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Vittorio Scialoja e la procedura civile

Author(s): FRANCO CIPRIANI


Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 9 (SETTEMBRE 2006), pp. 265/266-271/272
Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL
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MONOGRAFIE E VARIETÀ

FRANCO CIPRIANI per seguire da vicino la giurisprudenza del nuovo Regno, fondò
una nuova rivista, Il Foro italiano, che si rivelò ben presto un

grande di riferimento per tutti i giureconsulti italiani. En


punto
Vittorio Scialoja e la procedura civile (*) rico Scialoja era il nonno di Carlo, che ha diretto la rivista sino
a qualche tempo fa e che era il padre di Michele, l'attuale di
rettore.
Sommario:
L'anno successivo, 1877, il figlio secondogenito di Antonio
Scialoja, il nostro Vittorio, si laureò a Roma con una tesi sul
1. Premessa in diritto romano. non scelse né l'eco
precarium Egli, quindi,
2. Dalla nascita a Torino alla cattedra di Roma e al «germane alla
nomia, in cui il padre eccelleva, né la procedura civile,
simo» il suo nome col Commentario al co
quale il padre aveva legato
3. Il dissidio con Mortara e un'ipotesi: il libro sulla procedura dice sardo, ma il diritto romano. È tuttavia il caso di tenere pre
civile romana
sente che, all'indomani di Porta Pia, gl'italiani (che per la verità
4. Il comando a Simoncelli, il lancio di Chiovenda e le critiche
stavano ancora
sulla carta), per giustificare la loro presenza a
riforme di Mortara
alle
che da secoli ai papi,
Roma, quindici apparteneva pensarono
5. La fine del «germanesimo», le perplessità sull'oralità e l'insi
bene di presentarsi come gli eredi dell'antica Roma, sì che è
stenza di Chiovenda lo studio del diritto
chiaro che, partendo da quel presupposto,
6. La sottocommissione C e il progetto Mortara-Carnelutti
romano aveva una grande e strategica importanza. Ciò significa
7. L'«evoluzione» di Chiovenda
che Vittorio Scialoja, dedicandosi al diritto romano nell'appena
8. La reazione di Scialoja: l'incarico a Redenti
riconquistata Roma, non intendeva certo essere un semplice sto
9. La scomparsa di Scialoja e il silenzio di Chiovenda
rico.
L'anno dopo la laurea, Vittorio Scialoja fu chiamato a colla
1. - Gli studiosi della mia generazione hanno sempre saputo
borare presso la presidenza della appena istituita Cassazione
che Vittorio Scialoja fu il maestro di Giuseppe Chiovenda, che
romana e nel contempo pubblicò la sua tesi di laurea, avverten
gli dedicò affettuose parole di ringraziamento nella prefazione
do sulla copertina che l'aveva discussa nell'Università di Roma.
alla sua monografia su La condanna nelle spese giudiziali («go
Il che, evidentemente, era tutto dire.
do d'attestare la mia particolare gratitudine al mio illustre pro
Poco dopo, nel 1879, a ventitré anni, il giovane Vittorio ot
fessore Vittorio Scialoja, che sempre largamente m'aiutò con
tenne la cattedra di Camerino, ove proluse con una lezione, ri
sapienza e con benevolenza di consigli e di materiali»), ma non
masta celebre,
sull'equità. Indi, passò subito a Siena, ove fondò
si sono mai chiesti (parlo per me, ma credo valga anche per gli
e poi, nel 1884, a ventotto anni, a Roma, ove
avuto un gli Studi senesi,
altri...) come mai un romanista, quale egli era, avesse
fondò l'Istituto di diritto romano e, l'anno dopo, il suo organo
allievo processualista. D'altra parte, a noi non risultava neppure
di stampa, il celebre Bullettino, tuttora edito. È dunque evidente
che Vittorio Scialoja avesse mai interferito nelle vicende della
che i potentes del tempo (penso soprattutto a Pasquale Stanislao
procedura civile italiana e meno che mai che avesse avuto dei
Mancini, che sponsorizzò la carriera accademica del Nostro)
dissapori con qualche processualista. Per noi egli era stato un
puntarono sul giovane Vittorio Scialoja per guidare e controllare
grande studioso che aveva insegnato per molti anni diritto ro
l'evoluzione della scienza giuridica nelle università italiane. Ed
mano a Roma, ma, mentre non ignoravamo che era stato anche
è da credere sepperoche essi
scegliere bene, perché Vittorio
senatore del Regno e più volte ministro, non avevamo motivo di
Scialoja, che Salvatore Riccobono definì «una di quelle rare
dubitare che fosse rimasto sempre estraneo alla nostra storia.
nature che la Provvidenza concede al mondo a larghi intervalli»,
Viceversa, le ricerche che negli ultimi quindici anni ho effet
tuato sulle misteriose e affascinanti vicende ch'ebbero
svolse quel compito nel migliore e più italiano dei modi, dive
per pro
nendo non solo un grande e autorevole studioso, ma anche un
tagonisti i padri della processualcivilistica italiana hanno con
sentito di
appurare che le cose andarono diversamente, in lungimirante politico del diritto.
In particolare, non può non ricordarsi la grande svolta che
quanto Vittorio Scialoja, dominatore della scena giuridico
accademica italiana tra gli ultimi anni dell'ottocento e i primi egli impresse agli studi giuridici italiani a seguito della Triplice
alleanza, che l'Italia stipulò con gli Imperi centrali nel 1882,
decenni del novecento, ebbe non solo un lungo e insanabile dis
nostro ministro degli esteri era Pasquale Stanislao Man
sidio con Lodovico Mortara, ma anche, verso la fine della sua quando
un contrasto, non facilmente ma non certo lie cini. Infatti,Vittorio Scialoja si preoccupò di assicurare che nel
vita, percettibile,
campo delle scienze
giuridiche i nostri rapporti con la Germania
ve, col suo diletto discepolo Chiovenda, influendo più che con
e con fossero
l'Austria privilegiati rispetto a quelli con la Fran
cretamente, e fino all'ultimo, sulla procedura civile italiana.
cia e con l'Inghilterra. Non a caso, egli divenne il principale so
stenitore della germanizzazione degli studi giuridici italiani, con
2. - Vittorio Scialoja nacque a Torino nel 1856 da Antonio e
Giulia Achard. Il padre era un economista che, es
la conseguenza che tra i giuristi italiani si diffuse e imperò per
napoletano
a nove anni di moltissimi anni il «germanesimo».
sendo stato condannato per le sue idee politiche
reclusione, poi commutati nell'esilio perpetuo, si era rifugiato in
ove nel 1855, insieme con Stanislao Manci 3. - Come ho
detto all'inizio, è ormai assodato che Vittorio
Piemonte, Pasquale
aveva comin Scialoja ebbe
un grande dissidio con Lodovico Mortara, ma le
ni e Giuseppe Pisanelli, esuli come lui a Torino,
del governo un monumentale ragioni che portarono a quel dissidio non sono note. In partico
ciato a curare, su invito sabaudo,
lare, mentre possiamo considerare certo che egli sbarrò a Morta
Commentario del codice di procedura civile per gli Stati sardi.
Antonio ra la strada per la cattedra di procedura di Roma, non è chiaro se
L'anno dopo la nascita di Vittorio, Scialoja pubblicò
m'era
un saggio sui bilanci del Regno delle Due Sicilie e del Regno di gliela sbarrò per chiamarvi Chiovenda (come parso quin
Sardi era dici anni fa) o se, per sbarrargliela, lanciò Chiovenda verso la
Sardegna, nel quale sostenne che il bilancio degli Stati
una vasta eco (come ho ipotizzato sei anni fa in considerazione del
decisamente da preferirsi all'altro. Il lavoro ebbe procedura
in tutt'Europa e contribuì fortemente a screditare Ferdinando II, silenzio di Mortara di fronteal libro di Scialoja di cui dirò tra un
fu da tutti con attimo). Per sciogliere questo dubbio bisognerebbe conoscere
sì che il suo autore, una volta raggiunta l'unità,
che non ci sono a cent'anni di distanza,
siderato uno dei massimi artefici del Regno d'Italia, del quale, dei dettagli noti, ma,

