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GRAZIANO CURTI

FRANCESCA CURA

FONDAMENTI DI
MECCANICA STRUTTURALE
Lezioni ed esercizi

CLVT
POLITECNICO DI TORINO

SISTÈMA KBUOTKABO

*1 àiiittt dì elaborazione, di traduzione o l'adattamento


' anche parziale m qualsiast forma, di memorizzazione
anche digitale, su supporti di guateiasi tipo, di
riproduzione e di adattamento totale o parziale con
aualfliasi mozza (compresi i microfilm e le copie
ftrtostatìchs) eono riservati per tutti i Paesi.
Fotocopie per uso personale (cioè privato ed
individuale) nei limiti del 1S% di ciascun volume

JuTaooordo S.I.A.E. - S.N.S. e C.N.A. Confartlgianato, Prefazione


C.A.S.A.. Conibommorcio del 18 Dicembre 20O0, dietro
paramento del compenso previsto in tale accordo, Come si desume dal titolo, l'oggetto del corso cui si riferiscono le lezioni e
conformemente alla legge n. 633 del 23.04.1941.
gli esercizi di questo libro, riguarda i concetti di base che disciplinano la
Per riproduzioni ad uso non personale l'Editore potrà
concedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre meccanica dei corpi rigidi, con particolare riferimento alle equazioni che ne
un numero di pagine non superiore al 15% delle pagine governano l'equilibrio statico, e le relazioni fondamentali che definiscono e
del presente volume. Le richieste per tale tipo di legano fra loro le tensioni e le deformazioni in un corpo elasticamente
«riproduzione vanno inoltrate esclusivamente
deformabile, con particolare riferimento al corpo monodimensionale o
all'indirizzo dell'Editore.
solido di De Saint Venant.
Vengono inoltre poste in relazione le tensioni suddette con la capacità di
La messa a punto di un libro è un'operazione resistenza dei materiali sia nel caso di sollecitazioni statiche sia di
complessa ed articolata, che necessita di studi,
progettualità grafica, nonché di numerosi controlli di
sollecitazioni variabili nei tempo.
testo, immagine, stili grafici e di stampa. È Nell'esporre i concetti di base e nella presentazione degli esercizi si e
praticamente impossibile pubblicare un libro scevro da utilizzato un approccio fisico, più tradizionale (cioè meno matematico e
errori. La C.L.U.T. ringrazia sin d'ora i lettori che anche a volte meno rigoroso), ritenendolo più adatto a stimolare
vorranno segnalare all'indirizzo dell'Editore eventuali
Tinterpretazione fisica sia del problema sia dei risultati, onde contribuire a
errori riscontrati nella lettura del libro.
formare nel lettore un senso concreto delle cose, tipico della cultura e della
mentalità dell'ingegnere.
Come sempre più spesso accade nel mondo di oggi, la stesura di queste
pagine è stata effettuata in tempi ristretti e in modi necessariamente
affrettati.
1 Ne consegue che, nonostante tutta la nostra buona volontà di autori, le
pagine di questo libro risulteranno inevitabilmente ricche di errori e
imprecisioni, a volte anche non solo formali: gli autori confidano che il
sopra menzionato ''approccio fisico" sia così efficace da contribuire
validamente a minimizzare i danni che ne derivano, consentendo al lettore
Classe UOEX = clut.dB di smascherare i difetti che la frettolosità ha disseminato nel testo.
Gli autori desiderano ringraziare il collega Prof. Giovanni Roccati per
© 2006 C.L.U.T. Editrice l'aiuto fornito nel rintracciare esempi applicativi di particolare interesse nel
Proprietà letteraria riservata
Stampato in Italia da STAMPATRE - Torino
campo delle macchine.
Copyright C.L.U.T. • Torino - 200Q
Torino, 14 novembre 2006

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Tei. 011.5647980 - Fax 0U.54S192
o-mail: dut@inrete.it - www.dut.it
Indice

Parte I
Lezioni

1 Equilibrio dei corpi rigidi 1


1.1 Sistemi di corpi rigidi 1
1.2 Coordinate di un sistema 1
1.3 Coordinate libere e coordinate vincolate 3
1.4 Coordinate e gradi di libertà 5
1.5 Gradi di libertà di sistemi complessi 6
1.6 Coordinate e vincoli 9
1.7 Vincoli e reazioni vincolari 10
1.8 Moto di un sistema **
1.9 Equilibrio statico e dinamico 14
1.10 Equilibrio statico di un sistema 15
1.10.1 Equilibrio di un sistema labile 15
1.10.2 Equilibrio di un sistema isostatico 20
1.10.3 Equilibrio di un sistema iperstatico 20
1.11 Equilibrio dinamico di un sistema labile 23
1.12 Condizioni di equilibrio reali e teoriche 24

li 1.13 Condizioni di simmetria


1.14 Risultante di forze parallele
• 25
26
1.15 Esempi di calcolo delle reazioni vincolari 28

2 Geometria delle aree

vn
2 3 Baricentri e momenti statici 33 4.10.1 Flessione e linea elastica 124

2.1.1 Definizioni 33 4.10.2 Taglio ,.v 129

2.1.2 Esempio di calcolo del momento statico 38 4.10.3 Torsione T 131


2.1.3 Teorema di trasposizione dei momenti statici 39
5 Teoremi sul lavoro di deformazione 133
2.1.4 Momento statico di figure composte 41
5.1 Premessa 133
2.2 Momenti d'inerzia di una superfìcie 43
5.2 Teorema di Clapeyron 134
2.2.1 Momento d'inerzia rispetto ad un asse 43
5.3 Lavoro compiuto dalle forze interne - Energia elastica 137
2.2.2 Momento d'inerzia polare 45
5.4 Esempio di calcolo 139
2.2.3 Momento d'inerzia centrifugo (o misto) 48
5.5 Principio di sovrapposizione degli effetti 140
2.2.4 Esempi di calcolo dei momenti d'inerzia
5.6 Lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Betti 141
di figure geometriche semplici . 48
2.2.5 Momenti principali d'inerzia 50
6 Stato di tensione in un punto 149
2.2.6 Teorema di trasposizione dei momenti d'inerzia 56
6.1 Stato di tensione in un corpo 149
2.3 Corpo tridimensionale - Volume 57
6.2 Tensioni principali I55
2.4 Esempi di calcolo di baricentri e momenti statici 58
6.3 Cerchi di Mohr l66
6.3.1 Analisi dello stato di tensione piana 166
Equilibrio dei corpi deformabili 63
6.3.2 Costruzione dei cerchi di Mohr 167
3.1 II corpo deformabile. Equilibrio interno 63
6.3.3 Osservazioni sui cerchi di Mohr 168
3.2 II corpo sottile. Solido di De Saint Venant 66
6.4 Relazioni tensioni - deformazioni 176
3.3 Diagrammi di sforzo. Casi semplici 71
6.5 Tensione equivalente I78
3.3.1 L'asta tirata o compressa 71
6.5.1 Tensione normale massima • l80
3.3.2 La mensola incastrata 73
6.5.2 Tensione tangenziale massima 181
3.3.3 La trave appoggiata 79
6.5.3 Deformazione unitaria massima 1S1
3.4 Esempi di calcolo dei diagrammi di sforzo 82
6.5.4 Energia di distorsione massima 182

Tensioni e deformazioni nel solido di De Saint Venant 89 6.5.5 Curva limite <J -T l89
4.1 Premessa 89
6.5.6 Confronto grafico fra le ipotesi di rottura 192
4.2 Trazione 90
6.5.7 Applicazioni pratiche dei criteri di rottura 198
4.3 Prova di trazione 97
4.4 Flessione 102
7 Cenni sulla fatica dei materiali 203
4.4.1 Esempi di calcolo 108
7.1 Introduzione 203
4.5 Equazione differenziale della linea elastica 108
7.2 Cenni storici 20A
4.6 Relazione fra momento flettente e taglio 112
7.3 Esame delle superna di rottura 205
7.4 Grandezze caratteristiche della fatica 207
4.7 Tensioni dovute allo sforzo di taglio 113
4.8 Torsione in una trave a sezione circolare 119
7.5 Curva di Wòhlcr 209
4.9 Torsione in una trave a sezione rettangolare 122
7.6 Materiali senza limite di fatica 213
4.10 Esempi di calcolo delle tensioni 124
7.7 Fatica oligociclica 213

vm
7*8/ Fatica con durata a tempo determinato 216 3.1 Esercizi svolti 297
7£9i Fatica con durata a tempo indeterminato 217 3.2 Esercizi consigliati «, 311

7.10 II metodo stair-case 217


Esercitazione 4
7.11 Prove di fatica sul materiale 220
Diagrammi degli sforzi 319
*•' ' 7.11.1 Prove in controllo di deformazione 220
4.1 Esercizi svolti 319
7.11.2 Prove in controllo di tensione 220
4.2 Esercizi consigliati 331
7.12 Effetto della tensione inedia sul comportamento a fatica ..221
7.12.1 II diagramma di Smith e Goodman 221
Esercitazione 5
> 7.12.2 II diagramma di Haigh 226 Tensioni e deformazioni nelle travi 343
7!13 La legge del danno cumulativo 227 5.1 Esercizi svolti 343
7.14 Fattori che influenzano il comportamento a fatica 231 5.2 Esercizi consigliati 353
7.14.1 II materiale 232
7.14.2 II carico 233 EsercitazionjLfi
7.14.3 L'ambiente esterno 234 tensioni ^principali ed equivalenti 361
7.14.4 La finitura superficiale 236 6.1 Esercizi svolti 361
7.14.5 Le dimensioni del componente 238 6.2 Esercizi consigliati 372
7.15 L'effetto d'intaglio 239
7.16 Bibliografia 247
Bibliografia 377
\
8 Cenni sull'instabilità elastica delle travi 249
8J II carico di punta 249 }

Parte n
Esercizi

Esercitazione 1
Gradi di libertà e risultanti di sistemi di forze 255
1.1 Gradi di libertà 255
1.2 Forze e risultanti di forze 264
1:3 Esercizi 271

Esercitazione 2
Calcolo delle reazioni vincolari 273
à.l, Esercizi svolti 273
2.2 Esercizi consigliati 285

Esercitazione 3
Geometria delle aree 297

XT
e
o
"n
0)
a.
Capitolo 1

Equilibrio dei corpi rigidi

1.1 Sistema di corpi rigidi

Per sistema di corpi rigidi, nel senso più' ampio del termine, si intende un
qualsiasi insieme di corpi rigidi fra loro indipendenti o vincolati Tun l'altro
in modo qualunque.
L'insieme più' semplice di corpi rigidi è quello costituito da un solo corpo
puntiforme o non.

1.2 Coordinate di un sistema

Si definiscono coordinate di un sistema, in generale, le informazioni


necessarie e sufficienti a individuare, cioè a definire in modo univoco, la
posizione del sistema.
Sotto questo aspetto esistono vari esempi pratici di sistemi semplici,
costituiti, cioè, da un solo corpo.
Ogni corpo reale ha dimensioni (volume) finite e non nullc.
A seconda delle circostanze e delle caratteristiche del problema affrontato,
però, in molti casi pratici il sistema semplice può essere idealmente
rappresentato come un punto geometrico, privo cioè di dimensioni e per il
quale, quindi, non ha senso parlare di orientamento o giacitura.
§ i,3 - Coordinate Ubere e coordinate vincolate
1 - Equilibrio dei corpi rìgidi

riferimento orientato come quello base per disporlo secondo


Esempi concreti di corpi semplici che in pratica vengono spesso
l'orientamento che caratterizza ijt- corpo, cioè l'orientamento solidale
idealmente considerati come punti geometrici sono i pianeti, gli
all'aereo.
àereopléni, le navi, le automobili, ... Evidentemente in queste condizioni il sistema semplice costituito da un
In effètti spesso di questi corpi semplici interessa conoscere
solo corpo rigido necessita di 6 informazioni per poter essere
sempfìcemente il punto nel quale essi si trovano e non il loro
compiutamente definito nella sua posizione. In altri termini si tratta di
orientamento.
un sistema a 6 coordinate.
Cosi considerato, ciascuno di questi corpi semplici è rappresentabile
matematicamente come un semplice punto geometrico.
1.3 Coordinate libere e coordinate vincolate
Assumendo allora un riferimento geometrico costituito, ad esempio, da un
sistema di assi cartesiani, la posizione di un corpo puntiforme sarà
Una coordinata di un sistema si dice Ubera se può essere variata
univocamente determinata quando saranno note le coordinate cartesiane
liberamente nell'ambito del problema affrontato.
del punto che lo rappresenta.
Una coordinata si dice, invece, vincolatale è soggetta ajin «incoio che la
Se P è il punto considerato e Xpt yP, Zp sono le sue coordinate, queste
determina p in. ^assoluto o in_dipendcnza-univoca da altre (una o più)
ultime sono le informazioni necessaric e sufficienti a individuare la
coordinate del sistema.
posizione del sistema semplice idealmente rappresentato con il punto P Un esempio concreto di sistema semplice puntiforme con coordinate
suddetto. vincolate è la nave che è costretta dai vincoli naturali (la forza di gravita)
Se P, ad esempio, è la rappresentazione geometrica di un aereo in volo, la a muoversi rimanendo incollata (si spera) alla superficie del mare. Per
posizione di quest'ultimo sarà nota quando si conosceranno di esso la essa, quindi, la quota è vincolata e pari a zero mentre possono essere
latitudine, la longitudine e la quota. variate le altre due coordinate, cioè la latitudine e la longitudine. La nave,
In tutti questi casi di sistema semplice puntiforme si può perciò cioè, è un sistema a tre coordinate, due delle quali sono libere e una,
concludere che il sistema considerato ha tre coordinate.
invece, è vincolata.
In altri casi pratici, sempre a seconda delle circostanze e delle Un altro esempio concreto di sistema semplice puntiforme con coordinate
caratteristiche del problema affrontato, il corpo semplice non può però vincolate è l'autoveicolo che percorre ad esempio una strada in pianura
essere rappresentato come puro punto geometrico privo di dimensioni ben determinata. In questo caso si comprende come non soltanto la quota
(volume) e quindi senza alcun particolare orientamento o giacitura.
è vincolata (pari a zero), ma anche le altre due coordinate non sono del
Ad Esempio se, nel caso di un aereoplano in volo, occorre conoscere anche tutto Ubere, cioè non sono variabili in modo indipendente l'una dall'altra
-fl> suo orientamento, risulta allora indispensabile, al fine di definirne la se si vuole che l'autoveicolo si muova rimanendo sulla strada prestabilita.
posizione in modo completo, introdurre un riferimento geometrico, ad In altre parole le coordinate sul piano di percorrenza (la superficie
esèmpio tre assi cartesiani, solidale all'aereo e quindi definire la terrestre) cioè le coordinate x e y (latitudine e longitudine) debbono essere
posizione di questo riferimento solidale all'aereo rispetto al riferimento
scelte a coppie ben definite, per cui ad ogni valore di x corrisponde un ben
preso come base rispetto cui individuare la posizione del sistema,
determinato valore di y e viceversa, in modo che il punto così individuato
fifi^tal'caso sarà indispensabile definire non soltanto il valore delle tre
si trovi sempre sulla traiettoria stabilita individuata dalla strada.
éóSfdinàté cartesiane xP yP, zP che consentono di raggiungere,
In definitiva delle tre coordinate che caratterizzano i sistema punto-
dall'origine del riferimento di base, il punto P origine del riferimento autoveicolo solo una può essere variata liberamente, le restanti due
solidale all'aereo, ma anche il valore delle tre rotazioni angolari ■dj, óy, l), essendo di conseguenza ben determinate.
rispetto agli assi paralleli rispettivamente a x, y, z, da attribuire al
§ 1.4 - Coordinate e gradi di Kbertà
1 - Equilibrio dei corpi rigidi

lìistema autoveicolo è un sistema a tre coordinate, due delle


'.vincolate e una soltanto è libera. In questo caso la effettiva
sistema è univocamente determinata quando si conosce il
l coordinata libera: ad esempio la posizione kilomctrica
$Lpefcorso stradale.
§ÉB'tema è costituito da un corpo non puntiforme i cui punti si
no tutti su piani paralleli, si ha il cosiddetto moto piano.
^In-4l caso, infatti, la sua posizione potrà essere modificata soltanto
variando il valore delle coordinate cartesiane >tp yP di un suo punto sul
piano del moto e l'angolo t>, che individua ad esempio la posizione
'angolare del segmento di riferimento PQ che unisce il punto P ad un altro
determinato punto Q del corpo, le rimanenti coordinate del corpo essendo Figura 1.1 Coordinate di un corpo semplice nel piano
invece, come si è detto, non modificabili (Fig. 1.1).
In altre parole si può immaginare di scomporre ogni possibile moto piano
del corpo in tre moti componenti, cioè una traslazione rigida del corpo
parallelamente a se slesso lungo l'asse x della quantità Xp, un'analoga
traslazione rigida yP lungo l'asse y e una rotazione rigida di grandezza tfr
attorno ad un asse passante per P e ortogonale al piano x, y.
Se invece il corpo si muove liberamente nello spazio sicché i suoi punti
descrivono traiettorie non disposte su un piano, sono allora necessari (e
sufficienti) sei valori, relativi ad altrettante coordinate, per individuarne
univocamente la posizione (Fig. 1.2).
Ad esempio, rispetto al piano x, y avremo le coordinate xP> yP, tf, rispetto al
$anp x, z avremo xP) zP, tfy e rispetto al piano y, z avremo, yP( zP, dt, cioè
Figura 1.2 Coordinate di un corpo semplice nello spazio
avremo le sei coordinate, xp> yp, zp ùx, tìf, ù. come già si

precedenza.
vci sono vincoli, poiché il corpo si muove liberamente nello spazio, 1.4 Coordinate e gradi di libertà
Ìso ogni suo spostamento può essere pensato come somma di tre
fòiìorigide, nelle direzioni dei tre assi cartesiani x, y, z, e di tre Si potrebbe osservare, generalizzando, che un sistema puntiforme è un
àgoiari attorno alle tre direzioni dei tre assi cartesiani. In tal sistema a tre coordinate.
i^i, il corpo ha 6 gradi di libertà. Se tutte le coordinate sono libere, cioè possono essere variate, si ha il
caso del punto senza vincoli nello spazio e, quindi, un movimento
consentito secondo tre direzioni indipendenti cioè con tre gradi di libertà.
Se una coordinata è vincolata, cioè è predeterminata univocamente, il
sistema diventa a due gradi di libertà. Ad esempio, se le coordinate sono
i - Equilibrio dei corpi rigidi
d&£ § 1.5 *- Gradi di libertà di sistemi complessi

: e una di esse (z) è fìssala e costante, il sistema corrisponde al


punto mobile in un piano (z=costante) e quindi ha due gradi di
à^he in questo caso sono le coordinate x, y del punto stesso,
lììljtfganiente si potrebbe generalizzare osservando che un corpo non
afi^iforme è un sistema a sci coordinate. Se esso è libero di muoversi
. ideilo spazio è anche un sistema a sei gradi di libertà.
'Se invece sussistono vincoli che impediscono un qualche movimento,
■esso sarà un sistema con un numero corrispondentemente ridotto di gradi
di libertà.

}.Se ad esempio il corpo si muove su un piano (scostante, é "costante, $

^costante) il sistema risulta a tre gradi di libertà. Figura 1.3 Sistema a un grado di libertà

1.5 Gradi di libertà di sistemi complessi


Analogamente si potrebbe ragionare a proposito del corpo puntiforme Q
giungendo a individuare anche per esso una sola coordinata indipendente
Se il sistema è complesso poiché comprende parecchi punti o parecchi
corpi il numero di informazioni necessarie per definire univocamente la SQ-
posizione del sistema può crescere assumendo anche valori comunque II sistema costituito dall'insieme dei punti P e Q ha , però, soltanto una
elevati. coordinata libera, indipendente, poiché P e Q sono tra loro rigidamente
In questo caso il numero di informazioni richieste (cioè le coordinate del connessi dall'asta che li collega, e che impone loro una distanza reciproca
sistema) dipende ovviamente dal numero di punti o corpi che assegnata, cosicché, se si assegna un valore alla coordinata sp, risulta
costituiscono il sistema stesso. determinato univocamente il valore della coordinata sq, e viceversa.
Il numero di gradi di libertà del sistema dipende sia dal numero delle sue In definitiva, il sistema PQ oltre ai due vincoli esterni imposti a ciascun
coordinate, ma anche, contemporaneamente, dagli eventuali legami o punto dalla traiettoria assegnata, ha in se un ulteriore vincolo interno che
vincoli di collegamento che possono sussistere fra i punti o corpi del lega fra loro i punti del sistema. Esso perciò ha complessivamente 3
sistema.
coordinate (essendo un sistema piano) delle quali due sono vincolate e
Il numero di gradi di libertà del sistema, cioè, è tanto più' elevato quanto quindi possiede un solo grado di libertà.
«maggiore è il numero degli elementi (punti e/o corpi) che lo costituiscono Il cosiddetto "pendolo doppio" (Figure 1.4a, 1.4b, 1.4c) è costituito da due
ed è tanto più' ridotto quanto maggiore è il numero di vincoli che legano corpi aventi forma di asta, ciascuno dei quali, dovendo muoversi in un
-^•a loro gli elementi del sistema.
piano, ha tre coordinate indipendenti [Xf. » yn, i5j per il corpo le Xp , yF .
'Nel caso di un sistema piano costituito da un'asta individuata da due suoi
■&2 per il corpo 2).
punti P e Q che percorrono entrambi una traiettoria rettilinea definita
Se si fissa il punto Px del corpo 1, si vincolano due sue coordinate (xfl , y^)
(Fig. 1.3) è possibile individuare una sola coordinata curvilinea
indipendente che individua la posizione di P(sP). e quindi il corpo ] conserva un solo grado di libertà (#,).
Se si articola il punto P7 del corpo 2 nel punto Q{ del corpo 1, si vincolano
In altre parole il corpo puntiforme P ha tre coordinate due delle quali, però,
sono vincolate, dovendo esso percorrere una traiettoria ben determinata, due delle coordinate indipendenti del corpo 2 al corpo 1, cosicché, se la
e una sola è indipendente. posizione di quest'ultimo è assegnata, risulta di conseguenza fissato il
§1.6 - Coordinate e vincoli
1 - Equilibrio dei corpi rigidi

valore delle coordinate Xps, yn del punto P2. Il corpo 2 ha perciò un solo 1.6 Coordinate e vincoli

grado di libertà rispetto al corpo 1 poiché, se si fissa la posizione di


Assegnato un sistema è possibile stabilire il numero di coordinate che
quest'ultimo, il corpo 2 risulta avere un solo grado di libertà (t92).
individuano la posizione di ciascun elemento separatamente considerato
In definitiva il sistema costituito dal bipcndolo, cioè dai due corpi rosi
e, quindi, il numero n totale di coordinate che corrispondono alla somma
vincolati, ha complessivamente due soli gradi di libertà (l?, e #2).
delle coordinate dei singoli elementi.
Il sistema costituito da un comune manovellismo pistone-biella-
manovella (Fig. 1.5) comprende tre elementi fra loro collegati da cerniere
fi
di articolazione.
Si tratta in questo caso di tre corpi (pistone, biella, manovella) che si
muovono tutti su uno stesso piano. Ciascun corpo, quindi, separatamente
considerato, ha tre gradi di libertà, per un totale di nove gradi di libertà
IV
complessivi.
Esistono, però, vincoli estemi al sistema che impongono al pistone di
traslare rigidamente lungo l'asse del cilindro nel quale scorre e alla Figura 1.4b Pendolo doppio (corpi semplici che lo costituiscono)
manovella di ruotare rigidamente attorno ad un asse fisso (che costituisce
l'asse del cosiddetto perno O di manovella).
Esistono poi anche vincoli interni (mutui) costituiti dalle cerniere di
articolazione A.B che collegano fra loro pistone e manovella e,
rispettivamente, manovella e biella.
Tenendo conto di tutti questi vincoli è facile capire che in definitiva è
sufficiente la conoscenza di un solo parametro (ad esempio l'angolo $ di
manovella rispetto a un asse di riferimento, oppure la coordinata di
spostamento s del pistone nel cilindro) per determinare univocamente la Figura 1.4c Pendolo doppio (gradi di libertà)
posizione dei tre elementi, cioè dell'intero sistema.
In definitiva si tratta quindi ancora di un sistema (piano) complesso che
ha però un solo grado di libertà.

Figura 1.5 Manovellismo a un grado di libertà

Figura 1.4a Pendolo doppio (schema)


J - Equilibrio dei corpi rìgidi § 1.7\- Vincoli e reazioni vincoìarì 11

i elementi del sistema vincolati fra loro e vincolati a strutture Un vincolo doppio è quello costituito dalla cerniera o articolazione di un
sistema, è possibile, come si vedrà meglio in seguito, calcolare perno attorno a un asse fisso. Solitamente esso viene schematizzato con
^pj di vincoli complessivi (coordinate vincolate) che limitano il un carrello fisso (Fig. 1.6b).
Questo vincolo impedisce le due traslazioni ortogonali (secondo x e
^sistema è labile, cioè conserva un residuo numero l {n-m-H di secondo ^ lasciando libera unicamente la rotazione.
iti consentiti o gradi di libertà (cioè coordinate libere e Altro vincolo doppio è la coppia rotoidale costituita da un manicotto che
jnti). scorre lungo un'asta di guida oppure da un pistone che si muove lungo un
il sistema è isostatico, cioè non ha alcun grado di libertà poiché il cilindro di guida. Può essere rappresentato da due o più' carrelli scorrevoli
tero di vincoli uguaglia esattamente il numero di coordinate. affiancati (Fig. 1.6c).
n<m il sistema è iperstatico poiché il numero di vincoli è superiore a Esso impedisce una traslazione (ad esempio secondo x come in Fig. 1.6c) e
[ucllo strettamente necessario per eliminare ogni grado di libertà del la rotazione.
sistema stesso. Un vincolo triplo è il cosiddetto incastro che corrisponde, ad esempio, al
caso di una estremità di un'asta saldata o imbullonata su una parete e
Vincoli e reazioni vincoìarì che impedisce ogni movimento da quest'ultima.
Le considerazioni precedenti si possono estendere al caso dei problemi a
, Sussistono vari tipi di vincolo che nella realtà assumono a seconda del tre dimensioni ove sono da tenere in conto gli spostamenti nello spazio,
,caso le forme più' diverse. ovviamente più' complessi analiticamente parlando, ma concettualmente
Per facilitare l'analisi teorica dei problemi comuni con l'equilibrio dei del tutto analoghi a quelli già esaminati nel piano.
sistemi, i vincoli reali vengono normalmente schematizzati nel calcolo Ad esempio nello spazio è possibile incontrare un vincolo di grado sei
con corrispondenti vincoli ideali la cui caratteristica essenziale è legata poiché l'incastro totale e rigido in un ambito spaziale impedisce tutti i sei
al numero e al tipo di movimenti che essi sono in grado di impedire. gradi di libertà possibili, cioè le tre traslazioni e le tre rotazioni.
Si hanno infatti vincoli singoli, doppi, tripli, ...etc se essi impediscono uno, A ciascun movimento impedito dal vincolo è possibile associare una
,due o tre, ... dei gradi di libertà che il sistema avrebbe in condizione di corrispondente reazione vincolare che rappresenta la forza necessaria per
assenza di impedimenti. impedire il movimento suddetto.

caso più' frequente nei problemi pratici è quello che considera Nel caso ad esempio del carrello scorrevole, poiché esso impedisce lo
ilibrio di sistemi piani, cioè sistemi che si muovono su un piano, spostamento secondo una direzione assegnata, è applicata all'elemento (o
do allora, per semplicità, riferimento al piano, esempio tipico di al corpo o al sistema) una reazione vincolare corrispondente, cioè una
singolo è il perno scorrevole in una feritoia. Esso viene di solito forza diretta secondo la direzione di spostamento impedito e tale da
tato schematicamente con un carrello (Fig. 1.6a). trattenere in posizione fissa l'elemento (o corpo o sistema).
te che il carrello scorrevole impedisce unicamente la traslazione Così il perno che scorre nella feritoia o il carrello scorrevole lungo l'asse y
,, %. alla sua direzione di moto, lasciando invece libera la (Fig. 1.6a) sviluppano una reazione vincolare Rx costituita da una forza
aslazione secondo questa direzione e la rotazione. diretta secondo l'asse x.
In Sostanza, dei tre gradi di libertà possibili nel piano il carrello di Fig. La cerniera di articolazione (Fig. 1.6b), poiché impedisce lo spostamento
1.6a impedisce solo la traslazione secondo l'asse x. secondo gli assi x e y del riferimento, sviluppa una reazione che è
costituita da due componenti: una reazione vincolare Rx secondo l'asse x
e una Ry secondo y.
12 1 - Equilibrio dei corpi rìgidi § 1.8 - Moto di un sistema 13

L'incastro (Fig. 1.6d), impedendo i tre moti del piano, sviluppa tre reazioni
vincolari: le forze Rx e Ry e la coppia M secondo la rotazione ??.

1.8 Moto di un sistema

La conoscenza del valore dei gradi di libertà di un sistema (cioè delle sue
coordinate libere e indipendenti) definisce univocamente la posizione del
sistema stesso.

Se il valore suddetto dei suoi gradi di libertà o delle sue coordinate libere e
indipendenti è funzione del tempo, cioè varia istante per istante, anche
la posizione del sistema risulta funzione del tempo e, quindi, il sistema si
muove di conseguenza.

Assegnare il valore in funzione del tempo dei gradi di Ubertà di un sistema


equivale ad assegnarne il moto.

Figura 1.6b Cerniera Figura 1.6d Incastro

La conoscenza ad esempio della legge temporale che definisce nei vari


istanti successivi la posizione angolare l9(/) della manovella del sistema
di Fig. 1.7 consente di individuare in ogni istante la posizione non solo
della manovella, ma anche della biella e del pistone.
Pertanto è possibile calcolare, poiché risultano univocamente
determinate, la posizione, la velocità, l'accelerazione di ogni punto di
ciascuno dei tre elementi considerati in qualsiasi istante f a partire
dall'istante iniziale di riferimento t=0.

Figura 1.6a Carrello Figura 1.6c Coppia rotoidale

Figura 1.7 Sistema pistone-biella-manovella


1 - dei corpi rigidi § 110 r. Equilibrio statico di un sistema 15

io statico e dinamico Per quanto riguarda, infine, la natura, cioè l'origine delle forze, si hanno
forze di vario tipo cioè di gravita, di pressione, di taglio, magnetiche, termiche,
si parla di equilibrio di un sistema, si fa naturalmente ... etc cui, nel caso dell'equilibrio dinamico, si aggiungono le forze [o
£ft'.a forze agenti su di esso e a relazioni che legano fra loro tali coppie) d'inerzia che in generale sono per loro natura forze di volume.

7/ale si parla di equilibrio in senso stanco di un sistema quando esso 1.10 Equilibrio statico di un sistema
le ^ permanere nel suo stato iniziale di quiete o di moto uniforme,
aria invece di equilibrio dinamico quando il sistema stesso modifica Affinchè un sistema sia in condizioni di equilibrio occorre che le forze che
ite per istante il suo stato di moto. su di esso agiscono soddisfino a determinate relazioni che prendono il
entrambi i casi si possono scrivere relazioni di equilibrio che legano fra nome di equazioni di equilibrio.
irò le forze agenti sul sistema e che determinano e definiscono in esso In definitiva, in condizioni statiche, si avranno le seguenti possibili
|P££; ^e) primo caso la sua condizione di equilibrio stazionario e nel secondo, situazioni:

p& '/tnvece* la ÌC8ge secondo la (luale si evolve nel tempo il suo stato di moto. a) sistema labile o ipostaiico {n>m}
^■•■^•i/'/Nel caso dell'equilibrio statico, quando cioè il sistema è in quiete o in b) sistema isostatico (n=m)
;V'> moto stazionario, si hanno forze costanti nel tempo che possono essere fc) sistema iperstatico (n<m).
esteme o inteme e possono sviluppare una funzione attiva o reattiva dando U "~ "
luogo cioè sul sistema ad azioni o a reazioni. 1.10.1 Equilibrio di un sistema labile
Se il sistema è, invece, in condizioni di equilibrio dinamico, le forze sono
variabili e a quelle considerate in precedenza occorre aggiungere le Si_consideri per semplicità il caso dei sistemi in equilibrio statico e, a

cosiddette forze d'inerzia, che si manifestano ogni volta che in un titolo di esempio, si assuma come sistema analizzato il sistema più'
sistemala condizione di moto è soggetta a una variazione nel tempo (e si semplice, cioè il punto che si muove lungo una traiettoria assegnata.
realizzano quindi situazioni di accelerazione e decelerazione). Un esempio concreto riconducibile a questo caso ideale è il carrello che

Le forze poi possono essere sia forze propriamente dette (o spinte o scorre su una pista assegnata.

càrichi) sia coppie (o momenti). Esse si possono anche suddividere come Se si assume un asse x di riferimento parallelo alla pista lungo la quale

.fòrze di superficie se agiscono in punti di una superficie e forze di volume corre il carrello, la condizione di equilibrio 'statico del carrello stesso
g/>jìjsc1 -agiscono nei punti interni di un corpo. normalmente si individua nel fatto che le forze applicate al carrello

-Jjj£$fef ?orze di superficie si distinguono in forze distribuite, se agiscono su tutti parallelamente all'asse x siano tali da opporsi l'una all'altra in modo

|Vf!lP^ntì di un'area non infinitesima della superficie, e forze concentrate, se perfettamente equilibrato, dando cosi luogo a un'azione risultante nulla.

Ks$Ì^®cono idealmente in un punto soltanto di detta superficie.


p
Con riferimento alla Fig. 1.8 e al verso in essa indicato per le due forze jFJ
#$tì^realtà non esistono forze concentrate in un punto, essendo sempre e F2, si dice che il carrello è in equilibrio (statico) se vale la relazione:
l'area sii cui la forza si ripartisce una grandezza finita. In pratica si usa
parlare di fqrzc concentrate quando detta area è sufficientemente piccola,
cioè in definitiva tale da far ritenere insignificante, ai fini del risultato
Più' generalmente, attribuendo un segno anche alle forze, ad esempio
finale, lo spostare idealmente la forza applicata dall'uno all'altro punto
dell'area suddetta. segno positivo se esse hanno verso orientato come l'asse x (sarà perciò
F2<Q), la condizione di equilibrio si scrive:
Le forze di volume sono, in generale, sempre forze distribuite.
1 - Equilibrio dei corpi rigidi § 1.10 - Equilibrio statico di un sistema 17

:^à^
Figura 1.8 Carrello (caricato da due forze orizzontali)

Figura 1.10 Carrello (caricato da due forze oblique)

' Se le forze che agiscono sono più' di due (in generale N) come in Fig. 1.9,
la condizione di equilibrio sarà allora:
Questa considerazione è generalizzabile, potendo essere estesa a sistemi
comunque complessi e dotati di un qualsiasi numero di gradi di libertà.
Pertanto la condizione di equilibrio statico di un sistema, avente l gradi di
libertà, richiede che le forze applicate al sistema stesso secondo i diversi
suoi l gradi di libertà soddisfano, per ciascun grado di libertà, a una
equazione analoga a quella in precedenza considerata a proposito del
carrello: in sostanza le forze agenti debbono, secondo ciascuno degli l gradi
di libertà, avere risultante nulla.
Così, se si considera un'asta incernierata a un estremo e soggetta a due
forze F, e F2 (Fig. 1.11), la condizione di equilibrio (assumendo le forze
Figura 1.9 Carrello (caricato da più forze orizzontali)
con segno, cioè positive se agiscono concordi con l'angolo t?) si scrive ora
iFi<0, F2>0):

Se le forze applicate al carrello non sono orizzontali (Fig. 1.10), cioè


parallele all'asse x, ma hanno due componenti, una secondo x e
l'altra secondo y [Fìx,Fìy;F2x,F2y; ...), la condizione di equilibrio si scriverà
.ora nel modo seguente:

ove Flp è la componente della forza z-esima Ft perpendicolare all'asta e d,


è la distanza della F. dalla cerniera di articolazione dell'asta.
coinvolgendo cioè solo le componenti delle forze che sono orientate
La precedente equazione esprime la condizione che le forze che operano
secondo l'unico grado di libertà del carrello, cioè l'asse x
secondo l'unico grado di libertà del sistema (la rotazione t?) si equilibrino,
18 1 - Equilibrio dei corpi rigidi § 1.10 - Equilibrio statico di un sistema 19

cioè diano coppia risultante nulla: si noti che essendo il grado di libertà Questo modo di procedere non porta, però, alla determinazione delle
considerato una rotazione, le grandezze corrispondenti che determinano cosiddette reazioni vincolari, cioè delle forze di reazione che i vincoli
l'equilibrio sono ora delle coppie e la condizione di equilibrio si traduce in imposti al sistema debbono sviluppare per limitarne i movimenti.
un'equazione di momento risultante nullo. Sotto il profilo cinematico del problema, cioè per quanto riguarda la
Se si considera il caso del carrello (Fig. 1.12) si osserva immediatamente determinazione delle caratteristiche del moto dei vari elementi
che esso costituisce la rappresentazione concreta del concetto astratto di componenti il sistema, la conoscenza delle forze di reazione non ha in
punto. effetti alcuna importanza.
11 punto nello spazio ha posizione definita da tre coordinate (in genere le Sotto l'aspetto, invece, delle tensioni e delle deformazioni che le varie
coordinate x, y, z riferite ad un sistema cartesiano). forze applicate generano in ciascun elemento (e quindi della valutazone
Nel caso in esame, però, due di queste coordinate {y e z) sono in realtà della capacità di resistenza di detti elementi cioè della idoneità degli
invariabili, avendo infatti un valore assegnato e costante. stessi a sopportare le forze ad essi applicate), è indispensabile anche la
Come si è già detto, le forze agenti sul carrello possono avere non solo conoscenza delle reazioni suddette.
componente orizzontale secondo x iFix>F2t), ma anche componente Perciò, in generale, in un sistema con n coordinate e / gradi di libertà (con
verticale secondo y{Fiy,F2jr). ì<n) si scriveranno / equazioni che potremmo definire di equilibrio

Si è anche osservato che, per l'equilibrio del carrello, normalmente si cinematico o di moto, poiché servono a stabilire le condizioni che

considerano soltanto le componenti secondo il suo grado di libertà. garantiscono l'equilibrio cinematico o di moto stazionario o dinamico del
Tuttavia anche le altre componenti di forze agenti sul carrello debbono sistema, e n-l=m equazioni che potremmo definire di equiUbrio vincolare
soddisfare a condizioni analoghe di equilibrio. che determinano le reazioni applicate dai vincoli al sistema stesso.

Cosi, ad esempio, le componenti di forza verticale Fìy,F2yt tendendo a


schiacciare il carrello sulla pista, generano una reazione della pista stessa
su ciascuna ruota, diretta verticalmente, la cui azione risultante sarà una
forza verticale R.

Per l'equilibrio del carrello, scritto ora con riferimento allo spostamento
secondo l'asse y verticale, dovrà essere verifìcata la condizione:

Si osserva che la precedente equazione è sempre soddisfatta perché la


condizione di vincolo del carrello contro la pista sulla quale appoggia è tale
da originare una reazione la cui forza risultante automaticamente Figura 1.11 Asta incemierata ad un estremo
equilibra
l l'azione delle componenti Fìy,F2yt quale che sia la loro
intensità.

Per questo motivo le equazioni di equilibrio di un sistema si possono


scrivere nella meccanica facendo per semplicità riferimento alle sole
coordinate del sistema che sono libere e indipendenti, cioè ai soli gradi di
libertà.
1 - Equilibrio dei corpi rigidi
§1.10 - Equilibrio statico di un sistema 21

S_e m>n il sistema possiede m-n vincoli in più' rispetto al suo numero di
coordinate. Il sistema è, quindi, ipèjrDincolato avendo più' vincoli di quelli
necessari per assicurarne l'immobilità, cioè l'equilibrio statico.
Alle forze esterne applicate ai vari clementi del sistema si oppongono ora
m reazioni vincolari. E' possibile anche in questo caso scrivere altrettante
equazioni di equilibrio fra le forze quante sono le n coordinate del sistema.
Esse, però, conterranno m (>n) incognite costituite dalle reazioni
vincolari.
Sono possibili infinite soluzioni del problema poiché, assegnando
arbitrariamente il valore di m-n reazioni vincolari, le equazioni di
Figura 1.12 Carrello
equilìbrio consentiranno di determinare le rimanenti n reazioni vincolari
incognite: a ogni assegnazione arbitraria corrisponderà una rispettiva
soluzione.

1.10.2 Equilibrio di un sistema Isostatìco Si consideri, a titolo di esempio, il caso della Fig. 1.13. n sistema è
costituito da un solo elemento, una trave, le cui coordinate e spostamenti
(Nelle condizioni di equilibrio isostatico, il sistema è soggetto ad un teoricamente possibili sono le due traslazioni secondo gli assi cartesiani x
numero di vincoli m esattamente pari al numero di coordinate n del e yc la rotazione angolare 6.
sistema stesso, cioè al suo massimo numero possibile di gradi di libertà Si ha, perciò, n=3, come avviene per ogni corpo che si muove di moto
E' possibile, come si è visto, associare a ciascuna coordinata del sistema piano.

un corrispondente possibile spostamento (o movimento) dello stesso e La trave risulta incastrata nel suo estremo A ove essa è soggetta a tre
quindi, anche una rispettiva reazione vincolare che a questo spostamento possibili reazioni vincolari RAo, RAv e M
si oppone.
Essa, inoltre, è supportata da un carrello scorrevole all'altra estremità B
E' anche possibile scrivere un'equazione di equilibrio fra le forze (incluse ricevendo così una quarta reazione vincolare R^.
le reazioni vincolari) che agiscono sul sistema per ciascuna coordinata o In totale si hanno perciò m=4 reazioni vincolari, una in più' rispetto alle
movimento possibile del sistema stesso. coordinate n(=3).
Se n-mfl sistema è in condizioni isostatiche (cioè non si muove) essendo Scrivendo ora le tre equazioni di equilibrio fra le forze nelle tre direzioni di
soggetto a un numero di vincoli (e quindi anche di reazioni vincolari) spostamento definite dalle tre coordinate, si ha:
esattamente uguale al numero dei suoi possibili movimenti (o coordinate)
Eperciò possibile scrivere altrettante equazioni di equilibrio quante sono Rao-0
^^sipni vincola^ e, quindi, ottenere un sistema di equazioni che
consente la determinazione univoca delle reazioni vincolari stesse
Si conosce così perfettamente l'insieme delle forze che agisce su ciascun
elemento del sistema e lo sollecita.
Mancando componenti di forza esterna orizzontale si ottiene che la
1.10.3 Equilibrio di un sistema iperstatico reazione vincolare RAo in A è anch'essa nulla.
22 J - Equilibrio dei corpi rigidi
1.11 - Equilibrio dinamico di un sistema labile
Le rimanenti due equazioni contengono tre reazioni incognite (R ,R e
M) e non sono, quindi, sufficienti a determinarne univocamente iWalo're
Daltronde, poiché il problema è reale e concreto, è evidente che per una
data trave e per una data forza Fla soluzione del problema è univoca- essa
però, dipende ora non solo dalla forza Fé dagli aspetti geometrici del'
problema (lunghezza L, distanza d). ma anche dalle caratteristiche di
deformabihtà della trave.

E' evidente, ad esempio, l'importanza che può assumere il fatto che il


tratto terminale della trave prossimo alla sua estremità Bsia più' o meno
rigido rispetto alla rimanente parte (Fig. l 14»
Se, infatti, questo tratto ha rigidezza molto ridotta, la forza reattiva
vincolare in B risulterà corrispondentemente ridotta: al limite, se il tratto Figura 1.14 Sistema iperstatico
terminale tende ad assumere rigidezza trascurabile rispetto all'altra parte
1.11 Equilibrio dinamico di un sistema labile
sottiT
sotti* o TnS1
da una CaS°
fune,^ èUn evidente
tr'ttO tCrmÌnaIe
che laC°StÌtUÌt0
reazionedaR^
™* tenderà
Arisela
parallelamente ad annullarsi. Se n>m il sistema possiede n-m gradi di libertà secondo i quali esso è
Dovendo per l'equilibrio, essere RAv +/?,„ = F> quanto iu> libero di muoversi.

