L’Interazione elettromagnetica:
Teoria classica
1.11 Potenziale e campo del dipolo e del doppio strato elettrico ........................................ 73
1.13 Sviluppo in serie di multipli del potenziale di una distribuzione di carica ............... 91
2
2.4 Energia di un sistema stazionario di cariche e di correnti. Coefficienti di Induzione
............................................................................................................................................... 119
3.3 Integrazione dell’equazione delle onde per separazione delle variabili – Coordinate
cartesiane .............................................................................................................................. 182
3.4 Integrazione per separazione delle variabili – Coordinate cilindriche ..................... 187
3.5 Integrazione per separazione delle variabili – Coordinate sferiche .......................... 193
3.14 Dipolo oscillante in presenza di un campo magnetico – Effetto Zeeman ................ 269
3
3.15 Irraggiamento di un’antenna lineare ......................................................................... 276
4
Capitolo 1. Le Leggi del campo elet-
tromagnetico
1.1 Introduzione
5
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 6
Si deve, però, notare che le azioni dinamiche tra le cariche vengono modifica-
te dalla presenza di materia neutra. Nelle applicazioni pratiche dell’elettromagnetismo
si tiene conto di questo fatto rappresentando l’effetto del mezzo materiale mediante
opportuni parametri fenomenologici, come la costante dielettrica e la permeabilità
magnetica. Essi vengono inseriti nelle leggi elettromagnetiche alterandone la forma in
relazione alle proprietà del mezzo. Ciò, tuttavia, non è necessario; la teoria atomica,
infatti, ha dimostrato che la materia è, a sua volta, costituita da insiemi di cariche di
opposto segno, cioè da nuclei atomici positivi e da elettroni negativi. Di conseguenza
la presenza di materia non fa altro che aumentare il numero delle cariche elettriche di
cui occorre tener conto. Benché ne risulti una notevole complicazione, si possono
quindi usare, e senza alcuna modifica, le equazioni scritte per il vuoto; esse restano,
pertanto, le più generali possibili. Questo modo di procedere, d’altra parte, è essenzia-
le se si vuole arrivare a costruire una teoria elettromagnetica del mezzo materiale.
w = hν , (1.1.1)
in cui h è una costante universale ( h = 6,6256 ⋅ 10 −27 erg ⋅ s ) eν la frequenza della ra-
diazione elettromagnetica. Successive ricerche sperimentali, eseguite principalmente
da A. Compton mediante l’emissione γ di sostanze radioattive, permisero di conclu-
7 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
dere che anche la quantità di moto elettromagnetica varia in modo discreto; ossia in
modulo è multipla intera della quantità:
w
p= , (1.1.2)
c
dove w è data dalla (1.1.1) e c indica la velocità della luce ( c = 2,99792 ⋅ 1010 cm / s ).
L’interpretazione di questi risultati condusse all’ipotesi che il campo elettromagnetico
è costituito da particelle di massa nulla, dette fotoni, capaci di muovere con velocità
c. Importantissimi a questo riguardo furono gli studi di A. Einstein. Parallelamente a
queste ricerche N. Bohr (1911), studiando lo spettro dell’atomo di idrogeno (vedi pa-
ragrafo 5.1), considerò l’interazione tra il campo elettromagnetico e le cariche elettri-
che e dimostrò l’insufficienza delle leggi dell’elettrodinamica classica. Fu così mani-
festa la necessità di riformulare l’elettromagnetismo in modo da tenere conto anche
degli effetti quantistici. Questa successiva evoluzione della teoria fu compiuta, dal
1927 al 1950, ad opera di vari ricercatori; basti ricordare, a questo riguardo, i nomi di
P.A.M. Dirac, S. Tomonaga, J. Schwinger e R.P. Feynman.
attrito f a che una sfera di raggio r incontra nel muoversi con velocità v in un fluido
di viscosità η (nel nostro caso, appunto, l’aria) è, per la legge di Stokes:
f a = −6πη vr . (1.2.1)
Dall’equazione:
mg + f a = 0 (1.2.2)
e cioè:
m g = 43 πr 3 ρ g = 6πη vr (1.2.3)
f c + m g − 6πη v ′r = 0 (1.2.4)
dove v ′ è la nuova velocità della gocciolina e f c è la forza dovuta alla sua carica; es-
sa, essendo noti tutti i parametri che compaiono nella (1.2.4), può essere così deter-
minata. È importante rilevare che, nelle condizioni sperimentali testé descritte, non si
riscontra nessun effetto dovuto alla velocità delle goccioline la quale, peraltro, è mol-
to piccola (dell’ordine dei millimetri per minuto). Sta di fatto che Millikan, osservan-
do sistematicamente parecchie goccioline, constatò che le forze che agivano su di es-
se erano tutte multiple intere di una forza minima, cui ovviamente era da associare la
carica di un elettrone.
lettroniche. Il sistema C.G.S., inoltre, assegna alla carica elettrica delle dimensioni
esprimibili in masse, lunghezze e tempi attraverso le leggi delle azioni dinamiche tra
le cariche, mentre il sistema M.K.S. usa una quarta grandezza fondamentale che, so-
vente, viene presa coincidente con la carica elettrica. Un’altra unità, di uso però meno
comune, è il Farad pari al prodotto fra il numero di Avogadro, cioè 6, 0225 ⋅1023 , e la
carica elettronica; esso corrisponde a 96487 Coulomb. Torneremo in seguito su que-
sto argomento per giustificare le ragioni di queste scelte. Del tutto arbitraria è, invece,
la convenzione per i segni delle cariche che attribuisce il segno negativo alla carica
dell’elettrone.
dq = ρ dV (1.2.5)
dove ρ , cioè la densità di carica, è di solito una funzione del posto ed anche even-
tualmente del tempo. La carica contenuta in una regione di volume V risulta pertanto:
q = ∫ ρdV . (1.2.6)
V
Tenendo conto della struttura atomica della materia, possiamo scrivere, in luogo
dell’equazione (1.2.6):
n (V )
q = ∑ qi . (1.2.7)
i =1
11 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
n (V )
∑q i
ρ= i =1
. (1.2.8)
∆V
Ciò richiede però che, anche quando V è molto piccolo, n(V ) sia grande abbastanza
da poter ritenere continua la distribuzione di carica. In pratica ciò accade quasi sem-
pre; il numero di cariche presenti nella materia è, infatti, molto elevato essendo il suo
ordine di grandezza compreso fra 1017 / mm3 , per i gas in condizioni normali di tem-
peratura e pressione, e 1022 / mm3 , per le sostanze solide. Si badi però che nella
(1.2.7) e (1.2.8) intervengono cariche qi di segno opposto le quali, per un oggetto ma-
teriale macroscopico, si compensano di regola quasi esattamente. L’eccesso di una
carica, positiva o negativa, su 1011 ÷ 1012 cariche dei due segni corrisponde già ai mas-
simi possibili valori di ρ . Ciò è dovuto al fatto che un sensibile eccesso di carica, po-
sitivo o negativo, darebbe luogo a delle forze repulsive così intense da vincere la coe-
sione della materia di cui è costituito l’oggetto.
∫ V
f ( P)δ ( P − Pi )dV = f ( Pi ) (1.2.9)
e in particolare:
∫ δ ( P − P )dV = 1 .
V i (1.2.10)
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 12
N
ρ ( P) = ∑ qiδ ( P − Pi ) ; (1.2.11)
i =1
n ( ∆V )
∑ qv i i
j= i =1
(1.2.12)
∆V
e:
N
j = ∑ qi viδ ( P − Pi ) (1.2.13)
i =1
dove vi è la velocità dell’i-esima carica. La prima, analogamente alla (1.2.8), corri-
sponde al caso della distribuzione continua; la seconda, analogamente alla (1.2.11), è
del tutto generale. Introducendo la seguente definizione della velocità media delle
n(∆V ) cariche:
n ( ∆V )
∑ qv i i
v= i =1
n ( ∆V )
(1.2.14)
∑q
i =1
i
La generalizzazione della (1.2.14) al caso della distribuzione discreta è banale; v , in
questo caso, può essere calcolato sostituendo le (1.2.14) e (1.2.13) nella (1.2.15). Si
deve notare, riguardo l’equazione (1.2.14), che il rapporto tra la velocità media v e le
velocità v i delle singole cariche può essere diversissimo a seconda dei casi. Nei raggi
catodici, ad esempio, v coincide praticamente con le velocità dei singoli elettroni; gli
elettroni di conduzione di un metallo, invece, posseggono delle velocità che raggiun-
gono i 108 cm / s contro una velocità media, dovuta al passaggio della corrente,
dell’ordine di soli 10−2 cm / s .
Poiché in generale ρ e v sono delle funzioni del posto e del tempo, tale risulta
anche j ; esso costituisce quindi un campo vettoriale. Analogamente a quanto si fa
nello studio della meccanica, è utile rappresentare il campo del vettore j , come
d’altra parte quello di qualsiasi altro vettore elettrico, mediante le cosiddette linee di
flusso. Esse sono definite come le linee tangenti in ogni loro punto al vettore conside-
rato. Il fascio di linee di flusso che attraversano una data superficie S, vedi fig.
(1.2.2), prende il nome di tubo di flusso. Il numero di linee di flusso che attraversano
Fig. (1.2.2)
ortogonalmente una superficie di area unitaria viene assunto proporzionale alla misu-
ra di j . Si ottiene in questo modo una descrizione geometrica del campo vettoriale
capace di rappresentare tutte le proprietà. La quantità scalare intensità di corrente at-
traverso una superficie S è data, per definizione, dal flusso di j attraverso ad S, cioè:
I = ∫ j ⋅ n dS . (1.2.16)
S
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 14
dove n indica la normale, arbitrariamente orientata, alla superficie S. Il significato fi-
sico del vettore densità di corrente è di per sé ovvio. Esso rappresenta la densità di ca-
rica che fluisce per unità di tempo attraverso una superficie unitaria normale a v . Co-
sì pure I rappresenta la quantità di carica che fluisce per unità di tempo attraverso la
superficie S.
j
n
dl
dS
Fig. (1.2.3)
da cui si ottiene:
dI dl = dl ⋅ n j dS = j dV (1.2.19)
che è la relazione richiesta. Se j è abbastanza grande che l’intensità di corrente attra-
verso dS possa essere considerata, nella (1.2.17), una quantità finita si può scrivere
semplicemente:
I dl = j dV . (1.2.20)
È interessante notare che il vettore j , e quindi anche l’intensità di corrente I,
sono sostanzialmente delle quantità discrete in quanto dipendono dalla presenza di un
numero intero di cariche elettroniche. Di conseguenza, misurando correnti di debolis-
sima intensità, ci si deve aspettare che I subisca delle fluttuazioni tanto più sensibili
quanto più il suo valore è piccolo. Un effetto di questo genere venne osservato da W.
Schottky nel 1918; in seguito si riuscì a rendere lo studio del fenomeno abbastanza
quantitativo da poterlo utilizzare per valutare la carica dell’elettrone.
∂ρ
dq = − ∫ dt dV . (1.2.22)
V ∂t
∂ρ
∫V div j + ∂t dV = 0 . (1.2.24)
∂ρ
div j + = 0. (1.2.25)
∂t
' qq
f 12 = 1 3 2 ( P2 − P1 ) . (1.3.1)
r12
L’equazione (1.3.1) è espressa mediante le unità C.G.S.; ossia si è assunta in essa una
carica unitaria pari a 2, 082 ⋅109 cariche elettroniche; questa scelta implica che due ca-
riche unitarie si respingano alla distanza di un centimetro con la forza di una dina.
L’espressione (1.3.1) della legge di Coulomb, non comparendo in essa alcuna costan-
te, può venire usata per esprimere in termini di centimetri, grammi e secondi le di-
mensioni delle cariche elettriche. La forza con cui q2 agisce su q1 è analogamente:
' qq
f 21 = 1 3 2 ( P1 − P2 ) . (1.3.2)
r12
' '
Le forze f 12 e f 21 , che possono essere attrattive o repulsive a seconda dei segni delle
cariche, obbediscono al principio meccanico di azione e reazione. Esse infatti agisco-
no lungo la congiungente i punti P1 e P2 e sono uguali e contrarie. Supponiamo ora
che le cariche q1 e q2 non siano in quiete ed indichiamone la velocità rispettivamente
con v1 e v 2 . Gli esperimenti di Ampère hanno dimostrato che la forza con cui la cari-
'
ca q1 agisce sulla carica q2 risulta variata; precisamente interviene, oltre a f 12 , una
forza:
" 1 qq
f 12 = 2 1 3 2 v 2 ∧ v1 ∧ ( P2 − P1 ) . (1.3.3)
c r12
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 18
In questa equazione c è una costante che dipende dalle unità di misura; nel sistema
"
C.G.S. essa ha le dimensioni di una velocità e vale 3 ⋅1010 cm / s . La forza f 12 risulta
'
quindi molto piccola rispetto a f 12 ; il rapporto di queste forze, infatti, è minore o u-
guale a v1 v 2 c 2 che, per velocità ordinarie, è un numero certamente molto piccolo
rispetto all’unità. Analogamente si ha, scambiando q1 con q2 :
" 1 qq
f 21 = 2 1 3 2 v1 ∧ v 2 ∧ ( P1 − P2 ) . (1.3.4)
c r12
" "
Si vede subito che le forze f 12 e f 21 non sono, in generale, eguali e contrarie. Si ha
infatti, usando la formola per il doppio prodotto vettoriale (9.3.6):
" " 1 qq
{
f 12 + f 21 = 2 1 3 2 v1 v 2 ⋅ ( P2 − P1 ) + v 2 v1 ⋅ ( P1 − P2 )
c r12
} (1.3.5)
ossia:
" " 1 qq
f 12 + f 21 = 2 1 3 2 ( P2 − P1 ) ∧ v1 ∧ v 2 .
c r12
( ) (1.3.6)
Solo quando le velocità sono tra di loro parallele oppure entrambe ortogonali alla
congiungente i punti P1 e P2 la somma delle forze è nulla e vale quindi il principio di
azione e reazione. Rinunciare a questo principio, ovviamente, non è possibile senza
negare la validità della meccanica newtoniana.
n ( dV1 ) n ( dV2 )
c
1
d 2 F 12 + d 2 F 21 = 2 ∑ ∑
i =1 j =1
1
rij3
{qi v i
q j v j ⋅ ( Pj − Pi )
+ q j v j qi v }
i ⋅ ( Pi − Pj )
(1.3.7)
19 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
γ1 γ2
j1
j2
P1 dl1
dl 2
P2
Fig. (1.3.1)
Se gli elementi di volume sono abbastanza piccoli da poter confondere i punti Pi col
punto centrale P1 e analogamente il punto Pj con P2 , si ha:
n ( dV1 ) n ( dV2 )
1 1
d F 12 + d 2 F 21 = 2 3
2
c r12
∑ ∑
i =1 j =1
{q v q v ⋅ ( P − P ) + q v
i i j j 2 1 j j
}
qi vi ⋅ ( P1 − P2 ) .
(1.3.8)
1 1
{
d 2 F 12 + d 2 F 21 = 2 3 j1 j 2 ⋅ ( P2 − P1 ) + j 2 j1 ⋅ ( P1 − P2 ) dV1dV2
c r12
} (1.3.9)
1 1
{
d 2 F 12 + d 2 F 21 = 2 3 I1 I 2 dl1 dl 2 ⋅ ( P2 − P1 ) + dl 2 dl1 ⋅ ( P1 − P2 ) .
c r12
} (1.3.10)
In queste equazioni j1 , j 2 e I1 , I 2 indicano rispettivamente le densità di corrente e le
correnti che circolano in γ 1 e γ 2 . Per ricavare la forza totale basta ora integrare; sup-
ponendo le correnti solenoidali, e quindi costanti lungo tutto il percorso, si ha:
1 dl 2 ⋅ ( P2 − P1 ) dl1 ⋅ ( P1 − P2 )
F 12 + F 21 = 2 I1 I 2 ∫ dl 1 ∫ + ∫ dl 2 ∫ . (1.3.11)
c γ1 γ2 r123 γ2 γ1 r123
dr122 dr 1
= ∫ 3 = ∫ 12
1
2 2
= ∫ d − ;
γ 2 r12 γ 2 r12 γ2 r12
una analoga relazione può essere scritta per l’integrale su γ 1 . Poiché l’integrale su
una linea chiusa di un differenziale è identicamente nullo, i due integrali su γ 2 e γ 1
che compaiono nella (1.3.11) e quindi anche la somma F 12 + F 21 valgono zero. Ciò
appunto è il risultato a cui si voleva arrivare. In altre parole, la somma dei contributi
degli elementi di γ 1 e γ 2 dà luogo ad una compensazione che rende apparentemente
valido, per le forze ampèriane, il terzo principio della dinamica.
1903, ma con esito negativo. Non possiamo, per ora, insistere su questo argomento
che verrà sviluppato quando studieremo la teoria della relatività; quanto si è detto, tut-
tavia, è sufficiente a far capire che il problema dell’azione tra cariche elettriche in
movimento va trattato in modo differente, rinunciando, in vista delle difficoltà che es-
se involvono, a considerare le (1.3.3) e (1.3.4) come equazioni di partenza.
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 22
v1 v2
vn
Fig. (1.4.1)
f e ,i
= cost. (1.4.2)
qi
Possiamo pertanto definire il vettore campo elettromagnetico E mediante la relazio-
ne:
f e ,i
αe = E ( P, t ) , (1.4.3)
qi
dove α e è una costante dipendente dalle unità di misura. Nel sistema C.G.S. α e viene
posta eguale a uno; in seguito vedremo quale valore essa assume nel sistema M.K.S.
(vedi paragrafo 9.1). Possiamo anche scrivere, in unità C.G.S.:
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 24
f e ,i = qi E ( P, t ) . (1.4.4)
Quando si osservano delle cariche in moto, però, la legge (1.4.2) non è più verificata.
Determiniamo, sempre usando la (1.4.1), le forze f i che sollecitano queste cariche e
consideriamo le differenze:
f m ,i = f i − f e,i . (1.4.5)
L’esperienza dimostra che vale, anche questa volta per cariche abbastanza piccole, la
legge:
1 f m ,i ∧ f m , j
= cost. (1.4.6)
qi vi ⋅ f m, j
dove, come prima, α m è una costante dipendente dalle unità di misura. Essa nel siste-
ma C.G.S. viene scelta eguale a 3 ⋅1010 cm / s , ossia viene identificata con la costante c
dell’equazione (1.3.3). In questo modo le dimensioni di H risultano (vedi paragrafo
9.1) eguali a quelle di E ; alla unità di misura di H nel sistema C.G.S. si dà il nome di
gauss(†). Il caso del sistema M.K.S. verrà trattato in seguito. È importante rilevare i-
noltre che il vettore H , a differenza del vettore E , non cambia segno invertendo gli
assi spaziali; si tratta perciò di un vettore assiale (vedi paragrafo 9.2, equazione
(9.2.40)). Nelle precedenti equazioni abbiamo dovuto supporre che le cariche fossero
piccole, in quanto diversamente le (1.4.2) e (1.4.6) non sarebbero verificate. La ragio-
ne di ciò è ovvia; le cariche qi , infatti, oltre a subire l’azione del campo elettroma-
gnetico, lo generano esse stesse. Tuttavia delle cariche molto piccole certamente non
(†)
Sovente l’unità di misura C.G.S. di
H viene indicata col nome di oersted per poter riservare il nome
gauss alla unità di misura del vettore B che verrà introdotto nel capitolo 5. Questa distinzione, tuttavia,
è inopportuna, perchè gauss e oersted risultano dimensionalmente e numericamente identici. Noi per-
tanto usiamo solo il termine gauss.
25 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
α
( ) ( )
m vi ⋅ f m , j f m ,i − vi ⋅ f m ,i f m , j = qi v i ∧ H ( P, t ) .
vi ⋅ f m, j
(1.4.8)
D’altra parte, ricavando dalla (1.4.7) la quantità vi ⋅ f m , j e ponendo nella sua espres-
sione i = j , si trova:
v i ⋅ f m ,i = 0 , (1.4.9)
il che significa che la forza f m ,i agisce trasversalmente alla traiettoria dell’i-esima ca-
rica. Mediante questo risultato e usando le unità C.G.S. ( α m = c ) la (1.4.8) diventa:
q
f m ,i = i v i ∧ H ( P , t ) . (1.4.10)
c
Di conseguenza, tenendo conto della (1.4.5), la forza totale che agisce su una carica in
movimento risulta essere:
q
f i = qi E + i vi ∧ H ( P, t ) . (1.4.11)
c
Questa relazione, data da H.A. Lorentz nel 1892, determina le azioni dinamiche del
campo elettromagnetico. Si badi, però, che non è possibile risalire dalla forza di Lo-
rentz al campo magnetico H ; infatti, aggiungendo ad H una componente parallela a
vi , la forza f i non risulta alterata.
Dalla (1.4.11) risulta subito che la parte magnetica della forza di Lorentz, a differenza
della parte elettrica, non compie lavoro in quanto sempre trasversale alla velocità vi .
N q
f = ∑ qi E + i vi ∧ H (1.4.12)
i =1 c
n ( ∆V j )
q
f = ∑ ∆V ∑ qi E + i vi ∧ H (1.4.13)
i =1 c
j
la quale sostituisce la (1.4.12) nel caso di una distribuzione continua. Quando la cor-
rente è limitata a un sottile tubo di flusso, e possibile trasformare ulteriormente la
(1.4.14). Si ha, infatti, utilizzando la (1.2.20):
1
f = ∫ ρ E dV + ∫ Idl ∧ H (1.4.15)
V c γ
o ancora, supponendo j solenoidali e quindi I costante lungo γ :
27 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
I
f = ∫ ρ E dV + ∫ dl ∧ H . (1.4.16)
V c γ
I
d f = dl ∧ H , (1.4.17)
c
analogamente:
f 2 = − qE , (1.5.3)
T = p∧E. (1.5.6)
I
f = ∫ dl ∧ H = 0 ; (1.5.7)
c γ
ossia la risultante delle forze magnetiche che agiscono sull’intero circuito, allo stesso
modo di quanto accadeva per il dipolo, è nulla. Il momento di d f , rispetto ad una o-
rigine O, è:
I
dT = ( Q − O ) ∧ dl ∧ H (1.5.8)
c
dove Q è il punto centrale di dl (vedi fig. (1.5.1)). Il momento risultante vale pertan-
to:
I
(
T = ∫ ( Q − O ) ∧ dl ∧ H
c γ
) (1.5.9)
ossia, applicando la formola per il doppio prodotto vettoriale (vedi equazione (9.3.6)):
I I
T = ∫ ( Q − O ) ⋅ H dl − ∫ H ( Q − O ) ⋅ dl . (1.5.10)
c γ c γ
dove S è una superficie avente per orlo la linea γ ; tenendo conto che (vedi equazione
(9.3.32)):
rot ( Q − O ) = 0 , (1.5.12)
df
H
O dl
Q
dT S
γ
Fig. (1.5.1)
ne segue questo enunciato. Trasformiamo ora il primo integrale che compare nella
(1.5.10) in integrale di superficie. Per far questo occorre applicare il teorema (9.3.42),
tenendo conto delle (1.5.11), (1.5.12) otteniamo così:
I
T = ∫ n ∧ grad ( Q − O ) ⋅ H dS . (1.5.13)
c S
{
I
c S
( )
T = ∫ n ∧ ( Q − O ) ⋅ grad H + H ⋅ grad ( Q − O ) +
. (1.5.14)
+ ( Q − O ) ∧ rot H + H ∧ rot ( Q − O ) dS }
Ricordando che H è costante ed inserendo la (1.5.12), questa equazione si riduce a:
I
( )
T = ∫ n ∧ H ⋅ grad ( Q − O ) dS .
c S
(1.5.15)
31 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
e ricordando che nella (1.5.14) interviene la normale assiale, la (1.5.15) diventa infi-
ne:
I
T = ∫ n dS ∧ H . (1.5.17)
c S
I
S → 0 c ∫S
lim n dS = m (1.5.18)
dove m è un vettore assiale di modulo limitato. Il sistema di correnti così definito
viene detto dipolo magnetico ed m rappresenta il momento di dipolo. Mediante la
(1.5.18) il momento torcente T può essere scritto nella forma:
T = m∧H ; (1.5.19)
data l’analogia tra questa relazione e la (1.5.6) resta giustificato il nome di dipolo ma-
gnetico scelto per indicare le correnti che circolano lungo il percorso γ .
Nel caso in cui non si possa assumere che la superficie racchiusa da γ tenda a
zero, conviene introdurre la nozione di doppio strato magnetico. Precisamente ad ogni
elemento della superficie S si associa un dipolo infinitesimo di momento:
d m = M dS (1.5.20)
in cui il vettore assiale M , detto potenza del doppio strato magnetico, è dato dalla re-
lazione:
I
M = n. (1.5.21)
c
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 32
L’espressione del momento T diventa in questo caso:
( ∫ M dS ) ∧ H
T= (1.5.22)
S
Questo risultato che, come vedremo in seguito, trova riscontro nelle proprietà
del campo magnetico generato dalla corrente che circola lungo γ , prende il nome di
teorema di equivalenza di Ampère(‡).
(‡)
Il teorema (o principio) di equivalenza di Ampère può essere così enunciato: “una spira piana per-
corsa da una corrente di intensità I , posta in un campo magnetico uniforme, è equivalente ad un dipolo
I
di momento m = S n ”. Nel caso di una spira infinitesima i risultati ottenuti per una spira piana sono
c
validi per qualunque campo magnetico (uniforme o non uniforme), e il principio di equivalenza di
I
Ampère assegna alla spira infinitesima un momento di dipolo d m = ndS (vedi ad esempio F. Er-
c
das - Lezioni di Fisica Generale – Univ. Cagliari – A.A. 1974-1975 – Parte III – Cap. 6).
L’equivalenza si applica al momento torcente che agisce su di una spira percorsa da corrente per effet-
to di un campo magnetico esterno; come si vedrà più avanti, la legge è applicabile anche all’effetto
magnetico delle correnti stazionarie [n.d.c.].
33 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
in esse si sono utilizzate le unità C.G.S. e c è la stessa costante che appare nella
(1.3.3) e (1.4.10); in seguito (vedi paragrafo 9.1) vedremo quale forma esse assumono
nel sistema M.K.S.. Queste equazioni costituiscono il postulato fondamentale
dell’elettromagnetismo e, assieme alle espressioni (1.4.11) e (1.4.14) della forza di
Lorentz, risolvono il problema del calcolo delle mutue azioni tra cariche in movimen-
to. Le equazioni (1.6.1) e (1.6.3) vennero date nel 1865 da Maxwell. Le (1.6.2) e
(1.6.4) sono più antiche; esse esprimono, in forma differenziale, la legge per il flusso
rispettivamente del campo elettrico e del campo magnetico. Questa legge, nel caso e-
lettrico, fu scritta per la prima volta da C. F. Gauss nel 1840. Attualmente si usa indi-
care col nome di equazioni di Maxwell l’intero gruppo delle (1.6.1) ÷ (1.6.4).
∂ρ
+ div j = 0 , (1.6.6)
∂t
H
dl γ
S
n
1 ∂E j
4π ∂t
Fig. (1.6.1)
dove n è il versore normale a S. La (1.6.7) è la relazione di Ampère sulla circuitazio-
ne del campo magnetico; in essa appare, però, oltre alla densità di corrente j , anche
1 ∂E
il termine . Esso venne introdotto da Maxwell per rendere valida l’equazione
4π ∂t
(1.6.1) nel caso non stazionario, quando cioè la densità di carica e di corrente variano
nel tempo. In questo modo, anche quando ∂ρ ∂t non è nullo, è garantita, come testé
abbiamo verificato, la validità dell’equazione di continuità (1.2.25).
35 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1 ∂E
Il termine , che prende il nome di densità di corrente di spostamento, produce
4π ∂t
gli stessi effetti della ordinaria densità di corrente j . Indicando con I S la corrente di
1 ∂E
spostamento, cioè il flusso di , e ricordando la (1.2.16), possiamo scrivere:
4π ∂t
4π
∫γ H ⋅ dl = c ( I + I S ) (1.6.8)
che è la forma generale della legge della circuitazione di Ampère, in cui interviene la
corrente elettrica totale (cioè la somma della corrente I dovuta al moto delle cariche e
della corrente di spostamento I S ). Essa, per il teorema di Stokes, ha segno positivo
quando è diretta nel verso di avanzamento di una vite destrorsa che ruoti intorno ad
n , nel senso in cui, nel valutare la circuitazione di H , viene percorsa la linea γ (re-
gola della vite, vedi paragrafo 9.3, fig. (9.3.1)).
Ponendo:
∫S
H ⋅n dS = Φ H , (1.6.10)
la (1.6.9) diventa:
1 d Φ H
∫γ E ⋅ dl = − c
dt γ =cost
(1.6.11)
dove l’indicazione: γ =cost denota che la linea γ è fissa ed il flusso varia in quanto
H dipende dal tempo. La (1.6.11) è la legge di Faraday sull’induzione elettromagne-
tica; essa mette in relazione la circuitazione del campo elettrico (ossia la cosiddetta
forza elettromotrice) con la variazione nel tempo del flusso magnetico Φ H . Anche
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 36
d Φ H
questa volta il segno del termine a secondo membro, cioè di , è dato dalla rego-
dt
la della vite.
dove S è la superficie che racchiude il volume V ed n la normale ad S diretta verso
l’esterno (vedi fig. (1.6.2)). Considerando la (1.6.4) si ha analogamente:
∫S
H ⋅ n dS = 0 , (1.6.14)
Le (1.6.13) e (1.6.14) sono l’espressione del teorema di Gauss per il flusso rispetti-
vamente del campo elettrico e del campo magnetico. Mentre il campo magnetico è
sempre a flusso nullo, cioè solenoidali, il campo elettrico è proporzionale alla carica q
che lo genera. Questo fatto implica una essenziale differenza tra il campo elettrico e
n
S
E
Fig. (1.6.2)
37 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
quello magnetico; infatti il primo dipende, mediante la (1.6.2), dalla presenza di cari-
che elettriche, il secondo dipende invece, mediante la (1.6.1), dalle correnti. La even-
tuale simmetria tra il campo elettrico e quello magnetico richiederebbe l’esistenza di
cariche e di correnti magnetiche. Questa simmetria, però, la si ottiene in assenza di
cariche e di correnti; infatti alla corrente di spostamento elettrica corrisponde
1 ∂H
un’analoga corrente di spostamento magnetica data dal vettore: − .
4π ∂t
f ( P′′′ )
P v
dl P’”
ϕ
τ
f ( P) O γ
H ϑ n
f ( P′′ )
P’
P”
f ( P′ )
Fig. (1.6.3)
v = ϑ τ ∧ ( P − O ) = ϑ R sin ϕ n , (1.6.15)
dove τ è il versore dell’asse di rotazione, n la normale al piano della circonferenza e
ϕ l’angolo tra τ e ( P − O ) . Supponiamo il campo magnetico omogeneo, costante ri-
spetto al tempo e ortogonale a τ ; ricordando la (1.4.10) esso determina sulla carica q
una forza data dalla relazione:
q
∫γ f ⋅ dl = −
c
ϑ R H sin ϑ ∫γ sin ϕ τ ⋅ dl ; (1.6.17)
osservando che:
π
τ ⋅ dl = cos ϕ + R dϕ = − sin ϕ R dϕ , (1.6.18)
2
q 2π q
∫γ f ⋅ dl =
c
ϑ R 2 H sin ϑ
∫0
sin 2 ϕ dϕ = ϑ R 2 H sin ϑ .
c
(1.6.19)
Φ H = π R 2 H ⋅ n = π R 2 H cos ϑ , (1.6.20)
d Φ H
= −π R 2 H sin ϑ ϑ . (1.6.21)
dt H =cost
che è una relazione paragonabile alla (1.6.11); in essa l’indicazione H = cost denota
che il campo magnetico è costante nel tempo e la variazione del flusso è dovuta al
movimento di γ .
∂v j ∂ dx j d ∂x j d
= = = δ ij = 0 , (1.6.24)
∂xi ∂xi dt dt ∂xi dt
1 per i = j
(§)
Esso è definito nel modo seguente: δ ij =
0 per i ≠ j
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 40
q q
c c
(
rot F = rotv ∧ H = − v ⋅ grad H . ) (1.6.25)
Questa espressione, tenendo conto che H è costante rispetto al tempo, coincide con
la cosiddetta derivata sostanziale di H rispetto a t. Consideriamo infatti il campo ma-
gnetico che agisce sulla carica q; essa nel suo movimento attraversa regioni in cui il
campo ha valori differenti e, conseguentemente, sarà sottoposta ad un campo variabi-
le da istante a istante. La derivata rispetto a questa variazione (ricordando il teorema
di derivazione di una funzione di funzione) è data proprio dal secondo membro della
(1.6.26); pertanto:
∂ H
( )
v ⋅ grad H = , (1.6.27)
∂t s
di vista molto più generale, come si farà nei capitoli 7 ed 8 dedicati alla teoria della
Relatività speciale(**). Vale invece la pena di segnalare una questione che concerne il
significato energetico della legge di Faraday. Si deve osservare, a questo riguardo,
che la legge di Faraday esprime il lavoro compiuto dalle forze del campo quando la
carica unitaria percorre la linea γ . Parrebbe pertanto che quando γ è mobile ed H
non varia nel tempo questo lavoro debba essere nullo in quanto dovuto ad una forza
lorentziana, la quale non può compiere lavoro (vedi paragrafo 1.4). È facile vedere
che la ragione di questa apparente contraddizione dipende dal fatto che la forza loren-
tziana compie, in realtà, due lavori corrispondenti rispettivamente alla circuitazione
lungo γ ed alla rotazione di γ . Manifestamente è il lavoro complessivo che deve es-
sere nullo; ossia se la rotazione lungo γ dà luogo ad un lavoro positivo, la rotazione
di γ produce un eguale lavoro negativo.
