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società Italiana di chirurgia della mano

AttI cOnGReSSO SIMI

11° Congresso Nazionale SIMI Foggia 10-11 ottobre 2014

COSA È “IN” COSA È “OUT” IN CHIRURGIA


DELLA MANO E DELL’ARTO SUPERIORE
NURSE POINT OF VIEW Foggia 10-11 ottobre 2014
 

Il Comitato scientifico e la segreteria organizzativa


non sono responsabili di eventuali errori, refusi o inesattezze.

Indice

11° CONGRESSO NAZIONALE S.I.M.I.

COSA È “IN” COSA È “OUT” IN CHIRURGIA DELLA MANO E


DELL’ARTO SUPERIORE NURSE POINT OF VIEW Foggia 10-11 ottobre 2014
atti del congresso

VENERDI’ 10 OTTOBRE 2014


Sala 3
14:30-16:15 - CONGRESSO SIMI
Il lembo libero ed il suo monitoraggio nel corso degli anni in chirurgia della mano
Sabina Ferroni, Milano________________________________________________________________________ pag. 3

Lipofilling e chirurgia della mano: la mia esperienza


Luca Colombo, Milano ________________________________________________________________________ pag. 4

L’assistenza infermieristica pediatrica in sala operatoria


Elisabetta Montonati, Milano___________________________________________________________________ pag. 5

L’importanza dell’immobilizzazione in chirurgia della mano


Giovanni Dezio, Modena_______________________________________________________________________ pag. 6

16:30-17:00 - CONGRESSO SIMI


Protocolli assistenziali nei pazienti affetti da epidermolisi bollosa
Loredana Lambresa, Foggia____________________________________________________________________ pag. 7

Management di Sala Operatoria nei pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa


Antonio Albanese, Foggia______________________________________________________________________ pag. 9

SABATO 11 OTTOBRE 2014


Sala 3
09:00-10:30
WORKSHOP SIMI: IL WOUND CARE IN CHIRURGIA DELLA MANO
E DELL’ARTO SUPERIORE È IN O OUT?

Le medicazioni avanzate in chirurgia della mano


Elena Salini, Padova__________________________________________________________________________ pag. 11

11:00-13:00
WORKSHOP SIMI LA PLACCA HUB CAP ACUME PER L’ARTRODESI 4 ANGOLI
Alessandro Guarducci, Firenze _________________________________________________________________ pag. 12
3 11° congresso nazionale airm - atti del congresso