E' possibile scrivere, quindi, n-m relazioni che legano fra loro le forze
agenti sul sistema (incluse le forze d'inerzia se il sistema non è in
In definitiva, nel caso di sistemi instatici la soluzione non può equilibrio stazionario,.
Queste relazioni, nel caso di equilibrio dinamico non stazionario, sono
del 2tZ CT "f alW ""• ^^ caratteris^hc di deformabili
de sistemi stessi. Occorre, cioè, far riferimento necessariamente sotto forma di equazioni differenziali che possono venire integrate
allequ,l.bno dei sistemi deformabili e alle specifiche caratteristiche che giungendo cosi a esprimere, in funzione anche delle condizioni iniziali del
da questa deformabilità derivano. moto, le varie coordinate che corrispondono ai rispettivi gradi di libertà del
sistema, in funzione del tempo t
Le equazioni così ottenute forniscono le equazioni del moto del sistema.
Conoscendo, pertanto, l'evolversi temporale del sistema, cioè la
configurazione da esso assunta nei vari istanti successivi, è
possibile istante per istante stabilire le condizioni di equilibrio dinamico
del sistema,
cioè le forze di tutti i tipi, incluse quelle d'inerzia, che agiscono sui vari
elementi del sistema stesso.
Istante per istante è possibile, allora, scomponendo idealmente il sistema
nei suoi vari elementi componenti, scrivere l'equilibrio dinamico di
Figura 1.13 Sistema iperstatico ciascun elemento e determinare cosi le m reazioni vincolali
corrispondenti ai rispettivi vincoli introdotti.
§ 1.13 - Condizioni di simmetria 25
24 J - Equilibrio dei corpi rìgidi

Sono così note, anche in questo caso, tutte le forze che sollecitano ogni
elemento ed è, quindi, possibile risalire da queste forze alle tensioni e alle
deformazioni che esse generano in ciascun elemento: in questo caso
trattandosi di equilibrio dinamico, le condizioni cambiano da istante a
istante e, di conseguenza, cambiano parallelamente da istante a istante
le forze e, quindi, le tensioni e le deformazioni negli elementi.

condizioni reali ~ ipostatiche


1.12 Condizioni di equilibrio reali e teoriche teoriche: iperstatiche (n«3 m=4J

(Si hanno sistemi con false condizioni di vincolo quando le condizioni reali Figura 1.16c

di equilibrio del sistema non corrispondono al bilancio teorico fra


coordinate e vincoli.
e) Sistemi realmente iperstatici ma con condizioni teoriche di equilibrio
a) Sistemi realmente isostatici ma con condizioni teoriche di equilibrio
ipostatico oppure iperstatico; isostatico.

I l
condizioni reali - iperstatiche
teoriche: isostatiche [n*3 m=3)
condizioni reali: isostatiche
condizioni reali = isostatiche
teoriche: ipostatiche (n»3 m-2)
teoriche: iperstatiche {n-3 m=
rj\ Figura 1.17
Figura 1.1 Sa
Figura 1.15b

b) Sistemi realmente ipostatici ma con condizioni teoriche di equilibri 1.13 Condizioni di simmetria
isostatico oppure iperstatico;
A volte il problema presenta condizioni geometriche e di carico che
soddisfano a particolari condizioni di simmetria che possono semplificarne
ì la risoluzione.
Tipico esempio di questa soluzione è il caso di sistemi di per sé iperstatici
ma che, per particolari condizioni di simmetria, si possono ricondurre a
condizioni reali: ipostatiche
condizioni reali - ipostatiche condizioni reali isostatiche (Fig. 1.18).
teoriche: isostatiche {n-m~3)
teoriche: isostatiche (n=m=<>)

Figura 1.16b
1 - Equilibrio dei corpi rigidi § 1.14 - Risultante di forze parallele 27
26

i-t
Il corpo è anche in equilibrio alla rotazione rispetto a un qualsiasi punto O
(Fig. 1.19b), per cui sarà:

essendo xA la distanza di RA dal punto O e xà le distanze analoghe delle


forze F} rispettivamente.
Si ottiene perciò la relazione:
Per simmetria "e «* 0
R — P
Per simmetria nA " aj»

Per simmetria ^a = Mg x,=

Mancando le forze orizzontali esterne si ha: A^ ixb* iic* 0


Perciò eliminando dal bilancio da un lato le tre reazioni orizzontali e, che consente di determinare la posizione del punto A di equilibrio.
dall'altro, la reazione "e che è nota ("e » 0), il sistema diventa isostatico Si può concludere che l'azione risultante dell'insieme di forze parallele F.
e, quindi, risolvibile. è data da una forza risultante FK che, per l'equilibrio, dovrà essere uguale
in modulo, ma contraria in verso, alla reazione RA, cosicché, sostituendo
1.14 Risultante di forze parallele alle forze Ft la loro risultante FRi l'azione esercitata dall'insieme di forze
F, o dalla loro risultante Fn si equivale ai fini dell'equilibrio dell'asta (Fig.
Suppongo di applicare ad un'asta (in generale a un qualsiasi corpo rìgido)
un insieme di forze Ft {i = 1+N) parallele fra loro (Fig. 1.19a).
Appoggiando l'asta contro un vincolo puntiforme A, se questo è troppo
spostato verso
1*
sinistra l'asta tenderà a ruotare intorno ad A in senso orario. Se, invece,
il punto di reazione è troppo spostato a destra , l'asta ruoterà ancora II 11 111
attorno ad A, ma in verso antiorario.
Esiste, quindi, un punto intermedio rispetto al quale l'asta non ruoterà né
in verso orario né in verso antiorario, ma starà in equilibrio. Significa Figura 1.19a Asta appoggiata (schema)

allora che l'appoggio A sviluppa una reazione RA in grado di equilibrare


l'azione risultante delle forze F{,
Per l'equilibrio alla traslazione dei corpi rigidi deve allora essere:
28 1 - Equilibrio dei corpi rigidi
§ 1.15 - Esempi di calcolo delle reazioni vincolari 29

UÌlI Ih

Figura 1.19b Asta appoggiata (reazione vincolare)

Risoluzione:

Miniili* Jt,,

Equilibrio alla traslazione orizzontale: F1+F2+Rc


Equilibrio alla traslazione verticale: RÀ+RB = 0
Figura 1.19c Asta appoggiata (risultante delle forze parallele) Equilibrio alla rotazione attorno al punto

1.15 Esempi di calcolo delle reazioni vincoiarì

Esempio 1

Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura (d^O lm Risultati:


dB~lm, F,°80N, F2=120N). Rc=200N

Esempio 2
Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura (L-lm,
d,=0.2m, d7=0.8m, Ft-F2
30C 1 - Equilìbrio dei corpi rigidi 1.15 - Esempi di calcolo delle reazioni vincolati 31

ti f

Risoluzione:
L

lisa i
Risoluzione:
ih
U
'■ Equilibrio alla traslazione orizzontale: RAO + RBq ~ 0
Equilibrio alla traslazione verticale: RAy —RBy+F =
Equilìbrio alla traslazione orizzontale: R=0
Equilibrio alla rotazione attorno al punto A RBV • / — F L = 0
Equilibrio alla traslazione verticale: RÀ + RB - Fì - F2 = 0
FL
Equilibrio alla rotazione attorno al punto A: Ft- dì+F2-d2- RB- L

<>'"
Rav -

Risultati:

Equilibrio alla traslazionc orizzontale: Rco — R^ ~ ^


Esemplo 3
^Equilibrio alla traslazione verticale: R^ — RBV = 0
Calcolare le reazioni vincolali del sistema rappresentato in figura
(L=1.8m, l=lm, h-0.5m, F-300N). Equilibrio alla rotazione attorno al punto C — RBV • / + RBO
1 - Equilibrio dei corpi rìgidi

F-L

Risultati
; RAV =240N; RBo = -RAo = RCo =1080N
Capitolo 2

Geometria delle aree

2.1 Baricentri e momenti statici

2.1.1 Definizioni

Supponiamo di considerare un corpo piano dì area A costituito da un


materiale avente densità costante p per unità di superficie ([p]=Kg / m )
(Fig. 2.1).
Consideriamo un'areola elementare dA e ^calcoliamone, la forza peso

elementare dP:

dP

La risultante P delle forze elementari dP è data dalla somma vettoriale

^delle dP.
risultante P è diretta verticalmente come ogni dP e ha modulo pari
risultante scalare (= somma algebrica) delle forze elementari dR
2 — Geometrìa delle aree § 2.1 - Baricentri e momenti statici 35

Non sappiamo, però, in questo modo,dove possiamo considerare

concentrata la risultante delle forze peso. La posizione della risultante P

può essere individuata calcolando il momento delle forze elementari dP


y-— s
rispetto ad un asse parallelo a P passante per un punto M qualunque
(FigVZJ2) è scrivendo che esso deve eguagliare il moménto dato dalla
risultante P rispetto allo stesso punto M: ,

L'espressione sopra riportata rappresenta il momento delle forze statiche


o, più' precisamente, delle forze peso, rispetto alla retta passante per il
punto M . Esso è, a meno del prodotto costante p-g, determinato dalla

grandezza:

che dipende unicamente dalle caratteristiche della superficie A e che


Figura 2.2 Corpo piano di area A (risultante delle forze peso)
prende il nome di. momento statico della stessa rispetto all'asse verticale
passante per M.

V La distanza fra la risultante P e Tasse passante per il punto Af vale:

gpjxdA
,- ±_

)alle precedenti considerazioni si deduce che, se il momento statico S


|plla sezione viene calcolato rispetto alla verticale alla quale appartiene la
sultante, essendo a=0, deve quindi anche essere:

S=0

si ruota la superficie di Fig. 2.2 in modo che la risultante P prima


Figura 2.1 Corpo piano di area A Scolata, considerata solidale alla superficie, assuma una nuova
2 - Geometria delle aree § 2.1 - Baricentri e momenti statici 37
36

posizione P' ruotata e se si ripetono le considerazioni precedenti, si Supponiamo di aver individuato G come intersezione della risultante P
troverà la nuova posizione che la risultante P delle forze peso elementari relativa a due direzioni ortogonali fràTloro e si assuma il riferimento
assume rispetto alla nuova disposizione della superficie (Fig. 2.3). cartesiano x, y avente origine in G e individuato dalle direzioni suddette
(Fig. 2.4).
(Si assuma una direzione arbitraria e una retta r ad essa parallela.
Calcoliamo il momento statico della superficie rispetto alla retta r. Sarà:

= jddA

dove la distanza d vale:

Figura 2.3 Corpo piano di area A (ruotato rispetto alla posizione precedente)

L'intersezione di P con P ' individua un punto G, denominato baricentroL


rispetto al quale il momento statico della sezione calcolato con riferimento

ad entrambe le direzioni individuate da P e da P ' risulta nullo.


Si dimostrerà nel seguito che qualunque sia la rotazione imposta alla
superficie e, quindi, la sua disposizione, il punto G è lo stesso e
Figura 2.4 Momento statico di una superficie
rappresenta, quindi, un punto caratteristico della superficie A, rispetto al
quale o, meglio, rispetto ad una qualunque retta passante per il quale, il
momento statico della superficie A è sempre nullo. à = dG + ad = àG + x • cos a - y • sen a
Il baricentro è, infatti, quel punto tale che rispetto a tutte le rette passanti

l per esso il momento statico è nullo.


§2.1 -^Baricentri e momenti statici 39
2 - Geometria delle aree
38

bh2
S=\ddA=[dcdA+jxcosadA-jysenadA
A A A A

I momenti statici rispetto agli assi baricentrici jxdA e \ydA sono / 2.1.3 Teorema di trasposizione dei momenti statici
A A
5i conosce il momento statico 5, rispetto all'asse X, (Fig. 2.7) e si vuole
nulli per cui si ha:
Calcolare il momento statico rispetto all'asse x2 (parallelo a x,) spostato di
! una quantità d.

Ne consegue che la risultante delle forze peso P passa per G


indipendentemente dal valore deU'angolo OC, cioè indipendentemente dalla
direzione di r. Per questo motivo il baricentro di una superficie prende
\.
anche il nome di centro ài gravita del corpo piano.
Le coordinate del baricentro sono espresse dalle relazioni seguenti: s-v- ^"

Jx dA '■dA
_ A

Se il corpo o superficie possiede un asse di simmetria, o anche di


antisimmetria, essendo per definizione il momento statico della
superficie rispetto a questo asse pari a zero, si conclude che l'asse
stesso è un asse baricentrico, cioè passa per C.
Figura 2.5 Sezione con due assi di simmetria
Se la superficie possiede due assi di simmetria (Fig. 2.5) è allora
individuato immediatamente il suo baricentro G essendo esso
l'intersezione dei due assi. S2 =

2.1.2 Esempio di calcolo del momento statico

Si vuole calcolare il momento statico di un triangolo rettangolo rispetto


all'asse spassante per la base del triangolo stesso (Fig. 2.6).
§ 2.1 - Baricentri e momenti statici 41

"2 ■■

Figura 2.6 Sezione triangolare

Figura 2.7 Teorema di trasposizione dei momenti statici


statico
52 rispetto all'asse * parafo a * e spostato ddla

d di x. da x, ■
2i3S3rè jcn-u
2.1.4 \ Momento statico di figure composte
Per la definizione di momento statico come integrale (cioè sommatoria di
Se l'asse x, è baricentrico allora, essendo St =0, si ha. termini infinitesimi) di una grandezza esteso a un campo di definizione, il
momento statico di una figura che è somma di più' aree è pari alla somma
S2=Adc
dei momenti statici delle singole aree.
^el caso, ad esempio, del momento statico di una superficie a forma di 1
essendo de la distanza dell'asse X2 dal baricentro. (Fig. 2.9) rispetto alla retta r passante" per il lato di base della superficie s,
Pertanto il momento statico di una qualsiasi area rispetto ad una retta può scrivere:
qualsiasi è dato, in generale, dal prodotto dell'area per la distanza del suo
baricentro dalla retta.
Nel caso di un cerchio, ad esempio, di raggio r e distante d da una retta
assegnata (Fig. 2.8), il momento statico è pari a:
.ssendo 4 e A2 le due aree componenti relative al braccio verticale e,
S = nr2 d rispettivamente, orizzontale della T.
; quanto detto in precedenza sarà:
§ 2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie 43
2 - Geometria delle aree

H+h

2.2 Momenti d'inerzia di una superficie^


/2.2.1 Momento d'inerzia rispetto ad un asse

I Oltre al momento statico, per le superfici in generale si individua anche


un'altra grandezza caratteristica definita dall'espressione:

che prende il nome di momento d'inerzia della superficie A rispetto alla


retta y (ortogonale^alla direzione jd disposta in_una Pos*?ion? assegnata
(FÌgT2?T0)?' ~ """
Analogamente si può definire il momento d'inerzia della superficie A
Figura 2.8 Calcolo del momento statico di un cerchio rispetto ad una retta
Vnspetto alla retta xl(ortogonale alla direzione y) disposta in una posizione
assegnata (Fig. 2.11):

/ = f y2dA

Si può, inoltre, definire il momento d'inerzia della superficie A rispetto


alla retta a disposta in una posizione qualsiasi (Fig. 2.12):

=jd2dA

Figura 2.9 Momento statico di una figura composta

Per lo stesso principio si può dimostrare che nel caso precedente il


momento statico S della F è ottenibile come differenza fra il momento
statico del rettangolo maggiore di lati H, Bc quello del rettangolo minore di
lati (B-b), h, cioè:
45
§ 2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie
2 - Geometria delle aree

lP>' i ,''.■".:;' ,■ '■ .■■li.11, jpi-'ì' /


^iM ■:• ■.."■: :;^

Figura 2.10 Momento d'inerzia della superficie A rispetto ad una retta y Figura 2.12 Momento d'inerzia della superficie A rispetto ad una retta a qualsiasi

(g.2.2 iflonjfintpdMnerziapolare \

/Nel caso del momento d'inerzia si fa uso anche (nella "Meccanica" e nella
'«Scienza delle Costruzioni") deljnojnentojiWrzia polare calcolato non
rispcSoad\uraSclò-féttaJ|-mil rispetto ad un polo (o punto) P (Fig. 2.13)
con l'espressione:

'/>,■:■ ;'^''.' r-*'


in questo caso /, rappresenta, a meno della costante p (caratteristica del
materiale), la grandezza, cioè la resistenza inerziale che si oppone in
condizioni dinamiche (cioè di rotazione libera in questo caso), all'azione di
Figura 2.11 Momento d'inerzia della superficie A rispetto ad una retta x una coppia esterna applicata tendente a porre in rotazione la superficie
attorno al polo suddetto.
Come è noto dalla fisica, la forza Fche occorre per produrre in una massa
; m l'accelerazione a è pari a:

F-mq >\
2 - Geometria delle aree § 2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie 47
46

il che corrisponde ad affermare che per produrre l'accelerazione suddetta


occorre vincere una forza d'inerzia pari a:

Se si suppone di porre in rotazione una superficie piana A attorno ad un


asse ortogonale ad essa (Fig. 2.14) con accelerazione angolare tf, nel
punto P' distante r dall'asse si ha una componente di accelerazione
tangenziale pari a:

aT =r-9

La massa elementare dm nell'intorno di P' darà perciò luogo ad una forza


d'inerzia tangenziale elementare pari a:

Figura 2.13 Momento d'inerzia polare della superficie A


dFt = -r0 ■ dm

Se la superfìcie ha densità p la massa elementare sarà pari a:

dm = p-dA

II momento risultante delle forze d'inerzia corrispondenti all'intera


superficie di area A sarà perciò pari a:

M, = -j(rtip dA)r = -Ópjr2 - dA

II momento risultante delle forze d'inerzia è perciò proporzionale, a meno


della densità p e per una data accelerazione angolare ì), al termine:

IP = figura 2.14 Superficie piana A in rotazione attorno ad un asse ortogonale ad essa

che costituisce il momento polare della superficie rispetto all'asse


suddetto: esso prende appunto il nome di momento polare d'inerzia della
superficie rispetto al polo individuato dall'asse di rotazione-
49
§ 2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie

=/, / 2 essendo /P =./, + ly = 2


2.2.3 Momento d'inerzia centrifugo (o misto)
jcRa =nDA
Oltre ai momenti d'inerzia precedentemente descritti, si usa anche
° ttodurrc njno^toji'iner^^ntrifugo (o misto) definito dalla seguente ""4 64

relazione:
i
•* - «-

1 f

2.2.4 Esempi di calcolo dei momenti d'inerzia di figure geometriche h 1 ^.


1-
semplici

a) Momenti d'inerzia del rettangolo


Svogliono calcolare i momenti d'inerzia di un rettangolo d. base b e
altezza h (Fig. 2.15) rispetto ad un asse x (passante per la base inferiore
del rettangolo) e rispetto agli assi baricentrici xQ e y0.
Figura 2.15 Momenti d"inerzia di un rettangolo
*r , . bh*

[T

b) Momenti d'inerzia del cerchio


Si vogliono calcolare i momenti d'inerzia polare 1P (rispetto al centro U) e
diametrale Id di un cerchio (Fig. 2.16) di diametro D (e raggio R).

Figura 2.16 Momenti d'inerzia di un cerchio


§ 2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie 51
2 - Geometria dette aree

2.2.5 Momenti principali d'inerzia


=0 . / = Massimo o minimo
Si consideri la superficie di Fig. 2.17 e si calcoli il momento d'inerzia da
polare IP rispetto al centro O degli assi coordinati x, y.
\Esplicitando la relazione si trova:

_ (jx - \y ). senla - 21ty ■ cos 2a = 0

Poiché il valore della distanza radiale del punto generico dal centro degli
assi coordinati O può essere espresso tramite il teorema di Pitagora come => tan2a= -2 v -
x ~ y
radice della somma dei quadrati delle coordinate del punto stesso, con una
Gli assi rispetto ai quali il momento d'inerzia risulta minimo o massimo
semplice sostituzione si trova:
sono dunque ortogonali per la natura della funzione tangente e vengono
indicati come assi principali d'inerzia; gli angoli che li individuano rispetto
ad un sistema cartesiano qualunque sono:

Considerando la retta generica a ruotata deU'angolo a rispetto all'asse x a, =iaictaii -2y--2


(Fìgr2.17), si può^scrivcre:

d -ycosa-xsina

Tramite l'espressione precedente si può mettere in relazione il . I valori dei momenti d'inerzia relativi agli assi principali sono:
niomento d'inerzia rispetto alla generica direzione a con i momenti
d'inerzia relativi ai due assi coordinati x e y.

Ja = \d2-dA=\ {ycosa-x sena) dA

!; Essendo:
Ia = Ix-cos2 a + Iy ■ sen2 a-2JV sena■ cosa

1 valori di a per cui il momento d'inerzia lo è massimo o minimo (Fig.


2.18) possono essere ricavati imponendo che la derivata di questo rispetto
ad a sia nulla: i può scrivere:

/ = Lllz. + J* ly cos 2a, - /„ sen 2a,


"'2 2
€jl = _(/x _ / ). Sen2a - 27V • cos 2xx
dee
53
§ 2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie
52 2 - Geometria delle aree

Dimpstriamo che il momento d'inerzia centrifugo lab (Fig. 2.19) è nullo


Poiché:
gTTassi aeb sono principali (o centrali) d'inerzia:

/xy = — j
-tan2a,1 si ottiene: /a=/,cos2a +/rsen2a -27^-sena cosa

I^ = Jb = JtscD2a +Iycos2a +2/J0,sena -cosa


I *£
al 2 2

La relazione trovata può essere riscritta come:

dove d = ycosa-xsena e d, = ysena+xcosa


r =L±L +

oì 2
2 2-cos2a,

Poiché a2 = a, + ni 2

/x-H/y Ix~ly
/„,=■
2 +2-cos2(a, 2 2-cos2a,

Si ricavano infine le seguenti formule:

/ol~/a2"2-cos2al

/ =̣iJ^L + ̣i^!Lcos2a, Figura 2.17 Momenti principali d'inerzia


2 2

2 2

sen2a,
=-(/„, - la2)
55
§ 2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie

Jx -I
= Iv cos 2a +

Per a e b principali (a = a,;^ = a, + /2) si ha:

Iab =-

0 a, Kll <*! n

Se la superficie in esame ha un asse di simmetria (Fig. 2.20 gli assi


principali d'inerzia relativi ad un qualunque punto Q de lasse d,
Figura 2.18 Andamento di /„ al variare di a simmetria sono l'asse di simmetria stesso e l'asse a lui ortogonale.
Infatti, qualunque sia la posizione di 0lungo l'asse ydi simmetria, si fta.

Si deduce, allora, in generale:

Se la superficie è circolare e Q è il centro di essa si ha allora /„ - 0,


1=1 = costante e si deduce quindi anche:

Figura 2.19 Momento centrifugo rispetto ad assi principali

Iab = J (y cos a - xsena )ysena + x cos Ct)dA


5 2.3 - Corpo tridimensionale - Volume 57

Se l'asse r, è baricentrico {5, =0) si ha:

Figura 2.20 Esempio di superficie con due assi di simmetria

2.2.6 Teorema di trasposizione dei momenti d'inerzia ' Figura 2.21 Teorema di trasposizione dei momenti d'inerzia
■il
Tsi vuole calcolare il momento d'inerzia di un'area (/,) rispetto ad un asse
V2) Paral»el° a 1ueUo C^-.l Aspetto il quale si era precedentemente 2.3 Corpo tridimensionale-Volume
calcolato il momento d'inerzia (/, ) e spostato di una quantità d (Fig. 2.21).
Tutte le considerazioni precedenti vengono estese al corpo
C tridimensionale.
nche in questo caso si parlerà di momento statico del corpo rispetto ad un
sse intendendo ora per momento statico l'espressione:

=ndo s la distanza di dVdax (Fig. 2.22).

/2=/, + 2dB, +Ad7 logamente a prima sarà possibile individuare il baricentro G del corpo.

dove S, e il momento statico rispetto all'asse r,


Esempi di calcoto di baricentri e momenti d'inerzia 61
2.4

Risoluzione:
Per definizione qualunque momento statico baricentrico (G - baricentro)
dell'insieme è nullo:
y ' 1
D^taricentro G si trova sulla congiungente GrGc e. calcolando il momento
m
statico rispetto all'asse perpendicolare a C,cc Pesante per G , si ottiene:
Q
}
5— A * sì ^ A * u« ^ vi
l f ™~ C l R 2

Di conseguenza si ha:
L
< Acdl=AR-d2
X Essendo d,+d2 = d
si ottiene:

Esempio 2 cioe deil'insieme costituxto


Trovare il baricentro delle due arce in t gu rettangolo fc/
dal cerchio (*c = 10«) di baricentro Gc e area c
)dibaricentro GR e area A l-
= 15cm. * =
Capitolo 3

Equilibrio dei corpi deformabili

3.1 II corpo deformabile. Equilibrio interno.

Si è supposto finora di considerare sistemi i cui elementi sono costituiti


da corpi infinitamente rigidi, cioè indeformabili.
Inoltre si è anche sempre considerato l'equilibrio del sistema valutando
ogni elemento che lo costituisce nella sua interezza: poiché, infatti, ogni
elemento viene considerato costituito da un corpo di ugual forma e di
rigidezza infinita, non ha alcuna importanza né alcun significato
considerare ciò che avviene all'interno di' ciascun elemento essendo
questo assolutamente indeformabile e, cioè, in grado di sopportare
qualsiasi sforzo senza subire alcuna minima deformazione.
Nella realtà tutti i corpi, e quindi tutti gli elementi di qualsiasi sistema,
qualora siano sottoposti all'azione di forze agenti (esterne o interne, di
superficie o di volume ... etc) su determinati punti degli stessi, si
"ormano in misura più' o meno elevata a seconda di molteplici fattori: il
l'entità, il punto di applicazione delle forze, le caratteristiche del
iteriale, il tipo di vincoli ...
ìventa allora importante studiare ciò che accade anche all'interno di
ascun corpo determinando le deformazioni che si producono su di esso e
conscguenti tensioni che nascono in ogni punto dello stesso.
§ 3.1 - Jl corpo deformabile. Equilibrio interno. 65

distribuita su tutto il volume della parte considerata. Normalmente la sola


5serva innanzitutto che, anche nel caso di sistemi costituiti da corpi
forza di volume presente è la forza p$so la quale nell'equilibrio interno
labili, per ciascuno di essi valgono ancora le equaz.on, di equwbno
viene spesso trascurata (poiché produce effetti locali trascurabili) mentre
in precedenza considerate. viene invece in genere tenuta in conto nell'equilibrio globale del corpo, al
/lene per » corpi deformabili è infatti possibile ripetere le cons.deraz.on.
^ fatte a proposito delle coordinate, dei movimenti possibili, dei vincol. momento ad esempio di determinare le reazioni vincolari.
La parte componente in questione può anche essere individuata {parte B
che limitano le possibilità di movimento, delle libertà di movnrento
della Fig. 3.1) in modo tale che la superficie che la racchiude è costituita
effettivamente consentite dai vincoli, delle equazioni di moto, delle
sia da una parte di superficie esterna Sc sia da una parte di superfìcie
reazioni vincolari, delle equazioni vincolari.
interna St.
,„ questo caso, però, occorre considerare ciascun corpo non soltanto
facendo riferimento al suo comportamento globale, ma estendendo anche Sulla superficie esterna S^ agiscono forze esterne di superficie, che spesso
sono concentrate, mentre sulla superficie interna Sé agiscono forze
all'interno di quest'ultimo le considerazioni suddette..
Si osserva che anche per i corpi rigidi si potrebbe .mmagmare d, interne che sono sempre distribuite su tutta la superficie Sr Queste
analizzare l'interno degli stessi cercando di stabilire relazioni analoghe a ultime, per l'equilibrio della parte componente» devono essere così

Quelle già definite con riferimento ai corpi rigidi considera*, nella loro conformate (in direzione e valore) da dar origine a una forza risultante che
equilibra le restanti forze agenti sulla superficie esterna Se.
ri corpi rigidi, cioè, «potrebbe considerare, come verrà fatto Assegnata allora una parte di corpo (D in Fig. 3.2) delimitata parzialmente
to per i corpi deformabili, non soltanto l'equilibrio di c,aScun da una superfìcie interna Si$ scrivendo l'equilibrio della parte di corpo
elemen^ considerato nella sua globalità, ma anche 1'equ.l.bno d. considerata nel suo insieme come isolata dalla restante parte di corpo è

ciascuna sua parte componente. possibile determinare in modulo, direzione e verso la risultante delle forze
Nel caso però dei corpi rigidi questo eventuale approfondimento dello elementari distribuite sulla superficie Sé.
studio porta a risultati che non hanno alcun interesse pratico. Per la verifica della stabilità (o integrità) del corpo occorre conoscere in
Pianto l'analisi degli equilibri interni e delle forze che sollevano ogni suo punto (o meglio in quello phi' sollecitato, cioè soggetto a forze
talmente ogni parte interna di ciascun corpo verrà svolta ne. segu.to distribuite che danno luogo, nel loro insieme, al maggior effetto, cioè in

con riferimento solo ai corpi deformabili. definitiva allo stato di tensione più' vicino al cedimento della resistenza
Come per i corpi rigidi, anche per i corpi deformabili e per ciascuna parte del materiale che costituisce il corpo) le forze distribuite agenti nelle
di essfsi può parlare in generale di equilibrio statico e d> equino varie possibili (infinite) direzioni uscenti dal punto considerato.
dinamico a seconda che nello scrivere l'equilibrio intervengano (dmam.co) In generale ciò comporta la risoluzione di un complesso sistema di

o meno (statico) le forze d'inerzia. _ equazioni generali che in definitiva coinvolge e comporta l'equilibrio
Limitando l'analisi al caso più' generale dell'equilibrio stafeo, s. osserva dell'intero corpo considerato come deformabile in ogni sua sìngola parte
che, se il corpo è in equilibrio nel suo insieme (poiché le forze - incluse le componente.

reazioni - ad esso applicate si fanno equilibrio secondo i suo. g. d. 1. ), lo e alcuni casi, molto comuni peraltro, è però possibile semplificare
mire in ogni sua singola parte componente. randemente il problema formulando ipotesi di distribuzione approssimata
Questa parte (ad esempio A nella Fig. 3.1) può essere completamente ^semplice delle forze distribuite di tensione in modo tale da consentirne il
interna al corpo, nel qual caso essa è delimitata da una superficie che e Icolo con metodi semplici a partire dalla conoscenza delle forze esterne
anch'essa interna al corpo: si avranno allora forze di superficie interne delle corrispondenti risultanti R agenti sulle varie sezioni interne del
distribuite sull'intera superfìcie della parte in questione e la cui
risultante equilibra l'eventuale forza di volume (ad esempio magnetica)
2
CI
IL
§ 3.2 - II corpo sottile. Solido di De Saint Venant 69

N
Figura 3.3 I! solido di De Saint Venant

Figura 3.4c Scomposizione della forza F

Figura 3.4a Trave a L incastrata

vi.

Figura 3.5 Scomposizione della risultante R

Anche il momento M rappresentato come vettore avrà in generale una


componente Mt diretta secondo la normale alla sezione S e che esercita
su di questa una azione di torsione [M, ■ momento torcente) e una
1 componente m che invece appartiene al piano della sezione S e che
esercita un'azione di flessione ( Mf = momento flettente).
fSi consideri ad esempio il caso della Fig. 3.4a, nella quale è rappresentata
|«na trave a L incastrata a un estremo e soggetta a una forza F applicata
Figura 3.4b Porzione della trave a L incastrata
ll'estremo del braccio libero piegato della trave e di intensità, verso e
§ 3.2 - II corpo sottile. Solido di De Saint Venant 69

' N
Figura 3.3 11 solido di De Saint Venant

Figura 3.4c Scomposizione della forza F

S "'"

Figura 3.4a Trave a L incastrata

Figura 3.5 Scomposizione della risultante R


R= F

Anche il momento Af rappresentato come vettore avrà in generale una


componente M diretta secondo la normale alla sezione Se che esercita
su di questa una azione di torsione (A/, D momento torcente) e una
componente m che invece appartiene al piano della 'sezione S e che
esercita un'azione di flessione ( Mf ° momento flettente).
Si consideri ad esempio il caso della Fig. 3.4a, nella quale è rappresentata
iuna trave a L incastrata a un estremo e soggetta a una forza F applicata
Figura 3.4b Porzione della trave a L incastrata
il'estremo del braccio libero piegato della trave e di intensità, verso e
§ 3.3 - Diagrammi di sforzo. Casi semplici. 71

in precedenza considerati in modo da visualizzare lo stato di sollecitazione


qualsiasi, e si voglia studiare l'equilibrio delle due parti di trave
generale del corpo stesso. ,;■
«.«irate idealmente da una sezione S qualsiasi. Questi diagrammi sono tipici delle strutture assimilabili al solido sottile di
tSbrio della parte staccata daUa sezione S richiede (Fig. 3.4a, che su
Juesia segone agLa una forza distribuita .a cui risultante deve avere ,o De Saint Venant normalmente presenti nelle costruzioni
meccaniche, ...) quali ad esempio le mensole, le travi, i portali,...
(civili,

stesso modulo, la stessa direzione e verso opposto alla forza F.

£ elione. su.1* sezione S corrispondente della parte di «ve mcastratt 3.3 Diagrammi di sforzo. Casi semplici.
IJHL forza distribuita uguale e contraria alla precedente con una
risultante pari a F e distante d dal baricentro della sezione (Fig 3.4b). 3.3.1 L'asta tirata o compressa
™to F può essere riportata sul baricentro con l'aggiunta di un

r;r^rsci;L^, ,4C,
Scrivendo l'equilibrio del tratto di asta delimitato dalla sezione 5, ad un
estremo e tirato dalla forza F all'altro (Fig. 3.6) si deduce che la risultante
^perfide Se una T tangente ad essa, cioè agente sul piano d. detta delle tensioni agenti sulla sezione S, deve essere diretta secondo la forza
F,
Trnomel complessivo di trasporto M può a sua volta scornarsi in un cioè secondo l'asse dell'asta. La risultante darà perciò origine solo ad uno
vettore momento "• diretto ortogonalmente alla superficie e sforzo normale JV, non avendo altre componenti di sforzo.
corrispondente a un momento di torsione e in un vettore momento d. Per l'equilibrio del tratto di asta sarà, inoltre, JV=F.

flessione M< disposto sul piano della superfìcie S. „ t „ Le considerazioni precedenti valgono per qualunque sezione 5, e, quindi,
L genera* la determinazione degli sforzi sul.a faccia cornsponden e a in tutta l'asta si avrà soltanto lo sforzo normale JV=F=eostanle.

una sezione del solido sottile può ottenersi nel modo seguente (F.g. 3.S*
Nota la risultate fi deUe forze (tensioni, che agiscono -"* *-°"e
considerata (la risultante K è ottenibile dalle comun, equazioni d.
equilibrio applicate all'una o aU'altra delle due parti nelle quali lagone
considerata suddivide il solido sottile, è possibile individuare la retta per .1
baricentro G perpendicolare aUa R. Questa retta taglia la linea dazione
della R in un punto H. ù-a A
E' così individuato il momento complessivo di trasporto par. a M-RJ.
I I
essendo d la distanza GH. Occorre a questo punto scomporre d vettore*,
(che è perpendicolare al piano di Re di GH) nelle due componenti luna
lungo la normale « alla sezione, ottenendo cosi il momento torcente «„
e l'altra perpendicolare alla « ottenendo cosi il momento flettente Ur Figura 3.6 Diagramma di sfòrzo normale -
infine la R può essere scomposta in una componente lungo la normale
n ottenendo cosi lo sforzo normale JV. e in un'altra componente si considera il caso di un'asta tirata da due forze Fx e F2 (Fig. 3.7) il
perpendicolare alla n, ottenendo in tal modo lo sforzo di taglio T. (jagramma dello sforzo normale JV (Fig. 3.8) si ottiene dall'equilibrio delle
Ripetendo il ragionamento precedente per ogni sezione del corpo e >le porzioni di asta.

possitele tracciare lungo il suo asse l'andamento degli sforzi T, ti, M, M,


§ 3.3 - Diagrammi di sforzo. Casi semplici. 73
3 - Equilibrio dei corpi deformabili

I, N

3—>

Figura 3.7 Asta tirata da due forze

1
Ro la reazione vincolare nella sezione di incastro si ha
Indicando con
N

Figura 3.8 Diagramma di sforzo normale

3.3.2 La mensola incastrata

Studiamo la mensola soggetta ad una forza F sulla estremità libera


perpendicolare all'asse longitudinale della trave (Fig. 3.9).
Per l'equilibrio del tratto di trave delimitato dalla sezione Sif la forza
risultante R che occorre applicare a questa sezione deve essere diretta
Nella generica sezione x compresa fra l'incastro
come la Fé uguale e contraria a questa.
applicazione della forza F, (*-(/2) si avrà allora:
Trasportando la R nella sezione S,, si deduce che le reazioni su questa
sezione devono dar luogo a uno sforzo di taglio T"F, che equilibra il tratto
di trave nella traslazione e a un momento lettente Mj che, dovendo
equilibrare il tratto di trave alla rotazione, sarà pari a: My = F •(/— x).
Cambiando la sezione Si lo sforzo di taglio T rimane invariato, mentre il
momento flettente M, cambia, crescendo proporzionalmente con legge

lineare al crescere della distanza x della sezione 5; {Fig. 3.10) dall'estremo


ibero della mensola.
i nota che la sezione della mensola soggetta alle condizioni di sforzo
Nel tratto x>l/2 si avrà invece: ^ggiori (cioè quella più' sollecitata) è quella dell'incastro.
§ 3.3 - Diagrammi di sforzo. Casi semplici. 75
3 - Equilibrio dei corpi deformabili

1
1 1

Figura 3.11 Trave a mensola. Diagramma di momento flettente.

Se si considera il caso di una mensola caricata da due forze Ft e F2 (Fig.


3.12) i diagrammi dello sforzo di taglio T (Fig. 3.13} e del momento
flettente Mf (Fig. 3.14) si ottengono dall'equilibrio delle singole porzioni
di asta.
Figura 3.9 Mensola incastrata

I 4
in

Figura 3.10 Diagrammi di sforzo di taglio e di momento flettente Figura 3.12 Trave a mensola caricata da due forze

Se la trave è soggetta ad un momento M all'estremità ^^J


diagrammi di sforzo si limitano al diagramma del momento flettente
che è costante essendo Mf =M.

M
§ 3.3 - Diagrfimmi di sforzo. Casi semplici 77

k.U F—,

Figura 3.13 Diagramma di sforzo di taglio

-M

Figura 3.14 Diagramma di momento flettente

Allo stesso risultato si perviene, in modo formalmente più semplice, se si


pone l'origine dell'asse x in corrispondenza dell'estremità Ubera della
trave.
Studiamo ancora la mensola soggetta in questo caso ad una forza F
sull'estremità libera inclinata rispetto all'asse longitudinale della trave
<Fig. 3.15).

Figura 3.15 Trave a mensola caricata da una forza obliqua


§ 3.3 - Diagrammi di sforzo. Casi semplici. 79

ssere espresse tramite le seguenti relazioni:


F = F ■ cos a

T i

FV=F- sena

Le relazioni vincolari valgono:

-FI

M =Fyl
Figura 3.16 Diagrammi di sforzo normale, taglio e momento flettente
normale, taglio e momento flettente sono calcolati
, «agrammi di sforzo
considerando l'equilibrio della trave:
3.3.3 La trave appoggiata

Studiamo ora il caso di una trave semplicemente appoggiata soggetta ad


«, p,
Ci
una forza ortogonale F applicata in corrispondenza della sezione Xq (Fig.

3.17).
N

Figura 3.17 Trave su due appoggi

Calcoliamo le reazioni vincolari sugli appoggi:


§ 3.3 - Diagrammi di sforzo. Casi semplici 81

3 _ Equilibrio dei corpi


80 Per x > x0 si ha:

= RA-F
, = RÀ-x-F-{x-x0)

Oppure anche:

/-■Xp
l Tt
x'-l-x

M,=RB-(l-x)
momento flettente M,

In particolare si ha per x < x0:

Figura 3.18 Diagrammi di sforzo di taglio e di momento flettente

T M,
§ 3.4 - Esempi di calcolo dei diagrammi di sforzo 83

3.4
Esempi di calcolo dei diagrammi di sforzo

SS1* andamenti dello sforzo di taglio e del momento flettente nella


^ave musata in figura (t=5m, «plSOOKg/n».
r = -36787*

Esempio 2
Calcolare gli andamenti dello sforzo di taglio e del momento flettente per la
trave illustrata in figura (I«=3m, F~2000Kg).
Risoluzione:

rni Hi
/ I / /

HeB
T sono dati dalle relazioni seguenti:
Risoluzione:

Per la simmetria:

R. = RB = F
§ 3A - Esempi di calcolo dei diagrammi di sforzo 85

Nella sezione S* (di coordinata x) lo sforzo dtlaglio Te il momento flettente


M sono dati dalle relazioni seguenti:

M sono dati dalle relazioni seguenti: T


I9620.V

= 58860^

Esempio 3
. Calcolare gli andamenti dello sforzo di tagUo e del momento flettente nella
trave illustrata in figura (a-°3m, L~Sm, q=1600Kg/m).
tlettentt M sono dati dallt rel^oni sc

.ITI 1

Risoluzione:

ab2 b_

2L L\ 2
§ 3.4 - Esempi di calcolo dei diagrammi di sforzo 87

r = 6278.4N

R =6278.4N Rb- i i m ; i ' iTTlX

= -25U3.6N
%

flettente M valgono:

r=^ = IL
IL M =2*l[a 4—1 = 20091^1»
"" 2L{ 4L)

f
V «

Nella generica sezione .' (di coordinata *) sforzo di


flettente Mvalgono:
Capitolo 4

Tensioni e deformazioni nel solido di De


Saint Venant

4.1 Premessa

Occorre a questo punto passare dalla determinazione degli sforzi risultanti


(JV, T, hi,, hi,) su una sezione del solido sottile alle tensioni (cioè alle
forze distribuite per unità di superfìcie) sulla sezione stessa. ..
In generale (Fig. 4.1) le tensioni sulla faccia di una superficie sono
definite da due componenti l*una normale <T (di trazione o compressione) j
alla superficie stessa e una tangenziale T (d'attrito). !-
Se si assume come asse x di una terna cartesiana l'asse ortogonale alla i•
sezione si avranno perciò su tale sezione le componenti di tensione i;
seguenti: j
alt tv, xa !

essendo <T, la tensione normale e X^, XB le componenti della tensione j


tangenziale X, rispettivamente secondo l'asse y e z (Fig. 4.2). '
Analogamente, con una semplice rotazione degli assi, si può dedurre che |
le componenti di tensione su una faccia ortogonale all'asse yo all'asse z j:
sono rispettivamente le seguenti: ■«!
°y>xyi> xr- (sulla faccia ortogonale all'asse i^ }; j
a X ,X (sulla faccia ortogonale all'asse z). I',
Iy il
§4.2.- Trazione 91

Figura 4.3 Asta caricata in direzione assiale

Se si seziona la trave in una generica sezione S si vede che il solo sforzo


esistente è lo sforzo normale N che è costante lungo l'asta (mentre
T = M, = M, = @l edè uguale al carico applicato R
Figura 4.1 Tensioni sulla faccia di una superficie

y II segno dello sforzo normale N è, secondo le convenzioni normalmente


utilizzate, positivo per lo sforzo di trazione (Fig. 4.4a) e negativo per quello
di compressione (Fig. 4.4b).

Figura 4.4a Asta in trazione

Figura 4.2 Tensioni sulla faccia perpendicolare all'asse x


N

4.2 Trazione
Figura 4.4b Asta in compressione
Consideriamo un'asta rettilinea caricata da due forze P agenti in
direzione assiale (Fig. 4.3).
Lo sforzo N è la risultante delle forze interne agenti nella sezione S.

JL
4.2 - Trazione 93

e quindi, quello di risalire dallo sforzo risultante » alle forze


su,L superficie S delle H lo sforzo »* appunto 1.
ove A è l'area della sezione dell'asta.

.a distribuzione di queste forze interne sulla superbie S Questa conclusione è sperimentalmente verificata dal fatto che,
comunque sia la "forma" della trazione applicata, sia cioè essa sotto forma
di parabola (1), di sinusoide (2) oppure distribuita su un'area ristretta (3),
se la risultante della tensione è la stessa, nella sezione S dell'asta
sufficientemente lontana dalla faccia di estremità si avrà in ogni caso

TI Simmetria del problema, sogsett. «d un. azione d, uno stato di deformazione uniforme che conserva quindi la planarità della

e subisce, pertanto, una deformazione .denfea. Co e sezione S stessa (Fig. 4.6).

