PRIMA PARTE
Ci sono fatti che inevitabilmente devono accadere e così un anno fa, esattamente l’
11 novembre 2013 si è spento a Roma, all’ età di 97 anni il compositore Domenico
Bartolucci, autore di una vastissima produzione musicale dedicata quasi interamente
al genere sacro.
Maestro Perpetuo della Cappella Sistina salì alla soglia della porpora cardinalizia nel
concistoro del 20 novembre 2010 per espresso desiderio di S.S. Benedetto XVI che
volle premiare la sua lunga attività di direttore del Coro Pontificio e la sua opera di
musicista al servizio della liturgia cattolica.
Considerato nella sua epoca come il più grande e autorevole interprete di Palestrina,
oltre che nelle grandi celebrazioni liturgiche ha guidato la Cappella papale in
memorabili concerti tenuti in tutta Italia, in Europa e nel mondo intero, riscuotendo
sempre quel successo e quella considerazione testimoniata nelle recensioni di tutti i
maggiori quotidiani nazionali ed esteri.
Grazie alla sua musica ed alla sua impareggiabile direzione è stato avvicinato ed ha
sperimentato la preziosa amicizia di molti personaggi famosi come Herbert Von
Karajan, Riccardo Muti, Uto Ughi, Zubin Metha, Lorin Maazel ed anche il Direttore
Editoriale del nostro periodico “ Regina Martyrum” , Padre Angelo M. Gila ha avuto il
grande privilegio di conoscerlo da vicino e di stabilire con lui frequenti scambi culturali
a livello musicale, didattico e religioso.
Nato a Borgo S. Lorenzo piccolo centro del Mugello nel periodo della Grande Guerra
(1917), maturò la vocazione religiosa e la passione per la musica in Seminario, dove
entrò giovanissimo (1926) per compiere gli studi ginnasiali, ma fin da bambino era
vissuto in un ambiente dove si faceva continuamente musica tra le umili pareti
domestiche e nella piccola chiesa del paese .
A Borgo S. Lorenzo c’era la Banda musicale che regolarmente, teneva concerti ogni
domenica e il padre del futuro sacerdote era un cantore assiduo e appassionato
insieme al figlio del coro parrocchiale.
Il Seminario fiorentino in quegli anni era il vivaio che forniva le voci scelte per le
esecuzioni importanti della Cattedrale: Bartolucci venne subito ammesso al gruppo
dei cantori seminaristi e questa fu per lui, una esperienza fondamentale nella sua
formazione artistica.
Al Coro della cappella di S. Maria del Fiore, si aggiungeva spesso il supporto di alcuni
cantanti professionisti guidati da Francesco Bagnoli, Maestro e direttore del Duomo
di Firenze, una figura che Bartolucci non avrebbe più dimenticato e che sarebbe
diventato uno dei punti di riferimento della sua ispirazione .
Nello stesso anno viene ordinato sacerdote e alla morte di Bagnoli gli succede alla
guida della Cappella del Duomo. L’impegno non durerà molto perché Pio XII lo vuole
presto a Roma (1952) come vice direttore della Cappella Sistina per affiancare il
servizio liturgico di Perosi, in serie difficoltà per l’età avanzata; nella capitale
Monsignor Bartolucci frequenterà il Pontificio Istituto di Musica Sacra e si diplomerà
in Composizione Sacra all’ Accademia Nazionale di S. Cecilia sotto la guida del Maestro
Ildebrando Pizzetti.
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I primi anni di Bartolucci alla Cappella Sistina coincidono con l’ultima fase del
pontificato di Pio XII e con l’ intera fase del periodo di Giovanni XXIII .
Sono anni molto intensi per la sua attività di direttore e di grande soddisfazione per
il musicista, al quale vengono commissionate di continuo nuove composizioni per le
grandi liturgie in S. Pietro ; Bartolucci è il compositore ufficiale della S. Sede e oltre
alla “ Sistina” manterrà per vent’ anni anche l’incarico di Maestro di cappella alla
Basilica Liberiana di S. Maria Maggiore.