In altre parole: impiegando energia meccanica per far ruotare γ si ottiene lavoro elet-
trico sulle cariche, e la forza di Lorentz non fa altro che trasferire energia dal moto
delle cariche associato alla rotazione di γ al moto lungo γ .
(**)
D’altra parte, la Relatività speciale considera solo il moto rettilineo e uniforme e non è quindi appli-
cabile al caso in cui (vedi equazione (1.6.22)) la linea γ ruota.
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 42
4π
∆2 H = − rot j . (1.7.2)
c
∂H
Così pure, posto = 0 nella (1.6.3), applicandovi il rotore ed utilizzando la (1.6.2),
∂t
si ottiene in modo analogo:
∆ 2 E = 4π grad ρ . (1.7.3)
Esprimendo H ed E mediante le loro componenti cartesiane, le equazioni vettoriali
(1.7.2) e (1.7.3) si riducono (vedi equazione (1.3.24)) a delle equazioni scalari della
forma:
∆ 2ϕ = Φ , (1.7.4)
Dove Φ è una funzione assegnata del posto dipendente dalla distribuzione delle cari-
che o da quella delle correnti. Per integrare la (1.7.4) applichiamo un metodo dovuto
a G. Green che consiste nell’applicare il lemma omonimo (vedi equazione (9.3.40))
43 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1
g= , (1.7.5)
r
1 d 2 dg
∆2 g = r = 0. (1.7.6)
r 2 dr dr
P ε
S0 n V*
n
Fig. (1.7.1)
dϕ dg dϕ dg
∫ ( g ∆ ϕ − ϕ∆ g ) dV = ∫
V* 2 2 S0 g
dn
−ϕ dS0 + ∫S g
dn dn
−ϕ dS .
dn
(1.7.7)
∫ ( g ∆ ϕ − ϕ∆ g ) dV = ∫
V* 2 2 V*
g ΦdV . (1.7.8)
Trasformiamo il primo integrale a secondo membro della (1.7.7). Tenendo conto che
sulla superficie S0 la normale n , essendo diretta all’esterno di V*, è opposta al raggio
r ed inserendo le espressioni di g e di dS0 si ha:
dϕ dg ∂ϕ ∂g 1 ∂ϕ 1
∫S0 g
dn
−ϕ dS0 = − ∫S0 g
dn ∂r
−ϕ dS0 = − ∫4π
∂r ε ∂r
+ ϕ 2 ε 2 dω .
ε
(1.7.9)
∂ϕ
Introducendo i valori medi ϕ e della funzione ϕ e della sua derivata valutati
∂r
sulla superficie S0 e facendo tendere a zero il raggio ε , la (1.7.9) diventa:
dϕ dg
2 1 ∂ϕ 1
∫S0 dn dn 0
g − ϕ dS = − 4πε + ϕ → − 4πϕ ( P ) . (1.7.10)
ε ∂r ε
2 ε →0
1 1 dϕ ( Q ) 1 drPQ 1 Φ (Q )
ϕ (P) = ∫S rPQ dn
+ ϕ ( Q ) 2 dSQ − ∫ dVQ , (1.7.11)
4π rPQ dn 4π V rPQ
1 1 dϕ ( Q ) 1 drPQ 1 Φ (Q )
ϕ ( P ) = lim ∫S rPQ dn
+ ϕ ( Q ) 2 dSQ − ∫ dVQ . (1.7.12)
S →∞ 4π rPQ dn 4π V0 rPQ
1 Φ (Q )
ϕ (P) = − ∫ dVQ , (1.7.13)
4π V0 rPQ
essa risulta identicamente verificata. Infatti, indicando con O un’origine arbitraria in-
terna al volume V0 ed applicando il teorema di Carnot (vedi fig. (1.7.2)), la (1.7.13)
può essere scritta nella forma:
rPQ
V0
rPO
Q
ϑ
rQO
Fig. (1.7.2)
1 Φ (Q )
ϕ (P) = − ∫ dVQ (1.7.14)
4π rPO V0
rQO r
2
1− 2 cos ϑ + QO
rPO rPO
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 46
ˆ .
dove rPO , rQO sono le distanze dei punti P e Q dall’origine e ϑ indica l’angolo QOP
Quando il punto P va all’infinito il rapporto rQO rPO tende a zero e la (1.7.14) diventa
asintoticamente:
1
ϕ (P) → − ∫ Φ ( Q ) dVQ (1.7.15)
P →∞ 4π rPO V0
1
ϕ ( P ) rPO → − ∫ Φ ( Q ) dVQ = − k (1.7.16)
P →∞ 4π V0
dϕ ( P ) 1
2
rPO → ∫ Φ ( Q ) dVQ = k (1.7.17)
drPO P →∞ 4π V0
dove k è una costante finita. Possiamo ora valutare il primo integrale che compare
nella (1.7.12). Assumendo come superficie S una sfera di centro O, le derivate rispet-
to alla direzione normale ad S vengono sostituite dalle derivate rispetto a rQO . Di con-
seguenza, osservando che rPQ e rQO diventano coincidenti per Q tendente ad infinito
(vedi fig. (1.7.2)) e tenendo conto delle (1.7.16) e (1.7.17) (in cui si sostituisca P con
Q), i due termini che compaiono nell’integrale in questione diventano asintoticamente
−3
proporzionali a rQO . Tenendo conto che l’estensione di S cresce proporzionalmente a
2
rQO , ciò basta a concludere che l’integrale su S calcolato mediante la (1.7.12) tende a
zero(††). Abbiamo pertanto provato che la (1.7.12) effettivamente si riduce ad una i-
dentità quando in essa si sostituisca la (1.7.13). Essendo, d’altra parte, la (1.7.12) e-
quivalente all’equazione iniziale (1.7.4), ne segue che l’espressione (1.7.13) di ϕ co-
stituisce la soluzione di questa equazione nel caso in cui le condizioni limitative per la
Φ siano verificate. Inoltre, confrontando la (1.7.13) colla (1.7.11) risulta subito che
nella (1.7.11) l’integrale su S rappresenta, per un volume V limitato e più piccolo di
V0 , il contributo dovuto ai valori di Φ esterni a V.
(††)
È da notare che questa conclusione è rafforzata dal fatto che i due contributi che intervengono
nell’integrazione su S sono eguali in valore assoluto, ma opposti in segno.
47 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
in cui si è indicato con V anziché con V0 il volume occupato dalle correnti; il caso in
cui esse siano distribuite in tutto lo spazio fino a distanza infinita è senz’altro da e-
scludersi per ovvie ragioni fisiche. Usando l’identità (vedi equazione (9.3.20)):
j rot j 1
rot = + grad ∧ j (1.7.19)
r r r
1 1
d H ( P) = 3 ( Q − P ) ∧ v Q dq , (1.7.23)
c rPQ
Queste relazioni vengono comunemente indicate col nome di prima legge elementare
di Laplace. Considerando come elemento di volume un tratto di un sottile tubo di
flusso, di lunghezza eguale al vettore infinitesimo dl parallelo alla densità di corren-
te j , otteniamo, ricordando la (1.2.20):
1 I
d H (P) = 3 ( Q − P ) ∧ dl , (1.7.25)
c rPQ
gradQ ρ ( Q )
E = −∫ dVQ (1.7.26)
V rPQ
dove V è un volume limitato che racchiude lo spazio in cui la densità di carica non è
nulla. Mediante la (9.3.12) la (1.7.26) assume la forma:
ρ (Q ) 1
E = − ∫ gradQ dVQ + ∫V ρ ( Q ) gradQ dVQ . (1.7.27)
rPQ rPQ
V
È facile vedere che il primo integrale vale zero; si ha infatti utilizzando il teorema
(9.3.36):
ρ (Q ) ρ (Q )
∫V Q rPQ Q ∫S rPQ n dS ,
grad dV = (1.7.28)
49 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
dove S è la superficie che delimita il volume V. Per le ipotesi fatte, la densità di carica
su questa superficie e quindi gli integrali che compaiono nei due membri della
(1.7.28) sono nulli. Utilizzando le (9.3.28) e (9.3.33) resta pertanto:
P−Q
E (P) = ∫ ρ ( Q ) dV , (1.7.29)
V r3
PQ
che è una espressione confrontabile con la (1.7.22). Considerando una carica infinite-
sima concentrata in un elemento di volume dVQ si ha analogamente alla (1.7.23):
ρ (Q )
d E ( P ) = 3 ( P − Q ) dVQ ; (1.7.30)
rPQ
q
E ( P) = 3 ( P − Q) (1.7.31)
rPQ
dove V è una funzione del posto e del tempo detta potenziale scalare. Il campo elet-
tromagnetico risulta così espresso mediante la (1.8.1) e la (11.8.3) che possiamo scri-
vere nella forma:
1 ∂A
E = − gradV - ; (1.8.4)
c ∂t
in esse intervengono quattro sole funzioni scalari, ossia V e le tre componenti di A .
Si deve però notare che la scelta dei potenziali A e V non è univoca. Infatti indican-
do con A0 e V0 una determinazione dei potenziali soddisfacente le equazioni (1.8.1) e
(1.8.4), si verifica immediatamente che anche i potenziali:
51 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
A = A0 + gradϕ , (1.8.5)
1 ∂ϕ
V = V0 − , (1.8.6)
c ∂t
dove ϕ è una arbitraria funzione del posto e del tempo, soddisfano queste equazioni.
Utilizzando l’identità:
rot rot A = grad div A − ∆ 2 A , (1.8.8)
la (1.8.7) diventa:
1 ∂ 2 A −4π j 1 ∂V
∆2 A − 2 2 = + grad div A + . (1.8.9)
c ∂t c c ∂t
1 ∂
∆ 2V + div A = −4πρ . (1.8.10)
c ∂t
1 ∂V
div A + = 0, (1.8.11)
c ∂t
1 ∂ 2ϕ 1 ∂V0
∆ 2ϕ − = − div A0 + c ∂t . (1.8.12)
c 2 ∂t 2
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 52
Quest’ultima equazione, come vedremo nel prossimo paragrafo, può essere risolta
con un metodo analogo a quello usato nel paragrafo 1.7. In questo modo, mediante la
(1.8.11), che viene detta condizione di Lorentz, le equazioni per i potenziali diventano
semplicemente:
1 ∂ 2 A 4π
∆2 A − 2 2 = − j, (1.8.13)
c ∂t c
1 ∂ 2V
∆ 2V − = −4πρ , (1.8.14)
c 2 ∂t 2
esse, tenendo conto delle opportune condizioni al contorno, della condizione supple-
mentare (1.8.11) nonché delle equazioni (1.8.1) e (1.8.4), ci permettono di determina-
re il campo elettromagnetico in funzione delle cariche e delle correnti. Sovente, per
semplificare le notazioni, si fa uso del simbolo:
1 ∂2
2 = ∆ 2 − , (1.8.15)
c 2 ∂t 2
4π
2 A = − j, (1.8.16)
c
2 V = −4πρ . (1.8.17)
1 ∂V 4π ∂ρ
0 =2 div A + =− div j + , (1.8.18)
c ∂t c ∂t
che è appunto quanto si voleva stabilire. Ciò significa, in altri termini, che il legame
esistente tra le soluzioni delle (1.8.16) e (1.8.17) corrisponde a quello che intercorre
tra j e ρ . Nelle applicazioni si può utilizzare questo legame per evitare di integrare
53 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
l’equazione per il potenziale scalare V . Per far ciò basta ricavare A dalla (1.8.16) e
calcolarne la divergenza, dopodiché la (1.8.11) con una integrazione rispetto al tempo
ci fornisce, a meno di una costante dipendente dal posto, il valore di V . All’atto pra-
tico questa costante può, di solito, essere determinata senza difficoltà; è tuttavia prefe-
ribile un differente procedimento che, anche a priori, non dà luogo ad alcuna ambi-
guità. A questo scopo introduciamo un vettore Q , funzione del posto e del tempo, ta-
le che:
∂Q
j= , (1.8.19)
∂t
e:
ρ = −divQ . (1.8.20)
e:
V = −divZ , (1.8.22)
dove Z è un vettore da determinarsi detto vettore di Hertz. Sostituendo la (1.8.21) e
la (1.8.19) nella (1.8.16) si ha:
1 ∂
2 Z + 4π Q = 0 . (1.8.23)
c ∂t
Basta, pertanto, assumere Z tale che esso verifichi l’equazione:
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 54
2 Z = −4π Q , (1.8.25)
1 ∂
H= rot Z . (1.8.27)
c ∂t
Queste equazioni, assieme alla (1.8.25), riducono il problema del calcolo del campo
elettromagnetico alla determinazione di Z , ossia di tre sole funzioni scalari.
55 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1 ∂2 f
2 f = ∆ 2 f − = F ( x, y , z , t ) . (1.9.1)
c 2 ∂t 2
Per integrare una equazione di questo tipo occorre innanzitutto eliminare la variabile
tempo. A tal fine sviluppiamo in serie (o in integrale) di Fourier di forma complessa
le funzioni f e F:
+∞
F ( x, y, z , t ) = ∑ s Φ s ( x, y, x ) e−iωs t . (1.9.2)
−∞
+∞
f ( x, y, z , t ) = ∑ sϕ s ( x, y, x ) e −iωs t . (1.9.3)
−∞
+∞
∑ (∆ ϕ
−∞
s 2 s )
+ k s2ϕ s − Φ s e −iωs t = 0 , (1.9.4)
Dove si è posto:
ωs
= ks . (1.9.5)
c
∆ 2ϕ s + k s2ϕ s = Φ s . (1.9.6)
Quando ks vale zero esse si riducono alla (1.7.4) già incontrata nel paragrafo (1.7);
generalizziamo pertanto il procedimento allora usato. Consideriamo questa volta la
funzione:
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 56
eiks r
gs = , (1.9.7)
r
∆ 2 g s + ks2 g s = 0 . (1.9.8)
dϕ dg
∫ (g ∆ ϕ
V * s 2 s − ϕ s ∆ 2 g s ) dV = ∫ g s s − ϕ s s dS0 +
S0
dn dn
(1.9.9)
dϕ dg
+ ∫ g s s − ϕ s s dS .
S
dn dn
∫ (g ∆ ϕ
V* s 2 s − ϕ s ∆ 2 g s ) dV = ∫ * g s Φ s dV .
V
(1.9.10)
Trasformiamo ora il primo integrale a secondo membro della (1.9.9); tenendo conto
che sulla superficie S0 la derivata normale coincide, salvo il segno, con la derivata ri-
spetto a r, si ottiene:
dϕ s dg 1 dϕ s ik 1
∫S0
gs
dn
− ϕ s s dS0 = − ∫ eiks r
dn S0
r dr
− ϕ s s − 2 dS0 . (1.9.11)
r r
dϕs
Introduciamo i valori medi ϕ s e e facciamo tendere a zero ε ; la (1.9.11) analo-
dr
gamente alla (1.7.9) si riduce a:
57 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
dϕ s dg
∫S0
gs
dn
− ϕ s s dS0 =
dn
(1.9.12)
1 dϕ ik 1
−4πε 2 eiksε s
− ϕ s s − 2 → − 4πϕ s ( P ) .
ε dr ε ε ε →0
Sostituendo le (1.9.10) e (1.9.12) nella (1.9.9) ed osservando che per ε tendente a ze-
ro il volume V* coincide coll’intero volume V interno ad S abbiamo:
1 dϕ s dg 1
ϕs ( P ) = ∫ g − ϕ s s dS − ∫ g s Φ s dV =
4π 4π
s
S dn dn V
(1.9.13)
1 1 dϕ s iks 1 dr 1 eiks r
∫e r dn − ϕ s r − r 2 dn dS − 4π ∫ Φ s dV ,
ik s r
4π S
V r
dove è stata inserita l’espressione (1.9.7) della funzione g s . Risulta così determinata
anche la funzione f; per ricavarla in modo esplicito, sostituiamo la (1.9.13) nella
(1.9.3) ed eliminiamo ks mediante la (1.9.5). Si trova:
+∞
f ( P, t ) = ∑ sϕ s ( P ) e−iωst =
−∞
1 +∞
− iωs ( t − cr ) 1 dϕ s iωs 1 dr
4π ∫∑
S
−∞
s e r dn − ϕ s cr − r 2 dn dS +
(1.9.14)
− iωs ( t − cr )
1 +∞
e
−
4π ∫∑
V
−∞
s
r
Φ s dV .
+∞
− iωs ( t − cr )
f ( P, t − cr ) = ∑ sϕ s ( P ) e , (1.9.15)
−∞
+∞
∂f − iωs ( t − cr )
∂t t − cr
= − ∑
−∞
sϕ s ( P ) iω s e , (1.9.16)
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 58
+∞
− iωs ( t − cr )
F ( P, t − cr ) = ∑ s Φ s ( P ) e . (1.9.17)
−∞
1 1 df 1 ∂f 1 dr
f ( P, t ) = ∫ r dn + cr ∂t + r 2 f dn dS +
4π S
t − cr
(1.9.18)
1 1
−
4π ∫V r F dV .
t− r
c
f ( P, t ) = −
1 (
F Q, t −
rPQ
c ) dV
4π ∫
V0 rPQ
Q , (1.9.19)
1
f ( P, t ) → − ∫ F ( Q, t − ) dV . (1.9.20)
rPO
4π rPO c Q
P →∞ V0
59 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Si vede subito da questa equazione che f dipende dal posto non solo attraverso la va-
riabile rPO, come accadeva per la funzione ϕ nel paragrafo 1.7, ma anche attraverso
la variabile:
t ′ = t − rPOc ; (1.9.21)
∂f ∂f ∂t ′ 1 ∂f 1
df
= + = 2
drPO ∂rPO t ′=cost ∂t ′ ∂rPO 4π rPO ∫V0
( )
F Q, t − rPOc dVQ +
∂t
⋅ − ,
c
(1.9.22)
ne segue:
df 1 ∂f 2 1 r
+ rPO P→ ∫ F ( Q, t − ) dV = K t − PO , (1.9.23)
rPO
→∞ 4π
Q
drPO c ∂t
c
V0
c
che è la condizione asintotica da sostituire alla (1.7.15) nel caso in cui il problema
non sia stazionario. Alla (1.7.14) corrisponde invece semplicemente la condizione:
r
f ( P, t ) rPO → − K t − PO , (1.9.24)
P →∞
c
come risulta subito dalla (1.9.20). Assumendo per S una sfera con centro l’origine O
le derivate rispetto a rPO coincidono con le derivati normali ad S; se ne conclude, ana-
r
logamente a quanto fatto nel paragrafo 1.7 e osservando che K t − PO rappresenta
c
comunque una funzione finita per tutti i valori del suo argomento, che la (1.9.19) è la
soluzione della (1.9.1).
Resta inoltre stabilito, come nel paragrafo 1.7, che l’integrale di superficie che
compare nella (1.9.18) rappresenta il contributo dei valori di F esterni ad S. È impor-
tante osservare, a questo riguardo, che, utilizzando la formola di Kirchhoff nella for-
ma completa (1.9.18), il volume V può essere, anche, quello esterno alla superficie S
anziché quello interno come si è supposto in fig. (1.7.1). Ciò evidentemente richiede
che la normale n sia diretta internamente ad S e che la dimostrazione venga eseguita
supponendo la sferetta S0 esterna. In questo caso, se nel volume V i valori di F sono
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 60
ρ ( Q, t − rc )
V ( P, t ) = ∫ dVQ , (1.9.26)
V rPQ
dove V indica tutto il volume occupato dalle correnti o dalle cariche. Queste espres-
sioni di A e V sono effettivamente soluzioni delle (1.8.13) e (1.8.14); esse, però, per
essere accettabili, devono soddisfare anche alla condizione di Lorentz (1.8.11). Si
può facilmente mostrare che ciò avviene procedendo per verifica diretta. Ciò può es-
sere fatto sostituendo le (1.9.25) e (1.9.26) nella (1.8.11) e tenendo conto
dell’equazione di continuità (1.2.25)(‡‡). Resta così provata la correttezza del risultato
ottenuto.
1 j ( Q, t − rc ) ρ ( Q, t − rc )
(‡‡)
Sostituendo A ( P, t ) = ∫ dVQ (1.9.25), V ( P, t ) = ∫ dVQ (1.9.26)
c V rPQ V rPQ
nella (1.8.11) si ottiene:
1 ∂V 1 j ( Q, t − cr ) ∂ρ ( Q, t − cr ) ∂t 1 divP j ( Q, t − cr )
c ∂t c ∫V
divP A + = divP + dVQ = ∫V dVQ +
rPQ rPQ c rPQ
1 1 ∂ρ ( Q, t − cr ) ∂t
( )
c ∫V
j Q , t − r
c ⋅ grad P + dVQ .
rPQ rPQ
Il primo integrale è nullo poiché divP j ( Q, t − c ) si annulla identicamente. Per il secondo, osservia-
r
61 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Le (1.9.25) e (1.9.26) sono le celebri formole dette, per le ragioni testé espo-
ste, dei potenziali ritardati; esse risolvono in modo esplicito il problema del calcolo
del campo elettromagnetico anche nel caso non stazionario. Da esse è facile riottenere
le equazioni (1.7.22) e (1.7.27). Per quest’ultima, infatti, basta applicare alla (1.9.26)
la (1.8.4) in cui si sia annullata la derivata temporale del potenziale vettore. Si ottiene:
1
E ( P ) = − ∫ ρ ( Q ) grad P dVQ (1.9.27)
V rPQ
la quale, tenendo conto delle (9.3.28), (9.3.33), coincide proprio con la (1.7.29).
D’altra parte, utilizzando la (9.3.20) si ottiene la formola:
j (Q ) 1 1
rot P = rot P j ( Q ) + grad P ∧ j (Q ) ; (1.9.28)
rPQ rPQ rPQ
mo che, in virtù della (1.2.25), possiamo sostituire ∂ρ ( Q, t − cr ) ∂t con −divQ j ( Q, t − rc ) e riscri-
vere il secondo temine dell’integrando nella forma
∂ρ ( Q, t − rc ) ∂t divQ j ( Q, t − rc ) j ( Q, t − cr ) 1
=− = − divQ − j ( Q, t − cr ) ⋅ gradQ .
rPQ rPQ rPQ rPQ
Introducendo l’espressione contenente le [ ] nel secondo integrale e raccogliendo i fattori comuni es-
so assume la forma
1 1 j ( Q, t − cr )
∫V (
j Q , t − c)
r
⋅
grad P
r
+ grad Q
r
Q ∫V Q
dV − div
r
dVQ .
PQ PQ PQ
essa, osservando che le derivate di j ( Q ) rispetto alle coordinate di P sono nulle, di-
venta:
j (Q ) (Q − P ) ∧ j (Q )
rot P = 3
. (1.9.29)
rPQ rPQ
q
V (P) = (1.10.6)
rPQ
Applichiamo ora i risultati cui siamo pervenuti nei precedenti paragrafi per
calcolare il campo elettrico dovuto ad alcune particolari distribuzioni stazionarie di
carica. Cominciamo dal caso di una sfera uniformemente carica. Suddividiamo la sfe-
ra in tanti strati sferici di spessore infinitesimo dr e dimostriamo, innanzitutto, che il
campo all’interno di tali strati è nullo. Infatti il campo elettrico dovuto nel punto P al-
la carica della porzione di strato sferico contenuta nell’angolo solido dω (vedi fig.
(1.10.1)) è:
ρ drdS
d 2 E ′ = 3 ( P − Q′ ) (1.10.7)
rPQ′
dS cos α
2
= dω (1.10.8)
rPQ ′
65 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
dove α è l’angolo tra la direzione Q′ − P e la normale alla superficie della sfera nel
punto Q′ (§§).
n′
α
Q′
dω
P dr
r
Q′′
n′′ α
Fig. (1.10.1)
ρ drdω P − Q′
d 2 E′ = . (1.10.9)
cos α rPQ′
Si badi che l’angolo d ω definito dall’equazione (1.10.8) risulta un numero reale il cui segno coin-
(§§)
Risulta quindi:
d 2 E ′ + d 2 E ′′ = 0 , (1.10.11)
ossia gli elementi di strato sferico opposti si compensano dando un campo nullo;
l’asserto è così provato.
Dall’equazione (1.10.3) si deduce, di conseguenza, che il potenziale all’interno dello
strato sferico è costante; si può quindi valutarlo in un punto qualsiasi, ad esempio al
centro. Per far questo usiamo l’espressione (1.9.26) del potenziale in cui ρ è suppo-
sta costante nel tempo, cioè:
ρ
V (P) = ∫ dVQ . (1.10.12)
V rPQ
ρ dSdr
d 2Vest = (1.10.14)
rPQ
P − O ⋅ P′ − O = r 2 . (1.10.15)
P−O Q −O
= . (1.10.16)
Q −O P′ − O
Q dS
rPQ
r
O P
P′
Fig. (1.10.2)
P−O Q −O
= (1.10.17)
P − Q Q − P′
cioè:
1 r 1
= ⋅ (1.10.18)
rPQ rPO rP′Q
ρ dSdr r
d 2Vest = ⋅ . (1.10.19)
rP′Q rPO
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 68
ρ dSdr
Il termine è il potenziale nel punto P′ interno allo strato, dovuto alla carica
rP′Q
contenuta nel volumetto dSdr; integrando la (1.10.19) su tutto lo strato e ricordando la
(1.10.13) si ottiene così:
r 4π r 2 ρ dr
dVest = dVint = ⋅ (1.10.20)
rPO rPO
Confrontando questa equazione con la (11.10.6) risulta che lo strato sferico produce
nei punti esterni lo stesso potenziale che si avrebbe se tutta la carica fosse concentrata
in O. Ritorniamo ora alla sfera uniformemente carica; il potenziale in un punto inter-
no distante r dal centro è, evidentemente:
r R
Vint ( r ) = ∫ dVest + ∫ dVint (1.10.21)
0 r
r 4πρ 2 R 1
Vint ( r ) = ∫ r ′ dr ′ + ∫ ρ 4π r ′dr ′ = 2πρ R 2 − r 2 , ( r ≤ R ) . (1.10.22)
0 r r
3
R 4πρ r ′2 dr ′ 4 1
Vest ( r ) = ∫ = π R3 ρ . (1.10.23)
0 r 3 r
Risulta subito dalle (1.10.22) e (1.10.23) che sulla superficie della sfera, cioè per
r = R , il potenziale è continuo. Usando la (1.10.3) si ottengono immediatamente le
espressioni del campo elettrico nei punti interni ed esterni alla sfera. Si ha:
P−O d 4 P −O
E int ( P ) = − Vint ( r ) = πρ r (r ≤ R) (1.10.24)
r dr 3 r
e analogamente:
4 P−O
E est ( P ) = π R 3 ρ 3 (r ≥ R) . (1.10.25)
3 r
69 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
In fig. (1.10.3) sono riportati gli andamenti del potenziale e del campo dati dalle e-
quazioni (1.10.22), (1.10.23), (1.10.24) e (1.10.25).
V E
O R r
Fig. (1.10.3)
Da essa risulta che, mentre il potenziale decresce monotonicamente, il campo invece
è massimo sulla superficie, cioè per r = R .
Un altro caso di notevole interesse, che ora tratteremo, è quello del piano uni-
formemente carico. A questo scopo supponiamo che nello spazio compreso fra due
piani illimitati, paralleli e situati a distanza ε arbitrariamente piccola, sia contenuta
una distribuzione di carica a densità ρ costante. Nel volumetto ε dS sarà perciò con-
tenuta la carica:
dq = ρε dS . (1.10.26)
ρε = σ . (1.10.27)
La (1.10.26) diventa:
dq = σ dS , (1.10.28)
σ dS
d E = 3 ( P − Q) , (1.10.29)
rPQ
dS
Q
Fig. (1.10.4)
σ d ω ( P − Q )
dE = . (1.10.30)
cos α rPQ
Dalla (1.10.30) risulta che la componente di d E normale al piano vale:
d E ⋅ n = σ dω . (1.10.31)
Integrando la (1.10.30) su tutto il piano le componenti parallele dei contributi d E
dovute ai vari elementi di superficie, per ovvie ragioni di simmetria, si elidono a vi-
cenda; rimangono le sole componenti normali. Di conseguenza, tenendo conto che
l’integrale su dω relativo all’intero piano vale 2π abbiamo dalla (1.10.31):
E = 2πσ n ; (1.10.32)
il campo cioè è indipendente dalla distanza dal piano. Questo risultato e il precedente,
relativo alla distribuzione sferica di carica, possono essere ottenuti, eventualmente,
anche utilizzando l’equazione (1.6.13), cioè il teorema di Gauss.
71 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
dS ′
dS
E ′′
dS ′′
n′′
Fig. (1.10.5)
Supponiamo dS ′ e dS ′′ abbastanza vicine da poter trascurare, relativamente ad esse, la
superficie che limita lateralmente questo volumetto. Il flusso uscente è di conseguen-
za:
( )
d Φ E = E ′ ⋅ n′ + E ′′ ⋅ n′′ dS (1.10.33)
per cui
En′ − En′′ = 4πσ (1.10.35)
dove En′ ed En′′ sono le componenti del campo lungo la normale n alla superficie in
due punti situati da bande opposte ed infinitamente vicini. L’equazione (1.10.35) sta-
bilisce che la discontinuità della componente normale del campo è proporzionale alla
densità di carica superficiale. Dimostriamo ora che la componente del campo tangente
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 72
alla superficie è, viceversa, continua. Per far questo consideriamo su un piano norma-
le alla superficie un rettangolo γ arbitrariamente piccolo, di cui due lati siano paralle-
li alla superficie e situati da bande opposte rispetto ad essa, mentre gli altri due, orto-
gonali alla superficie, siano infinitesimi rispetto ai primi (vedi fig. (1.10.6)).
E′
dl ′
γ
dl ′′
E ′′
Fig. (1.10.6)
ossia:
dove Et′ ed Et′′ sono le componenti tangenziali del campo in due punti infinitamente
vicini alla superficie e situati da bande opposte. Essendo i lati opposti di eguale lun-
ghezza, otteniamo dalla (1.10.37):
1 1
V ( P ) = lim
q − . (1.11.2)
∆ Q →0 rP ,Q +∆ Q rPQ
1
=
1
1 d rPQ ( )
+ ∆Q + ....... . (1.11.3)
rP ,Q +∆ Q rPQ dQ
per cui a meno di termini infinitesimi di ordine superiore rispetto a ∆Q la (1.11.2)
diventa:
V ( P ) = lim
d rPQ1
q ∆Q .
( ) (1.11.4)
∆ Q →0
dQ
1 dQ 1
V ( P ) = lim
gradQ ⋅ q ∆Q = p ⋅ gradQ , (1.11.6)
∆ Q →0 rPQ dQ rPQ
p ⋅( P − Q)
V (P) = 3
, (1.11.7)
rPQ
che è l’espressione del potenziale del dipolo. Indicando con ϑ l’angolo fra il momen-
to p e la distanza ( P − Q ) fra il dipolo ed il punto potenziato, la (1.11.7) può anche es-
sere scritta nella forma:
p cos ϑ
V (P) = 2
. (1.11.8)
rPQ
π
2
p
Fig. (1.11.1)
75 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Il campo può essere ottenuto come al solito per derivazione mediante la (1.10.3); si
ha(***):
p ⋅(P − Q) 1 p ⋅( P − Q)
E = − grad P 3
=− 3 p −3 2 ( P − Q ) . (1.11.9)
rPQ rPQ rPQ
Risulta dunque che il campo decresce colla terza potenza della distanza mentre il po-
tenziale dipende dalla seconda. Utilizzando coordinate polari, con asse parallelo al
momento p , le componenti non nulle del campo sono, come si verifica subito me-
diante la (1.11.8):
∂V cos ϑ
Er = − =2 p 3 , (1.11.10)
∂r rPQ
1 ∂V sin ϑ
Eϑ = − = p 3 . (1.11.11)
r ∂ϑ rPQ
In fig. (1.11.1) sono riportate le linee di forza corrispondenti alle equazioni (1.11.10)
e (1.11.11); appare subito che esse, come si è a suo tempo dimostrato, sono ortogonali
alle superfici equipotenziali.
(***)
∂
∂xP ( ( ) ( ) (
px ( Q ) xP − xQ + p y ( Q ) y P − yQ + pz ( Q ) z P − zQ
3
rPQ
)
)= 1
3
rPQ
px + px ( xP − xQ ) + p y ( yP − yQ ) + pz ( z P − zQ ) ∂x∂P ( )=
1
3
rPQ
( )=
(x −x )
px + p ⋅ ( P − Q ) ∂x∂P p ⋅ ( P − Q ) ∂xPQP = p ⋅ ( P − Q ) PrPQ Q =
−4 ∂r −4
1
3
rPQ
1
3
rPQ
1
3
rPQ
px − 3rPQ 1
3
rPQ
px − 3rPQ
1 p − 3 p⋅( P2−Q ) ( x − x )
x Q
3 P
rPQ rPQ
[n.d.c.].