:H£2£E= A B B'

A B B' Cx
" -H.«o ebe o^u fibra «e quindi o8r.i punto della sezione, „ trova
in condizione perfettamente identica IMna rispetto ali altra. Figura 4.S Asta in trazione: sezioni piane

2-

5S=H
Se ao questa trazione, applicata alle estremità deUa trave e Figura 4.6 Solido di De Saint Venant
da una forza concentrata su un'area ristretta oppure da una
distribuita con qualsivoglia legge sull'intera superflue ^UaJacc,a di
estremità (purché la risultante sia sempre la stessa e ^ fecondo D Saint_Venant una sezione si intende sufficientemente

distribuzione delle tensioni in una sezione suffic.entemente lóntanaPse ^ dalla fa^cciadristFemità è. simerinrR alla
faccia di estremità è sempre la stessa ed e pari, ^'^^^ V d,iinensiojic lineare più' elevata della sezione dell'asta.
alla tensione O, distribuita uniformemente avente la stessa multante L'asta rettilinea considerata in precedenza è un solido di De Saint Venant

della azione di trazione applicata alle facce. nel quale, cioè, la sezione ha dimensioni che sono piccole rispetto alla sua
lunghezza. In generale si definisce solido sottile o monodimensionale
Sarà allora:
- Trazione 95

quello nel quale una dimensione prevale nettamente rispetto alle altre

Solido Pu6, in generale, essere curvilineo, quando cioè il suo asse, che
costituisce la dimensione che prevale nettamente sulle altre, ha Nelle applicazioni comuni le deformazioni sono piccole e non modificano la
forma generale dei corpi per cui, in un'asta omogenea a sezione
S^M^L sezioni molto ravvicinate del solido l'incremento costante, si può porre £ = €0 = costante.
degU sforzi da una sezione all'altra potrà ritenersi infinitesuno rispetto In tal caso si avrà allora:

ndocfXra allo sforzo nonnaie JV, si può osservare che se il solido


^1 a forte curvatura (solido curvilineo sottile), cioè se le dindon, A/o =/£•<& = £„ ■/,
della sua sezione sono trascurabili rispetto al raggio di curvatura del suo
asse, le considerazioni precedentemente formulate a pn.pos.to deUa
distribuzione delle tensioni nell'asta rettilinea valgono .densamente da cui si ottiene:

anche in questo caso. Si può cioè ancora scrivere:

£n =
N

essendo /0 la lunghezza iniziale del tratto considerato e At0 la variazione


L'asta rettilinea e l'elemento di solido curvilineo sottile soggetto allo sforzo
complessiva del tratto stesso.
normale JV si deformano. Le fibre dell'asta e del solido si allungano e
A volte £ è moltiplicato per 100 e prende in tal caso il nome di
simile allungamento cresce al crescere di N, cioè di a, ■
allungamento percentuale, essendo l'allungamento riferito alla lunghezza
Si può quindi pensare che un elemento di asta o di solido d. lunghezza
iniziale lQ=WO,
iniziale , subisca, a seguito deDa *PPK^°^f^7l Nella pratica si possono incontrare anche allungamenti complessivi A1T
allungamento raggiungendo quindi una lunghezza finale
di ({se ovviamente Wè positivo cioè di trazione). dovuti all'effetto di una variazione di temperatura A7\

Si potrà allora fare riferimento a un fattore caratteristico che e cosi L'allungamento complessivo del tratto /0 di asta dovuto alla temperatura si
calcola nel seguente modo:
definito:


£=T
dove Ct è il coefficiente di dilatazione termica lineare del materiale che
II fattore E viene definito allungamento unitario, allungamento cioè per costituisce l'asta (OC, ad esempio, vale 0.000012 per gli acciai e 0.000017
unità di lunghezza iniziale. ♦ ■ - i , per gli acciai inox nell'intervallo di temperatura compreso fra 0 e 100 °C) e
L'allungamento complessivo*! per un tratto di asta di lunghezza iniziale /, AT è la variazione di temperatura (espressa in °C).
sottoposta alla tensione G vale quindi: La corrispondente deformazione £Ot è espressa dalla relazione seguente:
5 4.3 - Prova di trazione 97

Le deformazioni assiale e laterale possono essere espresse dalle relazioni


seguenti: ^

Sperimentalmente si è verifica* che per molti materiali da costruzione


esiste nell'ambito dei piccoli allungamenti una resone d. ■'"'.
proporzionalità diretta fra .a tensione di trasione Ox e la corrisponden e
deformatone £,; questa relazione lineare fu formulata per la prona volta p —
Ah
= —V • F

nel 1678 dallo scienziato inglese Robert Hooke e prende, appunto, .1 nome ' h •

U c^clTrdTproporzionalità è una costante tìpica del materiale ed è Per gli acciai di uso comune il valore del coefficiente di Poisson V può

nota come modulo elastico E (o modulo di Young). essere con buona approssimazione assunto pari a 0.3.

D coefficiente di proporzionalità è una costante tipica del materiale ed e


nota come modulo elastico E (o /nodulo di Young). •,„,,«
Ad esempio per gli acciai il modulo elastico assume valon compre* ra 1.8
e22 10sNlmm2. Si noti che il valore del modulo elastico E e per lo p.u jtfr-A/f h
indipendente dalla temperatura (per gli acciai fino a 300 * 400° C).
La Ugge di Hooke è espressa dalla relazione seguente:

Vamngometo totale A/o, provocato da uno sforzo normale costante «su di Figura 4.7 Deformazioni assiale e laterale di un'asta
una porzione di asta con lunghezza iniziale l0 e sezione di area A può
quindi essere espresso in funzione del modulo elastico:

4.3 Prova di trazione

La prova di trazione permette di determinare le caratteristiche


meccaniche più' importanti di un materiale {nodulo elastico E, carico
Sperimentalmente sì dimostra inoltre che la deformazione assiale e, di unitario di snervamento o carico unitario di scostamento dalla proporzionalità
un'asta in trazione è sempre accompagnata da una contrazione laterale R^3, carico unitario di rottura 13).
e (Fig. 4.7) e che il rapporto fra l'allungamento unitario in direzione
La prova di trazione consiste nel sottoporre un provino {Fig. 4.8) ad un
assiale £, e la corrispondente contrazione unitaria £, in direzione carico di trazione monoassiale a velocità costante e non elevata e nel
■'li
laterale è costante entro il campo elastico e prende il nome di coefficiente misurare i carichi e i corrispondenti allungamenti.
di Poisson V dal nome del matematico francese che per primo determino E' possibile in tal modo ricavare una curva tensione-deformazione [C— £)

tale rapporto analiticamente. indipendente dalla geometria del provino. In particolare si definisce
§ 4.3 - Prova di trazione 99

tensione nominale C o semplicemente tensione il rapporto fra il carico P


agente e l'area 4, della sezione trasversale originaria del provino:

Lo

La dilatazione pratica* nominole £ o semplicemente deformazione è data


dal rapporto fra la varinone AI, di lunghezza e la lunghezza .mz,ale i,
Lo* 50 nsn
del provino: Lc"75mm
b=12.5mm

AL,,

Figura 4.8 Provino standard per prove di trazione secondo normativa UNI EN
Nelle Figure 4.9 e 4.10 sono riportate le curve tensione^eformazione (ff-e) 10002-1
di alcuni materiali di comune utilizzo.
I materiali metallici e ceramici hanno un primo tratto di curva nel quale
assumono un comportamento di tipo elastico, riassumono cioè la oro
configurazione iniziale se il provino viene scaricato (viene riportato a (b)
Carico di
carico P=0) inoltre in questo primo tratto di curva il comportamento e snervamento
allo 0.?%
lineare e viene descritto dalla Ugge di Hoofce. A rottura si possono
raggiungere allungamenti anche del 30*0%. Nella gomma, e negli altri
Vomeri il comportamento non è lineare e si possono verzicare
allungamenti del 400-500%.
n materiale supera il limite elastico quando il carico appheato e tale da
provocare una deformazione plastica o permanente; in tal caso solo la
parte elastica dell'allungamento totale è recuperabile. Poiché tale tote e
di difficile determinazione, la normativa introduce il concetto di
snervamento e definisce il carico unitario di snervamento R^ come quel
carico in corrispondenza del quale si ha l'evidente collasso plastico del
Dilatazione, mm/mm Dilatazione,

materiale.

Figura 4.9 Diagrammi tensione-deformazione per il rame poticrìstallino: diagramma


completo (a) e regione con comportamento elastico e parte iniziale del diagramma
con comportamento plastico
T

§ 4.3 - Prova di trazione 101

valore limite di tensione al di là del quale .1 verifica .

allo 0,2%
corrisponde ad un allungamento permanente
(Fig. 4.9b).

0 0.005 0.010 0,015 0 7 4 6 8


Dilatazione, mm/mm Dilato?tono, mm/mni

Figura 4.10 Diagrammi tensione-deformazione per alcuni materiali di comune


utilizzo
§ 4.4' — Flessione 103

102
4_ r^orùed^ì^^^15^0^^^2^ deformazione: la superficie che ha come_ traccia la linea n-n e a cui
i ■

corrispondono queste fibre è detta superficie neutra e l'intersezione di tale


4.4 Flessione
superficie con una sezione trasversale della trave costituisce l'asse neutro
della trave stessa.
Indicando rispettivamente con red r'i raggi di curvatura della superficie
neutra prima e dopo l'applicazione del momento flettente (cioè in
condizione iniziale e successivamente deformata) e con d(p e d<p' gli
angoli infinitesimi corrispondenti a detti raggi, si può calcolare la
lunghezza dlH della fibra neutra dell'elemento infinitesimo di trave
considerato (Fig. 4.14):
ragioni di simmetria tF,g. 4/1LI)- one delle tensioni sulle
Ne consegue che. per queste ragioni, a deformazioni
dln =rd(p = r'd<p1 '
facce di ciascun elemento sarà.la i
cementino saranno ^bu£ ^ ^
L'allungamento unitario della generica fibra avente distanza y dall'asse
neutro vale, per definizione:

Una deformazione di Uno ^ZLJS** con l'ipotesi di df-dl


delie due facce del—tino (Fig. £'= —

^formazione.—^^ essendo di e di' rispettivamente le lunghezze di tale fibra prima e dopo la


deformazione.
un'incurvatura verso l'esterno, un "^^ dfzione
i a deformazione
peri-elemento I. poiché i due elem Esprimendo tali lunghezze di e di' in funzione di r, r", dq>, dqt si ha:

avvenuta, avere le propne facce


conseguenza presentare un'espansumc d, segn dr=(r'+y)d<p'

un'incurvatura verso l'interno). compatibile poiché non


_ Pertanto anche questo Upo di <
L'allungamento unitario vale quindi:

e _ y d<p'-dg>_ y fd<p' A y (r._Ajy_(\__}\


' r+y d<p r + yyd<p J r + yyr' ) r + y\r' r)

allungamento delle fibre stesse e m un * fibre longUudinali cioè:

accorciamento: nel caso della Fig. 4.11,_adescmp , e quelle


che si trovano dalla parte convessa sub^cono un allu^g ^^^
che si trovano dalla parte concava subiscono, in , .gcono aicuna
U fibre che appartengono aUa linea nn (F.g. 4.1JJ n

J
§ 4.4 - Flessione 105
104 4 - Tensioni e dej

Pcr <rITaZsse inizialmente rettilineo (1/r-O) e raggio di curvatura R


dopo l'inflessione (l/r'=l/R) si ha:
Si può quindi scrivere:
= .y (4.1)
e,
(4.3)

dove/r è il momento d'inerzia della sezione A rispetto all'asse z.


Hooke:
Essendo dalla (4.2):
(4.2)
<y

(4.4)

distribuzione deUe tensioni „, e, «** ^ <15> *—"


Sostituendo la (4.3) nella (4.4) si ottiene:

(4.5)

da cui si ha:

(4.6)

che:
La tensione massima sulla sezione si può esprìmere nel seguente modo:

Di conseguenza si ha:
dove la quantità fp =_i_ è il modulo di resistenza a flessione della trave.

Essendo nuUo U momento statico rispetto all'asse neutro (asse z) si può


Snldere ebe tale asse passa per il T«£££ su wtta la
n momento risultante delle forze elemcntan c.dA mtegrato su
sezione non è «ulte, ma equilibra, invece, il momento flettente „,.
§ 4.4 - Flessione 107

M,

Figura 4.11 Elementi di trave inflessa

Figura 4.12 Deformazioni di elementi di trave in flessa

Figura 4.14 Deformazioni di una trave inflessa

eternante deformato

elemento indefornìsto

Figura 4.13 Elemento deformato di trave inflessa

Figura 4.15 Tensioni in una trave in flessa


§ 4.5 - Equazione differenziale della linea elastica 109
4 . Tensioni e deformazioni nel solido di De Saint Venant

retlione rettangolare (base b e altezza h, soggetta ad un momento


flettente M, (asse neutro coincidente con l'asse z).

M,y w. 'oc
UT
(X =
r
12

TravT^sezione circolare (di diametro D) soggetta ad un momento


Figura 4.16 Elemento infinitesimo di linea elastica
flettente Mj attorno all'asse z (asse neutro coincidente con 1 asse z).
La lunghezza cfl dell'elemento infinitesimo di linea elastica può essere
espressa nel seguente modo:

32
K (4.8)
64

11 segno negativo corrisponde ad un decremento della pendenza nel verso


delle x positive.

4.5 Equazione differenziale della linea elastica Per piccole deformazioni si può esprimere la lunghezza di in funzione delle
coordinate dx, dy dell'dementino:

Con il termine Snea elastica si intende la deformata dell'asse di una trave


(4.9)
7 -per'rWe l'equazione differenziale della linea elastica si suppone che la
deformazione in un generico punto della trave dipenda soltanto dal vaio*
del momento flettente e non sia influenzata in alcun modo dallo sforzo d, Si può inoltre scrivere:

SSnTideri un elemento infinitesimo di linea elastica di una trave


(4.10)
inflessa inizialmente rettilinea compreso fra due sezioni m ed m di dx
lunghezza di e raggio di curvatura R(Fig. 4. 16).
Sia a l'angolo che la tangente in mformacon l'asse *e a-da l'angolo in La derivata della tga vale:
§ 4.5 - Equazione differenziale della linea elastica 111

(4.11)
(4.14)
dx7

Da note relazioni trigonometriche si ha:


Essendo, in accordo con le convenzioni già utilizzate per lo studio della
flessione (Par. 4.4), positivo il momento M che pone in trazione le fibre
appartenenti alla parte di trave con asse y positivo (Fig. 4.17), si può
scrivere:

Sostituendo la (4.10) nella p.ll) si può esprimere la variazione della 1 _ M


(4.15)
pendenza a lungo l'asse x. R EL

e, pertanto, sostituendo la (4.15) nella (4.14), si ha:


da _ dx1 (4.12)

-IÌli.
(4-16)
dx1 EI,
[dx

che rappresenta, appunto, l'equazione differenziale della linea elastica.


Sostituendo le (4.9) e (4.12) nella (4.8) si ottiene:
Integrando la (4.16) una volta si ottiene l'espressione della pendenza della
linea elastica e integrando la (4.16) due volte si ottiene l'andamento della
1 da da \ _ d2y 1
deformata (y in funzione di jd della trave.
Il valore y della deformata in un determinato punto della trave è detto
anche freccia della trave in quel punto.

Da cui si ha:

(4.13)
i £
R~ dx1

Nelle appUcazioni reali la quantità dy / dx è molto piccola e pertanto:

ÈL{ 1 e quindi f *|« 1


Figura 4.17 Flessione: convenzioni di segno

Si può in definitiva semplificare la (4.13) ottenendo:


§ 4.7 - Tensioni dovute allo sforzo di taglio 113
nel solido di De Saint Vengg

e pertanto:

Consideriamo la trave inflessa sottoposta a carichi concentrati e dht


-T
dx

che esprime la relazione esistente fra lo sforzo di taglio e la derivata del


momento flettente nelle travi inflesse.
Scrivendo» invece, un'equazione di equilibrio alla traslazione verticale
dell'elemento di trave considerato si ha:
l^Z rispetto ad un asse
della trave e passante per la sezione mn si ha:

Si ha quindi:

dT
Trascurando gli infinitesimi di ordine superiore si ottiene:

che esprime la relazione fra la derivata dello sforzo di taglio e il carico


fi K
distribuito.
ì
4.7 Tensioni dovute allo sforzo di taglio

Se in una trave inflessa sono presenti sia un momento flettente che uno
sforzo dovuto al taglio si producono in una generica sezione della trave
Figura 4.18 Trave inflessa stessa non solo tensioni normali <X , ma anche tensioni tangenziali T.
Considerando la porzione destra della trave di Fig. 4.18 {Fig. 4.20) si può
dedurre dalle condizioni di equilibrio l'entità complessiva delle tensioni
tangenziali T dal momento che la loro risultante deve necessariamente
eguagliare lo sforzo di taglio T.

y
T+dT

Figura 4.20 Porzione destra della trave

Figura 4.19 Elemento infinitesimo di trave in flessa


4.7 _ Pensioni dovute aUo sforzo di taglio 115

Sull'elemento di trave di sezione PPin,n e larghezza b le tensioni


normali a, e ox+do-, vanno ad equilibrare in direzione x le tensioni
tangenziali xy, secondo l'equazione seguente (Figure 4.22a e 4.22b):
rappresentata in Fig. 4.21a. le tensioni tangenziali m
In prtao luogo si PUÒ I»°S"'* «e allo storco di tagUo
ogoi punto dell» 87»neS;^°;" rseln« stessa. In «al caso, secondo
adottate, si indi— le tens,on,
Esprimendo le tensioni normali a, e o.+do, in funzione dei
corrispondenti momenti flettenti Me M+dM si ha:

Se, inoltre, si isola un elemento d,


innni,.sto. *e *• tensioni tangenziali ,.
e quindi:
(Fig. «IH - «- anione costante di
costante suUa faccia «.«.a 3...
, , tdM
dM .,
r)Xbdx= \-~-ydA
y
tensioni t „ sulla faccia rfrf.c.c • g.
Per l'equilibrio alla rotazione della porzione di trave B y '

scrivere: Di conseguenza si può scrivere:

dalla quale si deduce che:

Tenendo conto della nota relazione esistente fra lo sforzo di taglio T e il


momento flettente Msi ha:

x =— \ydA
"' hi. \

In definitiva si può scrivere:

tensioni a, e 0-, + é/ov perpendicolare


TSl
sonando la porzione di « Tgisce una x
»
=t
«
=—
bl, \
ydA——
blt
(4.17)

all'asse y (segone pPt)


distribuzione uniforme di tensioni tangenzml. ,, dove la quantità
§ 4.7 - Tensioni dovute atto sforzo di taglio 117
4- TWnni b deformazioni nel solido di De Saint Veruni
Poiché t cambia da punto a punto nella sezione, si può fare riferimento al
valore medio xm=TIA (dove A è l'area della sezione) scrivendo, quindi,

che l'angolo ym vale:

è il momento statico della sezione tratteggiata di Fig. 4.22b rispetto —


(4.18)
G
^IT tensioni tangenziali T,, e r,, è di tipo parabolico; come
dove il coefficiente x tiene conto del fatto che la t varia anziché essere
si può notare dall'esame della Fig. 4.22c, n valore massimo d, dette
ensioni si trova in corrispondenza dell'asse neutro della sezione, mentre costante (se t fosse costante il coefficiente % assumerebbe il valore

In corrispondenza dei bordi superiore e inferiore della trave le medesnne * = !)•


Si può allora scrivere :
H caso in esame di trave avente sezione

rettangolare si ha infatti:
dl GA
T 12
dove fT è la freccia (Fig. 4.23) dovuta allo sforzo di taglio
II valore di x dipende dalla forma della sezione ed è normalmente di poco

Per y=h/2 si ha: superiore all'unità.


Per la sezione rettangolare si ha ^ = 6 /5 •
=t =0

Per yO si ha:

4 2bh~2

essendo r. la tensione media, cioè la tensione che si ottiene dividendo lo


sforzo T per l'area b ■ h della sezione. di
Nel caso di trave a sezione circolare di raggio .Rii valore massimo della
tensione tangenziale tj. . ottenuto mediante un procedimento analogo a
quello svolto per il caso di sezione rettangolare, vale: Figura 4.23 Freccia dovuta al taglio T

4 4 T
§ 4.8 - Torsione in una trave a sezione circolare 119

4.8 Torsione in una trave a sezione circolare

Si consideri una trave a sezione circolare incastrata ad un estremo e


sollecitata da un momento torcente M, all'estremo opposto (Fig. 4.24a).
In ogni sezione della trave nascono di conseguenza tensioni tangenziali
T il cui momento risultante è pari appunto a u, ■

La deformazione della trave per effetto del momento torcente m, applicato


consiste nella rotazione relativa di una sezione qualunque nel suo piano e
intorno al suo centro rispetto ad un'altra sezione; la rotazione relativa
della sezione a parità di momento torcente m, applicato è tanto maggiore

quanto più distanti sono le due sezioni considerate.


Quando la sezione della trave è circolare le sezioni per simmetria si
mantengono piane e ruotano l*una rispetto all'altra attorno all'asse della
trave senza deformarsi.
L'asse geometrico della trave rimane rettilineo, mentre le altre fibre
b)
longitudinali assumono la forma di eliche cilindriche.
Figura 4.21 Tensioni tangenziali dovute allo sfoizo di taglio Si consideri un elemento di trave di lunghezza infinitesima di e generico
___——
raggio r, per effetto del momento torcente tA, applicato il punto P di una
fibra longitudinale si sposta in P' e lo spostamento PF= ds può essere
misurato sia mediante l'angolo infinitesimo di torsione dò che mediante
la1 deformazione angolare y (analoga alla deformazione unitaria £

'della trazione).
Si ha pertanto:

Uguagliando le due espressioni di ds si ha:

(4.19)

Figura 4.22 Andamento delle tensioni tangenziali


§ 4.8 - Torsione in una trave a sezione circolare 121

La relazione (4.23) esprime la variazione delle tensioni tangenziali T in


Te la corrispondente deformazione 7 sono legate
funzione del momento torcente M, applicato al variare del raggio r (Fig.
secondo la
4.25a).
relazione seguente: Facendo riferimento ad un ben preciso punto sulla sezione circolare, ad
(4.20) esempio il punto Q (Fig. 4.25a e 4.25b)/ si possono associare alla generica
tensione tangenziale T i pedici relativi alla notazione già vista per il
taglio nelle travi inflesse (Par. 4.7) e cioè:
proporzioni O prende il nome di modulo di elasticità
costante di
tangenziàle-
Sostituendo la (4.20) nella (4.19) si ha:
Per l'equilibrio dell'dementino infinitesimo di cilindro nell'intorno cfel
punto Q si può dire che ad una determinata XB corrisponde una Xzx
di Gr uguale in. un piano perpendicolare a quello della sezione precedentemente
tangenziale X può quindi essere espressa nella forma considerata (Fig. 4.25c).
La tensione
La tensione tangenziale massima Tnax si trova in corrispondenza del
seguente:
raggio esterno della trave J? e può essere espressa, analogamente a
(4.21)
z = Gr
quanto si faceva nel caso della flessione, mediante la relazione seguente:
eti

Esprimiamo ora la relazione fra il momento torcente ^applicato e le (4.24)


W.
^rispondenti tensioni tangenziali T <Rt il raggio esterno della trave).
.essendo:

16

il modulo di resistenza a torsione della sezione considerata.


Si ottiene quindi: La rotazione totale, cioè l'angolo di torsione #0, di una trave di lunghezza l
(4.22) sollecitata dal momento torcente Mt si calcola integrando la relazione
(4.22):

Ed infine:

(4.23)

Si ottiene pertanto:
§ 4.9 - Torsione in una trave a sezione rettangolare 123

■-- M,
(4.25)

a/b i 2 3 4 10 oo

a 0.208 0.246
4.9 Torsione in una trave a sezione rettangolare 0.267 0.282 0.313 0.333
fi 0.141 0.229 0.263 0.281 0.313 0.333
II problema della torsione nelle travi a sezione rettangolare è complesso n 1.000 0.795 0.753 0.745 0.742 0.742
dal momento che le sezioni perpendicolari all'asse della trave stessa non
si mantengono piane, ma si svergolano per effetto del momento torcente Tabella 4.1 Coefficienti per il calcolo della torsione in travi a sezione rettangolare

Sortano qui di seguito solo i risultati finali della Teoria di De Saint In corrispondenza del bordo esterno della sezione essa è diretta
Venant che si occupa dello studio della torsione nelle trav. di sezione tangenzialmente al bordo stesso, ma il suo andamento non è uniforme
(Fig. 4.26b).

relazioni formalmente simili a quelle già ricavate per la Il valore massimo della tensione tangenziale T si trova nella mezzeria del
lato più lungo della sezione [TÀ}. Il valore della tensione tangenziale nella
sezione circolare. Si ha infatti:
mezzeria del lato più corto (TB) si ottiene moltiplicando la tensione TA per
dò _ M, il coefficiente 77 funzione anch'esso del rapporto a/b.
di ~ Gì, In corrispondenza degli spigoli della sezione (Fig. 4.26b) le tensioni
tangenziali si annullano.

"■" W,

n parametro / e il modulo di resistenza a torsione W, sono tabulati (Tab.


4 1) in funzione delle dimensioni della sezione a e b e di due coefficienti,
rispettivamente p e «, che sono a loro volta funzione del rapporto a/b.
La tensione tangenziale T assume un andamento variabile con legge
non lineare in funzione della distanza fra il bordo esterno e .1 centro della
sezione (Fig. 4.26a).

a) b)
I=Bab* W.=aab7

Figura 4.24 Trave a sezione circolare sottoposta a momento torcente


K
t — t —
aab2
§4.10 - Esempi di calcolo delle tensioni 125

Calcolare inoltre la percentuale di metallo risparmiata se, al posto della


trave a sezione circolare piena, si utilizza un tubo di dimensioni tali che il
rapporto fra i diametri (diametro esterno D'e diametro interno d) sia pari
a 0.9.

Risoluzione:

WK = -^- = — = 7.85 • 1 (T* m3


K ali 32

ct =—= 63662(W Im2

e)
sezione circolare
Figura 4.25 Andamento delie tensioni in una trave a
D'/2

d'=026m Dl=029m

II risparmio di materiale è proporzionale alla differenza fra le aree (della


sezione circolare e di quella del tubo) riferita alla sezione circolare:

= = O.O13m2

Figura 4.26 Andamento delle tensioni in una trave a sezione rettangolare ^-%=58%

4.10 Esempi di calcolo delle tensioni Esempio 2


Trovare l'equazione della linea elastica della trave a sbalzo a sezione
quadrata di lato a rappresentata in figura; calcolare inoltre la freccia
4.10.1 Flessione e linea elastica
massima yMi e la rotazione massima <*„,, (l=ìm, a=5cm, P**10Kg,

E-210000NI mm2 ).

costante M[l=0.9m. r^ìOcm, M-SOONm).


§4.10 - Esempi di calcalo delle tensioni 127
Tensioni e deformazioni nel solido di De Saint Venant

Rotazione della trave: È- - -PV X> +—


dx 1EI 2E£~

p(l-xf PI2x P/3


Deformata della trave: y=— —+
6£7 2EJ 6EJ

Rotazione massima: |-^ am= = AASÌ0'*rd


[d
PI1
PI
Freccia massima: v
^m» \
(x = /)/ = 3£/
= 03mm

Esempio 3
Trovare l'equazione della linea elastica della trave a sezione quadrata di
Risoluzione:
lato d rappresentata in figura; calcolare inoltre la freccia massima yM%

Equazione di momento: M- — Ptf ~ X) d-10cm, P-40Kg, E=2WOOON /mm2).

d2y M Risoluzione
Equazione della linea elastica: -^ - -—

Reazioni vincolali :

Rotazione:
dx
' Pb R - Pa

Faccia: y= fi£/

Condizioni al contorno:

A I B x

perx=0 y=0
a I
dy
perx=O —-
dx

PI2
Costanti d'integrazione: a-—

Equazioni di momento:
§4.10 - Esempi di calcolo delle tensioni 129

Esemplo 4 •_-
fr-T Trovare l'equazione della linea elastica del profilato a sezione quadrata
rappresentato in figura soggetto al suo peso proprio e calcolare la freccia
Rotazioni:
massima {q*50.2Kg/mt l=3m, J=72Scm\

Pbx2 A n JàA Pbx


Cti — I —~~


Frecce:

Pbx3
+ Axx-
6EIÌ 6EI

Risultati:
Condizioni al contorno:

qPx
a,
MEI 2AEI 24EJ

Costanti d'integrazione:

Pò/ Pb*
4,10.2 Taglio

Esempio 1
Frecce: Determinare la distribuzione delle tensioni tangenziali per la trave
illustrata in figura caricata in mezzerìa da una forza P [1= 0.25m,
Pbx* Pblx Pblx P=60000N\. Confrontare inoltre la massima tensione dovuta al taglio con
~!>En* 6EI 6EII la massima tensione dovuta al momento flettente (le dimensioni della
sezione della trave sono espresse in mm).
_PbS_ PJ^) + Pbjx^Pb^ I fl)
6EI1 6EJ 6EI 6EII

SO
Freccia massima:

Pba" Pbta Pb'a


: y
4 - Tensioni e deformazioni nel soUdo di De Saint Venant §4.20 - Esempi di calcolo dette tensioni 131
130

Risoluzione:

Diagramma dello sforzo di taglio:


Esempio 2

I ^-30000* Calcolare la distribuzione delle tensioni tangenziali nel profilato a I


illustrato in figura (b=10cm, c=lcm, h=24cmt k=21cm> T=15000N\ e i valori
rm della ^Vmu e T^,^ nella sezione dell'anima. Determinare inoltre la
tensione tangenziale T^ del profilato nell'ipotesi che lo sforzo di taglio T
Diagramma del momento flettente:
sia sopportato dalla sola anima.

Calcolo delle tensioni tangenziali:


- Zona 1 (compresa fra y°30 e y=4ty

S, =

30000
"(1.35-10*)-40 L2 2

- Zona II (compresa fra y=0 e y=3ty

>*»

r-o

30000 4tf_3tfTI
(1J51O6)-2O 2 2 Jf Risultati:
Xxymu = 1.3
rM^ = S.SN Imm2
Calcolo della massima tensione di flessione:

_ 3750000-40 _inoQlv/_2
4.10.3 Torsione
1.35 IO6

Esempio 1
Confronto fra 0__x e T-, :
trasmette un momento torcente tf.-lOOOO*-. Si scelgano le
della sezione trasversale dell'albero (ipotizzando una
bNI**, nei due casi seguenti: a, per una «-"««""■"
p (diametro D); b) per una sezione circolare cava con d-7/8D.
Risoluzione:

Capitolo 5

= 9.5cm

Teoremi sul lavoro di deformazione


Mt-Dl2

5.1 Premessa

Le forze esterne che si applicano a un corpo compiono un lavoro esterno


l-(7/8)4J L€ che, in generale, va speso per deformare il corpo e per vincere la

resistenza e l'attrito dei vincoli.


Se le forze sono applicate in modo statico, cioè si fanno crescere cosi
lentamente da non produrre accelerazioni sensibili e se la resistenza dei
vincoli è molto elevata (vincoli indeformabili) e l'attrito rei vincoli è
rnezza acvC avere un tondino di ferro J trascurabile, il lavoro esterno Lf va tutto speso per deformare il corpo.
„ ' D=2cm affinchè possa subire un angolo - ^ Se inoltre sono trascurabili anche gli attriti interni, cioè i corpi sono
dJe'sezioni estreme senza che la T^ superi 9250* / cm perfettamente elastici e, quindi, non esiste nessuna causa di dissipazione
di energia, il lavoro compiuto dalle forze esterne L€ serve soltanto per
Risultati: vincere le resistenze elastiche interne e si trasforma integralmente in
energia potenziale elastica di deformazione O ^misurata anche dal lavoro
interno Lt compiuto dagli sforzi interni durante la deformazione.

Si può dire che il lavoro interno è uguale al lavoro delle forze esterne e
quindi:

L.-L,
§ 5.2 - Teorema di Clapeyron 135

L'energia elastica accumulata nel corpo deformato viene p» «fatuità


totto forla di lavoro quando il corpo riprende la sua forma pnnnuva.
™oTdt deformasi Pu6 valutare pertanto ^^^
CoT,^,Ts7conda dei casi, può essere conveniente essendo Fo U valore della forza F al termine della deformazione, cioè per

due espressioni: S=V


Nel caso generale di sistema con più' forze [F} ,F2, ...) e nelle condizioni
di elasticità lineare prima considerate, le deformazioni complessive
(frecce, rotazioni) del sistema sono combinazione lineare delle forze che le
che un corpo Si deformi rispettando la U* di Ho** hanno generate (sovrapposizione degli effetti, vedi dopo):

del c^o stesso, si osserva che gli spostamenti e le deformai che «


producono sono funzioni lineari delle forze esterne applicate.
cioè sono la .somma dei contributi derivanti da tutte le forze con i
rispettivi coefficienti di proporzionalità, j
5.2 Teorema di Clapeyron Moltiplicando le forze F. per un coefficiente a, anche le relative
deformazioni saranno allora moltiplicate per lo stesso fattore a .
Per la determinazione del lavoro fatto da una forza F.
Fra ciascuna freccia fr e la rispettiva forza Fr si ha quindi in queste
viabile, occorre necessariamente fare riferimento al calcolo
condizioni una relazione di proporzionalità lineare come quella indicata
scrivendo cioè:
nel diagramma di Fig. 5.3.
In queste condizioni il lavoro fatto dalla forza F, sarà:
4= \Fds
e

»o

Riportando su un diagramma la curva F-fls) che descrive «


. _ . .un- ^««««.«nne corrispondente s, si deduce cne u
. curva è rappresentato dall'area del e il lavoro totale sarà:

Une- ,in cui a = Es , T = GY e il sistema delle forze esterne o megho


degli sforzi generati da esse non è influenzato dalle deform-om) la curva
jfcjw è rappresentata da una retta cioè da un'equine del tìpo F - aj oppure ancora:

Fig 5.2). In tal caso il lavoro fatto dalla forza Fo confondente alla
M
deformazione s0 sarà quindi dato dall'espressione:
§ 5.3 - Lavoro compiuto dalle forze interne - Energia elastica 137

se oltre alle i forze F, (e alle corrispondenti deformazioni ,,) agiscono sul F


sistema k momenti Mt (con le corrispondenti rotazioni <pt).
- il Teorema di Clapeyron_diee chejl lavoro compiutoJaUe_forze_ag£Dli
SfiSSSteiuìSrSSSodMtìco è indipendente dall'ordine con il quale

aSaraairróra^ i valori finali degli spostamenti deUoro_puntij^


appUcazione valutati nelledìrezioni delle forze"stesse.

U fi /.

Figura 5.3 Lavoro compiuto da più forze ne! caso di elasticità lineare

5.3 Lavoro compiuto dalle forze interne - Energia elastica

Consideriamo un elemento di volume dV (=dAdl) sollecitato a trazione


semplice, soggetto cioè ad una tensione normale Gx, di sezione A e

lunghezza di (Fig. 5.4); l'energia elastica immagazzinata O (uguale al


lavoro interno Lt) dall'elemento di volume dVvale: ~"

Figura 5.1 Lavoro compiuto da una forza generica L= -dF- ds = -odAedl = -aaiV
2 2 2

=-a e
2 ' ' 2 E

Consideriamo un elemento di volume dV (=dAdl) sollecitato dallo sforzo di


taglio T (e quindi da una distribuzione di tensioni tangenziali Tfl,} (Fig.

Figura 5.2 Lavoro compiuto da una forza nel caso di elasticità lineare
§ 5.4 - Esempio di calcolo 139
5 - Teoremi sul lavoro di deformazione

5.5); l'energia elastica immagazzinata * (uguale al lavoro intemo L,)


dall'elemento di volume dV vale:

Nel caso di momento flettente A/, si ha:

dL, =dE^-^-dV=X-^-
' 2 £ 2 £ 2 I7E
-dA Nel caso di momento torcente A/( si ha:

m
fflm
m i
-di dLi=dE = ìlLdv = LlLAdl = }-¥±-rAdI
l 2 G 2G 2JJ.G |

Figura
5.4 Elemento di volume sollecitato a trazione semplice In generale, tenendo conto di tutti gli sforzi che possono essere presenti
in una trave (di sezione A e lunghezza 2) e cioè lo sforzo normale N, il
momento flettente M,, lo sforzo di taglio T e il momento torcente M,, si
di
può calcolare il lavoro delle forze interne L, nel seguente modo:

M/ A/,2

Figura 5.5 Elemento di volume sollecitato a taglio


5.4 Esempio di calcolo

generale il lavoro compiuto dalle forze interne L, che è uguale Consideriamo il caso di una trave a mensola caricata da una forza P alla
sua estremità libera (Fig. 5.6).

:
tensioni).
Nel caso di sforzo normale N si ha:

Figura 5.6 Trave a mensola caricata da una forza P


Nel caso di sforzo tangenziale Tsi ha:
§ 5.6 - Lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Beni 141

_
Ad esempio nel caso della trave a mensola supponendo di sottoporla
II lavoro L. fatto dalle forze esterne applicate è uguale all'energia elastica
all'azione contemporanea di due forze P, e P$ e, quindi, alla forza somma
immagazzinata * (-!,) nella trave.
P=PÌ+P2 (Fig.5.7), la freccia che così si ottiene sarà:
Per il Teorema di Clapeyron il lavoro L, fatto dalla forzaPvale:

essendo a il coefficiente di flessibilità della trave.


dove / è la freccia corrispondente al punto di applicazione del canoo e
Si avrà quindi:

stica <l> (-!,) immagazzinata nella trave (per effetto della


g
f = aP=a{P[ +P2)=aPl+aP2 =/,+/,
sola tensione Ox dovuta al momento flettente M, ) vale:
cioè la freccia complessiva / è pari alla somma delle frecce prodotte da
ciascuna forza P, e P2 Applicata singolarmente!
Questo risultato vale per qualunque struttura per ogni sua deformazione o
spostamento e per qualunque tipo e combinazione di forze su di essa
applicate purcKe~O campo di elasticità sul quale le forze suddcttejjperano
~%5 Principio di sovrapposizione degli effetti
j i di
sia di tipo
i ùèJ^
lineare^
STosserva che il principio di sovrapposizione degli effetti, che è la diretta
Considerando la trave dell'esempio precedente si può dire che tra la forza
Pela corrispondente freccia / esiste una relazione di proporzionalità conseguenza della dipendenza lineare fra le cause e gli effetti, non vale in
generale per il lavoro di deformazione poiché questo è una funzione
diretta:
quadràtica delle forze.

l3 -i ~~'
f = aP essendo a = ——

II coefficiente di proporzionalità a prende il nome di coefficiente di


deformabilità, mentre l'inverso di a (=J/a) prende invece il nome di
coefficiente di rigidezza della trave. miflrH« ie
Nei fenomeni di elasticità lineare vale, per quanto riguardate
-^deformazioni e le frecce, Oprìncipio di sovrapposizione degU effe», secolo Figura 5.7 Trave a mensola caricata da due forze
(cui l'effetto prodotto da due o più" sistemi di forze è pari alla somma d£gh
\ dfcttì^dStTdi ciascun sistema di forze separatamente considerato^ J
c^è"è?ariBreffetto risultante che si ottiene applicando separatamente 5.6 II lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Berti
ciascun sistema di forze e sommando poi tutti i singoli effetti cosi
ottenuti.
In generale il lavoro di deformazione dovuto a più' forze non_è_ugualc_alla
, somma dei lavori che si avrebbero applicando le forze singole.
§ 5.6 - Lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Betti 143
Teoremi sul lavoro di deformazione

Riprendiamo il caso della trave a mensola (Fig. 5.7) caricata da due forze

Supponendo di applicare alla trave il carico /> il lavoro esterno


I termini misti Ll7 e L2, rappresentano il Lavoro mutuo o indiretto delle
corrispondente sarà:
due^forze.
Il[_Tieor«na^ di Betri o di regproqtójdice che il lavoro mutuo o indiretto che
compie un sistema di forze A) già applicato ad un corpo elastico durante
l'applicazione di un sistema di forze B) è uguale al lavoro indiretto che
Se ora si aggiunge il carico P1 dal principio di sovrapposizione degli effetti compirebbe il sistema B) se fosse già applicato allo stesso corpo elastico
durante l'applicazione del sistema A).
si sa che la freccia /, incrementerà del valore f2 raggiungendo il valore
Per comprendere interamente il significato e le implicazioni relative a
finale/=/,+/2- questo teorema ed al fatto che esso è in generale non valido per l'energia
In questa seconda fase il carico P2 effettuerà il lavoro: di deformazione, è utile effettuare alcune considerazioni su di un altro
sistema semplice.
Si consideri ora una trave, vincolata isostaticamente con un carrello ed
una cerniera, che viene caricata con due forze concentrate R ed fi
applicate rispettivamente nei punti 1 e 2 della trave (Fig. 5.10);
Contemporaneamente il carico /», essendo già applicato e costante, l'applicazione delle forze produrrà degli spostamenti, che possono essere
effettuerà il Lavoro mutuo o misto |Fig. 5.8): indicati con fi ed Sa, rispettivamente freccia nei punti 1 e 2 appartenenti
alla trave.

11 Lavoro mutuo, quindi, è il lavoro che una forza (f>) effettua per lo
spostamento (/2) prodotto da un'altra forza ( P7).
Il lavoro complessivo sarà quindi:

Ripetendo il ragionamento prima applicando, però, P2 e poi j> si ha (Fig


5.9):

Di conseguenza si ha:
5 - Teoremi sul lavoro di deformazione
§5.6- Lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Beiti 145

Lll" = Vi F2f22 + Flfl2

in quanto la forza Fi resta costante durante l'applicazione della forza F2 e


lavora lungo lo spostamento fu (spostamento nel punto 1 prodotto da P2).
Il lavoro totale associato alla modalità di carico in esame è allora pari a:

L ' - Li" + Lji" = Vi Fifn+ Vi F2f22 + Fifi2

L'espressione cosi determinata contiene il contributo del lavoro mutuo del


primo sistema di forze (Fi) che lavora lungo gli spostamenti prodotti dal
h Jx + h secondo sistema di forze (f«):

Figura 5.9 Lavoro mutuo P2f{

Ragionando in maniera analoga a quanto fatto in precedenza si ottengono


i lavori di deformazione relativi alle due fasi di carico:

L,
Ln' = + F2f2
con un lavoro totale pari a:

Figura 5.10 Deformata elastica della trave caricata con le forze F,. F2 L " = Li" + Ln" Va FifM +

U situazione deformata così individuata può essere ottenuta secondo due ^L'espressione cosi determinata contiene il contributo del lavoro mutuo del

diversi modi di operare: applicando prima la forza F, in 1 e secondo sistema di forze (F2) che lavora lungo gli spostamenti prodotti dal
successivamente la forza F2 in 2 (lasciando applicata F,); applicando prima primo sistema di forze (f2i):

la forza F, in 2 e successivamente la forza F, in 1 (lasciando applicata F3).


Operando nel primo modo si avrà allora la seguente evoluzione del
problema. . ..
Tenendo conto che l'applicazione di ogni forza avviene con continuità fra il Poiché in entrambi i modi di operare si ottiene come risultato la
valore nullo ed il valore finale F., il lavoro corrispondente al primo processo medesima configurazione deformata finale (uguale a quella che si ottiene
applicando contemporaneamente le due forze), è logico pensare che i due
di carico vale [teorema di Clapeyron):
lavori di deformazione, necessari per ottenere tali configurazioni, siano
uguali:

L ' = L
mentre nel secondo processo di carico il lavoro è:
§ 5.6 - Lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Betti 147
5 - Teoremi sul lavoro di deformatone
146

I termini ascosi introdotti, i, ,pl,2 per il caso in esame, rappresentano i


te Fifn+ fc Fafca + Fifa - % F2f22+ V5. Fifu + Fafai
coefficienti di Maxweìl della matrice di deftìfmabilità del sistema, U cui
significato è espresso dal seguente sistema:
L'uguaglianza implica che:
Fifa
fi = fu + fa - anFi + ai2F2
fc = f2i + fa = a2iFi + a22F2
condizione che esprime l'uguaglianza dei lavori mutui di deformazione.
L12 = L a» *
la cui forma matriciale è:

Anche in questo caso i risultati ottenuti hanno validità generale;


considerando l'uguaglianza dei lavori mutui ed estendendo l'applicazione
ad un qualsiasi numero di forze generalizzate F«* (forze, momenti flettenti,
momenti torcenti, ...) suddivise in due sistemi di forze 1 e 2 ed applicate
ad un corpo qualsiasi, si può generalizzare il teorema di Beiti nel modo Si è dimostrato (vedi applicazione del teorema di Betti, aia » aai) che la
seguente: matrice di deformabilità è simmetrica.

in cui fe è il generico spostamento generalizzato (spostamento, rotazione,


...) scelto in modo tale che le forze di un sistema lavorino sugli
spostamenti prodotti dall'altro sistema. -±- — t
Poiché, però, pr le forze e per gli spostamenti generalizzati vale, nell'
ambito della teoria elastica lineare, il principio di sovrapposizione, si
possono scrivere gli spostamenti come prodotto della forza generalizzata . Figura 5.11 Applicazione delle forze nell'ordine FrF2 e relative configurazioni
deformate
per lo spostamento che si ottiene in corrispondenza ad una forza applicata
unitaria, ovvero:
fa = ai2F2 avendo fa il significato di spostamento del punto 2 prodotto
dalla forza Ft
f21 - agiFi avendo fai il significato di spostamento del punto 1 prodotto
dalla forza F2.

Di conseguenza, per il teorema di Betti:

Fifa = F2f2i
Figura 5.12 Applicazione delie forze nell'ordine FrF, e relative configurazioni
deformate
Capitolo 6

Stato di tensione in un punto

6.1 Stato di tensione in un corpo

Consideriamo un corpo elastico, sottoposto a forze distribuite o


concentrate!'), eventualmente vincolato, ma non necessariamente in
equilibrio statico. Presi un punto arbitrario Q appartenente al volume del
corpo e un'areola dA di normale «, possiamo dire che la forza che
attraversa la superficie dA è rappresentabile con un vettore di direzione a

priori non nota che chiameremo dF.


