonio; b) gli inabilitati a causa di infermità mentali non eccessivamente
gravi da richiedere l’interdizione.

A) La minore età

L’incapacità di agire del minore è prevista in funzione protettiva del soggetto al fine di evitare
che la mancanza di un’adeguata maturità lo pregiudichi nella vita di relazione.

L’incapacità negoziale è l’inidoneità del minore al diretto compimento di atti negoziali


incidenti sulla propria sfera giuridica. Gli atti negoziali direttamente compiuti dal minore sono
annullabili. L’annullamento è stabilito a favore del minore. L’azione di annullamento può
essere esercitata dal rappresentante legale ma non dal terzo che abbia contrattato con il
minore.
Se il minore ha dolosamente fatto credere di essere maggiorenne, il contratto non è
annullabile. L’azione di annullamento si estingue per prescrizione se non viene esercitata
entro 5 anni a decorrere dal momento in cui il minore ha conseguito la generale capacità di
agire.
Devono reputarsi esclusi dalla regola dell’incapacità negoziale quegli atti nei quali si
intrinsecano le liberà fondamentali di una persona. Es.: l’iscrizione del figlio a un partito politico o
ad un sindacato.
Il minore può inoltre esercitare i diritti e le azioni che dipendono dal rapporto di lavoro.

Il minore non ha la capacità di stare in giudizio, cioè di essere direttamente attore o convenuto
nelle cause civili. Può stare in giudizio per mezzo del suo rappresentante legale.

Incapacità extranegoziale. Per quanto riguarda gli atti leciti si ritiene non necessaria la
capacità di agire. Il minore può compiere e ricevere tutti gli atti giuridici, tranne quelli
suscettibili di conseguenze sfavorevoli. Il minore è quindi capace di compiere gli atti valevoli
ad acquisire o salvaguardare un diritto. Deve, invece, reputarsi incapace agli atti che
importano la perdita di un diritto o l’assunzione di oneri e obblighi.
Per gli atti illeciti il minore è esentato da responsabilità solo qualora si dimostri che non era in
grado di intendere e di volere al momento dell’illecito. Si considera il minore avente la
capacità delittuale in quanto la vita di relazione richiede l’osservanza di norme pratiche di
condotta che si prestano ad essere conosciute e comprese anche senza il raggiungimento della
maggiore età. In questi casi la legge rende responsabili i genitori per il danno recato dal figlio
non emancipato. Anche se il minore non è in grado di intendere e di volere, il terzo
danneggiato può richiede il risarcimento da parte dei genitori.

Il minore è legalmente rappresentato dai genitori. Per gli atti di straordinaria


amministrazione la rappresentanza legale dei genitori è congiunta. Per gli atti di ordinaria
amministrazione è disgiunta.
La morte di entrambi i genitori o la loro impossibilità di esercitare la responsabilità
genitoriale dà luogo all’apertura della tutela e alla nomina di un tutore. Questo ha
rappresentanza legale, cura della persona, lo rappresenta in tutti gli atti negoziali e ne
amministra i beni.
Il protutore rappresenta il minore quando tra questo e il tutore vi è conflitto di interessi.
Per il compimento di alcuni atti il tutore deve essere autorizzato dal giudice tutelare e per altri
più importanti dal tribunale.
Infine, il minore che non ha parenti prossimi disposti a prendersene cura deve essere
dichiarato in stato di adottabilità.

L’emancipazione è lo stato di ridotta capacità di agire che il minore acquista col matrimonio.
Conferisce al soggetto la piena capacità di agire per quanto riguarda gli atti di ordinaria
amministrazione e gli atti di natura personale. Per gli atti di straordinaria amm. deve
compierli con l’assistenza di un curatore. Questo non è un rappresentante legale, ma presta
solo un consenso al compimento dell’atto.

B) L’interdizione giudiziale

È lo stato giudizialmente dichiarato di incapacità di agire della persona maggiorenne che a


causa della sua infermità mentale non è in grado di provvedere ai propri interessi. Comporta
la perdita della capacità di agire e la nomina di un tutore come rappresentante legale.
I presupposti dell’interdizioni sono prima accertati in un processo ordinario e l’interdizione
deve essere dichiarata tramite sentenza. Senza la dichiarazione giudiziale il soggetto conserva
la capacità di agire anche se è infermo di mente.

I presupposti: 1. che il soggetto sia affetto da un’abituale malattia mentale. Non rileva uno
stato morboso transitorio destinato a risolversi in breve tempo. L’infermità è abituale anche
quando il soggetto gode di momenti di lucidità; 2. A causa dell’infermità il soggetto non è in
grado di provvedere ai propri interessi.
Interdetto può essere dichiarato il soggetto che ha raggiunto la maggiore età. Prima questo è
tutelato dal suo stato di minore.

Lo stato giuridico dell’interdetto è in gran parte uguale a quello del minore, eccetto alcune
differenze che trovano ragione nella diversa causa dell’incapacità.
L’interdetto difetta di capacità negoziale. Gli atti negoziali devono essere compiuti dal tutore.
Quelli direttamente compiuti dall’interdetto possono essere annullati.
All’interdetto non vengono sottratti i diritti fondamentali di libertà e solidarietà e di
partecipare direttamente alla vita di relazione.
Non può essere autorizzato al matrimonio.
Difetta della capacità di stare in giudizio.
Per gli atti leciti, può compiere e ricevere tutti gli atti non potenzialmente pregiudizievoli.
Per la capacità delittuale si avvale dell’incapacità di intendere e di volere che difficilmente
potrà essere vinta dalla prova di un lucido intervallo. Del fatto dannoso risponde chi è tenuto
alla sua sorveglianza.

C) L’interdizione legale

È lo stato di incapacità di agire della persona fisica maggiorenne condannata per delitto non
colposo alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni.
L’interdizione legale rientra tra le pene accessione, quindi ha una funzione sanzionatoria
anche se vale ad assicurare la cura degli interessi patrimoniali del soggetto.
La tutela dell’interdetto è disciplinata dalle norme dell’interdizione giudiziale. Lo stato di
incapacità corrisponde a quello dell’interdetto giudiziale ma solo per quanto riguarda i diritti
patrimoniali.

D) L’inabilitazione

È lo stato giudizialmente dichiarato di ridotta capacità di agire della persona maggiorenne che
per le sue condizioni mentali o fisiche non è pienamente in grado di curare i propri interessi
economici.
Lo stato di ridotta capacità di agire dell’inabilitato corrisponde a quella del minore
emancipato. Può compiere e ricevere tutti gli atti di ordinaria amministrazione e di natura
personale, ma per gli atti di straordinaria amministrazione occorre l’assistenza del curatore.
Può essere autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale, ma solo qualora si tratti di
attività già iniziata precedentemente. L’autorizzazione è data dal tribunale su parere del
giudice tutelare e può essere subordinata alla nomina di un institore che rappresenti l’impesa.
L’inabilitazione è dichiarata al raggiungimento dell’ultimo anno della minore età e riguarda:
a) coloro colpiti da un’infermità mentale ma non tanto grave da richiedere l’interdizione.
Non si esclude per intero la loro capacità di intendere e di volere.
b) La prodigalità, un impulso patologico che porta allo sperpero delle proprie capacità
economiche.
c) Coloro che abusano abitualmente di alcolici e droghe. Rileva quando si traduce in una
condizione patologiche che espone il soggetto o i suoi congiunti a un grave danno
economico.
d) I sordomuti e i cechi dalla nascita, in quanto sono soggetti che non hanno potuto
ricevere una adeguata educazione che gli permette di provvedere ai propri affari.
L’inabilitazione è dichiarata tramite sentenza del tribunale a seguito di un giudizio ordinario.

Gli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione lasciano senza risposta tutte quelle situazioni
in cui la persona è in difficoltà a curare i propri affari per cause psicofisiche che sono
transitorie o tali da non privarla dell’incapacità di intendere e di volere.
Il 9 gennaio 2004 è stata introdotta la figura di amministratore di sostegno, dettandone la
disciplina mediante disposizioni inserite nel codice civile.
Presupposto per la nomina dell’amministratore è lo stato di incapacità anche se temporanea.
L’atto di nomina dell’amministratore deve indicare l’oggetto di incarico e degli atti che l’amm.
ha il potere di compiere in rappresentanza e nell’interesse del beneficiario e gli atti che questo
può compiere da solo. Annullabili gli atti senza amministratore.
Capitolo VIII. I DIRITTI FONDAMENTALI

I diritti fondamentali dell’uomo, o diritti della personalità, tutelano la persona nei suoi valori
essenziali.
Nella nostra Costituzione sono diritti “inviolabili” e questo esprime l’impegno dello Stato a
garanzia di tali diritti.
Rientrano nella più ampia categoria dei diritti personali quali diritti che tutelano gli interessi
inerenti alla persona, cioè i suoi diretti interessi materiali e morali. I diritti personali si
distinguono dai diritti patrimoniali che tutelano gli interessi economici.

La pluralità dei diritti fondamentali si spiega in ragione dei diversi interessi fondamentali
dell’uomo.
È possibile distinguere una prima categoria di diritti di rispetto della personalità umana.
Questi conferiscono al soggetto un potere di godimento della sua personalità e una pretesa
alla non ingerenza da parte dei terzi. In questo ambito si distinguono diversi valori: a) la vita e
integrità fisica; b) l’integrità morale; c) le libertà civili; d) l’intimità privata; e) l’identità
personale; f) la paternità morale.
Una seconda categoria di diritti della personalità è quella dei diritti di solidarietà. Comprende
le pretese del soggetto a realizzare la propria personalità attraverso la cooperazione altrui. I
valori fondamentali tutelati: a) l’eguaglianza; b) il lavoro e la retribuzione; c) l’assistenza
materiale e morale; d) la sicurezza sociale; e) la salute.

