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VEnezia DOcumenta

Servizi bibliotecari
e Archivio della comunicazione
Comune di Venezia

08 Archivio del ricordo


Memorie giuliano-dalmate a Venezia
Archivio del Ricordo
Un progetto per la città
di Tiziana Agostini
Assessora alle Politiche Educative
del Comune di Venezia

Nel decennale dell’istituzione del Giorno del Questo numero speciale di VeDo si struttura Giornata del Ricordo 2012: eravamo in professionalità dei suoi operatori sia dalla
ricordo della tragedia delle foibe e dell’esodo in una prima parte di presentazione in cui si il- tanti alla Biblioteca di Marghera, luogo di integrazione del suo lavoro con quello del-
degli italiani da Istria, Fiume e Dalmazia, Vedo lustra il progetto e si esprimono le motivazioni incontro e di studio, di confronto e di doc- le associazioni che operano nel territorio e
dedica il suo ottavo numero all’ultima iniziativa che hanno mosso il Comune e le Associazioni umentazione. Il Comune di Venezia vi or- perseguono i medesimi fini, in una pratica
del Comune di Venezia per ricordare quanto ac- alla sua realizzazione, una seconda parte storica ganizzava uno degli eventi del calendario di condivisione di obiettivi, nell’autono-
caduto alle migliaia di istriani, giuliani e dalmati curata da Antonella Scarpa, coordinatrice dell’i- delle manifestazioni volte a celebrare una mia dell’operare di ciascuno.
tra il 1944 e il 1956 ossia l’Archivio del ricordo. niziativa, e una terza parte di ricordi, trascrizioni pagina dolorosa e non abbastanza conos- Poiché le buone volontà non vanno solo
Memorie giuliano-dalmate a Venezia. Un archi- di video interviste di testimoni diretti dell’esodo ciuta. Pubblico numeroso e soprattuto proclamate, ma definite e confermate da
partecipe, perché costituito anche da testi- atti amministrativi capaci di superare la
vio virtuale che raccoglie documenti, foto e testi- adattate alla forma scritta. Seguono la biblio-
moni diretti dei diversi esodi che dall’altra contingenza delle decisioni, il progetto
monianze in video interviste degli esuli istriani, grafia dell’esodo reperibile nelle biblioteche del
sponda dell’Adriatico hanno portato nella “Archivio del Ricordo” e’ stato formaliz-
fiumani, zaratini arrivati nel Comune di Venezia Sistema bibliotecario comunale e un ricco appa-
nostra sponda italiani che avrebbero po- zato nel 2013 da una convenzione sotto-
del decennio tra la metà degli anni quaranta e rato fotografico che caratterizza ogni numero di
tuto rimanere pienamente tali solo abban- scritta da Comune di Venezia, Associazi-
cinquanta del Novecento. Un archivio che ha VeDo. Nel sito internet già ricordato possono donando l’Istria, Fiume e la Dalmazia. one Nazionale Partigiani d’Italia ANPI,
l’ambizione di continuare a svilupparsi nei pros- essere ascoltate altre video interviste e consultati La percezione commossa di quel momen- Associazione Nazionale Venezia Giulia e
simi anni grazie a nuovi documenti ed interviste differenti documenti. to fu che non poteva rimanere solo un Dalmazia ANVGD, Istituto Veneziano per
ed è consultabile interamente all’indirizzo http:// episodio, che bisognava sostanziare le la Storia della Resistenza IVESER e rEsis-
www.albumdivenezia.it/easyne2/LYT.aspx?ID L’Archivio del ricordo. Memorie giuliano-dalma- emozioni provate e le umane verità ascol- tenze.
LYT=410&Code=AlbumVE&ST=SQL&SQL= te a Venezia si integra con il complesso sistema tate in modo duraturo. Perché i testimoni Dopo le prime interviste, subito raccolte,
ID_Documento=452 di documenti eterogenei (foto, video, manifesti, della storia sono certamente enciclopedie oggi la struttura del lavoro prende forma,
ecc.) afferenti la storia contemporanea raccolto viventi, ma a differenza di quelle cartacee come testimonia questo numero mono-
Il progetto voluto dall’Assessorato alle Attività dal Comune di Venezia e reso disponibile attra- non possono sfidare lo scorrere dei sec- grafico di Ve.Do. Si tratta naturalmente di
culturali ha coinvolto numerosi servizi di questa verso l’Album di Venezia in maniera sempre più oli. Abbiamo lanciato così l’idea dell’Ar- un work in progress, perché ancora molte
direzione, in particolare VEZ -la biblioteca civica connesso all’ampio patrimonio bibliotecario del chivio del Ricordo. Era infatti necessario testimonianze attendono di essere regis-
del Comune- e l’Archivio della Comunicazione, Comune di Venezia. Questi importanti fondi per cominciare a raccogliere i racconti orali trate e digitalizzate.
inoltre il Centro di documentazione di storia lo- lo studio della storia contemporanea possono es-
dei protagonisti e assieme ad essi i doc- Nell’esprimere gratitudine e plauso a
umenti - foto, certificati, scritti - che con- quanti hanno creduto e lavorato con entu-
cale di Marghera, la Presidenza del consiglio mu- sere consultati separatamente (www.albumedi-
sentissero di formare una solida messe di siasmo in questi mesi, rimane il rammarico
nicipale, professionisti e soprattutto associazioni venezia.it e http://sbuvenezia.comune.venezia.
informazioni su cui costruire una nuova per quei testimoni che ci hanno lasciato:
impegnate in prima battuta nell’importante ope- it/bw5net/opac.aspx?WEB=SBVE&SRC=SADV)
ed ulteriore elaborazione storica. Accessi- con loro se n’è andata parte della possibil-
re di coltivare le memorie del recente passato: l’ o congiuntamente attraverso il meta mo- bile, immediata e ricca, com’è la struttura ità di un racconto più articolato di quanto
ANVGD (Associazione Nazionale Venezia Giu- tore di ricerca Dove (http://sbuvenezia.co- stessa dell’Archivio della Comunicazione, vissuto da quegli esuli che hanno trovato
lia e Dalmazia), l’ANPI (Associazione Nazionale mune.venezia.it/DCSearch/MetaSearch. un servizio del Comune di Venezia che, in in Venezia un naturale approdo. Naturale
Partigiani d’Italia), l’IVESER , l’Istituto veneziano aspx?WEB=MMVE&searchmode=simple ) collaborazione con i Servizi Multimediali, per la matrice veneziana di Istria e Dalma-
per la storia della Resistenza e della Società con- raccoglie e organizza i materiali della sto- zia, non certo per l’accoglienza ricevuta.
temporanea) e rEsistenze. La Redazione ria più o meno recente della nostra città, e Cosi’ se la nostra città sconta molte inade-
li mette a disposizione nella rete. guatezze, certamente prima ancora della
La ricchezza dell’Archivio deriva sia dalla istituzione della Giornata del Ricordo, di

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Presentazione
di Antonella Scarpa

cui si celebrano i due lustri, ha comincia- L’esodo giuliano dalmata, ovvero gli esodi, La raccolta di testimonianze orali utilizza lo
to ad onorare quella storia facendone me- della maggior parte della popolazione italiana strumento delle videointerviste, rivolte a un
moria da condividere e ammonimento alle dall’Istria, Fiume e Dalmazia è uno dei momen- campione di esuli sul territorio veneziano o che
generazioni future. ti più drammatici e tormentati della storia con- qui si sono poi trasferiti. Le interviste in linea
temporanea del nostro Paese. di massima saranno strutturate in una serie di
Storicamente legati a quelle terre da antichi punti riguardanti i momenti salienti dell’esi-
rapporti, Venezia e il Veneto sono in Italia tra i stenza dei testimoni: la vita nei luoghi d’ori-
luoghi più coinvolti in quei tragici fatti. gine, l’esperienza della guerra, la decisione di
Il Comune di Venezia – da sempre attento e partire, la partenza, la scelta o la casualità del
sensibile a ciò che riguarda la storia della città luogo di arrivo, l’arrivo, l’accoglienza, il campo
di Venezia e dei suoi abitanti – attraverso l’As- profughi, il trasferimento negli alloggi destinati
sessorato alle attività culturali in forte intesa e ai profughi nel Comune di Venezia, il lavoro,
collaborazione con le associazioni Anpi, Asso- il tempo libero, le difficoltà, o meno, di inse-
ciazione nazionale partigiani d’Italia, ANVGD, rimento e di integrazione nel tessuto urbano e
Associazione nazionale Venezia Giulia e Dal- sociale nel territorio comunale.
mazia, Iveser, Istituto veneziano per la storia Il rispetto del testimone, della sua cultura, at-
della Resistenza e della società contemporanea teggiamenti, tradizioni, credo religioso e orien-
e rEsistenze – ha avviato un progetto di rac- tamento politico sarà garantita al massimo li-
colta di testimonianze e documenti sull’esodo vello, come massimo sarà il rispetto per l’invi-
istriano, fiumano, dalmata intendendo riper- tabile carico di dolore dei ricordi.
corre gli avvenimenti e le cause che lo hanno Nel sito del progetto sono visibili le videointer-
determinato e gli effetti che ha avuto nei luoghi viste con un leggero montaggio, che non alte-
di origine e di destinazione, in particolare nel ra in nessun modo la testimonianza, ma solo
territorio veneziano. la restituisce al pubblico in modo più fruibile
L’obiettivo è costituire un archivio multime- e gradevole alla visione. Le videointerviste in-
diale con documentazione tipologicamente tegrali, documenti di storia orale, riversate su
diversa per poter offrire un “corpus” sia a quan- DVD saranno messe a disposizione di utenti e
ti hanno esigenze informative di base come a studiosi presso il Centro di documentazione di
studiosi e ricercatori. Inoltre, profonda è la con- storia locale della Biblioteca di Marghera.
vinzione che solamente attraverso la creazione Sono inoltre raccolti documenti, articolo di
di un archivio documentale sia possibile un’a- giornale, pubblicazioni, fotografie, iconografie
deguata conservazione e valorizzazione della e quant’altro possa contribuire alla conoscenza
memoria nonché l’approfondimento oggettivo delle diverse storie personali, utili per costruire
di quanto accaduto e l’allargamento delle fonti i legami tra le esperienze individuali e la storia
disponibili per la ricerca storica. collettiva. Sono rintracciabili attraverso alcuni

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La giornata del ricordo
di Mario Bonifacio
ANPI Provinciale Venezia

percorsi tematici quali, ad esempio, la città di mentre la produzione e post–produzione delle La Giornata del Ricordo vuole commemorare della Carta Atlantica per la quale avevano com-
provenienza. La documentazione originale è videointerviste è a cura del Servizio Videoco- - nella complessa vicenda del confine orienta- battuto gli Alleati, quanto dei principi dell’in-
digitalizzata e riconsegnata a coloro che la pre- municazione. le - la tragedia delle foibe, che nei due episodi ternazionalismo comunista: ambedue infatti
stano per l’iniziativa. Le indagini storico–culturali e il coordinamen- del settembre 1943 nell’Istria meridionale e prevedevano che l’appartenenza statale delle
Le videointerviste e i documenti digitali sono to con le Associazioni, in qualità di storica ed del maggio 1945 sul Carso triestino, ha visto la regioni mistilingue dovesse basarsi sull’autode-
catalogati e archiviati grazie ad apposite schede esperta della materia, sono a cura di Antonella scomparsa di circa 4500 persone (molte morte cisione dei popoli interessati espressa con liberi
archivistiche, secondo gli standard ICCD, così Scarpa. nelle prigioni jugoslave), ma soprattutto l’e- plebisciti.
come stabilito dal Ministero per i Beni e le Atti- sodo dei 250.000 – 300.000 istriani, fiumani, L’ANPI - erede dei valori e dei principi di de-
vità Cultura, e questo consentirà un’omologa- zaratini avvenuto dal 1947 al 1955, che costi- mocrazia, pace e fratellanza tra i popoli che
zione dei criteri di archiviazione, facilitandone tuisce la vera tragedia di quelle terre. Avveni- sono stati alla base della lotta di Liberazione - è
la successiva ricerca in rete. mento definitivo, irreversibile, in quanto segna stata sempre impegnata contro i nazionalismi
La raccolta di testimonianze e documenti è su storicamente la fine della millenaria presenza che hanno avvelenato l’Europa nel Novecento.
logica base volontaristica, ma si cercherà tutta- neolatina in quelle zone. E avvenimento che ha Oggi che i confini materiali sono in gran parte
via di “coinvolgere” esuli da diverse parti e città segnato pesantemente la vita di molte persone, caduti, è in prima linea nell’opera di elimina-
dell’Istria e della Dalmazia, per poter restituire con il doloroso rimpianto delle comunità per- zione dei confini che ci portiamo nelle menti,
la complessità e la diversità, pur nella accumu- dute durato fino alla loro morte. nell’eliminazione di pregiudizi e stereotipi che
nante vicenda dell’esodo, delle esperienze se- Gente indotta all’esodo per l’ansia di libertà e ci dividono, e questo perché l’affratellamento
condo la zona di provenienza. Il progetto non democrazia dopo venti anni di dittatura fasci- delle genti è premessa alla costruzione della co-
ha una particolare scadenza temporale, propo- sta e due di dominazione nazista, per vivere se- mune casa europea.
nendosi di coinvolgere il maggior numero di condo le proprie tradizioni, per non sottostare Ricordare quanto è successo per impedire che
privati cittadini, enti e istituzioni interessate alla ad una dittatura straniera sostanzialmente na- abbia a ripetersi. L’ANPI si sente impegnata a
costituzione e continua implementazione dell’ zionalista. Pagava, quella gente, per colpe che trattare la storia del confine orientale anche nel
“Archivio del Ricordo”. erano state di tutto lo stato italiano, e uguale ricordo dei tanti esuli che hanno fatto parte
È compito dell’apparato storico critico, che ac- ingiusta sorte toccò allora molte zone di confi- dell’Associazione, che ci hanno reso eviden-
compagna questo lavoro, fornire gli strumenti ne nell’Europa. te la falsità dell’equazione esuli uguale fascisti,
per la valutazione della rappresentatività delle E’ da ricordare che la guerra di aggressione sca- come anche nel ricordo delle tradizioni antifa-
singole memorie, inserendole nella dimensio- tenata dal nazifascismo, oltre all’immane car- sciste e della rilevante partecipazione alla Resi-
ne collettiva della comune dolorosa esperienza neficina di 60 milioni di vittime, ha comportato stenza avvenuta in quelle zone.
dell’esodo. in Europa l’espulsione forzata, violenta, di 14
Le strutture dell’Amministrazione comunale milioni di persone costrette ad abbandonare le
coinvolte sono: l’Archivio della Comunicazio- terre dove abitavano da secoli, lasciando ogni
ne per il coordinamento generale e per la ge- loro avere. Trasferimenti coatti determinati da
stione del sito web, la Biblioteca di Marghera ragioni di stato che si ispiravano a spirito di ri-
e la Biblioteca civica di Mestre, con la collabo- valsa ed a feroci nazionalismi, che costituiva-
razione di Venis Spa per la parte informatica, no un tradimento tanto dei principi e postulati

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L’importanza di un archivio
dell’esodo giuliano dalmata
di Alessandro Cuk
Presidente ANVGD Venezia