IL LEMBO LIBERO E IL SUO MONITORAGGIO NEL CORSO DEGLI ANNI IN


CHIRURGIA DELLA MANO
S. Ferroni, M. Riva

Milano

Il termine lembo definisce un tessuto o un insieme di tessuti che viene trasferito o trapiantato da una sede
donatrice ad una ricevente mantenendo intatta la propria circolazione. Grazie alla diffusione delle tecniche
microchirurgiche è stato sempre più possibile interrompere tutte le connessioni del lembo con la sede di pre-
lievo effettuando successivamente l’anastomosi del peduncolo vascolare ai vasi del sito ricevente, ottenendo in
questo modo un trapianto di tessuto. Viene di solito richiesto l’uso di un lembo nei casi in cui vi siano deficit
cutanei, oppure quando ci si trova di fronte a lesioni complicate e quando la ricostruzione ha un significato
funzionale o estetico.
Esistono numerosissime tipologie di lembo, con caratteristiche particolari a secondo del modello di vascolariz-
zazione, della forma, della sede di origine, del movimento a cui è soggetto nel suo trasferimento, del pedun-
colo che lo alimenta, del tessuto di cui è composto.
In base alla sede di origine distinguiamo due diversi tipi di lembi:
• lembi di vicinanza: un lembo le cui strutture provengano da zone in continuità anatomica con l’area rice-
vente da riparare;
• lembi a distanza: un lembo le cui strutture componenti provengano da zone anatomiche non in contigui-
tà e talvolta anche notevolmente distanti da quella da riparare. Questi vengono a loro volta suddivisi in:
- indiretti: quando il trasferimento deve essere eseguito in più tempi operatori. Si tratta in genere di lembi
con più peduncoli che attraverso successivi spostamenti vengono avvicinati all’area ricevente fino all’im-
pianto definitivo;
- diretti: nei quali il trasferimento può avvenire in un unico tempo operatorio. Un esempio di questa tipo-
logia di lembo è il lembo libero con anastomosi micro vascolari. A differenza di tutti gli altri tipi di lembi
nel lembo libero il peduncolo vascolare viene isolato, sezionato e direttamente anastomizzato con tecniche
microchirurgiche ai vasi presenti nell’area ricevente. Questi lembi consentono oggi di risolvere in un unico
tempo operatorio casi altrimenti non risolvibili se non a prezzo di ripetuti atti chirurgici e lunghi tempi
di degenza. Per contro richiedono una esecuzione accuratissima ed una indicazione corretta in quanto le
condizioni anatomiche, circolatorie e generali del paziente debbono consentirne la realizzazione.
Le complicanze micro vascolari nel trasferimento di tessuto libero in genere sono piuttosto rare, ma quando si
verificano compromissioni vascolari acute, il paziente deve essere immediatamente riportato in sala operatoria
per tentare di salvare il lembo.
I tassi di salvataggio di questi lembi liberi, secondo la letteratura, sono inversamente proporzionali all’inter-
vallo di tempo tra l’insorgenza del’ischemia e il suo riconoscimento clinico. Per questo motivo il monitoraggio
postoperatorio continuo dei lembi liberi rimane di grande importanza.
Il monitoraggio del decorso clinico post operatorio del paziente a cui è stato impiantato un lembo libero è di
competenza infermieristica, per cui è fondamentale l’osservazione e la valutazione continua della sede ope-
rata. Esistono diverse tecniche e dispositivi di monitoraggio, che agevolano questo compito, dai più semplici
e convenzionali a quelli più complessi e particolari. Questi strumenti a partire dagli anni 50 sono in continua
evoluzione con l’obiettivo in primis di arrivare ad un dispositivo di monitoraggio ideale che dovrebbe essere
innocuo per il paziente, in secundis di rendere il lembo, rapidamente reattivo, preciso, affidabile, e applicabile
a tutti i tipi di tessuti.
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LIPOFILLING E CHIRURGIA DELLA MANO: LA MIA ESPERIENZA


