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I grandi pericoli della “società del rischio” e la

risposta del diritto penale moderno


avv. Angelo Merlin - a.merlin@sinthema.it


Verona, 21 aprile 2011



La crescita e la “complessità” delle fenomenologie dannose

•  Il concetto di rischio può dirsi ormai al centro della società contemporanea: nella fase
della modernità si assiste alla sua intensificazione, sia oggettiva (nel senso di una
maggiore presenza di rischi connessi al modo di produrre e di vivere contemporanei),
che soggettiva (nel senso di una più acuta percezione dei rischi stessi)

•  Il rischio del danno all’esposizione a sostanze chimiche, può assumere una
incontrollabile capacità di proliferazione, che rende così estremamente gravoso il suo
contenimento e la riconoscibilità delle vittime

•  In questa cornice, la domanda di tutela penale trova senz’altro una sua astratta
legittimazione, non fosse altro per il fatto che il carattere diffusivo del danno mette a
repentaglio non solo l’incolumità individuale ma il bene collettivo della incolumità
e della salute pubblica, certamente non eludibile dall’ordinamento giuridico-penale

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Leading case

1.  Il caso “Benoliel” in Francia: insufficienti informazioni sulla composizione di un


insetticida, sulle modalità di impiego e sui rischi connessi all’uso, hanno avuto
conseguenze dannose molto gravi nel confronti dell’utilizzatore del prodotto.

2.  Il caso “Asbestospray” a Torino: utilizzo, in ambito lavorativo, dell’applicazione a


spruzzo di un prodotto contenente amianto-amosite, senza che il datore di lavoro
adottasse tutte quelle misure cautelari necessarie a tutelare i lavoratori, atteso che
erano già noti in letteratura scientifica gli effetti altamente nocivi dell’esposizione ad
amianto.

3.  Il caso “CVM e PVC” a Porto Marghera: esposizione per diversi anni, dei lavoratori
del Petrolchimico ad alcune sostanze tossiche per l’uomo che, a giudizio dell’Accusa,
aveva provocato una serie di tumori.

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Dalla prevenzione alla precauzione

•  Il problema della legittimazione del diritto penale nei contesti rischiosi si intreccia con
quello dei rapporti tra diritto penale e principio di precauzione, sempre più
frequentemente richiamato allorquando si tratti di accertare responsabilità di soggetti
qualificati per i danni verificatisi nello svolgimento di attività socialmente utili

•  Proprio nei contesti di incertezza scientifica e tecnologica sulle attitudini lesive dell’uso
di una determinata sostanza, si impone di predisporre una adeguata tutela della collettività

•  La regola precauzionale non indica al soggetto agente la condotta da tenere ma impone


un dovere di approfondimento scientifico, di monitoraggio ed, eventualmente, di
segnalazione al pubblico o agli organi di controllo.

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Dilatazione del contenuto della regola di comportamento alla prevenzione di
eventi non ancora prevedibili

Cass.pen., Sez. 4, n. 5117/08, Biasotti e altri, Rv. 23877


In tema di colpa, la prevedibilità dell’evento può riconnettersi anche solo alla possibilità
che lo stesso si verifichi, purché tale possibilità riveli in maniera comunque concreta le
potenzialità dannose della condotta dell’agente. In tal senso, quando si verte in materia di
tutela della vita e della salute dei consociati, il rischio che l’agente deve rappresentarsi
può ritenersi concreto anche solo laddove la mancata adozione di cautele preventive
possa indurre un dubbio non meramente congetturale sulla possibile produzione di
conseguenze dannose. (Fattispecie in tema di responsabilità del datore di lavoro per la
mancata predisposizione di misure preventive, ulteriori rispetto a quelle imposte dalle
norme preventive vigenti all’epoca, idonee ad evitare la pur prevedibile contrazione da
parte dei lavoratori di gravi malattie connesse all’esposizione nell’ambiente di lavoro
con polveri di amianto)

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Colpa per assunzione e obbligo di informazione


“Questa Corte, del resto, ha recentemente avuto modo di considerare, proprio
nel contesto dell’esposizione ad amianto, che nell’esercizio di attività rischiose
l’agente garante ha l’obbligo di acquisire le conoscenze disponibili nella
comunità scientifica per assicurare la protezione richiesta dalla legge.
Diversamente argomentando si perverrebbe all’esito, evidentemente
inaccettabile, di consentire a chiunque, anche inesperto, di svolgere liberamente
attività rischiose che richiedono conoscenza tecniche o scientifiche, adducendo
la sua ignoranza in caso di verificazione di eventi avversi (Cass., IV sez., 1
aprile 2010, Giannoni). Non vi è dubbio, dunque, conclusivamente, che l’obbligo
di indagare il ventaglio dei rischi connessi all’attività in questione coinvolgesse,
a prescindere dalla delega, sia i componenti del Consiglio di Amministrazione,
che il dirigente tecnico” (Cass. Pen., 13 dicembre 2010, n.43786)

