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Biografia

I primi anni e gli studi


Salvatore Quasimodo nacque il 20 agosto 1901[2] da Gaetano Quasimodo e Clotilde
Ragusa a Modica[3], dove il padre era stato assegnato come capostazione.[4] A 5
giorni dalla sua nascita, la madre Clotilde, insieme al piccolo Salvatore e il
primogenito Vincenzo (1899)[4], si trasferì dai nonni paterni, nella più sicura
casa di Roccalumera, luogo d’origine della famiglia Quasimodo. Purtroppo, il padre
Gaetano non poté abbandonare il luogo di lavoro per seguirla[5]; dopo circa due
mesi dalla nascita di Salvatore, venne trasferito.

Salvatore fu battezzato a Roccalumera, nella Chiesa della Madonna Bambina da Mons.


Francesco Maria Di Francia, l'11 settembre 1901. A Roccalumera il poeta trascorse
tutta la sua infanzia e giovinezza e ci ritornò da adulto, per trovare i genitori e
la famiglia (dopo il conferimento del Premio Nobel fece ritorno a Roccalumera per
consegnare l’ambito premio al padre novantenne).

Nel 1908 a Gela iniziò a frequentare le scuole elementari[6]. Nel gennaio del 1909
il padre venne incaricato della riorganizzazione del traffico ferroviario nella
stazione di Messina colpita da un disastroso terremoto e successivo maremoto, il 28
dicembre 1908. In quel periodo vissero in un carro merci parcheggiato su un binario
morto della stazione. Quegli anni restarono impressi nella memoria del poeta, che
li evocò nella poesia Al Padre, inserita nella raccolta La terra impareggiabile,
scritta in occasione dei 90 anni del padre e dei 50 anni dal disastroso terremoto
di Messina[7]:

Nel 1916 si iscrisse all'Istituto Tecnico Matematico-Fisico di Palermo per poi


trasferirsi a Messina[8] nel 1917 e continuare gli studi presso l'Istituto "A. M.
Jaci", dove conseguì il diploma nel 1919. Durante la permanenza in questa città
conobbe il giurista Salvatore Pugliatti e il futuro sindaco di Firenze Giorgio La
Pira, con i quali strinse un'amicizia destinata a durare negli anni. Insieme ad
essi fondò, nel 1917, il «Nuovo Giornale Letterario», mensile sul quale pubblicò le
sue prime poesie[8]. Trattenne corrispondenze con il poeta e saggista Nino Ferraù.
La tabaccheria di uno zio di La Pira, unico rivenditore della rivista, divenne
luogo di ritrovo per giovani letterati.

Nel 1919 si trasferì a Roma, dove pensava di terminare gli studi di ingegneria ma,
subentrate precarie condizioni economiche, dovette abbandonarli, per impiegarsi in
più umili attività: disegnatore tecnico presso un'impresa edile e, in seguito,
impiegato presso un grande magazzino. Nel frattempo collaborò ad alcuni periodici e
iniziò lo studio del greco e del latino con la guida di monsignor Mariano Rampolla
del Tindaro, pronipote omonimo del più famoso cardinale Rampolla del Tindaro,
Segretario di Stato di Papa Leone XIII[9].

Le precarie condizioni economiche di questo periodo romano terminarono nel 1926,


quando venne assunto dal Ministero dei lavori pubblici e assegnato, come geometra,
al Genio civile di Reggio Calabria[10]. Qui strinse amicizia con i fratelli Enzo
Misefari e Bruno Misefari, entrambi esponenti (il primo comunista, il secondo
anarchico) del movimento antifascista di Reggio Calabria. Nello stesso anno sposò
Bice Donetti, di 8 anni più anziana, con la quale aveva precedentemente convissuto
e a cui dedicò una poesia, dopo la sua morte, avvenuta nel 1946:

«Con gli occhi alla pioggia e agli elfi della notte,


è là, nel campo quindici a Musocco,
la donna emiliana da me amata
nel tempo triste della giovinezza. …»

(Salvatore Quasimodo, Epitaffio per Bice Donetti)


Nel 1948, 2 anni dopo la morte della prima moglie, si risposò con la ballerina
Maria Cumani, con cui aveva avuto il figlio Alessandro Quasimodo.
Nel periodo di Reggio Calabria nacque la nota lirica Vento a Tindari, dedicata alla
storica località presso Patti:

«Tindari, mite ti so
fra larghi colli pensile sull'acque
dell'isole dolci del dio,
oggi m'assali
e ti chini in cuore. …»

(Salvatore Quasimodo, Vento a Tindari)


Il padre andò in pensione nel 1927 e, dopo una breve permanenza a Firenze, si
ritirò definitivamente nella sua casa di Roccalumera, dove visse con 2 sorelle non
sposate.