L. Colombo

Milano

Negli ultimi 10 anni si è andata sempre più affermando, per gli ottimi risultati clinici, la pratica del lipofilling,
consistente nell’innesto di piccolissimi lobuli di tessuto adiposo ottenuti mediante aspirazione con un apposito
ago cannula e analogamente collocati nel sito ricevente mediante iniezione transcutanea. La tecnica chirurgica
del lipofilling è costituita da tre tappe fondamentali: il prelievo del grasso, la sua purificazione tramite centrifu-
gazione e l’infiltrazione nell’area da trattare. Nella lipostruttura, il grasso non viene aspirato tramite un comune
liposuttore come avviene nella liposuzione (consistente nell’aspirazione del grasso tramite cannula a pressione
negativa), ma mediante una siringa da 10 ml con attacco Luer-Lock e con una cannula di 3 mm di diametro e
15 o 23 cm di lunghezza, i cui fori di ingresso hanno dimensioni tali da permettere il passaggio delle particelle
di tessuto adiposo attraverso il lume della siringa Luer-Lock. In questo modo, durante l’aspirazione, viene man-
tenuta una bassa pressione negativa che riduce il traumatismo del processo sugli adipociti, preservandone la
vitalità. Una volta che la siringa è stata riempita dal grasso aspirato, la cannula viene rimossa e un tappo Luer-
Lock viene posto sulla siringa per sigillarne l’apertura. La fase successiva è la purificazione: una volta rimosso
lo stantuffo, la siringa viene posizionata in una centrifuga sterilizzata e fatta centrifugare a per tre minuti. Con
la centrifugazione si formano nella siringa 3 strati:
• lo strato superiore è oleoso e costituito essenzialmente da materiale fuoriuscito da cellule adipose trau-
matizzate;
• lo strato inferiore è il più denso fra i tre ed è formato da sangue e soluzione fisiologica;
• lo strato intermedio contiene cellule adipose vive che saranno poi infiltrate nella zona da correggere.
Sia lo strato superiore che quello inferiore vengono rimossi rispettivamente usando garze assorbenti ed eser-
citando con lo stantuffo una lieve pressione; nella siringa rimane il solo strato intermedio. è infatti necessario
isolare il più possibile gli adipociti da trapiantare al fine di diminuire la risposta infiammatoria dopo il reim-
pianto.
La tecnica di Coleman utilizza come procedura di purificazione la centrifugazione. è stato dimostrato che gli
innesti di tessuto adiposo prelevati con la tecnica di Coleman, cioè con siringhe collegate a cannule, conten-
gono una quantità maggiore di cellule vive, dotate di funzionalità e capacità di attecchire, rispetto agli innesti
ottenuti mediante prelievo con aspirazione. Questa osservazione è riconducibile al fatto che, aspirando a bassa
pressione, il traumatismo del processo sulle cellule adipose è notevolmente ridotto.
Coleman ritiene che per proteggere gli adipociti durante il loro reimpianto, il prelievo deve mantenere la
propria architettura strutturale lobulare: i frammenti devono essere abbastanza grandi per conservare la pro-
pria architettura strutturale, e abbastanza piccoli per poter passare dalla cannula di 17-18 G. La lipostruttura
prevede che l’infiltrazione del grasso sia effettuata in tanti piccoli canali posti a diversi livelli, in ciascuno dei
quali un piccolo ago collegato alla siringa deposita una minima quantità (meno di 1 ml) di tessuto adiposo,
in modo da creare una struttura tridimensionale che favorisce la rivascolarizzazione e la maggiore longevità
dell’innesto.
Le indicazioni alla procedura in chirurgia della mano rientrano in 3 ambiti: estetiche, morfo-funzionali, e per
il trattamento del dolore. I pazienti trattati presentavano diversi tipi di lesione:
• cicatrici post traumatiche, guarite con difficoltà, che hanno sviluppato aderenze con le strutture profonde
(e quindi durante l’intervento possibilità di eseguire procedure come tenolisi e artrolisi);
• cicatrici post ustione;
• cicatrici e deficit di tessuto sottocutaneo dopo interventi correttivi su malformazioni congenite.
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ASSISTENZA INFERMIERISTICA AL PAZIENTE PEDIATRICO IN SALA


OPERAtOrIA
E. Montonati

Milano

Questo mio intervento vuole solo raccontare la nostra storia…


La nostra partenza da zero, con fatica, impegno e dedizione…
Abbiamo studiato, ci siamo messi in gioco… Ci siamo preparati ed abbiamo individuato un progetto di crescita
personale e professionale…
Alcuni di noi si sono sentiti particolarmente coinvolti ed hanno scelto di diventare la nostra struttura portante
in questo campo,non solo dedicando il proprio tempo lavorativo in questo settore,ma facendosi promotori di
iniziative coinvolgenti tutto il personale per una riqualificazione specifica nell’assistenza al paziente pediatrico
(protocolli,raccomandazioni,linee guida,ecc…).
Abbiamo seguito la linea del “sapere,saper fare,saper essere” mettendoci sempre a disposizione ed umilmente
imparando da chi ha più esperienza di noi.
Sottolineando che sempre e comunque,a parte la professionalità…l’empatia,l’armonia e un po’ di cuore fanno
sempre la differenza…
E NON E’ POCO!
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L’IMPORTANZA DELL’IMMOBILIZZAZIONE IN CHIRURGIA DELLA MANO