Caratteri comuni dei diritti della personalità sono l’indisponibilità e la non patrimonialità.
Il titolare non può rinunciare a tali diritti e non può cederli ad altri.
L’indisponibilità dei diritto fondamentali non esclude, tuttavia, che il titolare possa costituire
diritti a favore di terzi, che importino vincoli nella sfera della propria personalità. Gli atti che
importino parziali limitazioni o rinunzie ai diritti della personalità possono reputarsi validi se
sono compatibili con la dignità della persona umana.

Es.: è invalida una rinunzia alla propria libertà di pensiero mentre è ammissibile che il soggetto
autorizzi la pubblicazione della propria immagine o dei fatti della propria vita privata. Lesiva della
dignità umana risulterebbe la definitiva cessione ad un terzo del diritto di utilizzazione della propria
immagine o di tutti i fatti della propria vita privata.

La non patrimonialità significa che il diritto non ha un valore economico. La violazione dei
diritti di rispetto della personalità cade nell’illecito civile e comporta una risarcimento del
danno.

La persona a cui viene negata la tutela giudiziaria dei suoi diritti fondamentali o che subisca la
violazione di essi da parte di uno degli Stati aderenti alla Convenzione dei diritti, può ricorrere
alla Corte dei diritti dell’uomo. Con la riforma della Convenzione di Roma del 1997 la Corte è
stata costituita come organo giurisdizionale che siede a Strasburgo e riceve ricorsi individuali.
La condizione per ricevere ricorso è l’esaurimento di mezzi di tutela esprimibili contro la
violazione dei diritti e che siano trascorsi 6 mesi dal provvedimento definitivo che abbi
attuato o confermato la violazione.

Anche al nascituro spettano i diritti fondamentali. E anche allo straniero. La Costituzione


impone allo Stato di regolare la condizione giuridica dello straniero in conformità delle norme
dei trattati internazionali.
Il diritto della vita rientra tra i tipici diritti fondamentali. E vi è il dovere di non attentare la
vita altrui.
È controverso il momento in cui spetti all’essere umano il diritto della vita: al momento della
nascita o prima della nascita.

Il diritto all’integrità psicofisica tutela l’interesse dell’essere umano al godimento del proprio
organismo nella sua integrità e sanità. Esige il rispetto e la cura della persona. L’integrità deve
essere rispettata innanzitutto dal potere pubblica e inoltre implica a carico di tutti i terzi il
divieto di comportamenti che importino sofferenze, malattia o menomazioni. In caso di
violazione si ricorre al risarcimento.
Il diritto della salute è il diritto della persone all’assistenza sanitaria pubblica.
Il nostro codice civile pone uno specifico divieto di compiere atti di disposizione del proprio
corpo che importino una diminuzione permanente dell’integrità o che siano contrari
all’ordine pubblico.

Es.: l’infibulazione è da considerarsi contraria allì0ordine pubblico, mentre è consentito il


taglio di capelli e unghie.

Non tutti gli atti che comportano menomazione permanente sono però lesivi alla dignità
umana. Non sono lesivi gli interventi medici compiuti nell’interesse del soggetto. Tali
interventi possono compiersi anche senza la volontà del soggetto se si tratta di un mezzo
idoneo per salvaguardarlo dal pericolo di un più grave danno alla persona. a questo principio
si è recentemente conformata anche la Corte di Cassazione, affermando che qualora un
medico esegua un intervento diverso dal quello per il quale era stato dato il consenso
informato e nel farlo salva la vita della persona, non può sussistere il reato di lesioni personali.
La perdita dell’integrità fisica può poi trovare un motivo adeguato nell’adempimento di un
superiore dovere morale, conforme al principio di solidarietà sociale. Ci si può riferire alle
donazioni di organi necessari per l’altrui salute. La legge consente la donazione del rene, il
trapianto parziale di polmone, pancreas e intestino tra persone viventi.
Molto delicato e discusso in dottrina è il problema delle decisioni di fine vita in caso di
malattie terminali e invalidanti. In mancanza di una specifica legge, una prima tesi ritiene che i
trattamenti salvavita siano trattamenti medici e come tali sono rifiutabili da parte del
soggetto. A questa tesi si è conformata la giurisprudenza di Cassazione per quanto riguarda i
casi di interruzione di vita di pazienti affetti da coma irreversibile.
Un’altra tesi ritiene i trattamenti salvavita non medici e quindi non possono essere rifiutati dal
soggetto.

Il diritto all’integrità morale tutela l’esigenza dell’essere umano al godimento del suo onore e
del suo decoro come singolo e come membro di una collettività.
La generalità degli ordinamenti provvede a tale tutela mediante disposizioni penali che
vietano l’ingiuria, cioè l’offesa diretta alla persona presente, e la diffamazione, cioè
l’attribuzione alla persona di fatti lesivi della sua reputazioni. Se questi fatti sono veri sorge il
contrasto con la libertà di comunicazione, che rientra nella libertà di informazione. Nel nostro
ordinamento quest’ultima prevale solo quando sussista un interesse generale alla conoscenza
dei fatti.
Oltre al risarcimento, un particolare rimedio prevista dalla legge sulla stampa è il diritto di
rettifica che consiste nel diritto di far pubblicare, sullo stesso periodico, risposte, rettifiche e
dichiarazioni.
I diritti di libertà tutelano l’esigenza della persona di esplicarsi secondo le proprie scelte. Si
distinguono la libertà personale (fisica), di circolazione e di residenza, di religione, di
manifestazione e di comunicazione del pensiero, di lavoro, di associazione, di sciopero.
Tra le libertà civili ha particolare importanza la libertà di stampa, che rientra nell’ambito della
libertà di espressione del pensiero. Questa prevale sul diritto alla riservatezza e all’onore.

Il diritto al segreto tutela l’interesse della persona a che i fatti della propria vita privata non
vengano abusivamente conosciuti o comunicati a terzi.

Il diritto alla riservatezza ha un duplice significato: protezione dei dati personali; rispetto
della propria vita privata.
Già da tempo si sentiva il bisogno di tutelare la persona contro l’abusiva diffusione dei fatti
privati. Questo bisogno è diventato sempre più forte con l’avvento della tecnologia
informatica. Ci voleva un intervento volto a regolamentare il trattamento dei dati personali
entro limiti compatibili con il rispetto della persona.
In Italia il trattamento dei dati personali è stato disciplinato dalla legge 31 dicembre 1996 che
concerne la diffusione dei dati personali e qualsiasi operazione di loro raccolta,
conservazione, utilizzazione.
Così il diritto alla riservatezza si è tramutato in diritto della persona alla protezione dei dati
personali.
La riservatezza designa anche il rispetto della vita privata . Privacy: diritto della personalità
inteso come diritto di ciascuno a non subire ingerenze nei proprio fatti personali, nella
propria immagine, nei proprio pensieri.
Il diritto dell’oblio tutela l’interesse del soggetto a che informazioni relative alla propria
immagine o ai propri dati personali del passato siano attualizzate o cancellate. Inizialmente
indicava il diritto all’attualità di notizia, successivamente si è specificato come diritto al
controllo della propria immagine sociale nella rete di internet, esprimendo l’esigenza di
un’attualizzazione dei propri dati e identità nei social.

Il diritto di cronaca è una particolare espressione della libertà di stampa, che rientra
nell’ambito della libertà di manifestazione del pensiero.
Condizioni di liceità della pubblicazione di notizie lesive della riservatezza o della
reputazione:
a) la verità oggettiva, che però non sussiste quando siano dolosamente o colposamente
taciuti altri fatti ricollegabili ai primi da mutarne il significato;
b) pertinenza: interesse pubblico all’informazione;
c) continenza: forma civile dell’esposizione e valutazione dei fatti.
Nel codice deontologico si tratta della tutela della riservatezza del minore, che prevale
rispetto al diritto di cronaca e di critica.
Il diritto di cronaca è ulteriormente sottoposto al limite del rispetto della dignità umana delle
persone coinvolte nell’indagine o processo.
Il diritto di critica è una particolare espressione del diritto di cronaca ed è sottoposto alle
stesse limitazioni. Si differenzia perché non si concreta nella narrazione dei fatti, ma si
esprime in un giudizio soggettivo. Per questo può essere esercitato attraverso espressioni
lesive della reputazione altrui, purché non si risolvano in una gratuita aggressione distruttiva
dell’onore. La critica deve, inoltre, corrispondere a verità, se pur parziale.
Il diritto di satira trova fondamento nella libertà di manifestazione artistica. È sottratto alla
limitazione della verità poiché si esprime attraverso lo strumento dell’inverosimiglianza e
dell’iperbole.
Il diritto all’immagine tutela l’interesse del soggetto a che il suo ritratto non venga diffuso o
esposto pubblicamente. Divieto a carico di tutti i terzi di esporre o pubblicare il ritratto altrui.
Il soggetto può però autorizzare l’uso del ritratto. Il consenso è comunque revocabile. Inoltre,
il consenso non autorizza una non prevista utilizzazione o manipolazione dell’immagine che
alteri il significato del comportamento.
La pubblicazione dell’immagine non richiede il consenso dell’interessato quando si tratta di
un soggetto che svolge un’attività che lo espone alla notorietà. Si richiede, invece, il consenso
del titolare nel caso di sfruttamento pubblicitario dell’immagine di personaggi celebri.
Ancora, è lecita la diffusione dell’immagine quando svolgono fatti in pubblico o aventi
rilevanza sociale.

Il diritto all’identità personale è il diritto del soggetto a essere identificato e riconosciuto nella
sua realtà individuale. L’identità della persona è tutelata da:

A) Il diritto al nome
Il nome è l’appellativo che identifica socialmente la persona. consta nel cognome, l’appellativo
del gruppo familiare, e del prenome, l’appellativo individuale.
La funzione di identificazione sociale del nome è di interesse pubblico e lo stato detta rigorose
regole per quanto riguarda l’acquisto e la pubblicità del nome delle persone.
Rientra tra i diritti della personalità, quindi è indisponibile e non patrimoniale.
Si ricorre a contestazione quando il terzo molesta il soggetto impedendo l’uso del proprio
nome. Sussiste l’uso indebito quando il terzo si avvale del nome del soggetto. L’uso indebito
può consistere nell’usurpazione, nell’appropriazione da parte del terzo del nome come nome
proprio; nell’utilizzazione abusiva quando il terzo utilizza il nome per identificare personaggi
di fantasia.