Molti anni dopo il poeta emigrato si raffigurò con questi versi:

«… quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto


e alcuni versi in tasca. …»

(Salvatore Quasimodo, Lettera alla madre)


Nel 1939 divenne il titolare del settimanale Omnibus.[11]

Periodo dell'ermetismo (1930 - 1942)


Risolti i problemi economici, poté dedicarsi più assiduamente all'opera letteraria.
Fu invitato a Firenze, dallo scrittore Elio Vittorini che, nel 1927, aveva sposato
la sorella Rosa[12]; egli lo introdusse nei locali ambienti letterari,
permettendogli di conoscere Eugenio Montale, Arturo Loria, Gianna Manzini e
Alessandro Bonsanti.[13] Bonsanti in quel tempo dirigeva la rivista Solaria;
pubblicò, nel 1930, 3 poesie di Quasimodo (Albero, Prima volta, Angeli)[10], che
maturò e affinò il gusto per lo stile ermetico, cominciando a dare consistenza alla
sua prima raccolta Acque e terre che, lo stesso anno, pubblicò per le edizioni
Solaria.[10]

Nel 1931 venne trasferito presso il Genio Civile di Imperia, in seguito presso
quello di Genova. In questa città conobbe Camillo Sbarbaro e le personalità di
spicco che gravitavano intorno alla rivista Circoli, con la quale il poeta iniziò
una proficua collaborazione pubblicando, nel 1932, per le edizioni della stessa, la
sua seconda raccolta Oboe sommerso nella quale sono raccolte tutte le poesie
scritte tra il 1931 e il 1932 e dove comincia a delinearsi con maggior chiarezza la
sua adesione all'ermetismo.

Dal marzo 1933 alla fine del 1934 lavorò come funzionario all'Ufficio del Genio
Civile di Cagliari. Ottenuto il trasferimento a Milano, venne però destinato alla
sede di Sondrio. Nel 1938 lasciò il Genio Civile per dedicarsi alla letteratura,
iniziò a lavorare per Cesare Zavattini in un'impresa di editoria e, soprattutto, si
dedicò alla collaborazione con Letteratura, una rivista vicina all'ermetismo. Nel
1938 pubblicò, a Milano, una raccolta antologica intitolata Poesie; nel 1939 iniziò
la traduzione dei lirici greci. Nel 1941 venne nominato professore di Letteratura
italiana presso il Conservatorio di musica "Giuseppe Verdi" di Milano, incarico che
mantenne fino alla fine del 1968.

Seconda guerra mondiale


Nel 1942 entrò nella collana Lo specchio, della Arnoldo Mondadori Editore, l'opera
Ed è subito sera, che inglobava anche le Nuove poesie scritte tra il 1936 e il
1942.

Rapporti con il fascismo


Nel 1940, a guerra iniziata, collaborò con la rivista Primato. Lettere e arti
d'Italia dove il ministro Giuseppe Bottai[14] raccolse intellettuali di varia
estrazione e orientamento, anche lontani dal regime. Gli venne rimproverato, in
anni più recenti, di aver sostenuto l'uso del voi[15], con un intervento su un
numero monografico del 1939 della rivista Antieuropa[16], e di aver inoltrato una
supplica a Mussolini, affinché gli venisse assegnato un contributo, per potere
proseguire l'attività di scrittore.[17] Pur professando chiare idee antifasciste,
non partecipò attivamente alla Resistenza; in quegli anni si diede alla traduzione
del Vangelo secondo Giovanni, di alcuni Canti di Catullo e di episodi dell'Odissea
(pubblicati solo dopo la Liberazione).