In realtà dF è la risultante di infinite forze elementari agenti su dA.
Esse sono a noi ignote, ma possiamo ragionare cosi: la variazione delle
forze sulT areola è continua per un principio di natura fisica che gli
antichi sintetizzavano con la frase "natura non facit saltus", quindi, se dA

è sufficientemente piccola*, possiamo considerare tutti i vettori


praticamente equiversi e paralleli nell'intera areola dA. Essi avranno
inoltre lo stesso modulo, essendo riferiti tutti a porzioni unitarie della
superficie dA. Chiameremo il vettore P vettore tensione. La relazione che
lega il vettore tensione con la forza dF e l'area dA è P -dF /dA, come
dovrebbe apparire chiaro pensando al ragionamento esposto prima (Fig.
6.1).
150 6 - Stato di tensione in un punto 151
§ 6.1 - Stato di tensione in un corpo

Le dimensioni del vettore P sono quelle di una forza divisa per una tensione normale tende a comprimere o tirare il materiale dell'area dA,
superficie e per questa sua natura fisica esso dipende sia dallo stato di meutre_quella tangenziale tende a fare scorrere la superficie alla quale
tensione nel punto Q, sia dall'orientazione della superficie dA appartiene dA rispetto a quelle ad essa parallele.
rappresentata da n . In altri termini, considerando una diversa superficie Adottiamo ora una terna di assi cartesiani xyz centrata in Q (Fig. 6.2).
dA' con normale diversa «' sempre centrata in Q, il vettore di tensione
P' sarà, in generale, diverso da P.
Per determinare completamente lo stato di tensione del punto in esame
dovremo, dunque, conoscere tutti i vettori P che si ottengono in
corrispondenza di ogni valore della normale n uscente da Q. Questo vuole
direjche ci servirebbero infinite informazioni, essendo, appunto, infinite
le direzioni possibili di un vettore che esce da un punto. Cerchiamo!
quindi, di analizzare il vettore P con lo scopo di trovare un modo per
definire lo stato di tensione in Q con un numero finito (e magari anche
piccolo) di informazioni.

Figura 6.2 Componenti dello stato di tensione

E1 possibile are coincidere la normale fi, ad esempio, con l'asse x e


chiamare Gx il modulo della proiezione del vettore P sull'asse X, cioè
sulla normale scelta, e T e !„ rispettivamente i moduli delle proiezioni

del vettore f sugli assi y e z. Facendo lo stesso con gli altri due assi
Figura 6.1 Stato di tensione in un punto
/otteniamo nove componenti nelle tre direzioni coordinate che possiamo
sintetizzare nella seguente tabella:

Si è soliti scomporre il vettore P in due componenti, una, detta tensione-.


normale <x. con dinwinn.. paraii^ia ^ ^f, ed Un'altra, detta tensione
tangenziale r. perpendicolare alla direzione della normale e giacente nel
piano definito da P e da fi. La distinzione tra o e té soprattutto fisica: la
152 6 - Stato di tensione in un punto § 6.1 - Sfato di tensione in un corpo 153

X Y z rispetto alla quale l'asse perpendicolare è entrante - la t positiva sarà


rivolta in verso opposto all'asse parallelo.
Il
Scriviamo ora l'equilibrio lungo l'asse x delle forze agenti sul tetraedro
X o.
ABCQ moltiplicando le tensioni pe r le superfici sulle quali agiscono:

Y
ex QBC + xyx AQC + tzx ABQ = P* ABC
Z

La teoria delle proiezioni afferma che la misura delle superfici QBC, AQc e

Tabella 6.1 Componenti di tensione ABQ - formanti le basi del tetraedro di Cauchy giacenti sui tre piani yz> y^
e xy rispettivamente - è facilmente esprimibile in funzione di quella di
ABC attraverso i coseni direttori A, jj , v della normale n al piano ABC
T Le componenti dello stato di tensione rappresentano le componenti del
\<tensore) détte tensioni; queste nove componenti possono descrivere nel sistema di riferimento cartesiano adottato.

[completamente lo stato di tensione del punto Q. Affermare questo significa t Si ha quindi: , i

sostenere che con queste nove informazioni possiamo descrivere_la- QBC=XABC


AQC=\iABC
relazione tra il vettore normale » ad una qualunque superficie-passante .
ABQ=vABC
per Q e il corrispondente vettore P esprimente la tensione.!
-.— Per dimostrarlo consideriamo un piano ABC orientato in modo arbitrario
nel sistema xyz e individuato dalla sua normale n avente come coseni Inserendo, allora, queste relazioni nell'equazione di equilibrio ed
direttori A, \i e v rispettivamente (Fig. 6.3). La tensione sulla superficie eliminando ABC dai due membri, si ottiene:
ABC sarà praticamente non distinguibile da quella del punto Q, essendo il
piano infinitamente vicino al punto. Essa sarà rappresentata da un oxX+ Tyx|i + tzxv = px

vettore P le cui componenti secondo i coseni direttori A, ji e v sono


rispettivamente px, p e pt. Possiamo associare allo stato di tensione Procedendo analogamente con l'equilibrio lungo gli assi y e z otteniamo le

del punto Q le nove componenti definite precedentemente secondo il tre espressioni delle componenti del vettore di tensione P in funzione dei

sistema cartesiano lfTx , Txy, ...} (Fig. 6.2), che supponiamo note, e coseni direttori X, \i e v della normale e delle componenti di tensione.
Le equazioni complete sono:
scrivere l'equilibrio delle forze agenti sul tetraedro illustrato in Fig. 6.3,
noto in letteratura come tetraedro di Cauchy.
ot& + tyxn + tzxv = px
Per fare questo (Fig. 6.4), però, dobbiamo prima accordarci sulle
xxyji + qyji + xzyv - py (6-1)
convenzioni di segno da adottare per le tensioni a e t. E' universalmente
txzA.+ xyzn + ozv = pz
accettato che la tensione normale sia positiva quando è di trazione e che
la tensione tangenziale positiva sulla faccia rispetto alla quale l'asse ad
Questo risultato porta a concludere che è possibile esprimere la relazione
essa perpendicolare è uscente sia rivolta nel verso concorde rispetto
tra una qualunque normale (e, quindi, tra una qualunque superficie) ed il
all'asse ad essa parallelo. Naturalmente sulla superficie affacciata -
corrispondente vettore tensione, ovvero conoscere completamente lo stato
di tensione del punto Q, grazie alle nove componenti di tensione.
155
§ 6.2 - Tensioni principati.
6 - Stato di tensione in un punto
154

Questa importante conclusione consente, quindi, di far scendere da nove


Ragionando ora sulle equazioni di equilibrio alla rotazione del tetraedro
a sei il numero delle componenti che è necessario conoscere per
elementare attorno ad ogni asse coordinato, si perviene all'importante
esprimere completamente lo stato di tensione in un punto.
conclusione che i termini di tensione tangenziali sono uguali a due a due;
H tensore delle tenoni (simmetrico), per la appena_djmoAtratajropnetadL
in particolare si ha: txy=Tyx, txz-ouc lyz-Tzy. —
redp765Ìà~deTlf~tensioni tangenziati)^ può essere espresso^..in_Jorma_
Si consideri, per dimostrarlo, il parallelepipedo infinitesimo di spigoli dx,
matriciale:
dy, dz illustrato in Fig. 6.4.
Su ogni faccia sono presenti delle tensioni (normali e tangenziali) che
sono, in generale, diverse da una faccia a quella ad essa parallela. In altre
parole, supponendo ad esempio che sulla faccia giacente sul piano xy
agisca una oz, ci si dovrà attendere, sulla faccia parallela a quota dz, una
tensione normale pari a °"* + 0^ f &)&. In realtà, nell'ambito in cui si
opera, verrà trascurata la variabilità delle tensioni passando da una faccia Per ora abbiamo analizzato lo stato di tensione in un punto 0 dove, nel
a quella ad essa parallela, essendo tale variazione infinitesima rispetto caso più generale, sono presenti sia tensioni di tipo oc sia tensioni di topo
alle componenti non differenziali di cui si imporrà l'equilibrio. t. Le nove componenti del tensore delle tensioni possono descrivere
Vediamo, ad esempio, l'equilibrio alla rotazione attorno all'asse z. comEletamente lo stato di tensione del,,Bunto_e?, inoltre, queste nove
Tutte le tensioni sulle facce perpendicolari all'asse z non producono infonn^o^componenti) possono descrivere la relazione fra il vettore
momento risultante essendo fra loro uguali e contrarie. Sia la ox, sia la oy normaleaduna qualunque superficie passante per Qed il corrispondente
non danno contributo al momento, avendo uguale braccio e verso opposto. vettore P che ne descrive la tensione, j
Le tensioni tangenziali iyz e ixz agiscono parallelamente all'asse z e,
quindi, danno contributo nullo. Infine, delle coppie di tensioni rxy e xyx. ,
una ha braccio nullo rispetto all'asse z mentre l'altra da gli unici
6.2 Tensioni principali
contributi non nulli al momento attorno all'asse z. Si ha così la relazione:
roblema è ora quello di determinare se esistono giaci
x,y(dydz)dx = x,%(dxdz)dy quali siano presenti solo tensioni normali di ti
nza nello spazio di tre direzioni coordinate nello
che esprime, appunto, l'equilibrio alla rotazione attorno all'asse z.
E" immediato concludere che: ha solo componente normale.

In generale, avendo scelto arbitrariamente gli assi xyz e l'asse attorno a


cui esprimere l'equilibrio, vale la seguente^affermazione: "considerando
un qualunque asse passante per un qualunque punto appartenente ad un
corpo in tensione e due piani tra loro ortogonali che si intersecano in tale
asse, le componenti delle tensioni tangenziali agenti su questi piani-in
direzione ortogonale all'asse suddetto risultano seniore uguali tra loro";
questo concetto è noto come relazione di reciprocità delle_ tensioni
156 6 - Stato di tensione in un punto gm principali 157

trovarne le proiezioni in un sistema di riferimento qualsiasi mediante


una rotazione ngwETdegli assi.
Potremmo dire, allora, di avere definito il vettore di tensione P in un
-sistema-mediante- la conoscenza di tre sole componenti e delle
p (Px> Py. Pz)
p.

Questa non è, in generale, una semplificazione del problema. Infatti è


comunque necessario conoscere tre direzioni ^nche se ortogonali tra
loro) e tre valori di tensione e, quindi, un numero di informazioni identico
rispetto alle sei genericamente necessarie (quelle del tensore delle tensioni
nel sistema cartesiano x, y, z).
L'importanza di queste direzioni sta nel fatto che, spesso, è possibile
identificarle a priori sulla base della geometria del corpo e del tipo di
carico cui esso è sottoposto; inoltre, note le direzioni, è sufficiente
calcolare solo tre componenti di tensione (le tensioni principali) che
presentano il vantaggio di essere tutte componenti normali di tensione
Figura 6.3 Tetraedro elementare di Cauchy (Si)-
Inoltre, in generale, la pericolosità di uno stato di tensione non dipende
(per i corpi isotropi) dall'orientamento che lo caratterizza, ma
semplicemente dalla sua intensità: è perciò molto più facile valutare uno
stato di tensione sulla base di soli tre parametri anziché di sei.
Supponiamo, quindi, che valga la relazione:

P=an

dove o è il valore della tensione principale, ancora incognito.


Le proiezioni di P sugli assi di un qualunque sistema di riferimento xyz
sono esprimibili mediante i coseni direttori della normale, che coincidono
con quelli del vettore di tensione P essendo i due paralleli.
Abbiamo quindi:
Figura 6.4 Convenzioni di segno per le tensioni
px =

(6.2)
P, =
Sulla base dell'affermazione precedente- i valori Hi tali ^mr»"?i^L oì
Pz =
sarebbero allora sufficienti a definire il vettori» p nel sistema di
riferimento costituito dalle tre direzioni cosi individuate. Noto, quindi, il
Sostituendo le 6.2) nelle 6.1) si ottiene un sistema omogeneo di tre
vettore P irum-delcjmmatCLsistema^dlriferimentQ^sarebbe^po^possibile equazioni con quattro incognite (A,fi,v e o):
159
§ 6.2 - Tensioni principali
158 6 - Stato di tensione in un punto

Risolvendo il sistema dopo aver sostituito al generico or uno dei valori a


trovati ricaveremo, una per una in corrispondenza del valore di tensione
(Oy-O)H + TyrV = 0 (6.3) sostituito, le tre direzioni principali cercate.
Si noti che per ottenere i tre coseni direttori di n occorre agire con
attenzione: il fatto che il determinante dei coefficienti sia nullo rende
infatti le tre equazioni che compongono il sistema linearmente dipendenti
II sistema (6.3) può essere espresso in forma compatta:
tra loro.
Si procederà allora nel seguente modo: eliminata arbitrariamente una
ax~c
equazione (ad esempio la terza) si ottiene un sistema di due equazioni in
fi =0 tre incognite; tale sistema ha un'infinità di soluzioni (~ l) e si dovrà,
<Tz-<7\(Và quindi definire un'ulteriore equazione per renderlo determinato. Tale
equazione è la relazione di normalità dei coseni direttori, espressa nel modo
Questo sistema è lineare e, quindi, può essere risolto, ad esempio, in X, p.
seguente:
e v (supponendo di fissare quindi o) usando la regola di Cramer.
(6.4)
Per la variabile A. abbiamo: '

La (6.4) è la terza equazione del sistema (necessaria per la risoluzione del


sistema stesso) nelle tre incognite X, \i e v.
Il passo successivo richiede di dividere tutte le relazioni per una delle
k- ^ *. variabili!-», ad esempio v, ottenendo due variabili X/v e n/v che si possono
calcolare grazie alle prime due equazioni (6.3).
Determinati X/v e ji/v, è possibile ricavare v dalla terza equazione:

A denominatore è riportato il determinante della matrice dei coefficienti e


a numeratore lo stesso determinante modificato sostituendo in esso, alla e, noto v, esplicitare anche X e \i.
colonna dei coefficienti relativi all'incognita X, i termini noti, e cioè nel Operando in questo modo per ognuno dei tre valori di a, si ricaverà cosi la
nostro caso tre zeri. Analogamente per \i e v si avrà al numeratore un terna X, |i v a meno del segno, avendo a disposizione solo il quadrato di v
determinante con una colonna, rispettivamente la seconda e la terza, ed i rapporti delle altre due variabili; si ricordi a questo proposito che
formata dai tre zeri. questa informazione è sufficiente per risolvere il problema dal momento
Si osserva in questo modo che non è possibile ottenere una soluzione che è necessario determinare solo una direzione e non un vettore.
finita per i coseni direttori di « se non imponendo A=0. Si può allora Risulta così dimostrato che esistono nello spazio tre direzioni privilegiate,
pensare di utilizzare la variabilità di a per rendere risolubile il problema le direzioni principali, e si può anche dimostrare che queste sono tra loro
imponendo l'annullamento del determinante: l'equazione che si ottiene ortogonali, cioè che vale la relazione:
operando in questo modo è di tèrzo grado in aedài tre valori ai delle

costanti di proporzionalità tra p e nt cioè delle tensioni principali. XìXj + UijJj + VìVj -0 sei*j
6" - Sfato di tensione in un punto § 6.2 - Tensioni principali 161
160

Consideriamo ora due casi particolari dell'ellissoide delle tensioni, dati


corrispondente all'annullamento del prodotto scalare fra i versori delle dagli stati di tensione biassiale (piana) e monoassiale; a questi casi
suddette direzioni. corrispondono. rispettivamenteT^ una e dviè tensioni ^principali mille.
E', dunque, possibile costruire un sistema di riferimento nello spazio. L'ellissoide delle tensioni, allora, "si sgonfia" diventando, nel caso
ortogonale, formato dai tre assi Hi, n3 e n3. nel quale il vettore delle bidimensionale, un'ellisse che ospita, però, la punta del vettore delle
tensioni P sja rappresentabile con le sole componenti oì. o> e ox-JEer, tensioni al variare dell'orientazione della normale, in tutta la sua area e

convenzione, in generale, vale la diseguaglianza o>>òb>ò&.


non solo sul contorno, in modo analogo a quanto avveniva per l'ellissoide
Questo tipo di problema matematico è anche chiamato problema agli nel caso più generale a tre dimensioni.

autovalorì ed autovettori, ed è noto dai corsi di algebra lineare in cui sono


Questo concetto può essere spiegato pensando ad una piastra piana
stati trattati con più estensione i problemi dell'ortogonalità degli autovettori
caricata nel proprio piano (Fig. 6.6), in modo tale cioè che le superfici
(coincidenti in questo caso alle direzioni principali di tensione).
superiore ed inferiore della stessa risultino scariche; in questo caso la
Un approccio grafico alla risoluzione mediante le tensioni principali è direzione z è principale e la corrispondente tensione lungo z è nulla.
quello del cosiddetto ellissoide delle tensioni (Fig. 6.5). Si supponga poi di conoscere le due tensioni principali in un certo punto O
L'ellissoide delle tensioni è caratterizzato dall'avere il centro nel punto Q scelto arbitrariamente.

del quale si vuole ottenere la tensione e come semiassi L_vettqri o\nt


Possiamo ancora utilizzare la relazione geometrica dell'ellissoide per
relativi alle tre tensioni principali.. descrivere lo stato di tensione, ma si ha p,»0 in quanto lungo tale
Per spiegare analiticamente la (ostruzione grafica dell'ellissoide delle direzione la piastra non è caricata (<T »=CT 3-0).

tensioni ricaviamo la seguente espressione sostituendo le relazioni (6.2)


Dalla (6.5) si otterrebbe per il termine relativo all'asse z una forma 0/0;
nella (6.4): ricordando, però, la condizione di normalità (6.4) e la terza relazione delle
(6.2), si può scrivere:

(6.5) oI=(T3V => Pz/ <T 3 = v

e quindi:
La relazione (6.5) costituisce l'equazione, in forma canonica, di un
ellissoide.

Dalla (6.5) si osserva che la punta del vettore tensione P. al variare di n,


è costretta a percorrere l'ellissoide, orientato secondo le direzioni
principali e di semiassi pari a oì, oi e <h rispettivamente. II termine noto dipende ora dall'orientazione del piano sul quale
Questa costruzione permette di trarre un'importante conclusione sullo determiniamo la tensione del punto O. non si dimentichi, infatti, che v è
stato di tensione del punto Q-, si può infatti notare che il vettore P, il coseno dell'angolo tra la normale M e la direzione z (v = cosa se
percorrendo l'ellissoide, presenta un modulo che non supera mai il valore a=a (nz)).
della maggiore fra le tensioni principali, né scende al di sotto della minore Si osserva allora che, considerando una normale giacente sul piano xy
di esse. Si è allora ottenuta una limitazione, espressa in maniera [CC=K /2), sarà v=0 e, quindi, l'equazione identificherà punti appartenenti
semplice ed immediata, per il camptf.di variabilità della tensione del punto al contorno dell'ellisse (avendo termine noto unitario). Se la normale,
Q, grazie alla conoscenza delle tensioni principali. invece, è inclinata rispetto a z di un angolo a<7T /2, la punta del vettore
delle tensioni percorrerà, al ruotare della normale attorno a z ad ct=cost.,
162 6 - Stato di tensione in un punto 5 6.2 - Tensioni principali 163

un contorno interno all'ellisse corrispondente ad un termine noto pari a I coefficienti Ji del polinomio risultano essere univocamente determinati,
(l-v)2=(l- cosace)<l. Se poi l'angolo a si annulla, la punta del vettore P è cioè sono indipendenti dalla scelta del sistemagli riferimento, rispetto al
costretta a stare nel punto O, cioè si hanno tensioni, in accordo con il quale si sviluppa l'analisi dello^ stato di tensione relativo al punto Q. per
fatto che la direzione z è principale e la corrispondente tensione descrivere questa loro proprietà sono-in effetti denominati—invazianti
principale è nulla. scalari. Nel caso particolare in esame i coefficienti Ji sono gli invarianti
Nel caso monodimensionale l'ellisse degenera in un segmento di scalari della tensione.
lunghezza 2n (essendo Ci l'unica tensione principale non nulla) che Per determinare l'espressione che essi assumono, può essere

ospita su tutta la sua lunghezza la punta del vettore P al variare del conveniente considerare il determinante espresso nel sistema di
piano su cui leggiamo la tensione del punto O. riferimento principale; si ha infatti:

Si consideri nuovamente il sistema lineare omogeneo, che definisce il


0,-0 0 0
problema agli autovalori per lo stato di tensione lrT~^"^nTn
A=
0 o-j -a 0
relativamente al sistema di riferimento cartesiano xuz; la condizione di
0 0 o\ -a
ailnull.a_m<ìn^ del determinante si esprime tramite un'equazione
pohnomiale di terzo grado in s che, quindi^ presenta tre soluzioni (che
= o3 - (o\+o\+o\)à + (oìoì»- oìoj+ ojOj)o"+ oìojoj = d-
sono le tensioni principali <7lt ff 2, <Ta). In generale l'equazinn.» risolvente
assume la forma:
Uguagliando i termini di pari grado si ottiene

-cr

A= Gy-a x2y

t., g. -a
o <r2 |0 o-, |0 a}

Immaginando di utilizzare un altro sistema di riferimento cartesiano Imn o-, 0 0


e ""Potando nuovamente il problema, si ottiene, un determinante 0 o-j 0
analogo a quello scritto per il_gistema jtyz, cui corrisponde un polinomio di 0 0 o-j
terzo grado^poiché il punto fisico in cui si valuta lo stato di tensione non è
cambiato, _Io__stato_ distensione^ continuerà a_rimanere_Jo stesso, Si osserva che il tensore delle tensioni nel sistema di riferimento
continuando,aoLesaere.deunito dalle, tretensioni principali cr.,, <X2) <73! principale è diagonale:
dò significa_allora_che_lej^dici del polinomio non sono cambiate e, per il
.principio di Jdentità_dei ^^^Qi a, 0 0
stesso; si ha quindi che: 0 a, 0
0 0 o-j

A= am-a Et intuitiva.restensÌQne degli invarianti scalari della tensione al sistema di


riferimentp^gejierico ;?yz,.dLcui quello composto dalle direzioni principali
or. -a
rappresenta un caso particolare:
164 6 - Stato di tensione in un punto § 6.2 - Tensioni principali 165

■E
Jy

Riassumendo si può osservare che:


> le tensioni e le direzioni principali sono una caratteristica intrinseca
dello stato di tensione nel generico punto Q e sono, quindi,
indipendenti dal sistema di riferimento utilizzato; Figura 6. 5 Ellissoide delle tensioni

> i coefficienti dell'equazione caratteristica det[s]=O sono invarianti al


variare del sistema di riferimento utilizzato per il calcolo delle tensioni
principali;
> nel sistema di riferimento cartesiano formato dalle tre direzioni
principali 1, 2, 3 il tensore delle tensioni è diagonale;
> nel sistema di riferimento cartesiano formato dalle tre direzioni
principali 1, 2, 3 sono mille le tensioni tangenziali (elementi fuori
diagonale);
> rjtiifgci>ntf> rtfttwrminflrftJ^ tr* tensioni principali Oi.CkOj (anziché sei

componenti di tensione) per conoscere completamente Jo stato di


tensione nel punto Q. ~~

Figura 6. 6 Piastra piana caricata nel proprio piano

n per eseguire la divisione è necessario assicurarsi che la variabile per cui dividiamo
non sia nulla. Tuttavia, se ciò accadesse, avremmo una delle due direzioni principali
coincidente con uno degli assi xyz scelti e, conseguentemente, una delle equazioni
sarebbe del tipo 0/0. Potremmo allora eliminare questa equazione, evidentemente
inutile, proseguendo la ricerca delle oltre due incognite con le restanti due equazioni
(in due incognite).
P
167
§ 6.3 - Cerchi di Mohr
166 6 - Stato di tensione in un punto

6.3 Cerchi di Morir

6.3.1 Analisi dello stato di tensione piana come sfpuò ricavare facilmente risolvendo l'equazione di secondo grado in
<y{6.7).
Si consideri un corpo elastico. Se fosse possibile, in qualche_modo,
determinare la direzione di una delle tensioni principali, si potrebbe 6.3.2 Costruzione dei cerchi di Mohr
semplificare il calcolo del determinante caratteristìco, ponendo che le
tensioni tangenziali relative a quella direzione siano nulìé; ad esempio si L'espressione analitica (6.7) non consente solo di calcolare
potrebbe porre Tir = T = 0. Questa affermazione^, infatti, possibile per la numericamente le tensioni principali, ma fornisce anche lo spunto per
sviluppare ™j™-tnrfn grafico di rappresentazione dello stato di tensione
definizione stessa di tensione principale, la quale implica che le tensioni
piano, noto in letteratura come metodo dei cerchi di Mohr. \
tangénziairgiacenti sul piano perpendicolare ad una direzione principale
In un Piano cartesiano di assi coordinati_ff-£ (aventi origine in_O^ si
siano mille. v
'd^fini's^arlo'dwe punti: il punto P di coordinate o\ ,y g^ji punto P' di
■TÌteterminare una delle direzioni principali, spesso, non risulta un
problèma di difficile soluzione: si pensi, innanzi tutto, alle, superfici coordinateCq.-W
sT può disesm^ un cerchio teerrhin di Mohrl avente centro neLpunto C,
esterne scariche (cioè non soggette ad alcuna forza esterna) di ognij:orpo.
Per esse la normale (sia essa l'asse 2) è sempre una direzione principale
appartenente all'asse a (di coordinate a ={*+a,n * **»> e Ta&io
R j-cp;
£p a cerchio cosi disegnato identificherà, intersecando l'asse
(e quindi le corrispondenti Tlx = T!y sono mille) conjensj&nc_principale o\
delle ascissa ffT le due tensioni
ii principali
riili a a, e o
o? (Fig
(Fig. 67)
6.7).
' nulla lpy=0): queste condizioni vengono solitamente, identificate come stato
La dimostrazione è semplice: le ascisse dei due punti di intersezione del
di tensione piana o bidimensigngle.
cerchio con l'asse_asono esprimibili, tramite considerazioni geometriche,
Si supponga ora di conoscere una direzione principale, che indichiamo
come le distanze OC±R\ pertanto si ha:
con z. e la relativa tensione principale o\ (nello^stato distensione piana è
<VSi secondo quanto detto in precedenza): si supponga inoltre di conoscere
anche in *tatn t.»nsinnale nel piano ad essa perpendicolare secondo due — o\ +O\
OC±CP=-
assi arbitrali x e y (ovvero di conoscere le componenti di tensione o\, a, e
z.r). Il determinante caratteristico diventa allora del tipo:
Le precedenti relazioni geometriche rappresentano le medesime
r>t 0 espressioni analitiche che erano state determinate per le tensioni
(6.6)
av -a 0 =0 => A = (o\ - , - a)- x),]=0 principali (equazione (6.7), soluzione analitica del problema piano).
0 a, -a

Risolvendo l'equazionejieirincognita a è immediato osservare che una


delle soluzioni è, come ovvjoio"= O£^0,__mentre le^altte due soluzioni sono
date dalla relazione:
6 6.3 - Cerchi di Mohr 169
168 6 - Stato di tensione in un punto

U terzo lato perpendicolare ad una normale arbitraria n, inclinata di un


angolo a rispetto alla direzione principale 1.
Si vuole determinare lo stato di tensione del punto P lungo sulla faccia AB
(identificata dalla normale rt ), ovvero i valori del vettore tensione <7 e f
che lo descrivono completamente.
Sul lato AB agiscono le componenti <7 e f e sui lati PB e PA agiscono
rispettivamente le tensioni principali <? i e Ó 2.
L'equilibrio dell'elemento nella direzione n e nella direzione ad essa
perpendicolare è espresso dalle seguenti relazioni:

equilibrio lungo la direzione n : aAB = alPAsina + * PBcosa

equilibrio in direzione perpendicolare ad n : tAB = -o*PAcosa+a, PBsina


Figura 6.7 Costruzione del cerchio di Mohr

6.3.3 Osservazioni sui cerchi di Mohr

L'utilità dei cerchi di Mohr va ben oltre il semplice artifìcio grafico.


In primo luogo è possibile osservare (Fig. 6.7) che il punto P, appartenente
al cerchio di tensioni principali O"t,(72, ha coordinate <Tr e Xxyt cioè al

punto P appartengono le componenti di tensione relative al piano che ha


come normale l'asse x Poiché questa scelta è stata effettuata in maniera
del tutto arbitraria (infatti esistono ? direzioni uscenti da un generico
punto nello spazio identificabili come asse x in una terna cartesiana), si
Figura 6.8 Equilibrio di un elemento triangolare piano
può affermare che i punti appartenenti al cerchio di Mohr sono
rappresentativi dello stato di tensione nelle infinite possibili direzioni
uscenti dal punto considerato e giacenti sul piano xy, si può cioè Dividendo ora per AB e ricordando che ABsina- PA e che ABcosa- PB, si
osservare che ad ogni possibile direzione uscente dal punto considerato (e ottiene:
giacente sul piano xjj\ corrisponde un punto appartenente al cerchio di
Mohr tracciato. = a,cos2a + (Wa
Dimostriamo ora quanto precedentemente affermato valutando le <T2)cos a
condizioni di equilibrio deirelemento prismatico di volume rappresentato
in Figura 6.8.

L'elemento considerato è triangolare [PAB) nel piano (perpendicolare


all'asse 2} ed è orientato in modo da avere due lati {RA e PEJj normali t=

rispettivamente alle direzioni principali 1 e 2 (che si suppongono note) ed


§ 6.3 - Cerchi di Mohr 171
170 6 - Stato di tensione in un punto

dal tetraedro elementare di Cauchy di Figura 6.3. Nel caso piano, il punto
Si vogliono ora determinare, a partire dal cerchio di Mohr, le medesime
(sulla faccia che ha come normale l'asse ji) con componenti Gx, Txy non
tensioni <? e f del punto P appena calcolate tramite le equazioni di
sarà altro che il punto che individua il vettore tensione p* (Fig. 6.11); sul
equilibrio.
cerchio di Mohr sono facilmente individuabili sia la direzione del vettore
Si consideri sul cerchio di Mohr rappresentato in Figura 9 e
Px, sia le direzioni principali nel punto Q.
corrispondente alle tensioni principali Ò~ i e O 2 il triangolo rettangolo
In definitiva il cerchio di Mohr consente di visualizzare .completamente
APB di lati:
un generico stato ó^jejisione-(pian^in^un^punto_sia_in_nio^djilo^sia in
direzione.Jl..cfirchio_dLMohr consente inoltre di correlare sia lo stato di
tensione nel piano cartesiano^ty7 sia lo stato di tensione in un qualunque
AP = (Oi-Oi)cosa
piano identificato dalla normale «LeonU-cofrispondente stato di tensione
BP =
nel piano deUejiireziQni principali.
Si consideri il determinante^ della matrice dei coefficienti del sistema
Le coordinate del punto-P (corrispondente alle tensioni G e T dello stato di
lineare (6.6) applicato ora _ aiunorstòto^ ferine giafia per il quale si
tensione piana) sono esprimibili come:
ha:^ = 0, coincidente con una tensione^ principale (Gz=Gì), e Ta = Tzy = 0, si
x = PH ={p\-oi) cosasmoc noti che si avrebbe una situazione analoga anche nel caso di Oi * 0>
a = AH = g2 + (ai-oj) cos2a purché" 0Z sia ancora una tensione prihc^rale e, di^onsèguénza, e Ta= Tzy
= 0.
Ner caso-piano-ipotizzatOj l'equazione 6.6 __di_.annullamento del
Tali espressioni coincidono con quelle ricavate analiticamente in
precedenza dall'equilibrio del triangolo elementare APB (Fig. 6.8) e, quindi, determinante diventa:

permettono di ottenere i valori delle componenti del vettore tensione O e


T nel punto P considerato.
Gy-G 0 = 0,
: 1 ^ °r-°\
Si può allora osservare che il cerchio di Mohr visualizza graficamente il
problema matematico: al variare dell'angolo a (Fig. 6.10) si ottengono le 0 G -<
componenti di tensione <T e T (sulla faccia di normale « ) del generico
punto P a partire dalla conoscenza delle corrispondenti tensioni principali e pertanto si ha:
Gì, G2.
Poiché, come si osserva dalle Figure 6.9 e 6.10, si passa con continuità
dalla situazione in cui G=G\ e T=0 (caso in cui la faccia dell'elemento
considerata ha la normale coincidente con la direzione principale 1) alla nel caso piano
situazione G=<h e T=0 (caso in cui la faccia dell'elemento considerata ha
la normale coincidente con la direzione principale 2), è intuitivo
'.-* ^ 1=0 CTu = <T'+<7'
comprendere che fra tali situazioni estreme esisterà una condizione di
massimo per la tensione tangenziale, cioè esisterà un valore di erper cui
V=tnax. (3t/3a= 0); è immediato osservare che tale condizione viene Ragionando in questo modo, si può estendere il problema al caso di uno
ottenuta per a = n/4. ~. slato di tensione tridimensionale e, quindi, per ognuno dei piani principali
Si può allora generalizzare il legame fra la costruzione grafica relativa al 1-2, l-3'e"2^3Tsi può tracciare un corrispondente cerchio di Mohr; ciascun
cerchio di Mohr e il generico stato di tensione del punto Q rappresentato
§ 6.3 - Cerchi di Mohr 173

cerchio di Mohr può descrivere la variazione (fello stato di tensione al


variare delPIncnudziune della diluzione normale n ed in modo tale che
essa giaccia sur~piàìRr~-prineipale-"cUi' sT riferisce la circonferenza
considerata (la restante direzionejarincìpale è, cioè, retta di sostegno per la
rotàziòne~òréTi5teina di riferimento) (Figura 6.12).
NeFcasoTn cui il vettore pm è diretto secondo una generica direzione nello
spazio, il corrispondente stato di tensione tridimensionale è descritto da
un punto appartenente all'area compresa fra i cerchi di Mohr figura
6.13).
Si può comprendere tale affermazione, almeno intuitivamente,
considerando che i cerchi di Mohr descrivono ~ le—GorìHizlQnFjestreme
corrispondenti a considerare volta per volta-fcioè cerchio per cerchio) una
direzione principale come asse del sistema di riferimento cartesiano
centxato~sur punto Qt inoltre si può osservare che in questo modo il Figura 6.9 Vettore tensione sul piano <7-rdi Mohr
modulo -dei-vettore tensione assume sempre un valore compreso fra la
minima e la massima tensione principale» come si è determinato
introducendo la rappresentazione grafica dell'ellissoide delle tensioni.
L'affermaziontT precedente può essere dimostrata analiticamente
utilizzando la condizione di normalità dei coseni direttori, scrivendo le
espressioni per O"n e Fh2=<Tn2+T^2 (per la generica direzione ») in termini
dei coseni direttori stessi e delle tensioni principali ed imponendo la
condizione d'ordine per le tensioni principali, Oì>O2>03; si otterrà allora un
sistema di disequazioni nelle incognite <7n,Tn, la cui soluzione individua il
dominio di variazione delle tensioni.
Con riferimento alla Figura 6.13, si può osservare che l'angolo giungo il
quale si valuta lo stato di tensione sul cerchio di Mohr è pari all'angolo
individuato dal vettore tensione pn e dalla relativa direzione n, sul piano
su cui giacciono tali due direzioni.

Figura 6.10 Variazione delia coppia {aj} al variare dell'angolo a


6.3 - Cerchi di Mohr 175
174 6 - Stato di tensione in un punto

Figura 6.11 Valutazione dello stato di tensione piana nel punto 0 tramite il cerchio
di Mohr

Figura 6.13 Individuazione dello stato di tensione relativo ad una direzione


generica nello spazio

E' immediato osservare che, al variare di tale angolo, si ottengono tutte le


possibili variazioni dello stato tensionale nel punto per diverse scelte del
I / sistema di riferimento; inoltre si può osservare come esistono tre
direzioni particolari (le direzioni principali) lungo le quali il vettore
Q
a »■ a. tensione giace sull'asse delle ascisse del piano di Mohr; in coincidenza di
tali condizioni si hanno allora, come già determinato in precedenza,
esclusivamente componenti normali di tensione (cioè le tensioni
principali), ovvero per tali direzioni il vettore tensione è allineato con la
direzione stessa.

Figura 6.12 Individuazione dello stato di tensione puntuale a! ruotare de! sistema di
riferimento
§ 6.4 - Relazioni tensioni - deformazioni 177
176 6 - Stato di tensione in un punto

6.4 Relazioni tensioni-deformazioni

La sperimentazione dimostra che, se si sottopone un materiale a Analogamente la deformazione totale nelle direzioni yzz vale:
tensioni, questo si deforma e, viceversa, se si impone al materiale di
v
deformarsi, questo reagisce opponendo tensioni. —a

I parametri che rappresentano gli stati di tensione e di deformazione


E z

(coefficienti dei rispettivi tensori) sono legati fra loro dal comportamento
del materiale.
Per caratterizzare dal punto di vista elastico il materiale si deve, quindi,
studiare il comportamento in termini di tensioni e di deformazioni. Per quanto riguarda le deformazioni angolari y9, si osserva che ciascuna
Considerando un elemento infinitesimo di materiale, analogamente a
componente è solamente proporzionale alla corrispondente tensione i\. e,
quanto sviluppato per le tensioni (Fig. 6.4), si può definire il
pertanto, si può scrivere:
corrispondente stato di deformazione.
Supponiamo di applicare separatamente le diverse componenti di
tensione e di determinare le corrispondenti componenti di deformazione;
applicando la sx si ha una deformazione ex del tipo:
dove Gè il modulo di elasticità tangenziale, legato al modulo di Young dalla
relazione:

G=
dove E è il modulo elastico o modulo di Young del materiale.
Applicando ora la sola componente sy, in direzione x si ha una

deformazione: Per un materiale lineare (esiste una legge lineare fra causa -.tensione *d
effetto - deformazione), elastico (il fenomeno è reversibile, cioè
'rimuovendo la causa l'effetto si annulla) ed isotropo (le proprietà
'meccaniche sono identiche in tutte le direzioni), si può esprimere il
^egame fra tensioni e deformazioni nel caso più generale del solido (
dove ? è il coefficiente di Poisson del materiale.
tridimensionale in forma matriciale compatta:
Analogamente, applicando la sola componente sz, in direzione x si ha una

deformazione: ME -vtE -vlE 0 0 0


v
-vlE ME -vlE 0 0 0

-VIE -vlE ME 0 0 0
(6.8)
Applicando contemporaneamente le tensioni ax, o*y, <Tt, la deformazione 0 0 0 ÌIG 0 0

totale vale: s. 0 0 0 0 \IG 0

0 0 0 0 0 ÌIG
§ 6.5 - Tensione equivalente 179
178 6 - Stato di tensione in un punto

Tenendo conto anche delle deformazioni dovute all'effetto della


temperatura, si possono aggiungere al sistema i corrispondenti termini:

e/ ' ME -VÌE -VIE 0 0 0 ax aùT


-VÌE ME -VÌE 0 0 0 ay aòT

-VÌE -VÌE ME 0 0 0 <j\ aòT


(6.9)
0 0 0 MG 0 0 0
V*,
0 0 0 0 MG 0 Tyz 0

0 0 0 0 0 I/C 0

Poiché le deformazioni_ft_^_xr sono rispettivamente disaccoppiate, si può

facilmente scrivere il sistema di equazioni relativo alle deformazioni


anche in una terna cartesiana principale:

\ie -vìe -vìe


-vìe he -vìe (6.10)

-VÌE -vIE ME c&T Figura 6.14 Risultati delle prove di trazione monoassiale per alcuni tipi di acciaio

Sotto Q profilo della resistenza di una struttura sollecitata da forze esterne


6.5 Tensione equivalente
v è, in generale, semplice valutare il grado di sicurezza con il quale lavora
Noto lo stato di tensione in un punto di un corpo è indispensabile valutare detta struttura nel caso in cui lo stato di tensione sia rappresentato da
se esso è compatibile con le caratteristiche di resistenza del materiale e, una tensione normale G: in tali condizioni è sufficiente rapportare

in caso affermativo, quanto distante ci si trova dalle condizioni limite di questa tensione al carico di rottura R del materiale e stabilire di quale
collasso puntuale; tale "distanza" può essere quantitativamente valutata fattore (coefficiente di sicurezza m=R/G) possono essere

introducendo un coefficiente di sicurezza. proporzionalmente aumentate le forze esterne senza che la struttura
arrivi al cedimento. Per poter eseguire il confronto è, allora, necessaria la
conoscenza della resistenza del materiale, informazione che si ottiene da
una prova di trazione monoassiale.
Una valutazione di questo tipo non è, invece, immediatamente
esprimibile nel caso, peraltro frequentisstmo, in cui lo stato di tensione
nella struttura e rappresentato da due o tre tensioni principali diverse da
zero. Occorrerebbe, infatti, conoscere, nel caso più generale, tutte le
combinazioni di terne 01,02,03 che provocano i collasso puntuale: tali
combinazioni sono però infinite. Occorrerebbe inoltre conoscere, a partire
X /'

§ 6.5 - Tensione equivalente 181


180 6 - Stato di tensione in un punto

da una terna Gì ,02,03 che non provoca collasso, quale sia la modalità
essendo_0^_Ja.tensjone principale più' elevata in modulo, cioè tale che
secondo cui operare per ottenere la rottura puntuale (ad esempio imporre
costanti due delle tre tensioni principali e far variare la terza, ma la
6.5.2 Tensione tangenziale massima (Criterio-*Tresca)
scelta di quale far variare è arbitraria). Tale situazione sperimentale non
è però realizzabile, sia per il tipo di carico (stato di tensione triassiale
1 Secondo questo criterio la rottura avviene per il superamento di un valore
variabile, molto difficile da ottenere), sia per l'impossibilità di ottenere
'■ critico della tensione tangenziale.
tutti i risultati in periodi di tempo di lunghezza accettabile.
"Dall'analisi dei cerchi di Mohr (Fig. 6.13) si osserva che la massima
E1, quindi, necessario operare in maniera differente; storicamente si è
tensione tangenziale in uno stato di tensione tridimensionale con
impostato il problema andando a definire una tensione idealmente
o-.xTjXT, è pari a (a,-as)/2 mentre in uno stato di tensione
equivalente a la quale cioè, applicata da sola, produca lo stesso pericolo di
monodimensionale vale ff^/2.
rottura (o lo stesso coefficiente di sicurezza) che si ha per effetto dello
Poiché due stati sono equivalenti se presentano la stessa tensione
stato di tensione bi o tridimensionale oggetto di analisi.
tangenziale massima, uguagliando questi valori di tensione tangenziale si
Per giungere alla determinazione della tensione ideale equivalente a^
ottiene la relazione che esprime il criterio di Tresca:
occorre, però, preliminarmente formulare una ipotesi di rottura (o ipotesi di
cedimento) e stabilire cosi quale sia il parametro critico che, raggiungendo (6.12)
un valore limite prestabilito e tipico del materiale impiegato, ne
determina Tisicamente il cedimento.
6.5.3 Deformazione unitaria massima
Le ipotesi o i criteri di rottura proposti sono diversi e conducono tutti alla
determinazione di altrettante tensioni equivalenti, a volte di valore anche Secondo questa ipotesi, la rottura si ha quando la deformazione unitaria
sostanzialmente diverso le une dalle altre.
supera un valore limite prestabilito.
Nel seguito verranno analizzati i più' comuni dei criteri di rottura Nel caso di uno stato di tensione monodimensionale (a, = o"^, o"2 =0% =0).
proposti, determinando le corrispondenti tensioni equivalenti in funzione
nella direzione della tensione <rf? la corrispondente deformazione £| vale:
delle tensioni principali at, a,, 0"3 -
r =* =^L (6.13)
6.5.1 Tensione normale massima (Criterio di Galileo)

11 più" immediato (e storicamente il più vecchio) fra i criteri di rottura In una qualunque direzione trasversale, ortogonale alla direzione della
proposti è quello che si basa sull'ipotesi che il cedimento del materiale
a , si ha:
avvenga quando in un suo punto la tensione normale piur "elevata
faggiShge""cm-vaIffré"crTtico (pari al carico di rottura del materiale stesso). e, =e2=£3 =
,22. (6.14)
E
Allora due "stati di tensione, di cui uno in generale tridimensionale
{01,02,03} ed uno monodimensionale {pégAO} sono fra loro equivalenti se
Si noti che il coefficiente di Poisson V è compreso nel campo 0<V <0,5.
vale la relazione:
Nel caso tridimensionale le deformazioni prodotte dalle corrispondenti

(6.11) tensioni principali sono:


182 6 — Stato di tensione in un punto § 6.5 - Tensione equivalente 183

(6.18)
2--°
(6.15)
essendo p ,sQ il valore finale raggiunto dalla forza F e, rispettivamente,

dallo spostamento s (Fig. 6.15).