Lo pseudonimo è un nome diverso da quello spettante per legge che il soggetto usa in una
determinata attività letteraria o artistica. Può raggiungere l’importanza del nome, assolvendo
la funzione di identificazione sociale e per questo motivo è tutelato al pari del nome.

Anche gli enti giuridici hanno diritto al nome attraverso il quale sono socialmente identificati.
Ma questo diritto non rientra in quelli della personalità.

B) Il diritto all’identità sessuale


Il diritto del soggetto al riconoscimento del proprio sesso. Si prevede l’attribuzione giudiziale
alla persona di un sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita a seguito di
modificazioni dei suoi caratteri genitali.

C) Il diritto all’identità morale


Il diritto della persona a non vedere alterata la verità della propria vita e delle proprie idee. Si
distingue dal diritto all’integrità morale che tutela il bene dell’onore e del decoro, mentre lui
tutela la verità dell’immagine della persona.

Es.: riportare parole effettivamente dette dall’intervistato ma assemblate in modo da distorcerne il


senso.

Il diritto all’uguaglianza tutela l’esigenza dell’essere umano ad essere trattato alla pari degli
altri senza discriminazioni giuridiche fondate sul sesso, la razza, la lingua, la religione…
Il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazione sono ampliamente trattati nella Carta
di Nizza.
È stato rivendicato nei confronti dello Stato il diritto di eguaglianza di trattamento
(eguaglianza giuridica). Sancisce il divieto di una legislazione discriminatoria. Il soggetto può
richiedere l’annullamento di un atto amministrativo che lo discrimini. Se la discriminazione
discende dalla legge, questa deve essere dichiarata incostituzionale mediante la pronunzia
della Corte costituzionale.
Il divieto di discriminazione razziale è stato applicato in Italia nel 2003 ed è stato costituito un
apparato giuridico per debellare il fenomeno presso il Ministero per le pari opportunità.

Il diritto alla retribuzione è un diritto fondamentale che fornisce una remunerazione che
garantisca al lavoratore e alla sua famiglia una vita libera e dignitosa. Esige che il lavoro non
diventi una forma di sfruttamento dell’uomo. La retribuzione deve essere proporzionata alla
quantità e qualità del lavoro svolto. È un diritto irrinunciabile e indisponibile.

I diritti di famiglia sono la libertà, cioè la libertà del soggetto di costituire la famiglia secondo
le proprie scelte e la libertà di svolgere in essa la propria personalità; la solidarietà reciproca
tra i coniugi ma anche nei confronti dei figli.
Hanno natura non patrimoniale (pagare per l’adozione è contrario alla morale sociale).
Inoltre, sono incedibili e intrasmissibili.

Capitolo X. GLI ENTI GIURIDICI

Altri destinatari di norme sono gli enti giuridici, organizzazioni dotate di capacità giuridica,
cioè dell’idoneità di essere titolari in proprio di diritti e doveri. È l’ente stesso che è parte di
rapporti giuridici. Se un ente contrae un debito, è l’ente che ne risponde con il suo patrimonio.
Se l’ente commette un illecito, la responsabilità è dell’ente.
Accanto all’ente possono essere responsabili singole persone, ma questa responsabilità di
aggiunge a quella dell’ente.
Ancora, l’ente può essere proprietario di beni che devono essere trascritti a suo nome.

Gli enti giuridici si distinguono in:

enti associativi: hanno al vertice della loro organizzazione un gruppo di soggetti portatori di
un interesse proprio all’esistenza e all’attività dell’ente (soci o associati). Esempi di enti
associativi sono: le associazioni, organizzazioni per il perseguimento di fini non lucrativi
attraverso un’attività comune; i comitati, gruppi costituiti per il reperimento pubblico di fondi
destinati a scopi di generale utilità; le società, organizzazioni per il perseguimento di fini di
lucro mediante l’esercizio di un’attività economica comune.

enti amministrativi: hanno al vertice della loro organizzazione gli amministratori, ai quali
spettano poteri decisionali e rappresentativi dell’ente. Gli amministratori non sono portatori
di un interesse personale all’esistenza e all’attività dell’organizzazione. Hanno solo lo scopo di
gestire l’ente nel suo esclusivo interesse. Un esempio sono le fondazioni, organizzazioni
amministrative dotate di un patrimonio per il perseguimento di attività non lucrative.

Oltre ad avere capacità giuridica, gli enti hanno anche la capacità di agire. L’ente si avvale di
persone fisiche che fanno parte della loro stessa struttura organizzativa, gli organi. L’organo è
l’ufficio competente ad esercitare una funzione dell’ente.
Possono essere esterni o interni a seconda che abbiano o no il potere di rappresentanza. Tutta
l’attività svolta dall’organo nell’esercizio della sua funzione è imputata all’ente. Atti negoziali,
ma anche atti illeciti.
La legge ha sancito la responsabilità degli enti per quanto riguarda gli illeciti penali commessi
dai loro rappresentanti, ma questa responsabilità è solo amministrativa in quanto la
responsabilità penale ricade sulle persone fisiche che hanno compiuto l’illecito.

Gli enti giuridici si distinguono ulteriormente in enti personificati e non personificati. Tutti gli
enti sono soggetti di diritto, ma solo gli enti personificati hanno la qualifica di persona
giuridica, poiché hanno ricevuto il riconoscimento dall’ordinamento giuridico.
Persone giuridiche sono le fondazioni, le associazioni riconosciute, i comitati riconosciuti e le
società capitali. Ai fini del riconoscimento è necessario che lo scopo sia possibile e lecito e che
il patrimonio risulti adeguato allo scopo.
Oltre al riconoscimento, un altro motivo di distinzione è che la persona giuridica è un ente
dotato di capacità giuridica generale e autonomia patrimoniale perfetta. Questa partecipa in
proprio al mondo delle relazioni giuridiche. Mentre gli enti non personificati possono avere
capacità giuridica generale o parziale ma non possiedono autonomia patrimoniale perfetta.
Esempi sono le associazioni non riconosciute, i comitati non riconosciuti.

La capacità giuridica è da negarsi a tutte quelle forme organizzative di persone e di beni che
non costituiscono un centro unitario di imputazioni giuridiche.
L’azienda, in quanto è l’imprenditore a cui fanno capo i rapporti giuridici ed è l’imprenditore il
portatore dell’interesse all’esercizio dell’attività aziendale.

Capitolo XI. LA FONDAZIONE

La fondazione è un ente amministrativo con personalità giuridica e dotato di patrimonio per il


perseguimento di uno scopo non lucrativo.
I presupposti della fondazione sono l’atto costitutivo e l’atto di riconoscimento della pubblica
Amministrazione.
L’atto costitutivo è il documento tramite il quale i soci fondatori, riuniti in assemblea,
manifestano e sanciscono la loro volontà di associarsi per perseguire finalità condivise. Deve
indicare la denominazione, lo scopo, il patrimonio, i modi e i criteri di utilizzazione delle
rendite, la sede, l’organizzazione dell’ente.
È sempre accompagnato dallo statuto, il documento contenente le regole della vita
dell’associazione, le norme che disciplinano i rapporti tra gli associati e tra soci ed
associazione stessa.

L’atto di riconoscimento è emanato dal prefetto e valuta l’adeguatezza del patrimonio alla
realizzazione dello scopo e l’utilità sociale del fine perseguito.
Lo scopo deve essere non lucrativo, non si può perseguire un mero vantaggio economico di
determinati beneficiari ma si deve soddisfare interessi ideali o bisogni fondamentali di una
generalità di destinatari.
Le fondazioni familiari sono destinate a vantaggio di una o più famiglie in senso economico,
ma devono comunque sopperire a bisogni fondamentali e realizzare finalità ritenute
socialmente utili.

Il carattere non lucrativo della fondazione non esclude che questa svolga attività economica.
La stessa amministrazione del patrimonio è un’attività economica.
La fondazione non può, però, esercitare in via esclusiva o principale un’impresa commerciale,
neanche se il profitto viene utilizzato per scopi altruistici. Può svolgere attività
imprenditoriale solo ina quanto si tratti di un’attività secondaria e funzionale al
perseguimento del suo scopo ideale.
Tra le fondazioni speciali, il legislatore ha previsto fondazioni (bancarie) che possono svolgere
attività imprenditoriale in via principale. Hanno un intenso sistema di controlli esterni ed
interni che minimizzano il pericolo di iniziative imprenditoriali avventate.

Al patrimonio provvede il fondatore mediante il negozio di dotazione, l’atto di liberalità che


fornisce alla fondazione i mezzi occorrenti per la sua attività.

La fondazione è gestita da un organo amministrativo composto da uno o più amministratori,


che il potere di decidere gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione
Generalmente è un organo collegiale e prende il nome di consiglio di amministrazione. La
rappresentanza compete a questo stesso organo o più spesso ad un organo unipersonale
(presidente, segretario).
Lo statuto può prevedere altri organi di controllo e vigilanza.
Gli atti compiuto dagli organi della fondazione hanno effetto diretto nei confronti dell’ente,
eccetto gli atti che eccedono i limiti del potere. Questi limiti devo, però, risultare dal registro
delle persone giuridiche.

Se lo scopo della fondazione diviene impossibile o perde l’originaria utilità, la fondazione


dovrebbe estinguersi. La legge però tende alla conservazione dell’ente, prevedendo la
possibilità che l’autorità governativa ne disponga la trasformazione.
La trasformazione importa l’assunzione di uno scopo nuovo, che deve essere analogo a quello
originario. Non può avere luogo se il negozio di fondazione dispone la previsione
dell’estinzione e che i beni siano devoluti a determinati terzi. È inoltre esclusa per le
fondazioni familiari.
Oltre all’impossibilità dello scopo, una fondazione può estinguersi a seguito della
realizzazione dello scopo.