Periodo della poesia impegnata (1945 - 1966)

Salvatore Quasimodo nel 1958


Nel 1945 si iscrisse al PCI; l'anno seguente pubblicò la nuova raccolta dal titolo
Con il piede straniero sopra il cuore, ristampata nel 1947, con il nuovo titolo
Giorno dopo giorno, testimonianza dell'impegno morale e sociale dell'autore che
continuò, in modo sempre più profondo, nelle successive raccolte, composte fra il
1949 e il 1958, come La vita non è sogno, Il falso e il vero verde e La terra
impareggiabile, che si posero, con il loro tono epico, come esempio di limpida
poesia civile.

Durante questi anni il poeta continuò a dedicarsi, con passione, all'opera di


traduttore sia di autori classici che moderni, e svolse una continua attività
giornalistica per periodici e quotidiani, dando il suo contributo soprattutto con
articoli di critica teatrale.

Nel 1950 ottenne il Premio San Babila; nel 1953 condivise il Premio Etna-Taormina
con il poeta gallese Dylan Thomas[18]; nel 1958 ebbe il premio Viareggio[19]; nel
1959 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura «per la sua poetica
lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei
nostri tempi»[20] che gli fece raggiungere una definitiva fama. A esso seguirono le
lauree honoris causa dalla Università di Messina nel 1960 e da quella di Oxford nel
1967.

Tomba di Salvatore Quasimodo nel Famedio del Cimitero monumentale di Milano


Il poeta trascorse gli ultimi anni di vita compiendo numerosi viaggi in Europa e in
America, per tenere conferenze e letture pubbliche delle sue liriche che, nel
frattempo, erano state tradotte in diverse lingue. Nel 1965 curò la pubblicazione
di Calignarmata, opera di poesia dell'autore Luigi Berti, uscita un anno dopo la
morte di quest'ultimo (1964). Del 1966 è la pubblicazione di Dare e avere, sua
ultima opera.

Il 14 giugno del 1968, mentre il poeta si trovava ad Amalfi, dove doveva presiedere
un premio di poesia, venne colpito da un ictus (aveva avuto già un infarto mentre
visitava l'Unione Sovietica), che lo condusse alla morte poche ore dopo: il cuore
del poeta smise di battere sull'auto che lo stava trasportando all'ospedale di
Napoli. Il suo corpo fu trasportato a Milano e tumulato nel Famedio del Cimitero
monumentale, luogo che già ospitava le spoglie di Alessandro Manzoni. Quasimodo fu
membro della Massoneria, iniziato il 31 marzo 1922 presso la Loggia "Arnaldo da
Brescia" di Licata.[21][22]

Il poeta e lo scrittore
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«Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo.»
(Salvatore Quasimodo, da Uomo del mio tempo)

Un'immagine di Quasimodo degli ultimi anni


La prima raccolta di Quasimodo, Acque e terre (1930), è incentrata sul tema della
sua terra natale, la Sicilia, che l'autore lasciò già nel 1919: l'isola diviene
l'emblema di una felicità perduta cui si contrappone l'asprezza della condizione
presente, dell'esilio in cui il poeta è costretto a vivere (così in una delle
liriche più celebri del libro, Vento a Tindari). Dalla rievocazione del tempo
passato emerge, spesso, un'angoscia esistenziale che, nella forzata lontananza, si
fa sentire in tutta la sua pena. Questa condizione di dolore insopprimibile assume
particolare rilievo quando il ricordo è legato ad una figura femminile, come nella
poesia Antico inverno, oppure a ritmi e motivi più antichi, di origine anche
popolare.

In questa prima raccolta Quasimodo appare legato a modelli abbastanza riconoscibili


(soprattutto D'Annunzio, del quale viene ripresa la tendenza all'identificazione
con la natura); in Oboe sommerso (1932) ed Erato e Apollion (1936) il poeta
raggiunge la piena e personale maturità espressiva. La ricerca della pace interiore
è affidata a un rapporto con il divino che è, e resterà, tormentato; la Sicilia si
configura come terra del mito, terra depositaria della cultura greca: non a caso
Quasimodo pubblicò, nel 1940, una notissima traduzione dei Lirici greci. In
particolare, nel libro del 1936 vengono celebrati Apollo - il dio del sole e anche
il dio cui sono legate le Muse, quindi la stessa creazione poetica che è resa
dolorosa dalla distanza fisica dell'isola - ed Ulisse, l'esule per eccellenza.