Uno dei compiti dell’Associazione Nazionale tudini sociali e delle tradizioni, la criminalizza- niera magari tardiva (tanti, troppi testimoni signi- di smistamento dei profughi, ma molti poi si fer-
Venezia Giulia e Dalmazia è quello di ricordare, zione della vita religiosa ed un senso di com- ficativi ormai non ci sono più), è fondamentale marono nel Veneto e nel veneziano in particola-
di dare una testimonianza diretta “delle foibe, pleta estraneità alla nuova realtà furono fattori fissare in una serie di videointerviste i racconti re dove erano numerosi campi profughi. Quat-
dell’esodo giuliano dalmata e delle complesse che influenzarono pesantemente la decisione di tante persone che hanno vissuto le molteplici tro stavano a Venezia, il più importante era nel
vicende del confine orientale”, come spiega il te- di partire. I licenziamenti e gli espropri, le con- sfaccettature di quelle vicende. In quei territori, Convitto Foscarini a Cannaregio in fondamenta
sto della Legge sul Giorno del Ricordo istituita fische dei beni e delle aziende, il “lavoro volon- infatti, bisogna parlare di esodi, perché sono di- di S. Caterina, poi un altro all’Istituto dei To-
dal Parlamento nel 2004. tario”, la socializzazione forzata, contribuirono a versi in termini di tempi e di modi. L’esodo da lentini (ora facoltà di Architettura) e gli altri due
Certamente sono passati ormai più di 65 anni far crollare la base economica di molte persone Zara e dalla costa dalmata è diverso da quello da alla Scuola Giacinto Gallina vicino all’Ospedale
da quel 10 febbraio 1947 quando il Trattato di privandole del necessario sostentamento. L’ap- Fiume, quello da Pola è diverso da quello di altre Civile e nella Caserma Cornoldi in Riva degli
Pace di Parigi ha sancito il passaggio dell’Istria, parato repressivo poliziesco instaurò un clima zone dell’Istria e quello della cosiddetta zona B Schiavoni. Uno era a Mestre a Carpenedo nella
di Fiume e di Zara alla Jugoslavia. Allora in quei di tensione e sospetto che portò alla negazione (Capodistria, Pirano e zone limitrofe) si risolve Scuola di via del Rigo.
territori, che erano stati dapprima dell’Impero delle libertà individuali fondamentali. Molti cit- solamente dopo il Memorandum di Londra del Inoltre a Venezia trovarono ospitalità molti
Romano e poi per molti secoli della Repubbli- tadini furono bollati come “nemici del popolo” e 1954 che ratifica il passaggio anche di quel terri- istriani, specialmente di Pola, dipendenti della
ca di Venezia, la stragrande maggioranza della subirono angherie e soprusi di ogni tipo, anche torio alla Jugoslavia. Marina Militare che vennero alloggiati nella ca-
popolazione era italiana, per lingua, per cultura, l’eliminazione fisica, patendo il capestro della Allora avere l’opportunità di ascoltare più voci serma Sanguinetti a S. Pietro di Castello. Singole
per tradizione, per usi e costumi. Il dialetto era cosiddetta giustizia popolare, con processi farsa diventa un elemento prezioso perché così si pos- famiglie vennero anche sistemate nella scuola
quello istro-veneto e questo è un dato oggetti- e condanne spropositate ed immotivate. L’insie- sono costruire più tessere di un mosaico com- meccanici in Campo della Celestia, nelle caser-
vo. Le tragiche vicende della guerra hanno por- me di questi fattori fece sì che un intero popolo posito ed articolato con l’occasione di cogliere mette sommergibili dietro le mura dell’Arsenale
tato l’Italia ad essere trattata al tavolo dei potenti partì, senza distinzione di ceto sociale. maggiormente il percorso storico avvenuto lun- ed in alcuni forti del Lido.
come una nazione sconfitta che doveva pagare Una vicenda che per più di cinquant’anni è ri- go un ampio periodo di tempo e che ha, negli La seconda ragione significativa per la presenza
un prezzo, anche in termini di confini. Dall’altra masta nell’oblio della memoria, una pagina anni dell’immediato dopoguerra, la sua punta di un archivio a Venezia è che la città lagunare
parte il nazionalismo slavo ha usato tutti i mezzi strappata dai libri di storia e che soprattutto in più elevata. E sono tante le esperienze, di quo- è sempre stata considerata, dagli esuli giuliano
possibili per cancellare la presenza italiana e da questo ultimo decennio ha avuto la possibilità tidianità e di sopraffazione, di morti violente di dalmati, una sorta di capitale storica e culturale
questa realtà il passaggio all’esodo è stato quasi di trovare una giusta considerazione per far co- parenti e amici e poi il dover abbandonare tutto di quei territori. Quei lunghi secoli nei quali in
obbligato e centinaia di migliaia di persone han- noscere quegli eventi drammatici e per non di- per partire verso l’ignoto. Trasporti più orga- Istria e in Dalmazia sventolava il vessillo di San
no lasciato tutto per rimanere liberi e italiani. menticare un popolo che è stato dolorosamente nizzati, con la nave, come è successo da Pola, Marco non sono mai stati dimenticati, anzi per
Diverse furono le cause: il passaggio ad un re- colpito da questi eventi. È chiaro che quando si ma anche con mezzi di fortuna e anche fughe moltissimi, testimoni anche il dialetto e i mo-
gime di stampo comunista comportava infatti parla di eventi storici un particolare interesse va rischiose per chi voleva restare italiano e non numenti (Leoni compresi), Venezia ha sempre
tali differenze nel modo di vita sul piano econo- verso quelle persone che hanno vissuto in prima aveva il permesso di partire. rappresentato un punto di riferimento prezioso,
mico, politico, sociale, amministrativo, religioso persona quegli eventi, che possono raccontare le La costruzione di un archivio diventa ancora più la radice essenziale del popolo giuliano dalmata.
e culturale, per cui molte persone preferirono vicende che hanno provato sulla propria pelle e importante a Venezia, almeno per due motivi. Il
perdere tutto ciò che possedevano pur di fuggire che magari hanno la possibilità anche di avere primo è che Venezia è stata una delle città più
da una realtà percepita come ostile e pericolosa. delle documentazioni di quello che raccontano. importanti per l’esodo giuliano dalmata, le navi
L’introduzione della lingua slovena e croata nella Ecco perché è importante realizzare un archivio che facevano spola da Pola arrivavano ad Anco-
vita di tutti i giorni, l’azzeramento delle consue- della memoria giuliano dalmata. Anche se in ma- na e Venezia che diventava un importante centro

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Gli ultimi esuli
di Mario Bonifacio

Ieri 30 gennaio 2014 ho scaricato il “Piccolo” stra giovinezza. Ed era bello godere l’uno della E’ giusto e doveroso che Venezia si attivi per
di Trieste per leggere della morte del mio gran- compagnia dell’altro, cantando assieme le no- conservare la memoria di questi suoi figli che
de compaesano prof. Lucio Parenzan, pioniere stre canzoni espresse dalla nostra cultura e tra- l’ingiustizia della storia ha condannato all’estin-
della cardiochirurgia neonatale e infantile, uno dizione, che cantavamo anche come omaggio zione.
degli ultimi nostri grandi, che con la sua ope- ai nostri vecchi dai quali le avevamo apprese… E ricordiamo sempre che altro grande compito
ra ha onorato l’Istria e l’Italia. Nell’occasione Oggi siamo rimasti in pochi e nessuno canta che ci spetta è quello di dare ogni aiuto possi-
osservavo come tra i necrologi del giornale più. E assieme a noi sparisce il ricordo di quel bile ai cosiddetti “rimasti”, quelli che per i più
triestino sono ancora numerose le indicazioni nostro modo di vivere, di quel nostro piccolo vari motivi non hanno scelto l’esodo, ovvero
della condizione di esule: “lontano dalla sua paradiso terrestre, nel quale la natura aveva tan- ai loro discendenti, anche se non c’è certez-
Rovigno è mancato …” oppure dopo il nome ta parte e specie quel mare che tanta importan- za che anche con tale aiuto possano sottrarsi
del defunto il riferimento “di Isola” “di Capodi- za aveva avuto nella qualità della nostra vita. all’assimilazione. Dobbiamo comunque impe-
stria” ecc… È doveroso operare perché, anche dopo spa- gnarci al massimo perché l’attuale esile piantina
Questo ricordare dopo tanti decenni, fino alla riti gli ultimi esuli, rimanga la memoria di quel dell’italianità in quelle terre possa crescere, irro-
morte, le nostre origini, le nostre disperse co- mondo di ieri, dello spirito delle nostre comu- bustirsi e tornare ad essere una delle tre radici
munità, dà chiara indicazione come per un nità, di quella gente semplice e seria di indole dell’identità istriana
esule il dolore iniziato con l’abbandono del laboriosa, pacifica e bonaria, aliena dalla vio-
proprio luogo duri fino alla morte. È qualcosa lenza. Che, anche nei luoghi del reinsediamen-
che ha segnato tutta la nostra vita durante la to, mai ha dato motivo alla cronaca nera di oc-
quale abbiamo considerato quei luoghi, e quel- cuparsi di loro. Ricordare anche la particolare
le comunità che ci hanno visti nascere e che ci considerazione che anche la nostra gente più
hanno formato, come la nostra vera casa, nella umile aveva della cultura: un verso dell’”Inno
quale abbiamo lasciato il nostro cuore. all’Istria “ recita: “Qui il sapere ebbe culto ed
Ed ormai inoltrati nella vecchiaia dobbiamo onor” ed era proprio così.
constatare che il tempo non ha lavorato a no- Ricordare la componente marittima, oggi pres-
stro favore, non è riuscito a lenire quella ferita. soché dimenticata, cosa hanno significato i ma-
Semmai ha rafforzato la sensazione che lontani rittimi per l’economia e la cultura, erano una
da quei nostri cari paesi era impossibile essere finestra aperta sul mondo che ci preservava dal
realmente e pienamente felici. E non è servi- provincialismo.
to avere case comode, benessere, posizioni, e Ecco perché è importante, anche se tardi-
neanche essere inseriti ed attivi nelle comunità va, l’iniziativa del Comune di Venezia per
dove risiediamo: con il cuore e con la mente la conservazione di documenti degli esu-
siamo sempre di là del mare. li, perché con Venezia abbiamo convissu-
Fino a quando molti dei nostri erano ancora in to per oltre mezzo millennio (i nostri paesi
vita era consolante e bello ritrovarci, ricordare hanno iniziato a far parte della Serenissi-
gli amici di allora, la felice stagione della no- ma quarant’anni prima della stessa Mestre).

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Caterina Brunetta Krismanich, nata a Ledenizin nel 1869, nonna di Giuseppe, con due amiche. Bagnanti sulla battigia a Punta Amica, Zara. Cartolina, 1936.
Fondo Giuseppe Budicin Fondo Sergio Brcic

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Certificato d’identità personale rilasciato a Sergio Brcic nel 1944
Certificato di battesimo di Ester Chiades, rilasciato ad Albona d’Istria, il 19 dicembre 1904. dal Commissario Prefettizio del Comune di Alleghe.
Fondo Regina Cimmino Fondo Sergio Brcic

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Certificato di profugo riguardante la famiglia Toncetti, rilasciato
Certificato di cittadinanza rilasciato ad uso esodo dal Comune di Pola nel 1947.
il 14 febbraio 1947 dal Comitato Assistenza per l’esodo di Pola.
Fondo Irma Sandri Ubizzo
Fondo Luciano Toncetti

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Conferma di cittadinanza italiana di Krismanich Caterina, mamma di Giuseppe Budicin. Certificato di residenza di Sergio Brcic rilasciato dal Comune di Zara nel 1943.
Fondo Giuseppe Budicin Fondo Sergio Brcic

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Dichiarazione di profugo di Furio Percovich rilasciata
dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Zara. Fiume. Ponte sull’Eneo ex confine Italo Jugoslavo. Cartolina Ed. ris. F Slocovich, 1943.
Fondo Furio Percovich Fondo Giuseppe Budicin

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Frontespizio della Carta di cittadinanza di Giuseppe Budicin, rilasciata
nel 1990 dall’Associazione Libero Comune di Fiume in esilio.
Fondo Giuseppe Budicin

Interno della Carta di cittadinanza di Giuseppe Budicin,


rilasciata nel 1990 dall’Associazione Libero Comune di Fiume in esilio.
Fondo Giuseppe Budicin Fiume. Via Nicolò Macchiavelli, Cartolina Ed. ris. F Slocovich, 1943.
Fondo Giuseppe Budicin

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La famiglia di Domenico Sessa, nonno materno di Luciano Toncetti, proveniente da Curzola Interno della tessera provvisoria rilasciata da ANVG di Venezia a Loris Brcic nel 1950.
(Dalmazia), una prima volta esuli a Pola dopo il trattato di Rapallo del 1920. Fondo Sergio Brcic
Fondo Luciano Toncetti

Giuseppe Budicin a 5 anni in Piazzale Concordia a Marghera nel 1950. Interno della tessera di frontiera di Giorgio Budicin rilasciata dalla Questura di Fiume nel 1929.
Fondo Giuseppe Budicin Fondo Giuseppe Budicin

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Irma Sandri Ubizzo a Sissano nel 1943.
Fondo Irma Sandri Ubizzo
Foto di Ersilia Cimmino, nel 1939, a Pola. Sullo sfondo l’Arena e la statua di Cesare Augusto
(quest’ultima attualmente è a Gorizia)

La processione dell’Assunta a Sissano il 15 agosto 1938. Foto di Franca ed Ersilia Cimmino, nel febbraio 1947, prima della partenza da Pola.
Fondo Irma Sandri Ubizzo Sullo sfondo l’Arena

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Tessera di frontiera di Giorgio Budicin rilasciata dalla Questura di Fiume nel 1929.
Fondo Giuseppe Budicin

Maria Rosa Zomaro, moglie di Mario Bonifacio, sul Monte Mogor. I Zara, Diga e Fabbrica Maraschino Luxardo.Cartolina, 1939.
n lontanaza il porto di Pirano. 1949. Fondo Sergio Brcic
Fondo Mario Bonifacio

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Ritratto della famiglia Budicin con Caterina Brunetta in Krismanich e la piccola Caterina, Mario Cocolet sulla sinistra e il fratello Claudio seduti davanti alla fontana
rispettivamente nonna e mamma di Giuseppe Budicin. nel parco alberato di Pola. 20 maggio 1936.
Fondo Giuseppe Budicin Fondo Mario Cocolet

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L’esodo degli istriani, fiumani
e dalmati.
Alcune note storiche
di Antonella Scarpa

L’esodo giuliano dalmata, ovvero gli esodi, rono i posti lasciati dai parenti. 2 zia. I pochi italiani rimasti abbandonarono la dei cittadini di nazionalità italiana, una volta
della maggior parte della popolazione ita- città dopo l’ingresso delle truppe jugoslave resisi conto di cosa concretamente signifi-
liana dall’Istria, Fiume e Dalmazia è uno dei La parola “esodo” nell’autunno del 1944. casse essere parte della Croazia, nell’ambito
momenti più drammatici e tormentati della Gli istriani, fiumani e dalmati dell’epoca della Repubblica popolare jugoslava. L’esodo
storia contemporanea del nostro Paese. chiamarono esodo, termine entrato a pieno Esodo “nero” da Fiume proseguì quindi nel corso del 1946,
Tra il 1944 e la fine degli anni Cinquanta, titolo nella storiografia italiana, questo mas- Nel 1945, prima della conclusione del con- per diventare fenomeno di massa con la de-
alla frontiera orientale d’Italia, più di 250.00 siccio spostamento, utilizzando un termine flitto, si colloca il cosiddetto esodo “nero”, finitiva annessione della città alla Jugoslavia
persone, in massima parte italiani, dovettero di chiara ascendenza biblica per indicare che cioè l’abbandono dell’Istria degli esponenti nel settembre del 1947.
abbandonare le proprie sedi storiche di resi- un popolo intero, in tutte le sue articolazioni più in vista del fascismo locale. Molti di co-
denza, vale a dire le città di Zara e di Fiume, sociali, le sue tradizioni e i suoi affetti, e non storo avevano già lasciato la regione dopo l’8 Pola
le isole del Quarnaro – Cherso e Lussino – una sola classe sociale, era stato costretto a settembre 1943. Lasciarono la penisola i capi Poco dopo avviene l’esodo da Pola: verifica-
e la penisola istriana 1, passate prima sotto lasciare la propria terra, sulla quale viveva da dello squadrismo, noti per la loro brutalità e tosi in un brevissimo arco di tempo e sotto
il controllo jugoslavo, e poi definitivamente almeno un millennio. accanimento antislavo, i federali e i generali l’attenzione degli osservatori internazionali,
assegnate all’allora Repubblica Popolare Ju- repubblichini. Rimasero i quadri inferiori del rappresentò l’episodio più noto dell’allonta-
goslava, dal trattato di pace del 10 febbraio “Esodi” partito fascista, e parte dei militari della Re- namento degli italiani dall’Istria, e divenne
1947. L’esodo ha avuto luogo nelle zone della re- pubblica Sociale Italiana, la cui presenza era il simbolo del loro “martirio”. Nonostante le
gione con fasi temporali e caratteristiche così stata autorizzata dai tedeschi, tutti partico- profonde differenze fra le due città, alcuni dei
Quanti diverse che ha indotto alcuni storici a preferi- larmente esposti alle rappresaglie jugoslave, meccanismi della scelta dell’emigrare in mas-
Una quantificazione precisa dell’esodo non re il termine plurale “esodi”.3 che si verificarono puntualmente al momen- sa sembrano simili. Anche Pola, dall’estate
è facile, sia per l’interpretazione controversa to dell’occupazione della Venezia Giulia. Nel del 1945, era una città isolata, ma a differen-
dei dati statistici, sia perché molti emigrarono Zara complesso, l’“esodo nero” è vicenda quanti- za di Fiume, dopo quarantacinque giorni di
senza essere censiti in Italia. Le Associazioni La prima vicenda in ordine cronologico è tativamente circoscritta e facilmente inqua- occupazione jugoslava, si insediò un Gover-
degli esuli spesso riportano la cifra di 350.000 quella di Zara, considerata a sé stante, in drabile nelle motivazioni. no militare alleato che resse la città, colloca-
unità, ma in recenti studi l’analisi dei dati e la quanto le partenze, già iniziate nel 1942, si ta in un’enclave circondata da un territorio
metodologia impiegata hanno consentito di verificarono prima della fine del conflitto. Fiume sottoposto all’amministrazione jugoslava,
effettuare una quantificazione globale delle Motivo principale furono i bombardamenti Primo esodo di massa è considerato quello fino all’autunno del 1947. Per questo moti-
partenze da quelle terre, che raggiunge una aerei che, tra il 1943 e il 1944, rasero al suo- di Fiume, dove le partenze iniziarono subito vo, in città era molto diffusa la speranza che
cifra vicina alle 280.000 unità – in un lavoro lo il centro abitato, con conseguente sfolla- dopo l’ingresso dei partigiani di Tito in città, la Conferenza di pace avrebbe tenuto conto
precedente ero arrivato alla cifra di 300.000 mento della popolazione a Trieste e a Vene- il 3 maggio 1945. L’annessione alla Jugoslavia della larghissima prevalenza degli elementi
unità comprendendo, però, anche sposta- come sorte definitiva della città – città carat- italiani, già risolto il delicatissimo problema
menti interni al territorio di popolazioni au- terizzata da una struttura urbana e da un tes- dello sgombero delle forze jugoslave. La de-
toctone (specialmente slovene) che occupa- 2 O. MILETA MATTIUZ, Le quantificazioni a compendio dei suto sociale complesso – fu immediatamente cisione della Conferenza di pace, invece, si
tracciati storici .. in: Senza più tornare, a cura di E. Miletto,
Torino, SEB 27, 2012, p. 122.
percepita dalla popolazione. Questa perce- abbatté sulla popolazione polesana, già pro-
zione, sommata all’isolamento della città, vata dall’esplosione del deposito di mine agli
3 PUPO, Op. cit., p. 191.
1 R. PUPO, Il lungo esodo, Milano, Rizzoli, 2005, p. 13. produsse una sorta di disperazione collettiva