Le fondazioni speciali sono fondazioni assoggettate ad un regime speciale diverso rispetto a


quello previsto dal codice civile.
Rientrano le fondazioni bancarie, che devono seguire esclusivamente scopi di utilità sociale.
Queste fondazioni non necessitano di un atto di riconoscimento ma sono sottoposte ad
un’Autorità di vigilanza che verifica il rispetto della legge e dello statuto.

Capitolo XII. ASSOCIAZIONI E COMITATI

L’associazione è un’organizzazione stabile di persone per il perseguimento di uno scopo non


lucrativo.
L’uomo di riunisce e coopera con altri per la realizzazione di interessi e di valori comuni.
Si distinguono le associazioni riconosciute da quelle non riconosciute.

L’associazione ha la sua fonte nell’atto costitutivo, documento mediante il quale più persone si
organizzano in gruppo per il perseguimento di uno scopo non lucrativo. È una convenzione
plurilaterale che deve essere stipulata per atto pubblica a pena di nullità. Deve contenere
l’indicazione dello scopo, del nome, della sede, del patrimonio, indicare i diritti e gli obblighi
degli associati, le condizioni della loro ammissione, le disposizioni sull’ordinamento e
l’amministrazione.
La parte normativa è rappresentata dallo statuto.
Il riconoscimento dell’autorità governativa è necessario per l’acquisto della capacità giuridica.
In attesa di questo l’associazione può iniziare la sua attività come associazione non
riconosciuta.

La denominazione è l’appellativo che contraddistingue l’associazione. È tutelata alla stregua


del diritto al nome. L’associazione ha la facoltà di usarla in via esclusiva, impedendo ad altri di
usarne una uguale o simile al punto da generare confusione nei terzi.
La sede è il luogo in cui l’associazione ha il centro principale della sua attività.

Lo scopo dell’associazione è spesso ideale o altruistico ma può anche soddisfare un interesse


economico dei suoi membri. Questo interesse deve essere realizzato esclusivamente
attraverso un’utilità percepita direttamente dall’associato. Se l’attività commerciale acquista
un ruolo principale l’associazione si rivela una società.

A differenza della fondazione, la dotazione di un patrimonio suscettibile di rendita non è una


condizione necessaria per l’attività dell’associazione. Questa, infatti, si avvale della
collaborazione e degli apporti degli associati.

L’assemblea è la riunione degli associati in funzione deliberante. Ad essa spettano tutte le


decisioni riguardanti l’esistenza, la disciplina e l’attività dell’ente. Esprime in forma collegiale
la volontà degli associati.
Gli amministratori sono gli organi competenti a gestire e a rappresentare l’associazione. Vedi
amministratori fondazione.

La legge prevede il diritto di recesso dell’associato, cioè il potere di scioglimento unilaterale


del rapporto associativo.
Lo statuto non può escludere o rendere difficoltoso l’esercizio di tale diritto perché ciò
comporterebbe un assoggettamento dell’associato al gruppo. Tuttavia, è ammissibile che
l’associato sia obbligato a restare nell’associazione per un tempo determinato.
Al potere di libero recesso dell’associato non corrisponde un libero potere di esclusione da
parte del gruppo. L’espulsione è deliberata solo per gravi motivi o nei casi espressamente
stabiliti dallo statuto.
L’estinzione del rapporto non dà luogo ad alcun diritto di rimborso dei contributi né di
liquidazione. Carattere non patrimoniale del rapporto associativo.

Anche l’associazione si estingue per l’impossibilità o l’esaurimento dello scopo e per le altre
cause indicate nello statuto.
Causa specifica è la delibera assembleare di scioglimento, che richiede il voto favorevole di
almeno tre quarti degli associati.
Altra causa è il venir meno degli associati, ciò rende impossibile il funzionamento
dell’assemblea e di conseguenza il raggiungimento dello scopo. La pluralità degli associati può
tuttavia essere riscostruita.
In caso di estinzione i beni residui vengono devoluti secondo quanto posto dall’atto
costitutivo e dallo statuto. In mancanza, la decisione spetta all’autorità governativa.

L’associazione non riconosciuta è un’associazione priva di personalità giuridica. Ha una


dotazione patrimoniale costituita dal fondo comune, formato dai contributi degli associati e
dai beni acquistati con i questi. L’associato non ha nessun diritto sul fondo comune. Può usare
i beni solo nella misura in cui ciò sia compatibile con lo scopo dell’associazione e con il
godimento degli altri associati.
L’associazione non riconosciuta ha capacità processuale, può agire in giudizio o essere
convenuta nella sua identità di ente giuridico. L’associazione è legalmente rappresentata da
chi ne è presidente.

Esistono associazioni di promozione sociale che perseguono scopi altruistici di utilità sociale,
come le organizzazione di volontariato. Queste devono essere costituite per atto pubblico e
sono iscritte in un apposito registro.
Una particolarità concerne i debiti. Coloro che hanno agito in nome o per conto di queste
associazioni rispondo di tali debiti in via sussidiaria, cioè subordinatamente alla escussione
del fondo sociale.

Il comitato è un’organizzazione di persone che persegue uno scopo altruistico mediante la


raccolta pubblica di fondi.
Tipici comitati sono quelli di soccorso, di beneficenza o di interesse collettivo.
Il comitato non è governato al vertice da un organo amministrativo. Gode di capacità giuridica
generale ed è suscettibile di acquistare la personalità giuridica.
Il riconoscimento deve costituirsi mediante atto pubblico contenente le indicazione
necessarie per identificare l’ente. La normativa delle associazioni trova integrale applicazione.
Il patrimonio è costituito da fondi pubblicamente raccolti e nessuno membro ha alcun diritto
su tali fondi.
Se il comitato non è persona giuridica delle obbligazioni assunte dagli organi rappresentativi
rispondono tutti i componenti del comitato.

Capitolo XIII. I BENI

I beni sono le cose che possono formare oggetto di diritti. Sono qualsiasi entità materiale o
ideale giuridicamente rilevante.
Si ritiene che la nozione giuridica di bene rifletta sul piano del diritto la nozione di bene
economico. In parte è vero, nel senso che i beni economici sono anche beni giuridici. Questi
ultimi però hanno una nozione più ampia in quanto anche entità economicamente non
valutabili possono considerarsi beni giuridici.

Una prima distinzione è quella tra beni materiali e immateriali.


I beni materiali sono le cose del mondo fisico percepibili con i sensi o con strumenti materiali
(alberi, case, raggi X).
I beni immateriali sono le invenzioni e le opere dell’ingegno (brevetti industriali, opere
coperte dal diritto d’autore). Lo studio di questi beni appartiene al diritto industriale.
Vanno ulteriormente distinti i beni essenziali della persona, cioè i suoi valori essenziali (vita,
salute, onore…). Questi beni sono non patrimoniali in quanto insuscettibili di valutazione
economica. Essi sono costituzionalmente garantiti e formano l’oggetto dei diritti fondamentali
dell’uomo.
Quindi, il bene giuridico è qualsiasi entità materiale o ideale giuridicamente tutelata.

Altra importante distinzione è quella di beni mobili e immobili.


I beni immobili sono tutto ciò che è naturalmente o artificialmente incorporato al suolo (alberi,
sorgenti…).
I beni mobili sono tutti gli altri beni.
La distinzione tra i due tipi di beni riguarda il loro regime giuridico della circolazione. Per gli
atti di alienazione dei beni mobili vige il principio della libertà di forma. Per l’alienazione dei
beni immobili è prevista la forma scritta a pena di nullità.

Beni generici si fa riferimento alla loro appartenenza ad un genere (cane).


Beni specifici sono i beni designati nella loro identità (cane golden retriever).
Beni fungibili sono quelli che possono essere sostituiti da altri dello stesso genere.
Beni consumabili sono i beni la cui normale utilizzazione ne comporta la consumazione.
Beni inconsumabili sono i beni che non si distruggono.
Beni divisibili sono i beni suscettibili di frazionamento senza che se ne alteri la loro utilità.
Beni indivisibili sono i beni che se divisi perdono la loro utilità.
Beni semplici sono quelli che possiedono una autonoma utilità.
Beni composti quelli formati da un insieme di cose semplici che, componendosi, perdono la
loro individualità ed autonomia.

I beni pubblici sono i beni che appartengono allo Stato e agli altri enti pubblici.
Due tipi di beni pubblici:
1) il demanio pubblico (lido del mare, la spiaggia, i porti…). Condizione giuridica è
l’inalienabilità.
2) Il patrimonio indisponibile, beni che soddisfano un interesse generale (foreste, miniere,
cave). Condizione giuridica è la vincolatività delle destinazione. Questi beni non
possono essere sottratti alla loro destinazione.

Le pertinenze sono definite dal codice “le cose destinate in modo durevole al servizio o ad
ornamento di un’altra cosa”.
Il rapporto pertinenziale è caratterizzato da due requisiti:
1) uno soggettivo: l’atto di destinazione. La cosa accessoria è funzionalmente connessa
con quella principale.
2) uno oggettivo: la durevole funzione di servizio o di ornamento. La cosa conferisce alla
cosa principale qualsiasi utilità o abbellimento.
Tre regolamenti:
 le pertinenze seguono la sorte della cosa principale. Il codice che gli atti e i rapporti che
hanno per oggetto la cosa principale comprende anche le pertinenze, salvo
diversamente disposto. (vendita, usufrutto, ipoteca)
 la disposizione della cosa principale non pregiudica i diritti dei terzi sulle pertinenze.
Inefficacia degli atti dispositivi di diritti altrui.
 Le pertinenze possono essere oggetto di separati atti o rapporti giuridici.
Il vincolo pertinenziale si estingue con il venir meno della funzione di servizio o di
ordinamento della cosa accessoria.