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 76
d p = P dS = P n dS (1.11.12)
dove la normale n è orientata verso la carica positiva. Il vettore P prende il nome di
potenza del doppio strato. Il potenziale ad esso dovuto è la somma dei potenziali do-
vuti ai vari elementi d p , cioè(†††):
1
V ( P ) = ∫ P ( Q ) ⋅ gradQ dSQ . (1.11.13)
S rPQ
In generale P è funzione del punto Q considerato sulla superficie del doppio strato;
quando ciò non accade il doppio strato viene detto uniforme. In quest’ultimo caso il
potenziale di doppio strato assume una forma particolarmente semplice. Si ha infatti
calcolando il gradiente:
V (P) = P
( P − Q ) ⋅ n dS
∫ S 3
rPQ
Q , (1.11.14)
ossia, indicando con α l’angolo tra n ed il vettore Q – P:
cos α
V (P) = − P ∫ dSQ . (1.11.15)
S r2
PQ
in cui ωP è l’angolo solido sotto cui dal punto P è vista la superficie del doppio stra-
to. Il segno del potenziale dipende da quello di ωP ed è perciò positivo (vedi nota
all’equazione (1.10.8)) dal lato del doppio strato cui sono affacciate le cariche positi-
ve.(‡‡‡) Quando la distanza tra il punto P e la superficie S diventa infinitesima il mo-
(†††)
Dalla (1.11.6) [n.d.c.].
77 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Questo risultato vale, però, anche se il doppio strato non è uniforme. Infatti, quando il
punto P giace sulla superficie S la funzione sotto segno di integrale nella (1.11.13) di-
venta, come si vede facilmente, infinita quando Q si avvicina a P. Di conseguenza so-
lo uno stretto intorno di P contribuisce efficacemente al potenziale e vale, perciò, la
(1.11.17) in cui ∆V e P sono calcolati entrambi nello stesso punto P.
( )
V ( P ) = − P 2π (1 − cos ϑ ) = − P 2π 1 − x
(1.11.18)
x2 + R2
(‡‡‡)
P cos α < 0 α
ωP < 0 +++++++++++++++++
ωP
V >0 - - - - - - -Q- - - - - - - - - -
α cos α > 0
+++++++++++++++++
- - - - - - -Q- - - - - - - - - - ωP ωP > 0
V <0
P
[n.d.c.].
2π ϑ
(§§§)
ω P = ∫ dϕ ∫ sin α dα = 2π (1 − cos ϑ ) [n.d.c.].
0 0
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 78
R
ϑ P
O x
Fig. (1.11.2)
Per ovvie ragioni di simmetria il campo sarà diretto lungo l’asse del cerchio, cioè
lungo l’asse x. Si ha perciò, applicando la (1.10.3):
∂V R2
E=− i = −2π P . (1.11.19)
( )
32
∂x x 2
+ R 2
Nei punti situati fuori dell’asse l’espressione del campo è notevolmente più comples-
sa.
79 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
j
H
r0 P
O
r
ϑ dl
Q
Fig. (1.12.1)
(****)
Dalle (1.7.25), (1.2.20) [n.d.c.].
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 80
Da questa equazione risulta subito che, qualunque sia il punto Q, d H giace su un pia-
no normale a j ed è ortogonale alla direzione P – Q; i contributi d H dovuti a tutti gli
elementi di cilindro sono perciò tra loro paralleli. Per calcolarne il modulo indichiamo
con ϑ l’angolo tra j e Q – P e con r0 la distanza tra P e il punto O proiezione di Q
sul piano normale a j passante per P. Si ha:
l = r0 cotgϑ (1.12.2)
r0
rPQ = . (1.12.3)
sin ϑ
Da cui integrando per l variabile lungo tutto il cilindro, cioè ϑ compreso tra π e 0, si
ottiene:
2 j ∆S
H = , (1.12.5)
c r0
2I
H = (1.12.6)
cr0
che è la legge di Biot e Savart sul campo magnetico prodotto da una corrente stazio-
naria rettilinea. Le linee di forza di questo campo sono, per la (1.1.2.1), circonferenze
di centro O giacenti nei piani normali a j .
Nel caso in cui la sezione del cilindro è di dimensioni non trascurabili rispetto
alla distanza dal punto in cui si considera H , occorre eseguire l’integrazione della
equazione (1.12.5) su tutti gli elementi di sezione dS . Ciò conduce in generale a dei
81 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
dove r0 è il raggio del cerchio. Applicando la (1.6.8), in cui si sia posta uguale a zero
la corrente di spostamento e supponendo r0 maggiore di R si riottene la (1.12.6) in cui
I indica la corrente che fluisce nell’intero cilindro. Quando invece r0 è minore di R si
ottiene ancora la (1.12.6) salvo che in essa compare a secondo membro la frazione di
corrente che fluisce attraverso l’area π r02 . Se j è costante nel cilindro, questa frazione
r02
di corrente vale: I . Si ha perciò, per r0 < R :
R2
2Ir
H = 20 . (1.12.8)
cR
I iˆ ∧ ( Q − P )
Hx ( P) =
c ∫γ 3
⋅ dl . (1.12.11)
rPQ
I iˆ ∧ ( Q − P )
Hx ( P) =
c ∫S
rotQ 3 ⋅ ndS (1.12.12)
rPQ
dove S è una qualunque superficie avente per orlo la linea γ . Mediante la (9.3.21) il
rotore che figura nella (1.12.12) può essere così trasformato:
iˆ ∧ ( Q − P )
ˆ Q(
Q − P)
)(
Q − P)
rotQ 3 = idiv 3 (
− iˆ ⋅ gradQ 3
. (1.12.13)
rPQ rPQ rPQ
divQ
( Q − P ) = −div gradQ
1
= −∆ 2Q
1
=0. (1.12.14)
3 Q
rPQ rPQ rPQ
I ∂ (Q − P )
Hx ( P) = − ∫ 3 ⋅ ndS . (1.12.15)
c S ∂xQ rPQ
(††††)
∂f ∂f ∂xPQ ∂f
Posto xPQ = xP − xQ e F ( P ) = ∫ f ( xPQ ,)dS , allora = =− ,
S ∂xQ ∂xPQ ∂xQ ∂xPQ
83 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
∂ I (Q − P )
Hx ( P) =
∂xP c ∫S rPQ
3
⋅ ndS . (1.12.16)
dove:
I ( P − Q)
F ( P) =
c ∫S rPQ
3
⋅ ndS . (1.12.18)
Il campo magnetico risulta così espresso, analogamente al campo elettrico, come gra-
diente del potenziale scalare F . Quest’ultimo ha la stessa forma del potenziale di un
doppio strato elettrico uniforme (vedi equazione (1.11.14)) salvo la sostituzione del
I
modulo della potenza con la quantità . Ne segue che una linea chiusa γ percorsa da
c
una corrente stazionaria equivale a un doppio strato magnetico, distribuito sulla su-
perficie S , di potenza:
I
M = n. (1.12.19)
c
Se si suppone che la superficie S tenda a zero e che la corrente I cresca in modo che
l’equazione (1.5.18) sia verificata, la (1.12.18) assume la forma:
∂
F ( P ) = lim
F (P + δ ) − F (P)
= lim S
∫ f ( xPQ + δ ,)dS − ∫S f ( xPQ ,)dS =
∂xP δ →0 δ δ →0 δ
∂
∫ f (x
S PQ ,)dS + ∫ δ
S ∂xPQ
f ( xPQ ,)dS + − ∫ f ( xPQ ,)dS
S
lim =
δ →0 δ
∂ ∂
∫ f ( xPQ ,)dS = − ∫ f ( xPQ ,)dS
S ∂x S ∂x
PQ Q
[n.d.c.].
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 84
I ( P − Q) ( P − O) I ( P − O) ⋅ m
F ( P ) = lim ∫ 3
⋅ ndS = 3
⋅ lim ∫ ndS = 3
, (1.12.20)
S →0 c S rPQ rPO S →0 S c rPO
dove O è un punto qualunque appartenente ad S ed m il momento del dipolo magne-
tico associato alla corrente che circola lungo γ . È manifesta l’analogia tra questa e-
quazione e la (1.11.7). Si può pertanto concludere che anche in questo caso è applica-
bile il teorema di equivalenza già incontrato nel paragrafo 1.5 a proposito del momen-
to torcente con cui un campo magnetico esterno agisce sulla corrente che percorre γ .
Questo teorema venne utilizzato da Ampère come legge fondamentale sull’effetto
magnetico delle correnti stazionarie; di qui il nome di “principio di equivalenza”
spesso usato nella letteratura. Da esso, in effetti, si potrebbe risalire, nel caso in cui la
corrente di spostamento è nulla, alla equazione di Maxwell (1.6.1)(‡‡‡‡).
I z
F ( P ) = − 2π 1 − . (1.12.21)
c z2 + R2
4π
(‡‡‡‡)
∆F = 4π M =
In modo del tutto analogo alla (1.11.18) abbiamo: I ; da questa e dalla
c
4π
(1.12.17) è anche ∆F = ∫ gradQF dl = ∫ H ⋅ dl = c I . Ora, poiché j dl , abbiamo pure:
( ) ( )
∫ Idl = ∫ jdV = ∫ j d S ⋅ dl = ∫ ∫ j ⋅ d S ⋅ dl , da cui risulta: I = ∫ j ⋅ d S . Dal teorema di
4π 4π
Stokes si ottiene infine: ∫ H ⋅ dl = ∫ rot H ⋅ d S = c
I=
c ∫
j ⋅ d S , che si può riscrivere come
4π
∫ rot H − c j ⋅ d S = 0 . Da quest’ultima, nell’ipotesi in cui la corrente di spostamento
1 ∂E
IS = sia nulla, segue immediatamente la (1.6.1) per l’arbitrarietà della superficie
4π ∂t
d’integrazione. Vedasi anche, ad esempio, la trattazione in “Enciclopedia delle matematiche elementari
e complementi” -Vol. III - Parte I – Hoepli - Milano 1967 - pagg. 372-3 e 408, basata sulla polidromìa
del potenziale magnetico [n.d.c.].
85 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
I R2
H = 2π (1.12.22)
( )
32
c z 2 + R2
I 1
H = 2π . (1.12.23)
cR
Il calcolo del campo in un punto situato fuori dell’asse è alquanto più compli-
cato: conviene, in questo caso, utilizzare il potenziale vettore A . Partendo dalla
(1.9.25) e ricordando la (1.2.20) si ha l’equazione:
I dl Q
A ( P ) = ∫ (1.12.24)
c γ P −Q
dove I è la corrente che circola lungo γ . Per valutare l’integrale introduciamo un si-
stema di coordinate cilindriche con origine nel centro di γ , il versore k ortogonale al
piano della circonferenza ed il versore i giacente nel piano passante per k e per il
punto in cui si vuole determinare A (vedi fig. (1.12.2)). È manifesto che
nell’integrazione le componenti di dl Q parallele a i si eliminano a vicenda per cui
solo quelle parallele a j danno un contributo non nullo (confronta nella figura i con-
tributi delle componenti di dl Q e dl Q′ ). Si ottiene perciò:
(§§§§)
Dalla (1.7.25):
I Rdl I 2π R2 I R2
H = H z = ∫
c ( z 2 + R 2 )3 2 c ∫0 ( z 2 + R 2 )3 2
= d ϑ = 2π [n.d.c.].
c ( z 2 + R 2 )3 2
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 86
Ar = Az = 0,
I 2π R cos ϕ dϕ (1.12.25)
Aϕ ( P ) =
c ∫0
.
P − Q
2
P −Q = ( r − R cos ϕ ) + R 2 sin 2 ϕ + z 2 = r 2 + z 2 + R 2 − 2rR cos ϕ , (1.12.26)
L’espressione di Aϕ diventa:
IR 2π cos ϕ dϕ
Aϕ = ∫
c 0 r 2 + z 2 + R 2 − 2rR cos ϕ
. (1.12.27)
k j
P ( r , 0, z )
dl Q
Q ( R, ϕ , 0 )
ϕ
O i
r
R
dl Q′
Q′ ( R, −ϕ , 0 )
γ
Fig. (1.12.2)
Ponendo:
ϕ = π + 2ϑ (1.12.28)
e cioè:
si ha:
Aϕ ( P ) =
2 IR + π2 ( 2sin 2
ϑ − 1) dϑ
c ∫− π2
. (1.12.30)
2
(r + R) + z 2 − 4rR sin 2 ϑ
Introducendo la quantità:
4rR
k= 2
(1.12.31)
(r + R) + z2
π π
ed osservando che sin 2 ϑ nell’intervallo da − a+ è simmetrico attorno a ϑ = 0 ,
2 2
la (1.12.30) assume la forma:
2I R + π2 2sin 2 ϑ − 1
Aϕ ( P ) =
r ∫0 1 − k 2 sin 2 ϑ
k dϑ . (1.12.32)
c
Mediante l’identità:
sin 2 ϑ 1 1
≡ 2
− 1 − k 2 sin 2 ϑ ; (1.12.33)
2 2 2 2
1 − k sin ϑ k 1 − k sin ϑ
4I R k 2
Aϕ ( P ) = 1 − I 1 ( k ) − I 2 ( k ) (1.12.34)
ck r 2
dove:
+ π2 dϑ
I1 (k ) = ∫ (1.12.35)
0
1 − k 2 sin 2 ϑ
e:
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 88
+ π2
I 2 (k ) = ∫ 1 − k 2 sin 2 ϑ dϑ (1.12.36)
0
e:
dI 2 1
= (I 2 − I 1 ) . (1.12.38)
dk k
(*****)
Vedi ad esempio E.T. Whittaker, G.N. Watson – A course of modern analysis – Cambridge 1952
– Cap. XXII.
(†††††)
Si ha infatti:
dI1 1 1 + π2 dϑ
= − I1 + ∫ .
(1 − k sin ϑ )
0 32
dk k k 2 2
dk k k 3 r + R
= − , (1.12.39)
dr 2r 4 rR
dk k3z
=− . (1.12.40)
dz 4rR
∂Aϕ I kz R2 + r 2 + z 2
Hr = − = −I 1 ( k ) + 2
I 2 ( k ) , (1.12.41)
∂z c r Rr
( R − r ) + z 2
Hϕ = 0 , (1.12.42)
e:
1 ∂rAϕ I k R2 − r 2 − z 2
Hz = = I 1 ( k ) + 2
I 2 ( k ) . (1.12.43)
r ∂r c Rr
( R − r ) + z 2
In fig. (1.12.3) sono rappresentate, in un piano passante per l’asse delle z, le linee di
forza di H ; è manifesta la somiglianza con l’andamento delle linee di forza del cam-
po di un dipolo elettrico (confronta con fig. (1.11.1)). Lungo l’asse delle z, cioè per
r = 0 , manifestamente si ha:
k
2 R
k = 0, =
r R2 + z 2 (1.12.44)
π
I1 = I 2 =
2
H r = Hϕ = 0
I R2 (1.12.45)
H z = 2π
c R2 + z 2 3 2
( )
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 90
Fig. (1.12.3)
Per far questo consideriamo la distanza rPQ fra il punto Q appartenente alla di-
stribuzione di carica ed il punto P in cui si vuole ottenere il potenziale; scelta una ori-
gine O arbitraria, dal teorema di Carnot (9.2.32) si ottiene:
2 2
rPQ = rPO + rQO − 2rPO rQO cos α , (1.13.1)
dove α è l’angolo tra i vettori r PO ed r QO (vedi fig. (1.13.1)). Una nota relazione
P ( rPO ,ϑ , ϕ )
Q ( rQO , Θ, Φ ) r PQ
Θ
r QO r PO
ϑ
α
ϕ
Φ
Fig. (1.13.1)
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 92
−1 rPO
permette di esprimere la quantità rPQ mediante una serie di potenze del rapporto o
rQO
del rapporto inverso; questa relazione è:
∞
1 rk
= ∑ Pk ( cos α ) ka+1 . (1.13.2)
rPQ k = 0 rb
1 dk
( )
k
Pk ( cos α ) = cos 2 α − 1 ( k = 0,1, 2) . (1.13.5)
2 k ! d cos α
k k
d Pk ( cos α )
n
Pk
n
( cos α ) = sin n α , n ≤k, (1.13.6)
d cos α
n
−1
è possibile eliminare l’angolo α dall’espressione di rPQ facendo intervenire in sua
vece le coordinate polari ϑ , ϕ e Θ, Φ rispettivamente dei punti P e Q. Vale infatti
l’equazione:
( k − n )!
+k
Pk ( cos α ) = ∑ ( k + n )!P ( cos ϑ ) P ( cos Θ ) e
n =− k
k
n
k
n in( Φ−ϕ )
; (1.13.7)
1 ∞
rak + k ( k − n ) ! n
= ∑ k +1 ∑ Pk ( cos ϑ ) Pk ( cos Θ ) e ( ) .
in Φ−ϕ
n
(1.13.8)
rPQ k =0 rb n =− k ( k + n ) !
93 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
2k + 1 ( k − n ) ! n
Yk .n (ϑ , ϕ ) = Pk ( cos ϑ ) einϕ , (1.13.9)
4π ( k + n ) !
1 ∞ +k
4π rak
=∑∑ Yk , n ( Θ, Φ ) Yk , − n (ϑ , ϕ ) . (1.13.10)
rPQ k =0 n=− k 2k + 1 rbk +1
1
k = 0 ) Y0,0 =
4π
3
Y1,±1 = sin ϑ ⋅ e ± iϕ
8π
k = 1)
Y = 3 cos ϑ
1,0 4π
1 15
Y2,±2 = sin 2 ϑ ⋅ e ± i 2ϕ
4 2π
15
k = 2) Y2,±1 = sin ϑ cos ϑ ⋅ e± iϕ
8π
1 5
Y2,0 =
2 4π
(
3cos 2 ϑ − 1 )
(1.13.11)
Inserendo la (1.13.10) nella (1.10.12) e tenendo conto che all’esterno della di-
stribuzione di carica vale la (1.13.3), si ottiene:
k ,− n (
∞ +k
1 Y ϑ,ϕ )
V ( P ) = 4π ∑ ∑ ( ) ( )
∫V
ρ Q r k
Y Θ, Φ dV . (1.13.12)
k = 0 n =− k 2k + 1
QO k , n
k +1
rPO
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 94
Alle quantità:
qk ,n = ∫ ρ ( Q ) rQO
k
Yk ,n ( Θ, Φ ) dV , (1.13.13)
V
∞ +k
1
V ( P ) = 4π ∑ ∑ qk ,nYk ,− n (ϑ , ϕ ) . (1.13.14)
k = 0 ( 2 k + 1) rPO n =− k
k +1
1
q0,0 =
4π ∫ ρ ( Q ) dV ,
V
(1.13.15)
3
q1,±1 =
8π ∫ ρ (Q ) ( x
V
Q + iyQ ) dV ,
3
q1,0 =
4π ∫ ρ (Q ) z
V Q dV ,
1 15
ρ ( Q ) ( xQ + iyQ ) dV ,
2
q2,±2 =
4 2π ∫V
15
ρ ( Q ) zQ ( xQ + iyQ ) dV ,
8π ∫V
q2,±1 =
1 5
∫ ρ ( Q ) ( 3z )
2 2
q2,0 = − rQO dV .
2 4π
Q
V
Occorre ora esaminare il significato dei vari contributi che concorrono a for-
mare l’espressione di V ( P ) . Il primo, manifestamente, è il potenziale che la distri-
buzione di carica produrrebbe se essa fosse tutta concentrata nell’origine O. Il contri-
buto successivo, tenendo conto delle (1.13.15) e delle (1.13.11) è:
95 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
4π 1 1
V (1) ( P ) = 2
3 rPO
∑q
n =−1
Y
1, n 1, − n (ϑ , ϕ ) =
1
= 2
rPO ∫ ρ ( Q ) x
V Q sin ϑ cos ϕ + yQ sin ϑ sin ϕ + zQ cos ϑ dV = (1.13.16)
1
= 2 ∫ ρ ( Q ) r QO ⋅ r PO dV .
rPO V
4π 1 +2
V ( 2) ( P ) = 3
5 rPO
∑q
n =−2
Y
2, n 2, − n (ϑ , ϕ ) =
1 3 2
sin ϑ Re ( cos ϕ + i sin ϕ ) ∫ ρ ( Q ) ( xQ − iyQ ) dV +
2 2
= 3
rPO 4
V
+4sin ϕ cos ϕ ∫ ρ ( Q ) xQ yQ dV +
V
+3sin ϑ cos ϑ cos ϕ ∫ ρ ( Q ) zQ xQ dV + sin ϕ ∫ ρ ( Q ) zQ yQ dV +
V V
1
4
( V
)
+ 3cos 2 ϑ − 1 ∫ ρ ( Q ) 3 zQ2 − rQO 2
dV .
( )
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 96
1 3 2
V ( 2) ( P ) = 5
rPO 4
(
xP − yP2 ) ∫ ρ (Q ) ( x
V
2
Q )
− yQ2 dV +
+3 xP yP ∫ ρ ( Q ) xQ yQ dV + 3 z P xP ∫ ρ ( Q ) zQ xQ dV +
V V
1
+3 z P yP ∫ ρ ( Q ) zQ yQ dV +
V 4
(
3z P2 − rPO
2
) ∫ ρ ( Q ) ( 3z
V
2
Q
2
)
− rQO dV = (1.13.19)
1 3
= 5 3 ∑ xPi xPj ∫ ρ (Q ) x Qi xQ j dV −
2rPO i , j =1
V
(
− xP2 + yP2 + z P2 ) ∫ ρ (Q ) r
V
2
QO dV ,
dove xPi , xQi ( i = 1, 2,3) indicano le tre coordinate cartesiane rispettivamente dei
punti P e Q. Introducendo le quantità:
V
(
Qij = ∫ ρ ( Q ) 3 xQi xQ j − δ ij rQO
2
dV , ) (1.13.20)
3
1
V ( 2) ( P ) = 5
2rPO
∑Q x
i , j =1
ij Pi xPj . (1.13.21)
Quest’ultima relazione mostra che il termine di quadripolo può essere scritto come
prodotto scalare tra il tensore simmetrico (vedi paragrafo 9.6) di componenti Qij e il
tensore xPi xPj . Dalla (1.13.20) risulta subito che la traccia di Qij è nulla, cioè:
∑Q
i =1
ii = 0; (1.13.22)
97 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
ne segue, riducendo il tensore ai suoi assi principali(‡‡‡‡‡) (il che lo si ottiene mediante
una opportuna sostituzione ortogonale di assi, vedi equazione (9.6. )), che le compo-
nenti indipendenti di Qij sono solamente due.
Per ottenere il campo elettrico dovuto al contributo di quadripolo basta appli-
care la (1.10.3) alla (1.13.21); tenendo conto che:
(
∂ xPi xPj ) =δ xPj + δ jk xPi , (1.13.23)
ik
∂xPk
si ha:
( 2) 1 5 3 3
3
E = − grad PV ( 2) ( P ) = 5 2 ∑ Qij xi x j ⋅ r PO −2∑ ∑ Qki xi i k . (1.13.24)
2rPO rPO i , j =1 k =1 i =1
( 2)
Abbiamo così stabilito che il campo E , dovuto al quadripolo, decresce con la quarta
potenza della distanza, il potenziale invece varia secondo la terza potenza. Ciò dimo-
stra che lo sviluppo ottenuto mediante la relazione (1.13.10) converge con tanta mag-
giore rapidità quanto più il punto P è lontano dall’origine O. Il successivo contributo,
ossia quello di ottupolo, darebbe un potenziale ed un campo decrescenti rispettiva-
mente con la quarta e la quinta potenza di rPO .
(‡‡‡‡‡)
Per il teorema spettrale è sempre possibile trovare un sistema di coordinate cartesiane (ortogona-
li) rispetto al quale ogni tensore simmetrico di secondo ordine può essere ridotto ai suoi assi principali.
Detta R la matrice di trasformazione del sistema di coordinate R : X → X ′ , il tensore si riduce ai so-
−1
li elementi della diagonale principale: Q → RQR . Gli autovettori e1′, e2′ , e3′ di Q sono le righe
della matrice R e definiscono gli assi principali, gli autovalori sono gli elementi diagonali Qii del ten-
sore Q, ordinabili nella sequenza: Q11 ≤ Q22 ≤ Q33 ; essi si ottengono risolvendo l’equazione secolare
det ( Q − λ I ) = 0 . Risolvendo il sistema Qe′j = Qii e′j si ottengono infine gli autovettori di R
[n.d.c.].
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 98
Q33
Q11 = Q22 = − . (1.13.26)
2
1 1 1
V ( 2) ( P ) = 5
Q33 − xP2 − yP2 + zP2 =
2rPO 2 2
(1.13.27)
Q Q
= 335 ( 3 zP2 − rPO
2
) = 333 ( 3cos 2 ϑ − 1) ;
4rPO 4rPO
questo stesso risultato può essere ottenuto anche direttamente dal secondo membro
della (1.13.19)(******).
(§§§§§)
Infatti osservando la (1.13.20) si vede che in questo caso, quando i ≠ j , per ogni elemento di
volume dVQ nell’integrale ne esiste sempre un altro dVQ′ che dà un contributo di segno opposto al
primo [n.d.c.].
3
(******)
Si vede subito che per i ≠ j si annullano tutti i termini della ∑ xPi xPj nella (1.13.19) e ri-
i , j =1
mane:
3
3 ∑ xPi xPj ∫ ρ ( Q ) xQi xQ j dV − ( xP2 + yP2 + z P2 ) ∫ ρ ( Q ) rQO
2
dV =
V V
i , j =1
∫ ρ ( Q ) r dV − y ∫ ρ ( Q ) r dV − z ∫ ρ ( Q ) r dV =
2 2 2 2 2 2
−x P V QO P V QO P V QO
= x ∫ ρ ( Q ) ( 3 x − r )dV + y ∫ ρ ( Q ) ( 3 y − r )dV + z ∫ ρ ( Q ) ( 3 z
2
P V
2
Q
2
QO
2
P V
2
Q
2
QO
2
P V
2
Q
2
− rQO )dV =
= xP2 Q11 + yP2 Q22 + z P2 Q33 = xP2 ( − 12 Q33 ) + yP2 ( − 12 Q33 ) + z P2 Q33 = Q33 ( − 12 xP2 − 12 yP2 + z P2 )
[n.d.c.].
99 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
( 2)
V >0
1
α = arccos
3
α ( 2)
V <0
Fig. (1.13.2)
( 2) 5 Q 1 3
E =
4 rPO5(
33
3cos 2
ϑ − )
1 r PO − 5 ∑ kk k k
rPO k =1
Q xi =
(1.13.28)
Q 5 1 3
(
rPO 4
)
= 533 3cos 2 ϑ − 1 + r PO + rPO cos ϑ k .
2 2
Capitolo 1. Le Leggi del campo elettromagnetico 100
( 2)
La fig. (1.13.2) mostra anche le linee di forza di E (curve continue); in essa si è
scelto Q33 positivo, ciò corrisponde, come è evidente dalla (1.13.20), a una distribu-
zione di carica allungata nella direzione dell’asse z.
101
Capitolo 2. Proprietà energetiche e
inerziali del campo elettromagnetico
102
103 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
in essa, come usuale in meccanica, si sono indicate con un punto le derivazioni rispet-
to al tempo. L’integrale di azione è:
t1
I = ∫ L ( t )dt , (2.1.2)
t0
dove t0 e t1 sono due istanti, arbitrariamente fissati, in corrispondenza dei quali sono
assegnate le coordinate degli N oggetti. Il postulato della minima azione, dovuto ad
Hamilton, stabilisce che la forma delle funzioni xi ( t ) , yi ( t ) , zi ( t ) deve essere
scelta in modo da rendere minimo I , cioè:
t1
δ I = δ ∫ L ( t )dt = 0 . (2.1.3)
t0
In questa equazione il simbolo δ indica la variazione rispetto alla forma delle suddet-
te funzioni. Sviluppiamo ora il secondo membro della (2.1.3); si ha:
t1 N ∂L ∂L ∂L ∂L
δI = δ ∫ ∑ ∂x δ x + ∂y δ y + ∂z δ z + ∂x δ x +
i i i i
t0
i =1 i i i i
(2.1.4)
∂L ∂L
+ δ yi + δ zi dt = 0.
∂yi ∂zi
Osserviamo che, scambiando l’ordine con cui sono eseguite la variazione δ e la deri-
vazione temporale, si può scrivere:
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 104
d
δ xi = δ xi ,
dt
d
δ yi = δ yi , (2.1.5)
dt
d
δ zi = δ zi .
dt
t1
t1 N ∂L ∂L ∂L N ∂L ∂L ∂L
∫t0 ∑
i =1 ∂x
i
δ xi +
∂yi
δ yi + δ zi dt =
∂zi
∑ ∂x δ x + ∂y δ y + ∂z δ z −
i i i
i =1 i i i
t0
(2.1.6)
N d ∂L d ∂L d ∂L
−∫ ∑
t1
δ xi + δ yi + δ zi dt ,
t0
dt ∂xi
i =1 dt ∂yi dt ∂zi
t1 N d ∂L ∂L
δ I = −∫ ∑
dt ∂x
−
∂x
δ xi +
i =1
t0
i i
(2.1.7)
d ∂L ∂L d ∂L ∂L
− δ yi + − δ zi dt = 0.
dt ∂yi ∂yi dt ∂zi ∂zi
Poiché, in corrispondenza del minimo di I , l’integrale che compare nella (2.1.7) de-
ve essere nullo per valori arbitrari delle variazioni δ xi , δ yi , δ zi , i coefficienti di
queste quantità devono andare a zero, cioè:
105 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
d ∂L ∂L
− = 0,
dt ∂xi ∂xi
d ∂L ∂L
− = 0, (2.1.8)
dt ∂yi ∂yi
d ∂L ∂L
− = 0.
dt ∂zi ∂zi
Occorre ora rendere esplicita la forma di questa funzione; ciò verrà fatto nel
caso in cui le forze in gioco sono quelle elettromagnetiche date dall’espressione
(1.4.11) della legge di Lorentz. Consideriamo pertanto la funzione:
N
1
( )
L = ∑ mi xi2 + yi2 + zi2 − qiV ( Pi ) +
i =1 2
q
+ i xi Ax ( Pi ) + yi Ay ( Pi ) + zi Az ( Pi ) = (2.1.9)
c
N
1
= ∑ Ti − qi V ( Pi ) − vi ⋅ A ( Pi )
i =1 c
d q ∂V
mi xi + i Ax ( Pi ) + qi −
dt c ∂xi
∂Ax
qi ∂A ∂A
− xi + yi y + zi z = mi
xi +
∂xi
c ∂xi ∂xi
q ∂A ∂A ∂A q ∂A
+ i x xi + x yi + x zi + i x + (2.1.10)
c ∂xi ∂yi ∂zi c ∂t
∂V qi ∂Ax ∂Ay ∂A
+ qi − xi + yi + zi z = mi xi +
∂xi c ∂xi ∂xi ∂xi
∂V qi ∂Ax qi ∂Ay ∂Ax ∂Ax ∂Az
+ qi + − yi − − zi − = 0,
∂xi c ∂t c ∂xi ∂yi ∂zi ∂xi
ossia:
1 ∂ A qi
xi = qi − gradV −
mi +
c ∂t x c
(
vi ∧ rot A .) (2.1.11)
x
Ricordando le (1.8.1) e (1.8.4) e tenendo conto delle analoghe equazioni per le altre
due componenti, si trova infine:
d vi 1
mi = qi E + vi ∧ H . (2.1.12)
dt c
N
1
U = ∑ qi V ( Pi ) − vi ⋅ A ( Pi ) (2.1.13)
i =1 c
Supponiamo ora che il sistema di cariche sia abbastanza fitto da essere assimi-
labile ad una distribuzione continua e consideriamo nell’intorno del punto Pi un pic-
colo volume ∆V j tale che in esso i potenziali V ed A siano praticamente costanti. La
107 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
(2.1.13), analogamente a quanto si era fatto per la (1.4.12), può essere scritta nella
forma:
(
n ∆V j )
1
U = ∑ ∆V ∑ qi V ( Pi ) − vi ⋅ A ( Pi ) ; (2.1.14)
j
i =1 c
1
U = ∑ ∆V ρ ( Pj ) V ( Pi ) − j ( Pi ) ⋅ A ( Pi ) ∆V j , (2.1.15)
j
c
1
U = ∫ ρV − j ⋅ A dV . (2.1.16)
V
c
t1
I = ∫ dt ∫ dxdydzL , (2.2.2)
t0 V
δI = 0 , (2.2.3)
dove il simbolo δ indica, questa volta, la variazione rispetto alla dipendenza dal posto
e dal tempo delle funzioni Ψσ . La (2.2.3), mediante le (2.2.2) e (2.2.1), diventa:
∂L ∂L
δ I = ∫ dt ∫ dxdydz ∑σ ( )+
t1 ∂Ψσ
δΨσ + ∂Ψ δ
t0 V ∂Ψσ
( )
∂ ∂xσ
∂x
(2.2.4)
∂L ∂L ∂L
+
∂( )
∂Ψσ( ) + δ
∂( )
δ ( )+
∂Ψσ
∂y
∂( )
δ( )
∂Ψσ
∂Ψσ
∂z ∂Ψσ
∂Ψσ
∂t
= 0.