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stabilimenti balneari di Vergarolla4, esplosio- renzo, ecc.), con la sostanziale differenza che le 1950 più che occasione di partecipazione ne della nota bipartita, che condusse Italia
ne che aveva alimentato il timore di un piano le partenze, che continueranno fino al 1949, democratica, furono indette come strumento e Jugoslavia sull’orlo del conflitto armato e
di eliminazione della componente italiana. non avverranno “in blocco”, ma saranno dila- di legittimazione del potere jugoslavo sulla costituì l’occasione di una nuova ondata di
La delusione fu così traumatica da incidere zionate nel tempo, rallentate dall’uso che le zona B, con la prospettiva della divisione violenza contro gli italiani dell’Istria, provo-
non poco sulla decisione della partenza. La autorità jugoslave fecero delle procedure pre- del Territorio libero di Trieste lungo la linea cando un aumento delle partenze, diminui-
peculiarità dell’esodo di Pola sta nel fatto viste dal Trattato di pace per l’esercizio del Morgan, soluzione a cui la diplomazia di Bel- te nei primi mesi del 1954. I livelli restavano
che la scelta di partire fu compiuta da tutte le diritto di opzione, applicate come misure re- grado guardava sempre più favorevolmente. comunque elevati, essendo ormai chiaro che
componenti sociali cittadine, anche da quella pressive per contrastare un esodo che minac- Ne derivava la necessità di un risultato plebi- si sarebbe giunti alla spartizione del Territo-
parte della classe operaia della città, di orien- ciava di svuotare completamente ampie aree scitario e di un concorso massiccio alle urne. rio libero di Trieste, formalmente sancita dal
tamento comunista, inizialmente sostenitrice della penisola istriana, rallentate inoltre per la Il rifiuto compatto della popolazione italiana Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954.
dell’annessione alla Jugoslavia. Iniziato nel differente collocazione geografica e il diver- a una simile operazione, concretizzatasi in Il Memorandum concesse agli italiani della
Natale del 1946, l’esodo si svolse compatto so status internazionale della zona rispetto ai un massiccio astensionismo, scatenò un’on- zona B un anno di tempo, prolungato poi di
e precipitoso nel giro di pochi mesi, vuotan- territori ceduti in forza del trattato di pace. data di violenza ai suoi danni. Dopo l’espul- qualche mese, per esercitare il diritto di op-
do la città di più del 90% dei suoi abitanti. sione della stampa estera, gli italiani furono zione. Il Memorandum, inoltre, prevedeva
Contrariamente all’esodo da Fiume, l’esodo Dalla zona B, infatti, nella seconda metà obbligati a recarsi ai seggi, la cui apertura fu uno Statuto speciale per le minoranze che
di Pola fu un fatto clamoroso, seguito anche degli anni Quaranta le partenze non furono prolungata fino a notte inoltrata. Conseguen- doveva tutelare il gruppo italiano in Istria, ma
sul piano mediatico dei tempi. molte: le cittadine istriane della zona erano le za immediata fu l’abbandono della zona da che non comportò, invece, nessun concreto
più vicine a Trieste, che continuava a essere parte di un migliaio di persone, perché era miglioramento. Prese avvio così il “grande
Parenzo, Rovigno e le altre cittadine frequentata, seppure tra crescenti difficoltà. diventato evidente che gli italiani dovevano esodo”, che, al ritmo di più di 1.000 partenze
dell’Istria cento meridionale, ovvero Inoltre, fino all’autunno del 1953 la sorte del- scegliere drasticamente: o accettare la nuova al mese, spopolò le cittadine e le campagne–
la Zona B dal 1945 al 1947 la zona B rimase irrisolta e anzi la dichiara- situazione o andarsene. Coerentemente con partirono anche i contadini, i quali fino all’ul-
Rispetto a quello di Fiume, l’esodo di Pola co- zione tripartita del 20 marzo del 1948, con la linea di politica estera mirante alla sparti- timo avevano cercato di resistere sulla loro
stituì un precedente psicologico di rilievo per la quale i governi degli Stati Uniti, Gran Bre- zione del Territorio libero di Trieste, vennero terra – della Zona B della quasi totalità della
altri istriani. La stessa scelta dei polesani fu tagna e della Francia si pronunciarono per il attuati una serie di provvedimenti per conso- componente italiana. A questi profughi sono
compiuta anche dagli italiani residenti in altre ritorno all’Italia dell’intero Territorio libero, lidare la barriera fra le due Zone e per modi- da aggiungere, quelli, fra cui molti sloveni, di
cittadine dell’Istria centro meridionale passa- alimentò l’illusione del probabile ricongiun- ficare la composizione etnica della Zona B, alcuni villaggi e frazioni del muggesano pas-
ti sotto la sovranità jugoslava (Rovigno, Pa- gimento. quali restrizioni al traffico di frontiera, prov- sati alla Jugoslavia per le correzioni previste
vedimenti finanziari volti a rendere impossi- dal Memorandum.
4 A Pola il 18 agosto 1946, ai bagni di Vergarolla, durante lo Capodistria, Buie, Pirano e il loro ter- bile la sopravvivenza ai lavoratori pendolari, Alla fine dell’aprile 1956 l’esodo, o gli esodi,
svolgimento delle manifestazioni sportive per il sessantesimo ritorio, ovvero la Zona B del Territo- licenziamenti e sfratti dei parenti degli esuli, possono considerarsi conclusi. Istria e Fiume
anniversario della fondazione della società per le attività ma-
rinare Pietas Julias – le gare natatorie della Coppa Scarioni – rio Libero di Trieste, dal 1947 al 1954 espulsione sistematica degli appartenenti ad comprendevano in cifra tonda 3.000 kmq
scoppiarono alcune mine inesplose, provocando la morte di più alcune categorie, come il clero e gli insegnan- con una popolazione valutabile nel 1940 in
di cento persone (non fu possibile accertare il numero esatto
delle vittime, alcuni corpi non furono mai ritrovati). Le inchieste La situazione iniziò a cambiare all’inizio de- ti, punto di riferimento per le comunità ita- 380 mila abitanti […] Di questi poco meno
condotte dal GMA Governo Miliare Alleato non portarono all’i- gli anni Cinquanta. Le elezioni per i comitati liane. di 200 mila, cioè una proporzione di sei su
dentificazione dei responsabili dello scoppio, ma in città prese
corpo l’ipotesi di un attentato di parte jugoslava ai danni della distrettuali di Capodistria e Buie del 16 apri- Tali misure accelerarono l’esodo, specie
popolazione italiana. nell’autunno del 1953, dopo l’emanazio-

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sette, scelsero la via dell’esilio [...]5. tuzione dei tribunali del popolo. Molto più e delle truppe di Tito sono sorrette dall’iden- speri, a testimonianza delle diverse posizioni
semplice fu però la percezione del fenome- tificazione fra Italia e fascismo e dalla conce- di diverse componenti il governo italiano nel
Foibe no nella popolazione italiana: le fonti del- zione del comunismo come unica modalità 1946, ma è facilmente documentabile come:
Durante l’insurrezione promossa e guidata la memorialistica ce ne restituiscono con possibile dell’antifascismo. Vengono così ar- il governo italiano non incoraggiò certo l’eso-
dai quadri clandestini del movimento di libe- grande efficacia la sorpresa e lo stupore – restati e deportati gli appartenenti alle forze do dalla Venezia Giulia, ma utilizzò canali di-
razione nel settembre del 1943 nella Venezia oltre che, evidentemente il terrore.7 di Polizia, della Guardia di finanza, anche se plomatici e mezzi finanziari atti a scongiurare
Giulia, in Istria in particolare, si verifica il pri- Il secondo momento di questi episodi di mai compromessi con il fascismo, membri l’abbandono da parte degli istriani della loro
mo degli episodi entrati nella memoria stori- violenze di massa contro la popolazio- dei CLN, esponenti antifascisti italiani non terra, ritenendo che fosse in primo luogo pe-
ca e collettiva con il termine “foibe”: vengono ne italiana della Venezia Giulia si verifica comunisti. Si verificarono inoltre “molti casi ricoloso sguarnire quei territori da un punto
infoibate fra le 500 e le 700 persone.6 Quan- nel maggio del 1945 nella zona di Trieste di arresti incontrollati e arbitrari”, che danno di vista nazionale, nel momento in cui la loro
to succede viene generalmente ricondotto, a e Gorizia. In realtà, solo una parte delle l’impressione di essere “diretti a prevenire sorte definitiva non era ancora stata sancita9.
livello di interpretazione storica, a una vio- vittime subì l’“infoibamento”, molti periro- mediante l’intimidazione qualunque inizia- Da parte italiana, specie negli ambienti degli
lenta e spontanea rivolta contadina, provoca- no in esecuzioni sommarie dopo la cattu- tiva italiana cominciasse a manifestarsi”. La esuli istriani, fiumani e dalmati, l’interpreta-
ta dall’oppressione della popolazione slava ra, la maggior parte di stenti e di malattie loro indeterminatezza invece, più che ad un zione più accreditata è che l’esodo sia l’esito
durante il ventennio fascista, ma alimentata nei campi di concentramento e lungo la progetto di “pulizia etnica”, come spesso si di un progetto di “pulizia etnica”, non solo
anche da antiche rivalità e sentimenti di ven- strada che conduceva alla detenzione. Se- sente affermare, è da ricondurre alla volontà per il risultato, che è indiscutibile, dal mo-
detta. Le violenze colpiscono inizialmente condo le stime più attendibili scomparvero di negare alla componente italiana un’auto- mento che la componente italiana venne eli-
esponenti del regime e proprietari terrieri, per 4–5.000 persone.8 Per buona parte della noma identità politico istituzionale, e di co- minata quasi completamente, ma anche per
poi degenerare in una caccia indiscriminata storiografia italiana, si tratta di una vasta stringerla quindi ad una presenza subalterna, l’esistenza di un programma preventivo di
contro chiunque fosse ricollegabile all’ammi- operazione di epurazione preventiva con- unica ritenuta adeguata da parte jugoslava, espulsione degli italiani. La documentazione
nistrazione italiana: dirigenti del PNF, carabi- tro oppositori, reali o eventuali, al progetto che considera l’italianità nella Venezia Giulia storica disponibile attualmente rivela invece
nieri, podestà, ma anche maestri, avvocati, annessionistico del gruppo dirigente jugo- creata artificialmente, per via di importazione una notevole complessità ai livelli decisionali
postini, farmacisti e commercianti. Attual- slavo riguardante la Venezia Giulia. Fase o di assimilazione. dello stato jugoslavo.
mente però, è più accreditata l’esistenza di del più ampio progetto della creazione di Al riguardo, nel corso degli ultimi anni si è
un progetto di eliminazione del potere italia- un’identità nazionale jugoslava saldamen- Perché andarsene fatta strada fra gli storici italiani un approccio
no e la sua sostituzione con un contropotere te legata alla costruzione di una società L’essere stato l’esodo per lungo tempo ogget- nuovo – possiamo chiamarlo “funzionalista”10
popolare, perché elementi di organizzazione comunista, si articola nella liquidazione di to di battaglia politica ha favorito la nascita di – che, sulla base dei materiali fino a oggi esi-
consapevole sono ravvisabili nelle procedure tutto ciò che rappresentava lo stato italia- spiegazioni semplificate riguardo le sue mo- stenti e, in particolare muovendo dall’anali-
degli arresti, nella creazione di punti di rac- no e nell’eliminazione di possibili antago- tivazioni. Da parte jugoslava l’esodo è stato si della linea della “fratellanza italo–slava”,
colta dei prigionieri – come Pisino – nella isti- nisti politici locali. Le azioni dei partigiani frequentemente considerato il risultato di ha proposto di considerare quella applicata
una scelta compiuta a freddo dal governo ita-
liano per creare imbarazzi alla diplomazia ju-
5 C. Schiffrer, L’esodo dalle terre adriatiche, in: La questione etnica 7 PUPO, Op. cit., p. 75. goslava e accrescere le difficoltà politiche del 9 C. Columni, Le organizzazioni dei profughi, in: C. Columni-
ai confini orientali d’Italia, a cura di F. Verani, Trieste, Italo Svevo, L. Ferrari-G. Nassini-G. Trani, Storia di un esodo, Trieste, Istituto
1990, p. 259.
8 Un conteggio relativamente preciso è straordinariamente PCI. È una tesi che non regge, non solo per regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-
complesso: si vedano i lavori G. Valdevit in Foibe. Il peso del
6 G. Valdevit, Foibe. L’eredità della sconfitta, in: Foibe. Il peso del passato, a cura di G. Valdevit, Venezia, Marsilio,1997 e R. quanto emerge dal carteggio Sereni–De Ga- Venezia Giulia, 1980, p. 279.
passato, a cura di G. Valdevit, Venezia, Marsilio, 1997, p. 20. Pupo-R. Spazzali, Foibe, Milano, Mondadori, 2003. 10 Pupo, Op. cit., p. 197.