Le universalità di beni mobili sono pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e
che hanno una destinazione economica unitaria.
L’universalità di fatto ha tre requisiti: 1) la pluralità delle cose; 2) l’appartenenza alla stessa
persona; 3) l’unitaria destinazione economia.
Esempi di universalità sono il gregge e la biblioteca.
La caratteristica peculiare di una universalità è di essere una autonoma entità economica che
non muta col variare dei suoi elementi. Le regole delle pertinenze si applicano anche alle
universalità.
Accanto alle universalità di fatto ci sono anche quelle di diritto, complessi di beni unificati da
una destinazione giuridica. (eredità)

I frutti sono i proventi economici ricavabili da una cosa.


I frutti naturali sono le cose materiali che si ricavano direttamente dalla cosa madre. (prodotti
agricoli, legna..)
I frutti civili sono il reddito pecuniario che si ricava da una cosa in virtù di un rapporto
giuridico. (interessi capitali)
I frutti naturali diventano autonomi oggetti di proprietà a seguito della separazione dalla cosa
madre.
I frutti civili si distaccano dal capitale al momento della loro maturazione.

Il patrimonio è il complesso di beni suscettibili di valutazione economica e facenti capo ad un


soggetto.

Capitolo XIV. LA PROPRIETA’

I diritti reali conferiscono un potere immediato e assoluto su una cosa. Si distinguono in


diritti reali di godimento e di garanzia a seconda che conferiscano poteri di godimento o
garanzia.
Diritto di godimento per eccellenza è la proprietà, a fronte della quale si collocano i diritti
reali su cosa altrui (la superficie, l’usufrutto, l’abitazione, l’uso e la servitù.
Diritti reali di garanzia sono il pegno e l’ipoteca.
I caratteri dei diritti reali sono l’immediatezza, che indica la diretta soggezione della cosa al
potere del titolare del diritto reale; l’assolutezza, indica la tutelabilità del diritto nella vita di
relazione e l’esperibilità di esso nei confronti di chiunque sia destinatario dei suoi effetti;
l’inerenza, designa l’opponibilità del diritto a chiunque possieda la cosa o vanti un diritto su
essa.
Oggetto di questi diritti sono le cose materiali che si caratterizzano per la loro materialità e
specificità.
La specificità sta ad indicare che l’oggetto deve essere una cosa specifica e attualmente
esistente.

I diritti reali sono assoggettati al principio del numero chiuso, che indica la tipicità legale
necessaria dei diritti reali. Non è dato ai privati creare figure di diritti reali al di fuori di quelle
previste dalla legge né modificarne il regime.

Le obbligazioni reali sono obbligazioni collegate alla proprietà o altro diritto reale su cosa
immobile.
Esempi sono l’obbligo dell’usufruttuario di corrispondere al concedente gli interessi sulle
somme da questi pagate per le riparazioni straordinarie; l’obbligo del concedente dell’acqua
di una fonte di eseguire la manutenzione necessaria per consentire agli utenti l’utilizzazione
dell’acqua; l’obbligo dei comproprietari di contribuire alle spese necessarie per la
conservazione e il godimento della cosa comune.
In quanto le obbligazioni reali sono collegate alla proprietà di un immobile, il debitore può
liberarsene mediante l’abbandono di esso.

L’onere reale è un vincolo che inerisce ad un immobile e obbliga tutti i successivi proprietari al
pagamento di prestazioni periodiche.
Rispetto all’obbligazione reale l’onere ha per oggetto somme di denaro o altre cose generiche.
Inoltre, l’immobile è vincolato dal soddisfacimento del diritto di credito.

Il diritto di proprietà ha per contenuto la facoltà di godere e disporre delle cose in modo pieno
ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento
giuridico.
Il proprietario può disporre delle cose in senso giuridico e in senso materiale.

I caratteri della proprietà sono:


a) Realità. La proprietà è il massimo dei diritti reali. La realità del diritto comporta
l’immediatezza, l’assolutezza, l’inerenza e la materialità dell’oggetto.
b) Pienezza: la generalità del potere di godimento e disposizione del bene. Essa non è
contraddetta dalla presenza di limiti pubblicistici e privatistici poiché la generalità…
vale per la parte in cui non è limitato il diritto di proprietà. Il proprietario può fare del
suo bene tutto ciò che non è vietato.
c) Elasticità: idoneità del diritto a riespandersi automaticamente nel suo normale
contenuto a seguito del venir meno dei limiti che lo comprimevano.
d) Esclusività. Il proprietario può escludere altri dal godimento della cosa.
e) Indipendenza. Il diritto di proprietà non presuppone altri diritti sulla cosa.
f) Imprescrittibilità. La prop. è un diritto imprescrittibile, quindi il proprietario può
rivendicare in ogni tempo le sue cose. Il suo diritto di prop. non si estingue per il
mancato esercizio.
g) Perpetuità. Esso non ha limiti di tempo, non si estingue per prescrizione. Ai privati è
fatto divieto di creare forme temporanee di proprietà, anche se la legge può
eccezionalmente prevedere ipotesi di prop. temporanea.

La nostra Costituzione non include la prop. tra i diritti “inviolabili”, ma enuncia due principi
basilari.
Il principio della garanzia costituzionale ha un duplice significato: 1) garanzia dell’istituto della
prop. privata; 2) garanzia del soggetto proprietario. Quest’ultimo è a salvaguardia del diritto
contro le espropriazioni abusive. La prop. privata può essere espropriata solo nei casi
preveduti dalla legge e per motivi di interesse generale.
Il principio della funzione sociale. La legge determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti
della proprietà allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La Costituzione impone il raccordo tra interesse individuale e interessi collettivi.

Si distingue tra prop. fondiaria e prop. edilizia.


La prop. fondiaria ha ad oggetto immobili. Ad essa si applicano le norme sui confini e i
rapporti di vicinato.
La prop. edilizia ha come oggetto edifici costruiti o in via di costruzione e suolo edificabili. È
soggetta a vincoli urbanistici e ai limiti della facoltà di edificare, subordinata
all’autorizzazione o licenza dell’Autorità comunale.
Le convenzioni urbanistiche sono contratti stipulati tra i privati proprietari e i Comuni in
ordine a un determinato programma di urbanizzazione. Particolare rilievo hanno le
convenzioni di lottizzazione con le quali i privati si impegnano alla cessione gratuita delle aree
destinate alle opere di urbanizzazione e alla parziale assunzione dei carichi relativi alla loro
esecuzione.
La cessione di volumetria è il contratto mediante il quale il proprietario di un fondo attribuisce
ad altri il diritto di utilizzare la propria volumetria. Le norme urbanistiche fissano la misura
entro la quale l’area di una data zona può essere edificata. Il proprietario di ciascun fondo
gode di uno spazio volumetrico di sfruttamento edilizio, la volumetria. A seguito della
cessione di volumetria il cessionario può costruire come se fosse proprietario di entrambi i
fondi.

Il codice ha sancito il divieto degli atti emulativi. I requisiti della emulatività sono:
a) L’esercizio del diritto di proprietà. L’atto emulativo consiste in un atto di esplicazione
della facoltà di godimento o di disposizione della cosa.
b) La finalità pregiudizievole: la dolosa intenzione di arrecare ad altri danno o molestie.
Es.: la costruzione di un muro di cinta molto alto che impedisca la veduta del vicino.
c) L’inutilità dell’atto: la mancanza di un interesse obiettivamente apprezzabile al suo
compimento.
d) Il danno e la molestia altrui.

La prop. fiduciaria è la prop. attribuita ad un soggetto detto fiduciario, obbligato a gestire e a


disporre dei beni oggetto della fiducia nell’interesse di un altro soggetto, il fiduciante.
Tradizionali esempi sono quelli a seguito di alienazioni a causa di garanzia o di salvaguardia
contro il pericolo di espropriazioni.

Es.: il proprietario fugge all’estero e aliena ad un amico i beni che non può portare con sé, col patto che
al rientro in patria i beni gli siano restituiti.

Capitolo XXIV. IL RAPPORTO OBBLIGATORIO

L’obbligazione è il dovere giuridico in forza del quale un soggetto, il debitore, è tenuto ad una
determinata prestazione patrimoniale per soddisfare l’interesse di un altro soggetto, il
creditore.
Tra debitore e creditore c’è un rapporto obbligatorio, che si struttura in due posizioni
correlative, una passiva, il debito, e una attiva, il credito.

Elementi costitutivi dell’obbligazione sono: le due posizioni di credito e di debito, la


prestazione e l’interesse del creditore.
Il debito è la situazione giuridica passiva del rapporto obbligatorio, comunemente indicata
come obbligazione. Debito = obbligazione.
L’obbligazione è un dovere a contenuto patrimoniale e un dovere specifico che si differenzia
dai doveri generici che si impongono, invece, nei confronti della generalità dei consociati. Va
distinta anche dalla soggezione, che è la posizione passiva del destinatario di un potere altrui,
e dall’onere, che è un comportamento del soggetto per il soddisfacimento di un interesse
proprio.
Il credito è il diritto all’adempimento, cioè il diritto del creditore all’esecuzione della
prestazione dovutagli.
La prestazione è l’oggetto del rapporto obbligatorio e l’interesse del creditore è l’elemento
funzionale. L’interesse è in genere un bisogno di beni o servizi. Non deve necessariamente
essere un interesse economico. La prestazione deve avere un carattere patrimoniale e deve
corrispondere ad un interesse anche non patrimoniale del creditore.

La preminenza pubblica dell’Amministrazione non altera la struttura del rapporto


obbligatorio poiché le figure di debito e credito si pongono su un piano di formale parità
giuridica.
Le obbligazioni dell’Amministrazione si distinguono in private, se derivano dal contratto o
dalle altre fonti del diritto comune, e pubbliche se hanno fonte in un’attribuzione normativa
pubblica o in un atto amministrativo.