G. Dezio

Modena

“La coercizione o l’immobilizzazione protratta in una posizione non fisiologica esasperata mediante medica-
zioni o immobilizzazioni può risolversi in una rovina per la mano causando dolore, edema e sovvertimento
della normale dinamica funzionale.”
Lo scopo di questa relazione è quello di mettere in evidenza l’importanza del ruolo delle fasciature e delle
immobilizzazioni in genere che vengono effettuate a livello della mano e dell’arto superiore.
L’esperienza maturata all’interno di un pronto soccorso specifico dedicato alle patologie e traumatologia della
mano ha messo in evidenza come questo problema è molto attuale e richiede di essere affrontato.
Fin dagli albori della medicina dai vari studiosi è stata messa in evidenza la specifica peculiarità della mano.
La mano ci mette in contatto con il mondo esterno, ci permette di relazionarci con altre persone, ci permette
di lavorare, di accarezzare, quindi diciamo che ha un ruolo sociale molto importante.
Viste queste molteplici funzioni di questo organo è anche deducibile che è la parte del nostro organismo più
soggetta a traumatismi sia banali che gravissimi e nel momento che ci facciamo male ci accorgiamo della sua
importanza.
Per questo bisogna fare molta attenzione nel momento che andiamo ad eseguire un trattamento, specialmente
immobilizzante, perché se lo eseguiamo in modo scorretto possiamo sovvertire anche dei meccanismi psicolo-
gici di chi subisce il trattamento.
Quindi una corretta immobilizzazione porta ad una guarigione perfetta del danno subito.
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PROTOCOLLI ASSISTENZIALI NEI PAZIENTI AFFETTI DA EPIDERMOLISI


BOLLOSA
L. Lambresa

Coordinatore infermieristico U.O. Chirurgia Plastica Universitaria


Cattedra e Scuola di Specializzazione in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva ed Estetica - Università degli Studi di Foggia -
Direttore: Prof. A. PORTINCASA

INTRODUZIONE
I pazienti affetti da EB, sviluppano alterazioni cutanee anche gravi che frequentemente possono complicarsi
con infezioni cutanee superficiali e profonde.
Obiettivo del nostro studio è definire il miglior approccio infermieristico al paziente affetto da EB e creare una
procedura adeguata per il trattamento (wound care).

MATERIALI E METODI
Nel periodo compreso fra il 2005 e il 2014, presso il nostro centro, sono stati ricoverati circa 25 pazienti affetti
da EB.
I pazienti in questione, afferenti alla nostra U.O., hanno un’età compresa tra i 5 e i 24 anni, sono soprattutto
pazienti pediatrici e giungono alla nostra attenzione su indicazione del pediatra o per diagnosi alla nascita.
La cute dei pazienti trattati, soggetta a lacerazione ed esfoliazione, varia in funzione della gravità della patolo-
gia, della durata e delle superfici interessate con possibilità di repentino peggioramento.
Tale situazione richiede continue medicazioni locali, che a causa dell’importante componente dolorosa e
stress psicologico dei pazienti, viene eseguita, nella maggior parte dei casi, in sedazione in sala operatoria. Il
trattamento di queste lesioni si basa sull’utilizzo di medicazioni specifiche al tipo di lesione cutanea presente.
Il lavaggio della cute viene effettuato con soluzione fisiologica a temperatura di 36°/37° con l’utilizzo di garze
(TOPPER) per il tamponamento della cute, sulla quale successivamente, dove necessario, viene posizionata, a
seconda dei casi, una pomata a base di collagenasi e preferibilmente
antibiotico,mentre in zone particolarmente difficili da coprire con le suddette garze e nei vari orifizi (nasali,
orale, oculari, auricolari, anale) è stato applicato un unguento sempre a base di paraffina.
Nelle lesioni sanguinanti o maggiormente esposte, sono state invece applicate medicazioni lipido-colloidali.

LA MEDICAZIONE
Bagno con emollienti, antisettici, lenitivi Medicazioni con garze e presidi speciali a base di ac. Ialuronico,
schiume di poliuretano assorbenti l’essudato in caso di lesioni erose o protettive Uso di disinfettanti, antisettici,
cicatrizzanti, emollienti nelle zona cicatriziali a atrofiche indumenti speciali traspiranti in seta dotati di sostanze
antibatteriche Bendaggio con altre garze in cotone (normali o elastiche).

LE FASI DELLA MEDICAZIONE


Uso di antidolorifici (anche 2 ore prima) Organizzazione medico (Chirurgo Plastico) – infermieristica (orario e
occorrente specifico) Preparazione dell’occorrente (garze, antisettici, creme, bende, soluzioni di lavaggio ste-
rili ecc) Esecuzione in ambiente sterile (camici, guanti ecc) Almeno due infermieri che eseguono e uno fuori
campo che fornisce l’occorrente Modalità di esecuzione: si scopre una parte del corpo per volta, si preparano
le garze secondo le varie sedi anatomiche; delicatezza nei movimenti e nella manipolazione della cute Parteci-
pazione del genitore alla medicazione nei pazienti pediatrici (fino a completa sedazione).