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dalle autorità jugoslave come una politica di Una questione centrale di questo pianeta”13 , che si assiste a uno spo- no transitare un alto numero di profughi, dei
integrazione selettiva, che fin dall’inizio indi- L’impossibilità per gli italiani di mantenere la stamento forzato di popolazione che coin- quali 8.28916 si fermeranno nel comune di
viduava quale proprio interlocutore una par- propria identità, di individui e di comunità, volge circa 350 mila [sic!]individui costretti Venezia, tra centro storico e cosiddetta ter-
te fortemente minoritaria della popolazione in un mondo in cui ogni principio sembra ad intraprendere la via dell’esilio dirigendosi raferma, per i quali si attivò un intenso pro-
italiana – la classe operaia di orientamento sovvertito, sembra diventare la questione verso Trieste e le altre località della penisola gramma edilizio.
comunista – riconoscendo soltanto a essa centrale per la scelta dell’esodo e quindi italiana dove trovarono ospitalità all’interno Dopo la firma del trattato di pace del 1947, a
la legittimità della permanenza nella propria la decisione di abbandonare la propria ter- dei campi profughi dislocati in tutte le regio- Roma si costituiva il Comitato nazionale per
terra. ra, diventata ormai diversa e ostile, [rimane] ni italiane, oppure spingendosi verso territori i rifugiati italiani, l’esecutivo del quale fonda
L’interpretazione funzionalista, che per il mo- l’ultima possibilità concessa agli istriani per ben più lontani come le Americhe e l’Austra- nel 1948 l’Opera per l’assistenza dei Profughi
mento è formulata in linea di ipotesi, consen- restare italiani, vale a dire per restare sempli- lia.14 Giuliani e Dalmati. Il 27 aprile 1949 l’Opera
te di meglio cogliere parallelismi e differenze cemente se stessi...11 La prima accoglienza per chi ha scelto di an- diviene ente morale, un’organizzazione na-
esistenti tra la politica jugoslava verso gli ita- darsene sono i Centri di Raccolta Profughi, zionale pienamente legittimata dal governo
liani e quella del fascismo verso gli sloveni e chiamati semplicemente Campi Profughi: a operare per l’inserimento organico dei pro-
croati della Venezia Giulia. L’esodo a Venezia. I luoghi e i numeri Nella sola Venezia vennero allestiti quat- fughi nella realtà del paese, sia riguardo alla
Complessivamente le strategie rivolte alle Sono molti e antichi i legami che storicamen- tro Centri Profughi: nell’ex Convitto Mar- ricerca di lavoro, sia riguardo alla situazione
minoranze da parte dei due regimi non fu- te legano l’Istria e la Dalmazia a Venezia, co Foscarini a Cannareggio in fondamen- abitativa.
rono radicalmente espulsive, né tanto meno quindi non fu solo legato al fatto che, oltre ta di S. Caterina; all’Istituto dei Tolentini a L’Opera intraprende sin dall’inizio un pro-
“genocide”, ma entrambe di taglio integrati- ad Ancona, sia stata proprio la città lagunare S.Croce (ora Facoltà di architettura); nel- gramma edilizio di ampio respiro, affiancan-
vo/selettivo: una parte della popolazione an- uno dei punti d’approdo della motonave To- la Scuola Giacinto Galina vicino all’O- dosi a programmi già attivi quali UNRRA –
dava eliminata, l’altra trasformata e assorbita. scana12, se il territorio veneziano viene scelto spedale Civile e nella Caserma Cornol- Casas. Si rivolse anche ad altri enti che costru-
Con una forte asimmetria, però nei due casi: come luogo di residenza sia da molti polesa- di in Riva degli Schiavoni. Uno a Mestre ivano alloggi avvalendosi di contributi statali,
il fascismo mirava a distruggere la classe diri- ni, come da profughi di altre zone e città della a Carpenedo nella Scuola di via del Rigo. come IACP, INCIS, per ottenere assegnazioni
gente slovena e croata, di recente formazione, Venezia Giulia e della Dalmazia. Inoltre a Venezia trovarono ospitalità molti a favore dei profughi giuliano – dalmati, e in-
in modo che le masse destrutturate diventas- É in queste terre, che si estendono lungo la istriani, specie di Pola, dipendenti della Ma- vitava quelli con lavoro regolare a presentare
sero facile preda del processo di italianizza- linea del confine orientale, una porzione di rina Militare che vennero alloggiati nella Ca- domanda per gli alloggi INA – CASA.
zione. Il primo intento riuscì, il secondo no, territorio dal carattere “mobile” vista l’as- serma Sanguinetti a S. Pietro di Castello. Sin- A Venezia il programma abitativo l’Opera per
e sloveni e croati non scomparvero. senza di nette barriere di separazione e dove gole famiglie vennero anche sistemate nella l’assistenza ai profughi giuliani e dalmati arri-
Il regime jugoslavo invece puntò all’interno per secoli popoli e etnie “hanno continuato Scuola Meccanici in Campo della Celestia, vò a realizzare circa duemila appartamenti.17
della componente italiana una minoranza, e a mescolarsi, fondersi e contrapporsi gli uni nelle Casermette Sommergibili dietro le mura
ne fece il soggetto di una politica di integra- agli altri come forse in nessun altra regione dell’Arsenale ed in alcuni forti del Lido.15 È nella provincia di Venezia che l’Opera co-
zione subordinata. I Centri Raccolta Profughi veneziani vedran-
Anche per quelle però che per l’ideologia uf-
ficiale erano “masse popolari” di lingua italia- 11 R. Puppo, L’esodo degli italiani da Zara, da Fiume e dall’I-
13 P. Matvejevic, Breviario mediterraneo, Milano, Garzanti, 2004, p.19.
16 L’esodo dalle terre adriatiche. Rilevazioni statistiche, a cura di A.
stria, in «Passato e presente», n. 40 (1997), p. 81. Colella, Roma, Opera per l’assistenza ai profughi giuliani e
na, le condizioni dell’integrazione risultaro- 14 E. Mileto, Con il mare negli occhi, Milano, Angeli, 2005, p. 17. dalmati, 1958, p. 50.
12 La motonave Toscana messa a disposizione del Comitato
no troppo dure. esodo dal Governo italiano, inizia il primo dei suoi dodici viaggi 15 A. Cuk-T. Vallery, L’esodo giuliano-dalmata nel Veneto, 17 M. Micich, L’esodo da Fiume, Pola e Zara, in «Storiadelmon-
da Pola, il 3 febbraio del 1947, con a bordo 917 persone. Venezia, Alcione, 2001, p. 13. do», n. 3 (10 febbraio 2003), p. 8.

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Bibliografia minima

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dalla Stato … n. 110 alloggi assegnati nel giu- Popolazioni dell’Istria, Fiume, Zara e Dalmazia,
gno 1955 a Marghera in località Ca’ Emiliani 1850-2002. Ipotesi di quantificazione demografica, Schiffrer, Carlo
nelle vie Murialdo e Pasini…18 Trieste, ADES, 2005 L’esodo dalle terre adriatiche, in La questione etnica ai
confini orientali d’Italia, a cura di F. Verani, Trieste,
Molti profughi comunque, troveranno allog- Miletto, Enrico Italo Svevo, 1990
gio e lavoro nel veneziano senza appoggiarsi Con il mare negli occhi. Storie, luoghi e memorie dell’e-
all’Opera, alcuni dei quali potendo contare sodo istriano a Torino, Milano, Angeli, 2005 Sguardo storico sui rapporti fra italiani e slavi nella
sull’aiuto di parenti, già trasferitesi per varie Senza più tornare, (a cura di ) Torino, SEB 27, Venezia Giulia, Trieste, Stabilimento Tipografia
ragioni. 2012 Nazionale, 1946

Molinari, Fulvio Sestan, Ernesto


Colella, Armando (a cura di) Istria contesa. La guerra, le foibe, l’esodo, Milano, Venezia Giulia. Lineamenti di una storia etnica e cul-
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Nemec, Gloria
Un paese perfetto. Storia di una comunità in esilio: Valdevit, Giampaolo (a cura di)
Grisignana d’Istria (130-1960), Gorizia, Libreria Foibe. Il peso del passato. Venezia Giulia 1943–
18 Cuck-Vallery, Op. cit., p. 69.

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Modificazione personale di immagine già presente, s Carta zona A, zone B e Territorio Libero di Trieste istituite dal Trattato di pace del 1947.
cansionata da documento del Governo Federale USA, da Wikipedia.

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Da Fiume a Venezia
a cura di Maria Teresa Sega

Anna Maria Doimi (Anita per i famigliari) era dell’arrivo in massa tra l’ostilità della popolazio- gli amici partigiani Renzo Biondo e Guido Ra- Anita racconta la sua storia
una dei tanti italiani di Istria e Dalmazia che ne, che considera i giuliano-dalmati tutti fascisti, venna, Anita comprende il dramma degli italiani
dopo la guerra lasciarono la propria terra. Nata e della coabitazione nei campi profughi. dopo l’8 settembre e le ragioni della Resistenza Sono nata il 27 luglio del 1926 a Cherso. Mio
nell’isola di Cherso nel 1926, era cresciuta a Fiu- La vita ricomincia per Anna Maria che frequenta italiana. papà abitava già a Fiume, però la mamma ha
me, città dove il padre ingegnere lavorava ai can- il Liceo Marco Polo, una scuola molto diversa da La vita professionale di Anita è dedicata all’in- preferito andare a partorire dalla nonna che abi-
tieri navali. Cherso, città d’origine dei genitori, quella austroungarica nella quale si era formata. segnamento. Fin da bambina sapeva che voleva tava a Cherso, anche se a Fiume c’era un bel-
dove passava le estati con i nonni, era rimasta Inizialmente si sente sola e un po’ disorienta- fare l’insegnante e ha superato le resistenze pa- lissimo ospedale: la mentalità di quella volta!..
l’isola del cuore. ta. Ricorda di aver pianto in un angolo dell’au- terne che, come usava all’epoca, immaginava la Sono nata a Cherso, subito dopo mi hanno por-
Anna Maria cresce italiana: in famiglia respira la quando il professore annunciò i risultati del laurea per il figlio maschio e il matrimonio per le tata a Fiume, dove mio papà lavorava e c’era la
sentimenti irredentisti, i genitori parlano dialet- trattato di Parigi, che assegnava Trieste all’Italia femmine. “Allora vai a fare la maestra”, come la nostra casa, e là sono cresciuta. La mia famiglia
to istro-veneto, lei frequenta la scuola italiana ma il resto delle terre che erano state italiane alla madre. “No voglio fare la professoressa”. E così è di Cherso, sia il papà che la mamma, tutti gli
e amici italiani. La sua è un’infanzia felice fino Jugoslavia. La sua isola, la sua città! Quali frat- è stato. Per quasi 40 anni ha insegnato scienze antenati di Cherso. Nella famiglia del papà par-
allo scoppio della II Guerra Mondiale, durante la ture dell’identità segnano l’esistenza di persone al Liceo Marco Polo di Venezia, con passione, lavano tutti l’italiano a casa, cioè il dialetto; da
quale la popolazione fiumana deve sopportare obbligate a sradicarsi e a trapiantarsi altrove? In coniugando rigore e dolcezza, come era lei, seria parte della mamma, mia nonna con suo papà
disagi, fame, bombardamenti, fino alla tragedia bilico tra due mondi, a quale ci si sente di appar- e comprensiva insieme. parlava in croato, con il marito e con i figli par-
dell’8 settembre, quando, dopo l’armistizio, la tenere? Qualche anno fa l’ho conosciuta ad alcune ini- lava dialetto.
città è attraversata dai soldati italiani in fuga inse- Anna Maria, come tutti i profughi giuliano- ziative sul Confine orientale che avevo organiz-
guiti dai soldati titini e occupata poi dalle truppe dalmati, ha sempre mantenuto un forte legame zato per l’IVESER e ha acconsentito ad essere Lei è di famiglia italiana, quindi, da generazioni.
tedesche. con la sua terra e un senso di appartenenza alla intervistata. Da generazioni. Di origine dalmata, perché l’ori-
Con la fine della guerra inizia per gli italiani il patria italiana, ma senza asprezze di tipo ideolo- Ci ha accolti nella sua casa, ha aperto i casset- gine di Doimi, il cognome di mio papà, è S. Doi-
terrore, la città, che vuole rimanere autonoma, è gico, senza odio e rancore. Aveva rielaborato il ti e tirato fuori preziosi documenti: la pagella mo, protettore di Spalato. Quindi l’origine è dal-
occupata dai partigiani di Tito e la gente che non trauma della perdita, del taglio delle radici, e un con l’autorizzazione del trasferimento dal liceo mata, ma chissà quando sono arrivati a Cherso.
accetta di perdere l’identità italiana, di diventare po’ alla volta aveva costruito la sua nuova vita a di Fiume al liceo di Venezia, le belle fotografie. Mio nonno diceva sempre che i suoi “veci” ve-
croata, comincia ad andar via. Dopo l’arresto del Venezia. Quando conosce il marito, Emanuele Ha iniziato a raccontare con discrezione, senza nivano da Lissa. Invece il prof. Duca, insegnante
padre, rilasciato dopo qualche giorno perché in- Battain, sono entrambi giovani studenti vogliosi retorica né rimpianti, a volte con ironia, mai con di filosofia del Marco Polo, che era di origine al-
dispensabile al cantiere, la famiglia Doimi non di proiettarsi nel futuro e nasce tra loro una rela- toni drammatici, ricomponendo nel racconto i banese ed era uno che si interessava molto della
si sente più sicura e decide di partire per l’Italia. zione intensa, durata tutta la vita. Hanno idee di- fotogrammi, a volte sfocati a volte nitidi, della storia dalmata, diceva che mio nonno sbaglia-
Anna Maria, con i genitori e i fratelli, non parte verse - lui comunista-internazionalista, lei che si sua biografia. Una storia che, accanto ad altre, va, che non arrivavamo da Lissa ma da Clissa,
con l’esodo di massa via mare, ma in treno, por- commuove alla vista della bandiera italiana che ci aiuta a comprendere il risvolto privato e inti- un baluardo fortificato sui monti sopra Spalato,
tando poche cose. Destinazione Venezia, dove sventola in Piazza S. Marco - ma si sono sempre mo degli italiani che hanno vissuto a cavallo del dove c’è stata l’ultima resistenza da parte della
il padre viene assunto al cantiere Breda e può rispettati, hanno costruito una memoria comu- “confine mobile”e sono stati travolti dalle tragi- popolazione all’ invasione ottomana. Secondo
riprendere il suo lavoro. Trovano un alloggio di ne condividendo viaggi nei luoghi di origine di che vicende della guerra e del dopoguerra. Se ne questo prof. Duca, quando non ce la fecero più
fortuna vicino alla stazione, adattandosi a vivere Anita e i luoghi della memoria delle tragedie del è andata il 23 agosto 2012. a resistere agli ottomani, sono scappati in mare
in spazi ristretti, con povere cose, ma fortuna- Novecento. Visitando i campi di sterminio nazi- con le barche e là hanno cominciato, per un cer-
tamente non conoscono l’esperienza umiliante sti, percorrendo gli itinerari della Resistenza con to tempo, a fare i pirati contro i turchi e dopo,