Pur rimanendo intatta la statura artistica di don Lorenzo Perosi suo predecessore, il
nome di Domenico Bartolucci andava pian piano imponendosi all’ammirazione
generale sia per l’originalità e la versatilità del suo genio, che per la capacità di guidare
contemporaneamente due Cappelle musicali di grande rilievo.
Tutto ciò favorì il rilancio dell’intera attività musicale e, con selezioni mirate,
vennero assunti nuovi cantori che affiancando quelli più anziani, detentori della
tradizione, riportarono il livello del complesso musicale all’ antico splendore, tanto da
essere riconosciuto come uno dei migliori del mondo.
Per oltre quarant’anni il Maestro toscano ha diffuso il tesoro della musica sacra oltre
le mura di Roma ed i confini nazionali portando la Cappella Sistina in ogni parte del
mondo attraverso concerti, tournée e incisioni che hanno fatto ascoltare il suono del
suo canto impareggiabile ; ancora vivo è il ricordo del viaggio in Unione Sovietica nel
1977, in pieno regime comunista dove il “ Credo” della “Missa Papae Marcelli” veniva
applaudito a Mosca e memorabile rimane anche l’ “Ave Maria “ di Palestrina che in
Turchia nel 1990 strappava le lacrime agli ascoltatori di Ankara.
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Nel 1954, in ricordo dell’Anno Mariano, il pontefice Pio XII, per diretto
interessamento del compositore dona alla Basilica Liberiana un imponente organo
meccanico realizzato dalla ditta Mascioni; questo regalo stimolò molto l’ ispirazione
del Maestro toscano che a poco a poco decise di dare una svolta al suo repertorio
musicale, orientato principalmente sullo stile “a cappella“: da questo momento le
sue composizioni sacre si arricchirono del supporto dello strumento ecclesiale per
eccellenza che, con l’ avvento del Concilio Vaticano II sarebbero state più in sintonia
con la nuova liturgia.
A partire dagli inizi del pontificato di Giovanni Paolo II, la “ Missa Papae Marcelli “
non venne più eseguita in S. Pietro, se non in occasione dell’ anno palestriniano ( 1994
), e questo portò ad un progressivo impoverimento e alla conseguente perdita di
quella grande tradizione musicale della quale la chiesa era stata depositaria da
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Con l’intento di favorire una maggiore partecipazione dei fedeli alla liturgia e a
testimonianza di quanto egli apprezzasse l’intervento dell’assemblea nelle
celebrazioni, Bartolucci pubblica con l’ A.I.S.C. ( Ass. Italiana S. Cecilia ) “I canti del
popolo per la Messa”, un volume di composizioni sacre con il testo in italiano e, per
non perdere il ricco patrimonio del canto gregoriano scrive le Messe alternate ai temi
dell’antico linguaggio musicale della chiesa: ma anche queste composizioni furono
presto messe da parte.
Durante i primi anni del nuovo millennio, manifestando il proprio dispiacere nel
vedere estromesso quel repertorio sacro scritto con tanta passione ed impegno, il
musicista dedica tutte le sue energie alla elaborazione orchestrale dei brani che aveva
originariamente composto in veste polifonica, dà loro un aspetto sinfonico corale e
in questa nuova luce le composizioni dello “Stabat Mater”, “Te Deum” “Miserere” e
la “Missa Assumptionis” diventano particolarmente adatte ad esecuzioni
concertistiche.
Tra le ultime composizioni che impegnano Bartolucci nei momenti ancora creativi
della sua età avanzata c’è la scrittura del “ Brunellesco “ una singolare opera lirica in
tre Atti che rievoca le vicende di Filippo Brunelleschi legate alla costruzione della
cupola di S. Maria del Fiore e infine l’ “Oremus pro Pontifice“ con l’ affettuosa dedica
a S. S. Benedetto XVI eseguito alla presenza del Santo Padre il 24 giugno 2006:
l’ultimo omaggio di questo straordinario artista, uomo generoso e sacerdote vero al
grande patrimonio della Musica Sacra contemporanea e alla sua amatissima Santa
Madre Chiesa .
Bibliografia