fu un autorevole delle finanze, possiamo ben limitarci a stare ai fatti che ci risultano.
infatti, ministro, dapprima poi
Nel 1892 apparve sulle colonne del Foro italiano una breve
dell'istruzione pubblica.
delle nella
Nel 1876, il figlio primogenito di Antonio Scialoja, Enrico, nota di Vittorio Scialoja, Sull'anticipazione spese
di fallimento da parte dello Stato. Essa venne se
procedura
nella italiana dal suo direttore, il prof.
gnalata Giurisprudenza
Lodovico Mortara, che a quell'epoca insegnava ancora a Pisa, sì
— che è nel 150° anniversario
(*) Questo saggio qui pubblicato che noi possiamo essere certi che, almeno sino al 1892, Scialoja
della nascita di Vittorio Scialoja, che diresse II Foro italiano dal 1927
e Mortara erano in buoni rapporti.
al 1933 — è destinato agli Scritti in onore di Nicolò Lipari e costituisce
la relazione al convegno-seminario su «Vittorio Scialoja un giurista del A luglio del 1893 si laureò a Roma con Vittorio Scialoja un
di belle Chiovenda, con una tesi in
'900», tenutosi il 4 novembre 2005 nell'Università di Roma Tor Ver giovane speranze, Giuseppe

gata per iniziativa della facoltà giuridica di quella università. diritto romano «Sulla restituzione delle spese giudiziali in di

Il Foro Italiano — 2006 — Parte V-13.