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Il superamento del societas delinquere non potest: decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231

“Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e



delle associazioni anche prive di personalità giuridica”

Introduce nel sistema giuridico italiano



una forma di responsabilità degli ENTI

per i reati commessi da soggetti ad essi appartenenti

“La responsabilità della persona giuridica è aggiuntiva e non sostitutiva di quella



delle persone fisiche che resta regolata dal diritto penale comune”

(cfr. Cass. Pen., S.U., 27.3.2008 n. 26659)

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Natura della responsabilità

AMMINISTRATIVA

  definizione data dalla legge

  sanzioni di carattere amministrativo

RESPONSABILITÀ
(sostanzialmente) PENALE

  accertamento nel processo penale

  rinvio alle norme processuali penali (art. 34)

  “Ad onta del nomen juris la nuova responsabilità,
nominalmente amministrativa, dissimula la sua
natura sostanzialmente penale” (cfr. Cass. pen., sez.
III., 30.1.2006, n. 3615, in Cass. pen., 2007, p. 74)

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La disciplina
Presupposti della responsabilità

La legge prevede la responsabilità da reato degli enti, a titolo di illecito amministrativo,


qualora ricorrano i seguenti presupposti (art. 5):

1.
il reato commesso sia compreso tra quelli per i quali è prevista questa responsabilità;

2.
il reato sia stato commesso da:


a)
persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione
dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale
nonché persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso
(soggetti “apicali”);


b)
persone sottoposte alla direzione o vigilanza di uno dei soggetti apicali;

3.
il reato sia stato commesso nell’interesse dell’ente o a suo vantaggio;

4.
il reato non sia stato commesso nell’esclusivo interesse di chi ha agito o di terzi.

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I reati presupposto in materia di sicurezza sul lavoro

1.  Omicidio colposo (art. 589 c.p.), commesso con violazione dell’art. 55, comma 2° d.lgs.
81/2008.
2.  Omicidio colposo, commesso con violazione delle norme a tutela della salute e
sicurezza sul lavoro (art. 589, comma 3° c.p.).
3.  Lesioni colpose, commesse con violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza
sul lavoro (art. 590, comma 3° c.p.).

Commessi nell’interesse ovvero a vantaggio dell’Ente

RESPONSABILITA’ DELL’ENTE

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Sanzioni che possono essere applicate alla società secondo le regole del
processo penale

INTERDITTIVE

  interdizione dall’esercizio dell’attività;



  sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni;

  divieto di contrarre con la P.A.;

  esclusione o revoca di finanziamenti e contributi;

  divieto di pubblicizzare beni o servizi.

  Nel caso di omicidio colposo aggravato dalle due ipotesi contenute nei commi 1° e 2°
dell’art. 300, “per una durata non inferiore a 3 mesi e non superiore ad un anno”.
  Nel caso di lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica,
“per una durata non superiore a 6 mesi”.

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(segue) Sanzioni che possono essere applicate alla società secondo le regole
del processo penale

PECUNIARIE

  Nel caso di omicidio colposo aggravato dalla violazione dell’art. 55, comma 2° d. lgs.
81/2008, con una sanzione pari a 1.000 quote (da euro 258.000,00 a euro 1.549.000,00).

  Nel caso di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa


antinfortunistica, con una sanzione non inferiore a 250 quote (da euro 64.500,00 a euro
387.250,00) e non superiore a 500 quote (da euro 129.000,00 a euro 774.500,00).

  Nel caso di lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica,
con una sanzione non inferiore a 250 quote (da euro 25.800,00 a euro 387.250,00).

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Perché l’Ente deve essere chiamato a rispondere della commissione di questi reati?

  Un pericolo non prevedibile da parte della persona fisica potrebbe esserlo dal punto di
osservazione dell’Ente;

  un rischio non evitabile da parte della persona fisica potrebbe esserlo da parte dell’Ente;

  un comportamento inesigibile per la persona fisica, in relazione alle sue limitate
competenze tecniche e disponibilità finanziarie, potrebbe invece essere perfettamente
esigibile da parte dell’Ente.