L’obbligazione naturale è un dovere morale o sociale giuridicamente non vincolante. Sussiste


quando l’atto è moralmente o socialmente necessario.

Es.: dovere morale: assistenza familiare come il dovere di assistere il convivente.


dovere sociale: i debiti di giuoco e scommessa.

L’adempimento all’obbligazione naturale è un atto gratuito ma bisogna distinguerlo dalla


donazione che non risulta necessaria alla stregua di un’obiettiva valutazione sociale.
Requisiti dell’adempimento dell’obbligazione naturale:
a) La forma. Non costituisce donazione e non richiede la forma dell’atto pubblico.
b) La spontaneità. Adempimento eseguito senza coazione.
c) La proporzionalità. Deve essere adeguatamente proporzionato ai mezzi di cui dispone
l’adempiente e all’interesse da soddisfare.

Capitolo XXV. LE FONTI DELL’OBBLIGAZIONE

Le fonti dell’obbligazione sono le fattispecie idonee a produrre rapporti obbligatori. Fonti


tipiche di obbligazione sono il contratto e l’atto illecito. Altre:

La promessa unilaterale è il negozio unilaterale mediante il quale il soggetto si impegna ad


eseguire una determinata prestazione.
Il principio di tipicità è la conferma del principio di esclusività del contratto.

La promessa al pubblico è il negozio mediante il quale un soggetto s’impegna pubblicamente


ad eseguire una prestazione a favore di chi si torvi in una determinata situazione o compia
una determinata azione.
È un atto gratuito, spesso con scopo di pubblicità o di ricompensa.
Il fine altruistico non va confuso con la donazione che avviene nei confronti di un determinato
beneficiario.
La promessa è vincolante dal moneto in cui è resa pubblica e può essere revocata solo per
giusta causa, ma non dopo che l’azione sia stata compiuta.
Il promittente può non essere obbligato da quel momento se il diritto del beneficiario è
subordinato ad una previsione futura e incerta.

Es.: darò 100 a chi scoprirà una cura contro una data malattia.

Se la promessa concerne eventi o fatto futuri ma certi, essa è immediatamente obbligatoria.

Es.: darò 100 allo studente che avrà conseguito la votazione più alta.

Se l’azione è stata compiuta da più persone separatamente, la prestazione promessa spetta a


colui che per primo ne ha dato notizia al promittente.

Si ha gestione degli affari altrui quando il soggetto assume, consapevolmente e senza obblighi,
la cura dell’interesse di chi non è in grado di provvedervi.
È disciplinata dalla legge tra le fonti non contrattuali dell’obbligazione.
Le obbligazioni principali sono il continuare la gestione intrapresa per il gestore e adempiere
alle obbligazioni assunte in suo nome e rimborsare le spese sostenute per l’interessato.
Oggetto della gestione è qualsiasi attività giuridica o materiale utile per il patrimonio o la
persona dell’interessato.
Presupposti della gestione di affari altrui sono:
a) L’impedimento dell’interessato a provvedere al proprio interesse.
b) La consapevolezza del gestore di curare interessi altrui e non credere che sia un affare
proprio.
c) La spontaneità del gestore.
d) Il presupposto dell’utilità iniziale della gestione.

Il pagamento dell’indebito è l’esecuzione di una prestazione non dovuta.


Si ha indebito oggettivo quando l’adempiente esegue una prestazione in base ad un titolo
inesistente o inefficace.
Si ha indebito soggettivo quando l’adempiente esegue un debito altrui nell’erronea credenza
di essere egli il debitore.
Chi riceve il pagamento non dovuto è tenuto alla restituzione.
Si distingue dal fatto illecito perché qui la lesione è causata dallo stesso danneggiato. Gli
estremi dell’illecito possono tuttavia sussistere nei casi in cui la prestazione sia stata estorta
con violenza o con dolo.
Elementi dell’indebito oggettivo sono:
a) Pagamento. Non è solamente la dazione di denaro ma in generale qualsiasi
conferimento di beni.
b) La mancanza del titolo. Indica l’assenza dell’obbligo di eseguire la prestazione che non
è dovuta.

Capitolo XXXIV. IL CONTRATTO E L’AUTONOMIA PRIVATA

Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un
rapporto giuridico patrimoniale.
Due momenti essenziali del contratto.
Il momento soggettivo identifica il contratto quale atto decisionale delle parti, come accordo.
Il momento oggettivo identifica il contratto come autoregolamento di rapporti giuridici
patrimoniali.
Il principio dell’autonomia privata è il potere del soggetto di determinare liberamente il
contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e il potere del soggetto di
autodeterminare i propri rapporti con i terzi mediante contratti tipi o atipici diretti a
realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
L’autonomia privata può esser vista come un diritto di libertà, quindi come un diritto
fondamentale della persona.
Questo valore trova inoltre riconoscimento nel principio della libertà di iniziativa economica
che non deve essere in contrasto con l’utilità sociale o pregiudicare la sicurezza, la libertà e la
dignità umana delle persone.

Il negozio giuridico è l’atto di volontà diretto ad uno scopo rilevante per l’ordinamento
giuridico. Vi rientrano tutti gli atti di autonomia privata.
Il contratto va distinto dalla delibera, atto decisionale del gruppo, atto col quale il gruppo
manifesta la volontà in ordine ad un interesse di sua competenza.
Ciascun partecipante concorre ad una decisione in ordine ad un interesse del gruppo.

I rapporti contrattuali di fatto sono i rapporti modellati secondo il contenuto di un


determinato contratto tipico, che non scaturiscono da atti di autonomia privata ma da un
mero contatto sociale. Esempio è il rapporto di lavoro subordinato, rapporto costituito per
legge nonostante la nullità del contratto. Il datore di lavoro è, perciò, tenuto al pagamento
della retribuzione e a tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro.

Capitolo LIII. LA RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE

La responsabilità è la soggezione all'obbligo del risarcimento del danno per la violazione di un


dovere giuridico .
Tale responsabilità è detta personale e deve essere distinta rispetto alla responsabilità
patrimoniale.
La responsabilità personale si distingue in:
- responsabilità contrattuale: sanziona l'inadempimento dell'obbligazione quale dovere
specifico verso un determinato soggetto (detto creditore)
- responsabilità extracontrattuale o da illecito civile: è la responsabilità sancita a carico
dell'autore del fatto doloso o colposo che provoca ad altri un danno ingiusto (illecito civile).
Il dato che accomuna le due responsabilità è la sanzione del risarcimento del danno per la
violazione di un dovere giuridico: obbligo specifico nei confronti del creditore (resp.
contrattuale) e obbligo generico nei confronti dei consociati (resp. extracontrattuale).
Distinzioni tra resp. contrattuale e resp. extracontrattuale:
1) la resp. contrattuale non presuppone la capacità di intendere e di volere del soggetto, cosa
prevista nella resp. extracontrattuale.
2) se l'inadempimento non è dovuto a dolo, il debitore è tenuto a risarcire solo i danni
prevedibili, mentre l'autore del fatto illecito è tenuto a risarcire tutti i danni arrecati
3) il creditore non ha l'onere di provare la colpa del debitore, mentre il danneggiato da fatto
illecito ha l'onere di provare la colpa dell'autore del fatto illecito
4) il creditore non ha l'onere di provare l'inadempimento mentre il danneggiato da fatto
illecito deve provare tale fatto.
5) oltre al risarcimento del danno, comune ad entrambe le responsabilità, ci sono rimedi
specifici per l'inadempimento
6) il diritto al risarcimento del danno per inadempimento è previsto entro 10 anni, mentre il
diritto al risarcimento da illecito è previsto in 5 anni.
In realtà la distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale si è
affievolita nella giurisprudenza.
In particolare la giurisprudenza ha identificato figure di responsabilità contrattuale in ipotesi
di rapporti contrattuali di fatto o di contratto sociale.
La responsabilità da contratto sociale è un'ipotesi di responsabilità da inadempimento
dell'obbligazione che nasce dal "contratto sociale" tra due soggetti che non hanno posto in
essere alcuna relazione contrattuale.

L'inadempimento è la mancata o inesatta esecuzione della prestazione dovuta.


Si distingue in:
- inadempimento totale (prestazione del tutto ineseguita)
- inadempimento inesatto (prestazione qualitativamente o quantitativamente inesatta)
L'inadempimento si distingue ancora in definitivo e ritardato.
Occorre poi distinguere tra inadempimento imputabile e non imputabile.

La responsabilità per inadempimento è prevista dal codice, nel senso che il debitore che non
esegue la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che
l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante
da causa a lui non imputabile.
Il debitore è responsabile fino al limite dell'impossibilità, definita come l'impedimento non
prevedibile né superabile con la dovuta diligenza.

Il debitore risponde dei fatti dolosi o colposi della persona di cui è ausiliario
nell'adempimento dell'obbligazione.
I presupposti della responsabilità del debitore per il fatto dell'ausiliario sono:
1. la posizione di ausiliario dell'autore del fatto
2. il carattere doloso o colposo del fatto
3. la connessione tra il fatto e le incombenze dell'ausiliario

Sono vietate dalla legge le clausole che escludono o limitano preventivamente la


responsabilità del debitore.
Devono inoltre essere assolutamente rispettati gli obblighi che riguardano l'esercizio di uffici
pubblici e privati; e gli obblighi sanzionati penalmente o derivanti dalla violazione di norme
penali.

In giudizio, il creditore deve dare prova del suo diritto di credito nei confronti del debitore. È
invece esonerato dall'onere della prova dell'inadempimento. Questo perché la presunta
persistenza del credito implica il presunto inadempimento del debitore; è quindi il debitore
che ha l'onere di provare di aver eseguito il pagamento.

La mora del debitore è il ritardo imputabile al debitore.