In un elemento di volume dVdi lunghezza di sottoposto sulle sue superfici
Applicando l'enunciato del criterio della massima deformazione unitaria, i
esterne di area dA ad una trazione <7 (Fig. 6.16), la forza finale vale dF
due stati di tensione sono equivalenti quando producono la stessa Emax.
=<7dA e lo spostamento relativo finale delle superfici esterne vale ds
Uguagliando, allora, la massima deformazione nei due casi (stato di = £dl.

tensione tridimensionale e stato monodimensionale equivalente) si


ottiene:

(6.16)

da cui:

(6.17)

essendo o-( la tensione principale più' elevata.


s

6.5.4 Energia di distorsione massima (Criterio di Von Mises)


Figura 6.15 Legge lineare forzaspostamento

Un generico corpo soggetto ad un insieme di azioni (forze generalizzate


esterne) si deforma a causa del conseguente campo di sollecitazioni
interne. Se la deformazione avviene in campo elastico ed il corpo è in
grado di restituire l'energia immagazzinata durante il processo di
deformazione, l'energia che interviene in questo fenomeno è detta energia
elastica di deformazione.
\ Trascurando l'energia persa per attrito, il lavoro fatto da una forza per
deformare elasticamente un corpo si traduce integralmente in energia
plastica immagazzinata dal corpo stesso.
Poiché nei fenomeni lineari elastici la forza è direttamente proporzionale
alla corrispondente deformazione (cioè allo spostamento prodotto), il lavoro Figura 6.16 Elemento di volume sottoposto ad una trazione a
finale compiuto dalla forza può essere ottenuto tramite il teorema di
ClapeyronL. „ — :
II lavoro compiuto vale perciò:
184 6 - Stato di tensione in un punto § 6.5 - Tensione equivalente 185

Corrispondentemente l'elemento unitario di volume si modifica


cambiando la sua forma e variando il suo volume. La variazione di volume
(6.19)
prodotta dalle deformazioni conseguenti allo stato di tensione
tridimensionale è data da:
e rappresenta, quindi, l'energia immagazzinata nell'elemento di volume
dVsoggetto alla tensione normale G .-
Nell'elemento di volume soggetto contemporaneamente alle tre tensioni
Poiché le deformazioni che si osservano in campo elastico, per i comuni
<7|» 02» °3» g11 allungamenti ex, E2> £3 nelle tre corrispondenti direzioni
materiali, sono al più dell'ordine di qualche valore percentuale (cioè e-IO"
crescono proporzionalmente con legge lineare e sono dati dalle relazioni
(6.15). 2), è lecito considerare i prodotti fra deformazioni come termini
infinitesimi di ordine superiore rispetto alle deformazioni e, quindi, è
Pertanto l'energia complessiva immagazzinata nel volume dVè pari a:
possibile trascurarli ( ILe,-» 0, ILe*-* 0, Vr=1^3 ) ottenendo:

Andando a sostituire nella variazione ÀFla legge costitutiva elastica [legge


di Hooke), si ottiene:

(6.21)

Nel caso in cui le tre tensioni siano tutte positive (<7i,C^,O3>0), cioè di
trazione, è logico attendersi un incremento di volume positivo (AFH));
affinchè sia verificata tale condizione deve essere l-2v> 0 nella (21); si
può, quindi, osservare che deve sempre essere V <t 05 ; in caso contrario,
tensioni positive (di trazione) o negative (di compressione) produrrebbero
diminuzioni o, rispettivamente, incrementi di volume, il che non trova
Figura 6.17 Elemento di volume sottoposto a Gx. a2, <73
riscontro nella realtà pratica.
L'espressione (6.20), tenendo conto delle note relazioni di Hooke tra
tensioni e deformazioni, si trasforma nella seguente, ottenuta sostituendo
Uno stato di tensione produce, per effetto della sua applicazione, una
le (6.15) nella (6.20):
deformazione elastica del materiale cui corrisponde un'energia elastica
totale immagazzinata per unità di volume <£ che, per uno stato
tridimensionale, vale: + a\ 4-g\ - cr2(T3)J (6.22)

Nel caso di una sola tensione l'energia elastica immagazzinata per


(6-20)
unità di volume è pari a:
186 6 - Stato di tensione in un punto § 6.5 - Tensione equivalente 187

(6.23) Si consideri allora lo stato di tensione applicato {aìtalto^y} come somma di


un primo stato di tensione, costituito da tre tensioni a. uguali fra loro e

pari al valor medio delle tre tensioni principali applicate,


In generale, è possibile determinare la relazione che descrive
<y" =a\ =a\-&y =(<r,+o-2 +a%)fi, e da un secondo stato di tensione,
l'equivalenza di due stati di tensione in termini di massima energia di
deformazione [criterio di Beltmmi)\ secondo tale ipotesi sfha equivalènza ff- = a _ a* ( ottenibile per differenza.

nel caso in cui agli stati di tensione corrisponda^ lo stesso^aìóreTdefla Il primo sistema di tensioni o\ . essendo uno stato di pressione uniforme,
densità di energia di deformazione;^ utilizzando le relazioni (6.22f (vaìidà~pèr produce, come conseguenza della sua applicazione, una semplice
uno stato di tensione tridimensionale) e (5.19) (valida per lo stato di variazione di volume senza alcuna variazione di forma.
tensione uniassiale equivalente ct^) ed imponendo l'uguaglianza delle Al contrario, il secondo sistema di tensioni <j". produce una variazione
rispettive densità di energia, si ottiene facilmente: della forma dell'elemento senza modificarne il volume, come può
facilmente verificarsi introducendo nella (6.21) le deformazioni e]

- 2v(cr1cr2 (6.24) corrispondenti alle tensioni a] suddette:

Risulta, però, nell'ipotesi di tensione uniforme, cioè di tensioni principali


tutte uguali fra loro (<jt = o2 = <rJ, applicata ad un corpo in acciaio (V = 03), X «"«• = X 3<o>-3<o> = 0

che il valore della tensione equivalente a^ ricavato dalla (24) è maggiore


di quello della tensione uniforme effettivamente applicata: essendo <O> = (G\+&&Gì) / 3 il valor medio delle tensioni; si ha quindi:

03 = -p (componente idrostatica di tensione) Ar = e"i+ eV £"3 = (l-2v)(o"i+ C2+ cj"3)/E = (l-2v) Ztf'i /E = 0

Poiché, come si è detto, qualunque corpo omogeneo, sottoposto ad uno


stato di pressione uniforme, dimostra una resistenza molto più elevata del

suo carico di rottura, si ritiene che il primo sistema di tensioni (Tr-


per acciaio (v=03)
contribuisca in misura trascurabile al collasso del materiale.

il che risulta praticamente inattendibile se confrontato con l'evidenza Pertanto, ai fini della valutazione del pericolo di rottura (o del coefficiente

sperimentale. "~ di sicurezza), si ritiene significativa solo la parte di sollecitazione

Sperimentalmente si verifica infatti che qualunque materiale, sottoposto derivante dal secondo stato di tensione e si è defìnita^en^ia dì distorsione
ad una pressione uniforme, manifesta una resistenza grandissima, molto l'energia elastica immagazzinata a seguito della applicazione di detto

più elevata, cioè, del suo carico di rottura; se effettivamente una secondo sistema di tensioni (componente deviatorica dello stato di

componente idrostatica di tensione non induce effetto in termini di pericolo tensione).

di rottura, si può pensare di far intervenire nella valutazione dell'energia Questa energia di distorsione può calcolarsi direttamente con una

di deformazione la sola componente deviatorica (cioè non idrostatica) della relazione analoga alla (22), ponendo però in essa le componenti di
tensione. * tensione c*. a'2, a\-
§ 6.5 - Tensione equivalente 189
188 6 - Stato di tensione in un punto

Si dimostra, però, che i due sistemi di tensioni a\ e a] sono fra loro


Secondo il criterio di rottura della massima energia di distorsione, il
disaccoppiati per cui il lavoro reciproco fatto da un sistema di tensioni per
cedimento del materiale avviene quando quest'ultima raggiunge un valore
le deformazioni corrispondenti all'altro sistema di tensioni è nullo.
limite tipico del materiale stesso.
Si ha infatti:
Pertanto, sotto il profilo del pericolo di rottura, un sistema di tensione
monodimensionale sarà equivalente a uno tridimensionale se darà luogo
ad uguale energia massima di distorsione immagazzinata.
(6.25)
Uguagliando le (6.27) e (6.28) si ottiene allora:

(6.29)
(6.26) r, -a2)2 +(cr, -o-j)2 +(<72-<r3)2 \

Mancando, quindi, il contributo di energia dovuto al lavoro mutuo, che è l'espressione del Criterio di Von Mises o Criterio della Massima Energia
l'energia totale (6.22) può essere considerata come semplice somma
di Distorsione.
dell'energia derivante dal primo sistema di tensioni e dell'energia,'
cosiddetta di distorsione, corrispondente al secondo sistema di tensioni: 6.5.5 Curva limite <7 -T (Criterio di Mohr)
pertanto quest'ultima può ottenersi anche, sbrigativamente, come
differenza fra l'energia totale <1> data dalla relazione (5.18) e l'energia Facendo riferimento alla rappresentazione grafica dello stato di tensione
<&', corrispondente al primo sistema di tensioni che si ottiene ponendo mediante i cerchi di Mohr, si rileva che il cerchio più' ampio è quello
nella (6.18) le tensioni or] . passante per le tensioni principali CT, e <T3 (essendoCT, ><X2 >(T3 in
Questo fatto presuppone l'applicazione del principio di sovrapposizione degli valore e segno); ad esso corrispondono le tensioni maggiori per quel dato
effetti. In generale, tale principio non può essere applicato alle energie, a stato di tensione cui la rappresentazione si riferisce.
meno che i due sistemi non siano fra di loro disaccoppiati, come accade In analogia con il ragionamento condotto per uno stato uniassiale tramite
appunto nel caso in esame in cui le tensioni del primo sistema non cui si è introdotto il coefficiente di sicurezza, se si suppone di ampliare
influiscono sulle deformazioni del secondo sistema e viceversa. proporzionalmente le forze esterne secondo un fattore e, il cerchio
Si ha quindi: massimo corrispondente risulterà ampliato in proporzione in modo da
passare per le tensioni CO, e CO} (Fig. 6.18).
Se il fattore di amplificazione è tale da produrre la rottura nel materiale,
(6.27)
i +v i r, allora il corrispondente cerchio di Mohr rappresenta il cerchio massimo
=lFIl{<T'-< limite per quel particolare stato di tensione definito dai valori iniziali di
<7|, <T2, <75.
Nel caso di uno stato di tensione monodimensionalc (nel quale cioè sia Immaginando di disporre di diversi stati di tensione iniziali
<Ti = 0\,> o-2 = o-j = o) la corrispondente energia di distorsione <&' si (comspondenti ad altrettanti valori di <7,, CT2,(Tj) e di ampliarli fino a
ottiene immediatamente ponendo nella (23) ox = o , a, = cr, = 0 e vale: rottura, verranno determinati altrettanti cerchi limite in corrispondenza
dei quali si ha raggiungimento della condizione di rottura nel punto
considerato; è allora possibile individuare, sul piano di Mohr <J-T, una
(6.28)
190 6 - Sfato di tensione in un punto § 6.5 - Tensione equivalente 191

curva limite ottenuta come inviluppo dei vari cerchi massimi limite (6.32)

individuati. Allora, una volta individuata la curva ed assegnato un


generico stato di tensione, è immediato risalire al fattore di sicurezza nella quale il rapporto R/c, essendo e il fattore di amplificazione limite
facendo crescere il cerchio di Mohr massimo fino a farlo diventare (cioè il coefficiente di sicurezza) che porta a rottura il sistema
tangente alla curva limite. tridimensionale, costituisce la tensione equivalente G^ cercata:
Nella realtà risulta alquanto diffìcile risalire alla curva limite costruita
questa è infatti la tensione che, se applicata da sola, da luogo allo stesso
nel modo indicato; considerando che in generale, però, le informazioni più
pericolo di rottura (cioè ha lo stesso coefficiente di sicurezza e) se
semplici da ottenere per descrivere la resistenza a rottura dei materiali
confrontata col carico dì rottura R del materiale.
sono i carichi di rottura R e R' , rispettivamente a trazione e a
compressione, tramite essi si possono individuare i due cerchi limite
corrispondenti alle suddette condizioni di prova uniassiale a trazione e a
compressione. Si può, quindi linearizzare, l'andamento della curva limite
considerandolo approssimativamente come costituito semplicemente dalle
rette tangenti ai due cerchi appena determinati (Fig. 6.19).

In riferimento a tale figura, introducendo inoltre la notazione V* = R /


\R'\ e indicando con OC l'angolo formato dalle rette tangenti che
approssimano la curva limite con l'asse delle ascisse in direzione
negativa, si ha:

sin a
R'/2+R/2 1+v

e di conseguenza:

ì-sina Figura 6.18 Curva limite di rottura


V = (6.30)
\+sina

Imponendo che il cerchio limite passante per c(Jì e COÌ (e Si osserva che questo criterio di rottura, nel caso in cui si ha V* =1, porta
corrispondente alla condizione di rottura a partire da un generico stato a determinare una tensione equivalente che coincide con quella definita
tridimensionale di tensione {01,02,03} per un certo fattore di dal criterio della massima tensione tangenziale; infatti si ha:
amplificazione delle tensioni e) risulti tangente alle due rette, si ha:
Oca = R/C = ai - V*03 => Oiq = <Tj - 03

(6.31)

da cui, tenendo conto della (6.30), si ottiene la relazione:


193
§ 6.5 - Tensione equivalente
192 6 - Stato di tensione in un punto

Definizione della tensione Condizioni di validità


Criterio di
equivalente della relazione

O\

— max{£i,£2,

/2

Mohr
v* = R/IR'I
CCT,
Tabella 6.2 Tensioni equivalenti secondo i criteri introdotti (stato di tensione
Cff,
tridimensionale)

Un confronto grafico fra i diversi criteri di rottura può essere effettuato


Figura 6.19 Curva limite di rottura (rette tangenti ai cerchi di Mohr) • facendo riferimento allo stato di tensione bidimensionale Pj-°) e
determinando, in tale situazione, la relazione che lega fra loro le tensioni
Si osserva che se V*=V (e cioè pari al modulo di Poisson), la tensione principali cy,,<T2 nella condizione limite di resistenza.
equivalente che ne deriva coincide con quella definita dal criterio della
Si assuma un riferimento cartesiano nel quale si riportino in ascissa ejri
massima deformazione unitaria; si ha infatti: ordinata i valori CltO2 , rispettivamente denominati a,, q e con Oi-ffrO;
sulla base di immediate osservazioni è possibile definire relazioni d'ordine
Oiq = R/C = <Ti - V*Oj => O"o, = G\ - VG}
valide per le tensioni; tali disuguaglianze descrivono l'ordine gerarchico
Applicando il criterio di Mohr si ottengono risultati intermedi a quelli delle tensioni relativo al semiquadrante cui ci si riferisce (Figura 6.20).
ottenibili con i due criteri sopra citati (di Tresca e della massima Tenendo conto di tali condizioni, si determinano per i vari criteri le
deformazione unitaria), che possono anche essere indicati come casi relazioni che derivano dalla condizione limite di rottura, ottenuta
particolari del criterio di Mohr. Occorre peraltro precisare che solitamente imponendo che la tensione equivalente uguagli il carico di rottura tfdel
si adottano i criteri della massima tensione tangenziale e della massima materiale (si assume per semplicità lo stesso valore per i carichi di
deformazione unitaria, in quanto ognuno di essi fornisce risultati che, a rottura a trazione e a compressione; tale approccio è, fra l'altro, a favore
seconda dell'applicazione particolare, sono ampiamente confermati dalle della sicurezza, in quanto si trascura il campo in cui le tensioni negative
indagini sperimentali. assumono il valore massimo in modulo).

6.5.6 Confronto grafico fra le ipotesi di rottura

Nei paragrafi precedenti sono state considerate alcune ipotesi di rottura,


cioè sono state ottenute alcune diverse espressioni per la tensione ideale
equivalente <7Cq. i cui risultati sodo riassunti nella seguente tabella:
6.5 - Tensione equivalente 195
194 6 - Stato di tensione in un punto

hN

■V:

= CTeq - -R,

A seconda dei quadranti nei quali si opera e ricordando che <Ti=Oi, 02-Oj, le
relazioni così ottenute per il criterio della tensione normale massima
sono le seguenti:

at=±R; o-2 = ±R
\

Allo stesso risultato si sarebbe giunti considerando che il criterio della


O^ax può essere anche espresso come:

Figura 6.20 Ordine gerarchico delle tensioni relativo ai vari semiquadranti del = max{|oi|,|q,|}=R
piano delle tensioni

e quindi:

Per determinare le relazioni sopra descritte, si considera, per tutti i


N>l ff,|: N = R o Oi = R per o-, > 0; -0} = R, Oi = -R perOi<0
semiquadranti presi singolarmente, il criterio scelto e l'ordine delle -q; = R, qj = -R per q; < 0
|oi|<| Oj\: \Oj\ = R «► q, = R per q, > 0;
tensioni corrispondente; ad esempio volendo ricavare la relazione relativa
al criterio della O^, nei semiquadranti I, II, Vili e V si opera nel modo che ovviamente descrive lo stesso dominio, un quadrato di lato 2R
seguente: centrato nell'origine degli assi Oi,q), determinato con l'altro approccio.
Volendo ora ricavare la relazione relativa al criterio di Tresca (massima
I:
tensione tangenziale) per i diversi semiquadranti si ha:

= CTa, - R, <Ji = +R
'I:
M>|cr,|>|cit!=0
' Vili: - O"min = Oi -Ok - R, Oi- +R
=>O"ma«= Oi, CTmin^ O* - 0 =><T«i=

|CXm«l= N = <Teq = R, Oi = +R

II:

'II:
197
6 6.5 - Tensione equivalente
196 6 - Stato di tensione in un punto

che si può dimostrare essere l'equazione di un'ellisse con assi inclinati di


- R,

Vili:
■ì

|oi|>|cr;|>|o*j=0

■VII:

,jn= O) - <Tmin = = R, i[ - Gj

+R

Ad analogo risultato si giunge operando come si è fatto per il criterio


precedente e si ottiene per il criterio della tensione tangenziale massima
(Tresca):

Ff-Oj =±R (tmax)

Il criterio della massima deformazione unitaria fornisce la seguente


relazione, ottenuta con ragionamenti del tutto analoghi ai precedenti:

a,-va, =±/f; a,-vat=±R (£m«) Figura 6.21 Confronto grafico fra le ipotesi di rottura per stato di tensione
piano
Per quanto riguarda il criterio di Von Mises, si può operare nel modo
seguente (cTiso;, O2=C$-, O3SOi=0)...
lt/4 (45°) rispetto agli assi cartesiani ah Oj e passante per i punti {O» <Jj) di
coordinate {0, ±R} ; { ±R. 0} ; { ±R, ±R} •
U criterio della curva limite (Mohr) fornisce in generale (e quindi anche
nel caso particolare di stato di tensione piano) risultati intermedi ai
criteri de Uà massima tensione normale (<w) e della massima
deformazione (e,**), presentandosi essi come casi particolari m
quindi la condizione di rottura vale ffq = R e fornisce la seguente corrispondenza dei valori estremi del coefficiente V* (rispettivamente V 1
relazione: c y*=y).

Le relazioni sono rappresentate graficamente (Fig. 6.21) mediante


2 2 _ _ R*
altrettante curve che descrivono le varie uguaglianze ottenute; tali curve.
198 Stato di tensione in un punto § 6.5 - Tensione equivalente 199

rappresentando le combinazioni di tensioni Limite che causano rottura,


individuano aree - una per ognuno dei criteri considerati - entro le quali
Neiripotesi_diuno stato di tensione piano in un punto)L^o&tirAiito da una
sono raccolte tutte le combinazioni di tensione O~,, <T2 cui corrisponde
tensione normale (T e da una tangenziale T {ad esempio_axj=Tst_^Tzy=0;
una a^ al di sotto del valore limite R.
0 ~O\ <7X =0; Tx =T =T), le tensioni principali corrispondenti sono
Dal confronto, fra le dimensioni che quest'area assume per le diverse
ipotesi di rottura, si deduce che l'ipotesi della massima tensione espresse dalle relazioni seguenti:

tangenziale èja piu^jgonservaUvà\ presentando infatti imbarca la cui


'^estensione risulta inferiore a quelle relative agli altri criteri.
Per le applicazioni relative alla valutazione delle condizioni di rottura degli
acciai duttili, i risultati sperimentali sono in buon accordo con quelli
teorici forniti dall'ipotesi della massima energia di distorsione (Von Mises) Con questi valori delle tensioni O~ e T, si determinano facilmente, per
o della massima tensione normale (Tresca); relativamente agli acciai sostituzione, i valori corrispondenti della tensione equivalente secondo i
fragili (così come, in linea generale, per tutti i materiali con diversi criteri considerati.
comportamento fragile) viene preferito, perché in maggior accordo con i ' I risultati sono riassunti nella Tabella 6.3 che contiene sia le espressioni
risultati sperimentali, il criterio della massima deformazione unitaria. generali valide per uno stato bidimensionale di tensione, sia le
espressioni della Oeq nel caso in cui lo stato di tensione piano si riduca
6.5.7 Applicazioni pratiche dei criteri dt rottura
soltanto ad una tensione tangenziale (T); le espressioni relative a
Applichiamo ora le ipotesi di rottura ad un caso reale piano (Fig. 6.22). in
quest'ultimo caso sono immediatamente ottenibili dalle precedenti
particolare nella sezione circolare di un albero si considerano le tensioni ponendo in esse G - 0. É

dovute alla flessione, alla torsione e al taglio.

Figura 6.22 Esempio di applicazione delle ipotesi di rottura ad un caso


piano reale
§ 6.5 - Tensione equivalente 201
200 6 - Stato di tensione in un punto

Tensione equivalente Geq


tensione normale ammissibile per il materiale ame possibile definire
Criterio
una tensione tangenziale ammissibile T^ che, come si osserva dalla
<7*0 a=0
terza colonna della tabella precedente, può essere scritta in generale nella
T*0 r*0
forma:
<7 la2 2
Galileo, trmK r CFlimm = <

ovvero:

Tresca, Tmax 2t

II coefficiente di proporzionalità k assume, a seconda del criterio adottato

(1-V)|+ (1+ V)^+ T2 O+V)T


e considerando che per l'acciaio è V = 0.3, i seguenti valori:

Tanim

Von Mises, 4>^ 77737 *=0.77

Mohr (l-Of + O + O^+i3 (1 + V> Queste ultime espressioni, escludendo il criterio di rottura della tensione
normale massima, in quanto poco attendibile nel caso degli acciai di uso
comune, e del criterio di Mohr, nella pratica poco utilizzato, mostrano che
Tabella 6.3 Tensioni equivalenti secondo i criteri introdotti (stato di tensione piano) il rapporto fra la tensione tangenziale e la tensione normale equivalente
oscilla tra 0.5 e 0.77. Tali valori, determinati tramite considerazioni
Si potrebbe considerare una ulteriore colonna in Tabella 6.3, puramente teoriche, trovano conferma sperimentale: si pensi ad esempio
corrispondente al caso G* 0, T= 0; questa particolare situazione permette alle curve d Smith-Goodman valide per le sollecitazioni a fatica, da cui
di concludere che, per ognuno dei criteri adottati, la tensione equivalente risulta che, a seconda del valore medio della tensione nel ciclo di carico,
coincide con la tensione normale applicata (<!„,= <7) in quanto lo stato di si hanno i seguenti rapporti fra le tensioni massime ammissibili (per
tensione è uniassiale: tale caso banale può, dunque, essere interpretato
diverse sollecitazioni agenti):
come una verifica della validità dei vari criteri di rottura.
II caso relativo alla terza colonna assume particolare interesse dal punto
o-mcd = 0: ' <W»ors s 1: 0.7 : 0.6
di vista pratico, in quanto descrive la tensione O*cq equivalente ad uno stato = 1 :0.8 :0.5
di tensione solo tangenziale (quale quello derivante dall'applicazione di un
momento torcente, a meno di effetti di ordine superiore). Questi risultati Questi rapporti rappresentano le proporzioni fra le tensioni normali
stabiliscono anche la relazione esistente fra le tensioni ammissibili in un massime per sollecitazione oscillante, avendo posto unitario il valore della
materiale sollecitato a taglio £, rispettivamente, a trazione: infatti, sulla tensione normale derivante dall'applicazione di momento flettente.
base del concetto di equivalenza del rischio di rottura prodotto da questi Facendo riferimento in particolare ai valori relativi ad una sollecitazione
due stati di tensione ed avendo a disposizione l'informazione relativa alla di momento torcente, che produce sole tensioni tangenziali, si osservano
202 6 - Stato di tensione in un punto

valori di tensione equivalente che risultano essere in buon accordò con


quanto ricavato per le tensioni equivalenti dall'applicazione dei vari
criteri: si osserva infatti che i valori sperimentali cadono entro l'intervallo
di variazione della tensione equivalente ottenuto considerando i risultati
dei diversi criteri.
Quanto ottenuto conferma, tra l'altro, la non eccessiva diversità fra i
risultati forniti dall'applicazione dei diversi criteri di rottura e, quindi, che
tale diversità può essere interpretata come sintomo del fatto che in
criterio sia più o meno conservativo di un altro: la scelta dell'adozione di
Capitolo 7
uno fra i vari criteri disponibili dipende dunque, in ultima analisi, dalla
sensibilità del progettista.
Come indicazione di carattere generale sperimentalmente si osserva, e
Cenni sulla fatica dei materiali
quindi normalmente si pone, per materiali duttili xcmm =0.6o"itmm e per

materiali fragili t =Q.la •

Introduzione

Fatica di vivere, fatica di frequentare il Politecnico, fatica d'essere uomo:


la fatica non si riscontra solamente nell'uomo o in altri organismi
biologici, ma in senso lato è presente anche nei materiali.
Possiamo intendere la fatica nei materiali come la risposta strutturale a
sollecitazioni variabili e ripetute nel tempo.
r La normativa ASTM E206 [11 ci fornisce una definizione più precisa: "La
' fatica è un processo permanente, progressivo e localizzatoci cambiamento
itrUmrale in un materiale soggetto a indizioni di tensione ejeformazione
ìdria^nTh^iFm^Tctepuòpoltore]^^^ di cricche e/o alla frattura
dopo un numero sufficiente di dc3T^
L/a^plicazione ripetuta cfi un carico può, quindi, portare alla rottura anche
sTTa ToTiecitazionè massima è minore della resistenza statica del
materiale.. Quindi un carico ciclico può essere più dannoso di uno
Aitante" a parità di forza massima applicata e ciò è confermato
dall'esperienza quotidiana. Per esempio, se si desidera rompere un filo di
ferro, si piega, ma una volta sola in genere non è sufficiente: occorre
ripetere il gesto finché il materiale, "affaticato", cede.
204 7 - Cenni sulla fatica dei materiali § 7.3 - Esame delle superfici di rottura 205

7.2 Cenni storici

Si cominciò a parlare di fatica solo dopo la seconda metà del '800 a causa
di rotture, allora inspiegabili, di assili ferroviari. Si notò, infatti, che molte
volte sopraggiungeva la rottura per tensioni minori al carico di
snervamento e con connotati simili alla rottura fragile. Prima della
rivoluzione industriale, il fenomeno non era stato evidenziato in campo
tecnico poiché le sollecitazioni a fatica non avevano mai rappresentato
una causa frequente di rottura negli organi meccanici, in quanto
mancavano le condizioni per cui la resistenza a fatica del materiale
diventasse più critica della resistenza statica.
In particolare con l'industria ferroviaria si ebbe la rovinosa concomitanza
dell'impiego d'acciaio d'elevata durezza e di storie di carico con un numero,
di cicli elevato.

Infatti prima del 1850 si utilizzavano nelle costruzioni meccaniche


materiali quali legno, rame o acciai a basso tenore di carbonio e, quindi,
di durezza e di resistenza statica basse; questi materiali risultano meno
sensibili alle sollecitazioni di fatica rispetto agli acciai nobili (ad alte
percentuali di carbonio) e legati utilizzati in seguito nell'industria
ferroviaria sia per far fronte agli alti carichi presenti sia per contenere le Figura 7.1 Esempio di sollecitazioni di flessione su un assile ferroviario
masse in movimento; dopo il 1850 le costruzioni ferroviarie sono
caratterizzate da un numero elevato di cicli di carico; infatti gli assili dei
treni sono destinati a compiere nella loro vita un numero molto elevato di 7.3 Esame delle superfici di rottura
cicli, a causa delle elevate velocità, proporzionale alla frequenza con la
quale il carico viene applicato. Le superfici di rottura per fatica differiscono sia da quelle provocate da un
E* evidente che le sollecitazioni su un assile sono ripetute e, quindi, di carico statico sia da quelle fragili provocate da una forza impulsiva, pur
fatica; infatti, ad esempio, le fibre superiori che prima risultano avendo alcuni punti in comune con entrambe.
compresse, dopo mezzo giro diventano tese, mentre le inferiori che prima La superficie di rottura per fatica si presenta in genere senza

risultavano in trazione, dopo mezzo giro sono diventate in compressione snervamenti e deformazioni plastiche evidenti; in particolare si
(Figura 7.1); questo significa che in un giro il materiale subisce una distinguono due zone: una zona appare opaca, più o meno liscia, con

tensione ciclica di flessione alterna che si ripete per milioni di giri. tipiche asperità progressive di forma lineare; l'altra è ruvida, cristallina e

Il primo studio rigoroso sulla fatica dei materiali fu quello dell'ingegnere brillante.
delle ferrovie austriache Wòhler che, fra il 1858 e il 1870, effettuò Queste due zone corrispondono ai due intervalli di tempo nei quali
numerose prove sperimentali riuscendo a evidenziare la dipendenza del avviene macroscopicamente la rottura per fatica: la propagazione

fenomeno dalla tensione minima, oltre che da quella massima, e progressiva e lenta del danneggiamene; la rottura di schianto.

l'esistenza di un valore limite dell'ampiezza di oscillazione del carico sotto Durante la prima fase, a partire quasi sempre dalla superficie (raramente

il quale non vi era rottura. da gravi imperfezioni all'interno del materiale), nella zona dove
206 7 - Cenni sulla fatica dei materiati § 7.4 - Grandezze caratteristiche della fatica 207

localmente si hanno le tensioni massime (spesso in presenza d'intagli) e progressivo e lento propagarsi della cricca che può occupare da meno
peggiore è la fìnitura superficiale, si sviluppa una cricca che lentamente dell'uno per cento a quasi il cento per cento della superfìcie di frattura
si propaga, senza che appaia alcuna deformazione macroscopica evidente; La posizione relativa delle due zone varia al variare del carico. Ad
il cedimento avviene, quindi, all'improvviso. esempio, nei casi di flessione unidirezionale, la rottura a fatica inizia
dalla parte della superfìcie posta in trazione e si propaga all'interno,
cosicché la zona di rottura di schianto è prossima alla parte inizialmente

Zona liscia
in compressione.

(cedimento graduale a falica) Per la flessione alternata, normalmente la zona di rottura di schianto è
centrale, mentre ai due lati, dove la tensione di trazione è massima, si ha
la propagazione di cricche.

7x>na frastagliala Grandezze caratteristiche della fatica


(cedimento Tinaie di schianti))

Si consideri un carico applicato in una prova a fatica; la tensione


risultante in un generico punto ha un andamento esprimibile dalla
Figura 7.2 Superficie di rottura dovuta a fenomeni di fatica
funzione:
a = Gm + aa • sin (tì>t) -
Infatti, esternamente, la zona interessata alla propagazione della frattura
In generale la sollecitazione s può essere considerata come la
appare intatta fino al momento in cui avviene la rottura di schianto: la
sovrapposizione di una tensione statica s m (la tensione media costante) e
sezione non presenta strizione e le superfici di rottura rimangono
di una tensione alternata sa (la componente che varia sinusoidalmente);
affiancate.
infatti tutti i carichi ciclici, anche quelli random (casuali), possono essere
Le asperità progressive, dette "linee d'arresto" o "onde di fatica", sono da
rappresentati da andamenti sinusoidali espressi in serie di Fourier e,
mettere in relazione al susseguirsi dei periodi di lavoro e riposo oppure al
inoltre, i carichi sinusoidali sono facilmente producibili in laboratorio con
variare delle condizioni di carico o ambientali.
l'ausilio di macchine semplici.
La propagazione della cricca e, quindi, anche delle linee di fatica, avviene
Facendo riferimento alla normativa UNI 3964 |2] si possono definire le
su piani normali alle direzioni delle tensioni principali: la rottura di fatica
grandezze che caratterizzano un ciclo di sollecitazione di fatica (Figura
tende a progredire per distacco e non per scorrimento.
7.3):
Le superfici affacciate generate dal propagarsi della cricca appaiono
maggiormente lisce se levigate dal martellamento reciproco che
solitamente avviene se la sollecitazione è almeno in parte di
compressione.

La zona frastagliata si genera, invece, nella seconda fase della rottura a


fatica; infatti quando la cricca, propagandosi, ha ridotto la sezione
resistente fino al limite della sua resistenza, sopraggiunge la rottura di
schianto. -
A parità di sezione iniziale, più il carico è elevato, maggiore è l'estensione
della zona di rottura di schianto e minore è l'area interessata dal Figura 7.3 Ciclo di tensione di fatica
§ 7.5 - Curva di Wóhler 209

208
7 - Cenni sulla fatica dei materiali

la tensione massima
la tensione minima
la tensione media tr-=(ff—, +<rmin)/2

l'ampiezza di tensione a. = (<*„, - omin)/ 2

l'intervallo di variazione della tensione


il rapporto di tensione

Poiché a frequenza della sollecitazione (legata alla corrispondente


pulsazione a>) ha un effetto trascurabile sul fenomeno della fatica, la
tensione s variabile sinusoidalmente è individuata completamente se
B ' C ' D ' E • F ' G
sono note la tensione media Ome la tensione alterna Oa.
Al variare del rapporto di tensione fi e, quindi, della tensione media <jm Figura 7.4 Sollecitazioni di fatica caratteristiche
nella normativa UNI 3964 [2| i cicU di fatica sono catalogati nel seguente
modo (Tabella 7.1 e Figura 7.4).

DENOMINAZIONE
CICLO H

A >1 Ciclo di tensione pulsante di compressione

B -8 Ciclo di tensione ripetuta di compressione (OW=O)

C <-l Ciclo di tensione alternata asimmetrica

D -1 Ciclo di tensione alternata simmetrica

E -Kji<0 Ciclo di tensione alternata asimmetrica

Ciclo di tensione ripetuta di trazione (?n«=0) -O.


F 0

Ciclo di tensione pulsante di trazione Figura 7. 5 Schema di prova a trazione-compressione


G 0<n<l

Tabella 7.1 Identificazione dei tipi di cicli di fatica 7.5 ^urva di Wòhler

II fenomeno della fatica dipende da molti parametri, fra i quali vi sono il


materiale, il carico, la geometria del provino e l'ambiente di esercizio.
210 7 - Cenni sulla fatica dei materiali § 7.5 - Curva di Wóhler 211

La caratterizzazione a fatica di un materiale si effettua tramite prove durata illimitata, mentre per Ga<G«<J? presenta una zona di durata
sperimentali standard di riferimento fissate dalla normativa ed eseguite determinata, corrispondente ad un certo numero di cicli N.
con provette di geometria prefissata. Per gli acciai nobili, il passaggio tra queste due zone è compreso tra

I dati_ottenuti dalle prove di fatica sono generalmente presentati tramite, N=106+107 cicli ed è corrispondente al cosiddetto "ginocchio" della curva
un^rappresentazione grafica nota in letteratura {ji]7[3], [5), [6J, [7]j"cóme Wòhler. Oltre il ginocchio, la curva di Wòhler presenta valori pressoché
^"curva di Wòhler^ costanti della tensione e, pertanto, la sua rappresentazione è poco.
La curva di Wóhler del materiale rappresenta la relazione sperimentale significativa (solitamente si limita la curva a IO7 cicli).
tra la tensione £ok] (ampiezza della tensione) oppure <w* (tensione La zona antecedente al milione di cicli, invece, decresce rapidamente e in
massima) riportata in ordinate (in scala lineare o logaritmica) e la durata un grafico che in ascissa descrive valori così ampi, non è semplice
N| (numero di cicli) riportata in ascisse (in scala logaritmica). Detto valutare con precisione tale diminuzione.

'diagramma viene stabilito mantenendo costante la <jJ (tensione media) Si pieieriscfi^allora, adottare in ascissa una scala logaritmica, in modo da
oppure v (rapporto di tensione). ampliare la visibilità della zona a forte variazione di Ga e di comprimere la
Consideriamo un provino (Figura 7.5), di acciaio nobile, sollecitato a zona meno significativa sopra N=106.
trazione-compressione da una forza alterna sinusoidale, compresa tra due, Nella curva di Wòhler sono presenti tre zone distinte (Figura 7.7):
valori estremi, che provoca, nel generico punto A della sezione ristretta, I: la zona a fatica oligociclica (= pochi cicli);
una tensione massima anch'essa sinusoidale a valor medio nullo. II: la zona a durata determinata;
Sulla base dei dati misurati, si può rappresentare la curva di Wòhler dei III : la zona a durata indeterminata.
materiale (Figura 7.6). Il tratto della curva di Wóhler più interessante è quello che varia più
Se la tensione applicata raggiunge la resistenza statica del materiale, rapidamente, cioè quello a durata determinata, compreso tra il carico di
cioè il suo carico di rottura % ((W - R^. la rottura non avviene per snervamento e il limite di fatica.
Questo tratto può essere rappresentato analiticamente dalla seguente
fatica, ma per cedimento statico dopo un quarto di ciclo.
espressione:
Diminuendo progressivamente il^carico F, _l'ampiezza GB decresce e
aumenta il numero di cicli necessarijper la rottura del provino. -
La curva prosegue con un'inclinazione sempre minore fino a che, per
alcuni materiali fra i quali Inacciaio, I'ampiez2a _a_rottura Oa^ tende (7.1)

asintoticamente ad un valore costante (Ga), detto fonice di fatica.


Si osservi che nella normativa UNI 3964 [2j, per definire il limite di dove C è una costante opportuna.
fatica, si fa riferimento non all'ampiezza della sollecitazione Ga (=<7a), ma In scala doppio logaritmica tale espressione descrive l'equazione di una
ad un valore di tensione (7/>) pari alla somma tra il valore medio [CTm) e retta:
l'ampiezza limite della tensione (<JA):

k'Log(0)+Log(N) =
Per uno stesso materiale in letteratura sono riportati valori differenti del (7.2)
carico limite di fatica corrispondenti a valori diversi di Om.
Al di sotto del limite di fatica non vi è rottura a fatica; pertanto la curva di Poiché il campo di variazione delle tensioni è piccolo, spesso non vi è
Wòhler presenta, per Ga compresa tra 0 e Ga. una zona dove il provino ha interesse ad avere un asse logaritmico sulle ordinate. Usualmente si
utilizza un piano semilogaritmico, con valori lineari delle tensioni e
212 7 - Cenni sulla fatica dei materiali 7.7 - Fatica oligociclica 213

logaritmici dei numeri di cicli. Su di esso il tratto caratteristico della 7.6 Materiali senza limite di fatica
curva di Wóhler, rappresentato dall'equazione 17.1), viene ugualmente
mantenuto rettilineo anche se analiticamente ciò non è corretto. Non tutti i materiali presentano un andamento qualitativamente simile a
Fisicamente tale incongruenza è giustificata dal fatto che la dispersione quello precedentemente descritto (Figura 7.6); infatti alcuni materiali non
dei risultati sperimentali è molto grande, maggiore di quelli relativi alle presentano un limite di fatica sotto il quale si ha una durata illimitata del
prove statiche, cosicché il tratto II della curva di Wòhler ha un significato provino.
statistico e i dati possono essere descritti sia dalla rappresentazione Ad esempio, gli acciai da carpenteria e le leghe d'alluminio presentano
analitica nell'equazione (7.1), sia dalla rappresentazione grafica di un anch'essi un ginocchio della curva di Wóhler, ma la Oa non SÌ Stabilizza ad
segmento rettilineo.
un valore costante e continua a decrescere con l'aumentare di N.
Per semplicità, anche i tratti I e HI sono spesso rappresentati come Per l'alluminio, il ginocchio è attorno a 30-50 milioni di cicli (Figura 7.11).
segmenti di retta, cosicché la curva di Wòhler è descritta da una spezzata
(Figura 7.8). Per la zona a durata illimitata (III), il segmento è orizzontale, 7.7 Fatica oligociclica
mentre per la zona della fatica oligociclica (I) l'inclinazione è minore,
rispetto a quella relativa al tratto I.
Si hanno fenomeni di fatica oligociclica (= pochi cicli) per un'ampiezza del
Spesso si tiene conto della dispersione dei dati da un punto di vista carico compresa tra la resistenza a rottura e la resistenza allo
probabilistico, utilizzando cioè più curve di Wóhler, corrispondente snervamento (Rs< <Ja <Rm). Approssimativamente il limite inferiore
ciascuna ad una percentuale di sopravvivenza (0+100%) (Figura 7.9).
corrisponde ad un numero di cicli dell'ordine di IO3.
Queste curve si ottengono eseguendo più prove a diversi livelli di
Tale zona è di minor interesse; infatti nelle applicazioni più comuni si
ampiezza C7a costante e contando le rotture (x) e le sopravvivenze (o): a un
cerca di evitare fenomeni di snervamento poiché sono accompagnati da
numero molto elevato di cicli (~107), oltre il ginocchio della curva,
deformazioni consistenti spesso inaccettabili.
s'interrompono le prove e si accetta l'ipotesi di vita illimitata.
La dispersione delle rotture è compresa tra due curve limiti che
individuano la fascia di fatica. In essa vi sono tutti i provini rotti, ma A <T,

anche provini non rotti.

Normalmente in letteratura si trovano curve probabilistiche relative al


10%, 50% e 90% di sopravvivenza; queste curve si riferiscono a valori di aa
per i quali si hanno rispettivamente il 10%, il 50% e il 90% del totale dei
provini ancora integro (Figura 7.10).
Quando non è specificata la probabilità di una curva di Wòhler, si
sottintende che questa sia relativa al 50% di sopravvivenza.
Si nota che la dispersione dei dati diminuisce all'aumentare della
tensione e, quindi, all'avvicinarsi al caso statico, poiché esso è soggetto ad
un'incertezza minore rispetto alla sollecitazione di fatica.

Figura 7.6 Curva di W6h!er del materiale


214 7 - Cenni sulla fatica dei materiali
§ 7.7 - Fatica oligociclica 215

R-<T(
<ra=cost

o-» curva di sopravvivenza allo 0%

ooo-> curva di sopravvivenza al 100%

lt>' N
10* IO6 IO7
Figura 7.9 Dispersione dei dati della curva di Wòhler

Figura 7.7 Curva di WOhter del materiate in piano semi logaritmico

A<J»

R-c,

i ■ r i ' N
IO2 IO4 IO6 IO7
IO2 IO4 IO6 IO7
Figura 7.10 Curve probabilistiche di WOhler in piano semilogaritmico
Figura 7.8 Curva di WOhlersemplificata in piano semi logaritmico
§ 7.10 - II metodo stair-case 217
216 7 - Cenni sulla fatica dei materiati

. n. Gli strumenti teorici per l'analisi della propagazione della cricca sono

.' forniti dalla Meccanica détta frattura.


!

om=cost 7.9 Fatica con durata a tempo indeterminato


ti
Per quei materiali che hanno un limite di fatica, sempre che non vi siano
particolari impedimenti, conviene lavorare nella zpna.a durata illimitata,
con tensioni relativamente basse, minori del valore limite di
danneggiamento.
Tuttavia, si deve prestare molta attenzione quando ci si riferisce al limite
di fatica: solo apparentemente delimita un campo sicuro da ogni rottura
per fatica.
Infatti, pur realizzando a regola d'arte più provini o componenti simili fra
UiUA D'ALLUMINIO
loro, non esisterà un unico valore del limite di fatica, a causa della forte
dispersione dei dati. E' sempre possibile incorrere in un caso in cui il
limite di fatica è molto lontano da quello staticamente più probabile.
IO2 IO4 10* il)7
IO7 N
Normalmente nella progettazione a tempo indeterminato ci si riferisce al
50% di sopravvivenza poiché è il valore centrale della distribuzione
Figura 7.11 Curve di Wfihler in piano semilogaritmico
gaussiana e poiché, spesso, nei capitolati di una commessa di pezzi
prodotti, è assunto a limite arbitrario d'accettazione e può avere valore
legale.
7.8 Fatica con durata a tempo determinato Occorre un approccio probabilistico nel determinare il limite di fatica
attraverso molteplici osservazioni. Per limitare il numero di prove
La zona relativa alla fatica con durata a tempo determinato è compresa tra necessarie, si utilizza comunemente il metodo stair case (2] ideato dallo
IO3 cicli e i IO6-IO7 cicli, dove la curva presenta un ginocchio.
statistico statunitense Dixon nel 1945 ed esposto di seguito.
In un calcolo di progetto a fatica, si stabilisce una durata d'esercizio
precauzionale e si ricava la massima sollecitazione ammissibile relativa
7.10 \\ metodo stair-case
ad una certa tensione media..
Lavorando nella zona con durata a tempo determinato oppure nel campo La normativa UNI 3964 [2] descrive la procedura per determinare il limite
della fatica oligociclica, occorre prevedere l'insorgenza e la propagazione di di fatica di un materiale e/o componente con il metodo statistico siair-
cricche. Esistono applicazioni, come in campo aeronautico, in cui non case. In particolare, il metodo statistico stair case fornisce il valor medio
conviene sostituire un pezzo danneggiato a fatica finché è ancora
del limite di fatica e, in certe condizioni, permette di effettuare una stima
funzionale: in questi casi è più economico condurre costose analisi sulla dello scarto tipo della distribuzione dei valori attorno al limite di fatica. Per
propagazione della cricca per stimare la rimanente vita utile. Su questa
la sua utilizzazione sono necessarie almeno 15 provette.
stima, si fissano di conseguenza periodici controlli non distruttivi
Si sceglie, nell'intorno del valore presupposto per il limite di fatica, una
sull'effettiva estensione della fessura tramite, ad esempio, prove ai raggi serie di livelli di ampiezza di tensione, distanziati di una quantità
costante prefissata d. Non è possibile fornire un criterio per stabilire a
218 7 - Cenni sulla fatica dei materiali § 7.10 — R metodo stair-case 219

priori il valore da assegnare a d\ esso deve essere dell'ordine dello scarto


tipo s incognito (d~0.5 s +2 s); valori frequentemente utilizzati sono d=10 o
•(.±±05 V
)
20 MPa.