RISULTATI
La risposta dei pazienti è stata completa sia alle terapie sistemiche che locali, e sono stati dimessi mediamente
in giornata + 5 in buone condizioni generali.
La procedura di detersione e medicazione proposta e utilizzata nel nostro reparto, e utilizzata per tutti i nostri
pazienti, anche quelli in attesa di intervento chirurgico e prevede fin dal primo giorno di degenza del paziente,
una quotidiana e scrupolosa igiene corporea.
La cute inizialmente viene detersa con prodotti neutri privi di alcool e idratata con creme, oli o lozioni.
La mucosa orale viene pulita più volte al giorno con colluttori di vario tipo e con l’ausilio di spazzolini mo-
nouso di spugna morbida.
Nel momento in cui il paziente sviluppa lesioni cutanee gravi differenziazione sul tipo di trattamento da adot-
tare.
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• Cute danneggiata non gravemente: utilizzo di manopole e/o salviette umidificate antibatteriche.
• Cute e mucose gravemente danneggiate: pulizia e igiene esclusivamente con soluzione fisiologica ad una
temperatura di 36° 37° e tamponamento con garze sterili.
• Ferite Aperte: applicazione della medicazione adeguata al tipo di lesione
a. Lesione bollosa non sanguinante; garze alla paraffina e pomata antibiotica
b. Lesione bollosa sanguinante; medicazioni lipido-colloidali
c. Lesione da decubito; collagenasi-antibiotico, garze alla paraffina e idro-colloidi.
Il fissaggio della medicazione avviene con garze chirurgiche sterili e bendaggio con bende di cotone.

CONCLUSIONI
I risultati incoraggianti ottenuti con la nostra esperienza, ha determinato la creazione di un protocollo interno
per la corretta gestione del paziente affetto da epidermolisi bollosa, utilizzabile non solo nella nostra U.O ma
estendibile a tutte le strutture che si occupano di tale patologia, nazionali ed internazionali.
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MANAGEMENT DI SALA OPERATORIA NEI PAZIENTI AFFETTI DA


EPIDERMIOLISI BOLLOSA
A. Albanese

Chirurgia Plastica Universitaria


Cattedra e Scuola di Specializzazione in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva ed Estetica - Università degli Studi di Foggia
- Direttore: Prof. A. PORTINCASA

INTRODUZIONE
L’E.B. è un rara genodermatosi caratterizzata dalla presenza di una cute estremamente fragile che a seguito di
traumi anche di lievissima entità causa la formazione di bolle il cui esito, una volta scoppiate, è una cicatrice
atrofica e/o retraente e che frequentemente possono complicarsi con infezioni cutanee superficiali e profonde.
Il nostro obiettivo è definire un protocollo infermieristico di sala operatoria al paziente affetto da EB e creare
una procedura adeguata per il trattamento.

MATERIALI E METODI
Presentiamo la nostra esperienza nel management di sala operatoria nei pazienti affetti da E.B. Da Gennaio
2005 a Luglio 2014, sono stati osservati 25 pazienti con un’età compresa tra i 5 e i 24 anni, pazienti soprattutto
pediatrici che giungono alla nostra attenzione su indicazione del pediatra o per diagnosi alla nascita.
Relativamente alle diverse forme di EB e ai sottotipi presenti, le bolle non sono limitate alla cute ma interessa-
no anche diverse mucose quali la mucosa orale, esofagea, dello stomaco, dell’intestino, i polmoni, la vescica,
i genitali e gli occhi.
Il trattamento è principalmente sintomatico e fondamentalmente di supporto.
Poiché l’EB interessa molti sistemi del corpo, è obbligatorio un “approccio multidisciplinare” riconoscendo
un ruolo fondamentale proprio ai genitori che, data l’età pediatrica della maggior parte dei pazienti, risultano
importanti nel primo approccio alla sala operatoria e nel primissimo risveglio post-oparatorio.