I presupposti della mora sono:
1. La scadenza del termine
2. L'imputabilità del ritardo
3. La richiesta del creditore
La mora che presuppone la richiesta del creditore → ex persona
La mora che si produce automaticamente per la scadenza del termine → ex re
Il codice prevede 3 ipotesi nelle quali il debitore è costituito in mora automaticamente, cioè
senza la richiesta del creditore:
A) quando il debito deriva da fatto illecito
B) quando il debitore ha dichiarato per iscritto che non eseguirà l'obbligazione
C) quando è scaduto il termine e il debito deve essere eseguito al domicilio del creditore

Il debitore che è in mora non è liberato dall'impossibilità della prestazione, in quanto si tratta
di un evento che il tempestivo adempimento dell'obbligazione avrebbe evitato.
Questo effetto è chiamato perpetuatio obligationis.

Capitolo LIV. LA RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE. L'ILLECITO

La responsabilità extracontrattuale è la responsabilità sancita a carico dell'autore del fatto


doloso o colposo che provoca ad altri un danno ingiusto (illecito civile).
Il principio generale della responsabilità extracontrattuale è enunciato nell'art. 2043
c.c. "Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che
ha commesso il fatto a risarcire il danno".
Gli elementi costitutivi dell'illecito civile sono:
1. Il fatto
2. Il dolo o la colpa
3. Il danno ingiusto
4. Il nesso di causalità tra il fatto e il danno

Elementi oggettivi:
1. il fatto → il fatto è la vicenda che causa il danno ingiusto.
Il fatto non consiste necessariamente ad un'azione umana, ma può consistere anche in una
vicenda della natura. Ciò che importa è che sia riferibile ad un autore, cioè ad un soggetto che
l'ha provocata o che aveva il dovere di impedirla.
Il fatto può essere istantaneo o permanente.
Può essere anche omissivo (in caso di omissione di soccorso sancito dall'art 593).
2. Il danno ingiusto → Il danno ingiusto è la lesione di un interesse giuridicamente tutelato
nella vita di relazione.
Il danno riguardante l'illecito viene chiamato evento lesivo o danno-evento.
3. Nesso di causalità
è il nesso di causalità tra il fatto e il danno.
Il danneggiato deve provare che il danno lamentato è stato provocato dal danneggiante o
comunque è derivato da un fatto imputato alla sua sfera giuridica.
Elementi soggettivi:
1. Il dolo.
Il dolo può definirsi come l'intenzionalità del fatto illecito.
Un fatto illecito doloso è un fatto intenzionale.
I requisiti sono:
- la volontarietà del fatto
- la consapevolezza delle conseguenze dannose
- la consapevolezza dell'ingiustizia del danno
2. La colpa.
La colpa è l'inosservanza della diligenza dovuta nella vita di relazione.
Per esempio, un soggetto che tiene un comportamento non conforme ai canoni di diligenza è
in colpa anche se ha fatto del suo meglio per evitare il danno, senza riuscirci a causa della sua
incapacità personale o economica.
La colpa extracontrattuale si specifica negli aspetti della incuria, imprudenza, imperizia e
illegalità.
La colpa si distingue in lieve o grave, a seconda del grado di diligenza dovuto.
- la colpa lieve è la violazione dell'ordinaria diligenza
- la colpa grave è la violazione della diligenza minima
L'inosservanza della diligenza professionale designa la colpa professionale, mentre
l'inosservanza della diligenza alla quale tutti i consociati sono tenuti nella vita di relazione,
designa la colpa comune.

La prova della colpa è a carico del danneggiato (una delle maggiori differenze con la
responsabilità contrattuale, dove è il debitore a dover provare la sua mancanza di colpa).

I soggetti passivi della responsabilità extracontrattuale sono le persone fisiche, a prescindere


dalla loro cittadinanza.
Le persone fisiche possono essere vittime dell'illecito fin dal momento del concepimento, in
quanto da quel momento la persona è portatrice di interessi che esigono il rispetto altrui.
L'idoneità ad essere soggetti attivi della responsabilità extracontrattuale compete sia alle
persone fisiche che agli enti dotati di soggettività giuridica.
La legge non fissa un limite di età per la capacità extracontrattuale ma pone come limite la
capacità di intendere e di volere del soggetto.

La responsabilità solidale è la responsabilità imputabile a più persone per il medesimo evento


lesivo.
La legge stabilisce che ciascuno è responsabile per intero nei confronti del danneggiato.
Presupposti:
1. L'unicità del danno
2.la sua imputabilità a più persone

Gli interessi maggiormente tutelati nella vita di relazione sono gli interessi fondamentali della
persona.
La clausola generale (art.2 Cost.) che sanziona la tutela dei diritti fondamentali dell'uomo ha
consentito il riconoscimento di diritti che non sono specificati nel codice o nella stessa
Costituzione, ma che rispondono a sicure istanze della società (riservatezza, identità
personale ecc..).
La tutela extracontrattuale dei diritti fondamentali pone due problemi:
1. il primo riguarda i limiti che i singoli diritti incontrano nel rispetto degli interessi
altrui, e anche i limiti che incontra la tutela della riservatezza in contrasto con il diritto
di cronaca, la libertà del pensiero critico, satirico e scientifico.
2. l'altro problema riguarda la risarcibilità delle lesioni dei diritti fondamentali.

Un consolidato orientamento giurisprudenziale riconosce ai familiari della vittima da


uccisione il risarcimento del danno. In questa ipotesi i familiari non fanno valere un diritto
della vittima ma un proprio diritto di risarcimento per un danno che essi hanno subito, ovvero
la lesione del vincolo familiare che legava il danneggiato alla vittima.

La libertà negoziale, quale diritto alla libera esplicazione dell'autonomia privata, è un diritto
tutelato nella vita di relazione contro le intromissioni dei terzi volte ad alterarne l'esercizio.
Essa è tutelata contro la violenza e il dolore

La lesione della proprietà altrui mediante fatti dolosi o colposi rappresenta un danno ingiusto,
in quanto provoca la lesione di un diritto soggettivo assoluto.
La distruzione o il deterioramento di una proprietà altrui lede il diritto reale di godimento
proprio del titolare/proprietario.
Danno ingiusto è anche la lesione dolosa o colposa di diritti su beni immateriali (es.diritto
d'autore).

Tra i «nuovi» diritti tutelati dalla responsabilità civile vi è il diritto all'informazione.


Bisogna però distinguere dove sussiste e dove non sussiste il dovere legale all'informazione.
Doveri legali di informazione- il dovere d'informazione è volto a scongiurare il pericolo di
danni a terzi e viene riconosciuto come un aspetto della diligenza.
Di particolare rilevanza è l'informazione che è tenuto a dare il personale medico: questo
dovere di informazione punta ad avere il "consenso informato" del paziente, cioè a garantire
che il paziente accetti una cura nella piena consapevolezza di quali siano i benefici e di quali
siano i rischi. L'omessa o incompleta informazione è fonte di responsabilità extracontrattuale
per il medico, e comporta il risarcimento del danno.
Informazioni legalmente non dovute- chi non è legalmente tenuto ad informare non è
responsabile per omessa informazione, ma può esserlo per inesattezze dell'informazione.
Chi usa mezzi di informazione diffusi è responsabile se diffonde notizie errate che causano
danni ingiusti. La notizia diffusa può compromettere anche l'onorabilità o la riservatezza di
determinate persone, ma la responsabilità dell'autore della notizia è esclusa se prevale il
diritto di cronaca.
Al riguardo, la giurisprudenza ha elaborato specifiche regole che il giornalista deve rispettare
(decalogo del giornalista). Il diritto di cronaca tutelato dalla Costituzione(art.21) deve infatti
essere bilanciato con altri diritti fondamentali della persona.

L’interesse legittimo è l'interesse alla legittimità degli atti amministrativi.


La sua lesione determina il risarcimento del danno.

Capitolo LV. LE ESIMENTI DI RESPONSABILITÀ

Le esimenti di responsabilità sono in generale le circostanze che escludono la responsabilità


dell'autore del fatto dannoso.
Le esimenti si distinguono in:
1. esimenti personali di responsabilità → non autorizzano il compimento del fatto ma lo
giustificano
2. esimenti oggettive di responsabilità → rimuovono il divieto di legge e non consentono
al danneggiato alcun rimedio.

ESIMENTI PERSONALI DI RESPONSABILITÀ:


Incapacità
L'autore del fatto dannoso è esente da responsabilità se al momento di commetterlo era
incapace d'intendere e di volere.(art. 2046 c.c.)
L'incapacità naturale è un'esimente personale di responsabilità sancita a tutela dell'incapace.
In questi casi la responsabilità è del sorvegliante(genitori, tutore ecc) che è tenuto al
risarcimento del danno.
Caso fortuito e forza maggiore
Il caso fortuito e la forza maggiore indicano un evento non prevedibile né superabile con la
dovuta diligenza.
Caso fortuito e forza maggiore hanno lo stesso significato: il caso fortuito evidenzia l'aspetto
dell'imprevedibilità, mentre la forza maggiore quello dell'irresistibilità.
Lo stato di necessità
Lo stato di necessità è una situazione di fatto che costringe il soggetto a compiere un fatto
lesivo del diritto altrui al fine di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla
persona, non volontariamente causato né altrimenti evitabile.
L'autore del fatto è esentato dall'obbligo di risarcimento del danno ma è comunque tenuto al
pagamento di un'indennità determinata dal giudice.
Lo stato di necessità costituisce un'ipotesi di forza maggiore: si tratta infatti di un evento che
rende impossibile il rispetto del diritto altrui, in quanto implica un sacrificio superiore del
normale.
Presupposti:
-il fatto dannoso
-il pericolo attuale e non evitabile
-la strumentalità
-la proporzionalità del fatto dannoso rispetto alla salvezza

ESIMENTI OGGETTIVE DI RESPONSABILITÀ:


La legittima difesa
Il codice sancisce la non responsabilità di chi compie il fatto dannoso per legittima difesa di sé
o di altri (art. 2044 c.c.).
La legittima difesa è prevista anche dal codice penale, che stabilisce la non punibilità di chi
commette il fatto per esservi costretto dalla necessità di difendere un proprio diritto.
La difesa deve ovviamente essere proporzionata all'offesa (art. 54 c.p.).
L'aggressore non può ne pretendere di essere risarcito ne può avvalersi a sua volta della
legittima difesa.
Presupposti:
-pericolo attuale e inevitabile
-aggressione altrui
-strumentalità e proporzionalità della difesa

Il consenso dell'avente diritto è l'atto mediante il quale il soggetto autorizza un fatto lesivo del
proprio diritto.
Il codice penale prevede la non punibilità di chi lede o mette in pericolo un diritto col
consenso della persona che lo dispone (art. 50c.p.).
Ovviamente il consenso deve essere prestato da chi è legittimato a disporre del diritto, e
occorre che il soggetto sia capace.