Si sottopongono successivamente le provette ai vari livelli di tensione per dove <TO è il livello di ampiezza di sollecitazione più basso £=0). Nella
il numero di cicli prefissato (ad esempio 106, 2xlfl« oppure IO7) con il parentesi si adotta il segno meno (-) se l'eventualità meno frequente è la
seguente criterio. Se la prima provetta sottoposta ad un livello di tensione rottura ed il segno più (+) nel caso contrario.
prossimo al limite di fatica si rompe, la provetta seguente viene provata al La stima dello scarto tipo è fornita dalla formula:
livello immediatamente inferiore; se non si è avuta rottura, la provetta
seguente è provata al livello immediatamente superiore. Si prosegue allo
stesso modo fino all'esaurimento delle provette.
Nella Tabella 2 sono riportati i dati relativi ad un esempio di stair case, Questa formula è valida solo per N'B A' , q 3
riportati in |2|, e relativi ad un acciaio 41 Cr 4. N7

In particolare in Tabella 2 sono rappresentate le seguenti quantità: le"


Per calcolare il limite di fatica con sopravvivenza pari rispettivamente al
provette non rotte (simbolo "o"); le provette rotte (simbolo "x"); i totali delle .
10% e al 90% si utilizzano le formule seguenti:
occorrenze delle rotture e delle sopravvivenze (campo denominato "Esito");
l'indice progressivo i (che assume valore zero al massimo livello di
tensione cui tutti i provini sono sopravvissuti e valore massimo al più alto fD(50%) — 1 -28 • .1
valore di tensione raggiunto nella prova).
Nella colonna n, si riportano le occorrenze degli eventi meno frequenti (in Si può utilizzare il metodo stair case anche per valutare la distribuzione
questo caso le non rotture). delle tensioni ad una durata prefissata con tensioni maggiori del limite di
Si calcolano poi i seguenti valori: fatica. In questo caso si ottengono in genere scarti minori in quanto,
come già ricordato, la dispersione dei dati diminuisce all'aumentare della
ff=yn numero totale degli eventi meno frequenti; tensione.

OidÌBifcSaimc Eàu a. i'n


0» 1

-^m) sommatoria dei prodotti del numero di eventi (meno frequenti) 500
-- —

si. d 0
* * *
3 0
°.

4M
--
T 0 t

presenti in ciascun livello per il numero d'ordine del livello 470 0 5 5


E
-
stesso; 4M 0 0 2 e 2 0 0

4M
N- A- B-
II 9
sommatoria dei prodotti i*-m. 9 U

485
cNlON/mm'
NAran:
Per il calcolo del valore medio del limite di fatica, che corrisponde alla
0= non rotta (nb-a ^8NW 1.28 .,=465
probabilità di rottura del 50%, si^utilizzano solo i risultati relativi s=\.62d
k= rotta
all'eventualità meno frequente (rottura <Tnon rottura). " N/mm

II valore medioTfornito dalla formula? ~ ~" "


Tabella 7.2 Metodo stair case: esempio di dati
220 7 - Cenni sulla fatica dei materiali § 7.12 - Effètto della tensione media sul comportamento a fatica 221

Le prove a trazione/compressione necessitano di carichi più elevati


7.11 Prove di fatica sul materiale rispetto alle altre prove per produrre gli stessi valori di tensione: la
tensione massima non è più localizzata sulla superficie esterna del
Le prove di fatica si possono svolgere su un pezzo meccanico reale, su un provino, ma è uniforme su di essa.
modello in scala oppure su una provetta.
Per ovviare a quest'inconveniente, si possono utilizzare macchine di prova
Quando s'intende caratterizzare il materiale, si svincola il fenomeno della che lavorano in risonanza in modo da ottenere tensioni grandi con una
fatica dall'influenza della geometria, conducendo le prove su una provetta piccola forza eccitante.
standardizzata.

Le macchine di prova più comuni producono uno stato di tensione 7.12 Effetto della tensione media sul comportamento a fatica
uniassiale e applicano uno dei seguenti carichi:
- flessione rotante; La tensione media influisce sostanzialmente sul comportamento a fatica.
- flessione piana; Si è osservato che a pari ampiezza di sollecitazione, le tensioni medie di
- trazione/compressione; trazione portano ad una diminuzione della durata, mentre quelle di
- torsione alternata (pur avendo tensioni non nulle su due direzioni compressione ne aumentano il valore.
principali, è considerata una prova uniassiale). L'effetto della tensione media è evidente se, con i dati sperimentali, si
tracciano curve di Wóhler diverse al variare della Gm, come descritto in
7.11.1 Prove in controllo di deformazione
Figura 7.12.
In letteratura sono disponibili curve "sintetiche" che permettono di
I dati sperimentali nel campo della fatica oligociclica si ottengono
rappresentare i risultati sperimentali sia al variare della tensione alterna
preferibilmente tramite prove in controllo di deformazione; s'impone cioè un
sia al variare della tensione media.
certo spostamento e, quando incomincia la rottura e la sezione resistente
diminuisce, la forza applicata diminuisce e, di conseguenza, diminuisce
7.12.1 II diagramma di Smlth e Goodman
anche la deformazione. Tale prova permette di agire su un parametro, la
deformazione, che essendo rilevante in tale campo, è facilmente II Diagramma di Smith e Goodman riporta in ascissa la tensione media ed
controllabile.
in ordinata la tensione massima o minima (Figura 7.13).
Si ottiene a partire da una serie di dati sperimentali, ottenuti ad esempio
7.11.2 Prove in controllo di tensione
in prove di trazione-compressione. In particolare si rappresenta l'ampiezza
di tensione <Ja (ampiezza in corrispondenza del limite di fatica) relativa ad
I dati sperimentali nella zona di durata a tempo indeterminato si
un certo valore medio Cm tramite più prove (si utilizza ad esempio il
ottengono preferibilmente tramite prove con controllo di tensione nelle quali
metodo stair case) e si ripete il procedimento per diversi valori della
la tensione applicata oscilla fra due limiti ben determinati anche quando
tensione media.
la sezione del provino si assottiglia per il propagarsi della cricca; di fatto si
Dopo aver tracciato sul grafico una retta a 45°, si riporta al di sopra e al di
controlla la forza poiché si fa riferimento alla sezione iniziale del provino.
sotto di essa un segmento pari a a* in corrispondenza della (Jm di prova,
In queste prove la rottura viene notevolmente accelerata dall'incremento
ottenendo le due curve rappresentate in Figura 7.13: la curva relativa alla
delle tensioni man mano che progredisce la cricca; la rottura finale viene
tensione massima (3m»*=Cm+crA) e quella relativa alla tensione minima
perciò anticipata rispetto al caso in cui la deformazione è costante.
Tipiche macchine sono quelle a flessione rotante con carico applicato (<Tmin=0ra-CTA).

mediante pesi.
222 7 - Cenni sulla fatica dei materiali 7.12 - Effetto della tensione media sul comportamento a fatica 223

Si nota che, aumentando la<Jm, l'ampiezza ammissibile è via via minore ^Sovrapponendo i diagrammi di Smith e Goodman tracciati per durate
fino a che, per Gm prossima alla resistenza statica del materiale, il limite ? diverse, si denota qualitativamente l'influenza del numero di cicli
di fatica tende a zero e le due curve s'incontrano (Cmin=CFmux=am=R). ^sull'ampiezza ammissibile: minore è la durata N della provetta, più
L'intersezione con l'asse delle ordinate è pari al limite di fatica per il [l'ampiezza ammissibile è maggiore e le curve a tensione minima e
rapporto di tensioni /Z=-J, indicato con <Ja-i. In corrispondenza massima sono lontane tra loro (Figura 7.16).
dell'intersezione della curva di tensione minima con l'asse delle ascisse
(Om-aA0), si ha una sollecitazione ripetuta a trazione fcl«O) e la tensione
massima vale due volte il limite di fatica aA o.
Per le tensioni di compressione, le curve sono simili, ma poiché la cricca
si propaga più lentamente con tensioni negative, le curve di compressione
descrivono traiettorie più ampie congiungendosi al valore della resistenza
Valori crescenti di o«
statica a compressione \R'\>R (Figura 7.14).
In letteratura la parte di diagramma in compressione non è solitamente
riportata. Cautelativamente si ipotizza che il tratto a trazione valga anche
a compressione, consentendo un notevole risparmio dei dati da acquisire
per tracciare il grafico.

Poiché la costruzione del diagramma è comunque molto onerosa in


termini di prove da effettuare, spesso si utilizza una rappresentazione
semplificata basata sulla conoscenza dei dati relativi a solo due valori di
tensione media, quelli corrispondenti a ^.=0 e u=-l.
IO2 IO4 ltf IO7
I dati necessari alla determinazione del diagramma di Smith e Goodman
semplificato (Figura 7.15) sono CTA o. CfA -i ed il carico di snervamento Rs.
Figura 7.12 Curve di Wflhler al variare di om
La costruzione del diagramma di Smith e Goodman semplificato (Figura
7.15) si esegue riportando per primi i segmenti verticali 2oA0 e ±aA.| in
corrispondenza delle tensioni medie Gm -aAo e <jm =0. Si congiungono i
punti cosi individuati tramite tratti rettilinei. Si delimita il ramo
superiore tramite un tratto orizzontale corrispondente al carico di
snervamento (cw =RJ; si intercetta la curva inferiore tramite una
verticale passante per il punto comune ai due tratti rettilinei superiori e
si conduce, dal punto così intercettato, il tratto che tocca la retta a 45° a <Tm
"Rs.

Se si vuole far riferimento ad un particolare numero di cicli N (inferiore a


10 ), si procede analogamente a quanto definito per il diagramma a durata
indeterminata, sostituendo al limite di fatica CTA l'ampiezza della
tensione aa corrispondente ad N nella curva di Wóhler.
224 7 - Cenni sulla fatica dei materiali § 7.12 - Effetto della tensione media sul comportamento a fatica 225

N>~!07

N>~107

Figura 7.13 Diagramma di Smith e Goodman (con solo trazione)

N>~107 Figura 7.15 Diagramma di Smith e Goodman semplificato

N,<Nj<Nj

Figura 7.14 Diagramma di Smith e Goodman completo (trazione e compressione)

Ni N» Nj

Figura 7.16 Diagrammi di Smith e Goodman al variare della durata


226 7 - Cenni sulla fatica dei materiali § 7.13 - La legge del danno cumulativo 227

7.12.2 11 diagramma di Haigh


II diagramma di Haigh (Figura 7.17) è una rappresentazione dell'influenza
della tensione media sul comportamento a fatica, alternativa al N>~107

diagramma di Smith e Goodman, ma non fornisce nessuna informazione


in più.
In ascissa è riportata la tensione media e in ordinata l'ampiezza della
tensione corrispondente al limite di fatica.
A dimostrazione dell'analogia con la rappresentazione descritta nel
precedente paragrafo, si può pensare di ricavare il diagramma di Haigh da
quello di Smith e Goodman. Si riporta in ordinata per ogni ?m il segmento
verticale del digramma di Smith e Goodman compreso tra la curva di
tensione massima e il tratto a 45".
Il diagramma di Haigh semplificato (Figura 7.18), in modo analogo a
quanto determinato per il diagramma di Smith e Goodman semplificato
(Figura 7.15), può essere tracciato conoscendo <JAo ,O^ _/ e Rs (carico di
snervamento). La linea passante per punti di coordinate (0, <Ja.i) e Figura 7.18 Diagramma di Haigh semplificato
(Oao. Oao) viene delimitata dalla condizione amai=J2s che in questo
diagramma è rappresentata da una retta di pendenza pari a -45°.
7.13 La legge del danno cumulativo

Le prove di fatica eseguite per ottenere la curva di W6hler del materiale sono
N>~IO7
condotte sottoponendo una provetta ad un carico sinusoidale ad ampiezza e
tensione media costanti, fino a che non sopraggiunge la rottura o si raggiunge un
numero elevato prefissato di cicli, assunto come limite della fatica a tempo
indeterminato.
Tuttavia le sollecitazioni reali variano nel tempo sia in ampiezza sia in
«A-l
valore medio; inoltre, non sono sempre sinusoidali: si pensi al carico cui è
sottoposto un ammortizzatore automobilistico. Per ottenere la durata
relativa ad una storia di carico così complessa, volendo utilizzare le curve
di Wòhler del materiale, occorre assumere ipotesi di similitudine che
rendano equivalente il danneggiamento causato dalla sollecitazione reale
(aventi Cm e a« variabili) al danneggiamento causato dalla sollecitazione
standard sinusoidale (con <7m e a, costanti).

Figura 7.f7 Diagramma di Haigh Per semplicità consideriamo solo l'ampiezza variabile, mantenendo la
sollecitazione sinusoidale a valore medio costante.
228 7 - Cenni sulla fatica dei materiali 7.13 - La legge del danno cumulativo 229

La legge maggiormente utilizzata per il calcolo della durata con '• Consideriamo una situazione in cui sono noti sia i livelli di tensione <TOj,
sollecitazioni ad ampiezza variabile è l'ipotesi del danno cumulativo, detta : sia i corrispondenti i numeri di cicli n, effettuati per ogni livello di
anche legge di Palmgren-Miner. Consideriamo il caso in cui l'ampiezza tensione.
della tensione vari più volte durante la vita del provino: ad esempio Si utilizza l'equazione della curva di Wóhler, valida nel campo a durata
(Figura 7.19) il provino è sollecitato alla tensione a, per n, cicli, alla a2 determinata, che lega la durata Ni con l'ampiezza <TU,-:
per «2 cicli e cosi via. Per ogni blocco di ampiezza di tensione costante e
pari a OJ, si può determinare facilmente dalla curva di Wóhler il
corrispondente numero di cicli Ni che da solo porterebbe alla rottura se si
sollecitasse il provino sempre alla corrispondente tensione oj. Sostituendo questa relazione nella legge di Miner si ottiene:

Per ogni blocco di carico (<r,, nj si può ipotizzare che una frazione di vita
pari al rapporto ru/Ni sia stata consumata: questa frazione di vita è il
cosiddetto danno. Al successivo blocco di carico la frazione di vita
consumata è pari alla somma dei danni:

La costante C è tipica della curva di Wóhler e dipende dal materiale.


Ipotizzando che la stessa legge valga anche per il carico equivalente, cioè
per la tensione equivalente O"^, e per il corrispondente numero totale di
Quando la somma dei danni raggiunge l'unità, sopraggiunge la rottura, cicli JVw che porta a rottura (Figura 7.21) si ha:
poiché tutta la vita è stata consumata.
La legge di Miner afferma che la condizione di rottura è espressa dalla
relazione seguente:

E—=i

I cicli effettuati al di sotto del limite di fatica non influiscono sul *.„ =
danneggiamento della provetta, in quanto il denominatore è
tendenzialmente infinito p/i-#«), ma concorrono a determinare la ùta
A denominatore compare la sommatoria degli m che concorrono alla vita
totale N,a.
totale «io., cioè concorrono tutti i cicli, compresi quelli che non causano
Le storie di carico con periodi lunghi al di sotto del limite di fatica portano
danni. Al numeratore compaiono solo gli n, che concorrono al danno,
a durate anche molto elevate; un componente si può rompere a fatica
relativi cioè a tensioni oltre al limite di fatica.
anche dopo anni di lavoro e molti milioni di cicli.
In un problema di progetto, i numeri di cicli effettuati ad ampiezza di
Attraverso la legge di Miner è possibile trasformare la storia di carico a
carico costante fa) sono incogniti. Perciò, normalmente si utilizzano le
blocchi in un carico equivalente in termini di durata, avente ampiezza
frazioni di lavoro. Tali valori sono ricavabili dallo spettro di carico o dalla
costante.
cumulata di carico, in genere noti.
230 7 - Cenni sulla fatica dei materiali §7,14 - Fattori che influenzano U comportamento a fatica 231

Graficamente la tensione equivalente è individuata sulla curva di WÓhler


da una verticale (curva d*uguale durata) condotta per il punto di rottura
Figura 7.21).

R-o,
aa=cost

Figura 7.21 Tensione equivalente sulla curva dì Wdhler


Figura 7.19 Stona di carico a blocchi - Curva di Wdhler

7.14 Fattori che influenzano il comportamento a fatica


Blocchi di carico che non
provocano danno II fenomeno della fatica è sensibile a molti fattori tuttora oggetto di studio
al fine di rendere possibile la previsione della durata a fatica in condizioni
generiche: introducendo man mano le condizioni che nella realtà possono
presentarsi, si passa dai dati sulla fatica relativi al tipo di materiale,
ottenuti in condizioni standard su provette, al comportamento di un
componente reale.
I fattori che influenzano la vita a fatica sono:
Qil materiale:
la resistenza statica o carico di rottura Rm;

i trattamenti superficiali;
le lavorazioni pregresse;
Figura 7.20 Storia di carico a blocchi (sopra e sotto il limite di fatica)
(■^ Jl carico:
la forma del diagramma di carico;
la tensione media;
232 7- Cenni sulla fatica dei materiali § 7.14 — Fattori che influenzano il comportamento a fatica 233

l'ampiezza di tensione;
Una tipica distribuzione di tensione residua è mostrata qualitativamente
la frequenza;
in Figura 7.22: il massimo della precompressione è raggiunto appena sotto
il tipo di carico (flessione, torsione, trazione...);
la superficie.
{^)ì'ambiente esterno:
Trattamenti termici
la temperatura;
I trattamenti termici utilizzati sono la nitrurazione, la cementazione e la
la presenza di ambiente corrosivo;
tempra superficiale, soprattutto quella ad induzione. Questi processi
f - \ la geometria (micro e macro):
provocano un indurimento superficiale ed inoltre un aumento di volume
^"^ le dimensioni; localizzato che si traduce in tensioni residue di compressione.
la finltura superficiale;
Trattamenti elettro-chimici
la presenza di intagli o di brusche variazioni della geometria.
Sono trattamenti di rivestimento superficiale a deposizione
elettrochimica fra i quali la cromatura e la nichelatura. Questi processi
7.14.1 II materiale
migliorano la finitura superficiale e diminuiscono la corrosione.

La resistenza statica
7.14.2 ILcarico
Più un acciaio è resistente, più risente di sollecitazioni a fatica. Un
La forma del diagramma di carico
acciaio più resistente avrà in genere un limite di fatica più elevato, ma
La forma dell'andamento del carico nel tempo non ha importanza ai fini
aumentando il carico statico a rottura Rjjj il limite di fatica non aumenta
dello studio del comportamento a fatica: la durata a fatica non varia se la
in modo proporzionale. sollecitazione è sinusoidale o a gradini o casuale.
I trattamenti superficiali La tensione media e l'ampiezza di tensione
I trattamenti superficiali hanno una notevole influenza sul La tensione media e l'ampiezza di tensione influiscono molto sulla durata
comportamento a fatica in quanto agiscono sulla superficie, luogo a fatica. Di ciò se ne tiene conto, ad esempio, con la curva di Wòhler (CT«) e
d'innesco delle cricche di fatica. Il loro effetto è difficile da quantificare. I con il diagramma di Smith e jfcroodmanJCTmJj v
trattamenti superficiali eseguiti per migliorare il comportamento a fatica Frequenza
si dividono nelle seguenti categorie: trattamenti meccanici, trattamenti La frequenza, nel campo proprio delle applicazioni correnti, ha
termici e trattamenti elettrochimici. un'influenza trascjanabile.
Trattamenti meccanici II tipo di carico

I trattamenti meccanici sono lavorazioni che producono deformazioni II fenomeno della fatica si manifesta diversamente con le seguenti
plastiche sulla superficie del materiale per indurre tensioni residue sollecitazioni: la trazione/compressione, la flessione (piana e rotante) e la
favorevoli alla resistenza alla fatica. In particolare viene applicata una torsione.

sollecitazione di compressione, localmente superiore al limite di Le differenze sul limite di fatica causate dal tipo di carico sono

snervamento—det—materiale, che determina sulla superficie del evidenziatali dal confronto dei rami superiori del diagramma di Smith e
componente una distribuzione di tensioni residue che ostacolano la Goodman valido per acciai da costruzione, rappresentato in Figura 7.23. I
formazione della rrint-a valori, adimensionalizzati, sono riferiti rispettivamente alla flessione, alla
I più comuni processi meccanici per produrre tensioni residue benefiche trazione-compressione e alla torsione.

sono la rullatura e la pallinatura; entrambe producono deformazioni Si nota che la sollecitazione di trazione e compressione alterna è più
plastiche locali, rispettivamente tramite una pressione di impatto critica rispetto alla flessione; un'interprctazione di questa differenza può
generata da piccole sfere metalliche e da rulli. essere il fatto che, considerando una provetta cilindrica, a parità di
234 7 - Cenni sulla fatica dei materiali § 7,14 - Fattori che influenzano il comportamento a fatica 235

tensione massima raggiunta, la flessione ha tensioni interne minori e


quindi meno pericolose per la propagazione della cricca. La nucleazione
della cricca, invece, non dovrebbe risentire della differenza del carico
applicato poiché avviene sulla superficie dove si hanno uguali tensioni.
In letteratura si trova anche la legge di proporzionalità seguente per
flessione
quanto riguarda i limiti a fatica rispettivamente per trazione piana
(<*a,tp). flessione rotante (aA,FR) e flessione piana ((Ja.fp): trazione-eompresgfóne
"39° .0.84
.1.4

Noto, quindi, il limite di fatica per un tipo di carico si può ricavare il limite
0.7
di fatica corrispondente ad un'altra sollecitazione. =45
0.6

7.14.3 L'ambiente esterno

- - ^ '■}-.;■
All'aumentare della temperatura diminuisce il carico statico di rottura e,
quindi, peggiora il comportamento a fatica. Anche a temperature molto
basse peggiora il comportamento a fatica, ma per un motivo diverso,
Figura 7.23 Influenza del tipo di carico sul digramma di Smith e Goodman
poiché diminuisce la resilienza e perciò la propagazione della cricca
procede più velocemente.
La presenza di un ambiente corrosivo
Un ambiente corrosivo influisce in modo severo sul comportamento a
fatica. La corrosione, infatti, intacca la superficie dove avviene la
nucleazione della cricca.

Figura 7.24 Andamento della tensione in una provetta cilindrica sottoposta a


flessione (a sinistra) o a compressione (a destra)

profondità
dalla superficie 7.14.4 La finltura superficiale

La rottura a fatica generalmente parte dalla superficie e, di conseguenza,

compressione
la condizione di finitura superficiale del componente assume una notevole
importanza.
Figura 7.22 Distribuzione della tensione residua sotto ad una superficie trattata con
pallinatura
236 7 - Cenni sulla fatica dei materiali G 7.14 - Fattori che influenzano il comportamento a fatica 237

Rispetto al limite di fatica ottenuto in prove standard con provette lavorate


con precisione e lucidate a specchio, si denota un progressivo
peggioramento del limite di fatica stesso man roano che la rugosità e in
genere i difetti superficiali aumentano.
I materiali con un elevato carico statico di rottura risentono
maggiormente di questo effetto poiché, a causa elevata resistenza,
hanno una minore capacità di ridistribuire i picchi di tensione dovuti alle
deformazioni plastiche.
In Figura 7.25 è riportato un diagramma [7] che esprime la variazione del
coefficiente di riduzione teorico Ci del limite di fatica del materiale in
funzione del carico di rottura e per vari gradi di finltura superficiale.

^.componente ^^A .materiale • Cj • f

Nella normativa UNI 7670 - Meccanismi per apparecchi di sollevamento


[3] è riportato un analogo coefficiente teorico, reciproco di Ci, indicato
come Ki, il cui andamento in funzione del carico di rottura è illustrato in Figura 7.26 Influenza della finltura superficiale sul limite di fatica (3]
Figura 7.26.

7.14.5 Le dimensioni del componente

La dimensione del componente influisce sul comportamento a fatica:


provette o componenti più grandi hanno un limite di fatica inferiore.
Una giustificazione fisica può essere che, con la dimensione, aumenta
anche la superficie esterna, luogo di nuclcazione di cricche; di
conseguenza diventa maggiore la possibilità che vi sia un punto "debole"
che funga da innesco della cricca.
In letteratura esistono diagrammi che descrivono la dipendenza del limite
di fatica da una dimensione caratteristica.
In Figura 7.27 è riportato il fattore di scala Ca [7] in funzione del diametro
d del componente rispettivamente per un carico affaticante di torsione e
di flessione.

30 50- 70 90 110 190 150

R Kp>»*
Figura 7.2S Influenza della finltura superficiale sul limite di fatica [7]
238 7 - Cenni sulla fatica dei materiali § 7.15 - L'effetto d'intaglio 239

7.15 L'effètto d'Intaglio

110 L'intaglio è una qualsiasi variazione di tipo geometrico che causa


un'alterazione locale delle tensioni rispetto all'andamento previsto dalla
100
teoria di De Saint Venant.

Se vi è la presenza di un intaglio, in superfìcie si ha uno stato di tensione
90
bidimensionale e all'interno si ha uno stato tridimensionale. Questa
variazione della tensione è un fenomeno locale: man mano che ci si
80
allontana dall'intaglio, il jnateriale si avvicina allo stato tensionale

70 K' previstodalla teoria di De Saint Venànf.


*SdT~csempio, per una gola anulare ricavata su una provetta in trazione
(Figura 7.28) |7J, la teoria di De Saint Venant prevede solamente una
80
tensione assiale nominale an su tutta la sezione (sezione netta

50 dell'intaglio) pari a:

40

F
0 10 25 50 75 100 125 «50 175 200
d2
dnm
Figura 7.27 Influenza della dimensione del componente sul limite di fatica [7]

dove d{d= 2a) è il diametro interno alla gola.


Nella normativa UNI 7670 - Meccanismi per apparecchi di sollevamento Invece nella realtà sulla sezione sono presenti le componenti assiale ? %,
(3] è riportato un analogo coefficiente di scala, reciproco di Ca, indicato circonferenziale d e radiale (Tr. In Figura 7.28 sono illustrati gli
come Kj, il cui andamento in funzione del diametro del componente è andamenti di dette tensioni: in particolare a sinistra si osservano quelli
illustrato in Figura 7.28. delle tensioni superficiali (c^ e <Jt) e a destra quelli delle tensioni interne
(<TX, Oi e Ut)- Tutti i valori di queste tensioni sono normalizzati rispetto alla
I
tensione nominale <7n •
1.5
«e£ In generale la presenza di un intaglio provoca uno stato tensionale non
più monoassiale e, in corrispondenza dell'unica direzione prevista dalla
teoria di De Saint Venant, cioè lungo la direzione del carico, la tensione
raggiunge il valore massimo che è pari circa a 5 volte la tensione
20 30 SO 50 1M 203 30»
nominale CTn.
OùrPiho to min
Per altri tipi di intaglio (diversi dalla gola anulare) di solito non viene
descritto l'andamento delle componenti su tutta la sezione: in letteratura
Figura 7.28 Influenza della dimensione del componente su! limite di fatica [3] molto più spesso è riportato solamente il rapporto tra la tensione massima
e quella nominale corrispondente, avente la stessa direzione: questo
rapporto è noto in letteratura come fattore di forma.
240 7 - Cenni sulta fatica dei materiali § 7.15 - l'effetto d'intaglio 241

Se Gi,

Se, invece, vi è una zona che ha raggiunto lo snervamento, il valore reale


della tensione massima è minore di quello teorico grazie alla maggiore
distribuzione del picco di tensione.

Al fine del calcolo a fatica è sufficiente conoscere lo stato tensionale


superficiale, poiché sulla superfìcie inizia la cricca e si raggiunge la
tensione massima.
Tuttavia, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, la tensione massima
calcolata con il fattore di forma non ha lo stesso effetto sulla durata a
fatica di una pari tensione applicata su una provetta liscia, anche nel
caso in cui non vi sia plasticità e, quindi, la tensione coincida con quella
reale presente a inizio prova in corrispondenza dell'intaglio. Non vi è
pertanto similitudine nel comportamento a fatica tra una provetta liscia e
una intagliata avente la stessa tensione massima.
Figura 7.29 Andamento delle tensioni in una provetta cilindrica con gola anulare [7]
Ciò significa che i dati ricavati in laboratorio su una provetta liscia non
sono utilizzabili per predire la durata a fatica di un componente
II fattore di forma o di concentratone delle tensioni è indicato in letteratura
intagliato, o quanto meno non è la tensione massima all'intaglio il
come K, [3J oppure come 04 ed è espresso dalla relazione seguente:
parametro di similitudine a fatica fra provetta liscia e intagliata.
La discrepanza di comportamento a fatica tra i due casi può essere messa
i Kt=a,,niax/cTn 1 in relazione con il rapido decremento delle tensioni alPaumentare della
distanza dall'intaglio e con l'esistenza di uno stato tensionale biassiale o
II fattore di forma è un parametro puramente geometrico; è calcolabile triassiale tipiche nell'intaglio e non della provetta liscia.
indipendentemente dal materiale e dipende dalle dimensioni assolute Per semplicità e per mancanza di certezze sui motivi di questa assenza di
dell'intaglio. 1 Può essere calcolato per via teorica o numerica o tramite similitudine, si è introdotto un coefficiente sperimentale che mettesse in
indagini sperimentali (tecniche estensimetriche, fotoelastiche vernici relazione la resistenza a fatica di una provetta intagliata con la resistenza
fragili).
della corrispondente provetta liscia.
Diagrammi che riportano gli andamenti del fattore di forma sono Tuttavia questo coefficiente varia al variare della durata in numero di
disponibili in letteratura per i casi di geometrie semplici. cicli, in quanto più la vita é breve, minore è l'effetto che ha l'intaglio: ci si
La tensione reale massima presente in corrispondenza dell'intaglio, se avvicina al caso statico (N= %) in cui la provetta è insensibile all'esistenza
non vi è plasticizzazione locale, coincide con quella teorica calcolabile o meno dell'intaglio a pari sezione utile ed, anzi, con l'intaglio si riscontra
tramite il fattore di forma: un leggero miglioramento della resistenza statica dovuta allo stato
tensionale multiassiale, la cui componente uniforme è poco pericolosa
§ 7.15 - L'effetto d'intaglio 243
242 7 - Cenni sulta fatica dei materiali

(nulla con l'ipotesi di Von Mises) o poiché, considerando l'altra faccia della in Figura 7.30, a destra, è illustrato l'andamento del fattore
stessa medaglia, si crea una tensione secondaria che si oppone al ìttivo e (in funzione della variazione di diametro D/d) utilizzato per
restringimento della sezione all'intaglio e quindi alla strizione. ^determinare il valore del fattore di effetto d'intaglio nei casi di variazione
Si definisce pertanto un coefficiente valido solamente per la fatica a vita diametro D/d differenti dal quello illustrato nella medesima Figura 7.30
indeterminata: è il fattore di effetto d'intaglio Kt [31 (o pj ). (a sinistra, D/d=2).

Il fattore di effetto d'intaglio Kt è minore o uguale al fattore di forma ed è lì fattore di effetto d'intaglio ft, ottenuto per un qualsiasi rapporto di
definito dalla relazione: diametri, è espresso dalla seguente relazione:

dove Pi o corrisponde allo stesso fattore ottenuto nel caso D/d=2,

dove Oac è il limite di fatica effettivo della provetta intagliata e a^ è il In letteratura, a volte, si ricava il fattore di effetto d'intaglio dal fattore di
limite di fatica nominale della provetta liscia avente pari sezione netta. forma tramite il parametro q (3) (oppure r\ diagrammato in funzione dei

Il fattore di effetto d'intaglio è diagrammato in funzione della geometria raggio di fondo intaglio e del materiale, chiamato fattore di sensibiUtà

dell'intaglio e del tipo di materiale (in genere identificato con la resistenza all'intaglio; il fattore di sensibilità all'intaglio è espresso dalla relazione
allo snervamento). seguente:
Vi}
A titolo di esempio in Figura 7.30 è riportato l'andamento del fattore di
effetto d'intaglio [7] per un albero con una determinata variazione di
diametro (D/d=2) sottoposto a flessione ricavato dai dati sperimentali di
Lehr.
LHitilizzo di questo parametro nel calcolo di Kr si deve a Peterson [4J che
ha pubblicato anche diagrammi sul fattore di forma, tra i quali il seguente,
riportato anche in [7]
In Figura 7.31 è illustrato un esempio di andamento del fattore di forma
per il caso di albero con variazione di diametro sottoposto a torsione [7]
In Figura 7.32 è riportato l'andamento del fattore di sensibilità all'intaglio
[7] per due diversi tipi di materiali; in particolare si osserva che per gli
acciai e le leghe d'alluminio molto duri il fattore di sensibilità all'intaglio è
alto e tende all'unità, infatti i metalli' duri sono molto più sensibili
all'intaglio dei metalli teneri dal momento che hanno meno capacità
ridistribuire i picchi di tensione per effetto della plasticità.

V* 1B tB Z£
In letteratura sono inoltre disponibili formule analitiche per il calcolo del
fattore d'effetto d'intaglio:

Figura 7.30 Fattore di effetto dtàtaglio per albero con variazione di diametro
formula di Heywood
sottoposto a flessione [7]
244 7 - Cenni sulla fatica dei materiali
§ 7.15 - L'effetto d'intaglio 245

t 2 3 4

Acciaio «fragno»
dove il coefficiente a dipende al materiale ^0.15 per acciaio legato;
Acciaio (ricotto o nQrm&iizzett)«duttite»
a=0A5 per leghe d'alluminio); il coefficiente b dipende dalla geometria
Lt curve valgono
dell'intaglio (b=i per albero con variazione di diametro, b-0.35 per albero
solo per
con foro passante, b-0.26 per albero con gola anulare); ré il raggio di fondo
intaglio espresso in mm.

Figura 32 Fattore di sensibilità all'intaglio [7]

formula di Neuber

dove il coefficiente a dipende al materiale (Tabella 3) e re il raggio di fondo


intaglio espresso in mm.

R N/ram2 500 1000 2000


Acciaio
a mm 0.25 0.08 0.0002

R
150 300 600
Leghe d'alluminio N/mra2

a mm 2 0.6 0.4

Tabella 7.3 Coefficiente a della formula di Neuber

formula dì Peterson

Figura 31 Fattore di forma per il caso di albero con variazione di diametro


sottoposto a torsione [7J
246 7 - Cenni sulla fatica dei materiali 7.16 - Bibliografia 247

dove il coefficiente p dipende al materiale (Tabella 7.4) e r è il raggio di


fondo intaglio in mm.

ASTM E 466-72 Standard practice for conducting costant amplitude


R N/mm2 345 1725 axial fatigue test of metallic materials.
Acciaio
p mm 0.64 0.03 UNI 3964 Prove meccaniche dei materiali metallici. Prove di fatica a
temperatura ambiente. Principi generali.
Tabella 7.4 Coefficiente p della formula di Peterson UNI 7670 Meccanismi per apparecchi di sollevamento, istruzioni per
il calcolo.
Peterson R E, Stress concentration design factors - Charts and
Anche le sedi di chiavette sono considerati intagli. A titolo di esempio in relations useful in making strength calculations for machine parts
Figura 7.33 sono illustrati due esempi di sedi per chiavetta (cava per and structural elements, Chapman & Hall LTD, London, 1974.
chiavette diritte e cava per chiavette arrotondate o incastrate [7]). Nella Fuchs S., Metal Fatigue in engineering, New York, John Wiley & Sons,
Tabella 7.5 sono riportati i corrispondenti valori del fattore di effetto'
1980.
d'intaglio in alberi sottoposti rispettivamente a flessione e a torsione.
Rossetto M., Introduzione alla fatica dei materiali e dei componenti
meccanici, Torino, Levrotto & Bella, 2000.
Giovannozzi R., "Costruzione di macchine", Voi. I, Ed. Patron,
Bologna, 1965.

Figura 7.33 Cava per chiavette diritte (a) e cava per chiavette arrotondate o
incastrate (b) [7]

cava (a) cava (b)


Kf a flessione 1.3 1.6+1.7
Kf a torsione 2+3 2+3

Tabella 7.5 Valori del fattore di effetto d'intaglio per cave di chiavette
Capitolo 8

Cenni sull'instabilità elastica delle travi

8.1 II carico di punta

Una trave sottile, soggetta ad una forza di compressione gradualmente


crescente, subisce una deformazione puramente assiale, finché non sia
raggiunto un determinato valore di cancojcnficojn prossimità del quale ha
inizio un'inflessione laterale nel piano di minor rigidezza della trave. Tale
carico non dipende dalla resistenza del materiale, bensì dal suo modulo
elastico, dalle dimensioni e dalle condizioni di vincolo della struttura.
DTsiguito sono riportate le relazioni per il calcolo del carico critico delle
travi; in particolare si fa riferimento, per lo sviluppo dei calcoETai caso
semplice di trave a mensola.
Il calcolo del carico critico verrà poi esteso ai casi di trave appoggiata e,
rispettivamente, incastrata ai due estremi.
Nella Figura 8.1 è rappresentata una trave a mensola sottoposta ad un
carico P nella direzione dell'asse della trave e distante 5 dall'asse della
trave stessa.
Nella generica sazione della trave si calcola il momento flettente Mf
relativo alla condizione di carico suddetta e si determina l'equazione
differenziale della deformata rj della trave :
250 8 - Cenni sull'instabilità elastica delle tram § 8.1 - II carico di punta 251

Mf + P{S-Tì)=0

dh] Mj P{6-1])
dx2 EI EI
TJ = K = COSI
dhì P P5
r- H 71 = r,=5
dx1 EI EI

7j = /icosL—■ '—x WS

Le costanti di integrazione A e B si ottengono imponendo le condizioni al


contorno relative al vincolo di incastro ad un estremo (x=0):

7,(0)= 0
dr,
=0
dx\

Le costanti di integrazione A e B valgono:

A = -S
5=0

Sostituendo costanti di integrazione A e B nella soluzione generale si


ottiene l'espressione della deformata della trave:

Figura 8.1 Trave a mensola caricata di punta

7j=5|l-cos|J—

La soluzione generale dell'equazione differenziale è data dalla somma


Deve, inoltre, valere la relazione:
della soluzione dell'equazione omogenea associata e di una soluzione
particolare:

d2n P
- soluzione omogenea associata
iata: —j- + n=0
d
dx EI
T)=Ce*a
253
§ 8.1 - II canea di punta
252 8 - Cenni sull'instabilità elastica delle travi

riV)=8 5=5 1-cos , — •/


ÌEI

essere applicata al calcolo del carico critico in travi


{&}* ^^^^^^ °Pportun°
bera di inflessione Ìq.

5
trave incastrata ad ambedue gli estremi (Figura 8.3, il valore di l0 e
e ancora:

alla metà della lunghezza della trave (l0 =1/5).

—12=—(2n con«=1,2,3,
EI 4^

II carico critico P^ corrisponde alla soluzione fondamentale del sistema e


si ottiene dalla precedente equazione ponendo in essa n = 0:

7C2EI
(8.1)
Ai2

Per P<Pcr la trave resta rettilinea e subisce una compressione puramente


assiale: in questo caso l'equilibrio elastico è stabile, ossia una forza
applicata in direzione trasversale produce un'inflessione laterale che
scompare quando il disturbo è eliminato. Per carichi prossimi al valore Pa
Mf
la, forma rettilinea di equilibrio diventa instabile e una piccola forza
trasversale causa una deformazione permanente della trave; tale
deformazione è generalmente superiore al limite elastico del materiale.
Il valore Po- può essere considerato come un carico di rottura che porta alla
rovina completa della struttura; pertanto il carico ammissibile deve
essere minore del carico critico e può essere calcolato dividendo il valore
critico per un opportuno coefficiente di sicurezza.
Il valore del carico critico Per può anche essere espresso in funzione di
Figura 8.2 Trave appoggiata agli estremi caricata di punta
una grandezza nota in letteratura come lunghezza libera di inflessione l0 e

pari, nel caso appena analizzato di trave a mensola, a due volte la


lunghezza l della trave {l0 =2f):
254 8 - Cenni sull'instabilità elastica delle travi

Parte II

Esercizi

Figura 8.3 Trave incastrata agli estremi caricata di punta


Esercitazione 1

Gradi di libertà e risultanti di sistemi di


forze

1.1 Gradi di libertà


La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul
calcolo del numero dei gradi di libertà di corpi rigidi nel piano.

1. Asta libera nel piano

L'asta è un corpo rigido: n » numero delle coordinate; m = numero delle


coordinate vincolate; 1 » numero dei gradi di libertà (DOF).
Quanti gradi di libertà (DOF) ha un asta nel piano?
n-m=l
3-0=3 1=3
La posizione dell'asta nel piano è univocamente determinata da tre
coordinate, ad esempio la posizione nel piano cartesiano dell'estremo A (xa.
Ya) e la rotazione OC dell'asta rispetto ad un asse verticale al piano x, y,
l'asta ha quindi ha tre gradi di libertà, cioè tre spostamenti consentiti non
essendo presente nessun vincolo.
256
J - Gradi di libertà e risultanti di forze
§1.1 - Gradi di libertà 257

S5£Xche qualunque ^ri8ido non ™colato


2. Asta incemierata ad un estremo
Qual è il numero di gradi di libertà della trave incemierata ad
estremo?
Uno, la rotazione a .

Osservazione:
y ^ a
y 8 a abbiamo visto le caratteristiche dei più comuni vincoli nel piano. Ogni
vincolo elimina alcuni dei gradi di libertà del corpo libero; possiamo
schematizzare i vincoli sulla base del numero di gradi di libertà che essi
impediscono.
Riassumendo abbiamo visto:
incastro: m°3
3. Asta vincolata ad un estremo ad un appoggio semplice (carrello) cerniera: m°2
Qual e il numero di gradi di libertà della trave vincolata ad un estremo ad appoggio semplice (carrello): m=l
un appoggio semplice?

Due, lo spostamento xa e la rotazione a . 5. Lastra incemierata ad un estremo


Qual è il numero di gradi di libertà della lastra? Anche la lastra è un corpo
rigido nel piano e ha tre movimenti consentiti (n=3); la cerniera ne vincola
due e pertanto la lastra così vincolata ha un solo grado di libertà (l'angolo

y a

4. Trave incastrata

'° * **? *Uba* deIIa *ave incastrata? Alla trave


C C°nSentlto atcun sP«stamento e, pertanto, non ha gradi
6. Trave incemierata in A ed appoggiata in B
Qual è il numero di gradi di libertà della trave?
Corpo rigido nel piano: n-3
Cerniera fissa: m=2
258 1 - Gradi di libertà e risultanti di forze §1.1 - Gradi dilibertà 259

Appoggio semplice:m=l
La trave non ha gradi di libertà.
B
Tutte le strutture che non hanno gradi di libertà si definiscono
"isostatiche".

11
1 9. Trave incastrata all'estremo A e incernierata all'estremo B
Qual è il numero di gradi di libertà della trave?
Corpo rigido nel piano: n=3
Incastro: m=3
Cerniera: m=2
7- Trave vincolata a due carrelli
La trave ha un numero di gradi di libertà negativo, l=-2, e si definisce due
Qual è il numero di gradi di libertà della trave?
volte "iperstatica".
Corpo rìgido nel plano: n=3
Appoggio semplice: m=l
Appoggio semplice: m=l
La trave ha un grado di libertà.
Tutte le strutture che ammettono gradi di libertà si definiscono "labili" o
"ipostatiche*.

10. Trave appoggiata all'estremo A in una direzione e appoggiata


all'estremo B nella direzione perpendicolare alla precedente
Qual è il numero di gradi di libertà della trave?
Corpo rigido nel piano: n~3
Appoggio semplice: m~l

8. Trave vincolata a due cerniere Appoggio semplice: m= 1


Qual è il numero di gradi di libertà della trave? La trave ha un grado di libertà, cioè un movimento consentito. Questo
Corpo rigido nel piano: n=3 movimento può essere scelto a piacere, cioè può essere sia 3fc, sia va.
Cerniera: m=2 Infatti, per una data lunghezza della trave, ciascuna delle due coordinate
Cerniera: m=2 è legata all'altra dalla geometria del sistema. Questo significa che avere un
La trave ha un grado di libertà negativo, 1=-1, e si definisce "iperstatica* solo grado di libertà significa avere una sola variabile indipendente che
con un grado di iperstaticità. definisce la posizione della trave nei piano.
Tutte le strutture che hanno un numero di gradi di libertà negativo, cioè
un numero di spostamenti vincolati maggiore dei corrispondenti consentiti
si definiscono "iperstatiche".
260 1 - Gradi di libertà e risultanti di forze
§1.1 - Gradi di libertà 261

1
/////¥/////

Corpo rìgido 1 nel piano n=3


Corpo rigido 2 nel piano n=3
11. Lastra di forma qualunque incemierata in due punti nel pianò Incastro: m=3
Qual è il numero di gradi di libertà della trave?
Cerniera tra due aste: m=2
Corpo rigido nel piano: n=3
Cerniera: m=2
II sistema ha un grado di libertà corrispondente alla rotazione CC .
Cerniera: m=2
13. Sistema composto da tre travi incernierate, delle quali una è
La lastra è una volta iperstatica.
incastrata al suo estremo.
Qual è il numero di gradi di libertà del sistema?