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267 PARTE QUINTA

ritto romano». Non vi è naturalmente nulla di male, anzi, nel della pubblica istruzione. Con la conseguenza che Mortara, nel
laurearsi in romano, ma è il caso di tenere presente che nessuno 1902, di fronte a quella che egli stesso definì 1'«invasione dei
di noi lo
sapeva, e non solo perché aveva mai nessuno ce lo germanisti», pur di evitare altre umiliazioni accademiche e di
detto, ma
anche e soprattutto perché, per quelle che erano le no approdare a Roma, si dimise dall'università e passò in magi
tizie in nostro possesso, pareva che egli si fosse dedicato solo e stratura come semplice della Cassazione di Roma.
consigliere
soltanto alla procedura. Le dimissioni di Mortara liberarono la cattedra di Napoli, per
Nel 1894, l'anno nel quale il giovane Chiovenda pubblicò nel la cui assegnazione fu bandito un concorso che consentì a Scia
Bullettino di Scialoja un articolo sulle spese nel processo civile loja di dimostrare, pur stando dietro le quinte, tutta la sua poten
romano (egli, dunque, non solo si laureò in romano, ma iniziò za accademica: infatti, a marzo del la commissione,
1905, abil
da romanista, sì che il suo silenzio su quel periodo è ancora più mente pilotata da Simoncelli, decretò la sconfitta di Carlo Les
inspiegabile), nel 1894, dicevo, fu pubblicato un libro intitolato sona, allievo di Mortara, e il trionfo di Giuseppe Chiovenda, che
Esercizio e difesa dei diritti. Procedura civile romana. Lezioni l'anno a trentaquattro fu chiamato
dopo, anni, per chiara fama a
del professor Vittorio
Scialoja redatte e pubblicate dai dottori Roma.
Mapei e Nannini, Roma, 1894. Il libro, che non era litografato, Se ne può dedurre che Vittorio lanciando in quel
Scialoja,
ma a stampa, conteneva cinquantasei lezioni di Scialoja, che pe l'eccezionalissimo modo Chiovenda, un grande scon
provocò
rò, come era precisato nella prefazione dei due dottori, non le volgimento nella procedura civile italiana, incidendo profonda
aveva mai scritte. Anzi, a questo proposito è il caso di tenere mente sull'evoluzione dei nostri
studi. Infatti, e per esempio, il
presente che, se si prescinde dal libro sul precarium nel diritto «germanesimo», che Scialoja aveva ovviamente anche
suggerito
romano, che consta di quarantotto ed era la sua tesi di a Chiovenda, divenne essenziale
pagine pure per gli studiosi del pro
laurea, tutti i libri di Vittorio Scialoja sono stati redatti per cesso civile. Viceversa, la riforma del procedimento sommario
iscritto da altri. Ciò ovviamente non autorizza a pensare che non che Mortara realizzò nel 1901, lungi dall'essere apprezzata, fu
li abbia scritti lui, ma sta di fatto che, se si apre un qualsiasi li subito avversata dalla scuola di Scialoja, tanto che Chiovenda,
bro di Scialoja, si leggono i ringraziamenti dell'autore a chi l'a dal 1909 in poi, propose la riforma del nostro processo civile
veva redatto
per iscritto. Egli, in realtà, come ci ha assicurato alla luce del principio dell'oralità. Non solo, ma qualche anno
Riccobono, amava parlare e aborriva scrivere. Evidentemente, dopo, nel 1913, quando Mortara riformò il processo civile con
quindi, sapeva dettare. l'istituzione del giudice unico in primo grado, si levarono subito
Come ho appena detto, il libro Esercizio e difesa dei diritti è le proteste degli avvocati di tutt'Italia, che erano da
capitanati
a stampa. Si tratta di un particolare molto rilevante perché ci as Vittorio Scialoja, all'epoca del Consiglio dell'ordine
presidente
sicura che quel lavoro non aveva alcunché di provvisorio, ma forense di Roma, che accusò d'incostituzionalità la riforma
sta di fatto che Scialoja non l'aveva scritto e che nel 1930, mortariana e ne provocò l'anno successivo l'abrogazione.
quando furono ripubblicate tutte le sue opere da de Francisci e
Giannini, non lo si ristampò: la ristampa si ebbe solo nel 1936, 5. - Nel 1915 l'Italia uscì dalla ed entrò in guerra
Triplice
ossia dopo la morte di Scialoja, ma in un modo piuttosto strano, contro l'Austria e la Germania. Per Vittorio
conseguenza,
perché il frontespizio divenne «Vittorio Scialoja, Procedura Scialoja prese automaticamente (e doverosamente) le distanze
civile romana», senza più alcun riferimento ai dott. Mapei e dal germanesimo e cominciò ad allacciare coi nostri
rapporti
Nannini. nuovi alleati: infatti, a febbraio del 1916 formulò la celebre pro
Nel atto, vorrà considerarsi che nel libro, nel quale posta di un «codice unico» italo-francese
prenderne per le obbligazioni e i