∂y ∂z ∂t
109 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
δ ( ) = ∂∂x δΨ
∂Ψσ
∂x σ ; (2.2.5)
∂g ∂f
∫V f +
∂x ∂x
g dxdydz = ∫ fgnx dS ;
S
(2.2.6)
∂L
∫ ∂ ( ) δ ( )dxdydz =
∂Ψσ
V ∂Ψσ ∂x
∂x
(2.2.7)
∂ ∂L ∂L
−∫ δΨσ dxdydz + ∫ δΨσ nx dS .
V
( )
∂x ∂ ∂Ψ∂xσ
S
∂ ∂Ψ∂xσ ( )
In questa relazione, per le ipotesi fatte sul comportamento delle funzioni Ψσ sul con-
torno S, l’ultimo integrale è nullo; analoghe relazioni si hanno per le componenti y e
z. Consideriamo il termine in cui intervengono le derivate temporali; integrando per
parti si ottiene:
∂L ∂ ∂L
∫ ∂( ) ( )
t1 t1
δ ∂Ψσ
dt = − ∫ δΨσ dt +
t0 ∂Ψσ
∂t
∂t t0
( )
∂t ∂ ∂Ψ∂tσ
t1 (2.2.8)
∂L
+ δΨσ .
t0
∂ ( )
∂Ψσ
∂t
Anche questa volta il secondo termine a secondo membro è nullo per le condizioni al
contorno. Mediante la (2.2.7) e analoghe e usando la (2.2.8), la (2.2.4) diventa:
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 110
∂ ∂L ∂ ∂L ∂ ∂L
∫t0 dt ∫V dxdydz ∑σ ∂x ∂ ∂Ψσ
t1
+ + +
( )
∂x ( )
∂y ∂ ∂Ψ∂yσ
( )
∂z ∂ ∂Ψ∂zσ
(2.2.9)
∂ ∂L ∂L
+ ∂Ψ − δΨσ = 0.
∂t ∂ ∂tσ
( ) ∂Ψσ
∂ ∂L ∂ ∂L ∂ ∂L ∂ ∂L ∂L
+ + + − =0. (2.2.10)
( )
∂x ∂ ∂Ψ∂xσ
( )
∂y ∂ ∂Ψ∂yσ
( )
∂z ∂ ∂Ψ∂zσ
( )
∂t ∂ ∂Ψ∂tσ ∂Ψσ
Il procedimento ora svolto è del tutto generale; esso è suscettibile di tutti gli sviluppi
possibili nel caso meccanico. In particolare vedremo che è possibile ricavare una fun-
zione, detta hamiltoniana, che rappresenta l’energia del campo.
1 1
L=
8π
( )
E ⋅ E − H ⋅ H − ρV + j ⋅ A
c
(2.2.11)
nella quale E ed H si suppongono definiti in funzione delle derivate delle tre com-
ponenti di A e di V mediante le equazioni (1.8.1) e (1.8.4); queste quattro funzioni
nel caso attuale si identificano perciò con le Ψσ . L’equazione relativa alla compo-
nente Ax risulta essere, applicando la (2.2.10):
1 ∂ ∂ H 1 ∂ ∂ H
− H ⋅ − H ⋅ +
( )
4π ∂y ∂ ∂∂Ayx 4π ∂z ∂ ∂∂Azx
( )
(2.2.12)
1 1 ∂ ∂ E 1
+ E ⋅ − jx = 0,
( )
4π c ∂t ∂ ∂∂Atx c
1 ∂H z ∂H y 1 1 ∂Ex 1
− − − jx = 0 . (2.2.13)
4π ∂y ∂z 4π c ∂t c
1 ∂ ∂ E 1 ∂ ∂ E
E ⋅ + E ⋅ +
( )
4π ∂x ∂ ( ∂∂Vx ) 4π ∂y ∂ ∂∂Vy
(2.2.14)
1 ∂ ∂ E
+ E ⋅ + ρ = 0,
4π ∂z ∂ ( ∂∂Vz )
1 ∂Ex ∂E y ∂Ez
− + + + ρ = 0 (2.2.15)
4π ∂x ∂y ∂z
la quale coincide con la (1.6.2). Abbiamo in questo modo dimostrato che le equazioni
di Eulero-Lagrange relative alle funzioni Ax , Ay , Az e V si identificano con le due
equazioni elettromagnetiche inomogenee (1.6.1) e (1.6.2). Le equazioni omogenee,
invece, sono immediata conseguenza delle equazioni (1.8.1) e (1.8.4) stesse, le quali,
secondo l’attuale punto di vista, altro non sono che la definizione di E ed H . Si ha
infatti applicando l’operazione di rotore alla (1.8.4):
1 ∂A
rot E = − rot (2.2.16)
c ∂t
Possiamo così riassumere i risultati fin qui ottenuti. Esiste una lagrangiana
complessiva delle cariche e del campo elettromagnetico la cui espressione è:
1
( )
N
1 1 2 2
Ltot ( t ) = ∑ mi vi2 − ∫ ρV - j ⋅ A dV + ∫ E − H dV , (2.2.17)
i =1 2
V
c 8π V
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 112
in cui E ed H sono dati dalle (1.8.1) e (1.8.4); le equazioni elettromagnetiche e quel-
le dinamiche sono simultaneamente definite dal principio variazionale:
t1
δ ∫ Ltot ( t ) dt = 0 . (2.2.18)
t0
( )
∆ ∆ 2V − 12 ∂ V2 = − 4cπ ρ
2
1
n V
∑ qi vi E = − gradV − 1 ∂ A
c ∂t
j=
∆V i =1
N
1 1
∂t Ltot ( t ) = ∑ mi vi − ∫V ρV - j ⋅ A dV +
c 2
i =1 2 c
( )
+ 1 2 2 t1
E − H dV ; δ ∫ Ltot ( t ) dt = 0
8π V ∫ t0
H = rot A
Fig. (2.2.1) – Riassunto delle leggi elettrodinamiche nelle loro tre forme.
113 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
N
dL = ∑ E ⋅ qi vi dt . (2.3.2)
i =1
Procedendo come già si è fatto nella (2.1.13) per il potenziale di Schwarzschild, cioè
supponendo che l’insieme delle cariche sia continuo e ricordando la definizione
(1.2.12) di densità di corrente, si ottiene:
()
n ∆V j
∑ qi vi
dL = ∑ ∆V j E ( Pj ) ⋅ i =1
dt = ∑ ∆V j E ( Pj ) ⋅ j ( Pj ) dt . (2.3.3)
∆V j ∆V j ∆V j
Questa equazione, d’altra parte, purché si tenga conto della definizione (1.2.13) di j
è valida anche per una distribuzione discreta. Eliminando j mediante la (1.6.1) la
(2.3.4) diventa:
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 114
dL c 1 ∂ H
=
dt 4π ∫V E ⋅ rot HdV − 4π ∫V E ⋅ ∂t dV . (2.3.5)
si ha:
1 ∂ E
dL
dt
=−
c
4π
div ( c
∫V E ∧ H dV + 4π) ∫V H ⋅ rot EdV −
4π ∫V E ⋅ ∂t dV , (2.3.7)
ossia, applicando il teorema della divergenza (9.3.37) ed eliminando rot E mediante la
(1.6.3):
1 ∂ H 1 ∂ E
∫( )
dL c
dt
=−
4π S
E ∧ H ⋅ ndS −
4π ∫V H ⋅ ∂t dV − 4π ∫V E ⋅ ∂t dV , (2.3.8)
dove S è la superficie che limita il volume V ed n la normale ad S orientata
all’esterno di V. Introducendo il vettore:
c
S= E∧H , (2.3.9)
4π
( )
dL 1 d 2 2
= − ∫ S ⋅ ndS −
8π dt ∫V
E + H dV . (2.3.10)
dt S
Si badi che nel prodotto esterno a secondo membro della (2.3.9) compare il campo
magnetico che è un vettore assiale (vedi paragrafo 1.4); di conseguenza S , pur essen-
do definito mediante un prodotto esterno, è un vettore polare. Esso prende il nome di
vettore di Poynting. Trasformiamo ulteriormente l’equazione (2.3.10); osservando
che il lavoro del campo è esprimibile mediante il teorema dell’energia cinetica, ossia
con l’equazione:
115 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
dL d N 1 2
= ∑ mi vi , (2.3.11)
dt dt i =1 2
si ottiene infine:
2 2
d N 1 2 d E + H
∑ 2 mi vi + ∫V dV = − ∫ S ⋅ ndS . (2.3.12)
dt i =1 dt 8π S
Per chiarire il risultato testè ottenuto, supponiamo che le N cariche siano tutte
contenute in una parte limitata del volume V. Ammettiamo inoltre che il loro movi-
mento sia tale che j e ρ rimangano costanti nel tempo fino ad un determinato istante
t0 dopo del quale essi iniziano a variare e quindi a generare un campo propagativo. Se
si suppone il volume V illimitato, e quindi la superficie S situata a distanza infinita
dalla zona occupata dalle cariche, è ovvio che su di essa il contributo del campo pro-
pagativo è nullo. Esso, infatti, nel tempo t − t0 percorre la distanza finita c ( t − t0 ) e non
arriva a raggiungere S. Ciò non accade invece per il contributo del campo statico; tut-
tavia, essendosi ammesso che la distribuzione di cariche e correnti occupi un volume
limitato, sia E che H decrescono almeno come r −2 e il vettore S , di conseguenza, al-
meno come r −4 (r essendo la distanza da un generico punto interno alla distribuzione
di carica). Poiché l’estensione della superficie invece aumenta secondo r 2 , si conclu-
de che anche il contributo del campo statico è nullo e che l’integrale a secondo mem-
bro della (2.3.12), quando V tende ad infinito, vale zero. Ne segue perciò:
N 2 d E 2 + H 2
∑i =1
1
2 mi v i + ∫
dt V 8π
dV = cost. (2.3.13)
2 2
E +H
w= , (2.3.14)
8π
Questa relazione stabilisce che la diminuzione per unità di tempo dell’energia elet-
tromagnetica contenuta in V è pari al flusso di energia uscente da V aumentato della
potenza dissipata in V dal campo elettrico. Mediante un procedimento consueto, uti-
lizzando il teorema della divergenza e la (2.3.14), la (2.3.16) può essere sostituita dal-
la relazione differenziale equivalente:
∂w
divS + = −E ⋅ j . (2.3.17)
∂t
Nel caso in cui il volume V sia illimitato e il campo elettromagnetico sia co-
stante nel tempo è possibile sostituire alla (2.3.15) una espressione che fa intervenire
esplicitamente le densità di carica e di corrente. Per ottenerla supponiamo i potenzia-
li V ed A costanti rispetto al tempo; ricordando le (1.8.1) e (1.8.4) è allora possibile
scrivere la (2.3.15) nella forma seguente:
117 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1
Ws =
8π ∫ {− E ⋅ gradV + H ⋅ rot A}dV .
V
(2.3.18)
la (2.3.18) diventa:
∫ {V divE − div (V E ) + div ( A ∧ H ) + A ⋅ rot H }dV .
1
Ws = (2.3.21)
8π V
È facile vedere, applicando il teorema della divergenza e tenendo conto del compor-
tamento all’infinito del campo elettromagnetico e dei potenziali, che il secondo e il
terzo termine a secondo membro della (2.3.21) sono nulli quando il volume di inte-
grazione è illimitato. Inserendo nella (2.3.21) l’equazione (1.6.2) e la (1.6.1) in cui si
∂E
sia posto = 0 , si ottiene perciò:
∂t
1 1
Ws = ∫
2 V
ρV dV + ∫ j ⋅ AdV .
2c V
(2.3.22)
Questa relazione, nel caso di un campo statico dovuto ad una distribuzione stazionaria
di cariche e correnti, equivale, quando V è illimitato, alla (2.3.15).
1
Ws = πρ 2 ∫ R 2 − r 2 dV , (2.3.23)
V
3
2
R 2 1 2 2 ( 4πρ ) R5 .
∫
2 2
Ws = 4π ρ R − r r dr = (2.3.24)
0
3 15
Questo risultato, tenuto conto che la carica contenuta all’interno della sfera è data dal-
la relazione:
4
q = π R3 ρ , (2.3.25)
3
3 q2
Ws = . (2.3.26)
5 R
Appare evidente, da questa equazione, che quando la carica q è concentrata entro una
sfera il cui raggio R tende a zero, l’energia della distribuzione diventa infinita. Pertan-
to, per evitare l’apparizione di divergenze ossia di contributi tendenti ad infinito
nell’espressione dell’energia, occorre considerare solo distribuzioni estese di carica. È
questa una delle più fondamentali peculiarità dell’elettrodinamica classica.
119 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1 n 1 m
Ws = ∑ qiV ( i)
P + ∑ I j ∫ A ( Pj ) ⋅ dl j , (2.4.1)
2 i =1 2c j =1 γj
n
qh
V ( Pi ) = ∑ ; (2.4.2)
h =1 rih
1 m dl k
A ( Pj ) = ∑ I k ∫ . (2.4.3)
c k =1 γk r
jk
Introducendo le quantità:
1 dl k ⋅ dl j
Lkj = ∫ ∫ , (2.4.5)
c γ j γ k rjk
1 n qi qh 1 m
Ws = ∑ + 2c
2 i ,h =1 rih
∑L
j , k =1
I Ij .
kj k (2.4.6)
L jk = Lkj . (2.4.7)
Si deve notare, considerando i termini dipendenti dalle cariche, che quando gli
indici i e h assumono eguali valori, compaiono nella (2.4.6) dei contributi divergenti.
Lo stesso accade per i termini dipendenti dalle correnti, in cui i coefficienti di autoin-
duzione Lkk divergono logaritmicamente. Questa difficoltà, come si è accennato
all’inizio di questo paragrafo, può essere superata solo escludendo l’esistenza fisica di
cariche puntiformi e di correnti lineari; in questo modo, infatti, tutti i termini diventa-
no finiti. Nel capitolo 4 la questione verrà studiata dal punto di vista della teoria clas-
sica delle particelle elementari, alle quali si troverà essere necessario attribuire delle
121 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1 m
Ws ,m = ∑ j
2c j =1 ∫ γ j
I A ( Pj ) ⋅ dl j. (2.4.8)
1 m 1 m
Ws ,m = ∑ I j ∫ rot A ⋅ n j dS j = ∑ I j ∫ H ⋅ n j dS j ,
2c j =1 S j 2c j =1 S j
(2.4.9)
1 m
Ws ,m = ∑ I j Φ H j .
2c j =1
(2.4.10)
Confrontando il secondo termine della (2.4.6) con l’espressione ora trovata si ha:
1 m 1 m m
Ws ,m = ∑
2c j =1
I j Φ H j = ∑ I j ∑ Lkj I k
2c j =1 k =1
(2.4.11)
m
Φ H j = ∑ Lkj I k . (2.4.12)
k =1
Introducendo i flussi parziali Φ H jk , cioè il flusso attraverso il j-esimo circuito dovuto
alla corrente che circola nel k-esimo, si ha:
e:
z dl 2
P2 ( x, y, d )
O2
ϕ
R2
γ2
r12
y
dl1
O1 P1 ( R1 , 0, 0 )
R1
γ1
Fig. (2.4.1)
123 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
mento cartesiano (vedi fig. (2.4.1)) la distanza tra i punti P1 e P2 è esprimibile colla
relazione(††††††):
x = R2 cos ϕ (2.4.18)
e:
dl1 ⋅ dl 2 = dl1 R2 cos ϕ dϕ ; (2.4.19)
1 2π R2 cos ϕ dϕ
L12 = ∫
dl1 ∫ (2.4.20)
( )
γ 0 12
c j R12 + R22 + d 2 − 2 R1 R2 cos ϕ
2π R1R2 2π cos ϕ dϕ
L12 = ∫ . (2.4.21)
c 0
(R
2
1 + R22 + d 2 − 2 R1 R2 cos ϕ )
Il calcolo dell’integrale su ϕ può essere eseguito in modo analogo a quanto fatto per
l’equazione (1.12.27). Ponendo:
4 R1 R2
k= 2
(2.4.22)
( R1 + R2 ) + d2
si ottiene:
(††††††)
P2 − P1 = ( x − R1 , y, d ) ,
8π R1 R2 k 2
L12 = 1 − I 1 ( k ) − I 2 ( k ) (2.4.23)
c k 2
R1 = R2 = R (2.4.24)
e:
d
R, (2.4.25)
cioè:
k 1 (2.4.26)
π
è possibile ottenere un’espressione in forma finita di L12 . Sostituendo ϑ con −ϑ
2
ed introducendo un angolo ε infinitesimo si ha infatti:
π
dϑ ε dϑ π
dϑ
∫ ≡∫ +∫
2 2
. (2.4.27)
0 2 2 0 2 2 ε
1 − k sin ϑ 1 − k cos ϑ 1 − k 2 cos 2 ϑ
Identificando k con l’unità nel secondo integrale e sviluppando in serie cos 2 ϑ nel
primo si ha approssimativamente:
π
dϑ ε dϑ π
dϑ
∫ ∫ +∫
2 2
=
0
1 − k 2 sin 2 ϑ 0
1 − k 2 + k 2ϑ 2 ε sin ϑ
1 kε 2 d ξ π
dϑ
∫ ∫
2
= 1− k + = (2.4.28)
ε sin ϑ
k 0 1+ ξ 2
1 1
= ln
k 1− k 2
(
ε
kε + 1 − k 2 + k 2ε 2 − ln tan .
2
)
(‡‡‡‡‡‡)
E. Jahnke-F. Emde – Tables of functions – Teubner – Leipzig, Berlin 1933 -
125 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
ε
Ponendo k = 1 dappertutto salvo che nel temine 1− k 2 ed approssimando tan
2
ε
con , l’integrale assume infine la forma:
2
π
dϑ 2ε 2 4
∫ , (2.4.29)
2
ln ⋅ = ln
0 2 2 2 ε 2
1 − k sin ϑ 1 − k 1 − k
π
dϑ 8R
∫
2
ln . (2.4.30)
0
1 − k 2 sin 2 ϑ d
∫ 1 − k 2 sin 2 ϑ dϑ 1 , (2.4.31)
2
4π 8R
L12 = R ln − 2 (2.4.32)
c d
che è appunto l’espressione che si voleva ottenere. Da essa risulta che quando la di-
stanza d dei due circuiti tende a zero, la mutua induzione diverge logaritmicamente.
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 126
N
∂L ∂L ∂L
H = ∑ xi + yi + zi − L (2.5.1)
i =1 ∂x
i ∂yi ∂zi
È facile vedere che, in forza delle equazioni del moto (2.1.8), H dipende dal tempo
solo se esso compare esplicitamente nella lagrangiana. Si ha infatti:
N
dH d ∂L d ∂L d ∂L ∂L ∂L ∂L
= ∑ xi + yi + zi + xi +
yi +
zi −
dt i =1 dt
i∂x dt ∂y
i dt ∂z
i ∂xi ∂y i ∂zi
(2.5.2)
N
∂L ∂L ∂L ∂L ∂L ∂L ∂L
−∑ xi + yi + zi + xi +
yi +
zi − ,
i =1 ∂xi ∂yi ∂zi ∂xi ∂yi ∂zi ∂t
dH ∂L
=− . (2.5.3)
dt ∂t
∂L
= 0, (2.5.4)
∂t
N
q q q
H = ∑ mi xi + i Ax xi + mi yi + i Ay yi + mi zi + i Az zi −
i =1 c c c
N
1 q
( )
−∑ mi x i2 + y i2 + z i2 − qiV ( Pi ) + i ( xi Ax + yi Ay + zi Az ) = (2.5.5)
i =1 2 c
N
1 2
= ∑ mi vi + qiV ( Pi ) .
i =1 2
Così pure partendo dalla (2.1.9) e tenendo conto della sua dipendenza esplicita da t si
ottiene:
∂L N ∂V ( Pi ) qi ∂ A ( Pi )
− = ∑ qi − vi ⋅ . (2.5.6)
∂t i =1 ∂t c ∂t
Di conseguenza, quando V ed A non dipendono dal tempo, ossia quando il campo
elettromagnetico è statico, anche l’hamiltoniana (2.5.5) è costante nel tempo.
N
1 2
H = ∑ mi vi + qiVe ( Pi ) = cost. (2.5.7)
i =1 2
Ponendo:
N
H = ∑ qiVe ( Pi ) = We , (2.5.8)
i =1
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 128
risulta subito dalla (2.5.7) che We rappresenta l’energia potenziale del sistema di cari-
che immerso in un campo statico; esso infatti forma con l’energia cinetica una quanti-
tà costante nel tempo. Inoltre, dato che nella (2.5.8) il potenziale A e quindi il campo
magnetico non intervengono, We corrisponde all’energia elettrostatica del sistema.
Quando la distribuzione di cariche è continua, tenendo conto della (1.2.8) o della
(1.2.11), l’espressione di We diventa:
We = ∫ ρVe dV . (2.5.9)
d N 1 2 N ∂V ( Pi )
∑
dt i =1 2
mi vi + ∑ qi grad Pi V ⋅ vi + qi
i =1 ∂t
=
(2.5.10)
N ∂V ( Pi ) qi ∂ A ( Pi )
= ∑ qi − vi ⋅ ,
i =1
∂t c ∂t
d N 1 2 N
∑ mi vi = ∑
dt i =1 2 i =1
qi E ⋅ vi , (2.5.11)
N
∂L ∂L ∂L ∂L ∂Ψσ
H tot = ∑ xi + yi + zi + ∫ ∑σ ∂Ψ dV − Ltot (2.5.12)
i =1 ∂x
i ∂yi ∂zi V
( )
∂ ∂tσ ∂t
129 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
dove Ltot è la lagrangiana delle cariche e del campo data dalla (2.2.17) ed L la densi-
tà di lagrangiana del campo data dalla (2.2.11). Utilizzando queste equazioni ed e-
sprimendo il potenziale di Schwarzschild nella forma (2.1.13), la (2.5.12) diventa:
2 q
( )
N
1 2
H tot = ∑ mi vi + i vi ⋅ A ( Pi ) + ∫ E ⋅ gradV + E dV −
i =1 c 4π V
1 N 2 N 1
( )
1 2 2
− ∑ mi vi + ∑ qi V ( Pi ) − vi ⋅ A ( Pi ) − ∫ E − H dV = (2.5.13)
2 i =1 i =1 c 8π V
2 2
N
1 2 E +H 1
= ∑ mi vi + qiV ( Pi ) + ∫
4π ∫V
dV + E ⋅ gradV dV .
i =1 2 V 8π
Questa espressione, supponendo il volume V illimitato, può essere scritta in forma più
semplice; per far ciò consideriamo l’identità (vedi equazione (9.3.16)):
( )
div EV = V divE + E ⋅ gradV , (2.5.14)
Quando V è illimitato, a causa del comportamento all’infinito di V ed E , la relazio-
ne precedente si riduce a:
1
4π ∫V
E ⋅ gradV dV = − ∫ ρV dV .
V
(2.5.16)
2 2
N
1 2 E +H
H tot = ∑ mi vi + ∫ dV . (2.5.17)
i =1 2
V 8π
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 130
Questa espressione stabilisce che H tot rappresenta l’energia totale, cioè meccanica ed
elettromagnetica del sistema; essa, come risulta dalla (2.3.13), si conserva costante
nel tempo. Benché questo risultato non sia essenziale per lo sviluppo
dell’elettrodinamica classica, esso è importante perché permette di estendere al for-
malismo hamiltoniano l’analogia tra la descrizione dei sistemi meccanici e quella dei
campi elettromagnetici già introdotta nel paragrafo precedente con le funzioni lagran-
giane.
dV
∆Q →0
( )
We = lim qVe Q + ∆Q − qVe ( Q ) = p e .
dQ
(2.5.18)
dQ
di conseguenza, osservando che il versore di p coincide proprio con , la (2.5.18)
dQ
diventa:
We = p ⋅ gradQVe . (2.5.20)
Utilizzando l’espressione (1.10.3) del campo elettrico per il caso statico, si ha pertan-
to:
131 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
We = − p ⋅ E , (2.5.21)
dove E rappresenta, appunto, il campo elettrico esterno.
Se il campo E a sua volta è dovuto ad un dipolo, basta sostituire la (1.11.9)
nella (2.5.21) per ottenere l’energia di interazione di due dipoli. Indicando con W
questa energia si ha:
1 ( )(
3 p1 ⋅ r12 p 2 ⋅ r12
W = 3 p1 ⋅ p 2 −
) (2.5.22)
r12 r122
dove p1 , p 2 sono i momenti dei dipoli ed r12 la loro distanza. Risulta subito che
l’espressione di W , come d’altronde ci si deve aspettare, è simmetrica rispetto allo
scambio dei due dipoli.
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 132
∂L ∂L ∂L
pix = ; piy = ; piz = ; (2.6.1)
∂xi ∂yi ∂zi
risulta subito, sostituendo queste espressioni nelle equazioni lagrangiane (2.1.8) che
le loro derivate temporali sono:
∂L ∂L ∂L
p ix = ; p iy = ; p iz = . (2.6.2)
∂xi ∂yi ∂zi
N
H = ∑ ( pix xi + piy yi + piz zi ) − L ; (2.6.3)
i =1
N
dH = ∑ ( pix dxi + piy dyi + piz dzi + xi dpix + yi dpiy + zi dpiz ) −
i =1
(2.6.4)
N
∂L ∂L ∂L ∂L ∂L ∂L ∂L
−∑ dxi + dyi + dzi + dxi + dyi + dzi − dt.
i =1 ∂xi ∂yi ∂zi ∂xi ∂yi ∂zi ∂t
Tenendo conto delle (2.6.1) i termini proporzionali a dxi , dy i , dzi possono essere
eliminati, si ottiene così:
N
∂L ∂L ∂L ∂L
dH = ∑ xi dpix + yi dpiy + zi dpiz − dxi − dyi − dzi − dt , (2.6.5)
i =1 ∂xi ∂yi ∂zi ∂t
N
∂L
dH = ∑ ( xi dpix + yi dpiy + zi dpiz − p ix dxi − p iy dyi − p iz dzi ) − dt . (2.6.6)
i =1 ∂t
Poiché H deve essere ora considerata funzione delle coordinate e dei momenti co-
niugati, altroché eventualmente del tempo, i coefficienti di dpix , dxi ecc. e di dt de-
vono essere eguagliati alle corrispondenti derivate di H ; si ha perciò:
∂H ∂H ∂H
xi = ; yi = ; zi = ; (2.6.7)
∂pix ∂piy ∂piz
∂H ∂H ∂H
p ix = − ; p iy = − ; p iz = − ; (2.6.8)
∂xi ∂yi ∂zi
∂H ∂L
=− . (2.6.9)
∂t ∂t
qi
pix = mi xi + Ax ( Pi ) ,
c
q
piy = mi yi + i Ay ( Pi ) , (2.6.10)
c
q
piz = mi zi + i Az ( Pi ) ,
c
q
p i = mi vi + i A ( Pi ) . (2.6.11)
c
Ricavando v i e sostituendolo nella (2.5.7) si ha:
N 1 qi
2
H = ∑ p
i c− A ( P )
i + q V
i e ( P )
i (2.6.12)
i =1 2mi
1
A ( Pi ) = H ∧ r i , (2.6.13)
2
dove r i è la distanza del punto Pi da un’origine O arbitrariamente scelta. Infatti, ap-
plicando alla (2.6.13) l’operazione di rotore si ha:
2
N
1 qi
H =∑ p i − 2c H ∧ r i + qiVe ( Pi ) (2.6.15)
i =1 2mi
( ) ( )
N
H = ∑ i − i pi ⋅ H ∧ r i + H ∧ r i + ∑ qiVe ( Pi ) =
i =1 2 mi 2mi c 2mi 2c i =1
(2.6.16)
2 2
1 q 1 q 2 2 2
( )
N N N N
− H ⋅ ∑ i r i ∧ p i + 2 ∑ i H r i − H ⋅ r i + ∑ qiVe ( Pi ).
pi
∑
i =1 2mi 2c i =1 mi 8c i =1 mi i =1
Ponendo:
r i ∧ pi = Li (2.6.17)
e:
r i = r i + r ⊥ i (2.6.18)
dove r i e r ⊥i indicano le componenti di r i rispettivamente parallela ed ortogonale
ad H , si può scrivere infine:
2 2
N
pi 1 N qi H N
qi 2 2 N
H =∑ − H ⋅ ∑ Li + 2 ∑ r ⊥ i + ∑ qiVe ( Pi ) . (2.6.19)
i =1 2mi 2c i =1 mi 8c i =1 mi i =1
1 N qi
H m′ = − H ⋅ ∑ r i ∧ pi ; (2.6.20)
2c i =1 mi
1 N
H m′ = − H ⋅ ∑ qi r i ∧ vi . (2.6.21)
2c i =1
Suddividendo, vedi fig. (2.6.1), il volume del tubo di flusso in elementi ∆Vi di lun-
ghezza infinitesima e supponendo il vettore r i costante per tutte le cariche contenute
in ∆Vi , si ha:
n( ∆Vi )
1
H m′ = − H ⋅ ∑ ∆V r i ∧ ∑qv j j . (2.6.22)
2c i
i =1
Assumendo che le cariche siano in numero tale da formare una distribuzione continua
e ricordando le (1.2.12), (1.2.18), questa equazione con successive trasformazioni di-
venta:
Il risultato ottenuto, d’altra parte, se si tiene conto della (1.2.13), è di validità genera-
le. Osserviamo ora che l’area del triangolo infinitesimo di base dl e di vertice il pun-
to O vale:
137 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1
dS = r ∧ dl ; (2.6.24)
2
essendo inoltre il prodotto r ∧ dl normale alla superficie di questo triangolo, si può
dl
∆Vi
n
ri
Fig. (2.6.1)
scrivere:
r ∧ dl = 2ndS . (2.6.25)
I
H m′ = − H ⋅ ∫ ndS , (2.6.26)
c S
corretto ritenere che il teorema di equivalenza di Ampère sia valido anche per quanto
per quanto riguarda le proprietà energetiche delle correnti; infatti, come si è testé fatto
notare, la dipendenza da H dell’hamiltoniana (2.6.19) è solo apparente e il campo
magnetico non produce in realtà alcun effetto sull’energia.
fi T
qi
ui dl i
ϕi
vi ri τ
O
n ϑ
m
H
Fig. (2.6.2)
Questo risultato appare, a prima vista, paradossale. Il campo magnetico, infatti, de-
termina sulla corrente che circola lungo γ il momento torcente T dato dall’equazione
(1.5.19) ; di conseguenza al ruotare di γ attorno ad un asse τ parallelo alla direzione
di T si ottiene(§§§§§§) del lavoro meccanico. Parrebbe ovvio associare a questo lavoro
(§§§§§§)
Si ottiene sempre lavoro positivo (vedi più avanti) qualunque sia il verso della corrente che cir-
cola lungo γ : il momento torcente, dovuto all’effetto del campo magnetico sulla corrente (vedi equa-
zione (1.5.19)), fa ruotare γ intorno all’asse τ producendo lavoro a spese dell’energia cinetica delle
139 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
l’energia di H m′ . Più precisamente: indicando con ϑ l’angolo tra la direzione di m e
quella di H ed applicando un noto teorema di meccanica(*******), il lavoro eseguito
dal momento torcente risulta essere:
dLm = T ⋅τ dϑ = T dϑ = m H sin ϑ dϑ . (2.6.28)
cariche circolanti lungo γ ; invertendo la corrente si inverte τ e con esso la rotazione di γ , ma il lavo-
ro rimane positivo, ottenuto ancora a spese dell’energia cinetica delle cariche (ora circolanti in verso
opposto al precedente) [n.d.c.].
(*******)
Il lavoro del momento torcente di un insieme di forze f i , applicate nei punti Pi di un corpo
rigido girevole attorno all’asse τ passante per l’origine O, può essere calcolato mediante la solita rela-
zione:
dL = ∑ i f i ⋅ d P i
in cui si ponga:
d Pi = τ ∧ ( Pi − O ) dϑ .
Si ha, infatti, usando la proprietà ciclica del prodotto misto di tre vettori (vedi equazione (9.3.5)):
dL = ∑ i f i ⋅τ ∧ ( Pi − O ) dϑ = τ ⋅ ∑ i ( Pi − O ) ∧ f i dϑ =τ ⋅ Tdϑ .