È l’Ente che dispone dei poteri e dei mezzi per perseguire la politica d’impresa,

che la decide e che si dà a tale scopo una determinata organizzazione

(o disorganizzazione, nel qual caso è in colpa da organizzazione)

L’Ente deve farsi carico della gestione organizzata dei fattori di rischio per il bene vita e per
l’incolumità, riducendo il pericolo di infortuni sulla base di una corretta organizzazione
diretta ad implementare misure e procedure di sicurezza

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“Interesse o vantaggio dell’ente” nei reati colposi: interpretazione problematica

  Nel contesto dei reati colposi emerge chiaramente la difficile compatibilità concettuale tra
la “non volontarietà dell’evento” (che ne costituisce requisito strutturale) e la formula
normativa imperniata sul finalismo della condotta.

  Nella prima sentenza di merito edita in materia, si afferma che “il requisito dell’interesse o
del vantaggio è pienamente compatibile con la struttura degli illeciti colposi, dovendosi di
volta in volta accertare solo se la condotta che ha determinato l’evento sia stata o meno
determinata da scelte rientranti oggettivamente nella sfera di interesse dell’ente oppure se
la condotta medesima abbia comportato almeno un beneficio a quest’ultimo senza apparenti
interessi esclusivi di altri” (Trib. Trani, sez. Molfetta, 26.10.2009).

  “non è stata affrontata la spesa per una valutazione dei rischi chimici…non sono state
sostenute spese per una consulenza chimica ed ambientale, per i necessari dispositivi di
protezione individuale degli operai, per l’informazione e la formazione dei medesimi nel
settore ad alto rischio e per acquistare gli apparecchi diretti a rilevare la presenza di agenti
pericolosi per la salute e per la vita” (Trib. Trani, sez. Molfetta, 26.10.2009)

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Come può dimostrare la società di non essere colpevole?

1. Aver adottato ed attuato un efficace MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE e


CONTROLLO.

2. Aver istituito un ORGANISMO DI VIGILANZA (OdV) interno all’Ente che abbia compiti di
iniziativa e di controllo sulla efficacia del modello e che sia dotato di piena autonomia
nell’esercizio della supervisione e del potere disciplinare.

REATO COMMESSO DA SOGGETTI APICALI


  modello efficace nel prevenire i reati della


stessa specie di quello commesso;

L’ente si libera
  modello attuato;

della responsabilità
  istituzione di un OdV autonomo che abbia
se prova che
vigilato;

  volontaria e consapevole violazione o non
osservanza dei modelli atti a prevenire la
commissione dei reati.

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(… segue) Come può dimostrare la società di non essere colpevole?  

  modello efficace nel prevenire i reati


L’ente si libera
della stessa specie di quello commesso;

della responsabilità
  modello attuato;

se prova che
  istituzione di un OdV autonomo che
abbia vigilato.

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Dovere di auto-organizzazione rivolto alla prevenzione del rischio-reato

•  Predisposizione di una griglia capillare di garanti, collocati nelle diverse fasi del processo
decisionale e produttivo

•  Predisposizione dei cc.dd. modelli di prevenzione del rischio-reato, autentico supporto


materiale del dovere organizzativo. Quest’ultimo deve tradursi in regole autonormate, che
integrano un programma di autodisciplina finalizzato a:

1.  mappare le aree esposte al rischio-reato ed individuare i soggetti più esposti al rischio;

2.  forgiare regole cautelari orientate a ridurre il rischio-reato;

3.  predisporre adeguati meccanismi di controllo sulla funzionalità del modello e sulla
necessità di adeguamenti;

4.  prevedere un sistema disciplinare rivolto a sanzionare i comportamenti devianti,
implementato da meccanismi di scoperta/chiarimento degli illeciti

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FAQ

•  L’adozione del MODELLO ORGANIZZATIVO costituisce un onere o un obbligo


per l’Ente ?

•  Esiste un MODELLO ORGANIZZATIVO “a prova di Giudice” ?



1.  Modelli adottati sulla base dei codici di comportamento redatti dalle Associazioni
rappresentative degli Enti

2.  Modelli, per la sicurezza sul lavoro, definiti in conformità alle linee guida redatte
dall’INAIL o al British Standard OHSAS 18001:2007

•  Il MODELLO ORGANIZZATIVO ha solamente una funzione esimente oppure


viene valorizzata anche una sua adozione (o adeguamento) post delictum ?

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