si parla spesso anche della procedura civile italiana, Mortara contratti.
non viene mai menzionato, neppure nelle pagine su\Y appellatio, Nel 1917 morì Vincenzo Simoncelli. L'orazione funebre, sia
istituto sul quale Mortara aveva scritto nel Digesto italiano, ap a Sora, paese natale dell'estinto, sia nell'Università di Roma, fu
pena quattro anni prima, la monumentale
Appello civile. voce tenuta da Chiovenda, a dimostrazione che e la sua fa
Scialoja
Non so cosa sia accaduto, ma certo è che Mortara, che pure due miglia lo consideravano un allievo e un amico particolarmente
anni prima aveva gentilmente segnalato nella sua Giurispruden caro.
za italiana la nota a sentenza di Scialoja, stavolta non dedicò al Pocodopo, nello stesso 1917, mentre era ministro
Scialoja
libro del suo illustre collega romano neppure una parola: silen della nel governo Boselli, l'Italia visse i terribili
propaganda
zio assoluto. Che è notoriamente un modo molto raffinato per giorni di Caporetto. Al cui proposito mi è caro ricordare che la
manifestare la propria disapprovazione. figlia di Chiovenda, la signora Beatrice, mi ha più volte rac
Noi non
sappiamo se Mortara si limitò a manifestare la sua contato che in quei drammatici momenti Vittorio ebbe
Scialoja
disapprovazione con quel silenzio o se si sia anche lasciato la prontezza di riflessi di opporsi al proclama sostanzialmente
sfuggire, come mi pare molto probabile, qualche commento che disfattista da Cadorna e di spronare alla re
preparato gl'italiani
sia poi giunto all'orecchio di Scialoja. In questa seconda ipotesi, sistenza e alla controffensiva.
però, non escluderei che Vittorio Scialoja, col carattere fiero e A marzo del 1918, mentre Mortara era da ormai tre anni pri
risoluto che si ritrovava, abbia preso in cuor suo qualche solen mo presidente della Cassazione di Roma e mentre si era ancora
ne decisione. Di qui il mio sospetto che l'avvio di Chiovenda in piena Vittorio con un memorabile discorso
guerra, Scialoja,
verso la procedura (che ovviamente non può che essere stato al senato, la necessità di pensare ai
prospettò tempestivamente
deciso dal suo maestro) possa essere stato una conseguenza di problemi del dopoguerra. Sul tema egli pubblicò anche un libro,
quella vicenda. nel quale analizzò tutti i problemi che erano sul tappeto, ivi
compreso il processo civile, senza peraltro accennare all'oralità,
4. - Nel 1899, mentre Scialoja era preside della facoltà giuri che pure da ormai dieci anni costituiva il cavallo di battaglia del
dica romana (e mentre Chiovenda stava portando a termine il suo diletto discepolo Chiovenda.
suo libro sulle spese), si liberò la cattedra di procedura civile di Nello stesso 1918, a seguito del discorso di Scialoja, fu isti
Roma, il suo titolare, Enrico che tuita una commissione
perché Galluppi, per ragioni grande per lo studio dei problemi con
non ho mai saputo e che mi piacerebbe conoscere, preferì nessi al passaggio dallo stato di guerra a quello di pace, la stessa
passa
re al Consiglio di Stato. Ebbene, la facoltà di Roma, anziché che in seguito sarebbe stata ribattezzata «commissione per il
chiamare Mortara, che ora insegnava a Napoli ed era indubbia Al suo interno furono formati moltissimi
dopo guerra». gruppi,
mente lo studioso che più di tutti emergeva e dominava nel uno dei quali ebbe il compito di occuparsi della riforma del pro
campo della procedura civile, chiese ed ottenne dal ministero cesso civile. La presidenza di tale gruppo fu affidata a Chioven
che la cattedra di procedura fosse coperta «comandando» un ci da, che non si fece scappare l'occasione che il pro
per proporre
vilista che insegnava a Pavia, Vincenzo Simoncelli (che cesso civile diventasse, come in Austria e in Germania, orale.
poco
dopo sposò Giulia Scialoja, figlia di Vittorio). Scialoja, però, nell'unica volta in cui, per quel che ci risulta,
Per Mortara dovette essere un'atroce beffa, dal ai lavori di quel tenne a dire che vi «saranno
aggravata partecipò gruppo,
fatto che Scialoja, tra il 1900 e il 1901, riuscì a fare in modo che pur sempre delle cause, tutte di scrittura, dove l'oralità non po
Chiovenda, dopo avere conseguito la docenza a Modena, vin trà attuarsi», ma Chiovenda (che del mentre
nell'aprile 1915,
cesse la cattedra di Parma grazie ad una commissione della faceva lezione nell'Università di Roma, era stato contestato da
quale faceva parteSimoncelli, ma non anche Mortara, che era Marinetti in quanto neutralista e germanista), insistè sia sull'o
stato il più suffragato, ma che era stato tenuto fuori dal ministro ralità, sia sul germanesimo.