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per vivere, hanno cominciato a fare i pirati anche Quindi lei è cresciuta in ambiente italiano. Sì. Tant’è vero che molte volte discutevo con La mamma ha studiato a Cherso alle elementari;
contro i veneziani, per cui quando i veneziani li Italiano, sì. Anzi, odiando visceralmente i croati. Emanuele. Lui diceva che Tito aveva fatto ponti dopo è andata a Trieste dove abitava una sua co-
prendevano li mandavano al confino nelle isole. d’oro a quelli che volevano andar via dalle citta- gnata, moglie del fratello. Ospite delle cognata,
Com’era il rapporto con i croati? dine costiere italiane perché sfruttavano i con- ha fatto le magistrali a Trieste. È scoppiata la I
Quindi la sua infanzia... Non lo so perché non ho avuto compagni croati. tadini dell’Istria. E io controbattevo dicendo: Guerra Mondiale, quindi non ha insegnato mai.
La mia infanzia l’ho vissuta sempre a Fiume, La città era italiana. C’erano anche famiglie croa- “Guarda però che dopo, al posto degli italiani, Papà invece ha fatto la maturità nel 1914, sotto
però durante le vacanze mia papà prendeva me te, ma noi non le frequentavamo. sono arrivati quelli di Zagabria a sfruttare i con- l’Austria; ha fatto la scuola tecnica che chiama-
e mio fratello che eravamo più grandicelli – ho tadini”. vano “Ginnasio reale”, a Pisino, anche lui a pen-
avuto una sorella che è morta e una più giovane C’era anche una divisione di classe? C’erano le ra- sione. Questo ragazzino era bravissimo. Pensi
nata nel 1938 – ci metteva a bordo dei vaporetti gazze croate che venivano a servizio? Che educazione familiare ha avuto? La sua era una che suo papà era ciabattino e gli è nato un ra-
che andavano a Cherso, ci affidava al coman- Sì. La mamma aveva sempre bisogno di dome- famiglia rigida? gazzo che aveva il disegno facile, la musica nel
dante, tanto si conoscevano tutti, e ci spediva stiche, perché quella volta il bucato bisognava Papà era un uomo d’altri tempi, non era affatto sangue, componeva, scriveva divinamente bene
dalla nonna. Le mie vacanze erano tre mesi di farlo a mano, le spese ...aveva sempre delle serve rigido, ma aveva la sberla un po’ facile, quando in italiano, era un matematico nato. Ha imparato
mare, barca e mare, sempre a Cherso. Dopo, nel ed erano tutte ragazze che venivano da 30 ore per esempio prendevamo in giro il nonno che a suonare il violino. Quando ha fatto la cresima
’39, quando la Germania ha invaso la Polonia, de levro, cioè da molto lontano (il tragitto che era sordo. A scuola invece ho avuto un’educa- suo santolo, cioè il padrino, gli ha chiesto cosa
papà mandò un telegramma alla mamma : “Vie- fa un leprotto), oltre confine; partivano di notte, zione austroungarica. Quando sono venuta a voleva per regalo e lui ha detto “insegnami a suo-
ni a Fiume” e non ci siamo più tornati. Sono tor- facevano la strada a piedi, venivano a lavorare di Venezia, la Liceo Marco Polo, che pure era retto nare”. E lui gli ha insegnato a suonare il violino.
nata a Cherso solo dopo sposata con Emanuele. giorno e tornavano a casa. Non c’erano ragazze dal vecchio preside Zolli, persona molto rigida, Quando ha fatto la maturità, papà è stato man-
fisse. mi pareva il Bengodi rispetto al Liceo di Fiume. dato in Austria, alla scuola ufficiali; da lì s’è fatto
Si ricorda della scuola? Quando passava il preside nei corridoi ci appiat- buttar fuori per indisciplina, perché non voleva
Eh, guardavo le vecchie fotografie: 45 in classe E poi la scuola media e il liceo? tivamo per terra, tanto era temuto. La disciplina diventare ufficiale sotto l’”odiato imperatore”, e
in prima elementare! 45 in seconda elementare. Io ho fatto il liceo italiano. Ricordo che c’era una era ferrea. Sono arrivata al Marco Polo, in II liceo lo hanno mandato al fronte russo, dove ha par-
Si andava avanti lo stesso. Avevo una maestra ragazza che parlava croato in famiglia, ma con (nel 1946), e mi pareva una cosa stranissima. Per tecipato ai combattimenti. Infatti mi diceva sem-
severissima. noi parlava dialetto. esempio, il compito di italiano a Fiume si conse- pre, quando si vedevano nei film i soldati nelle
gnava in due ore e solo in bella. Al Marco Polo trincee cadere, nella finzione cinematografica,
Scuola italiana? Ma questo odio per i croati da cosa nasceva? in cinque ore! che lui l’aveva vissuta. Non ha voluto assoluta-
Scuola italiana. Non esisteva scuola croata. Nasceva da Maria Teresa d’Austria: “impera e di- mente morire per l’imperatore e quindi s’è dato
All’epoca austriaca, di mio papà e mia mamma, vidi”. Non so, era proprio una mentalità diversa. E fuori di scuola? morto. Quando l’offensiva è finita, i russi erano
a Cherso c’erano la scuola slovena, la scuola ita- Io ero una ragazzina, una bambina, non potevo Cosa vuole, prima ero ragazzina, si andava un avanzati, s’è dato prigioniero ai russi, s’è fatto tre
liana e la scuola austriaca. La mamma e il papà sapere, ma mio papà e mia mamma dicevano po’ qua un po’ là, ma niente di particolare; dopo anni di prigionia in Russia e poi è tornato a casa
hanno fatto la scuola italiana, però con l’obbligo sempre...C’era una distinzione di classe, non in quando ho cominciato ad avere la voglia di fare alla fine della guerra.
di studiare il tedesco. Parlavano benissimo il te- città, la popolazione costiera istriana era italiana qualcosa di più, ero diventata adolescente, è
desco, (sono nati sotto l’Austria: la mamma nel e l’interno era croato. I contadini erano croati. scoppiata la guerra. Quindi era un irredentista.
1898 e papà nel 1895) però i loro genitori e i loro Un “irredento”. Finita la guerra si è iscritto all’u-
nonni parlavano dialetto istro-veneto. Una divisione città-campagna. E i suoi genitori avevano studiato? niversità a Genova. Si è laureato in ingegneria ed
ha trovato lavoro a Fiume. Si è sposato subito

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dopo. Naturalmente i primi anni sono stati mol- Terrore. Sapevamo quello che era successo in Ju- Mio papà era fascista come tutti quella volta, gne ha cercato di snazionalizzare la parte croata
to duri, perché aveva uno stipendio piccolo, in goslavia. A mio papà avevano offerto di andare perché chi non era fascista non lavorava. A Fiu- in maniera feroce. Ai poveri contadini che parla-
più doveva pagare i debiti che i genitori avevano come direttore al cantiere navale di Spalato, pur- me, più che fascismo era nazionalismo. Si sposa- vano solo dialetto croato o sloveno, che doveva-
fatto per farlo studiare. Dopo, quando comin- ché sapesse il croato. Lui, che lo parlava bene, va col fascismo, ma in fondo era nazionalismo. no andare a chiedere le carte in Municipio, era
ciavamo a stare bene - intanto la famiglia era cre- ha detto che non lo sapeva, che non andava. Al vietato parlare la loro lingua, dovevano parlare
sciuta - è scoppiata la guerra. posto suo è andato un ingegnere, suo caro col- E’ importante se ci spiega bene come per voi italiani è italiano e non si capivano. I preti dovevano fare
lega, che essendo di origine croata non poteva stato il senso di appartenenza all’Italia che in certi casi la predica in italiano, era vietato parlare in croa-
Apriamo il capitolo della guerra. Ci racconta cosa dire che non conosceva il croato, e lo hanno am- si è sovrapposto al fascismo. to. Quindi loro odiavano noi. Nelle campagne
sono stati quegli anni a Fiume? mazzato. Hanno preso tutti i notabili di Spalato, Sì, si è sposato al fascismo. C’è stato chi ci cre- ci saranno stati degli attriti pesanti. Noi non lo
I primi anni sono passati quasi indolori. La guer- quando sono arrivati i titini, li hanno legati sulla deva, che è diventato fascista, ma per la maggior sapevamo, però c’era questo sentore. A casa mia
ra è scoppiata nel 1940. Nel ’41scoppia contro riva del mare e li hanno fucilati. Avevamo paura, parte voleva dire essere italiani contro i croati. quando si sentiva parlare croato si diceva “ma-
la Jugoslavia e, siccome Fiume si trovava nel terrore, e vedevamo i tedeschi come i liberatori. ledetti croati”. Ma io non posso dire di episodi
confine, sono arrivati da tutta Italia pullman e Dopo, con l’occupazione tedesca, per noi citta- Perché c’era l’odio contro i croati. particolari, c’era questa tradizione, questo sen-
in pochi giorni hanno evacuato completamente dini che non facevamo attività politica le cose Con Emanuele, quando si passava di sera in tito dire.
la città. La mamma e noi ragazzi siamo andati a sono andate lisce. Naturalmente ci saranno stati piazza S. Marco e c’era l’alzabandiera, lui tirava
Pola e papà, che lavorava al cantiere navale, lo anche quelli che si opponevano ai tedeschi. via perché, essendo lui internazionale, la bandie- Durante l’occupazione tedesca, lei si rende conto di
hanno mandato ad Abbazia. ra italiana non gli diceva niente; a me invece ve- quello che succede agli ebrei?
La città è rimasta deserta per due mesi cir- C’erano anche italiani che hanno fatto parte della nivano le lagrime. C’era un attrito emotivo. Nella nostra scuola il preside Silvino Gigante,
ca. Poi quando le truppe italiane hanno oc- resistenza jugoslava? gran traduttore di libri scritti in ungherese, ave-
cupato la Jugoslavia, siamo tornati a casa. Certo. Ma questi erano comunisti italiani che fa- Quindi lei è cresciuta sentendosi italiana, con questa for- va vietato di fare compiti scritti il sabato per ri-
All’inzio non era un gran che, qualche vol- cevano parte della resistenza jugoslava. A Fiume te appartenenza. spettare gli ebrei. La mia compagna di banco era
ta arrivava Pippo di sera, ma insomma... c’erano delle forze che si opponevano ai tede- Italiana. Più forte dell’appartenenza all’Italia dei ebrea e nel suo diario scrivevo io i compiti asse-
Le cose sono andate molto male dopo, quando schi. Noi non lo sapevamo. Però sono arrivati i regnicoli, dicevamo noi, quelli del vecchio regno gnati per i giorni successivi. Il fratello del preside,
sono arrivati i tedeschi; dopo l’armistizio (8 set- bombardamenti pesanti. Il primo, mi ricordo, è d’Italia. Riccardo Gigante, autonomista, era stato ucciso
tembre 1943) sono passate attraverso Fiume le stato sul cantiere navale, per fortuna morti nes- dai titini dopo il loro arrivo. So che c’erano mol-
truppe italiane che erano sbandate in Jugoslavia, suno. Fiume era una città in parte in collina, tutti Questa appartenenza all’Italia aveva anche dei ri- ti ragazzi ebrei a scuola e a un certo momento
seguite dalle truppe di Tito. Il nostro timore era i tornanti erano pieni di gallerie scavate nella roc- tuali, che so, cantavate delle canzoni? sono scomparsi. Non sapevamo che erano finiti
che arrivassero i croati in città. E si è verificato un cia e noi andavamo a rifugiarci in galleria. Crol- Le solite canzoni triestine, ma non è che si fa- nei campi di concentramento. Abbiamo saputo
caso strano: mentre in tutta l’Italia si piangeva lavano le case ma la gente si salvava. La nostra cessero manifestazioni particolari. Quando c’era dopo la guerra.
perché arrivavano i tedeschi, noi non vedevamo casa è rimasta in piedi. Abbiamo avuto bombar- l’adunata si andava all’adunata.
l’ora che arrivassero i tedeschi e che ci mettesse- damenti a raffica gli ultimi giorni di guerra, ma Non avete avvertito il crescere di un odio antitedesco?
ro al riparo dalle vessazioni dei croati. non andavamo più nelle gallerie, tanto eravamo Ma l’odio nei confronti dei croati era su un piano imma- No. Non a casa mia. Ricordo che hanno mes-
stanchi. ginario o ci sono stati episodi reali. so una bomba in un ristorante dove andavano
Avevate paura Io non li so. Probabilmente nelle campagne c’e- i tedeschi. C’è stato un attentato. Erano voci.
La sua famiglia non ha preso posizione filofascista.? rano. Quando è arrivato il fascismo nelle campa- Durante la guerra non avevamo molta libertà di

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movimento, stavamo molto a casa. sono andati via in massa, la gente qui diceva che sue cose? casa un pezzo nero da lutto, non c’era più nien-
erano tutti fascisti. Invece i fascisti che si erano Fu un dramma per me, perché prima di andar via te.
Alla fine della guerra cosa succede? messi in evidenza, i finanziari ecc., erano già c’era il controllo dell’OZNA, la polizia politica. Mia sorella piccola l’ho vestita io, disfando tutte
Ricordo gli ultimi giorni di guerra. Noi avevamo scappati via. L’ultimo podestà di Fiume, di notte, Non si potevano portar fuori macchine fotogra- le maglie di casa facevo le magliette. Mio fratello
la casa che dava verso il confine; avevano messo ha preso moglie e figli ed è scappato. Gli altri fiche, macchine da scrivere, ecc... Quando han- usava gli abiti dismessi del papà.
un cannone verso il confine, perché i tedeschi sono venuti via per disperazione. no trovato i miei libri di liceo, hanno messo le
volevano fermare gli jugoslavi. Avevamo i carri mani sui quaderni di greco e hanno visto che era Decidete di venire a Venezia.
armati sotto la finestra con i cannoni puntati ver- La vostra decisione arriva quando? scritto in una lingua strana, hanno detto: “Que- Decidiamo di venire a Venezia perché mio papà
so il confine. Papà non andava più a lavorare. Quando arrestano papà. Loro – i croati – sono sto è spionaggio” e mi hanno sequestrato tutto. aveva avuto molti rapporti con il cantiere Breda
Per 15 giorni non si poteva uscire di casa. Non si arrivati in maggio e in giugno hanno comincia- Si immagini! Quella volta la maturità si faceva su di Venezia. Quindi dice: “Intanto facciamo tap-
mangiava e non si beveva. Per magiare avevamo to le epurazioni. Hanno cominciato a prendere tutti e tre gli anni e quando sono arrivata a Vene- pa a Venezia”. Dopo un mese è stato assunto
un negozio di alimentari sotto casa, i padroni impiegati e operai dei cantieri navali che erano zia ho dovuto rifarmi tutti i programmi del pri- al cantiere navale, come ingegnere appena lau-
erano andati via, ci avevano fatto avere un mes- di sentimenti italiani e hanno arrestato papà. mo e del secondo anno, non avendo i quaderni. reato, anche se aveva 56 anni; ha ricominciato la
saggio: “Sfondate la porta e prendete quello che Per fortuna non lo hanno portato via subito, lo carriera, ma essendo una persona in gamba ha
vi serve”. Ricordo il cannone che sparava giorno hanno portato in un palazzo e lo hanno tenuto Come è arrivata in Italia? fatto rapidamente strada ed è andato in pensio-
e notte. Una mattina il cannone non sparò più e rinchiuso qualche giorno. La mamma è andata In treno ne come dirigente. Ma è stata dura.
poche ore dopo – il 3 di maggio – sono arrivati i e ha sentito che hanno detto (lei capiva il croa-
partigiani di Tito. to): “Domani lo portano via”. Invece lo hanno Quindi caricando in treno tutte le vostre cose? Dove vivevate?
Da allora è cominciato il terrore. Hanno am- riportato a casa, grazie alla lettera che dice che Non tutto: papà e mamma hanno venduto tut- Invece di andare nel campo profughi (come il
mazzato subito gli esponenti di spicco della re- lui era indispensabile al cantiere. È tornato al la- to quello che potevano, o regalato. Abbiamo Foscarini, ecc.), al ponte degli Scalzi c’era un
sistenza e soprattutto quelli che volevano la città voro, però con una paura folle. Il fiduciario che portato via solo i letti, qualche armadio, il pia- bar gestito da un signore di Cherso, fratello del
autonoma - gli autonomisti- li hanno fatti sparire ha scritto la lettera era un suo carissimo amico e noforte, che papà ci teneva tanto. Poca roba. parroco dei Frari, che ci dà una stanza nel loro
tutti. E poi c’è stato il problema di vivere sotto i gli ha detto. “Non so fino a quando posso tener Mia mamma ormai aveva poco o niente, pensi appartamento: papà, mamma, mio fratello e
croati. duro”. Allora si decide ad andar via. che ha dovuto fare asciugamani con le tovaglie, mia sorella più piccola ammucchiati in questa
Hanno fatto le votazioni nel 1945, la mamma perché non aveva più niente. Questo è successo stanza, io e mia sorella più grande avevamo
è andata a votare, mio papà ha detto “Io non Ne avete discusso in famiglia? in quanto dietro Fiume c’era il Carso, che non una stanza fuori casa. Siamo andati avanti in
vado” e io, un po’ succube un po’ convinta, ho Sì, sapendo benissimo che andavamo all’avven- produceva niente. Quando si parlava della fame questa situazione fino al ’48. Loro dormivano
detto non vado neanche io; sono venuti a pren- tura. a Venezia, mio marito diceva che c’era la borsa pigiati in questa cameretta e noi fuori. Poi nel ’48
derci e siamo andati, con la pistola puntata alla nera; quelli che facevano la borsa nera a Fiume abbiamo avuto la casa a Mestre. Ha presente il
schiena. La votazione era una farsa: avevano un E lei come l’ha presa? Lasciare la terra e gli amici? andavano a comprare al di là del Tagliamento, quartiere Piave? L’Ente autonomo case popola-
tavolo aperto con una serie di nomi e abbiamo Le dirò che i ricordi di quella terra ormai ...Gli ma i partigiani hanno fatto saltare i treni e non ri si è impegnato a tirar su le case bombardate
messo una croce davanti a tutti. amici erano andati. C’era la paura che arrestas- arrivava più niente. A Fiume si moriva letteral- del quartiere Piave, la Breda ha dato un congruo
sero un’altra volta il papà. mente di fame. Io che ero più grande non avevo aiuto purché ai dipendenti profughi venissero
Nel 1945 c’era questo clima. vestiti. In un negozio del centro era arrivato un assegnate le case.
La gente ha cominciato ad andar via. Quando E come è stato il suo andar via. Cosa ha portato delle carico di stoffe, sono corsa giù e ho portato a