3 corpi rigidi nel piano, n=3 ciascuno (3 x 3=9, n=9)


Incastro: m=3
Cerniera tra tre aste -???
Nel seguito verranno presentati casi di sistemi costituiti da più elementi Si può osservare, sulla base degli esempi precedentemente mostrati, che il
dei quali verranno ancora calcolati i gradi di libertà. sistema ha due gradi di libertà, le rotazioni a e fi .
Si può allora dedurre che la cerniera tra tre travi toglie al sistema quattro
12. Sistema composto da due travi incernierate, delle quali una è gradi di libertà, cioè vincola quattro movimenti (m=4).
incastrata al suo estremo.
Qual è il numero di gradi di libertà del sistema? H. Sistema composto da quattro travi incernierate, delle quali una è
incastrata al suo estremo.
262 1 - Gradi di libertà e risultanti di forze §1.1 - Gradi di libertà 263

Qual è il numero di gradi di libertà del sistema?


15. Sistema composto da quattro aste incemierate

4 corpi rigidi nel piano, n=3 ciascuno (3 x 4=12, n=12) '' *


Incastro: m=3 ♦
Cerniera tra quattro aste =???
Il sistema ha tre gradi di libertà, le rotazioni ffjey, Qual è il numero di gradi di libertà del sistema?
Si può allora dedurre che la cerniera tra tre travi toglie al sistema sei gradi 4 corpi rigidi nel piano, n=3 ciascuno (3 x 4=12, n=12)
di libertà, cioè vincola sei movimenti (m=6). Cerniera tra quattro aste: N=4, m=[2 x (4-1) ]=6
Dalle precedenti osservazioni si può ricavare una regola generale: una Totale 1=6 gradi di libertà: xa, yA, a , fi , J e 5 .
cerniera fissa toglie 2 gradi di libertà e una cerniera che collega N corpi
rigidi nel piano toglie [2x(N-l)] gradi di libertà. 16. Trave a L incernierata ad un estremo
Tutti questi esempi di sistemi e «fi vincoli rappresentano schematizzazioni,
cioè "modelli" della realtà ingegneristica. L'esempio corrispondente al
sistema 14, composto da quattro travi incernierate, delle quali una è
incastrata al suo estremo, potrebbe essere il modello di una struttura reale
come quella di seguito riportata in figura:

ASTA 2

Qual è il numero di gradi di libertà del sistema?


Corpo rigido nel piano n =3
ASTA 3
Cerniera m= 2
II sistema ha un grado dì libertà corrispondente alla rotazione a .
1 ~ Gradi di libertà e risultanti di forze § 1.2 - Forze e risultanti di forze 265
264

Alle strutture possono essere applicate forze [N] o coppie (momenti puri)
[Nm].
17. Portale zoppo
Le forze possono essere concentrate o distribuite e le rappresentiamo in
modo diverso.

Qual è il numero di gradi di


Nella figura in basso a sinistra è rappresentata una trave sottoposta ad un
libertà del sistema?
carico concentrato; si osservi che le forze concentrate sono idealmente
applicate in un punto privo di dimensioni. Nella realtà pratica non
Corpo rigido nel piano n=3
Cerniera m=2
esistono forze concentrate, ma solo forze distribuite su un'area
piccolissima.
Carrello m=l
Sulla base di queste considerazioni si può dire che una forza concentrata
La struttura è isostatica (1=0).
corrisponde ad una forza distribuita la cui risultante può essere spostata
in un punto qualunque della sua area di azione senza causare alcun
effetto rilevante sull'equilibrio del sistema.

18. Due aste incernierate


Qual è il numero di gradi di libertà del sistema?

Due corpi rigidi nel piano


n-3 x 2=6
Cerniera fissa m=2
Cerniera tra due aste m=2
Appoggio m=l Nella figura in basso a destra è rappresentata la medesima trave
II sistema ha un grado di sottoposta ad un carico distribuito; un carico distribuito così
libertà (1=1), corrispondente schematizzato può, ad esempio, rappresentare il peso proprio della trave
ad esempio alla coordinata stessa oppure il peso di uno strato di neve. Le unità di misura per il carico
XA. distribuito sono forza per unità di lunghezza (N/m] nel caso di trave
monodimensionale e forza per unità di superficie [N/m2] nel caso di
Si osservi che, se la cerniera avesse interrotto la continuità dell'asta C-D, il struttura bidimensionale (ad esempio una piastra).
sistema sarebbe costituito da tre aste (e non da due) e la cerniera mobile La coppia (o momento) viene definita in fisica come l'effetto prodotto in un
avrebbe tolto 4 gradi di libertà. punto da una forza posta ad una certa distanza (braccio) da quel punto.
L'unità di misura è forza per unità di lunghezza [Nm].
1.2 Forze e risultanti di forze
Un esempio pratico di momento puro può essere la coppia di serraggio
esercitata dalle dita di una mano quando si serra il dado di una vite.
La seconda parte dell'esercitazione ha come oggetto la descrizione di alcuni
tipi di forze e delle loro risultanti.
Il concetto di forza è stato introdotto nei corsi di fisica e lo si sperimenta
nella realtà di ogni giorno.
266 1 - Gradi di libertà e risultanti di forze §1.2- Forze e risultanti di forze 267

Le figure riportate si riferiscono ad una rappresentazione nel piano, ma gli


stessi concetti possono essere applicati ai sistemi spaziali.
Se si considerano due forze nel piano si può applicare la "regola del
parallelogramma" in base alla quale la risultante delle due forze è la
diagonale del parallelogramma che ha come lati FI ed F2.
Ovviamente la "regola del parallelogramma* può essere applicata anche ai
sistemi spaziali.

1. Caratteristiche di una forza


Le forze si rappresentano vettorialmente e sono caratterizzate
completamente da modulo, direzione e verso.
Analogamente le Coppie sono caratterizzate da direzione (asse intorno cui è
applicato il momento), verso (secondo la regola della mano destra) e
modulo (intensità del momento).

2. Sistemi di forze
Nel caso di forze concorrenti in un punto le forze si sommano
vettorialmente.
Un metodo visivo per comporre vettorialmente le forze è il "Punta- Coda": a
partire dal punto di applicazione P si appoggia la coda di una forza sulla
punta della precedente; la forza risultante è rappresentata dal vettore che
unisce il punto di applicazione alla punta dell'ultima forza.
1 - Gradi di libertà e risultanti di forze §1.2- Forze e risultanti di forze 269
268

Infatti ricordiamo che due forze aventi la stessa retta di azione (direzione e
punto di applicazione) si sommano algebricamente (o si sottraggono se di
verso opposto).

Quando il sistema di forze è complesso si scompone ogni forza nelle sue


componenti lungo gli assi di riferimento, si sommano algebricamente le
componenti lungo lo stesso asse e si ottengono cosi le componenti lungo gli
assi di riferimento della risultante, che composte come visto
precedentemente danno la risultante stessa.
Di seguito si riporta un semplice esempio nel piano:

3. Scomposizione di forze ' , M-W+ftJ


L'operazione inversa alla composizione di due forze nel piano con la
"regola del parallelogramma" è la scomposizione di una forza nel piano
nelle sue due componenti. '
Dato un sistema di riferimento nel piano x, y e una forza applicata
nell'origine posso trovare la sua componente lungo x e la sua componente
lungo y: sono i lati del rettangolo avente F come diagonale. 1 moduli di Fx

ed Fy si possono trovare facilmente per via geometrica.

|F,|=|F|sen0

Scomporre le forze risulta utile


poiché permette di calcolare
facilmente le risultanti di sistemi F
di forze concorrenti nello stesso
punto complessi, specie nello
spazio. FX

L
§1.3 - Esercizi 27 X
1 - Gradi di libertà e risultanti di forze

1.3 Esercizi

d£-d b (braccio ) e di verso opposto generano Esercìzio 1

coppia O F*b

l
Possiamo sfruttare questo
concetto per effettuare l'operazione di Calcolare la risultante di tre forze convergenti e giacenti su di un unico
t
piano, con modulo 30 N, 50 N e 25 N e che formano angoli rispettivamente
trasposizione delle forze.
La trasposizione delle forze può essere utile di 45, -30 e -120ù rispetto all'asse x (positivo se antiorario) di un sistema
F per ridurre sistemi di forze non applicate cartesiano ortogonale.
tutte nello stesso punto. Risultati:
Operando la trasposizione si ottiene un Fx= 52 N
sistema di forze concorrenti in un punto e Fy = -25.44 N
un sistema di coppie {momenti di F - 57.9 N a - -26*
trasposizione).
Il sistema così ottenuto può ancora essere Esercizio 2
semplificato ottenendo una forza risultante
ed una coppia risultante.

Date le forze Fl=20N, F2 = 10N, F3=15N riportate in figura, calcolare il


momento risultante rispetto al punto P.
Risultati:
Momento Risultante » 62 Nm
272 1 - Gradi di libertà e risultanti di forze

Esercizio 3
Sostituire il sistema di forze schematizzato in figura con la sola risultante
opportunamente applicata.
Moduli delle forze: FI » 100 N, F2 = 200 N, F3 = 50 N.
Distanze delle direzioni delle forze dall'origine del riferimento:
xl » 2 m, x2 = 3 m, x3 = 4 m.
yl = y2 = y3 = 0 m.
Angoli formati dalla direzione delle forze con l'asse delle ascisse: al ° 60°,

«2 = 135*, a3 - 90°.
Esercitazione 2

Calcolo delle reazioni vincolari

/" V?2 f 2.1 Esercizi svolti


La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul
calcolo delle reazioni vincolari di sistemi semplici.

Risultati: Esercizio 1
Fx = -91 N Fy = 278 N F = 293 N a » -72° xR = 2,9 m Calcolare le reazioni vincolari della trave di lunghezza 1 =50 min,
sollecitata da una forza concentrata F- 100 N, applicata a una distanza
a » 30 mm dall'estremità sinistra.
Esercizio 4
Si chiede di sostituire il sistema di forze schematizzato in figura con la sola
F
risultante opportunamente applicata (FI = 500 N, F2 » 800 N, F3 » 1000
N; xl = 5 m, x2 = 7 m, x3 - 8 m).
B

y ì e A A

FA
Soluzione:
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale*
"T 1
O Jfj
Risultati: Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:
R = 700 N,^7m (misurata da O)

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera A:


274 2 - Calcolo delle reazioni vincolarì § 2.1 - Esercizi svolti 275

VB = 60 N VA - 50 N

Sostituendola nella precedente si ottiene: Equazione di equilibrio alla trasIasione orizzontale:

VA=(-60 + 100JN-40N ->OA=0

O, A
OA A B

Si nota che nel calcolo delle reazioni vincolali il punto di applicazione di


C è inlnfluente.

Esercizio 2 Esercizio 3
Calcolare le reazioni vincolali della trave di lunghezza 1 = 80 mm, Calcolare le reazioni vincolari della trave di lunghezza 1 = 150 mm,
sollecitata da una coppia concentrata C= 4000 Nmm, applicata alla sollecitata da una coppia concentrata C = 5000 Nmm applicata
all'estremità libera.
distanza a = 50 mm dall'estremità sinistra.

c
A B

a b
é
1
< —►

Soluzione:
Soluzione:
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno all'incastro A:
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera A:

MA - -5 Nm
Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:
VB = -50 N
Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:
§ 2.1 - Esercizi svolti
277

Esercizio 4
Calcolare le reazioni vincolari all'incastro della trave, sollecitata da un F2 - 250 N, applicate rispettivamente ad una distanza a = 45mm
carico distribuito q (1=0.5 m, L=1.2 m, q=50 N/m). dall'estremità sinistra della trave e e - 30 mm dalla cerniera B.

Soluzione:
Soluzione:
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera A:
II carico q, distribuito sulla lunghezza (L-l), può essere sostituito con la
sua risultante applicata nel baricentro, distante (L+1J/2 dall'estremità -Fra = 0 V _Fra-F2(b +
sinistra della trave (punto A)
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno all'incastro A: VB = -275 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale-


T frA-F,+VB + F2 =0 VA =-^+F, -F2
1 ■' \— / 2 ' ' /I t ly

MA = 29.75 Nm
VA=125N
Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale-
tFrf(/,-/)=0 VA=q(L-l) O
VA - 35 N
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:
-> oA =0

VA
A

Esercizio 6
Esercizio 5
Calcolare tutte le reazioni vincolari (interne ed esterne) della struttura
Calcolare le reazioni vincolari della trave rappresentata in figura (1 = 180 schematizzata in figura (1 = 1,5 m, C = 200 Nm).
Soluzione:
mm eb= 120 min) sollecitata da due forze concentrate Fj = 100 N e
z - uatcoio delle reazioni umcolan § 2.1 - Esercizi svolti 279

La struttura è formata da due elementi semplici (travi PR e SQ) che Vq= - C/21 = - 66.7 N
vanno isolate e considerate separatamente: le reazioni vincolari interne
Equazione di equilibrio alla traslazione verticale-
dell'una e dell'altra trave devono equilibrarsi secondo il principio di
azione e reazione.
TVp-Fe=0

Vp - Vq = - 66.7 N

Vs = 66.7 N (Elemento I )
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:
vlfc ^-Op-r0c=O

7 Op = 133.3 N

Q Esercizio 7
Calcolare le reazioni vincolari (interne ed esterne) della struttura
schematizzata in figura (1 = 0,75 m, q - 800 N/m).

A
A-

| v,.
"■■ -il ^

Soluzione:
La struttura è formata da due elementi semplici (travi AC e CD); i vincoli
esterni sono costituiti dalla cerniera A e dai carrelli B e D, il vincolo
Elemento II (trave SQ)
intemo dalla cerniera C.
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera esterna S:
Elemento I (trave CD)
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera intema C:
OQ=C/1= 133.3 N
Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:
T vQ+vs=o VD ** -q*/2= -300 N
Equazione di equilibrio alla traslazione verticale-
VS - - Vq
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:
Vc = ql+VD = 300 N

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:


Os = Oq = 133.3 N
Elemento I (trave PR)
Elemento II (trave AC)
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera esterna P:
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera esterna A:
280 2 - Calcolo delle reazioni vincolali
§ 2.1 - Esercizi suolti 281

VB = -3Vc/2= -450 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale- Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:
T va+vb + vc=o
Op = 2F = 2000 N
VA = -VB-Vc=150N
Elemento II (trave PC)
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale-
_> °a +OC =0 Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera estema C:
°A " - Oc = 0 N VB = (F+3VP)/2= 125 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale-


t VB + rc-Vp-F=0
li A e: v■' Vc = F+Vp-VB = 625 N

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale-


_>Oc-OP=0
Khrinr:>tO \ìi
Oq ■= Op = 2000 N

tri
Esercizio 8 f4 -<--£•
tv.
i T OrP
Calcolare le reazioni vincolar! (interne ed esterne) della struttura
schematizzata in figura (1 - 1 m, F = 1000 N, C = 500 Nra).
1 vtì

Btemenio (11)
2F P
A B (1)
■+—■ 0
Si
2/
4
—*
Esercizio 9

Soluzione: Calcolare le reazioni vincolari (inteme ed esterne) della struttura


schematizzata in figura (1 = 1 m, F = 1000 N).
U struttura è formata da due elementi semplici (travi AP e PC)- i vincoli Soluzione:
esterni sono costituiti dalla cerniera C e dai carrelli A e B- la cerniera P
costituisce il vincolo interno.
La struttura è formata da due elementi semplici (travi AC e BD) e dai
Elemento I (trave AP)
vincoli esterni (cerniere A e D) ed interni (cerniera B)
Elemento I (trave AC)
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera interna P: Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera estema A:
VA = C/21 = 250 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale-


TvA+vp = o
Vp = - VA = -250 N
282 2 - Calcolo delle reazioni vincolari §2.1 - Esercizi svolti 283

Esercizio 10
In figura è riportato lo schema costruttivo di una ruota dentata a denti
elicoidali calettata su un albero (che ruota a velocità costante) supportato
da cuscinetti orientabili a rulli. Si chiede di analizzare lo schema
semplificato delle forze e di calcolare le reazioni vincolari nei cuscinetti A
(assialmente libero) e B (vincolato anche assialmente).
Dati:
a = 120 mm
I » 160 mm
R = 45 mm (raggio primitivo della ruota)
Ft = 2667 N, Fr = 970 N, Fo= 1132 N

^ VB /cosa-0B/sina-F-2/sina = 0
B
Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:
tvA+vB=o

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:

Elemento II (trave BD)


Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera esterna D:
^} VB /cosa+OB/sina=0
Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:
t vD-vB=o

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale: Soluzione:


_>OD-OB=0 Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:
VA = -1000 N

Vd = VB= 1000 N Ra-Fa- 1132 N


00=03= -1000 N Forze nel piano xy
OA=0N Equazione di equilibrio alla rotazione attorno ad A:

Jv, 409 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:


Elemento (I) ; D On
Elemento (11)

c Equazione di equilibrio alla traslazione verticale


284 2 - Calcolo delle reazioni vincolari § 2.2 - Esercizi consigliati 285

Forze nel piano xz

RAxy = 561 N
Forze nel piano xz
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno ad A:

R^ = — = 2000.25 N
/
Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:

2.2 Esercizi consigliati «


La seconda parte dell'esercitazione propone una serie di ese rcizi sul calcolo
delle reazioni vincolari dei quali sono forniti i risultati numerici.

Esercizio 1
Si chiede di calcolare le reazioni vincolari della struttura illustrata in figura
(F = 4000 N, 1 = 0,5 m).

1 71

F
^b& .

21

Ai
nrn
Forze nel piano xy
Risultati:

Ruxy
Fa I** I = 4000 N 200° N Y*\ = 200° N
Ka

Esercizio 2
Si chiede di calcolare le reazioni vincolari della struttura illustrata in figura
Sistema di forze equivalenti nel piano xy (FI - 3000 N, F2 = 2000 N, l =lm).
286 2 - Calcolo delle reazioni vincolari
§ 2.2 - Esercizi consigliati 287

21 1
Esercizio 4
In figura è riportato lo schema costruttivo di una ruota dentata a denti
elicoidali calettata su un albero supportato da cuscinetti orientabili a rulli.
F2
Si chiede di realizzare uno schema semplificato delle forze e di calcolare le
F, B , reazioni vincolari nei due supporti.
Dati:
a = 120 mm
/7r?F 1 - 160 mm
R = 45 mm (raggio primitivo della ruota)
Ft = 2667 N

Fr - 970 N
31
Fa^ 1132 N

tl\V\

Risultati:

fa| - 5500 N 3000 N \Ra| - 7500 N

Esercizio 3
Si chiede di calcolare le reazioni vincolari della struttura illustrata in figura
(F = 2000 N, 1 = 2 m, h = 0,5 m).

B Risultati:

a) Forza assiale verso sinistra: b) Forza assiale verso destra:


Rj=871 N Rx- 671 N
R2= 2041 N R2= 2257 N
Rla=1132N
R2a° 1132 N

21 Esercizio 5
Si chiede di calcolare le reazioni vincolari sui supporti dell'albero in fìgura
Risultati: sul quale agisce una coppia torcente C.
Dati:
\RA\ = 167 N fa | - 2000 N 167 N a - 200 mm
1 = 140 mm
r = 40 mm (raggio primitivo della ruota)
288 2 - Calcolo delle reazioni vincolari
§ 2.2 - Esercizi consigliati 289

Ft = 2000 N
Risultati:
Fr - 728 N
a-2.18m/s2
Fa = 849 N

F. Esercizio 7
La figura illustra schematicamente la trasmissione di un gruppo comando
traslazione di una gru. Il pignone conico 1 ingrana con la ruota conica 2
portata da un albero, vincolato in A e B al telaio delia gru; tale albero
sopporta anche un pignone cilindrico 3, ingranante con una ruota
cilindrica 4, solidale alla ruota di traslazione 5 (sono mostrate
parzialmente ruota 4 e 5, solo nella parte vicino all'albero dell'esercizio). Si
chiede d! calcolare le reazioni vincolari nei cuscinetti A (assialmente libero)
e B (vincolato anche assialmente).
Dati:

F^ÓOOON Fa2=842.4N Fr2=2014.8N Fr3=Ft3*0.3638


a3-150mra l=600mm t>2=145inm r2=240mm r3=95mm

Risultati:

|/f,|=860N |R#i|-2967N = 849 N

Esercizio 6
La figura mostra io schema di un cassone ribaltabile installato su un
veicolo. Tenendo conto che l'altezza indicata "h" è quella del baricentro di
massa del sistema «cassone + contenuto", si chiede di individuare il valore

ES£?£££ tt t1 ^si annuUa *reazione deU>*™<> b

Risultati:
\RA\ - 13424 N \RB\ - 8354 N (rJ *. 842.4 N
290 2 - Calcolo delle reazioni vincolali
§ 2.2 - Esercizi consigliati 291

Esercizio 8
La figura mostra schematicamente un albero intermedio di un riduttore di
velocità. Considerando tale figura ed i dati riportati sotto, calcolare le varie
componenti delle reazioni vincolari (A e B).
Dati:

; Fa2=804N; Ft3=2000N; Fr3=753N; Fa3=536N;


r3=75mm; b»50mm; r2=50mm; l-200mm; s=40mm.

Risultati:

•/?"I = 1626N r»l - 2152 N 544 N

Esercizio 10
Si chiede di calcolare le reazioni vincolari Ra, Rb nei punti A, B e la forza T
(senza attrito in A e B) della struttura illustrata in figura.
Dati:
a " 400 mm; d = 600 mm; e = 160 mm; b = a +100 mm; P = 10000 N-
R - 1200 N.

Risultati:

3463N 2127 N rV"l=268N

Esercizio 9
In figura è riportato lo schema di un elemento di trasmissione meccanica
Lalbero e vincolato al telaio dai cuscinetti A e B. Il primo costituisce
vincolo radiale e assiale, il secondo reagisce soltanto a forze radiali. Sullo
sbalzo a sinistra è montato, solidale all'albero, un pignone conico, mentre
sullo sbalzo destro è vincolata rigidamente una ruota dentata cilindrica.
Con riferimento ai dati riportati di seguito, calcolare dapprima la Forza Ft2
e poi le reazioni vincolari nei cuscinetti B (cuscinetto assialmente libero) e
A (cuscinetto vincolato anche assialmente)
Dati:

Frl = Ftl tan20°; F^ = 0.14 Ft2; Ftl - 2000 N; Fa2 = 0.34 Ft2;
Risultati:
1 - 200 mm; q - 40 mm; sj = 40 mm; r2 - 50 mm; s2 = 50 mm
•"'l = 9527 N r*«l 10727 N T - 10000 N
292 2 - Calcolo delle reazioni vincolari
§ 2.2 - Esercizi consigliati 293

Esercizio 11 Risultati :
II cilindro idraulico CF che parzialmente controlla la posizione di DE, è RA =60N dXìm =6.54m
stato bloccato nella posizione mostrata. Si chiede di calcolare le reazioni
RB =2660N
vincolari per via grafica e analitica.

100 n)t» TBmw-A Esercizio 13


Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura (f; =F =200
N, F, = 100 N, a, = a, =30°, a, =45», 4 =0.2 m, d2 =0.6 m, d, =0.8 m, d =0 9
m).

Risultati:

f*"! = 1800 N rW = 3539 N Kl = 5245 N

Esercizio 12
Per il sistema rappresentato in figura (nel quale Fé Qsono forze esterne e
P è la forza peso) si chiede di determinare (F=2000N, Q=*220N, P=500N,
a=lm, b=2m, c=4m, d=6m): le reazioni ra e rb in condizioni di equilibrio Risultati:
stazionario; la distanza dy>m per la quale si ha, assegnato un valore di Q, la Ro =191 N; /?, = 154.44 N; R^ =246.78 N
condizione limite di inizio ribaltamento oppure, assegnata la distanza
d, il valore q^ che determina l'inizio del ribaltamento (con passaggio
dall'equilibrio stazionario a quello dinamico). Esercizio 14
Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura.
294 2 - Calcolo delle reazioni vincolati § 2.2 - Esercizi consigliati 295

Esercizio 15
Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura.

cerniere
fisse

\
F- pA

Esercizio 16
Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura (Q=500N,
P=1000N).

Risultati:
RA =500N
/?B=1000N

Esercizio 17
Calcolare graficamente le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura.
Esercitazione 3

Geometria delle aree

3.1 Esercizi svolti


/La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul
calcolo dei baricentri e dei momenti d'inerzia di figure piane.
Gli esercizi proposti, interamente svolti, sono presentati in ordine di
difficoltà crescente, partendo da figure elementari e proseguendo con casi
più complessi.

Esercizio 1
Per le figure piane illustrate nelle Figure V7 si chiede di calcolare la
posizione del baricentro G e di calcolare i momenti d'inerzia rispetto agli
assi baricentrici.

Figura 1

a = 100 mm
b - 400 mm

h = 500 mm

L
298 3 - Geometria delle aree
§ 3.1 - Esercizi svolti 299

Soluzione:
IyG=IyGl ~ 084 mm4
La Figura 1 può essere idealmente ottenuta per sottrazione fra i triangoli di
altezza h e, rispettivamente, di base a+b (grandezze indicate con il pedice
1) e di base a (grandezze indicate con il pedice 2).
Figura 2
Per la determinazione del baricentro globale si devono calcolare le aree e i
momenti statici. Questi si ottengono semplicemente moltiplicando le aree
parziali per le coordinate dei baricentri parziali.
b - 400 mm
xG1=(a+b)/3= 166,67 mm yG1=*h/3-166,67 mm
h - 500 mm
xG2=a/3=33,3 mm yG2=:h/3= 166,67 mm

A1={a+b)h/2=125.000 mm2 A2=ah/2=25.000 mm2

A=Aj - A2=100.000 mm2

Sxl= Ai yG 1=20.833.333 mm3 Syi= Ai xG j=»20.833.333 mm3

S^- A2*yG2= 4.166.666 mm3 Sy2= A2-XQ2-833.333 mm3


Soluzione:
Sx= Sxi - 8x2= 16.666.667 mm3 Sy= Syl - Sy2=20.000.000mm3
XQ=b/3= 133,3 mm
xq= Sy/A=200 mm yG=sx/A"166'67«"° yG=h/3=166f67mm
Per il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento baricentrico,
Ai^b-h/2-100.000 mm2
ai momenti d'inerzia baricentrici delle figure parziali bisogna aggiungere il
relativo momento di trasporto.
Sx= AyG=13.333.333 mm3

I momenti d'inerzia baricentrici dei triangoli 1 e 2 rispettivamente sono: Sy* AxG= 16.666.666 mm3
IxGi=(l/36)-(a+b)-h3=1.736.111.111 mm4 1.388.888.888 mm4

IyGl-U/36)-h-(a+b)3-1.736.111.111 mm4 SSS.SSS.SSS mm4

JxGa^1/36)-a-h3-347.222.222 mm4
IyG2=tl/36)ha3-13.888.889 mm4 Figura 3

I momenti d'inerzia dei triangoli 1 e 2 calcolati rispetto al baricentro della


figura globale rispettivamente sono:

a = 380 mm
y - xG)2-1874972223mm4
b = 500 mm
IxG2=IxG2+A2-(yG2-yG)2=347.222.222 mm4
h = 400 mm
2 - xG)2-708.611.139 mm4
I momenti d'inerzia della figura globale sono:
1xG= l7sGl ~ IxG2
3 - Geometrìa delle aree § 3.1 - Esercizi svolti

Soluzione: Figura 4
La Figura 3 è ottenibile idealmente per unione di un rettangolo (grandezze
indicate con il pedice 1) e di un triangolo (grandezze indicate con il pedice
a= 100 mm
Per la determinazione del baricentro globale è necessario calcolare le aree e b = 400 mm
i momenti statici dei sottosistemi rettangolo e triangolo. e - 150 mm
'190 mm yQl=h/2=200 mm h - 500 mm
XG2=a+((b-a)/3)-420 mm
yG2=ah/3l=133»3 mm
Aj-a h= 152.000 mm2 A2=((b-a)h)/2=24.000 mm2
A=AX+A2-176.000 mm2
sxl~ Ai-yQi«30.400.000 mm3 Syl55 Aj-xg2-28.88O.O00 mm3 a
b
sx2= A2yG2=3.200.000 mm3 Sy2= A2xG2-10.080.000 mm3
sx= sxl+ Sx2=33.600.00 mm3 Sy= Syl+ Sy2=38.960.00 mm3 , Soluzione:
xq- Sy/A=221,4 mm Yq= Sx/A= 190,9 mm La sezione in studio è ottenibile idealmente per unione di due rettangoli,
Per il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento baricentrico, dei quali il primo (indice 1) ha dimensioni hxc e il secondo (indice 2) ha
ai momenti d'inerzia locali delle figure parziali è necessario aggiungere il dimensioni (b-c)xa.
relativo momento di trasporto. Per la determinazione del baricentro globale si devono calcolare le aree e i
IxGl=(1/l2Ha-h3)=2.026.666.667mm4 momenti statici dei sottoinsicmi costituiti dai rettangoli 1 e 2.
XGi-c/2=75mm £ci~h/2=250 mm
IyGl=(l/l2)(ha3j=l.829.066.667mm4 xo2=c+((b-c)/2)=275 mm yo2=a/2=50 mm
IxG2=(1/36)((b-a)-h3h213.333.333mm4 Ai=c-h=75.00Ò mm2 A2=(b-c)a=25.000 mma
A=Ai+A2= 100.000 mm2
IyG2=(1/36)-(h(b-a)3)=19.200.000mm4
Aiyci-18.750.000 mm^ Syi= Ai xci =5.625.000 mm3
(yGryG)2=2039-228-650 mm4 1.250.000 mm3 Sy2- Aa xc2=6.875.000 mm3
ryGl^yGl+A1(xGi-xG)2«1.978.585.675 mm4 Sy= Syi+ Sy2=12.500.000 mm3
^^_ —ii -- 125 ......
-—— mm yG~ Sjc/A—200 mm
ZJer il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento baricentrico,
IyG2=IyG2+A2(xG2-xG)2=966.153.719 mm4 ai mom^n^J^r^^caiLdelle^figurc^pajziali bisogna aggiungere il
relativo momento di trasporto. j
IxGl=(l/l2Hch3)=1.562.500.000mm4 _^ ^y-^ ^ &* - \0 V c
IyGi .394 mm4 ryGl=a(l/l2){hc3)=140.625.000mm4 / ux
IxG2=(l/ 12)<((b-c)a3)=20.833.333 mm4 ■u
- y\ e
IyG2=(l/ 12)(a(b-c)3)= 130.208.333 mm4
?xgi=IxG i+Ai (yc i-yg)2=
IyG1=IyGl+Ar(xG1-xG)2=328.125.000mm4
IxG2=IxG2+A2-(yG2-yG)2-583.333.333mm4
IyG2-IyG2+A2 (xG2-xG)2»692.708.333 mm4
302 3 - Geometria delle aree § 3.1 - Esercizi svolti 303

Sxl= A1yG1=2.000.000 mm3 Aj-xqj-0 mm3


IxGl+IxG2=2-333.333.333 mm4
-020-833-333 mm4 Sx2n A2 VG2= 14.400.000 mm3 -0 mm3
IyG
Sx» Sxl+ 8x2=16.400.000 mm3 Sy- Syl+ Sy2=0 mm3
Figura 5
xG- Sy/A=0 mm ^ Sx/A= 186,4 mm
Per il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento baricentrico,
ai momenti" d'inerzia locali delle figure parziali bisogna aggiungere il
relativo momento di trasporto.

IxG1"(l/12){ba3)=33.333.333 mm4
a = 100 mm
b = 400 mm y

e = 120 mm
IxG2D( V I2)(c{h-a)3)=640.000.000 mm4
h = 500 mm
J ——

'xGl^xGl+Al '^G l-yG)2=777.134.986 mm4


IyGl"lyG 1+A l'f^G 1 "XG)2=533-333-333 mm4
IxG2SB|xG2+A2 (yG2~vG)2=1-259-834-7ll mm4
IyG2'IyG2+A2(xG2-xG)2=57'600.000mm4
IxG= IxGl+IxG25"2-036-969.697 mm4
'yG3 IyGl+IyG2'=590-933-333 mm4

Figura 6
Soluzione:
La sezione in studio è ottenibile idealmente per unione di due rettangoli,
dei quali il primo (indice 1) ha dimensioni bxa e il secondo (indice 2) ha
dimensioni (h-a)xc.
Per la determinazione del baricentro globale si devono calcolare le aree e i
momenti statici dei sottoinsiemi costituiti dai rettangoli 1 e 2. a= 100 mm
Dal momento che la figura presenta un asse verticale di simmetria, b = 400 mm
denominato y, il baricentro sarà posizionato su questo asse. e = 120 mm
Per la determinazione del baricentro globale si devono calcolare le aree e i h = 400 mm
momenti statici dei sottoinsiemi costituiti dai rettangoli 1 e 2.
xqi=0 mm VQl-a/2^50 mm
xq2=0 mm yG2=a+({h-a)/2)=300 mm

Aj^a-b^O.OOO mm2
A2= (h-a) c=48.000 mm2
304 3 — Geometria delle aree § 3.1 - Esercizi svolti 305

xqì - 0 mm
Soluzione:
La sezione in studio è ottenibile idealmente per unione di tre rettangoli, dei
yci = Sxi/Ai = 32,5 mm
quali il primo (indice 1) e il secondo (indice 2) hanno dimensioni bxa, il XG2 - 0 mm yG2 - Sx2/Aa = 50 mm
xc3 = 0 mm yG3 = Sx3/A3 = 6,4 mm
terzo (indice 3) ha dimensioni hxc.
xg » Sy/A = 0 mm yc = Sx/A = 29,2 mm
La sezione ha un asse verticale di simmetria, denominato y, e pertanto
tutti i momenti statici rispetto a tale asse sono nulli.
xgi =0 mm yci=-(a+h) /2--250 mm
yG2-(a+h)/2=250 mm

yG3=0 mm
Ai=a*b=40.000 nim2 A2=*ab=40.000 mm2 A3=hc=48.000 mm2
A=Ai+Aa+A3= 128.000 mm2 a=35 mm
Sxi8* Ai vgi=-10.000.000 mm3 Syi= Ai-xgi-0 mm3 h=65 ram
c=30 mm
S*2= A2-yG2=I0.00O.OOO mm3 Sy2=
b=50 mm
Sjt3= A3*yG3~0 mm3 Sy3s r=15 mm
Sx= Sxi+ Sx2+ Sx3=0 mm3 Sy= Syi+ Sy2+ Sy3=0 mm3
xg= Sy/A=0 mm * yo= SX/A=O mm
Per il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento baricentrico,
ai momenti d'inerzia locali delle figure parziali bisogna aggiungere il
relativo momento di trasporto.
IXGHl/12Mb-a3)=33.333.333 mm4 IyQi=(l/12)(a-b3)=S33.333.333 mm4
Ixo2-(l/12)*(ba3)=33.333.333 mm4 IyG2=(l/12)(a-b3)=533.333.333 mm4
Ixg3=(1/ 12)-(c-h 3)=640.000.000 mm4 IyG3-(l/ 12)((hc3)=57.600.000 mm4
IxoJ=IxGi+Ai(yGi-yG)2=2.533.333.333 mm4

Ixfe2=iXG2+A2{yG2-yG)2=2.533.333.333 mm4
IyG2=IyG2+A2(xQ2-xo)2=533.333.333mm4

Iyo3=IyG3+A3(xG3-XG)2=57.600.000 mm4
Ixg= 1x01+1x02+^3=5.706.666.667 mm4
(2)
c3551-124.266.667 mm4

Figura 7 ^
La sezione in studio è ottenibile idealmente per sottrazione di un quadrato
di lato e (2) e di un semicerchio di raggio r (3) dal rettangolo di lati b e h (1).
L'asse verticale y è asse di simmetria.
G (i)
Ai = hb = 3.250 mm2 A2- e2 = 900 mm2 A3 = p/2-r2 = 353,4 mm2
A = A1-A2-A3 = 1.996,6 mm2
Sxi - bh2/2 = 105.625 mm3 Syi = 0 mm3
Sx2 = c3(c/2+a) - 45.000.000 min3 Sy2 - 0 mm3
3x3-2/3^2.250 mm3 ^ Sy3 = 0 mm3
Sx - Sxi - Sx2 - Sx3 = 58.375 mm3" '
Sy - Syi - Sy2 - Sy3 = 0 mm3
306 3 - Geometrìa delle aree
§ 3.1 - Esercizi svolti 307

Ixgi - (l/12)(b-h3) « 1.144.271 mm4 IyG, «(l/l2J-(h-b3) = 677.08mm4 La sezione in studio è ottenibile idealmente per sottrazione di due
Ixc.2 - (l/12)(c4) - 67.500 mm4 IyG2 - Ixo2 = 67.500 mm4 rettangoli, il rettangolo "pieno" 1 (bxh) e il rettangolo "vuoto" 2 ((h-s)x(b-
II momento d'inerzia del cerchio (metà cerchio) rispetto ad un asse 2s)). L'asse y è asse di simmetria.
diametrale vale: Per la determinazione del baricentro globale si devono calcolare le aree e i
» 19.880 mm4 momenti statici. Questi si ottengono semplicemente moltiplicando le aree
DI momento d'inerzia del cerchio (metà cerchio) rispetto al suo baricentro parziali per le coordinate dei baricentri parziali.
vale: xgi^O mm yoi-h/2"»25 mra
Ixg3 = Ìp/8-8/9p){T*) " 5.539 mm4 XG2=0 mm yG2=(h-s)/2=22,5 mm
Pertanto i momenti d'inerzia delle tre figure 1, 2, 3 trasposti rispetto al Ai=hb=5.000 mm2 A2=(h-s)(b-2s)«4.050 mm2
baricentro G deUa figura globale sono: fA=Ai-A2=950 mm2
Ixg1 = ÌXGi+Ai-(yGi-yo)2 = 1.178.861 mm4 Iyc1 « Iyoi = 677.083 mm4 Sxt= Ai-vgi = 125.000 mm3 Syi= Aixoi=0 mm3
Ixg2 - IXG2+A2-(yG2-yG)2 ■* 455.468 mm4 Iyo2 = Iyca " 67.500 mm4 Sx2= A2 yc2=91.125 mm3 Sy2= A2 xg2 -0 mm3
Ixg3 - IxG3+A.3-(y G3-yo)2 = 189.173 mm4 Iyc3 « Iyo = 19.880 mm4 Sx= Sxi- Sx2=33.875 mm3 Sy= Syi- Sy2=0 mm3
Ixg= IxqMxgMxg3 » 533.615 mm4 xg= Sy/A^0 mm yo= Sx/A=35,7mm
Iyo - IyGMycP-Iyo3 - 589.703 mm4 Per il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento bariccntrico,
ai momenti d'inerzia locali delle figure parziali bisogna aggiungere il
Esercizio 2 relativo momento di trasporto.
La figura illustra la sezione di un profilato di alluminio ottenuto per IXGi=(l/12Mt>h3)=« 1.041.667 mm4
estrusione. Con riferimento ai dati assegnati, si chiede di determinare la Iyoi=(l/12){hb3)=4.166.667 mm4
posizione del baricentro G della sezione e i momenti d'inerzia rispetto agli IXG2=(l/12)({b-2s)(h-s) 3)=683.438 mm4
assi baricentrici (b-lOOmm, h=50mm, s=5mm). , IyG2=(l/ 12)((h-s)(b-2s)3)=2.733.750 mm4

( Ixo^IXGi+Ai-lyoi-ya)2* 1.609.620 mm4


IyGi=Iyoi+Ai-(xgi-xg)2=4. 166.667 mm4

Ixc= Ixg1-Ixo2=225.005 mm4


Iyo= Iyo^tyo?» 1.432.917 mm4

Esercizio 3
La figura mostra la sezione di una trave ottenuta saldando, in posizione
simmetrica rispetto all'asse verticale di simmetria della trave principale
(trave a doppio T), un profilato piatto a sezione rettangolare (dati: b = 60
mm, a ' 10 mm, h - 100 mm, B = 90 mm, p - 5 mm, H = 10 mm).
rii Si chiede di determinare la distanza (in verticale) del baricentro G della
figura complessiva dal baricentro G* dell'elemento principale (trave a
doppio T) e il-valore del momento di inerzia della figura complessiva
rispetto ad un asse orizzontale passante per G (b » 60 mm, a = 10 mm, h -
G, G2
100 mm, B = 90 mm, p - 5 mm, H = 10 mm).
(2)
Soluzione:
yGi=-(h-p)/2^47,5 mm yG2=(h-p)/2=47,5 mm
Soluzione:
yo4M(h+H)/2)=-55 mm
Ai=p-b=300 mm2 As=p-b=300 mm2 A3=(h-2p)a=900 mm2
308 3 - Geometrìa delle aree
§ 3.1 - Esercizi svolti 309

A4=BH=900 mm2
[La figura illustra la sezione di una trave ottenuta unendo per_saldatura
A=Ai+A2+A3+A4=2.400 mm2 du«T profilati piatti su uno scatolato. Con riferimento ai dati indicati di
seguito, si chiede di determinare i valori dei momenti di inerzia rispetto agli
assi baricentrici orizzontale e verticale (B = 240 mm, H - 200 mm, b - 120
ram, h = 20 mm, s = 10 mm). tv-

(3) G2 (2)j
(3)
{'.-
G3=G »

H c
.G
l>

(4)

A (l)|Ih
.G4 (4) H

Soluzione:
yGi=-(h+H)/2"-l 10 mm yc2=(h-p)/2=l 10 mm yo3=0 yo4=0 mm
Ai=B-h=4.800 mm2 A2= B h=4.800 mm2 A3=b-H=24.000 mm2
A4= (b-2s)(H-2s) =18.000 mm2
Sxi Ai yoi=-14.250 mm'
À=Ai +À2+A3-A4= 15.600mm2
A2-yG2= 14.250 mm^
Sxi= Ai yoi—528.000 mm3 Syi= Ai-xoi=0 mm
A3-yc3=0 mm3
Stó5» A2yo2=528.000 mm3 Sy2= A2-xg2=0 mm3
A4-yG4=-49.500 mm3
Sx3= A3yG3=0 mm3 Sy3= A3XO3=0
S«i+ Sx2+ Sx3+ Sx4= -49.500
SX4= A4-yo4=0 mm3 Sy4= A4#xg4=0 mm3
yo= Sx/A=-20,6 mm
Sx= Sxi+ Sx2+ Sx3-S»4= 0 mm3 Sy= Syl+ Sy2+ Sy3-Sy4= 0
IXGi =(l/12)(bp3)=625 mm4
xg= Sy/A-0 mm yc.= Sx/A=0 mm
Ixo2 (l/12)(bp3)=625 mm4
Ixciv(l/12)(Bh3)=160.000 mm4
Ixo3 (l/12) (a(h-2p) 3)=607.500 mm4
■ Iyoi-(1/ 12)(hB3)=23.040.000 mm4
Ixq4 (1/12)(BH3)=7.500 mm"
IXG2=(l/12)(Bh3)=160.000 mm4
Ixo' Ixai+Ai(yol-yo)2=217.305 mm4
IyG2=(l/12)(hB3)= 23.040.000 mm4
Ixc2 Ix32+Aa (yO2-yG)2=1.392.930 mm4
Ixo3=(l/12) (bH3)=80.000.000 mm4
IXG3 =IxG3+A3(yo3-yo)2-990.352 mm4
Iyc3=(l/12) (H b3)=28.800.000 mm4
lxc4 Ixc4+A4-(yc4-yG)2= 1.070.977 mm4
Ixg4=(1/ 12)((b-2s)(H-2s)3)=48.600.000 mm4
Ixo I'I2b.563 mm4
Iyo4=(l/ 12)({H-2s)(b-2s)3)=15.000.000 m4
Ixol=IxGi+Ai(yai-yc)2=58.240.000mm4
Esercizio 4 Iyr.1=Iyc5i+Ai (xci-xc)2=23.040.000 mm4
IXG2=IxG2+A2-(yc2-yc)2=58.240.000 mm4
310 3 - Geometria delle aree § 3.2 - Esercizi consigliati 311

Ixc= 4Ixoc +Ixcr= 26.711.32 lmm4


-xg)2=23.040.000 min*» IyG= 4-Iycc + Iyor= 22.147.749mm4
-yo)2=80.000.000 mm4
lyG3=IyG3+A3 (xc3-xg)2=28.800.000 mm4
IxG4=Ixm+A4-tyo4-yoÌ2=48.600.000 mm4 3.2 Esercizi consigliati
IyG4=IyG4+A4(xG4-xd)2=s 15.000.000 mm4 La seconda parte dell'esercitazione propone una serie di esercizi di
Ixo= Ixtji+bc&s+bcca-ixG^ 147.880.000 mm4 geometria delle aree dei quali sono forniti i risultati numerici.
Iyo- Iyc1+Iyoì+Iyc3-Iyci*=S9.880.000 mm4
Esercizio 1
Per la figura piana illustrata si chiede di calcolare la posizione del
Esercizio 5
baricentro G e di calcolare i momenti d'inerzia rispetto agli assi
La figura illustra la sezione di una trave ottenuta unendo per saldatura
baricentrici.
quattro cantonali a lati eguali UNI 5387 ad un profilato a sezione
rettangolare. Con riferimento ai dati indicati in figura, si chiede di
determinare i valori dei momenti di inerzia rispetto agli assi baricentrici
orizzontale e verticale [b=10mm, h=120mm; dati cantonale: e=5mm, a = 170 mm
d=l 1.6mm, ^= P b a 270 mm
r e = 430 mm
J h, = 600 mm
d » 110 mm
e » 250 mm
r
f = 280 mm
e &> 400 mm
r\ D foro=40 mm
b
a

\ ^ 1 d
e

L •75 f '
Ai g

Soluzione: Risultati:
xt>=194 mm
Ar- bh - 1200 mm2
yo-300 mm
1x0=715601 cm4
II baricentro della figura è noto per le evidenti condizioni di simmetria.
Iyo=318737cm4
IXGc=IxGc+Ac(yoc-yG)2= 6.317.830mm4
Iycc=Iyct+Ac(xoc-xo)2= 5.534.437mm4
b h3 - 1.440.000mm4 Esercizio 2
120.000mm4 Per la figura piana illustrata si chiede di calcolare la posizione del
baricentro G e di calcolare i momenti d'inerzia rispetto agli assi
baricentrici.