La cute dei pazienti trattati, soggetta a lacerazione ed esfoliazione, richiede continue medicazioni locali, che
a causa dell’importante componente dolorosa e stress psicologico dei pazienti, viene eseguita, nella maggior
parte dei casi, in sedazione in sala operatoria, in tali pazienti quindi passo fondamentale per un adeguato trat-
tamento è la fleboclisi.
Nei pazienti affetti da EB è richiesto personale infermieristico altamente qualificato nel fare attenzione a non
traumatizzare la delicatissima cute con soluzioni antisettiche non aggressive, a tamponare la cute delicatamente
con garze in TNT , all’ utilizzo di ago-cannule appropriate e cerotti a contatto non diretto con la cute.
Il trattamento di queste lesioni si basa sull’utilizzo di medicazioni specifiche al tipo di lesione cutanea presente.
Il lavaggio della cute viene effettuato con soluzione fisiologica a temperatura di 36°/37° con l’utilizzo di gar-
ze (TOPPER) per il tamponamento della cute, sulla quale successivamente, dove necessario, viene posizionata,
a seconda dei casi, una pomata a base di collagenasi e preferibilmente antibiotico,mentre in zone particolar-
mente difficili da coprire con le suddette garze e nei vari orifizi (nasali, orale, oculari, auricolari, anale) viene
applicato un unguento sempre a base di paraffina. Nelle lesioni sanguinanti o maggiormente esposte, sono
state invece applicate medicazioni lipido-colloidali.

IL CAMPO OPERATORIO
Previo lavaggio e disinfezione della sala operatoria, viene posizionato un carrello con superficie a braccio mo-
bile in prossimità del letto operatorio
Il carrello viene coperto con telini sterili
Vengono posizionate sterilmente le medicazioni da utilizzare
Viene posizionato il paziente sul letto operatorio
Viene fornito adeguato supporto all’anestesista per le procedure di anestesia-sedazione

LA MEDICAZIONE
Bagno con emollienti, antisettici, lenitivi
Medicazioni con garze e presidi speciali a base di ac. Ialuronico, schiume di poliuretano
assorbenti l’essudato in caso di lesioni erose o protettive
Uso di disinfettanti, antisettici, cicatrizzanti, emollienti nelle zona cicatriziali a atrofiche indumenti speciali
traspiranti in seta dotati di sostanze antibatteriche
Bendaggio con altre garze in cotone (normali o elastiche)
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LE FASI DELLA MEDICAZIONE:


Uso di antidolorifici (anche 2 ore prima)
Organizzazione medico (Chirurgo Plastico) – infermieristica (orario e occorrente specifico)
Preparazione dell’occorrente (garze, antisettici, creme , bende, soluzioni di lavaggio sterili ecc)
Esecuzione in ambiente sterile (camici, guanti ecc)
Almeno due infermieri che eseguono e uno fuori campo che fornisce l’occorrente
Modalità di esecuzione: si scopre una parte del corpo per volta, si preparano le garze secondo le varie sedi
anatomiche; delicatezza nei movimenti e nella manipolazione della cute
Partecipazione del genitore alla medicazione nei pazienti pediatrici (fino a completa sedazione)

RISULTATI
La complessità assistenziale nella gestione dei pazienti affetti da EB, è legata al fatto che la terapia è sostan-
zialmente finalizzata a tre interventi principali:
Prevenzione delle lesioni, attraverso manipolazioni delicate, ridotta esposizione a insulti fisici, utilizzo di un-
guenti lubrificanti e indumenti specifici.
Operare in ambiente sterile con medicazioni all’avanguardia seguendo linee guida internazionali
Coordinati con il personale infermieristico di reparto con l’intento di elaborare un protocollo unico di tratta-
mento.
Cura delle lesioni, che vanno gestite con medicazioni specifiche per evitare infezioni ed esiti cicatriziali. Il
fallimento di questa complessa gestione clinica può portare all’insorgere di complicanze locali e, nei casi più
gravi, generali.

La risposta dei pazienti è stata completa sia alle terapie sistemiche che locali, e sono stati dimessi mediamente
in giornata + 5 in buone condizioni generali.
La procedura di preparazione della sala operatoria, detersione e medicazione proposta è stata utilizzata per
tutti i nostri pazienti e prevede fin dal primo giorno di degenza del paziente, una quotidiana e scrupolosa
igiene corporea.
La cute inizialmente viene detersa con prodotti neutri privi di alcool e idratata con creme, oli o lozioni.
La mucosa orale viene pulita più volte al giorno con colluttori di vario tipo e con l’ausilio di spazzolini mo-
nouso di spugna morbida.