(†††††††)
Partendo da ϑ = π2 , per ϑ positivi decrescenti, il prodotto sin ϑ dϑ sarebbe sempre negati-
vo; di conseguenza, per ottenere un lavoro positivo si dovrebbe integrare la (2.6.28) a partire da ϑ
π
qi q
dLi = u i ∧ H ⋅ vi dt = i dϑ R sin ϕi n ∧ H ⋅ vi =
c c
(2.6.31)
qi
= dϑ R sin ϕi H sin ϑτ ⋅ vi ;
c
si ha:
qi
dLi = − dϑ R H sin ϑ vi sin 2 ϕi . (2.6.33)
c
1 N
dL = − H R sin ϑ dϑ ∑ sin 2 ϕi qi vi . (2.6.34)
c i =1
141 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Per eseguire la somma occorre trasformare l’espressione che figura a secondo mem-
bro. A questo scopo osserviamo, innanzitutto, che essendo vi parallela all’elemento
dl i di γ si può scrivere:
dl i
vi = vi ⋅ . (2.6.35)
dl i
Mediante un procedimento consueto ed utilizzando le (1.2.12), (1.2.20), ne segue:
()
n ∆V j
N ∑ qi vi
dl j
∑ sin ϕi qi vi = ∑ ∆V sin 2 ϕ j
i =1
2
j
i =1
∆V j
⋅ ∆V j =
dl j
j ⋅ dl dl ⋅ dl
= ∫ sin ϕ dV = ∫ sin ϕ I
2 2
= (2.6.36)
V γ
dl dl
2π
= I ∫ sin 2 ϕ dl = IR ∫ sin 2 ϕ dϕ = π IR.
γ 0
I
dL = − H π R 2 sin ϑ dϑ , (2.6.37)
c
N 1 2
d ∑ mi vi = − m H sin ϑ dϑ (2.6.39)
i =1 2
N 1 2
dLm = −d ∑ mi v i . (2.6.40)
i =1 2
Si può concludere, pertanto, che il lavoro Lm è ottenuto a spese dell’energia cinetica e
non di un’eventuale energia magnetica potenziale, che in realtà non esiste. Di conse-
guenza, al ruotare di γ attorno a τ , diminuisce la corrente I e quindi il momento m
ad essa associato.
(‡‡‡‡‡‡‡)
Dalla proprietà ciclica del prodotto misto (9.3.5) e dalla (9.3.6) del doppio prodotto vettoriale si
( H ∧ r ) = ( H ∧ r ) ⋅ ( H ∧ r ) = H ⋅ r ∧ ( H ∧ r ) = H ⋅ r ( )
2
ottiene:
2
i H − r i ⋅ H r i ; sosti-
i i i i i
−1 −2
tuendo questa espressione nella (2.6.16) i termini proporzionali a c e c diventano:
1
q
( )
N
q
H m′ + H m′′ = − H ⋅ ∑ i Li − i ri 2 H − r i ⋅ H r i . Ricordando inoltre che la relazione
2c i =1 mi 4c
1 N q
m = ∑ i Li esprime il momento magnetico della linea non deformata (quando H = 0 ) il con-
2c i =1 mi
tributo al momento magnetico dovuto alla deformazione, proporzionale ad H , risulta:
143 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
L’espressione sotto integrale può essere trasformata in modo che in essa il campo e-
lettrico e quello magnetico figurino simmetricamente. Per far ciò basta aggiungere
all’integrando i primi membri delle equazioni omogenee (1.6.3) e (1.6.4) moltiplicati
vettorialmente rispettivamente per E e per H ; si ha così:
EdivE + rot E ∧ E = ∂ 1 Ex2 − E y2 − Ez2 +
( ) ( )
x ∂x 2
(2.7.4)
∂ ∂
+ ( E x E y ) + ( Ex E z ) ;
∂y ∂z
per le rimanenti componenti possono essere scritte delle relazioni analoghe, ottenibili
dalla precedente mediante permutazione circolare degli indici. Di conseguenza po-
nendo:
1 2 1
2
( ) 2
( )
Ex − E y2 − Ez2 + H x2 − H y2 − H z2 = −4π Txx ,
1 2 1
2
( ) 2
( )
E y − Ez2 − Ex2 + H y2 − H z2 − H x2 = −4π Tyy ,
1 2 1
2
( ) ( )
Ez − Ex2 − E y2 + H z2 − H x2 − H y2 = −4π Tzz ,
2
(2.7.5)
e tenendo conto che delle relazioni analoghe alla (2.7.4) possono essere scritte per le
componenti del termine dipendente da H nella (2.7.3), si trova:
( ) (
EdivE + rot E ∧ E + HdivH + rot H ∧ H =
x )
∂T ∂Txy ∂Txz (2.7.6)
= −4π xx + + .
∂x ∂y ∂z
145 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
∂T ∂Txy ∂Txz 1 d
f x = − ∫ xx + + dV − 2 ∫V S x dV , (2.7.7)
V
∂x ∂y ∂z c dt
1 d
f x = − ∫ (Txx nx + Txy n y + Txz nz )dS −
c 2 dt ∫V
S x dV , (2.7.8)
S
come le rispettive componenti di un vettore. Indicando semplicemente con T questo
tensore ed introducendo il vettore:
ϕ = − ∫ T ⋅ ndS (2.7.9)
S
l’espressione finale di f è:
d S
f = ϕ − ∫ 2 dV . (2.7.10)
dt V c
∂ S
1
divT + 2 = − ρ E + j ∧ H . (2.7.12)
∂t c c
Per chiarire il significato fisico dei risultati ora ottenuti è necessaria una anali-
si che richiede una certa attenzione. A questo scopo consideriamo dapprima il caso
statico in cui il termine dipendente da S non interviene e la (2.7.10) si riduce a:
f =ϕ. (2.7.13)
Questa eguaglianza stabilisce che la forza elettromagnetica che agisce sulla distribu-
zione di carica contenuta nel volume V può essere espressa mediante i valori che il
tensore T assume sulla superficie S che limita V. È da notare che ad un risultato ana-
logo si arriva nello studio dell’elasticità di un mezzo continuo; si può infatti dimostra-
re che le forze elastiche che agiscono sulle masse contenute in un volume V dipendo-
no dai valori che il cosiddetto tensore elastico degli sforzi assume sul contorno di V.
Per questa ragione T prende il nome di tensore degli sforzi elettromagnetici.
A titolo di esempio valutiamo, mediante T , la forza con cui due distribuzioni
uniformi di carica su piani paralleli illimitati si attraggono. Precisamente consideria-
mo (vedi fig. (2.7.1)) due distribuzioni piane di densità rispettivamente +σ e −σ e
S
++++++++++++++++++++++++++++ +σ
A
n+
----------------------------------------------- −σ
Fig. (2.7.1)
all’esterno dello spazio compreso fra i due piani carichi. Risulta subito dall’equazione
(1.10.32) che il campo elettrico esistente nello spazio esterno ai piani è nullo mentre
quello interno vale:
E = 4πσ n + , (2.7.14)
dove n+ è la normale orientata dal piano positivo a quello negativo. Assumendo n+
come versore dell’asse z ed applicando le (2.7.5), le componenti non nulle di T sono:
1 2
Tzz = − Ez = −2πσ 2 ,
8π
(2.7.15)
1 2
Txx = Tyy = Ez = 2πσ 2 ,
8π
il tensore T è quindi diagonale. Occorre ora sostituire questi valori nella (2.7.9) e
procedere all’integrazione. È facile vedere che solo la base del cilindro interna ai pia-
ni interviene nell’integrale. La parte esterna di S, infatti, non dà contributo perché su
di essa si annulla E e quindi anche T ; sulla superficie laterale, invece, i contributi
T ⋅ n dovuti ad elementi di area situati da bande opposte rispetto all’asse del cilindro
si annullano a vicenda. Rimane perciò:
ϕ = − ∫ Tzz n + dS = 2πσ 2 An + . (2.7.16)
A
Ez2 Ez2
Dalla (2.3.15): dW =
(§§§§§§§)
dV = Adz = 2πσ 2 Adz , da cui segue subito:
8π 8π
dW
ϕz = − = −2πσ 2 A , ovvero la (2.7.16) essendo n + = ( 0, 0, −1) [n.d.c.].
dz
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 148
Per stabilire il significato della (2.7.10) nel caso non statico, introduciamo in
essa la quantità di moto meccanica delle masse contenute nel volume V. Ponendo:
N
∑m v
i =1
i i =Q, (2.8.1)
questa equazione stabilisce che agli sforzi elettromagnetici applicati alla superficie S
corrisponde la variazione, per unità di tempo, della quantità di moto meccanica delle
masse presenti in S aumentata, però, di un termine dipendente dal campo elettroma-
gnetico. In altre parole l’inerzia del sistema dipende, oltreché dalle masse, anche dal
campo attraverso la grandezza:
S
G = ∫ 2 dV ; (2.8.4)
V c
essa, per questa ragione, prende il nome di quantità di moto elettromagnetica. Si ri-
serva invece il nome di densità di quantità di moto all’integrando che compare nella
(2.8.4), cioè alla grandezza:
S E ∧ H
g= 2 = . (2.8.5)
c 4π c
149 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
È ovvio che la (2.8.3), applicata ad un volume limitato da una superficie sulla quale il
tensore T sia nullo, stabilisce la conservazione della quantità di moto complessiva
contenuta in questo volume. La (2.7.12), invece, stabilisce la continuità della quantità
di moto elettromagnetica mediante un’equazione in cui il tensore T fornisce il termine
di divergenza e la forza di Lorentz quello di sorgente. I risultati ora ottenuti, come
constateremo attraverso i successivi sviluppi, sono della massima importanza; essi fra
l’altro ci permetteranno di render conto della apparente violazione del terzo principio
della dinamica contenuta nella legge di Ampère (1.3.3) sull’azione a distanza tra cari-
che in movimento.
D’altra parte le formole (1.9.25) e (1.9.26) stabiliscono che i potenziali e quindi anche
il campo elettromagnetico si propagano con velocità c; di conseguenza nel tempo ∆t
la propagazione procederà nella direzione di S del tratto c∆t . Entro il volumetto
∆Sc∆t , interessato dalla propagazione, è contenuta la quantità di moto elettromagne-
tica:
S
G = 2 ∆Sc∆t . (2.8.7)
c
W
G = , (2.8.8)
c
che è appunto il risultato cui si voleva arrivare. La relazione (2.8.8) non trova riscon-
tro nel caso meccanico in cui la relazione tra la quantità di moto Q e l’energia cineti-
ca T di una massa in moto con velocità v è:
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 150
2T
Q = . (2.8.9)
v
W
m= . (2.8.11)
c2
Il risultato ora ottenuto ha valore più che altro euristico, il suo significato e la sua im-
portanza fisica verranno stabiliti in seguito quando tratteremo la teoria della relatività.
con ∆S l’area della proiezione dell’oggetto sul piano ortogonale a S (vedi fig.
(2.8.1)), è data dall’equazione (2.8.7). Si deve avere perciò:
S
∆Q = ∆S ∆t . (2.8.12)
c
D’altra parte, supposto ∆t piccolo a piacere, dalla legge fondamentale della dinamica
(vedi equazione (2.8.1)) si ha:
∆Q = f ∆t (2.8.13)
dove f è la risultante delle forze che agiscono sull’oggetto nell’intervallo di tempo
∆t . Confrontando le (2.8.12), (2.8.13) si ottiene pertanto:
S
f
← c ∆t →
Fig. (2.8.1)
f S
= . (2.8.14)
∆S c
Questa equazione, nel caso in cui la superficie dell’oggetto sia ortogonale ad S , può
essere scritta nella forma:
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 152
S
p= , (2.8.15)
c
′′
S
c∆t
ϑ ϑ
′
c∆t S G′′
∆S t
G′ ∆Q
n
Fig. (2.8.2)
Wi = S ′ ∆S cos ϑ∆t , (2.8.16)
Wr = S ′′ ∆S cos ϑ∆t , (2.8.17)
153 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
dove S ′ ed S ′′ sono i vettori di Poynting prima e dopo la riflessione. In base alle ipote-
si fatte si ha:
Wr = (1 − α ) Wi . (2.8.18)
Di conseguenza, tenendo conto della (2.8.8), le quantità di moto G′ e G′′ prima e dopo
la riflessione soddisfano alla relazione:
G′′ = (1 − α ) G′ . (2.8.19)
D’altra parte, indicata con ∆Q la quantità di moto trasmessa all’elemento di superfi-
cie ∆S , si ha (vedi fig. (2.8.2)):
∆Q = G′ − G′′ ; (2.8.20)
pertanto le componenti di ∆Q rispettivamente tangenziale e normale alla superficie
∆S sono:
∆Qt = G′ − G′′ sin ϑ , (2.8.21)
∆Qn = G′ + G′′ sin ϑ . (2.8.22)
′
S
∆Qt = α G′ sin ϑ = α i sin ϑ = α
W
sin ϑ cos ϑ∆S ∆t (2.8.23)
c c
e:
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 154
′
S
∆Qn = ( 2 − α ) G′ cos ϑ = − ( 2 − α ) i cos ϑ = − ( 2 − α )
W
cos 2 ϑ∆S ∆t . (2.8.24)
c c
Applicando la (2.8.13) si deduce l’esistenza di una forza le cui componenti secondo t
ed n sono date dalle relazioni:
′
S
ft
=α sin ϑ cos ϑ (2.8.25)
∆S c
e:
′
S
fn
p= = (2 −α ) cos 2 ϑ . (2.8.26)
∆S c
dotte, ad una forza superiore a quella dovuta all’attrazione gravitazionale del sole. Ciò
accade, ad esempio, per delle sferette di densità ρ m e raggio r tale che(********):
3S 6 ⋅10−5 g ⋅ cm −2
r< = , (2.8.27)
4c ρ m g S ρm
in cui g S ( = 0, 6dine ⋅ g −1 alla distanza della terra) è il campo gravitazionale del sole. Il
fatto che le comete rivolgano la coda sempre nella direzione opposta a quella del sole
è dovuto precisamente ad un effetto di questo genere.
4 S
(********)
ρm π r 3 g S < p ⋅ π r 2 = π r 2 ⇒ r < [n.d .c.] .
3 c
Capitolo 2. Proprietà energetiche e inerziali del campo elettromagnetico 156
N
L m = ∑ ( Pi − O ) ∧ mi vi (2.9.1)
i =1
dove vi è la velocità dell’i-esima carica, Pi il punto da essa occupato ed O un’origine
arbitraria. Tenendo conto dell’equazione fondamentale della dinamica, la derivata di
L m rispetto al tempo vale:
d Lm N
dmi vi N
= ∑ ( Pi − O ) ∧ = ∑ ( Pi − O ) ∧ f i , (2.9.2)
dt i =1 dt i =1
(††††††††)
Per le notazioni vedi le equazioni (9.2.40).
157 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
d Lm ∂ S
= − ∫ r ∧ divT + 2 dV , (2.9.5)
dt V
∂t c
dove T è il tensore elettromagnetico definito dalle (2.7.5).
( ) = y ∂∂Tx + ∂∂Ty + ∂∂Tz − z ∂∂Tx + ∂∂Ty + ∂∂Tz =
r ∧ divT zx zy zz yx yy yz
x
(2.9.6)
∂ ∂ ∂
= ( yTzx − zTyx ) + ( yTzy − zTyy ) + ( yTzz − zTyz ) + Tyz − Tzy .
∂x ∂y ∂z
Tenendo conto che il tensore T è simmetrico e ponendo:
( ) = ∂M∂x ∂M yzy ∂M yzz
r ∧ divT + + . (2.9.8)
yzx
x ∂y ∂z
Considerando le altre componenti del vettore r ∧ divT e procedendo come per la
(2.9.6), appare manifesto che è opportuno introdurre le quantità:
( ) ∂M jkx ∂M jky ∂M jkz
r ∧ divT = + + (2.9.10)
i ∂x ∂y ∂z
dove gli indici i, j, k formano una permutazione circolare. Le quantità M jkl possono
essere considerate le componenti di un tensore del terzo ordine (vedi paragrafo 9.0);
essendo, tuttavia, questo tensore antisimmetrico, cioè:
M jkl = M il . (2.9.12)
In questo modo la (2.9.9) può essere espressa sinteticamente sotto forma di prodotto
esterno, cioè:
r ∧T = M (2.9.13)
e la (2.9.10) diventa:
r ∧ divT = divM . (2.9.14)
Dalle equazioni (2.9.9) e (2.9.13) appare evidente che M costituisce un tensore del
secondo ordine del tipo assiale-polare(‡‡‡‡‡‡‡‡), che appunto per questo motivo, abbia-
mo sopralineato con due frecce, una semplice e l’altra doppia.
(‡‡‡‡‡‡‡‡)
M il assiale rispetto a i, polare rispetto a l [n.d.c.].
159 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
∫V
r ∧ divTdV = ∫ divM dV = ∫ M ⋅ ndS .
V S
(2.9.15)
D’altra parte, osservando che dal punto di vista elettromagnetico le coordinate spazia-
li e il tempo costituiscono quattro variabili indipendenti, possiamo scrivere:
∂ S d S
∫V r ∧ ∂t c 2 dV = dt ∫V r ∧ c2 dV , (2.9.16)
d
−
dt
( )
L m + L elm = ∫ M ⋅ ndS .
S
(2.9.19)
∂ 1
∫V divM +
∂t
r ∧ (
g dV = −)∫V ∧ ρ E + c j ∧ H dV ,
r (2.9.20)
ossia:
∂ 1
divM +
∂t
(
)
r ∧ g = −r ∧ ρ E + j ∧ H .
c
(2.9.21)
Questa equazione, che è analoga alla (2.3.17) e alla (2.7.12), stabilisce la continuità
del momento angolare elettromagnetico. A secondo membro compare un termine di
sorgente dipendente dal momento meccanico della forza di Lorentz; nei punti in cui
non esistono cariche né correnti questo termine è nullo ed il momento angolare elet-
tromagnetico è conservato.
Tab. (2.9.1) – Elenco delle equazioni relative alle proprietà energetiche ed inerziali
del campo elettromagnetico.
Equazioni energetiche -
E2 + H 2 Espressioni generali della
w=
8π
densità di energia e dell'e-
E2 + H 2
W =∫ dV nergia elettromagnetica
V 8π
Energia elettromagnetica
1 1
WS = ∫ ρV + j ⋅ A dV - associata ad una distribuzione
V 2 2c
stazionaria di carica e di corrente -
Energia di una distribuzione
n
qq 1 m
WS = ∑ i h + ∑ Lkj I k I j - discreta e stazionaria di carica e
i , h =1 rih 2c j , k =1
di corrente -
We = ∫ ρVe dV
V Energia di una distribuzione (continua o discreta)
N
We = ∑ qiV ( Pi ) di cariche immerse in un campo esterno -
i =1
161 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Flussi -
c
S= E ∧ H - Vettore di Poynting
4π
∫ S ⋅ ndS
S
- Flusso di energia elettromagnetica
1 1
T , Tij = Ei E j + H i H j − δ ij ( E 2 + H 2 )
4π 2
Tensore degli sforzi elettromagnetici
Forza elettromagnetica che agisce attraverso
ϕ = − ∫ T ⋅ ndS -
S alla superficie S sulle cariche in essa contenute
M = r ∧T - Tensore del momento angolare elettromagnetico -
Flusso del momento angolare elettromagnetico
∫S M ⋅ ndS -
uscente dalla superficie S -
Equazioni di continuità -
∂w
divS + = − E ⋅ j - Conservazione dell'energia elettromagnetica
∂t
∂ g
1 Bilancio della quantità di moto
divT + = − ρE + j ∧ H -
∂t c elettromagnetica
divM +
(
∂ r ∧ g ) 1 Conservazione del momento
= −r ∧ ρ E + j ∧ H -
∂t c angolare elettromagnetico -
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche
1 ∂ 4π
graddivH − ∆ 2 H − rot E = rot j . (3.1.1)
c ∂t c
162
163 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
in cui, appunto, figura solamente H . Analogamente, applicando il rotore alla (1.6.3),
si ottiene:
1 ∂
graddivE − ∆ 2 E + rot H = 0 , (3.1.3)
c ∂t
e:
2 E = 0 , (3.1.6)
più interessaanti sono quelli della simmetria piana e di quella cilindrica. In presente
paragrafo e quello successivo sono dedicati alla trattazione completa del caso della
simmetria piana, che fra i due è il più importante. I paragrafi 3.3, 3.4 e 3.5, invece, ri-
guardano le soluzioni generali delle equazioni di propagazione; il paragrafo 3.6, infi-
ne, contiene lo studio completo della propagazione nel caso della simmetria cilindri-
ca.
Con questa scelta tutte le derivate rispetto ad y, z, sono nulle; perciò, posto ρ = 0 , si
ricava, dalla (1.6.2) e dalla (1.6.4):
∂Ex ∂H x
= 0, = 0. (3.1.8)
∂x ∂x
Risultano inoltre nulle le componenti x di rot E e rot H ; dalla (1.6.1), scritta per
j = 0 , e dalla (1.6.3), si ottiene pertanto:
∂Ex ∂H x
= 0, = 0. (3.1.9)
∂t ∂t
Le equazioni (3.1.8) e (3.1.9) stabiliscono che le componenti di E e di H parallele a
τ sono costanti, ossia non si propagano. Poiché, noi, viceversa, siamo interessati uni-
camente alla parte del campo elettromagnetico che si propaga, possiamo scrivere:
E ⋅τ = 0, H ⋅τ = 0 . (3.1.10)
165 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Le (3.1.10) impongono che il campo elettrico e quello magnetico siano trasversali alla
direzione di propagazione; esse costituiscono delle condizioni restrittive a cui le solu-
zioni delle equazioni di propagazione devono sottostare(§§§§§§§§). Considereremo per-
ciò nelle (3.1.5) e (3.1.6) solo le componenti E y , Ez , H y , H z ; ciascuna di esse
obbedisce a un’equazione della forma:
∂ 2ϕ 1 ∂ 2ϕ
= . (3.1.11)
∂x 2 c 2 ∂t 2
ξ = x + ct , (3.1.12)
η = x − ct . (3.1.13)
Si ha di conseguenza:
∂2 ∂2 ∂2 ∂2
= + 2 + , (3.1.14)
∂x 2 ∂ξ 2 ∂ξ∂η ∂η 2
1 ∂2 ∂2 ∂2 ∂2
= − 2 + , (3.1.15)
c 2 ∂t 2 ∂ξ 2 ∂ξ∂η ∂η 2
e la (3.1.11) diventa:
∂ 2ϕ
= 0. (3.1.16)
∂ξ∂η
∂ϕ
Dalla (3.1.16) si deduce immediatamente che è costante rispetto a ξ e può quin-
∂η
di essere funzione solo di η , cioè:
(§§§§§§§§)
Onde di questo tipo vengono indicate con la sigla TEM che appunto denota che sia E quanto
H sono ortogonali a τ .
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 166
∂ϕ
= k (η ) . (3.1.17)
∂η
ϕ = f (η ) + g (ξ ) , (3.1.18)
ϕ = f ( x − ct ) + g ( x + ct ) . (3.1.19)
c ( t2 − t1 )
x
0 x1 x2
Fig. (3.1.1)
E y = f1 ( x − ct ) + g1 ( x + ct ) , (3.1.20)
Ez = f 2 ( x − ct ) + g 2 ( x + ct ) , (3.1.21)
H y = f 3 ( x − ct ) + g3 ( x + ct ) , (3.1.22)
H z = f 4 ( x − ct ) + g 4 ( x + ct ) , (3.1.23)
Nulla può essere stabilito a priori circa queste funzioni. La loro forma, infatti,
dipende dal comportamento della distribuzione di carica e di corrente che dà origine
al campo elettromagnetico; ossia essa dipende dal fenomeno di emissione e non da
quello di propagazione. A suo tempo questa questione verrà trattata un dettaglio; tut-
tavia possiamo anticipare che particolarmente importanti, anche dal punto di vista ap-
plicativo, sono le onde sinusoidali. Ciò è dovuto al fatto che qualunque siano i movi-
menti che le cariche compiono all’interno di una sorgente stazionaria di onde elettro-
magnetiche, essi devono, necessariamente, essere periodici e pertanto riconducibili a
dei moti di tipo sinusoidale. In queste condizioni, manifestamente, anche le onde e-
messe non possono essere che sinusoidali per cui le funzioni f devono essere esprimi-
bili nella forma:
2π
f ( x, t ) = f 0 sin ( x − ct ) + α . (3.1.24)
λ
λ
T= (3.1.25)
c
λν = c . (3.1.26)
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 168
Questa relazione stabilisce che il prodotto λν è invariante per le onde sinusoidali che
si propaghino nel vuoto. È pure utile far uso della quantità:
ω = 2πν , (3.1.27)
ossia:
2π c
ω= ; (3.1.28)
λ
Nei prossimi capitoli ed in special modo nel capitolo 6 si vedrà quale sia effet-
tivamente l’utilità della presente classificazione: è tuttavia opportuno segnalare fin da
ora che per le radiazioni dell’intervallo al disotto di 2 ⋅10−6 cm , ossia per i raggi X ed i
raggi γ , gli effetti quantistici, a cui si è accennato nel paragrafo 1.1, acquistano in
pratica un’importanza determinante. Il contrario succede invece per le radio onde.
3.2 Polarizzazione
Approfittando del fatto che nelle (3.1.20) ÷ (3.1.23) intervengono delle funzio-
ni f e g arbitrarie, supponiamo, per il momento, che le funzioni g siano nulle, ossia
consideriamo solo onde progressive. Facciamo vedere, in questo caso, che delle quat-
tro componenti E y , Ez , H y , H z due sole sono indipendenti. Infatti ricordando
che tutte le derivate rispetto ad y e z sono nulle e ponendo:
E y = f1 ( x − ct ) , (3.2.1)
la componente y dell’equazione (1.6.1), scritta per j = 0 diventa:
∂H z 1 ∂E y
=− = f1′( x − ct ) , (3.2.2)
∂x c ∂t
dove l’apice indica la derivazione rispetto all’argomento della funzione f. Così pure,
utilizzando la componente z della (1.6.3):
∂H z ∂E y
= −c = −cf1′( x − ct ) . (3.2.3)
∂t ∂x
∂H z ∂H z
dH z = dx + dt = f1′( x − ct ) d ( x − ct ) . (3.2.4)
∂x ∂t
Tenendo conto che nella (3.2.4) compare il differenziale dell’argomento della funzio-
ne f , integrando si ottiene:
H z = f1 ( x − ct ) = E y . (3.2.5)
H y = − Ez . (3.2.6)
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 172
E = H = 0 , (3.2.10)
(
E⊥ = H ⊥ = f r ⋅τ − ct , ) (3.2.11)
2π
E⊥ = E⊥ 0 sin
λ
( )
r ⋅τ − ct + α .
(3.2.12)
Per le onde regressive valgono ancora le (3.2.10) e (3.2.11) ma, come si può
facilmente verificare scrivendo nella (3.2.1) g ( x + ct ) anziché f ( x − ct ) e proce-
dendo come per le onde progressive, il campo magnetico risulta opposto a quello dato
dalla (3.2.7). Di conseguenza, tenendo conto della (2.3.9), il vettore di Poynting è pa-
rallelo alla direzione di propagazione τ per le onde progressive, mentre è antiparalle-
lo per quelle regressive. Ciò è appunto quanto ci si deve attendere in base al significa-
to fisico del vettore S . Naturalmente, a causa della linearità delle (3.1.2), (3.1.4), la
più generale propagazione di onde risulterà dalla sovrapposizione di onde progressive
e regressive con tutte le possibili scelte per la giacitura del piano dei vettori τ ed E .
Questo piano prende il nome di “piano di vibrazione” mentre il piano di τ ed H , ad
esso ortogonale, viene chiamato “piano di polarizzazione”. Quando esiste una sola
giacitura per il piano di vibrazione, le onde vengono dette “polarizzate”.
173 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
2π
E y = E⊥ 0 cos ( x − ct ) , (3.2.13)
λ
2π
Ez = E⊥ 0 sin ( x − ct ) . (3.2.14)
λ
ossia esso è costante sia rispetto al posto che al tempo. Viceversa, dato un piano orto-
gonale a τ di equazione:
x = r ⋅τ = cost . (3.2.16)
la direzione del campo risultante ruota in questo piano nel verso orario e con velocità
angolare ω . Infatti per le (3.2.13) e (3.2.14), le sue componenti E1 ed E 2 variano,
π
nel piano (3.2.16), di moto armonico con differenza di fase . D’altra parte, assegna-
2
to un istante t0 , il punto estremo del vettore elettrico descrive, al variare di x un’elica
cilindrica destrorsa di passo λ (vedi fig. (3.2.2)). Di conseguenza, considerando il fe-
nomeno sia rispetto al posto che al tempo, possiamo concludere che il campo elettrico
si comporta come un’elica cilindrica destrorsa che scorra lungo il suo asse senza ruo-
tare, oppure, in modo equivalente, che ruoti in senso orario attorno al suo asse senza
scorrere. Scegliendo α = − π 2 si ha a secondo membro della (3.2.13) un cambia-
mento di segno e si giunge alle stesse conclusioni salvo il verso di rotazione che, in
questo caso, è antiorario. È interessante rilevare che sovrapponendo due onde polariz-
zate circolarmente in senso opposto, ma di eguali caratteristiche, si ottiene un’onda
polarizzata linearmente. Infatti le componenti E 2 di queste onde, il cui modulo è dato
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 174
dalla (3.2.14), coincidono; le componenti E1 , invece, il cui modulo è dato dalla
(3.2.13), sono opposte e si eliminano a vicenda. Rimane perciò appunto un’onda pola-
rizzata linearmente con ampiezza 2E⊥ 0 .
y
j↑
λ
E1
k E2
τ
z x
Fig. (3.2.2)
2π
E y = E y 0 sin ( x − ct ) + α y , (3.2.17)
λ
2π
Ez = Ez 0 sin ( x − ct ) + α z , (3.2.18)
λ
2π 1 Ey E
sin ( x − ct ) = sin α z − z sin α y , (3.2.19)
λ sin (α z − α y ) E y 0 Ez 0
2π 1 Ey E
cos ( x − ct ) = − cos α z + z cos α y (3.2.20)
λ sin (α z − α y ) E y 0 Ez 0
αz −α y = δ , (3.2.21)
si ottiene:
2 2
E y Ez E y Ez 2
+ − 2 cos δ = sin δ , (3.2.22)
E
y0 z0 E E E
y0 z0
che è, rispetto alle variabili E y , Ez , l’equazione di una conica. Nelle precedenti re-
lazioni le ampiezze E y 0 , Ez 0 sono supposte positive; il vettore elettrico, di conse-
guenza, ruota in verso antiorario od orario a seconda che lo sfasamento δ è positivo o
negativo. Per studiare le proprietà della conica (3.2.22), calcoliamone gli invarianti
fondamentali(*********); essi sono il discriminante A:
(*********)
Data l’equazione della conica nella forma più generale:
a11 x + 2a12 xy + a22 y 2 + 2a13 x + 2a23 y + a33 = 0
2
si dimostra (vedi ad esempio G. Fano e A. Terracini “Lezioni di geometria analitica e proiettiva” (n.
284) Paravia – Torino 1948) che le quantità:
A = Det aik , ( aik = aki )
a11 a12
A33 = ,
a21 a22
I = a11 + a22 ,
sono invarianti rispetto ad una qualunque trasformazione ortogonale degli assi.
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 176
1
E y2 0
− Ecos δ
y 0 Ez 0
0
sin 4 δ
A = − Ecos δ 1
E z20
0 =− , (3.2.23)
y 0 Ez 0
E y20 Ez20
0 0 − sin 2 δ
1
E y2 0
− Ecos δ
y 0 Ez 0 sin 2 δ
A33 = = 2 2 , (3.2.24)
− Ecos δ
y 0 Ez 0
1
E z20
E y 0 Ez 0
e la quantità:
1 1
I= 2
+ 2 . (3.2.25)
E y 0 Ez 0
Il fatto che A33 risulti positivo, o al più, nullo, permette di concludere, innanzitutto,
che la conica (3.2.22) è un ellisse. Passando, mediante una opportuna rotazione degli
assi, dalle variabili E y , Ez alle nuove variabili Eη , Eξ la (3.2.22) può essere scrit-
ta nella forma:
Eη2 Eξ2
2
+ 2
= a2 , (3.2.26)
b c
sin 4 δ a2
= = A, (3.2.27)
E y20 Ez20 b 2 c 2
sin 2 δ 1
2 2
= 2 2 = A33 , (3.2.28)
E y 0 Ez 0 b c
1 1 1 1
2
+ 2 = 2 + 2 =I. (3.2.29)
E y 0 Ez 0 b c
a 2 = sin 2 δ , (3.2.30)
Eη 0 = ab, Eξ 0 = ac ; (3.2.32)
Eη2 Eξ2
+ = 1, (3.2.33)
Eη20 Eξ20
Eη20 + Eξ20 = E y20 + Ez20 , (3.2.34)
Eη20 Eξ20 = sin 2 δ E y20 Ez20 . (3.2.35)
ξ Eη 0
Eξ 0 ψ
y
Ey0
Fig. (3.2.3)
dell’ellisse (vedi fig. (3.2.3)); queste quantità, pertanto, possono essere determinate
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 178
Eξ 0
±tg χ = , (3.2.36)
Eη 0
in cui il segno è scelto coincidente con quello di sin δ . Ne segue che χ è positivo o
negativo a seconda che il vettore elettrico ruoti nel verso antiorario o in quello orario.