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MONOGRAFIE E VARIETÀ

Non sappiamo che cosa abbia pensato Scialoja dell'insistenza che vi si arrivò, anche se bisogna pur dire che la polemica si
di Chiovenda nell'esaltare il processo austriaco (che poi, sia svolse con grande raffinatezza: altri tempi, altri uomini, altro
detto tra parentesi, statistiche alla mano, non era affatto
migliore stile.
del ma mi pare verosimile
nostro), che egli non ne dovesse esse Anni fa ipotizzai che Chiovenda, a giugno del 1924, nel con
re entusiasta. Sta di fatto che Chiovenda, nel 1919, ossia dopo la statare che Scialoja, all'interno della commissione
reale per la
nostra vittoria nella guerra contro gli Imperi centrali, pubblicò riforma dei codici, aveva abbandonato il germanesimo ed esclu
un progetto di riforma del codice di procedura civile con una sa l'opportunità di una radicale riforma del nostro ordinamento
relazione che era un inno all'oralità e al processo austriaco. giuridico, si fosse sentito abbandonato nella sua battaglia per
l'oralità (che forse aveva iniziato in omaggio al suo maestro,
6. - Si arrivò così al 1923-24, gli anni della svolta. Nel 1923, che amava più parlare che scrivere). Oggi, per un verso non
Chiovenda concluse la terza edizione dei suoi Principii, dettan escludo che egli, in quel 1924, aspirasse anche a presiedere la
do una prefazione nella quale, nel battersi ancora per il germa sottocommissione C e non si fosse sentito adeguatamente soste
nesimo e per l'oralità, invocò, come sempre, l'autorità di Scia nuto da
Scialoja in quella sua aspirazione, e per l'altro mi dico

loja. che la sua predilezione per il germanesimo e per il processo au


Nello stesso 1923, fu unificata la Cassazione. Tutto faceva striaco può avere avuto il suo peso. Certo tuttavia è che, mentre

pensare che alla presidenza del nuovo organo (che poi era nuo sino all'aprile del 1924 abbiamo prove continue e indubbie della
vo solo per modo di dire) sarebbe rimasto Mortara, che avrebbe venerazione di Chiovenda per il suo maestro, dopo quella data,
così chiuso la sua carriera di magistrato presiedendo la Cassa e più precisamente dal dicembre 1926 in poi, abbiamo prove di
zione del Regno, ma pare che, per scongiurare quella eventuali segno opposto.
tà, Vittorio Scialoja si sia detto pronto ad assumere lui la presi Infatti, nell'ultimo numero della «Processuale» del 1926, nel
denza del nuovo organo! Non sappiamo bene come andarono le necrologio per Adolf Wach, Chiovenda, dopo avere esaltato la
cose, ma certo è che a risolvere il problema provvide il governo, scienza tedesca, scrisse: «La più parte di noi, giuristi italiani
che collocò anzitempo in pensione Mortara. della mia generazione, ricevemmo la prima formazione giuridi
All'inizio del 1924, vide la luce la Rivista di diritto proces ca da un nostro grande: Vittorio Scialoja». Quindi, colui che si
suale civile, diretta da Chiovenda e da Carnelutti, che insegnava no all'aprile del 1924 era il suo venerato Maestro, nel necrolo
sì procedura a Padova, ma che proveniva dal diritto commer gio per Wach diventa semplicemente il suo primo formatore
ciale, che era la sua materia. Se mi chiedo che cosa può averne giuridico! Quasi non bastasse, Chiovenda chiuse quel necrolo

pensato Scialoja, mi dico che, non foss'altro perché non era gio affermando che non poteva risalire la cattedra di Roma (la
stato cooptato anche Enrico Redenti, che era l'allievo proces stessa che Vittorio Scialoja gli aveva donato a trentaquattro anni
sualista di Simoncelli, come tale vicinissimo a Scialoja, la cosa e sotto gli occhi di Mortara! ...) senza pensare a Wach: te
deve averlo quanto meno sorpreso. stualmente, «senza mandare un riverente saluto, con cuore di di
Poco dopo, a giugno del 1924, fu istituita la commissione scepolo, alla memoria di questo grande Maestro, che non ho mai
reale per la riforma dei codici, che era divisa in quattro sotto conosciuto»!
commissioni, tante quanto erano i codici da riformare. Scialoja Si aggiunga che in quel necrologio, Chiovenda, riferendosi a
ebbe la presidenza della prima, quella per il codice civile; vice Scialoja, scrisse un «Lui» con la elle maiuscola (ossia con lo
versa, a presiedere quella per il codice di procedura civile, che stesso rispetto che si adopera per i defunti), che nella specie era
era la terza, la celebre sottocommissione C, fu chiamato Morta ortograficamente molto strano, perché il necrologio era per
ra, con vice presidente Chiovenda, che vi entrò mentre era al Wach e non certo per Scialoja. Secondo la figlia di Chiovenda,