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Ce n’erano tanti? Che cosa ha conservato, oltre l’atlante, delle cose che all’Italia e il resto delle terre alla Croazia; mi ri- I facchini si sono rifiutati di scaricare i bagagli.
Tantissimi, venivano dai cantieri. Da Fiume ce ha portato della sua casa di Fiume? cordo che il professore ha detto che era giusto e A noi è toccato poco, forse perché, avendo tro-
n’erano tanti, perché c’era la raffineria, la trincia- I libri scolastici. Le fotografie. Ho album a non io in un angolo della classe piangevo. vato da vivere isolati rispetto la grossa comunità
tura tabacchi, i cantieri navali e il silurificio, mol- finire. Mio papà era un patito della fotografia, che viveva in campo profughi....
tissima gente che lavorava e che è andata via. avevamo una specie di scrittoio e lui andava sot- Vi siete sentiti rifiutati, discriminati?
Tanto è vero che quando i cantieri sono rimasti to la tendina in una camera buia, aveva le baci- Ricordo quando, prima di avere la casa a Me- ...eravate poco identificabili.
senza operai, moltissimi – circa ventimila – ope- nelle e sviluppava le fotografie. Quindi io sono stre, abbiamo liberato i nostri gentili ospiti che ci A scuola, salvo l’episodio di questo professo-
rai dei cantieri di Monfalcone, stalinisti di ferro, stata fotografata da quando avevo pochi giorni tenevano a casa loro; papà si è dato da fare per re, non c’è stato niente. Ecco, l’unica cosa che a
hanno detto: “Vanno via dal paradiso di Tito, ci di vita. E documenti. trovare una camera e l’ha trovata in una calle che me pesava molto è che noi eravamo straccioni.
andiamo noi” e sono andati di là, a Fiume, por- adesso è piena di alberghi, ma allora era una cal- Perché a Fiume, una volta finita la guerra, non è
tandosi le famiglie. Senonché quando Tito si è E’ arrivata con questi documenti e si è iscritta al Liceo le malfamata, calle Priuli, a fianco della stazione, ripresa la vendita di vestiti e scarpe, non arrivava
staccato da Stalin, questi, che erano ancora stali- Marco Polo. Ci racconta come è stato l’inserimento a alla case dei ferrovieri. Tanto è vero che qualche niente. Quando siamo arrivati a Venezia ave-
nisti di ferro, hanno cominciato ad essere perse- Venezia? volta suonava la polizia americana che cercava vo ancora le scarpe di pezza, perché c’era una
guitati, molti li hanno mandati nell’isola di Goli È stato un inserimento un po’ scioccante, non qualche prostituta. Là, sotto di noi abitava una signora vicino a noi a Fiume che con i cappelli
Otok, l’Isola Calva. perché le compagne non mi accettassero, era- famiglia particolarmente sporca e rumorosa e di feltro faceva le scarpe di pezza e corda; non
vamo alla fine dell’anno scolastico, avevo fatto quelli di sopra davano la colpa a noi per lo spor- sapevamo cosa fossero le scarpe. Le mie compa-
Racconta la storia dell’atlante? poca amicizia, mi sono trovata molto sola; però co. I profughi sono stati accolti male. Quando gne di classe avevano le scarpine e io non le ave-
Il vecchio atlante che usavo io, aveva il disegno è stato uno shock perché era una scuola meno sono venuti via in massa da Pola, qua a Venezia vo. La mamma aveva un cappotto che era tutto
dell’Istria con Abbazia sul mare, alle spalle il organizzata di quella che avevo avuto a Fiume, c’erano le barche di comunisti che sbraitavano sgualcito e le signore veneziane avevano i cap-
Monte Maggiore e poi dietro un altopiano, c’era che era austroungarica. Emanuele mi diceva che contro i profughi, perché dicevano che lasciava- potti eleganti. Qua c’era una ripresa economica e
scritto Ciceria. Era una zona dell’Istria abitata da si sentiva che la mia educazione era asburgica. no il paradiso di Tito. Anche mia suocera, prima di sciccheria, ma noi non avevamo niente. Dopo
Ciceri, probabilmente i vecchi zingari stanziati Per esempio, mi arrabbio sempre quando sento di conoscerci diceva che, in fondo, quelli che ci siamo ripresi, ma il primo momento è stato
là, che facevano, per vivere, i carbonai. Venivano che dicono bisogna far questo e poi i vigili non erano venuti via da Fiume erano tutti fascisti. Era tremendo, specialmente per le donne, che bada-
in città, passavano casa per casa, e la mamma fanno niente...Emanuele diceva: “Lassa correr”. una voce che circolava. no al confronto.
prenotava legna e carbone per l’inverno. Porta- Eh no! Per esempio, su mio figlio non è stato
vano giù legna e il carbone che facevano loro. un bambino difficile da tirar su, ma perché? Per- C’era il pregiudizio. Però, ad esempio, le donne dell’UDI Voi frequentavate altri?
Mi ricordo che arrivavano con dei carri enormi, ché quando dicevo no, era no, non c’era verso organizzano la mensa per i profughi. Il sindaco Gian- Il primo anno no, l’ho passato a studiare, l’estate
trainati da cavalloni forzuti, carichi di pelo, e ar- e quindi ha capito presto, poteva piangere un quinto, comunista, va alla Marittima ad accoglierli. l’ho passata molto sola , dopo...
rivavano una o due volte l’anno. Quando sono giorno intero, il no restava no. In questo senso Perché era una persona illuminata.
arrivati i tedeschi li hanno fatti sparire tutti. Emanuele mi diceva che ero asburgica. Frequentavate i fiumani?
Però è vero che ci sono stati episodi. Poco. Papà sì, è stato eletto anche sindaco del
Deportati nei campi di concentramento? Non si è trovata bene per questo? Episodi molto brutti. Ad un treno carico di pro- libero comune di Cherso nel 1960. Lui andava
(allarga le braccia) Ma, sparire.... Basta, sparita Mi sono trovata sconcertata, disorientata. E mi fughi, che dovevano scendere a Bologna, hanno ai raduni.
legna e sparito carbone! ricordo una cosa, quando ero in terza liceo: le perfino proibito di portare l’acqua alla gente.
Nazioni Unite hanno deciso che Trieste andava Nei primi anni voi pensate a lavorare e studiare.

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Sì, io studiavo a Padova e là avevo le mie amici- Dalla video-intervista registrata nella sua casa a
zie. Poi ho cominciato a ruotare attorno al grup- Venezia il 19 maggio 2010.
po di Emanuele. Intervistatrice Maria Teresa Sega, operatore An-
tonio Beninati.
[...] Riduzione di M.T. Sega.
Trascritta da M.T. Sega e rivista dalla testimone.
Provava un sentimento di nostalgia per la sua terra e
come l’ha elaborato?
Sempre. Ma non per Fiume, per Cherso. Terri- Si ringrazia Carlo Battain.
bile. Infatti quando sono al mare, dico sempre
ai miei condomini di capanna che il mio cuore è
dall’altra parte.

Lei quando ha cominciato a sentirsi veneziana?


Sono tanti anni che sono qua. Un po’ alla volta.

Prima si sentiva straniera?


I primi tempi mi sentivo qualcosa di trapiantato.
Poi pian pianino...

Anna Maria con la madre e il fratello, Cherso 1932. Anna Maria con la madre e i fratelli, Fiume 1933.
Archivio privato di Carlo Battain Archivio privato di Carlo Battain

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Liceo Dante di Fiume, Pagella di Anna Maria Doimi con nullaosta, 16 aprile 1946. C.P.L. Cittadino di Fiume, Dichiarazione di rimpatrio, 13 aprile 1946.
Archivio privato di Carlo Battain Archivio privato di Carlo Battain

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Archivio del ricordo.
Testimonianza di Tullio
Vallery di Zara
a cura di Barbara Vanin

La prima testimonianza raccolta con video inter- descrivere il contenuto del documento, tra unci- Marsiglia fu ucciso assieme al ministro degli este- come Trieste come Trento, come lo era stato an-
vista per il progetto Archivio del ricordo. Memo- nate ho posto le evidenti integrazioni fatte a chia- ri francese <Louis Barthou> dagli ustascia croati che il Veneto. Quindi i nostri padri conoscevano
rie Giuliano-Dalmate a Venezia, è quella di Tullio rimento del testo e una sola nota voluta da Vallery che volevano dividere, com’è avvenuto recente- tre lingue naturalmente. Noi giovani invece, vissu-
Vallery. Tullio Vallery nasce nel 1923 a Zara che durante la rilettura, tra quadre i pochi commen- mente, la Jugoslavia, perché comandavano i serbi ti sotto l’Italia, no, conoscevamo solo l’italiano, il
abbandona nel 1948 per raggiungere, esule, Ve- ti; per agevolare la lettura non ho segnalato le rispetto ai croati. Beh, cosa è successo? Hanno veneto. Fu un grave errore che nelle nostre scuole
nezia. La sua vita si contraddistingue per il co- espunzioni. immediatamente chiuso le frontiere. E siccome la non si insegnasse la lingua croata perché viveva-
stante impegno nell'associazionismo degli esuli: città viveva della campagna lì intorno, chiudendo mo in mezzo alla popolazione croata. Questo fu
è stato presidente della Società Sportiva Giuliano- R: Ci dice il suo nome e la data di nascita. le frontiere che erano a quattro-cinque chilome- uno degli errori che sono stati commessi in pas-
Dalmata “Julia”, dirigente nazionale e provincia- I: Tullio Vallery, sono nato a Zara nel 1923, set- tri dalla città, per avere il latte, che solitamente ci sato. Alle volte si tende a confondere quello che
le dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e tembre. portavano i contadini, dovevano far venire il piro- c’è di bello con la gioventù, quando si è giovani è
Dalmazia, assessore del Libero comune di Zara scafo da Ancona. Noi per qualche settimana mi tutto facile, ma davvero c'era una situazione par-
in esilio, componente del Consiglio della Federa- R: Cosa si ricorda di Zara, di quando Lei abitava lì, della ricordo, ero ragazzo, abbiamo mangiato solo latte ticolare, la vita era più a buon mercato rispetto al
zione degli Esuli, tesoriere della Società Dalmata sua gioventù. condensato perché i contadini non ci portavano resto d’Italia per l'assenza del dazio, tutto costava
di Storia Patria di Venezia, Cancelliere e dal 1992 I: Ricordo tutto. A una domanda così non è facile il latte. Non era come adesso con i supermercati, di meno e sotto il profilo economico si stava mol-
Guardian grande della Scuola Dalmata di Venezia. rispondere. A Zara c'era una vita, non perché io una volta venivano i direttamente i contadini al to bene. Eravamo però in una situazione difficile:
Pubblicista, Vallery è autore di numerosi articoli e ero giovane, bella. Perché Zara era in una situa- mercato. Ciò per descrivere la situazione di Zara: se tutto fosse rimasto in pace, tranquillo, si sareb-
pubblicazioni tra cui Zara e la Dalmazia nel pen- zione particolare. Uno sente dire «Zara, una città eravamo come in una fortezza, chiusi, una società be continuato così, quando è scoppiato quel che
siero e nell'azione di Gabriele D'Annunzio (An- come le altre». Invece no, la sua situazione era più raccolta. Quello che posso ricordare della mia è successo siamo stati, ovviamente, i più colpiti,
cona 1970), L’esodo giuliano-dalmata nel Veneto, unica. S’immagini, per fare un paragone, che in gioventù è che noi vivevamo di sport. in senso assoluto.
con Alessandro Cuk (s.l. 2005), La poesia dialet- Italia solo la città di Ancona appartenesse ad un
tale dalmata, con Bruno Rosada (Venezia 2006), altro stato, l’attuale Croazia, mentre tutto il resto, R: che scuole ha fatto. R: ci parli della sua esperienza della Seconda guerra
Personaggi dalmati benemeriti, noti o meno noti anche Jesi, fosse Italia. Così, a rovescio, era Zara: I: ho fatto il liceo ginnasio classico, c’era anche lo mondiale, cosa accadde a Zara allo scoppio del conflitto.
(Venezia 2009), La..." liberazione" di Zara 1944- in tutta la costa dalmata, la sola città di Zara era scientifico. A Zara le scuole medie superiori c’e- I: siamo stati in particolare noi dalmati, ma anche
1948 (Venezia 2011), Personaggi dalmati. Vita e Italia, tutto attorno, anche le isole di fronte, era rano tutte. gli istriani, le vittime di due nazionalismi: del na-
opere, con Sergio Brcic (Venezia 2013). Jugoslavia. Quindi per venire a Zara bisognava zionalismo italiano e del nazionalismo croato che
prendere il piroscafo e noi, a tre-quattro chilome- R: in lingua italiana? si contrapponevano.
La video intervista è disponibile sul sito web tri dalla città, avevamo il confine: se si oltrepassa- I: sì, in lingua italiana. Quando l'Italia è entrata in guerra nel Quaran-
dell'Archivio del Ricordo, corredata dalla meta- va andavamo in un altro stato. Questo comporta- ta contro la Francia e l’Inghilterra per noi non è
datazione utile al riconoscimento del documento va che da un punto di vista economico-fiscale si R: quali erano i rapporti con la popolazione croata. cambiato niente. Per noi le cose sono cambiate
orale. Ciò che segue è l'adattamento per la forma stesse bene perché non avevamo i dazi che invece I: tutti parlavamo in dialetto veneto, anche se cro- nel Quarantuno quando la Jugoslavia, che aveva
scritta della trascrizione integrale dell'intervista c'erano in tutto il resto d’Italia, diversamente la ati. I nostri genitori conoscevano tutti tre lingue. fatto il patto di alleanza con la Germania, dopo
a Tullio Vallery (Informatore) fatta da Antonella popolazione non avrebbe potuto vivere. Questo L’italiano che era la lingua madre, il croato per i una settimana ebbe una rivolta interna che de-
Scarpa (Rilevatrice) presso l'abitazione di Vallery non viene detto spesso. Era una situazione parti- rapporti che avevano con i contadini che erano nunciava il patto di alleanza e la Germania e l’I-
a Marghera il 14 febbraio 2013. Ho evidenziato colare che poteva creare problemi. Per esempio, quasi tutti croati, pochi erano italiani, e il tedesco talia invasero la Jugoslavia. Allora le cose sono
in grassetto i termini chiave che consentono di nel 1934 Alessandro I di Jugoslavia in visita a perché sono stati a lungo sotto l’Impero austriaco, mutate da un giorno all'altro e Zara, per una set-