Utilizzando la definizione di χ si ha:
2 Eη 0 Eξ 0
= ±2sin χ cos χ = ± sin 2 χ ; (3.2.37)
Eη20 + Eξ20
d’altra parte, mediante la (3.2.34), (3.2.35) si ottiene:
Eη 0 Eξ 0 E y 0 Ez 0
2 2
= ± sin δ , (3.2.38)
E +Eη0 ξ0 E y20 + Ez20
in cui il segno deve essere scelto in modo che ± sin δ sia positivo. Di conseguenza,
ponendo:
Ey0 π
tgα = 0 ≤α ≤ (3.2.39)
Ez 0 2
π π
− ≤χ ≤+ . (3.2.41)
4 4
Resta da calcolare l’angolo ψ che i semiassi dell’ellisse formano con gli assi
cartesiani y e z (vedi fig.(3.2.3)). A questo scopo osserviamo che valgono le relazioni:
179 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
esse, introdotte nella (3.2.22) la devono trasformare nella (3.2.33). Deve pertanto
mancare il termine proporzionale al prodotto Eη Eξ ; si deve avere cioè:
1 1 2 cos 2ψ cos δ
− sin 2ψ 2 − 2 − Eη Eξ = 0 ; (3.2.44)
E y 0 E z 0 E y 0 E z 0
da cui:
E y 0 Ez 0
tg 2ψ = −2 cos δ , (3.2.45)
Ez20 − E y20
Una questione della massima importanza è il calcolo del flusso di energia as-
sociato alla propagazione delle onde piane. Come si è visto nel paragrafo 2.3, tale
flusso è dato dal flusso del vettore di Poynting; valutiamo perciò S . Ricordando le
(2.3.9), (3.2.7) e la formola (9.3.6) si ha:
c c
S=
4π
(
E∧ τ ∧E =
4π
)
E⋅E τ , ( ) (3.2.47)
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 180
2π
S =
c 2
4π
E⊥ 0 sin 2
λ
(
τ ⋅ r − ct + α .
) (3.2.48)
Nel caso in cui la lunghezza d’onda λ sia molto piccola, e quindi, per la (3.1.25), il
periodo T sia molto breve, è conveniente esprimere la densità di flusso dell’energia
elettromagnetica mediante il valore medio di S fatto su un periodo. Supponendo T
piccolo rispetto all’unità di tempo, tale valor medio, che prende il nome di “intensità
di radiazione”, corrisponde effettivamente all’energia che si è propagata per unità di
tempo attraverso alla superficie unitaria normale a τ . Indicando con I l’intensità di
radiazione si ha:
1 2π
c
( )
T T
I =
T ∫
0
S dt =
4π T ∫
0
E⊥2 0 sin 2
λ
τ ⋅ r − ct + α dt
(3.2.49)
cE⊥20
I = . (3.2.50)
8π
c
S=
4π
( )
E y j + Ez k ∧ τ ∧ E y j + Ez k =
4π(
c
( )
E y2 + Ez2 )τ , (3.2.51)
I =
c
8π
( Ey20 + Ez20 ) ; (3.2.52)
I =
c
8π
(
Eη20 + Eξ20 . ) (3.2.53)
181 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Queste equazioni esprimono, in modo più generale della (3.2.50), l’intensità di radia-
zione di un’onda piana.
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 182
1 ∂2 f
∆2 f − =0. (3.3.1)
c 2 ∂t 2
f ( P, t ) = ψ ( P ) χ ( t ) . (3.3.2)
∆ 2ψ 1 d 2χ
c2 = . (3.3.3)
ψ χ dt 2
183 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Poiché il primo membro è funzione solo del posto e il secondo solo del tempo, cia-
scuno di essi deve essere eguale a una costante a priori arbitraria, che verrà indicata
con ±ω 2 . È evidente che solo il segno meno è accettabile; infatti scegliendo il segno
positivo, l’equazione:
d 2χ
2
= ±ω 2 χ (3.3.4)
dt
dove χω( ) è una costante complessa di scelta arbitraria. Combinando linearmente que-
0
sta funzione colla complessa coniugata, che verifica essa pure la (3.3.4) si possono ot-
tenere delle soluzioni reali fisicamente significative. Oppure, seguendo un procedi-
mento molto comune in elettromagnetismo, si può prendere come fattore temporale la
parte reale, o il coefficiente dell’unità immaginaria, della soluzione (3.3.5). In ogni
modo l’equazione per la parte spaziale diventa:
ω2
∆ 2ψ + ψ = 0; (3.3.6)
c2
Occorre ora determinare gli integrali della (3.3.6). Ciò può essere fatto abba-
stanza facilmente se l’operatore laplaciano è espresso mediante coordinate ortogonali;
in questo modo, infatti, la (3.3.6) si decompone in tre equazioni separate, una per ogni
coordinata. Cominciamo dal caso delle coordinate cartesiane che fra tutti è il più
semplice. Ponendo:
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 184
ψ ( P) = X ( x)Y ( y ) Z ( z ) (3.3.7)
1 d 2 X 1 d 2Y 1 d 2 Z ω2
+ + = − . (3.3.8)
X dx 2 Y dy 2 Z dz 2 c2
ω2
α2 + β2 +γ 2 = (3.3.9)
c2
e consideriamo le equazioni:
d2X d 2Y d 2Z
= −α 2 X , = − β 2Y , = −α 2 Z , (3.3.10)
dx 2 dy 2 dz 2
Introducendo il vettore:
τ (α , β , γ ) =
ω
(α i + β j + γ k ) ,
c
(3.3.12)
ω
i r ⋅τ (α , β ,γ )
ψ α ,β ,γ = ψ α( 0, β) ,γ e c
, (3.3.13)
ω
i r ⋅τ (α , β ,γ ) − ct
( 0)
fα ,β ,γ ( x, y, z , t ) = fα ,β ,γ e c
. (3.3.14)
185 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Nella (3.3.13) si è indicato con ψ α( 0,β) ,γ il prodotto delle tre costanti che com-
paiono a secondo membro nelle (3.3.11); così pure nella (3.3.14) si è scritto fα(,0β) ,γ al
posto del prodotto ψ α( ,β) ,γ χω( ) . Si deve tener conto che queste costanti e quindi anche il
0 0
ω ω
i r ⋅τ (α , β ,γ ) − ct (
r ⋅τ − ct )
f ( x, y, z , t ) = ∑ α , β ,γ fα ,β ,γ e = ∑τ ,ω fτ ,ω e
i
( 0) ( 0)
c c
. (3.3.15)
Nel caso di un’onda piana sinusoidale le componenti del vettore elettrico pos-
sono dunque essere espresse nella forma:
ω
( )
i r ⋅τ − ct +α x
E x ( x, y , z , t ) = E x 0 e c
ω
i ( r ⋅τ − ct ) +α y
E y ( x, y , z , t ) = E y 0 e c
(3.3.16)
ω
i ( r ⋅τ − ct ) +α z
E z ( x, y , z , t ) = E z 0 e c
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 186
il vettore H valgono delle relazioni del tutto analoghe. Ovviamente le (3.3.16) e le
corrispondenti equazioni per il campo magnetico devono soddisfare alla condizione
(3.1.10) che impone ai vettori E ed H di essere trasversali alla direzione di propaga-
zione. Non facendo riferimento alla terna di assi, le relazioni (3.3.16) possono essere
sostituite dalla:
ω
( )
i r ⋅τ − ct +α
E⊥ ( x, y, z , t ) = E⊥0e c
(3.3.17)
È utile notare che, nel caso in cui si scelga l’equazione complessa (3.3.17) per
rappresentare la propagazione di un’onda piana periodica, conviene sostituire alla de-
finizione (3.2.49) dell’intensità di radiazione la seguente altra espressione:
c 2
I = E⊥ . (3.3.18)
8π
In questo modo, infatti, si ottiene direttamente l’equazione (3.2.50) che fornisce il va-
lore di I , senza dover separare parte reale e parte immaginaria del campo propagati-
vo.
187 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
ψ ( P ) = R ( r ) Φ (ϕ ) Z ( z ) (3.4.1)
1 d dR 1 d 2Φ ω 2 1 d 2Z
r + + = − . (3.4.2)
rR dr dr r 2 Φ dϕ 2 c 2 Z dz 2
1 d 2Z
= −a1 , (3.4.3)
Z dz 2
1 d dR 1 d 2Φ ω 2
r + + = a1 , (3.4.4)
rR dr dr r 2Φ dϕ 2 c 2
dove a1 è una costante arbitraria. La (3.4.4) può essere riscritta nella forma:
r d dR ω 2 2 1 d 2Φ
r +
− a1 r = − (3.4.5)
R dr dr c 2 Φ dϕ 2
1 d 2Φ
= −a 2 , (3.4.6)
Φ dϕ 2
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 188
r d dR ω 2 2
r + 2 − a1 r = a2 , (3.4.7)
R dr dr c
d 2Z
+ a1Z = 0 , (3.4.8)
dz 2
d 2Φ
+ a2 Φ = 0 , (3.4.9)
dϕ 2
d 2 R 1 dR ω 2 a
2
+ + 2 − a1 − 22 R = 0 . (3.4.10)
dr r dr c r
a1 = h 2 , (3.4.11)
in cui h è una costante reale, di dimensioni pari al reciproco di una lunghezza, avre-
mo:
Z h ( z ) = Z h( 0) eihz . (3.4.12)
Mediante la (3.4.12) e la sua coniugata, che sono degli integrali particolari, possiamo
costruire l’integrale generale della (3.4.8).
189 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
ω2
ξ =r 2
− h2 , (3.4.15)
c
d 2 R 1 dR n 2
+ + 1 − R = 0 , (3.4.16)
dξ 2 ξ dξ ξ 2
(†††††††††)
Vedi: G.N. Watson “A treatise on the theory of Bessel Functions” 2nd Edition – Cambridge,
1962.
(‡‡‡‡‡‡‡‡‡)
Essa si comporta nell’intorno di ξ = 0 secondo le equazioni:
2 2
N 0 (ξ ) − lg
π γξ
e:
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 190
essa non può quindi intervenire per rappresentare un campo finito per r = 0 , cioè
lungo l’asse z. Escludendo questo asse dal dominio di integrazione, possiamo assume-
re come integrali indipendenti della (3.4.16) due combinazioni lineari, di forma com-
plessa, di J n ed H n ; ossia la funzione:
H n (ξ ) = J n (ξ ) + iN n (ξ ) (3.4.17)
( −1)
n+2 s
s
∞
ξ
J n (ξ ) = ∑ ; (3.4.18)
s = 0 s !Γ ( n + s + 1) 2
essa, come si può facilmente verificare con metodi generali, converge per tutti i valori
finiti di ξ . La funzione di Neumann N n è ottenibile da quella di Bessel mediante la
relazione:
J n (ξ ) cos nπ − J − n (ξ )
N n (ξ ) = . (3.4.19)
sin nπ
La (3.4.19) vale in generale per valori qualsiasi di n; tuttavia quando n è intero, te-
nendo conto che:
J − n (ξ ) = ( −1) J n (ξ ) ,
n
(3.4.20)
essa diventa eguale al rapporto di due quantità nulle. In questo caso useremo la se-
guente espressione di N n :
( n − 1)! ⋅ 2
n
N n (ξ ) − ,
π ξ
dove γ = 1, 78107 … è legato alla costante di Eulero dalla relazione:
lg γ = C .
191 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1 ∂J n (ξ ) n ∂J − n ( ξ )
N n (ξ ) = − ( −1) ; (3.4.21)
π ∂n ∂n
essa può essere dedotta dalla (3.4.19) derivando numeratore e denominatore e pas-
sando al limite per n intero. Per grandi valori di ξ conviene tuttavia rappresentare le
funzioni J n , N n ed H n mediante i seguenti sviluppi asintotici:
2 2n + 1
J n (ξ ) cos ξ − π ,
πξ 4
2 2n + 1
N n (ξ ) sin ξ − π , (3.4.22)
πξ 4
2 2n + 1
H n (ξ ) exp i ξ − π ,
πξ 4
ω2
Rω ,n ,h ,α ( r ) = Rω( 0,n) ,h ,α H n(α ) r 2 − h 2 . (3.4.23)
c
ω2 i nϕ + hz −ωt )
f ( r , ϕ , z; t ) = ∑ ω ,n ,h ,α Rω( ,n) ,h,α Φ (n ) Z h( ) χω( ) H n( ) r 2 − h 2 e (
0 0 0 0 α
. (3.4.24)
c
nendo che tutte le costanti siano nulle eccetto quelle corrispondenti ad una assegnata
ω
determinazione di ω ed ai valori degli indici n = 0 , h = e ponendo:
c
R (0) ω = R ( 0) ω , (3.4.25)
ω ,0, ,1 ω ,0, ,2
c c
avremo:
ω
i ( z −ct )
f ( r , ϕ , z; t ) = R ( 0) ω Φ (00) Z ω( 0 ) χω( 0) H 0(1) ( 0 ) + H 0( 2) ( 0 ) e c
. (3.4.26)
ω ,0, ,1
c c
H 0(1) ( 0 ) + H 0( 2 ) ( 0 ) = 2 J 0 ( 0 ) = 2 . (3.4.27)
La (3.4.26) diventa:
ω
i ( z − ct )
f ( r , ϕ , z; t ) = 2 R( 0) ω Φ (00 ) Z ω( 0) χω( 0) e c
(3.4.28)
ω ,0, ,1
c c
Il caso delle coordinate polari è del tutto simile a quello delle coordinate cilin-
driche; di conseguenza la sua trattazione può essere eseguita sulla traccia di quella te-
stè svolta. Ci limitiamo, pertanto, alle equazioni essenziali.
ψ ( P ) = R ( r ) Θ (ϑ ) Φ (ϕ ) , (3.5.1)
con che, usando l’espressione del laplaciano in coordinate polari (vedi equazione
(9.3.58)) e separando le variabili mediante le costanti arbitrarie a1 ed a2, si arriva alle
seguenti equazioni:
d 2Φ
+ a2 Φ = 0 (3.5.2)
dϕ 2
1 d dΘ a2
sin ϑ + a1 − 2 Θ = 0 (3.5.3)
sin ϑ dϑ dϑ sin ϑ
1 d 2 dR ω 2 a1
r + − R =0 (3.5.4)
r 2 dr dr c 2 r 2
La (3.5.2), anzi, è identica alla (3.4.9), la sua soluzione, quindi, anche questa
volta è data dalla (3.4.14). Si usa, tuttavia, nel caso delle coordinate polari, scegliere il
fattore costante, in modo che la funzione Φ n sia normalizzata all’unità, ossia in modo
che l’integrale del quadrato del suo modulo, esteso da 0 a 2π valga 1. Si ha di conse-
guenza:
1 inϕ
Φn = e . (3.5.5)
2π
esiste un integrale regolare ossia finito e quindi fisicamente accettabile. Esso è dato
dalle funzioni associate di Legendre (vedi paragrafo 1.13) le quali sono calcolabili per
derivazione mediante le formole (1.13.5), (1.13.6). Avremo pertanto:
dove C è una costante arbitraria. Dalla (1.13.6) risulta evidente che quando la condi-
zione:
n ≤k (3.5.8)
non è verificata la funzione Θ (ϑ ) si annulla. Conviene, come già si è fatto per la fun-
zione Φ (ϕ ) normalizzare ad uno Θ (ϑ ) , ossia scegliere il fattore C in modo che
π 2 1 2
∫ Θ ( cos ϑ ) sin ϑ dϑ = ∫ Θ ( cos ϑ ) d cos ϑ = 1 . (3.5.9)
0 −1
Pk n ( cos ϑ ) d cos ϑ = 2
+1 2 ( k + n )!
∫−1 2k + 1 ( k − n ) !
(3.5.10)
si ottiene perciò:
2k + 1 ( k − n ) !
C= . (3.5.11)
2 ( k + n )!
2k + 1 ( k − n ) ! n
Θk ,n (ϑ ) Φ n (ϕ ) = Pk ( cos ϑ ) einϕ , (3.5.12)
4π ( k + n ) !
ossia:
Θ k ,n (ϑ ) Φ n (ϕ ) = Yk ,n (ϑ , ϕ ) . (3.5.13)
Si ritrovano così le funzioni sferiche di Laplace già incontrate nel paragrafo 1.13; la
loro più importante proprietà, la cui dimostrazione è reperibile assieme a quella della
(3.5.10) negli appositi trattati (vedi paragrafo 1.13 dopo la formola (1.13.10)), è quel-
la della ortogonalità. Valgono cioè le relazioni:
2π 1
∫ ∫Y
*
Y
k , n k ′ , n′ d ( cos ϑ ) = δ k ,k ′δ n,n′ (3.5.14)
0 0
dove δ è il simbolo di Kroenecker (vedi paragrafo 1.6). Si può inoltre mostrare che
le Yk ,n costituiscono un sistema completo di funzioni, ossia che è possibile mediante
esse sviluppare una arbitraria funzione analitica di ϑ e ϕ .
u c
R= , r= ξ (3.5.15)
r ω
d 2u 1 du ( k + 12 )
2
+ + 1 − u = 0, (3.5.16)
dξ 2 ξ dξ ξ 2
ta perciò che l’integrale della (3.3.1) è espresso, in coordinate sferiche, dallo svilup-
po:
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 196
1 (α ) ω
f ( r ,ϑ , ϕ ; t ) = ∑ ω ,n ,k ,α Rω( ,k) ,α Φ (n ) ⋅ Θ(k ,n) χω( ) ⋅ H k + 1 ( c r )Yk ,n (ϑ , ϕ ) ⋅ e − iωt , (3.5.17)
0 0 0 0
2
r
dove Rω( ,k) ,α , Φ (n ) , Θ(k ,n) sono dei coefficienti costanti arbitrari, analoghi a quelli che
0 0 0
Rω ,k ,α = 0 per k ≠ 0 (3.5.18)
e:
Θk ,n = 0 per k , n ≠ 0 (3.5.19)
e la (3.5.17) diventa:
1 (α ) ω
f ( r ; t ) = ∑ ω ,α Rω( ,0,) α Φ (0 ) Θ(0,0) χω( ) ⋅ H 1 ( c r ) ⋅ e − iωt .
0 0 0 0
(3.5.20)
r 2
H 1 ( ωc r )
f ( r; t ) = K 2
e− iωt , (3.5.21)
r
dove K è una costante arbitraria. Per grandi valori di r, utilizzando la terza delle equa-
zioni asintotiche (3.4.22), la (3.5.21) diventa semplicemente:
ω
i ( r −ct )
c
e
f ( r; t ) = A , (3.5.22)
r
dove:
197 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
2c
A = −iK (3.5.23)
πω
ancora rappresenta una costante arbitraria. Dalla (3.5.22) appare manifesto che
l’intensità di radiazione, che è proporzionale a f 2 , decresce col quadrato della di-
stanza quando ci si allontana dal centro della sfera.
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 198
1 ∂Er
− = 0, (3.6.1)
c ∂t
∂H z 1 ∂Eϕ
− − =0, (3.6.2)
∂r c ∂t
1 ∂ 1 ∂Ez
r ∂r
( rHϕ ) −
c ∂t
= 0, (3.6.3)
199 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1 ∂
( rEr ) = 0 , (3.6.4)
r ∂r
1 ∂H r
= 0, (3.6.5)
c ∂t
∂Ez 1 ∂Hϕ
− + = 0, (3.6.6)
∂r c ∂t
1 ∂ 1 ∂H z
r ∂r
( rEϕ ) +
c ∂t
= 0, (3.6.7)
1 ∂
( rH r ) = 0 , (3.6.8)
r ∂r
1
( )
∆ 2 H = ∆ 2 H r i r + ∆ 2 H ϕ iϕ + ∆ 2 H z i z − 2 H r i r + H ϕ iϕ −
r
(3.6.9)
2 ∂
− 2
r ∂ϕ
( )
H ϕ i r − H r iϕ ,
dove i r , iϕ , i z sono i versori delle linee coordinate, e che vale per il campo elettri-
co una relazione analoga, le (3.1.2), (3.1.4), diventano:
2
1 ∂ ∂Hϕ 1 1 ∂ Hϕ
r −
2 ϕ
H − = 0, (3.6.10)
r ∂r ∂r r c 2 ∂t 2
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 200
2
1 ∂ ∂H z 1 ∂ Hz
r −
2 2
= 0, (3.6.11)
r ∂r ∂r c ∂t
2
1 ∂ ∂Eϕ 1 1 ∂ Eϕ
r − Eϕ − 2 =0, (3.6.12)
r ∂r ∂r r 2 c ∂t 2
2
1 ∂ ∂Ez 1 ∂ Ez
r −
2 2
=0, (3.6.13)
r ∂r ∂r c ∂t
Hz = 0 , (3.6.14)
e:
ω
Ez = Ez( 0) H 0(1) r e − iωt . (3.6.15)
c
Ez . Calcoliamo ora H ϕ ; sostituiamo la (3.6.15) nella (3.6.6) e tenendo conto della re-
lazione:
dH 0( ) (ξ )
1
= − H1( ) (ξ ) ,
1
(3.6.16)
dξ
si ha:
∂Hϕ
− Ez( )ω H1( ) ( r ωc ) e − iωt =
0 1
, (3.6.17)
∂t
− i (ωt + π2 )
Hϕ = − Ez( 0) H1(1) ( r ωc ) ie − iωt = Ez( 0) H1(1) ( r ωc ) e . (3.6.18)
1 ∂ H1(1) ( r ωc ) ∂H1(1) ( r ωc )
r ∂r
( rHϕ ) = − Ez ie ⋅ r + ∂r .
( 0 ) − iωt
(3.6.19)
dH1( ) (ξ )
1
+ H1( ) (ξ ) = ξ H 0( ) (ξ )
1 1
ξ (3.6.20)
dξ
1 ∂ 1
r ∂r
( rHϕ ) = Ez( 0) H 0(1) ( r ωc ) e − iωt ( −iω )
c
(3.6.21)
1 ∂ 1 ∂Ez
r ∂r
( rHϕ ) =
c ∂t
, (3.6.22)
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 202
Ez
Hϕ
Fig. (3.6.1)
c
r
, (3.6.23)
ω
ossia che la distanza dall’asse cilindrico sia grande rispetto al tratto percorso da
un’onda elettromagnetica che si propaghi per il tempo 1 ω . Mediante queste ipotesi e
ricordando la (3.4.22), le (3.6.15) e (3.6.18) diventano:
203 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
2c i ω ( cr −t )− π4
Ez Ez(
0)
e (3.6.24)
πω r
2c i ω ( cr −t ) − π4
Hϕ − Ez(
0)
e (3.6.25)
πω r
Come già si è visto nel paragrafo 3.3, da queste soluzioni complesse possiamo ottene-
re quelle reali, fisicamente significative, prendendo la parte reale o il coefficiente
dell’unità immaginaria; possiamo perciò scrivere:
2c
Ez Ez( sin ω ( rc − t ) − π4
0)
(3.6.26)
πω r
2c
Hϕ − Ez( sin ω ( cr − t ) − π4 .
0)
(3.6.27)
πω r
c2 1
S = 2 Ez( 0) 2 sin 2 ω ( cr − t ) − π4 i r , (3.6.28)
2π ω r
1 T c 2 Ez( 0) 2
I =
T ∫0
S ⋅ dt =
4π 2ω r
. (3.6.29)
Risulta così che l’energia elettromagnetica si propaga in direzione radiale con densità
di flusso inversamente proporzionale a r. Si vede subito, inoltre, che il flusso di ener-
gia è costante attraverso a tutte le superfici cilindriche con asse z e altezza h assegna-
ta; si ha infatti:
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 204
2π h c 2 h ( 0) 2
∫S
I dS = ∫
0 ∫
0
I rdϕ dz =
2πω
Ez , (3.6.29)
che è appunto una quantità indipendente da r. Questa equazione può essere interpreta-
ta supponendo che la sorgente di energia sia uniformemente distribuita lungo l’asse z;
è ovvio, in tal modo, che il flusso energetico sia costante attraverso a tutte le superfici
S.
205 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
i 2 π ( x − ct ) +α y ( x − ct )
E y = E y 0 ( x − ct ) e λ , (3.7.1)
i 2 π ( x − ct ) +α z ( x − ct )
Ez = Ez 0 ( x − ct ) e λ , (3.7.2)
E0 y ( −ct ) = a y ( t ) ,
(3.7.3)
E0 z ( −ct ) = az ( t ) ,
α y ( −ct ) = δ y ( t ) ,
(3.7.4)
α z ( −ct ) = δ z ( t ) ,
− i ω0 t −δ y ( t )
Ey = ay (t ) e , (3.7.5)
− i ω0t −δ z ( t )
Ez = az ( t ) e . (3.7.6)
l’asse delle y (vedi fig. (3.7.1)). Indicando con Eϑ il modulo di questa componente, si
ha per definizione(§§§§§§§§§):
z
Ez E
Eϑ
E z sin ϑ
ϑ E y cos ϑ
y
O Ey
Fig. (3.7.1)
però, a causa della non esatta periodicità di Eϑ , il valore medio è preso su un interval-
lo di tempo infinito, cioè:
t
c + 20 2
I (ϑ , ε ) = lim ∫ Eϑ dt . (3.7.8)
t0 →∞ 8π t
t
− 20
0
dove(**********):
Ey Ey E eiε
(§§§§§§§§§)
Eϑ = E cos arccos − ϑ = E cos ϑ + z sin ϑ = [n.d.c.].
E E E
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 208
J11 = E y E *y = a 2y ( t ) ,
J 22 = Ez Ez* = az2 ( t ) , (3.7.10)
i δ y ( t ) −δ z ( t )
*
J12 = J 21 = E y Ez* = a y ( t ) az ( t ) e .
J11 J12
J = . (3.7.11)
J 21 J 22
Una delle sue principali proprietà riguarda il valore del determinante. Si può infatti
dimostrare che esso è una quantità definita positiva, cioè:
2
t0 2 t0
2 t0
iδ y ( t ) iδ z ( t ) iδ y ( t ) − iδ z ( t )
∫ ay (t ) e dt ∫ az ( t ) e ∫ ay (t ) e az ( t ) e
2 2 2
t t
dt ≥ t
dt , (3.7.13)
− 20 − 20 − 20
(**********)
In queste equazioni le parentesi indicano l’operazione di valore medio definita dalla
(3.7.8).
(††††††††††)
Una matrice complessa M ij è detta hermitiana quando i suoi elementi sono legati dalle
relazioni:
M ij = M *ji
le quali impongono agli elementi simmetrici rispetto alla diagonale di essere tra loro coniugati e a quel-
li ad essa appartenenti di essere reali.
(‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡)
La disuguaglianza di Schwartz è espressa dalla relazione:
b b b b
∫ f ( x ) g ( x ) dx ∫ f * ( x ) g ( x ) dx ≤ ∫ f ( x ) f * ( x ) dx ∫ g ( x ) g * ( x ) dx ,
*
a a a a
dove f e g sono due funzioni arbitrarie integrabili nell’intervallo [ a, b] . Vedi ad esempio: H. Mar-
genau, G.M. Murphy, The mathematics of physics and chemistry, pag. 131. D. van Nostrand Co. New
York 1947-
209 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
µ12 ≤ 1 , (3.7.15)
che è ad essa equivalente. Un’altra importante proprietà della matrice (3.7.11) riguar-
da la traccia cioè la somma dei termini diagonali:
Tr J = J11 + J 22 ; (3.7.16)
essa rappresenta, a meno di una costante, l’intensità totale della radiazione elettroma-
gnetica. Infatti, procedendo come per la (3.7.8) e utilizzando le (3.7.5), (3.7.6) e la
(3.7.10), si ottiene:
(E ) dt = 8cπ Tr J .
t
c + 20 2 2
I = lim
t0 →∞ 8π t
0
∫t
− 20 y + Ez (3.7.17)
Per chiarire il significato delle equazioni testè ottenute, è utile, innanzitutto, calcolare
la matrice J nel caso in cui i parametri a y , az e δ y , δ z sono costanti e quindi, ri-
cordando quanto stabilito nel paragrafo 3.2, l’onda descritta dalle (3.7.5), (3.7.6) è po-
larizzata ellitticamente. In questo caso si ha:
(
i δ y −δ z )
a y2 a y az e
J = (3.7.18)
− i (δ −δ ) 2
az a y e y z a z
e valgono le relazioni:
Det J = 0 (3.7.19)
e:
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 210
µ12 = e ( )
i δ y −δ z
, (3.7.20)
da cui:
µ12 = 1 , (3.7.21)
che equivale alla (3.7.19). La matrice di coerenza per onde a polarizzazione circolare
e lineare può essere ottenuta dalla (3.7.18) specializzando i valori dei parametri
a y , az e δ y , δ z mediante i risultati del paragrafo (3.2). Ad esempio, per un’onda a
π
polarizzazione circolare destrorsa, essendo a y = az = a e δ y − δ z = , si ha:
2
1 i
J = a2 . (3.7.22)
−i 1
Nel caso invece in cui i parametri varino nel tempo, può accadere che:
µ12 = 0 (3.7.23)
e:
J11 = J 22 . (3.7.24)
J11 J12 m 0 p r
= + * (3.7.25)
J 21 J 22 0 m r q
e:
p r
Det =0. (3.7.26)
r* q
m 0
J (1) = (3.7.27)
0 m
p r
J ( 2) = (3.7.28)
r* q
soddisfa, per ipotesi, alla (3.7.19) e corrisponde ad un’onda polarizzata. Occorre per-
tanto risolvere il sistema:
m + p = J11 (3.7.29)
r = J12 (3.7.30)
r * = J 21 (3.7.31)
m + q = J 22 (3.7.32)
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 212
pq − rr * = 0 (3.7.33)
( J11 − m )( J 22 − m ) − J12
2
=0. (3.7.34)
Risolvendo si ottiene:
1
(Tr J )
2
m= Tr J ± − 4 Det J ; (3.7.35)
2
1
(Tr J )
2
p= J11 − J 22 ∓ − 4 Det J , (3.7.36)
2
1
(Tr J )
2
q= J 22 − J11 ∓ − 4 Det J . (3.7.37)
2
(Tr J )
2 2 2
− 4 Det J ≡ ( J11 − J 22 ) + 4 J12 ≥ ( J11 − J 22 )
2
(3.7.38)
risulta subito che occorre scegliere nella (3.7.36), e quindi anche nelle (3.7.35),
(3.7.37), il segno inferiore. In questo modo abbiamo univocamente:
(Tr J )
2
1 Tr J − − 4 Det J 0
(1)
J = (3.7.39)
2
(Tr J )
2
0 Tr J − − 4 Det J
213 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1
(Tr J )
2
J11 − J 22 ∓ − 4 Det J J12
( 2) 2
J = .
1
(Tr J ) − 4Det J
2
J 21 J 22 − J11 ∓
2
(3.7.40)
Che effettivamente la decomposizione della matrice J corrisponda ad una
decomposizione dell’onda in due distinte componenti, risulta dalle seguenti conside-
razioni. Data un’onda costituita dalla sovrapposizione di due onde indipendenti, cioè:
E y = E y( ) + E y( ) ,
1 2
(3.7.41)
si ha in generale:
dove, a secondo membro, gli indici i, k, servono a distinguere due qualunque delle
componenti del campo. Essendo le due onde indipendenti, le quantità Ei(1) Ek( 2 )* e
Ei( ) Ek( )
2 1*
che rappresentano la correlazione tra le due onde sono nulle, sicché:
Ciò prova che alla somma di due onde tra loro indipendenti è associata una matrice di
coerenza pari alla somma delle matrici corrispondenti a ciascuna delle due onde.
Tr J (
2)
P= , (3.7.45)
Tr J
Det J
P = 1− 4 . (3.7.46)
(Tr J )
2
J11 − J 22
P= ; (3.7.47)
J11 + J 22
ossia, indicando con I x ed I y le intensità associate alle due componenti del campo:
Ix −I y
P= . (3.7.48)
Ix +Iy
s0 = J11 + J 22
s1 = J11 − J 22
. (3.8.1)
s2 = J12 + J 21
s3 = i ( J 21 − J12 )
1
J11 = ( s0 + s1 )
2
1
J 22 = ( s0 − s1 )
2
. (3.8.2)
1
J12 = ( s2 + is3 )
2
1
J 21 = ( s2 − is3 )
2
Introducendo le matrici(§§§§§§§§§§):
1 0 1 0
σ0 = , σ1 = ,
0 1 0 −1
(3.8.3)
0 1 0 i
σ2 = , σ3 = ,
1 0 −i 0
(§§§§§§§§§§)
Le matrici (3.8.3) coincidono, salvo la differente numerazione, con le matrici introdotte da
Pauli per rappresentare il momento angolare degli elettroni.
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 216
1 3
J = ∑ sk σ k .
2 k =0
(3.8.4)
Mediante queste relazioni le proprietà della matrice J possono essere trascritte me-
diante i parametri sk . Ricordando la (3.7.17) e la prima delle (3.8.1), appare subito
che l’intensità di radiazione dipende da s0 secondo la relazione:
c
I = s0 . (3.8.5)
8π
1 1
Det J = ( s0 + s1 )( s0 − s1 ) − ( s2 + is3 )( s2 − is3 ) =
4 4 (3.8.6)
1
= s02 − ( s12 + s22 + s32 ) ≥ 0,
4
cioè:
s22 + s32
µ12 = . (3.8.8)
s02 − s12
da questa relazione, tenendo conto della (3.8.7), è manifesto che P è sempre compre-
so tra zero e uno.