1
312 3 - Geometria delle aree
§ 3.2 - Esercizi consigliati 313

lan- 1551125 mm4


xq = 33.53 mm

Esercizio 4
Per la figura piana illustrata si chiede di calcolare la posizione del
baricentro G e di calcolare i momenti d'inerzia rispetto agli assi
baricentrici.

a=100 mm
b=400mm
c-lOOmm
h=400mm

a - 200 mm
(
J b " 250 mm
h = 400 mm
h D foro = 40 mm
Risultati: b
xo=*200 mm
yo=300 mm
Ixo=666667 cm4
Iyo=316667 cm*

Esercìzio 3 Risultati:
xo~100 mm
Data la figura e i seguenti dati, si chiede di calcolare U ( nn = asse di
yo=199mm
simmetria) e Xg ( G rappresenta il baricentro del profilato superiore) (dati:
H « 90 mmf s = 4 min, B = 80 mm, h - 40 mm). 1x0=106343 cm4
Iyo=26654 cm4

Esercizio 5
Determinare la distanza D alla quale bisogna disporre due profilati a C
UPN 240 affinchè la sezione complessiva abbia momenti d'inerzia uguali
rispetto agli assi*,, e y0 (/, =3599cm*, If -247cm*, ey =2.24cm » S = 42.3cm2).

Risultati:

Risultati:
314 § 3.2 - Esercizi consigliati 315
3 - Geometria delle aree

Esercizio 7
Calcolare il momento d'inerzia Ix rispetto all'asse x del rettangolo di
dimensioni bXh (b=15cm, h=30cm) in funzione della distanza a dall'asse

baricentrico xG e tracciare il diagramma Ix ~ Ix (a).

Risultati:

/Ja = -j=135OO(W

Esercizio 6
Calcolare i momenti d'inerzia rispetto agli assi baricentrici della sezione a
T illustrata in figura (H~120mm, h=13mm, B-120mm, b=13mm).

XG

Esercizio 8
Calcolare il momento d'inerzia Ir rispetto alla retta r (inclinata di OC
rispetto all'asse baricentrico xc)all'asse x del rettangolo dell'esercizio

precedente e tracciare il diagramma lr = Ir (of ).


Risultati:
Risultati:
fr = lxc = 33750 cmA /r(a=x/2( = /,„,;„ = /Pu = 84375c/n4
316 3 - Geometria delle aree § 3.2 - Esercizi consigliati 317

Xg

Esercizio 9
Calcolare il momento d'inerzia diametrale ld del tubo rappresentato in
figura (Re = 100non, R, = 86.68/ww). Calcolare il raggio RA dell'albero che ha
/ = 485.62 cmA
area AÀ di sezione uguale all'area AT del tubo. Calcolare il momento
d'inerzia diametrale ldt dell'albero e il rapporto ldf I Id> fra i momenti l'jh, =7-04
d'inerzia diametrali del tubo e dell'albero di ugual sezione. Calcolare il «/ = 8.12 cm

raggio RA' dell'albero avente momento diametrale d'inerzia Id ' uguale al AA' = 207.14 cm1
A4'/Ar = 2.65
momento diametrale Idf. Calcolare l'area della sezione dell'albero di raggio
h= b = 200 mm
R-a (avente Id^- Id) e il rapporto fra l'area dell'albero stesso e l'area del e= 15 mm
tubo A//AT. Calcolare lo spessore e del profilato a I che ha le stesse a = 9 mm

dimensioni d'ingombro del tubo h = b = 2 • Re e ha sezione di pari area A,. A, = 78.1 cm2
Calcolare i momenti d'inerzia /^, /^ del profilato e confrontarli con il Ixi = 5696 cm*
momento d'inerzia diametrale Id del tubo calcolando i rapporti Ix / Id e Iyi - 2003 ero4

w ' ' r /"//,, =1-64


ìyjldj =0.59
Risultati:
[Jf = 3420.3 ero4

AT=AA = 78.12 a
RA = 4.99 cm
Esercitazione 4

Diagrammi degli sforzi

4.1 Esercìzi svolti


La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul
calcolo dei diagrammi degli sforzi di strutture semplici.
Gli esercizi proposti, interamente svolti, sono presentati in ordine di
difficoltà crescente, partendo da strutture semplici e proseguendo con casi
più complessi.

Esercizio 1
Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della trave rappresentata in
figura (1 = 140 mm, a = 100 min), sollecitata da una forza concentrata
F- 150 N applicata lungo il tratto a sbalzo ad una distanza b= 30 mm
dalla cerniera B.

B F

Soluzione:

b| F

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera B.


320 4 - Diagrammi degli sforzi § 4,1 - Esercizi svolti 321

+Fb=0 VA=—
Va = 45 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale.


tVA+VB+F=0 Vb=-F-Va
T[N] T ©

Vb = -195 N

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale.


0

Sezione 1: 0<x<a

150

B C
M[Nm]

T[x)=VA=45N ©
M(x)=VAx ->JM(0)=O,

Sezione 2: a<x<a+b

4,5

Esercizio 2
Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della trave rappresentata in
figura, avente lunghezza 1 = 100 mm, sollecitata da una forza concentrata
F = 80 N applicata all'estremità libera della trave e da una coppia
concentrata C - 3000 Nmm applicata a una distanza a = 50 mm
dall'incastro.

Sezione 3: 0<x<(l-(a+b))
L'ultimo tratto è completamente scarico.

Di seguito sono riportati i diagrammi complessivi relativi allo sforzo di


taglio ed al momento flettente.
n diagramma di sforzo normale è nullo in ogni tratto della struttura.

Soluzione:
322 4 - Diagrammi degli sforzi § 4.1 - Esercizi svolti 323

T[N]

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno all'incastro A


IW,+C+F/=0 M*=-C-FI
80
MA=-llNm
Equazione di equilibrio alla traslazione ve rticale
T vA+F=o vA~-F
Va =-80 N M[Nm]
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale

Sezione 1: 0<x< a

vìr*t 11

W(x)=0
T\x]=VA=-WN Esercizio 3
Per la struttura in figura si chiede di calcolare le reazioni vincolari e i
M(x)=VAx-MA ->M(0)=-MA=UNm. M(a)=VAa-MA diagrammi degli sforzi (1=0.4 m, h=0.15 m, Fi-80 N, F2=120 N).

Sezione 2: 0<x'<(l - a)

->A/(0)=0,
324 4 - Diagrammi degli sforzi § 4.1 — Esercizi svolti 325

Sezione DB: 0<x'<l


F2

A B
N.B.: il tratto a sbalzo è completamente scarico per cui le tre
caratteristiche sono identicamente nulle.

VA VB
M^T.

Soluzione:
Equilibrio alla traslazione orizzontale:
-» OA=F2 =120N
Sezione DE: 0<x'<h
Equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera A:

Equilibrio alla traslazione verticale:

Sezione CA: 0<x<l

M
</

J * \N(x)=0
W(0)=0 /W(/)=32Nm I I II
, =80N
Sezione AD: l<x<31

C A

f S

4
M C

A/(/)=32Nm A/(3/)= 22,67 Nm

[#(*)=-0,=-! 20 N T[N]
A H-6 [) 11.6
326 4 - Diagrammi degli sforzi
§4.1-Esercizi svolti 327

Esercizio 4 Sezione DB: a/2<x<a


Per la trave illustrata in figura si chiede di calcolare le reazioni vincolari e i
diagrammi degli sforzi (a=0.8 m, b=0.3 m, q=80 N/m, C=100 Nm).

a mfa \M n
^ •> li/
t.. Aff-ì=53.2Nra A/{a)=IOOt
33N r(a) = 101N

Sezione tratto a sbalzo: 0<x'<b


Soluzione:

\w\\
D

t
= 100 Nm

VA

ni 133
Equilibrio alla traslazione orizzontale:
1 r~i ìoi
Equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera A:

^>-SL^v...*** =» " r T[N]


A D B
Equilibrio alla traslazione verticale:

Sezione AD: 0<x<a/2 M[Nm]

53,2

100 100

II diagramma di sforzo normale è nuUo in ogni tratto della struttura.


328 4 - Diagrammi degli sforzi
§ 4.1 - Esercizi svolti
329

Esercizio 5 Sezione AB: 0<x<I


Per la trave illustrata si chiede di calcolare le reazioni vincolari e i
diagrammi degli sforzi (1=2 m, a=0.8 m, b=0.6 m, P-1000 N).
À =200Nm
a/2 . a/2

1
n
B
D II KM

M T

Soluzione:
Equilibrio alla traslazione orizzontale:
-» O*=P-P~0N
Equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera
A:
Sezione BD: 0<x<a/2
-MA-P ^j

Equilibrio alla traslazione verticale


? VA-P=O

Sezione DC: 0<x'<a/2

X1

VA
330 4 - Diagrammi degli sforzi
5 4.2 - Esercizi consigliati 331

Sezione tratto a sbalzo: 0<x'<b/2


4.2 Esercizi consigliati
La seconda parte dell'esercitazione propone una serie di esercizi sul calcolo
dei diagrammi degli sforzi di strutture piane e spaziali dei quali sono forniti
i soli risultati numerici.

Esercizio 1
Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della trave illustrata in figura
(a=0.3 m, b=0.8 m, M=80 Nm).

Sezione tratto a sbalzo: 0<x<b/2

Risultati:

72.72 N

I I I I I I I lei | ITTTTI T
X P

-21.82 Nm
non

Mf
1000

1000
e 200

i
58,IH Nm

e

1 Esercizio 2
Si chiede di calcolare le caratteristiche di sollecitazione dell'albero
illustrato in figura sul quale è calettata una ruota dentata conica di raggio
U 200 medio r.
1000 A A
332 4 - Diagrammi degli sforzi §4.2- Esercizi consigliati 333

Esercizio 3
Dati:
Ft = 2000 N
Si chiede di calcolare i diagrammi degli sfora della trave a sbalzo
rappresentata in figura (1=0.5 m. L=1.2 m, q=50 N/m).
Fr - 600 N
Fa = 1000 N
r = 0,1 m
a = 0,4 m
b - 0,8 m ••

L *

Risultati:
Risultati:

LL N piano XY
35 N

116,67 N

I I I I lei I I I I T piano XY

483,33 N
-29,75 Nnt
-12.25 Nm
666.67 N
II II lei II T piano XZ

133333 N

Mf piano XZ
Esercizio 4
Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della struttura iUustrata in
figura (1=10 m, a=7 m, q=8000 N/m, C=600 Nm, P = 1000 N).

Mf piano XY
4 - Diagrammi degli sforzi §4.2- Esercizi consigliati 335
334

La figura mostra lo schema di una struttura a T ribaltato, caricata


uniformemente sulla parte orizzontale CD, e vincolata agli estremi A e B
della parte verticale.

r. B Con riferimento ai simboli riportati in figura ed ai valori numerici riportati

l
qui sotto, si chiede di calcolare le reazioni vincolari nei supporti e i
diagrammi degli sforzi.
Dati: q = 1.5 N/mm, L = 3000 min, s = 2000 min.

*> a
Risultati:

1000M
3000 Nm

1000 Nm

2000 Nm

N Mf

Esercizio 6
Esercizio 5
336 4 - Diagrammi degli sforzi §4.2- Esercizi consigliati 337

Con riferimento alla struttura indicata in figura e ai dati sotto indicati, Esercizio 7
calcolare le reazioni vincolai! sui supporti, tracciare t diagrammi delle tre Con riferimento alla struttura indicata in figura e ai dati sotto indicati,
caratteristiche di sollecitazione (sforzo normale, taglio» momento flettente), calcolare le reazioni vincolari sui supporti, tracciare i diagrammi delle tre
riportando anche i valori numerici corrispondenti ai punti ritenuti più caratteristiche di sollecitazione (sforzo normale, taglio, momento flettente),
significativi. riportando anche i valori numerici corrispondenti ai punti ritenuti più
significativi.
Dati: a - 1200 mm, b - 1800 mm, P = 10000 N, a = 60°.
Dati: s « 100 mm, L - 400 mm, h = 1000 mm, P - 1500 N.

Risultati:
Risultati:

IJOON

4000 Nm

Mf
Mf
338 4 - Diagrammi degli sforzi § 4.2 - Esercizi consigliati 339

Esercizio 8 Esercizio 9
In figura è illustrata schematicamente una sala montata ferroviaria, Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della trave illustrata in figura
costituita dall'assile ABCD e dalle due ruote collegate rigidamente all'assile (l=2.5m, q=l800Kg/m,F=600Kg).
mediante accoppiamento forzato. L'assile è caricato in A e D dalle due forze
eguali P scaricate dalle sospensioni sui fuselli di estremità dell'assile, e
riceve, mediante reazioni che potremo supporre in B e C, le forze scambiate
tra rotaie e ruote (componenti verticali P, nonché componenti orizzontali H,
ITITI q iF
orientate come indicato nello schema, a causa della conicità dei cerehioni
delle ruote).
Si chiede di tracciare i diagrammi delle caratteristiche di tensione
dell'assile. 1 I 1
Dati: AB=CD=a=250mm, P=5kN, r=450mm, H=0.25kN.
Risultati:

7 29062

\
■t fi *~
i \j 1 II 1 1 T = -20969\'

II "

r
1'

52422/Vm

.i/^, -9657OMn

Risultati:
Esercizio 10
Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi del portale illustrato in figura
{l=3m, F=500Kg).

2F
340 4 - Diagrammi degli sfora § 4.2 - Esercizi consigliati 341

Soluzione:

T=-F T=F

T=F

Esercizio 11
Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi del portale illustrato in figura
(l=3m, F=1000Kg).
Esercizio 12
Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della struttura schematizzata
in figura (h=3m, L=1.5m, b=lm, F=5t) (asta inclinata di un angolo a =45").

Soluzione:
342 4 -" Diagrammi degli sforzi

Soluzione:

] 041)5 t:V

Esercitazione 5

Tensioni e deformazioni nelle travi

4W150.V ■19050*
5.2 Esercizi svolti
! il 1 i
La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul
calcolo delle tensioni e delle deformazioni nelle travi.

:V T Esercizio 1
Data una trave di sezione rettangolare (b=60 inni, h^lOO mm), incastrata
ad un estremo e soggetta ad uno sforzo normale di compressione N - -
60.000 N all'altro estremo, si chiede di calcolare la tensione normale.

71.S7S.V
il
■ D

Soluzione:
a (di compressione) è uguale in ogni punto di
N
ciascuna de Ile sezioni della trave rr

A=bh=6.000mm2
=>a =-10 MPa
344 5 - Tensioni e deformazioni nelle travi § 5.1 - Esercìzi svolti 345

Esercizio 2 Soluzione:

Si chiede di calcolare la tensione normale in una una trave di sezione


circolare (d=60 mm) incastrata ad un estremo e soggetta ad uno sforzo
normale N - 50.000 N all'altro estremo.

=>tf.«..

(r* = ~20mm,y' =-30mm)s»cr* -y -llMPa

Tutti i punti che distano 30 ram dall'asse z hanno la stessa tensione


[a = 72 MPa).

Soluzione: ^xmin = —
N
<^ (di trazione) è uguale in ogni punto di ciascuna
delle sezioni della trave La tensione massima Sxmax può anche essere calcolata con riferimento al
. 7€-d2 modulo di resistenza a flessione uy della trave di sezione rettangolare:
2.827 mm'
,
1f
= —
6

Esercizio 4
SÌ ripeta l'esercizio 3 considerando la sola presenza di un momento
Esercizio 3
flettente Uz = 12.000 Nm.
Data la trave di sezione rettangolare dell'esercizio 1, soggetta ad un
momento flettente Mz=-12.000 Nra, si chiede di calcolare le tensioni
minima e massima; di calcolare la tensione nel punto di coordinate z = -20
mm, y = -30 mm e di tracciare l'andamento delle tensioni lungo la sezione.

B A z (entrante)

i z

Soluzione:
C D
II momento M* dato tende le fibre longitudinali del semipiano y > 0 => fibre
y
tese (segno +).
346 5 - Tensioni e deformazioni nelle travi § 5.1 - Esercizi svolti 347

Esercizio 6
Data la sezione rettangolare rappresentata in fìgura (b=40 mm, h=80 mm),
si chiede di calcolare, in corrispondenza dei quattro spigoli della sezione
stessa, le tensioni dovute alla presenza contemporanea dei momenti
flettenti Mk » 10.000 Nm, ^ = 4.000 Nm e di uno sforzo normale N -
64.000 N.
Nota: si assumono positivi i momenti che pongono in trazione le fibre dei
semipiani aventi assi z ed y positivi.

B A
(z* = -20mm, y' = -ÌOmm)=xr * - a,{y = y')= —■*■■ / = -200MPa

Tutti i punti che distano -30 mm dall'asse z hanno la stessa tensione (CT> =
n h

1
- 200 MRa semipiano delle fibre compresse).

Esercizio 5
Data la trave di sezione circolare dell'esercizio 2, soggetta ad un momento D
flettente Mz= 10.000 Nm, si chiede di calcolare le tensioni minima e b
massima.
y
Soluzione:
La tensione ^ in corrispondenza dei quattro punti di interesse (A (-40,20),
B(-40,-20), C(40,-20), D(40,20)) si calcola applicando il principio di
sovrapposizione degli effetti tramite la formula seguente:
Mr

Caratteristiche geometriche:

r 12
Soluzione:

' 12"
Tensioni a :

Il momento Uz dato tende le fibre longitudinali del semipiano y < 0 => fibre A) o-x=(20-234 + 187)MPa=-27MPa
compresse (segno -).
B) <7, =(20-234 -187) MPa =-401 MPa

; 64 C) ffI =(20 + 234 -187) MPa =67MPa


D) at = (20 +234 +187) MPa =441 MPa

Esercizio 7
349
§ 5.1 - Esercizi svolti
348 5 - Tensioni e deformazioni nelle travi

Si chiede di calcolare la tensione massima e minima in una trave a sezione T: -T,-K,


circolare (d*=50 mm) soggetta ai momenti flettenti Nt «» 5.000 Nm e My =
3.000 Nm.

Soluzione: Gli andamenti deUo sforzo di taglio e del momento flettente sono illustrati
In presenza di una trave a sezione circolare conviene calcolare il momento
nella figura di seguito riportata.
flettente complessivo agente sulla sezione stessa.

M = jM]+M\ =5.831 Afct


Poiché vengono richiesti i valori della tensione massima e minima e non la
corrispondente collocazione, è sufficiente dividere il momento complessivo
per il modulo di resistenza a flessione w/ della sezione.
momento flettente

Equazione differenziale della linea elastica:


«r^, =—« -475MPa
wt
Assumendo i momenti dati orientati in modo da portare in trazione le fibre infegrando^na prima volta l'equazione si ottiene la funzione che descrive
nei semipiani positivi relativi agli assi z ed y, si può osservare che il punto
la rotazione a W:
che presenta tensioni maggiori si trovi è posizionato in corrispondenza del
primo quadrante (individuato dalle coordinate y e z positive). - [f&Zìldx _ftr Fx* iC,
Integrando una s«on^ volta si ottiene lo spostamento verticale **»:
Esercizio 8
Per la trave a mensola illustrata in figura, si chiede di determinare
l'andamento della linea elastica.
Dati: 1 = 200 mm, F = 1500 N, U = 0,8 IO5 mm4, E = 2,06-IO5 N/mm2. al contorno (incastro): per x=0 sono nulli lo spostamento ,
la rotazione (<x*(0)=0).

"t
Sostituendo:
a(0)^IU—^-oJ+c, = o =» C.-0
Elt 1EI.

u'fu£ioni6£che descrivono spostamento e rotazione sono quindi 1<


seguenti:

Soluzione: Ftx Fx7


Reazioni vincolari:
Flr t Fx>
->: OA =0

iVcorrSpondenza dell'estremità libera B (~Q della trave, la rotazion


assume il seguente valore:
Caratteristiche della sollecitazione: 0<x<l
„;=*.(/)=J-/-^<'=Mr=l-810-3rad
«9^*»
350 5 - Tensioni e deformazioni nelle travi
§ 5.1 — Esercizi svolti 351

e la freccia vale:
tangenziale in corrispondenza della circonferenza avente diametro pari a
• ,* FI .1 55 mm.
■ 0.24 ntm
6EI. ÌEI.

Esercizio 9
Data una sezione circolare piena (d = 70 min) soggetta a un momento
torcente Mx - 5000 Nm si chiede di calcolare il valore della tensione
tangenziale massima ed il valore della tensione tangenziale sulla
circonferenza di diametro 55 mm.

Soluzione:
II valore della tensione tangenziale massima vale:

dove:

Soluzione:
La distribuzione delle tensioni tangenziali è di tipo lineare con le tensioni
orientate in verso concorde al momento torcente applicato. La tensione tangenziale per r* = 27,5 mm vale:

rr
X-—-r
1,
II momento di inerzia polare Ip vale:
Esercizio 11
Data una sezione rettangolare (b=40 mm, h=12 mm) sottoposta a taglio
nella direzione del lato maggiore (Tz -1,3*10^, si chiede di calcolare le
II valore della tensione tangenziale massima si ha in corrispondenza del tensioni tangenziali massime e minime.
raggio esterno (r=R =d/2):

Tma = *LR = 74MPa


La tensione tangenziale in corrispondenza della circonferenza di diametro
55 mm (r=r* = 27,5 mm) vale:

VEsercizio 10 Soluzione:
' \pata una trave a sezione circolare cava (D = 70 mm ed- 50mm) e Si assume che le tensioni tangenziali cercate siano orientate
soggetta ad un momento torcente Mt ~ 5000 Nm, si chiede di calcolare il parallelamente allo sforzo di taglio T*; esse vengono indicate con t^ ed
valore della tensione tangenziale massima ed il valore della tensione
352 5 - Tensioni e deformazioni nelle travi
§ S.2 - Esercizi consigliati 353

hanno un distribuzione uniforme lungo l'altezza h della sezione e variano


invece, lungo la direzione z: Si assume che le tensioni tangenziali cercate siano orientate
parallelamente allo sforzo di taglio Ty; esse vengono indicate con t^ed
hanno un distribuzione uniforme lungo la larghezza b della sezione e
t r S
variano, invece, lungo la direzione y:
" - My '

dove Sy è il momento statico della sezione rispetto all'asse y.


L'andamento delle tensioni t^ in funzione di un generica coordinata z è
dove Szè il momento statico della sezione rispetto all'asse z.
rappresentato dalla seguente funzione parabolica-
L'andamento delle tensioni t^ in funzione di un generica coordinata y è
rappresentato dalla seguente funzione parabolica:

Tale funzione si annulla per z=b/2, ovvero in corrispondenza degli spigoli


della sezione, ed assume il valore massimo per z=0; pertanto la tensione Tale funzione si annulla, per y=h/2, ovvero in corrispondenza degli spigoli
tangenziale massima t^^p^ vale:
della sezione, ed assume il valore massimo per y=0; pertanto la tensione
tangenziale massima txyMAX vale:
2nb
37;
= 25MPa
Ihb
\ Esercizio 12
A Data una sezione rettangolare (b=15 mmf h=60 mm) sottoposta a taglio
^nella direzione del lato maggiore (T,-1,5-1O*N), si chiede di calcolare le
tensioni tangenziali massime e minime.
5.2 Esercizi consigliati
La seconda parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi
sul calcolo delle tensioni e delle deformazioni in strutture reali dei quali
sono forniti i risultati numerici.

Esercizio 1
L'asta di acciaio illustrata in figura ha lunghezza L e sezione quadrata di
lato a. Si chiede di calcolare la tensione O"x e la corrispondente
deformazione £x (a=60 mm, L=500 mm, F-18000 N).

Risultati:

ax=SMPa e, =2.38-10-*

Soluzione: Esercizio 2
5 - Tensioni e deformazioni nelle travi § 5.2 - Esercizi consigliati 355
354

L'asta di acciaio illustrata in figura ha sezione circolare di raggio r. Si Risultati:


chiede di calcolare la massima tensione (Tx e l'allungamento massimo
A/ dell'intera asta (r=25 min, 1^=400 mm, L2=800 mm, Q-30000 N,

P=10000 N).
Esercizio 5
Trovare la legge di variazione degli sforzi normali N, delle tensioni 0" e degli
P
spostamenti u nella trave di acciaio illustrata in figura (F=50fciV,
A=375mm2, L=300 mm] (tratto 1 - sezione A, tratto 2 - sezione 2A).
Li L2 Li

Risultati:
a =\S3MPa AI _, ss 0.097 mm

Esercizio 3
Calcolare la massima tensione tangenziale Tr dell'albero in ingresso al
cambio di un veicolo industriale (diametro D - 55 mm, coppia trasmessa
C = 620 Nm). Risultati:
N=5OkN
Risultati: ^ = 1331^1/mia
Wl=0.19ram ai=0.095mm

Esercizio 4
Esercizio 6
Si chiede di calcolare l'andamento delle tensioni tangenziali t™ e il valore
Un tinario ferroviario di acciaio (a=ll,7xlO-e *Ci) è stato posato ad una
della tensione tangenziale massima t^yUAX nella sezione a I illustrata in temperatura pari a 6"C.
figura per un valore dello sforzo di taglio Ty = 20000N (H - 240 mm, B = Determinare la tensione agente nei binari quando la temperatura
raggiunge i 48 °C, ipotizzando che le rotaie siano formate da tratti lunghi
120 mm, b = 60 mm, s - 20 mm, vq= 102.63 mm, Ixq= 54720702 mm4).
10 m.

Risultati:
a --103 N/mm1

Esercizio 7
In figura è rappresentata una trave su due appoggi (acciaio, sezione
quadrata di lato h) caricata dalla forza P (P = 500JV, 1 = 1.5m, a - 0.6m, h =
0.1m,q = 0.765 N/mm).
Si richiede di calcolare:
- i diagrammi di taglio e di momento flettente; :
356 5 - Tensioni e deformazioni nelle travi S.2 - Esercizi consigliati 357

- l'andamento delle tensioni ox in alcune sezioni al variare della La barra di torsione piena BC illustrata in figura (lunga 1 - 500 mm) ha
coordinata longitudinale della trave tenendo conto sia del carico P, sia braccio b (b = 350 mm) e carico P (P - 450 N). La freccia del punto A di
del peso proprio della trave; applicazione del carico non deve superare un valore pari a 25 mm. Si
- la tensione di flessione massima a chiede di valutare il diametro D della barra per due diversi materiali,
avendo trascurato il peso proprio della barra stessa:
la freccia massima tenendo conto sia del carico P, sia del peso proprio
q della trave. a) acciaio tm= 105 MPa, G = 78 Gpa;
b) alluminio rum = 70 MPa, G = 27 Gpa.

Risultati:

= 0.048mm f, = ZZlNImm1

Esercizio 8
Per l'albero pieno di acciaio (G - 77 GPa) illustrato in figura, avente
diametro D - 30 min, si chiede di calcolare la deformazione angolare. Si Risultati:
chiede inoltre di calcolare la deformazione angolare per un albero simile, D acciaio - 20 mm
avente però sezione cava {D « 32 mm, d = 22 mm). D alluminio - 26 mm

Mt
Esercizio 10
Si chiede di calcolare le tensioni s ed i corrispondenti allungamenti (o
accorciamenti) e nelle due aste di acciaio (sezione quadrata di lato
Mt « 260 Nm a=20mm) (P = 800tf, l=1.8m, h=0.8m).

Risultati:

Ypiena =0.00063 7^=0.00068

Esercizio 9
Risultati:
§ 5,2 - Esercizi consigliati 359
35S 5 - Tensioni e deformazioni nelle travi

GAB = 4.5 N/mm 2 A/^ - 0,039 mm

CTq, =-4.9 N/mm2 A/o = -0.046 mm

Esercizio 11
Per la struttura illustrata si chiede di calcolare la massima tensione di
flessione lungo la trave AD (sezione quadrata di lato a=50mm). Si chiede Ffc.b
inoltre di valutare l'accorciamento dell'asta CB (sezione quadrata di lato
b=40m/n) (Dati: P=800tf , q=1007V/m, l=0.8m, h=0.5m, L=1.5m
Risultati:
E-210000 MPa).
Figura a).

Risultati:

<T__ = 28 N/mm 2 - -0.009 mm

Esercizio 12
Determinare il modo migliore di sistemare una trave a sezione quadrata in
flessione scegliendo tra le due possibilità seguenti: il piano del momento è
parallelo ai lati del quadrato (Fig. a) oppure {Fig. b) esso contiene la sua
diagonale.
Esercitazione 6

Tensioni principali ed equivalenti

6.1 Esercizi svolti


La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul
calcolo delle tensioni principali e delle tensioni ideali equivalenti di
strutture semplici. Per alcuni degli esempi proposti è inoltre richiesta la
rappresentazione grafica relativa ai cerchi di Mohr.

Esercizio 1
Dato il tensore delle tensioni:

100 30 0

30 -150 0 MPa

0 0

si chiede di determinare le tensioni principali e di calcolare il valore della


tensione principale massima.

Soluzione:

Essendo nulle le tensioni tangenziali TB e , la direzione z è principale e

pertanto la tensione Gt è principale.


Le altre due tensioni principali si ottengono dalla relazione:

La tensione principale massima vale


362 6 - Tensioni principali ed equivalenti § 6.1 - Esercizi svolti 363

Esercizio 2 Soluzione:
Dato lo stato di tensione Ox» 120 MPa, oy = 20 MPa, Txy=100MPa, Essendo nulle t» e yz, la direzione z è principale e la tensione o* è
t« = v =• 0 MPa e Oz = 30 MPa, tracciare i cerchi di Mohr e determinare la principale. Le altre due tensioni principali si ricavano
tensione principale minima. Dalle relazioni seguenti:

Soluzione <r( = c + r = ■}f = 395 MPa


Lo stato di tensione assegnato, scritto sotto forma di tensore delle tensioni,
vale:
O", + cr
120 100 :% =125.5 MPa
0 o-2 = c-r = --

100 20 0
(7, =395 MPa
0 0 30
<72=125.5MPa

Essendo nulle le tensioni tangenziali t» e iyz, la direzione z è principale e Gi=Ot =40 MPa
la tensione Oz è principale.
Le altre due tensioni principali si ricavano tracciando il cerchio di Mohr Esercizio 4
che passa per i punti (20, 100) e (120, -100); le intersezioni tra questo Un materiale è sollecitato dalla tensione o* - 250 MPa, Oy«150MPa,
semicerchio e l'asse delle ascisse sono le tensioni principali. •^y = 80 MPa, Oz = 500 MPa, i« = ijz = 0 MPa. Calcolare le tensioni
principali e disegnare i cerchi di Mohr.

Soluzione:
Lo stato di tensione assegnato, scritto sotto forma di tensore delle tensioni

250 80 0
80 150 0 MPa

0 0 500

Essendo nulle Xn e Tyz, la direzione z è principale e la tensione Oz è


principale. Le altre due tensioni principali si ricavano analiticamente
La tensione principale minima vale: oppure tracciando il cerchio di Mohr che passa per i punti (250,80) e (150,-
80); le intersezioni tra questo cerchio e l'asse delle ascisse sono le tensioni
70-112 =-42MPa principali cercate.
Le tensioni principali valgono:

a,
Esercizio 3 <t = c +r = 200+ 94 =294 MPa

Dato il tensore delle tensioni:

170 100 0 : 106 MPa


100 350 0 MPa
0 0 40 Riordinando si ha:

si chiede di determinare le tre tensioni principali. o*, =o\ =500 MPa


364 6 - Tensioni principali ed equivalenti
§ 6.1 - Esercizi svolti 365

2 =<xfl =294MPa Riordinando si ha:


, =cr6 =106MPa
a| = afl = 342 MPa
<T2=at =108 MPa
<7j =<rA =19 MPa

X.r-80 X.P150 (240,150)

[MPa]
Esercizio 5
Dato il tensore della tensione o\ « 120 MPa, o> » 240 MPa, o^ = 108 MPa,
i*y = 50 MPa e i« = Tyz = 0, si chiede di determinare le tensioni principali e Esercizio 6
di disegnare i cerchi di Mohr.
Sia data una barra a sezione circolare piena di diametro D = 40 mm. La
Soluzione: barra è sollecitata da uno sforzo normale Nx. » 3-IO4 N, da un momento
flettente Me = 500 Nm e da un momento torcente Me - 850 Nm costanti
Lo stato di tensione assegnato, scritto sotto forma di tensore delle tensioni
lungo Tasse, Si chiede di determinare le tensioni principali nel punto più
sollecitato della barra.
k „ O T120 -150 01
jy tJ= -150 240 0 MPa
| n crj [ 0 0 ÌOSJ
Essendo t« = v = 0, la direzione z è principale e la tensione <& è
principale. Le altre due tensioni principali si ricavano tracciando il cerchio
di Mohr per i punti (120, 150) e (240, -150); le intersezioni tra questo
cerchio e Tasse delle ascisse sono le tensioni principali cercate.
Le tensioni principali valgono:

Soluzione:
II punto più sollecitato è il bordo estemo sul quale si hanno le tensioni
massime.

v\ff 4 32 16
366 6 - Tensioni prinàpali ed equivalenti § 6.1 - Esercizi svolti 367

Vediamo il tensore delle tensioni:

104 0 68

0 0 0 MPa

t a 68 0 0

Si nota subito che Tasse y è principale e pertanto anche la corrispondente


tensione normale è principale.

Le tensioni principali valgono:

cr, =c+r 137MPo

■33.4 MPa

51 MPa

Esercizio 7
Sia data una barra a sezione circolare piena di diametro D - 40 mm. Come Esercizio 8
sistema di riferimento si assumano gli assi y e z giacenti nel piano della Una barra quadrata a sezione cava di lato a = 40 mm e spessore s = 4 mm
sezione retta della barra e l'asse x coincidente con l'asse della barra. La è soggetta a una forza di trazione N » 6-104 N e a un momento flettente
barra è sollecitata contemporaneamente da uno sforzo normale massimo Mr= 6-105 Nmm. Tracciare i cerchi di Mohr e determinare le
Nx - 5-IO4 N e da un momento torcente M* =» 850 Nm. Tracciare i cerchi di tensioni principali nel punto più sollecitato della barra.
Mohr e determinare le tensioni principali sul punto più sollecitato della
barra. Soluzione:

trazione : A- —=104 MPa


Soluzione: A
La parte più sollecitata della barra è la superficie esterna; si può prendere
come riferimento il punto avente t^« tmax (al centro della barra txz = 0) nei /™ = ^ = % MPa
quale si calcolano tutte le tensioni:
200 MPa, T =0

oN= — = 40MPa e T=^-= con A = —e


A. W| lo

Lo stato di tensione assegnato» scritto sotto forma di tensore delle tensioni, x[MPa]
vale:

<J[MPa]
Si possono quindi costruire i tre cerchi di Mohr relativi al punto
considerato:
368 6 - Tensioni principali ed equivalenti
§ 6.1 - Esercizi svolti
369

-, = 2O0MPa

Esercizio 9
Un punto sulla, periferia della sezione di un albero di trasmissione è
sollecitato dalla sola componente di tensione ^ = 180 MPa dovuta alla ^Xrù

presenza di un momento torcente. Per quel punto si chiede di calcolare le


tensioni principali. or [MPa]

Soluzione:
Nel punto assegnato il tensore è:
MPa

Le tre tensioni principali sono quindi:


^ = (7. =396 MPa

La direzione y è principale e la corrispondente tensione oj, è principale (?2 — 0y — 0 MPa


Le tensioni principali, già ordinate, valgono:
<r3 =ab =-36 MPa

Per il calcolo del coefficiente di sicurezza CS è necessario adottare


er2 =0 ì^/il0 • i 7r rottura> ,fd esempio l'ipotesi della massima tensione
tangenziale (Tresca), sulla base della quale calcolare la corrispondente
tensione ideale equivalente oe :

ff, = a, - a, = 396 -(- 36) = 432 MPa


Esercizio 10
II coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento vale quindi:
Un punto di un componente in acciaio 41Cr4 bonificato (Rpo,2 - 800 MPa
Rm -1000+1200 MPa) è soggetto allo stato di tensione:
Se, invece, si adotta l'ipotesi della massima energia di distorsione (Von
Mises), la tensione ideale equivalente vale:

[120 0 360J c-> =^2"vfa ~a' y +(ff> ~ai)% +K -a>Y =415 MPa
Valutare il coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento. In questo caso il coefficiente di sicurezza vale :
^ ««oì 800
Soluzione:
Dato che xxy = tyz » 0, la direzione y è principale e la tensione ov è
■S -
principale; le altre due tensioni principali si calcolano costruendo il cerchio
di Mohr. Esercizio 11
Una barra in acciaio è sollecitata da una tensione normale di trazione
off = 400 MPa. Tracciare i cerchi di Mohr, determinare le tensioni principali
e calcolare la minima tensione di snervamento del materiale per garantire
un coefficiente di sicurezza almeno pari a 2.
370 6 - Tensioni principali ed equivalenti § 6.1-Esercizi svolti 371

Soluzione:
La barra è sottoposta alla sola trazione per cui lo stato di tensione
corrispondente è uniassiale.

a [MPa]

funzione del modulo di resistenza a flessione come segue:

=400 MPa

2Wf

In questo caso particolare i valori della tensione equivalente forniti da


Uguagliando la tensione equivalente Ocq alla tensione ammissibile oWi nel
ambedue le ipotesi di rottura di Tresca e di Von Mises coincidono.
materiale (corrispondente al carico di rottura 1^ diviso per il coefficiente
Per avere un coefficiente di sicurezza CS S 2 la tensione di snervamento
deve almeno essere pari a: di sicurezza CS=1,5), sì può ottenere il modulo di resistenza a flessione
incognito Wf dal quale è immediato ricavare il diametro minimo della barra:
R filt7am = 800 MPa

Esercizio 12
Una barra in ghisa G300 (Rm » 300 MPa) a sezione circolare piena è
soggetta a un momento flettente hk - 500 Nm ed a un momento torcente =*rf:

Mt = 150 Nm. Si calcoli il diametro della barra affinchè il coefficiente di


sicurezza rispetto a rottura sia CS = 1,5.
Esercizio 13
Soluzione: Calcolare il massimo momento torcente sopportabile, con coefficiente di
Essendo la ghisa un materiale fragile, per il calcolo della tensione sicurezza CS = 3, da una barra di diametro D » 40 mm realizzata in
equivalente è opportuno utilizzare l'ipotesi di rottura della massima materiale fragile con tensione limite di rottura Rm = 190 N/mm2.
tensione normale (Galileo), cioè <rcq = ov
Nel caso d trave a sezione circolare si può osservare che il modulo di Soluzione:
resistenza a torsione wt è doppio rispetto al corrispondente modulo di
resistenza a flessione w/(wt~ 2wfì.
Possiamo allora scrivere l'espressione della tensione ideale equivalente in

a [MPa]
—►
372 6 - Tensioni principali ed equivalenti § 6.2 - Esercizi consigliati 373

Per materiale fragile si utilizza ancora l'ipotesi di rottura di Galileo: sicurezza dell'albero utilizzando l'ipotesi di Tresca [d « 35mm, Mt -
250.000 Nm, F - 50000 N, carico unitario di rottura ghisa G25 = 250 MPa).
Co Risultati: ^ /
, = 795.870 N -mm x. =0MPa

■ 29.7MPa

6.2 Esercizi consigliati


La seconda parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi Coefficiente di sicurezza = 3.2
sul calcolo dei coefficienti di sicurezza in strutture reali semplici.
Esercizio 4

Esercizio 1 Un albero a sezione circolare di diametro d è sollecitato da un momento


Calcolare il massimo momento torcente sopportabile, con coefficiente di flettente Mf e da un momento torcente Mt (costanti lungo l'albero). Si chiede
di calcolare le tensioni principali e di rappresentare i cerchi di Mohr
sicurezza 3, da una barra di diametro D = 40 mm realizzata in materiale
fragile con tensione limite di rottura Rm - 190 N/ram2. corrispondenti al punto più sollecitato (d= 40mm, Mt= 600000 Nmm, Mf-
Risultati: 900000 Nmm).
Risultati:
M, 795.87 Nmm
157.7MPa
■ -U.SMPa
Esercizio 2
Si chiede di determinare lo stato di tensione nei punti A e B della trave Esercizio 5
illustrata in figura soggetta a trazione (per effetto della forza P) e a torsione Un chiodo di ferro (con diametro pari a 24 mm) messo in opera a caldo è
{per effetto del momento torcente Mt).
soggetto ad uno sforzo di taglio T - Pi = 30000 N e ad uno sforzo normale
di trazione N ° P2 = 40000 N. Si chiede di calcolare le tensioni principali e
le loro direzioni e di calcolare la tensione equivalente utilizzando l'ipotesi di
Tresca.

A pi

Risultati:
Punto A: a« e T«y

I
Punto B: o«
PI
Esercizio 3
Un albero in ghisa G25 avente sezione circolare piena con diametro d è Risultati:
soggetto ad un momento torcente Mt e ad una forza normale di trazione F <r, =l23.9MPa
(costanti lungo l'albero). Si chiecje di disegnare i cerchi di Mohr relativi ai
punti A, B, C rispettivamente collocati radialmente al centrò, a metà e
o- = \59AMPa
all'esterno dell'albero. Si chiede inoltre di calcolare il coefficiente di
374 6 - Tensioni principali ed equivalenti § 6.2 - Esercizi consigliati 375

Esercizio 6
Si chiede di determinare il coefficiente di sicurezza della trave in ghisa GÌ5
78.1A£Pa
rappresentata in figura (a = 30 min, 1 = 300 min, P = 450 N, carico
unitario di rottura ghisa GÌ5 » 150 MPa).

42.2MPa

rc=42.2MPa

Esercizio 8
Per la sezione della barra illustrata in figura (D = 50 mm, d = 40 mm) sono
noti i valori delle caratteristiche di sollecitazione [N= 40000, Mz = 200 Nm,
Mx = 250 Nm). Si chiede di calcolare il valore delle tensioni normali a e
tangenziali t nei punti A, B, C, D e delle tensioni equivalenti negli stessi
punti.
Risultati:
Coefficiente di sicurezza = 2,65

Esercizio 7
Per la sezione della trave illustrata in figura (7i = 160 min, b - 100 mm)
sono noti i valori delle caratteristiche di sollecitazione (T = 600000 N, JV -
500000 N, Mz = - 40000 Nm). Si chiede di calcolare il valore delle tensioni
normali Ox e tangenziali T«y nei punti: A{y=+h/2), B(y=+h/4), G{y=O), C(y=-
h/4), Dfcr-h/2).

Risultati:

<JC = 57 MPa

an =57MPa

atqB=45MPa
Risultati:
Bibliografia

[1] ASTM E 466-72 Standard practicc for conducting costant amplitude


axial fatigue test of metaliic materiate.
[2] UNI 3964 Prove meccaniche dei materiali metallici. Prove di fatica a
temperatura ambiente. Principi generali.
[3] UNI 7670 Meccanismi per apparecchi di sollevamento, istruzioni per
il calcolo.
[4] Peterson R E, Stress concentration design factors - Charts and
relations useful in making strength calculations for machine parte
and structural elements, Chapman & Hall LTD, London, 1974.
[5] Fuchs S., Metal Fatigue in engineering, New York, John Wiley &
Sons, 1980.
[6] Rossetto M., Introduzione alla fatica dei materiali e dei componenti
meccanici, Torino, Levrotto & Bella, 2000.
[7] Giovannozzi R., "Costruzione di macchine", Voi. I, Ed. Patron,
Bologna, 1965.
[8| Timoshenko, "Scienza delle Costruzioni", Casa Editrice Viglongo,
Torino, 1989.
[9] Algostino F, Faraggiana G, Sassi Perino A, "Scienza delle
Costruzioni'*, Ed. Utet, 2005.

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