l'apice, ma ne uscì sconfitto, perché Mortara affidò il compito alla quale feci notare quel «Lui», si trattava di una maiuscola
di redigere l'avanprogetto a Carnelutti, con la conseguenza che reverenziale che il padre doveva avere adoperato per manifesta
il progetto di codice di procedura civile varato da quella sotto re la propria venerazione per Scialoja. Sta di fatto che nel 1930,
commissione nel 1926 prese il nome di Carnelutti. nei Saggi di diritto processuale civile, Chiovenda, nel ripubbli
Il progetto Carnelutti, nel 1928, fu sul punto di diventare co care il necrologio per Wach, corresse la maiuscola, trasforman
dice, ma, secondo quanto ci ha riferito Mortara nel 1936, fu do il «Lui» in un minuscolo «lui». È dunque evidente che Chio
messo da parte dal guardasigilli Alfredo Rocco. Non se ne è mai venda era in polemica con Scialoja già nel 1926.
saputo il motivo, sì che, quindici anni fa, considerando che La cosa più grave, però, accadde nel 1931, quando, nel ne
Mortara aveva chiuso i lavori della sottocommissione C all'in crologio per Castellari, Chiovenda scrisse: «un altro grande be

saputa di Carnelutti, prospettai l'ipotesi che il progetto Carne neficio avevo io ricevuto da Castellari, voglio dire l'incorag
lutti fosse stato boicottato da Mortara. Viceversa, oggi, re me giamento a proseguire nella via in cui, per consiglio di Vittorio
lius perpensa, mi dico che Mortara, nel 1926, quando era ormai Scialoja, mi ero già messo dagli anni universitari». Quindi,
da tre anni in pensione, poteva pure chiudere, come chiuse, i la mentre Scialoja lo aveva solo consigliato, la via era stata scelta
vori della sottocommissione C all'insaputa di Carnelutti, ma, da lui ancor prima di laurearsi! Non solo, ma si spinse sino ad

per il resto, poteva molto poco, forse niente. Sarei quindi pro affermare che era stato Castellari a fargli poi vincere i vari con

penso ad escludere che egli fosse in grado di impedire che il corsi che invece, non se ne può dubitare, aveva vinto grazie a

progetto Carnelutti diventasse codice. Non solo, ma, dal mo Scialoja. Sì che diventa inevitabile chiedersi perché mai Chio
mento che quel progetto, pur essendo noto come «progetto Car venda arrivò a quel punto. Che cosa era mai accaduto?
nelutti», era opera della sottocommissione C, che lo stesso Car Non so dire cosa sia accaduto, ma certo è che Chiovenda,
nelutti definiva la «sottocommissione Mortara», mi vien fatto di mentre non
rinnegò mai il germanesimo, finì in buona sostanza

sospettare che a provocarne il definitivo insabbiamento possa col misconoscere quel che aveva avuto dal suo maestro e con
essere stato qualcuno che non amava Mortara e che non avrebbe l'occultare le proprie origini di romanista, delle quali, infatti,
avuto molto piacere se l'Italia avesse avuto un codice di proce noi non avevamo alcuna notizia. Può anche darsi che egli, com
dura civile che
portasse anche il nome di Mortara. portandosi in quel modo, stesse reagendo ad un torto, ma anche
Sono che si sarà già capito
sicuro a chi mi sto riferendo. Del a voler prescindere dal fatto che noi non abbiamo alcun indizio

resto, se è vero, come è certamente vero, che tra Scialoja e di un tale torto, non credo che la sua reazione potesse tornare
Mortara erano avvenute le cose che ho ricordato più su; e se è gradita a Scialoja. Di qui un quesito che mi son posto solo di re
vero, come ci è stato assicurato, che i due, dal 1924 al 1933, non cente: quale reazione ebbe Scialoja? Nel 1900, forse a seguito di
si trattennero dal
questionare coram populo persino nelle udien qualche critica di Mortara, ebbe la grande (e terribile) reazione
ze della Cassazione, tanto da esser noti come i «due illustri ris che ormai conosciamo, ma adesso che fece?