Tenendo conto che le relazioni tra i parametri di Stokes e gli elementi della
matrice J sono lineari, si deduce che alla decomposizione di J in J ( ) , J ( )
1 2
e:
inoltre:
s0( 2 ) = J11( 2) + J 22
( 2)
= s12 + s22 + s32 , (3.8.13)
s1( ) = J11( ) − J 22
( )
2 2 2
= J11 − J 22 = s1 , (3.8.14)
e:
( ) + ( s ( ) ) + ( s ( ) ) = ( s( ) ) .
2 2 2 2
. s1( 2 ) 2
2
3
2
0
2
(3.8.16)
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 218
Ciò posto esprimiamo i parametri sk( 2 ) mediante le ampiezze costanti E y( 0) , Ez( 0) delle
2 2
s1( ) = E y( ) E y(
2 )*
− Ez( ) Ez(
2 )*
= E y( 0) − Ez( 0)
2 2 2 2 2 2 2
(3.8.18)
s2( ) = E y( ) Ez(
2 )*
+ Ez( ) E y(
2 )*
= 2 E y( 0) Ez( 0) cos δ (
2 2 2 2 2 2)
(3.8.19)
2
(
s3( ) = i Ez( ) E y(
2 2 )*
− E y( ) Ez(
2 2 )*
) = 2E ( 2)
y0 Ez( 0) sin δ (
2 2)
(3.8.20)
dove δ (
2)
è la differenza tra le fasi costanti α z(
2)
e α y(
2)
dell’onda polarizzata ellitti-
camente. Tenendo conto che al campo di componenti E y( ) , Ez( ) dono applicabili i
2 2
( 2 ) ( 2) ( 2)
s3( 2 ) 2 E y 0 Ez 0 sin δ 2tgα sin δ ( 2)
= = (3.8.21)
s0( 2 ) E y( 20) 2 + Ez( 02)2 tg 2α + 1
( 2) ( 2) ( 2)
s2( ) 2 E y 0 Ez 0 cos δ
2
= = tg 2ψ . (3.8.23)
s1( 2) E y( 20) 2 − Ez( 20)2
( s( ) ) + ( s( ) ) tg 2ψ + ( s( ) ) sin ( )
2 2 2 2
1
2
1
2 2
0
2 2
2 χ = s0( 2) , (3.8.24)
219 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
da cui:
(vedi fig. (3.8.1)). A questa sfera, che viene detta sfera di Poincaré(***********), corri-
s3(
2)
s0 sin 2 χ
s0(
2)
2χ
s0 cos 2 χ sin 2ψ
s0 cos 2 χ cos 2ψ s2(
2)
2ψ
s1(
2)
Fig. (3.8.1)
sponde
(***********)
H. Poincaré “Teorie mathematique de la lumiere” – Vol. 2 - Cap. 12 – Paris 1892 -
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 220
s3
sin 2 χ = . (3.8.27)
s + s22 + s32
2
1
e:
s2
tg 2ψ = . (3.8.28)
s1
2 Im J12
sin 2 χ = (3.8.29)
2
Tr J − 4 Det J
e:
2 Re J12
tg 2ψ = . (3.8.30)
J11 − J 22
Dopo aver studiato le proprietà delle onde piane sinusoidali e quasi sinusoida-
li, consideriamo ora la propagazione di onde piane sinusoidali. Precisamente voglia-
mo dimostrare che qualunque forma d’onda è sempre riconducibile ad una sovrappo-
sizione di onde sinusoidali di differenti frequenze. A ciascuna di queste onde corri-
sponde un vettore elettrico di una determinata ampiezza a cui è associata una deter-
minata intensità di radiazione. Alla dipendenza dell’ampiezza o dell’intensità dalla
frequenza si dà il nome di spettro di frequenze. Il nostro proposito è appunto quello di
valutare lo spettro di un’onda rappresentabile con la più generale funzione di x − ct .
Questo problema, ovviamente, non riguarda in modo diretto le proprietà di polarizza-
zione e di coerenza dell’onda, per cui ci limitiamo a considerare onde polarizzate li-
nearmente. Lo strumento matematico necessario per lo studio che dovremo eseguire
sono le serie e gli integrali di Fourier; le loro più importanti proprietà sono riportate
nel paragrafo 9.5. Anche nel presente paragrafo, per brevità, i calcoli vengono svilup-
pati col metodo degli esponenziali complessi.
+∞
1
E⊥ ( t ) =
T
∑c
m =−∞
m e −iωmt . (3.9.1)
Introducendo la quantità:
ωm
cm −i x
Am = e c
, (3.9.2)
T
la (3.9.1) diventa:
+∞ ωm
i ( x −ct )
E⊥ ( x − ct ) = ∑
m =−∞
Am e c
. (3.9.3)
+∞
E⊥ ( t ) = ∫ K (ω ) ⋅ e− iωt d ω , (3.9.4)
−∞
ω
−i x
A (ω ) = K (ω ) e c
, (3.9.5)
si ottiene:
ω
+∞ i ( x −ct )
E⊥ ( x − ct ) = ∫ A (ω ) ⋅ e c
dω ; (3.9.6)
−∞
+∞
1 +∞ 1 + T2 2
∑ ∑ E⊥ ( t ) dt .
2 2
m =−∞
Am =
T m =−∞
cm =
T ∫ − T2
(3.9.7)
Ricordando la definizione (3.3.18) di intensità, la definizione (2.3.9) del vettore S e
l’equazione (3.2.7), si ottiene:
1 + T2 c + T2 2 +∞
c
∑ 8π
2
I = ∫ ⋅ S ( t ) ⋅ dt = ∫ ⋅ E ⊥ ( t ) ⋅ dt = Am . (3.9.8)
2T − T2 8π T − T2
m =−∞
c 2
Am = I m (3.9.9)
8π
+∞
I = ∑I
m =−∞
m , (3.9.10)
+∞ 2 1 +∞ 2
∫ A (ω ) d ω = ∫ E⊥ ( t ) dt . (3.9.11)
−∞ 2π −∞
Ponendo:
c 2
w (ω ) = A (ω ) , (3.9.12)
2
+∞ +∞
∫ S ( t ) dt = ∫ w (ω ) dω . (3.9.13)
−∞ −∞
ω0
i ( x −ct − x0 )
E⊥ ( x − ct ) = E⊥0 f ( x − ct ) e c
(3.9.14)
dove:
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 224
E⊥
E⊥0
x
x0-l x0 x0+l
Fig. (3.9.1)
ω0
1 +∞ i ( x − ct − x0 )
K (ω ) = ∫ eiωt E⊥0 f ( x − ct ) e c
dt . (3.9.16)
2π −∞
si ottiene:
1 1
( x − x0 − l ) < t < ( x − x0 + l ) , (3.9.18)
c c
l’espressione di K (ω ) diventa:
225 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
l
ω0 ω sin (ω − ω0 )
E⊥0 i c ( x − x0 ) ( x − x0 +l ) i (ω −ω0 )t
1
E i ( x − x0 ) c
K (ω ) = ∫1c ( x − x0 −l ) e dt = ⊥0 e c . (3.9.19)
c
e
2π π ω − ω0
l
ω sin (ω − ω0 )
A (ω ) =
E⊥0
e
−i
c
x0
c
, (3.9.20)
π ω − ω0
da cui:
l
sin 2 (ω − ω0 )
2
w (ω ) =
cE ⊥0 c
. (3.9.21)
2 2
2π ( ω − ω0 )
w (ω )
ω
πc ω πc
ω0 − 0 ω0 +
l l
Fig. (3.9.2)
πc
ω = ω0 + n ( n = 1, 2, 3,) (3.9.22)
l
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 226
2π c
∆ω = . (3.9.23)
l
la cui parte reale è rappresentata, per t = 0 , in fig. (3.9.3). L’equazione (3.9.24) rap-
E⊥
E⊥0
x
x0
Fig. (3.9.3)
presenta un’onda sinusoidale la cui ampiezza decresce secondo una legge Gaussiana a
partire dal massimo valore E⊥0 . Si tratta perciò di un pacchetto d’onde a contorni
sfumati. Il parametro l rappresenta il momento secondo(†††††††††††) della distribuzione
(†††††††††††)
Il momento secondo di una funzione f ( x ) è dato, per definizione, dall’equazione:
227 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
di energia nel pacchetto. Essa, infatti, a parte il termine periodico, è data dalla funzio-
( x − ct − x0 ) 2 (‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡)
ne: exp − il cui momento secondo vale appunto l. Lo spettro
2l 2
di frequenze contenuto nel pacchetto può essere ottenuto seguendo lo stesso procedi-
mento usato per l’equazione (3.9.14). Mediante la (9.5.20) e la (3.9.5) si ottiene:
ω 2
−i x0 ω0 −ω x − ct − x0
E e c +∞ i ( x − ct − x0 ) −
A (ω ) = ⊥ 0 ∫ e c
e 2l
dt . (3.9.25)
2π −∞
12
+∞ f ( x )( x − x )2 dx
∫
∆x = −∞ +∞
0
.
∫−∞ f ( x ) dx
Ne segue che il momento secondo di una gaussiana, cioè di una funzione della forma:
2
−α ( x − x0 )
f ( x ) = Ae ,
vale:
1
∆x = .
2α
+∞ 2
[n.d.c.]: ponendo I n = ∫ e −αξ ξ n d ξ , dove ξ = x − x0 , e integrando per parti si ottiene la formola
−∞
n −1 1 I2 1
di ricorrenza In = I n − 2 , da cui I1 = 0 , I 2 = I 0 , ∆x = = ,
2α 2α I0 2α
( n +1)⋅( n−1n)⋅5⋅3⋅1 I 0 per n pari,
…, I n+2 = ( 2α ) 2
0 per n dispari.
2 x − ct − x )2
(
− x −ct − x0
2 0
−
2l 2
Essa infatti si ottiene da E⊥ E⊥ = E⊥ 0 e = E⊥ 0 e
(‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡) * 2 2l 2
[n.d.c.].
+∞ 2 +∞ 2
(§§§§§§§§§§§)
Osserviamo anzitutto che ∫−∞
e− x dx = π . Infatti ponendo I = ∫ e− x dx e facendo il
−∞
+∞ +∞ +∞ +∞ (
− x2 + y 2 ) dxdy , passando poi, nel piano x, y , a
( )
2 2
quadrato I
2
= ∫ e− x dx ∫ e− y dy = ∫ ∫ e
−∞ −∞ −∞ −∞
coordinate polari
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 228
ω 2
−i x0 ω0 −ω
E e c − l
A (ω ) = ⊥ 0 le c
, (3.9.26)
2π c
c
∆ω = . (3.9.28)
2l
1 1
∆ l = , (3.9.29)
λ 4π
ossia:
∫0 e ρ d ρ = π ∫0 e d ρ = −π e 0 = π .
2 2 2
I 2 = ∫ dϑ ∫ e −ρ −ρ 2 −ρ
0 0
1 ω −ω
Osserviamo poi che posto ξ = ct − x + x0 , dξ = cdt , α = 2 , β = 0 ,
4l c
ω ω β2 2
−i x0 −i x0 − β
E e c
1 +∞ −(αξ 2 + iβξ ) E e c
e 4α +∞ − αξ + i
A (ω ) = ⊥ 0 ∫ e dξ = ⊥0 ∫ e 2 α
d ξ ; e posto ancora
2π c −∞ 2π c −∞
β
ζ = αξ + i , dζ = α dξ ,
2 α
ω β2 ω β2 ω 2
−i x0 − −i x0 − −i x0 ω0 −ω
c 4α c 4α −
E e e +∞ E e e E e c l
A (ω ) = ⊥ 0 ∫ e −ζ 2
dζ = ⊥0 π = ⊥0 le c
[n.d.c.].
2π c α −∞ 2π c α 2π c
229 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
λ2
∆λ = , (3.9.30)
4π l
che stabilisce in altra forma la relazione tra la larghezza di banda e l’estensione del
pacchetto. Per il pacchetto rappresentato dalla (3.9.14) la situazione è del tutto analo-
ga(************). In pratica si può dire che tra la semiampiezza spaziale del pacchetto e
la semiampiezza dello spettro in essa contenuto intercorre la relazione:
λ2
∆λ . (3.9.31)
l
A titolo di esempio supponiamo che una sorgente sia capace di emettere della luce
monocromatica con lunghezza d’onda di 5000 Å; se la sua radiazione, intercettata da
uno schermo viene lasciata propagare durante l’intervallo di tempo di 10−9 sec. si ot-
terrà un treno d’onda lungo 30 cm. a cui, per la (3.9.31), corrisponde un intervallo
spettrale di 0,0167 Å(††††††††††††).
h
∆px ∆x = (3.9.32)
4π
2
(************) πc λ
∆ω = , ∆x = l , da cui ∆λ = [n.d.c.].
l 2l
(††††††††††††)
Essendo ∆λ la semiampiezza spettale, l’ampiezza è dalla (3.9.31)
2
2 ∆λ 2
λ
2
=2
( 5000Å ) =
50 ⋅ 10
6
Å = 0, 01666 … Å [n.d.c.].
8 8
l 30 ⋅ 10 Å 30 ⋅ 10
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 230
esula dagli scopi della presente trattazione. È opportuno, tuttavia, sottolineare che in-
serendo nell’elettrodinamica classica l’ipotesi dell’esistenza del fotone essa ne stabili-
sce le proprietà cinematiche in accordo con le leggi quantistiche.
231 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
ω
Ω i 0 ( x − ct )
E⊥ ( x − ct ) = E⊥0 sin ( x − ct ) e c ; (3.10.1)
c
E⊥
z
0 πc
Ω
Fig. (3.10.1)
ω
1 +∞ Ω i 0 ( x − ct )
K (ω ) = ∫ eiωt E⊥0 sin ( x − ct ) e c dt (3.10.2)
2π −∞ c
ω +Ω ω −Ω
E⊥0 i 0c x +∞ i ω −(ω0 +Ω ) t i 0 x +∞ i ω − (ω −Ω ) t
K (ω ) = e ∫ e dt − e c
∫ e 0 dt . (3.10.3)
4π i −∞ −∞
ω +Ω ω −Ω
E⊥0 i 0c x i 0 x
K (ω ) = e δ ω − (ω0 + Ω ) − e c δ ω − (ω0 − Ω ) (3.10.4)
2i
E +∞ i ω0 c+Ω x ω −Ω
i 0 x −iωt
E⊥ = ⊥0 ∫−∞ e δ
ω − ( ω 0 + Ω )
− e c
δ
ω − ( ω0 − Ω ) e dω =
2i
(3.10.5)
E⊥0 i 0c ( x −ct )− 2 i 0c ( x −ct )+ 2
ω +Ω π ω −Ω π
= e +e .
2
Questa equazione stabilisce che l’onda modulata (3.10.1) è costituita da due onde si-
A (ω )
E⊥0
2
ω
0 ω0 − Ω ω0 ω0 + Ω
Fig. (3.10.2)
233 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
E⊥0
nusoidali di ampiezze di frequenze angolari ω0 + Ω ed ω0 − Ω e di fasi rispetti-
2
π π
ve − e +. Lo spettro è perciò quello riportato nella fig. (3.10.2). Naturalmente
2 2
nel caso di una onda parzialmente modulata in ampiezza, ossia di ampiezza pari alla
Ω
somma di un termine costante e del termine E⊥0 sin ( x − ct ) , interverrebbe nello
c
spettro anche una componente alla frequenza ω0 .
− iϕ ( t ′ )
E⊥ ( t ′ ) = E⊥0e , (3.10.6)
dϕ
= ω ( t′) . (3.10.7)
dt ′
t′
ϕ ( t ′ ) = ∫ ω (θ )dθ , (3.10.8)
0
ω ( t ′ ) = ω0 + δω cos Ωt ′ , (3.10.9)
δω
ϕ ( t ′ ) = ω0 t ′ + sin Ωt ′ , (3.10.10)
Ω
δω
− i ω0 t ′ + sin Ωt ′
E⊥ ( t ′ ) = E⊥0e Ω
. (3.10.11)
ω δω Ω
i 0 ( x − ct ) + sin ( x − ct )
E⊥ ( x − ct ) = E⊥0e c Ω c
. (3.10.12)
Un’onda di questo tipo viene detta modulata in frequenza benché essa differisca da
Ω
un’onda non modulata per il termine proporzionale a sin ( x − ct ) che sostanzial-
c
δω
mente è una fase. Il coefficiente prende il nome di indice di modulazione. In fig.
Ω
(3.10.3) è riportato l’andamento per t = 0 del campo elettrico espresso dall’equazione
(3.10.12).
E⊥0
Fig. (3.10.3)
1 1 +∞
zξ −
e 2 ξ
= ∑ξ
n =−∞
n
Jn ( z ) (3.10.13)
235 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
in cui J n è la funzione di Bessel di ordine n della quale, nel paragrafo 3.4, già abbia-
mo dato la definizione (vedi equazione (3.4.18)). Ponendo nella (3.10.13):
Ω
i ( x − ct ) δω
ξ =e c
, z= , (3.10.14)
Ω
si ha:
δω Ω nΩ
i sin ( x −ct ) +∞ i ( x − ct ) δω
e Ω c
= ∑
n =−∞
e c
Jn
Ω
(3.10.15)
per cui, sostituendo nella (3.10.12), lo sviluppo del campo propagativi risulta essere:
ω0 + nΩ
+∞
δω i ( x −ct )
E⊥ ( x − ct ) = E⊥0 ∑
n =−∞
Jn
Ω
e
c
. (3.10.16)
ed ampiezze:
δω
An = E⊥0 J n ; (3.10.18)
Ω
ω
ω0 − 2 Ω ω 0 − Ω ω0 ω0 + Ω ω0 + 2 Ω
Fig. (3.10.4)
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 236
δω
È da notare che quando l’indice di modulazione è una quantità piccola, dalla
Ω
(3.4.18) si ottiene:
δω 1 δω
2
n
1 δω
Jn = 1 − + . (3.10.19)
Ω n ! 2Ω n + 1 2Ω
λ = λ0 − vT , (3.10.21)
λ0
T= . (3.10.22)
c
La fig. (3.10.5), in cui è riportato l’andamento del campo E⊥ per t = 0 , illustra sche-
maticamente questa situazione. Possiamo scrivere pertanto:
237 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
v
λ = λ0 1 − . (3.10.23)
c
x
0 vT λ0
Fig. (3.10.5)
2π c 2π c v
ω= = = ω0 1 + + (3.10.24)
λ v c
λ0 1 −
c
x ( t ′ ) = x0 sin Ωt ′ ; (3.10.25)
ω0 Ωx0
ω ( t ′ ) = ω0 + cos Ωt ′ . (3.10.26)
c
δω ω0 x0 2π x0
= = . (3.10.27)
Ω c λ0
Le equazioni testè ottenute sono applicabili allo studio della radiazione (vedi
paragrafo 3.1) emessa dal nucleo di un atomo facente parte di un reticolo cristallino.
Per effetto dell’agitazione termica, gli atomi del reticolo compiono delle oscillazioni
armoniche di ampiezza tanto maggiore quanto più è alta la temperatura. Di conse-
guenza ogni radiazione monocromatica dà luogo allo spettro previsto dall’equazione
(3.10.18). Tuttavia la presenza nello spettro di onde a frequenza ω0 , pari a quella che
si avrebbe per nuclei in quiete, permette di eseguire lo studio dell’emissione dei γ in
condizioni ideali, senza cioè che il movimento dovuto all’agitazione termica del reti-
colo intervenga a recare disturbo. Questo risultato prende il nome di effetto Mös-
sbauer; esso, come appare dall’equazione (3.10.28), è tanto più importante quanto più
grande è la lunghezza d’onda e quanto più è piccola l’elongazione x0 .
πc
∆x = , (3.10.29)
2Ω
∆ω = Ω . (3.10.30)
1 1
∆ ∆x′ = , (3.10.31)
λ 4π
(‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡) πc
Dalle (3.10.1), (3.10.5): ∆x = , ∆ω = Ω ; si ottiene perciò, tenendo conto
2Ω
∆x 1 ′ 1
dell’equazione (3.1.28) e ponendo ∆x′ = : ∆ ∆x = , coincidente con la (3.9.29) [n.d.c.].
π λ 4π
(§§§§§§§§§§§§) πc
Dalle (3.10.12), (3.10.20): ∆x = , ∆ω 2Ω ; si ottiene perciò, tenendo conto
2Ω
∆x 1 ′ 1
dell’equazione (3.1.28) e ponendo ∆x′ = : ∆ ∆x , coincidente con la (3.9.29) [n.d.c.].
2π λ 4π
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 240
λ
se ampiezza e fase variano di poco nel tempo . In questo senso è giustificato parla-
c
re di radiazioni quasi monocromatiche.
241 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
Vogliamo ora studiare cosa accade quando due o più onde elettromagnetiche
si propagano sovrapposte. Il risultato di questa sovrapposizione costituisce il fenome-
no detto di interferenza. Dal punto di vista storico esso è di primaria importanza in
quanto permise di stabilire, all’inizio del secolo scorso, la natura ondulatoria delle ra-
diazioni luminose.
i fix ( r )−ωt
Eix = Eix 0 ()
r e
i fiy ( r )−ωt
Eiy = Eiy 0 ()
r e
(3.11.1)
i fiz ( r ) −ωt
Eiz = Eiz 0 ()
r e
ω
()
f ix r = r ⋅τ i + α ix
c
ω
()
f iy r = r ⋅τ i + α iy
c
(3.11.2)
ω
()
f iz r = r ⋅τ i + α iz
c
mentre le ampiezze Eix 0 , Eiy 0 , Eiz 0 , sono delle quantità costanti. Nel caso delle on-
de cilindriche, utilizzando l’espressione (3.6.24) del campo elettrico, si ha invece:
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 242
Eix 0 = Eiy 0 = 0
2c
Eiz 0 = Ez( 0 ) (3.11.3)
πω r
ω π
f iz = r−
c 4
2
∫( )
c T
I = Re E dt (3.11.4)
4π T 0
in cui E è il campo elettrico totale. Questa relazione è analoga alla (3.2.49). Suppo-
nendo, per semplicità, che due sole onde siano sovrapposte, si ha:
* * 2
( )
2 T 1
c
(
Re E1 + E 2 dt = c )
T
I =
4π T ∫0 4π T ∫0 2
E1 + E 2 + E1 + E 2 dt =
T 2
( ) ( )
2 * 2 * 2
=
c
∫
16π T 0 ( ) ( )
E 1 + E 2 + E1 + E 2 + (3.11.5)
( ) ( )
* * * * * *
+2 E1 ⋅ E 2 + E1 ⋅ E 2 + 2 E1 ⋅ E1 + E 2 ⋅ E 2 + E1 ⋅ E 2 + E1 ⋅ E 2 dt
Essendo E1 ed E 2 periodici, eseguendo l’integrazione(*************) si ottiene:
E jk = E jk 0 e ( 1k
i f −ωt )
(*************)
Posto ( j = 1, 2; k = x, y, z ) , per la periodicità di E j vale
E jk (T ) = E jk ( 0 ) = E jk 0 e jk , che si traduce in e −iωT = e− iω 0 = 1 , da cui integrando:
f
243 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
I = I 1 + I 2 + Y12 (3.11.6)
dove:
c 2
I1 = E10
8π
(3.11.7)
c 2
I2 = E 20
8π
T
(∑ )
E1k ⋅ E2 k dt = ∫ ∑ k E1k 0e ( 1k ) ⋅ E2 k 0 e ( 2 k ) dt =
T T T i f −ω t i f −ω t
∫0
E1 ⋅ E 2 dt = ∫ E1 ⋅ E 2 dt = ∫
0 0 k 0
T
i ( f1 k + f 2 k ) i ( f1 k + f 2 k ) e−2iωt
= ∑ k E1k 0 E2 k 0e dt = ∑ k E1k 0 E2 k 0e
T
∫0 e
−2 iωt
⋅ =
−2iω 0
(e ) − (e )
− iωT 2 − iω ⋅0 2
e−2iωT − e −2iω ⋅0
= ∑ k E1k 0 E2 k 0e = ∑ k E1k 0 E2 k 0e ( 1k 2 k ) ⋅
i ( f1k + f 2 k ) i f +f
⋅ =
−2iω −2iω
= ∑ k E1k 0 E2 k 0e ( 1k
i f + f2 k )
⋅0 = 0
( )( )
* * 2 2 * 2 * 2
e analogamente per E1 ⋅ E 2 , ( ) ( )
E 1 , E 2 , E1 , E 2
T *
(∑ )
E1k ⋅ E1*k dt = ∫ ∑ k E1k 0e ( 1k ) ⋅ E1k 0e ( 1k ) dt =
T i f −ωt T
− i f −ω t
∫ E1 ⋅ E1 dt = ∫
0 0 k 0
2
= ∑ k E12k 0 e ( 1k 1k ) ∫ e ( ) dt = ∑ k E12k 0T = E10 T
i f −f T − i ω −ω t
0
*
e analogamente per E 2 ⋅ E 2
* *
(∑ )
T T
∫0
E1 ⋅ E 2 + E1 ⋅ E 2 dt = ∫
0 k
E1k E2*k + E1*k E2 k dt =
= ∑ k E1k 0 E2 k 0 e ( 1k
i f − f2 k ) − i ( f1 k − f 2 k )
e− i (ω −ω )t dt =
T
∫0
+e
= ∑ k E1k 0 E2 k 0 e ( 1k 2 k ) + e ( 1k 2 k ) ∫ e− i 0t dt =
i f −f −i f − f T
( )
* *
= ∑ k E1k 0 E2 k 0 e ( 1k 2 k ) + e ( 1k 2 k ) ⋅ T = E1 ⋅ E 2 + E1 ⋅ E 2 ⋅ T
i f −f −i f − f
[n.d.c.].
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 244
e:
Y12 =
8π (
c * *
E1 ⋅ E 2 + E1 ⋅ E 2 ) (3.11.8)
Le quantità I 1 , I 2 , che sono espresse da relazioni di forma eguale alla (3.2.50), ma-
nifestamente rappresentano la intensità di radiazione di ciascuna delle due onde. La
quantità Y12 , che prende il nome di termine di interferenza, dipende dalla simultanea
presenza dei vettori E1 ed E 2 e rappresenta pertanto l’effetto della sovrapposizione.
Mediante le (3.11.1), la (3.11.8) diventa:
e:
α1 y = α1z = α1
(3.11.11)
α 2 y = α 2 z = α 2
Y12 =
c
4π
( E1 y 0 E2 y 0 + E1z 0 E2 z 0 ) cos (α1 − α 2 ) (3.11.12)
e cioè:
c
Y12 = E10 ⋅ E 20 cos (α1 − α 2 ) . (3.11.13)
4π
Da questa equazione appare evidente che quando due onde che si propagano nella
stessa direzione sono polarizzate in piani ortogonali, cioè:
E10 ⋅ E 20 = 0 , (3.11.14)
c
Y12 = E10 E 20 cos ϑ12 cos (α1 − α 2 ) = 2 I 1I 2 cos ϑ12 cos (α1 − α 2 ) (3.11.15)
4π
e la (3.11.6) diventa:
per:
α 1 − α 2 = 0, 2π , 4π , …… (3.11.18)
e:
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 246
per:
α 1 − α 2 = π , 3π , 5π , …… (3.11.20)
In particolare quando:
I1 = I 2 (3.11.21)
I ′ = 4I
(3.11.22)
I ′′ = 0
c 2
I1 = E10
8π
(3.11.23)
c 2
I2 = E 20
8π
1
∫ {E ( x − ct ) E ( x − ct ) cos α ( x − ct ) − α ( x − ct ) +
t
c + 20
Y12 = lim 1y0 2 y0 1y 2y
4π 0 t0
t
t →∞ − 20
}
+ E1z 0 ( x − ct ) E2 z 0 ( x − ct ) cos α1z ( x − ct ) − α 2 z ( x − ct ) dt.
(3.11.24)
Quando le due onde provengono da due differenti sorgenti di luce naturale esse, ov-
viamente, non sono tra di loro correlate, ossia gli sfasamenti α1 y − α 2 y e α1z − α 2 z va-
riano in modo casuale ed i fattori cos (α1 y − α 2 y ) e cos (α1z − α 2 z ) , oscillando tra +1 e
−1 rendono nullo l’integrale. In questo caso l’intensità di radiazione complessiva è
uguale alla somma delle intensità I 1 ed I 2 e non si osserva alcun effetto di interfe-
renza. È tuttavia possibile sovrapporre, ad esempio mediante un opportuno gioco di
riflessioni, due onde che provengono dalla stessa sorgente dopo aver seguito dei per-
corsi di differente lunghezza. Si può, in altre parole, fare in modo che:
E 2 ( x − ct ) = k E1 ( x + ∆x − ct ) (3.11.25)
ω
⋅ cos α1 y ( x − ct ) − α1 y ( x + ∆x − ct ) − ∆x +
c (3.11.26)
+ E1z 0 ( x − ct ) E1z 0 ( x + ∆x − ct ) ⋅
ω
⋅ cos α1z ( x − ct ) − α1z ( x + ∆x − ct ) − ∆x dt.
c
c 2 ω
Y12 = k E1 y 0 + E12z 0 cos ∆x , (3.11.27)
4π c
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 248
ω
Y12 = 2k I 1 cos ∆x . (3.11.28)
c
I 2 = k 2I 1 , (3.11.29)
ω
Y12 = 2 I 1I 2 cos ∆x , (3.11.30)
c
che è una espressione del tutto analoga alla (3.11.15). Sostituendo lo sfasamento
ω
α1 − α 2 con la quantità ∆x valgono, pertanto, anche in questo caso, le equazioni
c
(3.11.17) ÷ (3.11.20) e si hanno gli effetti di interferenza.
α S
S1 l
2α
D
S2
Fig. (3.11.1)
2α (†††††††††††††), per cui, indicando con 2a la distanza tra S1 ed S2 e con l quella tra S
e D si ha:
a = l sin α (3.11.31)
r1 = ξ 2 + (η − a ) + d 2
2
(3.11.32)
2
r2 = ξ 2 + (η + a ) + d 2
η
S1 r1 P ( ξ ,η )
ξ
2a D d
O
r2
S2
Fig. (3.11.2)
per cui:
(†††††††††††††)
Si tenga conto, infatti, che ruotando di α uno specchio, il raggio riflesso ruota di 2α .
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 250
r1 ≅ r2 ≅ d . (3.11.34)
( r2 − r1 ) 2d = 4η a (3.11.35)
e cioè:
2aη
r2 − r1 = . (3.11.36)
d
I max = I 1 + I 2 + 2 I 1I 2 (3.11.37)
per:
2ω a
η = 0, 2π , 4π , (3.11.38)
c d
ossia per:
d
η=n λ ( n = 0,1, 2,…) (3.11.39)
2a
Viceversa per:
2n + 1 d
η= λ ( n = 0,1, 2,…) (3.11.40)
2 2a
Si hanno dei minimi nulli, ossia delle zone oscure. Sul piano ( O, ξ ,η ) (vedi fig.
(3.11.2)) compare pertanto una serie di strisce chiare ed oscure parallele all’asse ξ . A
questo sistema di strisce si dà il nome di frange di interferenza ed alla quantità:
251 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
I max − I min
V = (3.11.41)
I max + I min
2 I 1I 2
V = ; (3.11.42)
I1 + I 2
V = 1. (3.11.43)
È da notare, infine, che la (3.11.39) può essere usata per determinare la lunghezza
d’onda attraverso l’osservazione dei valori di η , ossia della separazione tra le frange
di interferenza.
∆x
∆t = (3.11.44)
c
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 252
c 1
∆ ∆t = (3.11.45)
λ 4π
ossia:
1
∆ν∆t = . (3.11.46)
4π
E1 ( x − ct ) (a
(b
E2 ( x + ∆x − ct )
Fig. (3.11.3)
253 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
o in forma complessa:
ε = ε 0 e−iωt . (3.12.2)
Evidentemente, al limite per ε 0 tendente a zero, questo sistema di cariche costituisce
un dipolo il cui momento, oscillante, è dato dalla relazione.