È in queste raccolte che si può cogliere appieno la suggestione dell'ermetismo, di


un linguaggio che ricorre spesso all'analogia e tende ad abolire i nessi logici tra
le parole: importante è, in questo senso, l'uso frequente dell'articolo
indeterminativo e degli spazi bianchi, che, all'interno della lirica, sembrano
rimandare, continuamente, a una serie di significati nascosti, che non possono
trovare una piena espressione.

Nelle Nuove poesie (pubblicate insieme alle raccolte precedenti nel volume Ed è
subito sera del 1942 e scritte a partire dal 1936), il ritmo diventa più disteso,
grazie anche all'uso più frequente dell'endecasillabo o di altri versi lunghi
(anche doppi[23]): il ricordo della Sicilia è ancora vivissimo ma si avverte, nel
poeta, un'inquietudine nuova, la voglia di uscire dalla sua solitudine e
confrontarsi con i luoghi e le persone della sua vita attuale.

Quasimodo nel 1962


In alcune liriche compare, infatti, il paesaggio lombardo, esemplificato dalla
«dolce collina d'Ardenno» che porta all'orecchio del poeta «un fremere di passi
umani» (La dolce collina).

Questa volontà di dialogo si fa evidente nelle raccolte successive, segnate da un


forte impegno civile e politico, sollecitato dalla tragedia della guerra; la poesia
rarefatta degli anni giovanili lascia il posto a un linguaggio più comprensibile,
dai ritmi più ampi e distesi. Così avviene in Giorno dopo giorno (1947) dove le
vicende belliche costituiscono il tema dominante. La voce del poeta, annichilita di
fronte alla barbarie («anche le nostre cetre erano appese», afferma in Alle fronde
dei salici), non può che contemplare la miseria della città bombardata, o
soffermarsi sul dolore dei soldati impegnati al fronte, mentre affiorano alla
memoria delicate figure femminili, simboli di un'armonia ormai perduta (S'ode
ancora il mare). L'unica speranza di riscatto è allora costituita dalla pietà umana
(Forse il cuore).

In La vita non è sogno (1949) il Sud è cantato come luogo di ingiustizia e di


sofferenza, dove il sangue continua a macchiare le strade (Lamento per il Sud); il
rapporto con Dio si configura come un dialogo serrato sul tema del dolore e della
solitudine umana.

Il poeta sente l'esigenza di confrontarsi con i propri affetti, con la madre che ha
lasciato quand'era ancora un ragazzo (e che continua a vivere la sua vita semplice,
ignara dell'angoscia del figlio, ormai adulto), o con il ricordo della prima moglie
Bice Donetti.

Nella raccolta Il falso e vero verde (1956) dove lo stesso titolo è indicativo di
un'estrema incertezza esistenziale, un'intera sezione è dedicata alla Sicilia, ma
nel volume trova posto anche una sofferta meditazione sui campi di concentramento
che esprime «un no alla morte, morta ad Auschwitz» (Auschwitz).

La terra impareggiabile (1958) mostra un linguaggio più vicino alla cronaca, legato
alla rappresentazione della Milano simbolo di quella «civiltà dell'atomo» che porta
a una condizione di devastante solitudine e conferma, nel poeta, la voglia di
dialogare con gli altri uomini, fratelli di dolore. L'isola natìa è luogo
mitizzato, «terra impareggiabile» appunto, ma è anche memoria di eventi tragici
come il terremoto di Messina del 1908 (Al padre).

L'ultima raccolta di Quasimodo, Dare e avere, risale al 1966 e costituisce una


sorta di bilancio della propria esperienza poetica e umana: accanto a impressioni
di viaggio e riflessioni esistenziali molti testi affrontano, in modo più o meno
esplicito, il tema della morte, con accenti di notevole intensità lirica.