santi», non
si può non ipotizzare che dietro l'affossamento del Quindici anni fa, ebbi modo di rilevare che nel 1927 Scialoja
Mortara-Carnelutti da parte del guardasigilli Rocco ci non partecipò agli studi in onore di Chiovenda e, succeduto al
progetto
fosse la potentissima longa manus di Vittorio Scialoja. fratello Enrico nella direzione del Foro italiano, inserì nella di
rezione il giovanissimo dott. Enrico Tullio Liebman, ma non
7. - Dopo la chiusura dei lavori della sottocommissione C si anche il celebre prof. Chiovenda. Potrei oggi aggiungere che,

potè constatare che i rapporti tra Scialoja e Chiovenda si erano mentre dal 1913 al 1926, quando egli presiedeva il Consiglio
evoluti, in quanto Chiovenda cominciò a prendere le distanze dell'ordine degli avvocati di Roma, Chiovenda gli fu pressoché
dal suo maestro. Non si arrivò a tanto, ma certo è ininterrottamente accanto come consigliere, dal 1926 in poi, e
saprei perché

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PARTE QUINTA

cioè dacché Scialoja passò a presiedere il Consiglio Redenti, che naturalmente era bravissimo, ma non si era mai oc
superiore
forense, accanto a lui troviamo Carnelutti, ma non Chiovenda. cupato del problema della riforma! Il tutto, stando dietro le
Potrei anche ricordare che nel 1928, nella commissione italo quinte e senza mai comparire sulla scena! Da ammirare, ma ter
francese per il nuovo codice delle obbligazioni e dei contratti, ribile.
troviamo, accanto al presidente Scialoja, Redenti e non Chio
venda, ma è evidente che queste erano risposte molto blande. 9. - Vittorio Scialoja morì a Roma il 19 novembre 1933. La
Possibile, quindi, che Scialoja, di fronte a un discepolo che lo notizia fu riportata dai giornali di tutto il mondo. In Italia, il
attacca in quel modo, si sia limitato a quelle risposte? Direi di cordoglio fu generale, in quanto il suo nome evocava quello del
no. Ma, allora, che fece Vittorio Scialoja per rispondere a Chio padre e, quindi, il Risorgimento e l'unità. Anche la Rivista di
venda? diritto processuale civile lo ricordò: sia nell'ultimo numero del
1933, con un breve necrologio di Carnelutti, sia in apertura del
8. - L'anno studiando la figura e le opere
scorso, di Enrico primo numero del 1934, con un vasto saggio, Arte del diritto. In
Redenti, ho avuto modo di apprendere alcuni fatti che consento memoria di Vittorio Scialoja, dovuto ancora a Carnelutti, il
no di dare una risposta a queste domande. quale, per caso o pour cause, trovò il modo di non menzionare
Come tutti sanno, nel 1932, il guardasigilli Alfredo Rocco fu mai, neppure nelle note, Chiovenda. Viceversa, Chiovenda ac
sostituito da Mussolini con Pietro de Francisci, illustre romani compagnò con la figlia Beatrice la salma del suo illustre mae
sta, allievo di Pietro Bonfante (a sua volta allievo di Scialoja), stro sino al piccolo cimitero di Procida, ma non proferì verbo.
già preside della facoltà giuridica romana, in atto rettore dell'U Due anni dopo, però, nella prefazione alla seconda edizione de
niversità di Roma, il quale conferì l'incarico di redigere il nuo La condanna nelle spese giudiziali, scrisse: «Chiudevo la pre
vo codice di procedura civile (soltanto) ad Enrico Redenti, che cedente prefazione l'8 marzo 1900 nel nome di Vittorio Scialo
era, come ho già ricordato, l'allievo processualista di Vincenzo ja. Da quel giorno per un terzo di secolo continuarono i miei
Simoncelli, come tale facente parte anche lui della scuola di rapporti con Lui: e furono soprattutto rapporti di discepolo an
Scialoja. Si trattò di un fatto al quale non si è mai dato il dovuto che quando diventarono rapporti di amico e di collega». Quasi
risalto, ma forse è il caso di rilevare che nessuno aveva (e avesse dimenticato o voluto dimenticare che si era laureato con
avrebbe) mai avuto un simile incarico e un simile onore. Sta di lui in diritto romano a luglio del 1893 e quasi che, ad un certo
fatto che de Francisci non esitò a regolarsi in quel modo e che punto, avesse uguagliato Vittorio Scialoja.
quella sua decisione dovette rappresentare un grande smacco E difficile dire se il silenzio serbato da Chiovenda di fronte
non solo per Carnelutti, che aveva fatto il progetto del 1926 e alle spoglie mortali del suo maestro fosse giustificato o no. Così
che perciò era più che legittimato a sperare di essere tenuto an come è difficile dire se le parole ch'egli scrisse in quella prefa
cora in considerazione, ma anche e soprattutto zione fossero o no le più opportune. Sta di fatto che, a novembre
per Chiovenda,
che era collega di facoltà di de Francisci e si era battuto per anni del 1937, Pietro de Francisci, che nel frattempo era ridiventato