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timana, è stata praticamente assediata. Hanno I: Con l’otto settembre, altra situazione particolare ta. Questo a causa dello sgombero della città e piano rientrati nelle case in periferia, il centro sto-
fatto sgomberare l'ottanta percento della popo- di Zara, non si sapeva chi potesse arrivare per pri- l'esodo della popolazione al di là del vecchio con- rico era inabitabile.
lazione civile, compresi tutti i ragazzi al di sotto mo, se l’esercito partigiano di Tito oppure i tede- fine, cioè in territori che prima erano della Jugo-
dei diciotto anni. Anch'io che non li avevo ancora schi. Arrivarono prima i tedeschi e quindi siamo slavia, come avrebbero potuto obbligarci? Pochi R: È rientrata la maggior parte della popolazione o
compiuti, insieme a mia mamma e mia sorella, stati come nel resto d’Italia, perché mantennero sono andati come volontari, ma dopo un paio di tanti non sono più tornati a Zara?
fui portato in piroscafo ad Ancona. Questo nel le autorità sotto la Repubblica sociale di Salò. Ma mesi i tedeschi li hanno mandati in Italia, a Zara I: Dopo i primi bombardamenti è cominciato
Quarantuno, quando c'è stato lo smembramento a Zara, data la particolare situazione, non hanno non è rimasto che un gruppetto di carabinieri e di l’esodo via mare. C’era un piccolo piroscafo, il
della Jugoslavia e la creazione della Croazia dei costretto noi giovani a scegliere per la Repubbli- polizia, non truppe di soldati italiani, perché quelli Sansego, che ogni quindici giorni partiva da Zara
fascisti di Pavelić e della Serbia, più o meno così ca sociale. Per esempio in Istria, a Pola, a Trieste che c’erano pian piano li hanno mandati in cam- alla volta di Pola e Trieste e ogni volta imbarcava
come sono adesso. Dopo un mese siamo ritor- hanno fatto dei bandi di chiamata e se uno non po di concentramento. E noi siamo stati lasciati in tre-quattrocento persone. Era un piccolo piro-
nati perché Germania e Italia avevano occupato si presentava correva dei rischi. I bombardamenti pace, non siamo stati costretti a fare nulla fin che scafo che ha navigato fino alla fine di maggio del
tutta la Dalmazia. Nei primi mesi di occupazione a Zara sono cominciati nel novembre del Qua- c’erano i tedeschi a Zara. Quarantaquattro quando il è stato bombardato
la situazione in Dalmazia era abbastanza pacifica, rantatré. Zara era come un sestiere di Venezia, I tedeschi hanno abbandonato la città il 30 otto- nel porto di Lussino.
poi ha cominciato a precipitare quando l’Italia, a calli strette, senza rifugi, i bombardamenti sono bre del Quarantaquattro, ancora in piena guerra
sua volta, ha dichiarato guerra alla Russia. arrivati senza allarme il ventotto novembre del per la ritirata verso nord dalla Grecia e dalla balca- R: Bombardato da chi?
L’occupazione italiana della Dalmazia era stata Quarantatré che tutti i zaratini ricordano, come se nia, allo stesso modo e contemporaneamente alle I: Dagli Alleati, dagli angloamericani [ride], nemici
abbastanza pacifica, molti erano imparentati con ora, mentre chiacchieriamo, sentissimo l'allarme truppe alleate che risalivano in Italia e che avevano per quelli che subivano il bombardamento. Inter-
la popolazione croata con la quale vivevamo, una e le bombe cadere nello stesso momento. Questo occupato la Puglia e il Molise, zone dirimpettaie rotta questa comunicazione, siamo rimasti bloc-
mia nonna era croata, una mia cugina ha sposato ha provocato un esodo della popolazione fuori alla Dalmazia. La ritirata è durata fino all’aprile del cati. Anche noi aspettavamo il nostro turno per
un croato, sul piano umano i problemi non c’e- dalla città. Anche perché il porto di Zara è dentro Quarantacinque, fino a Fiume, fino a Trieste. salpare, è rimasto bloccato circa un terzo della po-
rano, sono i soliti politici che dividono la gente, la città, non è come a Genova dove il porto è sulla A Zara siamo stati occupati dall’esercito comuni- polazione, ancora cinque-seimila persone, italiani
ma dal lato umano, tranne rari casi, non si faceva costa e la città si estende verso l’interno. A Zara il sta di Tito il 31 ottobre del Quarantaquattro. E in che quindi hanno subito l’occupazione jugoslava.
differenze. Nella vecchia Jugoslavia il partito co- porto è all’interno della città quindi era inevitabile quel momento i titini hanno fatto la mobilitazio-
munista era stato vietato e quando l’Italia dichia- che i bombardieri distruggessero proprio il cen- ne forzata. Non avrebbero dovuto però, perché R: Durante l’occupazione jugoslava c’era la possibilità
rò guerra alla Russia, allora la cellule comuniste tro cittadino. Questo ha creato un esodo generale noi eravamo cittadini italiani. di andare via. C’è stata una possibilità di opzione?
jugoslave e quindi anche in Dalmazia, anche se verso i paesi all’intorno e le isole. La città dopo il I: No, bisognava scappare a proprio rischio e peri-
occupata dall’Italia, cominciarono ad attivarsi e terzo bombardamento si è svuotata. Questo av- R: Dopo i bombardamenti del Quarantatré-Quaran- colo. Ricordo che a guerra finita ho fatto la richie-
ci furono i primi sabotaggi. Allora la situazione veniva tra il Quarantatré e il gennaio del Quaran- taquattro la gente è ritornata a Zara? sta, mi sono fatto mandare anche un documento
cominciò a farsi un po’ pesante in Dalmazia, at- taquattro. Nel centro storico, nella penisola, non I: Ha cominciato a ritornare a guerra finita. An- dall’Università di Padova per poter continuare gli
tentati, appunto, rappresaglie con tutto quello che era rimasto più nessuno ed era vietato andarci. che la mia famiglia era andata in un paese a pochi studi, come dico nel mio libro di memorie, ma
purtroppo ne consegue. Poi ci fu il 25 luglio 1943, chilometri dalla città e, ancora sotto i tedeschi, non mi hanno concesso di andare via. Abbiamo
l’Armistizio dell’Italia e anche a Zara sono venuti i R: Diceva che Zara era in una situazione differente rispet- siamo rientrati nei sobborghi della città perché fatto domanda nel Quarantasette, a qualcuno l'a-
tedeschi, siamo stati per altri mesi sotto i tedeschi. to all'adesione alla Repubblica di Salò nel Quarantatré. ormai erano cessati i bombardamenti, non c’era vevano concesso, ma a noi no. Abbiamo dovuto
I: Sì, noi giovani non siamo stati obbligati a sce- nient’altro da distruggere e il centro storico era attendere il Trattato di pace che prevedeva, per
R: cosa accadde con l'8 settembre? gliere di aderire o a rispondere a bandi di chiama- completamente distrutto. E quindi siamo pian quelli che erano cittadini italiani, il diritto di chie-

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dere di rimanere italiani. E noi abbiamo optato R: Posso chiederle un passo indietro, all'occupazione caduto anche in Italia, ci sono andati di mezzo tornare comunque ogni anno. Io no invece, era
nel Quarantotto. Quando hanno riconosciuto la jugoslava di Zara. Ci vuol dare qualche ricordo, che anche innocenti. Potevano essere vendette per- un'altra città ormai, con questa differenza rispetto
<nostra> volontà di rimanere cittadini italiani ci cosa è successo? sonali, per qualcuno unicamente perché aveva alle altre città della Dalmazia: a Zara la popola-
hanno detto che dovevamo andare via, ci hanno I: Con l'occupazione è successo quello che teme- certe cariche di responsabilità e quindi veniva zione italiana era oltre il novanta per cento, andò
cacciati via. Io non sono fuggito, sia ben chiaro, ci vamo perché noi italiani non eravamo ben visti coinvolto in tutto, anche se personalmente non via tutta perché esodata prima o cacciata poi. Chi
hanno cacciato via e questo si discute molto, su dopo due anni di guerra, lì in Dalmazia, di atten- aveva fatto niente. Ma credo che cose analoghi si- occupò la città fu in minima parte la popolazio-
pulizie etniche od altro. Nel caso dei cittadini di tati, di rappresaglie, può immaginarsi. Mentre ini- ano accadute anche qui in Italia, per quello che ho ne slava di là, dalmata, ma sono venuti ad abi-
Zara, e anche di Fiume e di quelli occupati dopo, zialmente c’era un buon rapporto, come ho detto potuto sapere. Dappertutto è più o meno uguale, tarla dal resto della Jugoslavia, dalla Bosnia, dalla
l'avere cacciato gli optanti è una forma di pulizia già, sul piano umano, dopo due anni si è... Anche no? E quindi i criteri con i quali... Chi lo sa come Serbia, dal Cossovo. Mentre nelle altre città della
etnica, come si vuol chiamare altrimenti. Io avrei se, a dire il vero, la popolazione che si era rifugiata venivano composte le liste, capisce? Dalmazia, come Sebenico, Spalato, Ragusa, nel-
potuto restare cittadino italiano all’estero come ce durante i bombardamenti nei paesi slavi vicini è le città è rimasta la popolazione slava dalmata,
ne sono tanti: non hanno voluto, hanno voluto stata abbastanza ben accolta. Ma le vendette era- R: La città è cambiata molto con l’occupazione jugo- capisce? Zara, che prima era la città più italiana,
cacciare gli italiani. Nel mio libro ho pubblicato il no inevitabili. Quando i tedeschi si sono ritirati, slava? diventò la città più jugoslava perché abitata da
manifesto che era dappertutto in Istria La cacciata sono entrate a Zara le truppe partigiane jugosla- I: E ben, non subito. Per noi, in quei tre anni in cui gente non dalmata, slavi ma non dalmati. Manca
degli optanti. Quando ebbi il decreto di opzione ve. Sono venute con degli elenchi delle persone sono rimasto lì sotto l’occupazione, era cambia- una popolazione croata perché a Zara prima non
che dichiarava che volevo rimanere cittadino ita- da eliminare, sia ben chiaro. Sono venuti anche a to poco perché erano rimasti ancora sei-settemila c’era, mentre nelle altre città la popolazione croata
liano mi hanno detto a voce: «Lo sa che entro sei casa mia. Venivano di notte, di sera tardi e chiede- italiani, i croati che stavano lì intorno parlavano di Spalato o Sebenico è rimasta. Ed era una popo-
mesi deve abbandonare il territorio Jugoslavo?», vano agli uomini i documenti, tiravano fuori un in dialetto come noi. Quando sono venuto qui lazione che, per quanto riguarda gli anziani, era in
lo sappiamo sì. elenco e controllavano. Io e il mio babbo pren- a Venezia nel Quarantotto i miei concittadini mi parte bilingue. E anche in questo Zara è cambiata
devamo i documenti e controllavano se eravamo hanno detto «Ma come, sei stato tre anni non sai completamente.
R: E cosa vi permettevano di portare via? in lista. E quelli che erano nella lista, chi lo sa per parlare il croato?». Questo perché parlavamo lo
I: A secondo, naturalmente non sapevamo esat- come, di loro dopo non si sapeva più niente. E stesso tutti l’italiano, il dialetto veneto, lo parla- R: Come avete deciso, come italiani, di scegliere l’esodo.
tamente cosa quindi... A parte che noi avevamo ancora adesso non si sa dove sono stati eliminati, vano anche i contadini anche se erano croati. Ci I: Mah! Scegliere l’esodo. Bisogna ricostruire
ben poche cose: ci hanno requisito un album di non si sa ancora. Solo di alcuni si sa, di altri no. capivamo completamente. È cambiato con l'eso- tutta la storia. Voi per esempio non sapete che
francobolli e una macchina fotografica. Avevo fo- Quindi dalla città di Zara sono stati eliminati in do degli optanti: la città era distrutta, abbiamo oc- nell’Impero austriaco le regioni c’erano cento
tografato le macerie della città, ho tagliato il pic- quei primi quindici-venti giorni circa duecento cupato le poche case di periferia quando ci siamo anni prima che in Italia, in Italia sono state fatte
colo nastro in due più piccoli rullini che ho incar- persone. Ma deve pensare che la maggior parte avvicinati alla città alla fine della guerra. Con l'e- nel Millenovecentosettanta mentre nell’Impero
tato in una carta oleata e inserito in due dentifrici di quelli che potevano essere compromessi con il sodo degli optanti nel Quarantotto-Quarantano- austriaco le regioni sono state fatte nel Milleotto-
aperti dalla parte dietro per poter farli passare <ai passato regime, con il fascismo od altro, erano già ve abbiamo sgomberato anche quelle poche case. centosessanta, centodieci anni prima. La Dalma-
controlli>. Appena arrivato a Trieste li abbiamo esodati, altrimenti sarebbe stato... Ugualmente Quando sono tornato a Zara trent’anni dopo zia aveva la sua regione. L’Impero austriaco era
fatti sviluppare e hanno subito pubblicato le foto circa duecento persone sono state eliminate. non vedevo l’ora di andar via. Mi sono trovato in un impero multietnico, aveva undici nazionalità
sui giornali. Per esempio, se si aveva qualche og- una città diversa: tutti parlavano in slavo, io non riconosciute, cioè nella propria zona ogni nazio-
getto d’oro si cercava di... Soldi? Non si poteva R: Si capiva il criterio di queste eliminazioni? capivo niente, non avevo più nessuna amicizia, nalità aveva le sue scuole, aveva tutto, capisce?
portarne oltre a un certo limite. I: Beh, quello bisognava domandarlo a loro. Pur- a chi riferirmi, niente, non vedevo l’ora di andar Quindi c’erano, oltre gli austriaci, gli ungheresi,
troppo come sempre succede, credo come è ac- via. Qualcuno di noi invece sente il bisogno di i cechi, i polacchi, i croati, gli italiani, i serbi; era

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una situazione diversa, che un italiano stenta a generazioni: poi, alla prima occasione, come con I: no. Ho detto prima che hanno fatto la mobili- paese tutti quanti, non ho voluto chiedere niente.
capire se non si documenta. Poiché era uno stato le guerre, esplodono ancora di più. Purtroppo è tazione forzata degli uomini dai diciotto ai qua-
plurietnico ha dovuto affrontare i problemi delle questa la situazione un po’ complicata e quindi ci rantacinque anni e molti sono morti, pur essendo R: Lei dice che siete stati cacciati.
nazionalità, sorti dopo la Rivoluzione francese. abbiamo rimesso. italiani, combattendo per Tito contro gli italiani e I: certo cacciati. Lo documento nel mio libro.
Prima era indifferente appartenere ad uno stato, Dopo la prima guerra mondiale quando è stato la Venezia-Giulia che era ancora sotto la Repub-
ma dopo la Rivoluzione francese si sono diffusi costituito questo nuovo stato della Jugoslavia in blica sociale. Io no, per fortuna, sono rimasto alle R: avete deciso di venire in Italia, Lei arriva a Venezia.
in tutta l’Europa i concetti di nazionalità. Da qui Dalmazia, l’Italia era una nazione vincitrice e nel dipendenze del comando militare della città. I: a Venezia, sì.
sono venuti i contrasti tra le nazionalità. Natural- trattato di pace ha potuto imporre certe condizio-
mente non è che le nazionalità fossero... ecco “fin ni per cui gli italiani che erano in Dalmazia hanno R: in ufficio? R: ha scelto Lei di venire a Venezia?
qui ci sono italiani e fin qui ci sono croati”, erava- potuto optare e rimanere in Dalmazia. I: mi hanno messo in un magazzino perché, fatta I: mio padre voleva venire a Venezia e abbiamo
mo misti. Come è successo nell’ultima guerra di la mobilitazione del novembre, avevano preso insistito per venire a Venezia. Ci hanno mandato
Jugoslavia dove in Bosnia sono musulmani serbi R: invece con la seconda guerra mondiale? tutti e si accorsero che mancavano persone che nel centro smistamento profughi di Udine, siamo
croati mescolati tra loro, che è difficile risolvere I: l’Italia era perdente e la Jugoslavia... hanno avevano un minimo di istruzione, che sapesse- stati lì quindici giorni circa.
i problemi. Quindi anche in Dalmazia cominciò imposto di eliminare gli italiani per finirla con i ro leggere e scrivere. Ne avevano bisogno e mi
una lotta in maniera, diciamo, “amministrativa” contrasti etnici. E questo è stato il problema, per- hanno trattenuto al comando militare cittadino, R: in che anno.
per governare nelle città, nei comuni, tra i croati ché noi avremmo potuto restare cittadini italiani mi hanno messo a controllare un magazzino. Io I: nel Quarantotto, giugno Quarantotto. Mio
e gli italiani. Inizialmente non tra croati e italiani, all’estero. Noi ormai abitavamo, nel Quarantasei- sono rimasto sempre a Zara, ma ho un docu- padre voleva venire a Venezia perché sperava
ma tra quelli che volevano annettersi alla Croazia Quarantasette, in un appartamento di quattro mento dell’Esercito popolare di liberazione di di poter lavorare, che conosceva qui. Invece poi
e gli autonomisti che volevano che la Dalmazia stanze in centro alla città, io lavoravo ed altro, cui ho fatto parte. Poi mi dissero che avevo tutto è morto dopo sei mesi. Sono venuto a Venezia,
rimanesse autonoma, indifferentemente da ita- però sono finito sette anni in un campo profughi. il diritto di avere la qualifica di partigiano e non ci hanno assegnati al convitto Marco Foscarini a
liani o croati, ma autonoma. E iniziarono i con- E capisce, purtroppo è stato così. Volevano elimi- l’ho voluta chiedere, perché? Per il fatto che ci Cannaregio.
trasti. Contrasti che col tempo si sono qualificati nare del tutto il contrasto etnico. Questo alle vol- hanno cacciato via, in senso di protesta non ho
in partiti italiani e croati. I croati volevano essere te non viene capito qui in Italia, perché la nostra voluto chiederla, con tutti i diritti che questo po- R: che è un campo profughi?
uniti alla Croazia, gli italiani, che si sentivano ita- sfortuna è stata che in Jugoslavia ci fu l'avvento teva comportare. Del resto va detto che quando I: un campo profughi. C’erano cinque campi pro-
liani, avevano cominciato a desiderare di essere del partito comunista e i comunisti in Italia hanno sono andato nella sede del Partito comunista in fughi a Venezia: uno era alle scuole Gallina, uno
uniti all’Italia. E da lì è incominciato tutto. Questo cominciato subito a pensare, perché non cono- strada Nova a Venezia a presentare questo do- alla caserma Cornoldi in Riva degli Schiavoni,
nell’Ottocento. Quando sento dire che quello che scevano i problemi, “perché sono fuggiti dal co- cumento, da pochi giorni c'era stata la rottura tra uno ai Tolentini dove è la Facoltà di Architettura,
hanno fatto con l'occupazione è per le colpe del munismo, hanno commesso qualcosa?”. No, io Tito e Stalin. il Foscarini e uno a Carpenedo, una scuola qui a
fascismo... no! Il fascismo ce le ha le sue colpe, non avevo commesso niente, se no mi avrebbero Carpenedo.
ma il problema è più antico, risale alla seconda eliminato [ride], ma questo non si è capito. Io, per R: nel Quarantotto.
metà dell’Ottocento. Naturalmente allora non si esempio, sono stato preso nell’Esercito popolare I: sì. Siamo stati visti con sospetto. Non sapendo R: quanto è stato al Foscarini?
era arrivati alla eliminazione fisica, come abbia- di Tito e sono riuscito a rimanere in città. esattamente chi eravamo, hanno visto il docu- I: Sette anni perché allora ero studente, mio padre
mo visto in quest’ultimo secolo, però i contrasti mento e mi hanno considerato come un reprobo, dopo poco è morto, non lavoravamo e ho dovu-
c’erano, e continui, e violenze, non arrivavano R: ha scelto lei di entrare nell’Esercito popolare di libe- anche se portavo documenti [ride] con tanto di to attendere la chiusura dei centri, quando hanno
a..., ma c'erano. I rapporti di contrasto c'erano da razione? stella rossa ed altro. Allora li ho mandati a quel fatto le case. Perché se no altrimenti…