CONCLUSIONI
I risultati incoraggianti ottenuti in collaborazione con il personale infermieristico di Reparto, hanno determi-
nato la creazione di un protocollo interno per la corretta gestione del paziente affetto da epidermolisi bollosa.
Il numero di pazienti affetti da tale patologia afferenti alla nostra struttura è in continuo aumento e questo
permetterà nell’immediato futuro la standardizzazione delle procedure adottate e la creazione di un protocollo
da adottare in ambito nazionale ed internazionale.
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LE MEDICAZIONI AVANZATE IN CHIRURGIA DELLA MANO


E. Salini

Padova

Durante la medicazione in esiti di perdita di sostanza all’arto superiore l’infermiere deve essere a conoscenza
del fatto che, sotto la fasciatura di protezione, può essere stata posizionata una copertura cutanea temporanea
o definitiva.
Quella temporanea consiste nell’apporre come protezione delle strutture nobili sottostanti dei sostituti cutanei
di sintesi (es: Integra,Hyalofil) o biologici (es: omologhi da banca della cute); quella definitiva consiste in:
innesti, lembi a v-y, Free-flap, etc…….
La copertura definitiva viene presa in considerazione, dal Chirurgo della Mano, solo quando il fondo della
lesione si presenta deterso e privo di segni d’infezione onde evitare il rigetto e quindi l’inutilità dell’intervento
chirurgico stesso.
Viene anche adottato l’uso di medicazioni avanzate per aiutare il debridement del fondo della lesione e quindi,
il suo avvio verso la guarigione o come preparazione all’intervento.
Le medicazioni dovranno essere idonee ai diversi tipi di copertura e tenere presente le diverse tecniche chirur-
giche adottate ai fini di una miglior guarigione dell’arto superiore insultato del paziente sia dal punto di vista
sia funzionale che del buon esito estetico.
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WORKSHOP, LA PLACCA HUB CAP ACUMED PER L’ARTRODESI 4 ANGOLI.


PREMESSA ALLA SESSIONE DEI LAVORI
A. Guarducci

Firenze

In chirurgia della mano non è raro trovarsi di fronte a casi in cui le pseudoartrosi di scafoide e/o le lesioni
ligamentose croniche non trattate possono dare luogo a quelle condizioni che sono definite Polso SLAC (SLAC
= scapho-lunate advanced collapse) e Polso SNAC (SNAC = scapho non-union advanced collapse). Le soluzioni
percorribili sono la carpectomia prossimale, in alternativa è possibile effettuare un’artrodesi con diverse me-
todiche che prevedono un sistema percutaneo (fili di K), diversamente se aperta in cui i fili di Kirschner sono
in associazione alla fissazione con cambre e infine bloccaggio con una placca circolare e stabilizzata con viti
(HUB CAP Acumed).
Stabilito ciò questo breve excursus che precede l’illustrazione della tecnica operatoria non vuole assoluta-
mente essere un’azione che vada a invadere il campo medico, nell’indicazione o nella strategia di cura ma
vuole essere solo un contributo a rendere familiare una tecnica nel momento in cui lo strumentista al tavolo
operatorio si trovi ad dover affrontare l’intervento di artrodesi dei quattro angoli col sistema che prevedono
l’utilizzo delle placche nel rapporto di fiducia e partecipazione che dovrebbe e deve esserci fra il chirurgo e lo
staff infermieristico senza trovarsi arresi e scongiurare incertezze e/o errori nei passaggi che possono portare
all’allungamento del tempo di intervento. Difatti quest’ultimo riveste un ruolo importante in quanto è bene
ricordare che il tutto viene eseguito in ischemia dell’arto.
La procedura segue quindi dei precisi step che è bene conoscere e la coordinazione fra l’operatore e chi
lo assiste deve avvenire automaticamente dall’incisione alla chiusura. Non ci soffermeremo troppo a lungo
su quelle parti dell’intervento che sono routinari (preparazione degli strumentari base e la medicazione,
completata solitamente in stecca gessata) ma solamente alla parte inerente l’utilizzo del sistema HUB CAP.

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