per la riforma del codice di procedura civile, fino a redigere, rettore della Sapienza romana, prese una decisione che agli oc
sotto le ali protettrici di Scialoja, il suo famoso chi miei ha una ben precisa ratio, ma che, comunque siano an
progetto.
Ebbene, il sospetto che nella decisione di de Francisci vi fos date le cose, non mi riesce di giustificare: non consentì che i fu
se lo zampino di Scialoja è stato per me immediato, ma, stante nerali di Giuseppe Chiovenda si svolgessero nell'Università di
la delicatezza del problema, non ho osato affermarlo con certez Roma.
za. Poco dopo, però, quando avevo già licenziato il saggio su
Redenti, mi è parso doveroso vincere le mie esitazioni perché,
rileggendo con maggiore attenzione il saggio di Luigi Trompeo
Nota bibliografica
su Scialoja (Trompeo era un altro genero di Scialoja, avendone
sposato la figlia Cecilia), ho notato che Pietro de Francisci non
solo aveva Per i ragguagli bibliografici, mi sia consentito rinviare ai miei Storie
ripubblicato, come presidente di Jus e insieme con
di processualisti e di oligarchi. La procedura civile nel Regno d'Italia
Amedeo Giannini, tutte le opere di Scialoja, ma, a gennaio del
(1866-1936), Milano, 1991; Il primo presidente Mortara e i «due illu
1932, come rettore dell'Università di Roma e insieme con tutti i
stri rissanti», in Rass. dir. civ., 1993, 12 ss.; Vittorio Scialoja e la
professori della Sapienza romana, aveva anche proposto al par maiuscola reverenziale di Giuseppe Chiovenda, in Dir. romano attuale,
lamento norvegese di conferire al professore Vittorio Scialoja il 2000, fase. 3, 71 ss.; Beatrice Chiovenda in Foro it., 2002,
Canestro,
premio Nobel per la pace! Che è tutto dire. V, 195 ss.; Alla scoperta di Enrico Redenti, in Riv. trim. dir. e proc.
Si aggiunga che Trompeo, nel suo libretto (che è del 1939), civ., 2006, 75 ss.; Pietro de Francisci e la procedura civile, nel mio II
per un verso non menziona mai Chiovenda, a riprova che questi processo civile nello Stato democratico, Napoli, 2006, 245 ss.; Lodovi
non era più nel cuore degli Scialoja, e per l'altro tiene a ricorda co Mortara nel 150° anniversario della nascita, nel mio Scritti in onore
dei «Patres», Milano, 2006. Adde de Francisci, Vittorio Scialoja, in
re che de Francisci era un collaboratore di Scialoja: il che è as
Arch, giur., 1935, 3 ss.; Talamanca, Vittorio Scialoja, in Juristas uni
solutamente vero, perché, come ci ha ricordato WalterRodino, versales a cura di Domingo, III, Madrid-Barcelona, 2004, 672 ss.
il segretario di Vittorio Scialoja all'Unidroit era de Francisci!
Si consideri poi che de Francisci (che doveva avere un'antica
gratitudine per Scialoja, che nel 1915, come ci ha rammentato
Giuliano Crifò, aveva presieduto la commissione che gli aveva
dato la cattedra), alla morte di Scialoja, lo commemorò un po'
dappertutto e che nel 1936, quando a Procida venne scoperta la
lapide dettata da Mussolini per Vittorio Scialoja, a tenere l'allo
cuzione ufficiale fu ancora de Francisci. Il che sta con troppa
evidenza a significare che Pietro de Francisci, negli anni trenta,
era molto
caro non solo a Scialoja, ma anche alla sua famiglia,
esattamente come lo era Chiovenda nel 1917-1918, quando gli
si affidò il compito di commemorare Simoncelli.
Così stando le còse, non mi pare si possa dubitare che l'inca
rico di riformare il codice di procedura civile sia stato dato da
de Francisci a Redenti su suggerimento di Vittorio Scialoja o,
comunque, interpretando la sua volontà. Escludereiche Scialoja
abbia influito anche sulla svolta autoritaria da de Fran
impressa
cisci ai lavori per la riforma del codice, ma non avrei dubbi nel
l'affermare che l'idea di conferire quel prestigiosissimo incarico
a Redenti rispecchiasse i suoi desideri. Infatti, la «tecnica»
(chiamiamola così...) è la stessa utilizzata trent'anni prima nei
confronti di Mortara: allora la cattedra di Roma fu data a uno
studioso che, sia detto con tutto il rispetto per Simoncelli, non
c'entrava assolutamente niente con la procedura civile; nel
1932, l'incarico di redigere il nuovo codice fu dato ad Enrico
Il Foro Italiano — 2006.

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