Chi esercita un diritto non è responsabile anche nel caso in cui lede un interesse altrui, in
quanto il titolare si avvale di una posizione di vantaggio che gli è legalmente riconosciuta e
che prevale sugli interessi altrui.
È però necessario che il titolare non valichi i limiti del suo diritto, limiti che possono consiste
nei diritti altrui.
Presupposti:
-utilità sociale dell'informazione
-la verità oggettiva dei fatti imposti
-la forma "civile" dell'esposizione dei fatti

Un'altra causa di esenzione dalla "punibilità" , è l'adempimento di un dovere imposto da una


norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità (art. 51c.p.).

Capitolo LVI. RESPONSABILITÀ SPECIALI

La responsabilità oggettiva è la responsabilità che prescinde dalla colpa.


La responsabilità aggravata è la responsabilità in cui la colpa è presunta, salvo la prova del
caso fortuito.
La responsabilità oggettiva o aggravata rientrano nell'area delle responsabilità speciali , in
quanto non sono incluse nelle norme generali dell'illecito civile. Si tratta però sempre di
illeciti civili in quanto basate sul medesimo fondamento: la violazione del dovere di rispetto
altrui.

SINGOLE FIGURE DI RESPONSABILITÀ AGGRAVATA


Responsabilità dei genitori
I genitori e i tutori sono responsabili dei danni causati dai figli minori e dalle persone soggette
alla loro tutela(art. 2048 c.c.)
Entrambi i genitori sono responsabili in via solidale. La responsabilità dei genitori è una
responsabilità per fatto altrui ed essi possono provare di non aver potuto impedire il fatto.
La vigilanza dei genitori consiste nel controllare o eventualmente vietare che il figlio
intraprenda attività illecite. Il dovere di sorveglianza è inoltre sospeso per il tempo in cui il
minore è affidato ad insegnanti o svolga un'attività presso terzi.
Responsabilità degli insegnanti
Oltre ai genitori, anche gli insegnanti sono tenuti a rispondere di fatti illeciti del minore sotto
la loro sorveglianza. Come per la responsabilità dei genitori, anche quella degli insegnanti è
una responsabilità indiretta, in quanto rispondono per il fatto commesso da altri (gli allievi).
La responsabilità degli insegnanti si basa su una colpa presunta, cioè sulla presunzione di
negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza.
Responsabilità del sorvegliante per il fatto dell'incapace
Colui che è incapace di intendere e di volere non risponde per i danni arrecati a terzi, ma
risponde chi era tenuto alla sua sorveglianza, salvo la prova di non aver potuto impedire il
fatto.
Presupposti:
-il fatto obiettivamente illecito compiuto da persona incapace di intendere e di volere
-il dovere di sorveglianza dell'incapace
Il danneggiato che non ottiene il risarcimento del danno dal sorvegliante(in quanto è riuscito
a provare di aver adottato tutte le cautele appropriate per impedire il fatto) può chiedere che
il giudice condanni l'incapace a un indennizzo(art. 2047 c.c.).
Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose
Chi svolge un'attività pericolosa è tenuto a risarcire il danno causato, salvo che provi di aver
adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (art.2050c.c.).
La giurisprudenza definisce come pericolose quelle attività che per loro stessa natura o per i
mezzi adoperati, comportano la rilevante possibilità di un danno.
La giurisprudenza ha considerato come pericolose: le attività edilizie, la produzione e
distribuzione di energia e gas in bombole, la produzione di farmaci, la caccia, gli sci...
La responsabilità è sia di chi svolge l'attività pericolosa che di chi la gestisce.
Responsabilità per danno da cose in custodia
Chi ha in custodia una cosa risponde del danno originato da essa, salvo la prova del caso
fortuito (art 2051 c.c.).
La prova del caso fortuito è la prova che il danno si è verificato per un evento non prevedibile
né superabile con la diligenza adeguata.
Responsabilità per danno da animali
Chi possiede o si serve di un animale, risponde del danno causato da questo, anche se
smarrito o fuggito, salvo la prova del caso fortuito (art.2052 c.c.).
Il presupposto principale è che il danno sia obiettivamente causato dall'animale.
In questo caso la prova del caso fortuito è la prova che il danno si è verificato per l'insorgenza
di un evento non prevedibile né superabile con l'adeguata diligenza.

SINGOLE FIGURE DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA


La responsabilità dei preponenti
I preponenti sono responsabili per gli illeciti compiuti dai preposti nell'esercizio delle
incombenze loro affidate (art. 2049 c.c.).
La responsabilità dei preponenti è una responsabilità oggettiva per fatto altrui: in quanto i
preponenti devono risarcire il danno arrecato dai preposti.
Presupposti:
-il rapporto di preposizione → rapporto mediante il quale un soggetto si appropria
dell'attività
altrui.
-il fatto illecito del preposto
-la proporzione tra incombenze e danno
La responsabilità per danni nucleari
La potenzialità dannosa dell'energia nucleare ha sollecitato l'istituzione di organismi di
controllo sul reperimento e l'utilizzazione di materiali radioattivi.

Capitolo LVIII. IL RISARCIMENTO DEL DANNO

Il risarcimento del danno è il ristoro del pregiudizio causato dall'inadempimento o dall'illecito


civile.
Il ristoro può consistere nella dazione di una somma di denaro o nella rimozione diretta del
danno stesso.
Il danno può essere inteso come:
- evento lesivo (quando viene leso un interesse giuridicamente tutelato).
-effetto economico negativo (consiste nel danno emergente e nel lucro cessante)
Il danno emergente è definito come la perdita subita dal creditore: designa la diminuzione
della sfera patrimoniale del creditore conseguente all'illecito o all'inadempimento.
Il lucro cessante è il guadagno patrimoniale netto che viene meno al creditore a causa
dell'illecito o dell'inadempimento.
Il risarcimento del danno deve adeguarsi al danno effettivamente subito dal creditore, il quale
non deve ricevere ne più ne meno di quanto necessario in relazione alla lesione subita.

Uno degli elementi costitutivi del diritto di risarcimento del danno è il nesso di causalità che
intercorre tra l'inadempimento e il danno.
Viene definito come quella relazione tra due eventi che identifica l'uno come conseguenza
dell'altro.

Se il fatto colposo del danneggiato ha concorso a produrre il danno, il risarcimento è


diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Il fondamento di questo principio è nell'esigenza che il danneggiante non sia chiamato a
risarcire danni che egli stesso non ha causato.

Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando la
necessaria diligenza (art. 1227 c.c.)
Questa norma sancisce l'obbligo da parte del danneggiato di attivarsi per limitare i danni
prodotti dal danneggiante.

La compensazione del lucro col danno è il principio secondo il quale la determinazione del
danno risarcibile deve tener conto degli effetti vantaggiosi per il danneggiato che hanno causa
diretta nel fatto dannoso.

Il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l'obbligazione
(art. 1225 c.c.).
La regola della prevedibilità del danno è usata per contenere l'obbligo di risarcimento del
danno.
Il danno prevedibile è il danno di cui è probabile l'accadimenti secondo un giudizio
normalmente diligente.
Il creditore e la vittima dell'illecito possono chiedere il risarcimento dei danni futuri.
I danni futuri sono quei danni di cui si prevede con certezza il verificarsi in un tempo
successivo alla domanda di risarcimento o alla sentenza.

Il danno che non può essere provato nel suo preciso ammontare è determinato dal giudice con
valutazione equitativa, cioè secondo equità (art.1226 c.c.).
La valutazione equitativa è un giudizio di mediazione tra le probabilità positive e negative del
danno effettivo.

Il danno non patrimoniale è la lesione di interessi non economici, ossia la lesione di interessi
che alla stregua della coscienza sociale sono insuscettibili di valutazione economica.
Il codice sancisce la regola della risarcibilità dei danni non patrimoniali solo nei casi
determinati dalla legge(art.2059 c.c.).
In questa categoria rientrano: il danno morale soggettivo e la lesione di interessi essenziali
alla persona.

Il danno biologico è il danno rappresentato dalle lesioni dell'integrità psicofisica e della salute
a prescindere dagli effetti economici negativi.
Nel danno biologico rientrano: invalidità, menomazioni, deturpazioni, impotenze sessuali ecc..
È risarcibile.

Il danno esistenziale è il danno derivante dal deterioramento della qualità della vita.
A causa di vari contrasti verificatesi all'interno della Cassazione, è stato necessario un
chiarimento da parte delle Sezioni Unite. Esse non hanno negato la risarcibilità ma hanno
affermato che:
1. il danno esistenziale è risarcibile solo nelle ipotesi di seria alterazione della qualità
della vita
2. deve trattarsi di un danno derivante dalla violazione dei diritti di personalità
3. il danno esistenziale è una sottocategoria del danno non patrimoniale

Il danno da morte (TANATOLOGICO)


La Corte di Cassazione ha riconosciuto che il bene della vita deve essere giuridicamente
tutelato in via risarcitoria, più degli altri beni essenziali della persona. Il risarcimento
prescinde dalla durata dell'agonia o dalla consapevolezza della vittima dellla sua morte
imminente (art.1226 c.c.).

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