2
(‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡)
∆λ
λ
2
=
( 6438Å ) 0, 013 … Å
8
l 30 ⋅ 10 Å
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 254
−iωt
p = p0e (3.12.3)
in cui p 0 indica la quantità:
p 0 = qε 0 . (3.12.4)
Supponendo il vettore ε trascurabile di fronte alla distanza ( Q − O ) e calcolando
mediante la (3.12.6) l’integrale che interviene nella (1.9.25) si ottiene subito
l’espressione del potenziale A ; esso, come è evidente dalla (1.9.25) è parallelo alla
corrente j . Di conseguenza, assumendo la direzione di j come asse polare ed O
come origine, le componenti sferiche di A sono (vedi fig. (3.12.1)):
iω p 0 e−iω (t − cr )
Ar ( P, t ) = − cos ϑ ,
c r
iω p 0 e−iω ( t − cr )
Aϑ ( P, t ) = sin ϑ , . (3.12.7)
c r
Aϕ ( P, t ) = 0
255 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1 ∂ ∂Aϑ
Hr =
r sin ϑ ∂ϑ ( sin ϑ Aϕ ) − ∂ϕ = 0,
1 ∂Ar 1 ∂ ( rAϕ )
Hϑ = − = 0, (3.12.8)
r sin ϑ ∂ϕ r ∂r
1 ∂ ∂Ar iω p 0 1 iω e−iω ( t − rc )
Hϕ = ( rAϑ ) − =− − ⋅ sin ϑ.
r ∂r ∂ϑ c r c r
z
A
r
Ar
p0 Aϑ
Fig. (3.12.1)
∂V 1 ∂ 2 1 ∂ 1 ∂Aϕ
∂t
= −cdiv A = −c 2 ( r Ar ) +
r sin ϑ ∂ϑ
( sin ϑ Aϑ ) +
r sin ϑ ∂ϕ
. (3.12.9)
r ∂r
− iω ( t − c )
r
∂V e 1 iω
= − p 0 iω cos ϑ − . (3.12.10)
∂t r r c
e−iω ( t − c )
r
1 iω
V ( P, t ) = p 0 cos ϑ − + V0 ( P ) , (3.12.11)
r r c
dove V0 ( P ) è una funzione del posto indipendente dal tempo. Al limite per ω ten-
dente a zero il potenziale (3.12.11) diventa:
p 0 cos ϑ
V (P) = + V0 ( P ) . (3.12.12)
r2
− iω ( t − cr )
∂V 1 ∂Ar e 1 iω
Er = − − = 2 p 0 cos ϑ 2 − ,
∂r c ∂t r r c
− iω ( t − c )
r
1 ∂V 1 ∂Aϑ e 1 iω ω 2
Eϑ = − − = p 0 sin ϑ − − r, (3.12.13)
r ∂ϑ c ∂t r 2 r c c 2
1 ∂V 1 ∂Aϕ
Eϕ = − − = 0.
r sin ϑ ∂ϕ c ∂t
Le equazioni (3.12.8), e (3.12.13), di cui solo la parte reale è per noi significativa, ri-
solvono il problema dell’irraggiamento del dipolo; risulta subito da esse che il campo
elettrico e quello magnetico sono tra loro ortogonali.
Analogamente a quanto è stato fatto nel paragrafo 3.6 per le onde cilindriche,
studiamo le proprietà fisiche della soluzione ora trovata considerandone il comporta-
257 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
c
mento asintotico. A questo scopo supponiamo che r sia grande rispetto a (confron-
ω
ta con la (3.6.23)); in questo modo, dalle (3.12.8) si ottiene:
− iω ( t − c )
r
ω 2 e
Hϕ − p 0 2 sin ϑ . (3.12.14)
c r
ω2 ω 1
r 2
, (3.12.15)
c c r
Le (3.12.13) danno:
− iω ( t − c )
r
ω 2 e
Er = 0; Eϑ − p 0 2 sin ϑ . (3.12.16)
c r
ω 2 cos ω ( t − cr )
Hϕ − p 0 2 sin ϑ ,
c r
(3.12.17)
ω 2 cos ω ( t − cr )
Eϑ − p 0 2 sin ϑ .
c r
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 258
E
r
ε0 ϑ
Fig. (3.12.2)
H
O
ϕ
Risulta dunque che E ed H sono di eguale modulo ed ortogonali alla direzione di r,
oltrechè tra di loro (vedi fig. (3.12.2)). Essi si propagano sotto forma di onde TEM
smorzate con legge iperbolica, la loro ampiezza è massima nel piano ortogonale
all’asse del dipolo e diminuisce fino ad annullarsi quando ci si avvicina a questo asse.
Ponendo ω = 0 nelle (3.12.13) si ottengono invece le componenti del campo elettrico
statico:
2 p 0 cos ϑ p 0 sin ϑ
Er = ; Eϑ = (3.12.18)
r3 r3
analogamente si vede, dalla (3.12.8), che il campo magnetico statico è nullo. È da no-
tare che mentre la parte statica del campo diminuisce con la terza potenza di r, la par-
te che si propaga è solo inversamente proporzionale a r. Ne segue che a una certa di-
stanza dal dipolo esiste una zona, detta zona delle onde, in cui il campo elettromagne-
tico si riduce alla sola parte propagativa.
Si può inoltre mostrare che il campo propagativi del dipolo è una soluzione
dell’equazione generale delle onde (3.3.1). Per far ciò basta verificare che la soluzio-
ne in coordinate sferiche (3.5.17) può essere resa identica, con un’opportuna scelta
delle costanti, alle equazioni (3.12.14) e (3.12.16) che rappresentano in forma com-
plessa il campo. Beninteso questa verifica interessa nel campo di validità delle
(3.12.14) e (3.12.16), cioè per valori di r abbastanza grandi da soddisfare la condizio-
ne (3.12.15). A questo scopo supponiamo che nella (3.5.17) siano nulli tutti i coeffi-
cienti corrispondenti a valori di ω differenti da un valore assegnato, a valori di n dif-
ferenti da zero e di α differenti da uno; si ha allora:
259 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
1 (1) ω
f ( r ,ϑ , t ) = ∑ k Rω( 0,k) ,1Φ (00) Θ(k0,0) ⋅ H k + 1 ( c r ) Yk ,0 (ϑ ) e −iωt , (3.12.19)
2
r
− iω ( t − rc )
2c e
f ( r ,ϑ , t ) ∑ k Rω ,k ,1Φ 0 Θ k ,0 ⋅
(0) (0) (0)
Yk ,0 (ϑ ) .
− i 2 k4+1 π
⋅e (3.12.20)
πω r
2c ω 2
Rω( 0,k) ,1Φ (00) Θ(k0,0) ⋅
− i 2 k4+1π
⋅e = − p 0 2 ak (3.12.21)
πω c
si ottiene infine:
− iω ( t − c ) r
ω 2 e
f ( r ,ϑ , t ) = − p 0 2 ∑ k ak Yk ,0 (ϑ ) ⋅ (3.12.22)
c r
2 4
1 T p 0 ω sin 2 ϑ
I =
T ∫0
S dt =
8π c3 r2
. (3.12.24)
Questa relazione stabilisce che l’intensità I decresce, come è intuitivo, col quadrato
della distanza mentre varia come sin 2 ϑ quando ci si allontana dall’asse del dipolo.
L’energia totale media irradiata per unità di tempo, ossia la potenza media W irra-
diata dal dipolo, può essere facilmente ottenuta integrando la (3.12.24) su una sfera di
raggio r con centro nel dipolo:
2 4 2 4
p0 ω 2π π p0 ω
W = ∫ I r 2d Ω = 3 ∫ ∫ sin 3 ϑdϑ dϕ = 3
.(§§§§§§§§§§§§§)
4π 8π c 0 0 3c
(3.12.25)
Questo risultato può essere espresso in altra forma introducendo l’accelerazione qua-
dratica media am della carica oscillante. Si ha infatti dalla (3.12.1):
d 2ε
2
= −ε 0ω 2 cos ωt ; (3.12.26)
dt
2 4
2 p0 ω
am2 = 12 ε 0 ω 4 = . (3.12.27)
2q 2
2 q 2 am2
W = , (3.12.28)
3 c3
π
(§§§§§§§§§§§§§)
Si ricordi che ∫0
sin 3 ϑ dϑ = 43 [n.d.c.].
2
1 T d 2ε 2 4 1 T 2 4
am2 = ∫ T ∫0
2
(**************)
dt = ε 0 ω ⋅ cos ω tdt = 1
2 ε 0 ω [n.d.c.].
T 0 dt 2
261 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
dove k è la costante della forza elastica la quale è legata alla massa m della particella
oscillante e alla frequenza angolare ω dalla ben nota relazione:
k
ω2 = . (3.13.2)
m
mω 2 2
H= p0 . (3.13.3)
2q 2
Ponendo:
1 3mc3
= (3.13.6)
γ q 2ω 2
dove p 0i indica il valore di p 0 all’istante t = 0 in cui il dipolo inizia ad oscillare. La
(3.12.3) va perciò sostituita dalle equazioni:
p=0 (t < 0) , (3.13.8)
−γ t − iωt
p = p 0i e e (t ≥ 0) , (3.13.9)
1
T , (3.13.10)
γ
q2 c λ
2
= (3.13.11)
mc ω 2π
q2
dove λ è la lunghezza d’onda della radiazione emessa. La quantità , che ha le
mc 2
dimensioni di una lunghezza, è il cosiddetto raggio classico della carica q; quando q
corrisponde ad una carica elettronica essa vale 2,818 ⋅10−13 cm. L’ipotesi fatta equiva-
le, perciò, a supporre la lunghezza d’onda grande rispetto al raggio classico della ca-
rica oscillante. Nel caso di radiazioni luminose ( λ 10−4 ÷ 10−5 cm ) , emesse da oscil-
latori in cui le cariche mobili sono elettroni, essa senz’altro è verificata con largo
margine.
Esaminiamo ora l’effetto della legge del moto (3.13.8), (3.13.9) sulle onde ir-
radiate dal dipolo. È manifesto che, nell’ipotesi di un piccolo smorzamento, tutto si
ridurrà a scrivere delle equazioni simili alle (3.12.16), in cui però il momento p 0 è
r
smorzato con legge esponenziale. A partire dall’istante t = , in cui l’onda emessa
c
all’istante t = 0 raggiunge i punti situati a distanza r, il campo elettrico sarà pertanto
rappresentato dall’equazione asintotica:
− iω ( t − c )
r
ω 2 −γ t e r
Eϑ − p 0 2 sin ϑ e t ≥ , (3.13.12)
c r c
r
Eϑ = 0 t < . (3.13.13)
c
cromatica, è costituita da una banda di frequenze con centro in ω . Per far ciò consi-
deriamo la variabile t ′ , già introdotta nel paragrafo 1.9 (vedi equazione (1.9.21)):
r
t′ = t − , (3.13.14)
c
ed introducendo la costante:
ω 2 −γ r
(0) e c
Eϑ = − p 0 2 sin ϑ ; (3.13.15)
c r
Eϑ = Eϑ( ) e
0 −( γ + iω )t ′
. (3.13.16)
+∞
Eϑ = ∫ K (ω ′ )e − iω ′t ′ dω ′ , (3.13.17)
−∞
1 ∞
K (ω ′ ) = ∫ Eϑ eiω ′t ′ dt ′ , (3.13.18)
2π 0
Eϑ( )
0
∞ i (ω ′ −ω ) −γ t ′
K (ω ′ ) = ∫ e dt ′ =
2π 0
(0) ( 0)
itg −1
ω ′−ω (3.13.19)
γ
E 1 E e
=− ϑ = ϑ
2π i (ω ′ − ω ) − γ 2π 2
(ω ′ − ω ) + γ 2
Sostituendo nella (3.13.17) il campo propagativo assume la forma:
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 266
r ω ′ −ω
− i ω ′ t − − tg −1
( 0) γ
r E +∞ t′ c
Eϑ t − = ϑ
c 2π
∫ 2
dω′ , (3.13.20)
(ω ′ − ω ) + γ 2
−∞
esso è pertanto costituito da uno spettro continuo di onde con ampiezze di densità:
Eϑ( 0)
A (ω ′ ) = ; (3.13.21)
2
2π (ω ′ − ω ) +γ 2
ω′ − ω
il termine: tg −1 rappresenta invece una costante di fase. Mediante la (3.9.9),
γ
l’intensità associata all’onda di frequenza angolare ω ′ risulta essere:
2
c Eϑ( 0) 1
I (ω ′ ) = 2
; (3.13.22)
8π 2π ( ω ′ − ω ) + γ 2
ponendo:
2
c Eϑ( 0 )
= I m , (3.13.23)
8π 2πγ
γ2
I (ω ′ ) = I m 2
. (3.13.24)
(ω ′ − ω ) + γ 2
1
I (ω + γ ) = I m , (3.13.25)
2
eguale alla semiampiezza γ . Questo risultato può essere espresso più chiaramente
nella forma(††††††††††††††):
1
∆ω∆t = , (3.13.26)
2
Im
2
ω′
ω ω +γ
Fig. (3.13.1)
h
∆w∆t = , (3.13.27)
4π
(††††††††††††††)
Questo risultato coincide con l’equazione (3.11.46) relativa alla propagazione di un’onda
quasi monocromatica.
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 268
2π c 2π c
γ = ∆ω = ∆ = 2 ∆λ , (3.13.28)
λ λ
λ 2 q 2ω 2 2π q 2
∆λ = = . (3.13.29)
2π c 3mc3 3 mc 2
È da rilevare infine che, oltre alla reazione del campo elettromagnetico, altre
forze, dovute ad esempio alla collisione della carica oscillante con la circostante ma-
teria, possono intervenire a smorzare le oscillazioni del dipolo. Indicando con T la co-
stante di smorzamento complessiva, vale ancora una relazione analoga alla (3.12.24)
in cui, tuttavia, T sostituisce γ . Ovviamente la larghezza della riga spettrale è data in
questo caso da T.
(‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡)
[n.d.c.].
269 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
q
mx = −kx + qEx +
yH
c
q
my = −ky + qE y − xH
(3.14.1)
c
mz = − kz + qEz
qH
ωH = (3.14.2)
2mc
qEx
x0 =
k
qE y
y0 = (3.14.3)
k
qE
z0 = z
k
k
= ω02 (3.14.4)
m
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 270
x + ω02 ( x − x0 ) − 2ωH y = 0
y + ω02 ( y − y0 ) + 2ωH x = 0
(3.14.5)
z + ω02 ( z − z0 ) = 0
Per dedurre la soluzione stazionaria delle (3.14.5), procedendo come fatto nel
paragrafo 3.12 (confronta equazioni (3.12.2)), poniamo:
x − x0 = ε 0 x e− iωt
y − y0 = ε 0 y e − iωt (3.14.6)
z − z0 = ε 0 z e− iωt
(ω )
− ω 2 ε 0 x + 2iωωH ε 0 y = 0
2
0
(3.14.7)
( )
−2iωωH ε 0 x + ω02 − ω 2 ε 0 y = 0
(ω 2
0 )
− ω2 ε0z = 0 (3.14.8)
ω = ω0 (3.14.9)
e, di conseguenza:
z = z0 + ε 0 z e− iω0t . (3.14.10)
ω02 − ω 2 2iωωH
Det =0 (3.14.11)
−2iωω H ω02 − ω 2
e cioè:
Quando l’emissione del dipolo avviene nell’intervallo delle radiazioni ottiche la quan-
tità ωH , in generale, è piccola rispetto ad ω0 . Per un elettrone immerso in un campo
di 1000 Gauss, ad esempio, [2 ∗ ](§§§§§§§§§§§§§§) ωH vale 1, 76 ⋅1010 sec−1 mentre ω0 può
andare da 2 ⋅1012 sec−1 per l’infrarosso lontano a 1017 sec −1 per l’ultravioletto estremo
(confronta tabella (3.1.1)). In questo caso possiamo scrivere pertanto:
ω = ω0 ± ωH (3.14.13)
− i (ω0 ±ωH )t
x = x0 + ε 0 x e
(3.14.15)
− i ( )
ω0 ±ωH t ± π2
y = y0 + ε 0 x e
Queste due equazioni, assieme alla (3.14.10) costituiscono la soluzione richiesta; in-
dicando con ε 0 , ε ⊥0 rispettivamente le quantità ε 0 z , ε 0 x e prendendo le parti reali, es-
se assumono la forma:
x = x0 + ε 0⊥ cos (ω0 ± ωH ) t
y = y0 ∓ ε 0⊥ sin (ω0 ± ωH ) t (3.14.16)
z = z0 + ε 0 cos ω0t
(§§§§§§§§§§§§§§)
[n.d.c.].
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 272
Possiamo dunque concludere che la carica mobile esegue un movimento ad elica ri-
sultante dalla composizione di una rotazione con frequenza angolare ω0 + ω H in verso
[anti]orario(***************) (o con frequenza ω0 − ωH in verso [anti]orario) nel piano
ortogonale ad H e di una oscillazione con frequenza ω0 lungo H . Si tratta perciò di
un moto non periodico il quale, tuttavia, diventa periodico rispetto ad un sistema di
riferimento che ruoti attorno alla direzione di H con velocità angolare ωH (o rispet-
tivamente −ωH ). Questo risultato è noto sotto il nome di teorema di Larmor. Il centro
del movimento, inoltre, non coincide con l’origine O in cui sta la carica in quiete, ma
è spostato nel punto P0 ( x0 , y0 , z0 ) per effetto del campo elettrico. Si deve notare, pe-
rò, che quest’ultima circostanza è inessenziale ai nostri scopi in quanto corrisponde
all’intervento di una componente statica nel momento dipolare delle due cariche men-
tre l’irraggiamento dipende solo dalla parte oscillante.
p0⊥ = qε 0⊥ , (3.14.17)
l’onda emessa lungo la direzione di H è espressa dalle equazioni(†††††††††††††††):
cos (ω0 ± ω H ) ( t − cr )
2
E x = p0⊥
( ω0 ± ω H ) , (3.14.18)
c2 r
sin (ω0 ± ωH ) ( t − rc )
2
E y = ∓ p0⊥
( ω0 ± ω H ) (3.14.19)
c2 r
(***************)
guardando nel verso di z [n.d.c.].
(†††††††††††††††)
ε 0 x con ε 0⊥ , l’onda viene emessa nella dire-
Per la componente x del dipolo, indicando
zione z (quindi con componenti del campo x e y), corrispondente a ϑ = − π2 nella (3.12.17); sostituen-
do allora questo valore nella (3.12.17), e ricordando la (3.14.13) essendo ε 0 x ≠ 0 , si ottiene per la
componente x del campo la (3.14.18). Per la componente y, essendo per le (3.14.14) e
∓i π ∓iπ
(3.14.13) ε 0 y = e 2 ε 0 x = e 2 ε 0⊥ ≠ 0 , si trova la (3.14.19) [n.d.c.].
273 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
p0 = qε 0 , (3.14.20)
le componenti del campo dell’onda emessa ortogonalmente ad H nella direzione
dell’asse y sono(‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡):
cos (ω0 ± ωH ) ( t − rc )
2
E⊥ x = p0⊥
( ω0 ± ω H ) , (3.14.21)
c2 r
ω0 2 cos ω0 ( t − cr )
E⊥ z = p0 . (3.14.22)
c2 r
La fig. (3.14.1) illustra schematicamente la situazione nei due casi in cui il vettore di
propagazione τ è parallelo od ortogonale al campo magnetico. Considerando le onde
emesse ortogonalmente ad H ma in una direzione differente da quella dell’asse y si
trovano gli stessi risultati salvo, per le onde di frequenze angolari ω0 ± ωH , una co-
(‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡)
Per la componente z del dipolo, indicando ε0z con ε 0 , l’onda viene emessa lungo y
perpendicolarmente alla direzione del dipolo (quindi con componenti del campo x e z), corrispondente
a ϑ = − π2 nella (3.12.17); la componente x del campo, data dalla (3.14.21), è la stessa già ricavata so-
pra ed espressa dalla (3.14.18), mentre la componente z, ricordando la (3.14.9) essendo ε 0 z ≠ 0 , è da-
ta dalla (3.14.22) [n.d.c.].
(§§§§§§§§§§§§§§§)
E⊥ x [n.d.c.].
(****************)
E⊥ z [n.d.c.].
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 274
stante di fase non nulla(††††††††††††††††). Questo caso, perciò, non comporta alcuna so-
stanziale differenza rispetto a quello dato dalle equazioni (3.14.21) e (3.14.22). Quan-
do la direzione di propagazione forma un angolo qualunque con H la radiazione di
frequenza angolare ω0 risulta sempre polarizzata linearmente col vettore elettrico pa-
rallelo ad H (‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡). Le onde di frequenze ω0 + ω H ed ω0 − ωH , invece, risul-
tano in generale polarizzate ellitticamente(§§§§§§§§§§§§§§§§).
dell’onda e l’asse y, la componente del dipolo perpendicolare alla direzione di emissione è data da
e ( 2 ) p0⊥ e i risultati (3.14.18), (3.14.19), (3.14.21) si possono così estendere:
± i π −ϕ
cos (ω0 ± ω H ) ( t − cr ) ∓ ( π2 − ϕ )
2
E x = E⊥ x = p0⊥
( ω0 ± ω H )
c2 r
sin (ω0 ± ωH ) ( t − ) ∓ ( π2 − ϕ )
2
E y = ∓ p0⊥
( ω0 ± ω H ) r
c
, mentre la (3.14.22) per E⊥ z resta
c2 r
invariata[n.d.c.].
(‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡)
Indicando con Eϑ la componente del campo perpendicolare alla direzione di emissione
e con p 0ϑ la corrispondente componente del dipolo data da p 0ϑ = p 0 − p 0r , dove
( )
p 0 r = p 0 ⋅ rˆ rˆ = ( p0 x , p0 y , p0 z ) ⋅ ( sin ϑ cos ϕ ,sin ϑ sin ϕ , cos ϑ ) rˆ =
p 0ϑ = p 0 − p 0 r = ,
( )
con p 0ϑ la sua componente parallela (a z e H ) e ricordando la (3.12.17) e la (3.14.9) si ottiene:
ω0 2 cos ω0 ( t − rc )
( ) =(p )
Eϑ
z
0ϑ
z r c2
= , formalmente analoga alla (3.14.22) [n.d.c.].
(§§§§§§§§§§§§§§§§)
( )
Indicando con p 0ϑ la proiezione di p 0ϑ sul piano xy è, con componenti
⊥
( ) ( )
p 0ϑ cos ϕ e p 0ϑ sin ϕ lungo x e y rispettivamente, e ricordando la (3.12.17) e la (3.14.13)
⊥ ⊥
si ottengono:
cos (ω0 ± ω H ) ( t − cr )
2
(ω0 ± ωH )
( ) ( )
Eϑ
x
= p 0ϑ
⊥
cos ϕ
c2 r
sin (ω0 ± ωH ) ( t − rc )
2
(ω0 ± ωH )
(E ) ϑ
y
( )
= ∓ p 0ϑ
⊥
sin ϕ
c2 r
formalmente analoghe alle (3.14.18) e (3.14.19) [n.d.c.].
275 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
H c c
ω0 − ω H ω0 + ω H a) τ H
σ π σ
b) τ ⊥H
ω0 − ω H ω0 ω0 + ω H
ω Fig. (3.14.1)
previsto da Faraday ed osservato da P. Zeeman nel 1896 sulla luce gialla del sodio.
Successivamente l’effetto venne riscontrato anche sull’emissione del cadmio e dello
zinco. Fu pure possibile ottenere, attraverso la misura di ωH , il valore del rapporto tra
la carica e la massa dell’elettrone in accordo coi risultati delle esperienze sul moto
degli elettroni in un campo elettromagnetico. Ulteriori studi, tuttavia, ben presto di-
mostrarono che l’effetto Zeeman testé descritto (effetto Zeeman normale) è un caso
piuttosto eccezionale. In generale si ottiene un multipletto costituito da parecchie li-
nee spettrali (effetto Zeeman anomalo). L’interpretazione di questo fenomeno fu pos-
sibile solo dopo la scoperta (G. E. Uhlenbeck e S. Goudsmith, 1925) dell’esistenza di
un momento angolare intrinseco dell’elettrone (vedi paragrafo 4.0).
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 276
I − iωt ω d
j = k 0 e sin z − , (3.15.1)
S c 2
~
ϑ rPO
O y
x d
− Fig. (3.15.1)
2
Per sviluppare i calcoli utilizziamo il metodo del vettore di Hertz introdotto
nel paragrafo 1.8. Occorre innanzitutto ricavare il vettore Q ; ricordando la (1.8.19),
dalla (3.15.1) si ottiene:
277 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
∂ Q I 0 − iωt ω d
= k e sin z − , (3.15.2)
∂t S c 2
da cui integrando:
I ie− iωt ω d
Q=k 0 sin z − . (3.15.3)
S ω c 2
I i e ( c ) sin ωc ( z − d2 )
( )
r
r − iω t − PQ
Q Q, t − PQc
Z ( P) = ∫ dVQ = k 0 ∫ dVQ (3.15.4)
V rPQ S ω V rPQ
rPO ⋅ k
rPQ (
= rPO + gradQ rPQ ⋅ k ) Q =O
Q − O + rPO +
rPO
z = rPO − cos ϑ z ; (3.15.5)
I ie −iω (t − c )
rPO
ω
−i cos ϑ z
Z ( P) ≅ k 0 ∫ e c
sin ωc ( z − d2 ) dVQ . (3.15.6)
Sω rPO V
dV = Sdz , (3.15.7)
∂rPQ ∂rPQ
rPQ = rPQ ( Q = O ) + ⋅ ( Q − O ) + = rPO + ⋅k Q − O +
∂ ( Q − O ) Q =O ∂ ( Q − O ) Q =O
[n.d.c.].
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 278
I ie− iω (t − c )
rPO
ω
+ d2 −i cosϑ z
Z ( P) ≅ k 0 ∫ e c
sin ωc ( z − d2 )dz =
ω rPO − d2
I ie−iω ( t − c )
rPO
ω ω
cosϑ z −i cosϑ z
) sin ωc ( z − d2 )dz =
d i
∫0 (
2
=k 0 e c
+e c
(3.15.8)
ω rPO
2cI ie− iω (t − c ) cos ( ω2dc ) − cos ( ω2cd cos ϑ )
r
= k 20
ω r sin 2 ϑ
≅ ir
c r sin 2 ϑ
Essendo(†††††††††††††††††)
i r ∧ k = −iϕ sin ϑ , (3.15.11)
(†††††††††††††††††)
Vedi equazioni (9.3.46), (9.3.54), (9.3.55) [n.d.c.].
279 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
rot Z = iϕ 0 . (3.15.12)
ω r sin ϑ
Applicando la (1.8.27) possiamo ora dedurre l’espressione asintotica del campo ma-
gnetico; si ha:
= −iϑ 0
c r sin ϑ
Basta ora prendere la parte reale delle (3.15.13) e (3.15.16) per ottenere le espressioni
asintotiche finali di E e di H :
(‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡‡)
Vedi nota precedente [n.d.c.].
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 280
Le equazioni testè ottenute sono paragonabili alle (3.12.17): il campo si propaga sotto
forma di onde trasversali, E ed H sono tra loro ortogonali e di eguale modulo. La
dipendenza da ϑ , però, è alquanto complessa e contiene, come parametro, la lun-
ghezza dell’antenna.
Per completare questi risultati, non resta che scrivere l’espressione del vettore
di Poynting; ricordando la (2.3.9) e tenendo conto che i versori i r , iϑ , iϕ formano
una terna destrorsa, essa è:
2
I 2 sin 2 ω ( t − rc ) cos ( ω2dc ) − cos ( ω2dc cos ϑ )
S = 0 ir . (3.15.18)
πc r2 sin ϑ
2
1 T I 02 cos ( ω2dc ) − cos ( ω2cd cos ϑ )
I =
T ∫0
S dt =
2π cr 2 sin ϑ
. (3.15.19)
Questa equazione richiede un’analisi accurata per stabilire, in relazione alla lunghezza
dell’antenna, la dipendenza da ϑ dell’energia irradiata. Osserviamo innanzitutto che
si può scrivere, ricordando la (3.1.28):
ωd πd
= . (3.15.20)
2c λ
2 2
I 02 1 ω 2 d 2 1 − cos 2 ϑ I 0 d 2 ω 4 sin 2 ϑ
I = = ; ( d 0 ) . (3.15.21)
2π cr 2 8 c
2
sin ϑ 4c 8π c3 r 2
281 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
I d2
p0 = 0 . (3.15.22)
4c
λ
d =n ( n = 1, 2,3,…) . (3.15.23)
2
Tenendo conto della (3.15.20) e sostituendo nella (3.15.19) si ottiene per n pari:
2
I 02 1 ± cos ( 2 π cos ϑ )
n
I = , (3.15.24)
2π cr 2 sin 2 ϑ
n
in cui i due segni si riferiscono al caso in cui , a sua volta, è rispettivamente pari o
2
dispari. Per n pari la (3.15.24) può quindi essere messa nella forma:
2 I 02 cos ( n π4 cos ϑ )
4
I = ; ( n = 2, 6,10,…)
π cr 2 sin 2 ϑ
(3.15.25)
2 I 2 sin ( n π4 cos ϑ )
4
I = 02 ; ( n = 4,8,12,…)
π cr sin 2 ϑ
I 02 cos ( n π2 cos ϑ )
2
I = ; ( n = 1,3,5,…) (3.15.26)
2π cr 2 sin 2 ϑ
In fig. (3.15.2) sono riportati, per vari valori di n, i grafici polari della dipendenza an-
golare di I ; da essi appare evidente che al crescere di n l’emissione diventa via via
più direzionale e si allontana dal piano ortogonale all’antenna.
Capitolo 3. Onde elettromagnetiche 282
z z
ϑ
I
( n = 1) ( n = 2)
( n = 3) ( n = 4)
( n = 5) ( n = 6)
Fig. (3.15.2)
I 02 π cos 2 ( π2 cos ϑ )
W = ∫ I r 2d Ω = ∫ sin ϑ dϑ . (3.15.27)
4π c 0 sin 2 ϑ
1 1 1 1
2
= + , (3.15.28)
1− x 2 1+ x 1− x
si ottiene:
I 02 +1 1 + cos π x +1 1 + cos π x
W = ∫
4c −1 1 + x
dx + ∫
−1 1− x
dx .
(3.15.29)
z z
Sostituendo ancora x con − 1 e con 1 − rispettivamente nel primo e nel secondo
π π
integrale, si ha:
I 02 2π 1 − cos z
2c ∫0
W = dz , (3.15.30)
z
I 02 I2
= C + lg 2π − Ci ( 2π ) = 2, 44 0 .(******************)
2c 2c
(3.15.31)
(§§§§§§§§§§§§§§§§§)
Vedi per esempio E. Jahnke-P. Emde, “Tables of function”, 2nd edition, Leipzig 1933,
pag. 79.
lg 2π = 1, 83787 … , Ci ( 2π ) = −0, 022 … , che può essere ottenuto dalle tavole me-
(******************)
È da notare che per d = λ , cioè nel caso di n = 2 , vale una relazione analoga alla
(3.15.31) salvo che il coefficiente di proporzionalità passa da 2.44 a
6,72(††††††††††††††††††). Viceversa per d = 10−2 λ , nel qual caso l’antenna è approssima-
bile con un dipolo oscillante e la potenza irradiata può essere ottenuta sostituendo la
(3.15.21) nella (3.15.25), si ha:
d 4ω 4 I 02 2 4 −8 I 02
W = = π 10 ; (3.15.32)
24c 4 2c 3 2c
h cos x h
Ci ( x + h ) − Ci ( x ) = 1 − +
x 2x
1 h 1
2 1
+h − 2 − +
3 4 x x 1⋅ 2
41 h 1 1 1
+h − 4 − 2
+ +
5 6 x x 1⋅ 2 ⋅ x 1⋅ 2 ⋅ 3 ⋅ 4
+ }
2
h sin x 1 h
− − +
x 2 3 x
21 h 1 1
+h − 2 − +
4 5 x x 1 ⋅ 2 ⋅ 3
+ }
per x =6, h =0,283184… prendendo Ci ( 6 ) = −0, 068 057 … (Vedi J. W. L. Glaisher, Tables of the
Numerical Values of the Sine-integral, Cosine-integral, and Exponential-integral. Proceedings of the
Royal Society of London, Volume 18, pp. 367-388, 1870) [n.d.c.].
(††††††††††††††††††)
Procedendo come prima e usando le tavole:
{ }
2
2
I0 (1 − cos z ) 2
I0
⋅ 2 ⋅ 2 C + lg 2π − Ci ( 2π ) −
1
C + lg 4π − Ci ( 4π ) =
2π
W = ⋅ 2 ⋅ ∫0 dz = =
2c z 2c 2
2 2
I0 I0
= ⋅ ( 4 ⋅ 2, 44 − 3.14 ) = ⋅ 6, 62 [n.d.c.].
2c 2c
Capitolo 9. Appendici matematiche
285
Capitolo 9. Appendici matematiche 286
3
xi′ = ∑ aij x j , ( i = 1, 2,3) , (9.2.1)
j =1
3 3
r 2 = ∑ x 2j =∑ xi′2 (9.2.2)
j =1 i =1
3 3 3 3 3
3
∑
j =1
x 2
j = ∑∑
i =1 r =1
air r ∑ is s
x
s =1
a x = ∑ ∑ air ais xr xs .
r , s =1 i =1
(9.2.3)
Affinché questa equazione sia verificata qualunque siano i valori delle xi , si deve a-
vere:
∑a
i =1
a = δ rs .
ir is (9.2.4)
287 L’Interazione elettromagnetica: Teoria classica
3
x j = ∑ Aij xi′ , (9.2.5)
i =1
3 3 3 3
xi′ = ∑ aij ∑ Arj xr′ = ∑ ∑ aij Arj xr′ . (9.2.6)
j =1 r =1 r =1 j =1
∑a
j =1
ij Arj = δ ir ; (9.2.7)
3 3
∑ ∑ a a
j =1 i =1
ij is Arj = ars ,
(9.2.8)
∑δ
j =1
js Arj = ars , (9.2.9)
ossia:
3
x j = ∑ aij xi′ . (9.2.11)
i =1