Opere
Raccolte di poesie
Acque e terre, Firenze, sulla rivista Solaria, 1930.
Oboe sommerso, Genova, sulla rivista Circoli, 1932.
Odore di eucalyptus ed altri versi, Firenze, Antico Fattore, 1933.
Erato e Apòllìon, Milano, Scheiwiller, 1936.
Nuove Poesie, Milano, Primi Piani, 1938.
Ed è subito sera, 1942.
La vita non è sogno, Milano, A. Mondadori, 1949.
Il falso e vero verde (1949-1955), Milano, Schwarz, 1956.
La terra impareggiabile, Milano, A. Mondadori, 1958.
Dare e avere. 1959-1965, Milano, A. Mondadori, 1966.
Traduzioni
Lirici greci, Milano, Edizioni di Corrente, 1940; maggio 1944, Mondadori.
Virgilio, Il Fiore delle Georgiche, Milano, Edizioni della Conchiglia, 1942. -
Milano, Gentile, 1944; Milano, Mondadori, 1957.
Catulli Veronensis, Carmina, Milano, Edizioni di Uomo, 1945. - Milano, Mondadori,
1955.
Omero, Dall'Odissea, Milano, Rosa e Ballo, 1945.
Sofocle, Edipo re, Milano, Bompiani, 1946.
Il Vangelo secondo Giovanni, Milano, Gentile, 1946.
John Ruskin, La Bibbia di Amiens, Milano, Bompiani, 1946.
William Shakespeare, Romeo e Giulietta, Milano, Mondadori, 1948.
Eschilo, Le Coefore, Milano, Bompiani, 1949.
William Shakespeare, Riccardo III, Milano, Edizioni del Piccolo Teatro, 1950. -
Milano, Mondadori, 1952.
Pablo Neruda, Poesie, Torino, Einaudi, 1952.
William Shakespeare, Macbeth, Torino, Einaudi, 1952.
Sofocle, Elettra, Milano, Mondadori, 1954.
William Shakespeare, La Tempesta, Torino, Einaudi, 1956.
Molière, Il Tartufo, Milano, Bompiani, 1958.
Fiore dell'Antologia Palatina, Parma, Guanda, 1958.
Edward Estlin Cummings, Poesie scelte, Milano, Scheiwiller, 1958.
Ovidio, Dalle Metamorfosi, Milano, Scheiwiller, 1959.
William Shakespeare, Otello, Collana Lo Specchio, Milano, Mondadori, 1959.
Euripide, Ecuba, Urbino, Armando Argalìa Editore, 1962.
Conrad Aiken, Mutevoli pensieri, Milano, Scheiwiller, 1963.
Euripide, Eracle, Urbino, Armando Argalìa Editore, 1964.
William Shakespeare, Antonio e Cleopatra, Milano, Mondadori, 1966.
Tudor Arghezi, Poesie, Milano, Mondadori, 1966.
Yves Lecomte, Il gioco degli astragali, Edizioni Moneta, 1968.
Curatele
Lirici minori del XIII e XIV secolo, a cura di S. Quasimodo e Luciano Anceschi,
Milano, Edizioni della Conchiglia, 1941.
Lirica d'amore italiana, dalle origini ai nostri giorni, 1957.
Poesia italiana del dopoguerra, 1958.
Altri scritti
Petrarca e il sentimento della solitudine, Milano, Garotto, 1945.
Scritti sul teatro, 1961.
L'amore di Galatea libretto per musica, 1964
Il poeta e il politico e altri saggi, Milano, Schwarz, 1967.
Leonida di Taranto, Milano, Guido Le Noci ed., 1968; Manduria, Lacaita, 1969.
Lettere d'amore di Quasimodo, post., 1969
Poesie e discorsi sulla poesia, post., 1971.
Marzabotto parla. Con scritti di Salvatore Quasimodo, Giuseppe Dozza, post., 1976
A colpo omicida e altri scritti, post., 1977.
Onorificenze, premi e riconoscimenti
Onorificenze
Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte - nastrino per
uniforme ordinaria Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e
dell'arte
— 2 giugno 1968[24]
Premi
Premio Antico Fattore per la poesia, 1932
Premio San Babila, 1950
Premio Etna-Taormina, 1953
Premio Viareggio per la poesia, 1958
Medaglia del Premio Nobel Premio Nobel per la letteratura 1959
Cittadinaza onoraria, Messina (1960)
Riconoscimenti accademici
Cattedra di Letteratura Italiana "per chiara fama" presso il Conservatorio di
musica "G. Verdi" di Milano" (1941-1968)
Laurea "Honoris Causa", Università di Messina (1960)
Laurea "Honoris Causa", Università di Oxford (1967)
Curiosità

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