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R: l’accoglienza a Venezia come è stata? casa per questi profughi. Noi che eravamo a Zara sia ben chiaro. Io sono venuto nel Quarantotto, le R: della sua famiglia quanti eravate.
I: l’accoglienza. In genere il profugo non è ben parlavamo di loro: «la casa dei turchi» dicevamo, cose si erano un po' pacificate, ma quelli che sono I: in quattro, mia mamma e mia sorella, c’era an-
visto, è sempre considerato un estraneo. Anche ma erano italiani cacciati dai turchi. Capisce la venuti nel Quarantaquattro, nel Quarantacinque che la nonna ma l’hanno messa in infermeria. Noi
se si era italiani. In più, purtroppo, c’era quella mentalità com’è, che non si accetta. Lo vediamo mi dicevano che avevano avuto dei problemi. Poi eravamo in quattro in una stanza occupata dai
questione lì, che venendo da un paese comunista anche adesso, sta succedendo dappertutto. Per- le cose col tempo si sanano. quattro letti e un passaggio. Per andare nel letto
eravamo considerati anti comunisti o anche fasci- ché per certi aspetti, e entro certi limiti, direi che dovevamo salire zan zan e mettersi su [ride].
sti. Che per qualcuno sarà stato vero, ma per la è inevitabile, dopo non bisogna esagerare certo, e R: nei suoi confronti o della sua famiglia c'è stato qualche
massa era come nel resto d’Italia, c’erano i fascisti, ci si abitua. Anche qui, quando hanno fatto lì le episodio... R: per sette anni?
i non fascisti, gli antifascisti anche tra di noi. E na- case, il quindici per cento per i profughi giuliani, I: io personalmente no, noi ci siamo organizza- I: un momento, sette anni purtroppo no, perché
turalmente non siamo stati visti con entusiasmo lavoro, qualcosa ha creato anche quello. Però c'è ti. Io ho avuto la fortuna di andare al Foscarini, dopo sei mesi è morto mio padre, allora c’era un
però, anche lì, dipende un po’ anche dai com- un altro aspetto che nessuno sa, anche le persone perché, a differenza di altri campi profughi che letto di meno potevamo con facilità andare a let-
portamenti. Bisogna vedere come ci si comporta, di un certo livello. L'Italia essendo paese sconfitto non avevano niente - al Gallina assegnavano una to. Mia sorella, che lavorava al Comune di Zara, è
come si risponde. Del resto mio nonno di Vittorio doveva pagare miliardi di danni di guerra alla Ju- stanzetta e fuori della stanzetta dovevano girare stata assegnata a un comune in Toscana e siamo
Veneto, ma che stava in Dalmazia all'epoca sot- goslavia, come ha dovuto dare alla Russia ed al- per Venezia senza soldi, senza niente - al Foscarini rimasti o e mia madre.
to l'Austria, era cittadino italiano. Con la prima tri. Per quanto riguarda la Jugoslavia, siccome c’è avevamo dei campi, <degli spazi>, ci siamo orga-
guerra mondiale l’Austria lo manda in campo di stato l’esodo dei trecentomila circa italiani, l’Italia nizzati. Sono stato uno degli organizzatori, abbia- R: lei il lavoro come l’ha trovato?
concentramento. Nel Diciasette, quando in Au- ha pagato i danni di guerra alla Jugoslavia con le mo creato la Società sportiva Giuliano-Dalmata I: l’ho trovato per conto mio, mi è stato offerto da
stria cominciavano ad aver fame perché erano proprietà degli esuli istriani e dalmati. Lo svilup- e Julia, abbiamo organizzato una squadra di cal- un proprietario qui di Venezia che ho conosciuto
chiusi, mandavano via gli stranieri che erano oltre po, il boom economico italiano sarebbe avvenuto cio, di pallacanestro, di pallavolo, per gli anziani e conosceva i miei studi, per amici comuni, siamo
una certa età, li rimpatriavano tramite la Svizzera qualche anno più tardi se non ci fossero state le un campo di bocce. Facevamo dei tornei interni, entrati nella sua amministrazione; amministravo
perché non avevano da dargli da mangiare. Beh, case e le proprietà degli esuli date come risarci- avevamo una squadra, andavamo a partecipare i beni immobiliari che aveva. In più sono stato
questo mio nonno, veneto, quando è venuto in mento di guerra alla Jugoslavia. Ma questo nes- ai tornei canicolari al Redentore di calcio. Quindi nominato cancelliere di quella istituzione religio-
Italia, andò a Siena dove aveva un figlio, le se- suno lo sa. Quindi se il Governo ha dato qualche abbiamo reagito alla situazione precaria. Appena sa Scuola Dalmata di san Giorgio degli Schiavoni
nesi ai bambini dicevano «Se non siete buoni vi vantaggio agli esuli, tutti gli italiani hanno avuto arrivato al Foscarini sono stato alcuni mesi in una e lì mi davano un piccolo contributo, andavo al
faremo mangiare dai profughi», ed erano italiani, un grande vantaggio e di questo non si parla. Con grande palestra, eravamo divisi dalle coperte ste- pomeriggio e in maniera autonoma mi sono ar-
capisce. Abbiamo un altro esempio. Nel Milleno- la differenza che, a sessanta anni dalla fine della se, e quello è stato abbastanza.... Poi per fortuna rangiato.
vecento e trenta la Turchia costituita in Repubbli- guerra, ancora non sono state chiuse le pratiche ci hanno assegnato almeno una stanza. integra-
ca mandò via migliaia di italiani. Millenovecento per la definizione dei così detti “beni abbandona- zione post intervista di Vallery: Il disagio maggio- R: dopo sette anni vi è stato assegnato l’alloggio.
e trenta. E cosa ha fatto il governo <italiano> di ti”: c’è gente che avuto ancora solo degli acconti e re era che i gabinetti erano alla turca anche per gli I: assegnato qui a Marghera.
allora, li ha distribuiti nelle province di origine. questo nessuno lo sa. E quindi come si fa a spie- anziani; le docce c'erano sì, ma l'acqua era fredda.
Alcune famiglie erano originarie della Dalmazia gare tutte queste situazioni. R: non è questo?
e c’era anche una famiglia, proprio Vallery come Per rispondere alla prima domanda su come R: una stanza per famiglia o per persona. I: <no>, nelle case delle vaschette che hanno co-
noi, che sapevamo essere andata lì nell’Ottocento siamo stati accolti: appena finita la guerra si sta- I: per famiglia. Noi eravamo in quattro e con i minciato a chiamarle vaschette quando le hanno
chi lo sa perché. Così hanno mandato un gruppo va abbastanza male un po' tutti, quindi se viene quattro letti non c'era spazio per camminare, do- levate via, perché fin che eravamo lì non mai ho
di famiglie anche a Zara. Il Governo ha fatto una dell’altra gente non è che fanno dei ponti d’oro, vevamo salire sul letto, perché non c’era lo spazio. inteso il nome vaschette, va beh, non ha impor-

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tanza. Però una cosa va detta, non potevano ultimamente sono passate al Comune. difficile, mi raccomando la disciplina. E dovete es- vanno via, vengono. Perché mi piaceva fare non
scegliere un posto peggiore. Venivano i camion sere furbi, non reagire mai, dare, ma senza reagire parlare, non affermare le mie idee, ma fare qual-
davanti alle nostre case, fino alla via Fratelli Ban- R: a parte l’inquinamento, a Marghera come comunità subito». E di fatti mi hanno ascoltato, li minac- che cosa. In in tutte le associazioni nostre ci sono
diera, scaricavano polvere nera e grigia, cioè delle di esuli di Zara come vi siete trovati? Avete avuto modo ciavo di non metterli più in squadra. Appena un stato dentro per decenni, ma questo dipende da
fabbriche. Però è venuto su un bel prato con dei di organizzarvi in comitati, la popolazione di qua vi ha nostro ragazzo faceva uno scontro sentivamo tra me e forse dal fatto anche che io sono scapolo
bei alberi e quindi non so cosa fosse, comunque accettato. il pubblico «Buu» contro, perché ci erano ostili, e ho potuto anche decidere io, perché forse con
erano scarti delle fabbriche. Poi appena venuti lì, I: ma sì, accettato e non accettato. Dipende, di- sempre per i pregiudizi. Il secondo anno però i una famiglia, con responsabilità, non avrei potuto
non c’era ancora la sensibilità di inquinamenti ed pende molto dalle persone. Io a dir la verità non comunisti giudechini iniziarono a fare il tifo per la dedicare tanto tempo. Quindi questa attività ha
altro e a certe ore, anche d’estate, dovevamo te- ho avuto problemi, altri di noi si lamentano, ma nostra squadra perché per due anni abbiamo vin- riempito il vuoto di una famiglia probabilmente.
nere le finestre chiuse. Mia mamma metteva ad ripeto bisogna vedere come ci si pone, come si to il premio disciplina. E dicevano «Guardate, im- Go parlà anche troppo.
asciugare la roba e la roba puzzava un po’ di tut- parla. L'ho detto già prima, per l’estraneo, co- parate dai ragazzi giuliani». Capisce allora come ci
to. In questi ultimi anni, adesso, come aria stiamo munque sia, anche se parla la stessa lingua, c’è si deve comportare. E c’era scritto Giudecca viva R: ha tante cose da dire.
meglio rispetto alla zona di Villaggio San Marco un po’ di riserva, è inevitabile nella maggior parte Julia. Eravamo già qui <a Marghera> che qual- I: e lo so che saria tante cose, faxé qualche do-
perché i venti hanno una particolare direzione in delle persone. Dopo, magari conoscendoci me- che giudechino, se mi incontrava, mi diceva «Alè manda.
preminenza. In questi ultimi anni si stava bene, glio, si vede che... però c’è un momento iniziale Julia», non si ricordava il mio nome [ride], «Alè
ma appena venuti, i primi anni, è stato pesante, che non è particolarmente felice. Questo è direi, Julia». Per dire come, col nostro comportamento, R: la Scuola dalmata di san Giorgio degli Schiavoni, ci
veramente. Un posto peggiore non potevano tro- purtroppo, normale che sia così. abbiamo fatto cambiare... Spiegare tutte queste racconta qualcosa.
varlo. cose non è semplice, così, in un momento. Pur- I: eh la Scuola dalmata, eh la Scuola dalmata, la
R: e attività come comitati, la scuola... troppo la guerra è stata quella, l’esodo che peggio scuola dalmata, la ga cinquecento e sassant’anni la
R: in che anno siete venuti? I: inizialmente avevamo un circolo, ma poi non di così non poteva toccarci, però insomma, ades- Scuola dalmata. Se volete che racconto qualcosa,
I: nel giugno Cinquantacinque. ha funzionato e una volta qui ci siamo dispersi. so le cose... signora, anche questo go fato [si alza e prende un
Abbiamo mantenuto la società sportiva, abbiamo libro]. La Scuola dalmata è una di quelle tante isti-
R: case assegnate dall’Opera profughi, dal Comune? fatto ancora un torneo al campo qui di Mestre, R: la sua attività nelle associazioni. tuzioni veneziane, confraternite chiamate Scuole
I: no, queste erano case sotto il demanio costruite via Stuparich, oppure un torneo a Oriago, ma I: mah, io sono stato sempre impegnato in tutte che erano, lo sapete, beh insomma lei è venezia-
con la Legge Speciale per la chiusura dei centri rac- ormai non eravamo più come al Centro Fosca- le associazioni e non sono di quelli che dopo, se na. Lo Stato veneziano era organizzato nella varie
colta. Invece dall’Opera sono state costruite quel rini. A proposito dell’accoglienza va detta un’al- non va come vogliono o se sono in minoranza, scuole che erano di professione, di devozione o
gruppo di case qui di fronte. Dall’UNRA quelle tra cosa. Eravamo ancora in campo profughi nel si arrabbiano, vanno via. Io quando sono entrato di nazionalità. E quindi c’era la scuola dei vari me-
casette che sono più giù verso...come posso dire... Cinquantuno, io ero allora il presidente della So- in un’associazione ci son rimasto sempre, finché stieri, la scuola di devozione a certi patroni come
quelle piccole casette in via Beccaria qui a sinistra, cietà sportiva. Abbiamo deciso di partecipare al non cedevo io, perché nell’Associazione ANVGD la Scuola di san Rocco, che c’è ancora, oppure di
quel gruppo di casette lì le ha fatte l’UNRA Casas. torneo Redentore. Ora non so, ma nel Cinquan- dal Quarantotto sono iscritto e sono stato per nazionalità: c’era una scuola dei greci, degli alba-
E dopo le ha fatte l’Opera Assistenza, quell’atro tuno Giudecca era zona prettamente comunista quarant’anni presidente. Nella Scuola dalmata nesi, dei dalmati. Quella dei dalmati ha resistito
gruppo di case qui, con il colore ocra che c’era- come ideologia. Allora io raccomandavo ai ragaz- sono stato quarant’anni Cancelliere, adesso da più a lungo anche perché erano misti, non erano
no. Queste nostre invece sono sempre rimaste zi: «Mi raccomado» dico, «Vince chi è il più forte vent’anni Guardian grande, che sarebbe il presi- o croati o slavi o italiani, erano misti. Sono riusciti
proprietà del demanio, perché fatte con una legge o il più fortunato, però la disciplina la può avere dente; del Libero comune di Zara sono tra i fon- più o meno, malgrado i contrasti, qui a Venezia
dello Stato per chiudere i centri raccolta. E appena chiunque. Vi raccomado, siamo in un ambiente datori, anche lì per quarant’anni. E invece tanti ad andare d’accordo, di fatti ha continuato inin-

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terrottamente, naturalmente variando il rapporto R: una ricca esperienza di vita.
etnico ovviamente, ma sempre dalmati. E io sono I: sì pur stando sempre qua, senza andare in giro
da sessantanni praticamente. Adesso il prossimo per il mondo.Vede non occorre andare in giro per
anno scade la carica e all’età che ho non mi farò il mondo, no.
più ricandidare perché [ride] a novant’anni la mia
parte l’ho fatta insomma, non vi pare? R: bene noi la ringraziamo.
E qui abbiamo il ciclo del Carpaccio che vengono I: go fato quel che go podesto, spero de no far
da tutto il mondo. bruta figura
R: non credo.
R: avete una raccolta di documenti?
I: qui è l’elenco dei Guardian grandi io sono l’ul-
timo qui [mostra il libro]. E certo, abbiamo tutto,
questo è l’elenco dei cinque secoli, qui sono, rap-
porti, visitatori. Guardi qua io sono con la regina
madre d’Inghilterra [ride], ché vengono a visitare
la scuola da tutto il mondo. E poi abbiamo crea-
to, l’ho fatto io, in una casa adiacente alla chiesa,
che la scuola è una chiesa in sostanza, un archi-
vio-Museo della Dalmazia. Ci siamo rivolti alle
famiglie dalmate disperse perché tutti portavano
qualcosa con sé, di non disperdersi, perché poi,
quando muore qualcuno, buttano via la roba.
Abbiamo raccolto roba che merita vedere perché
ci siamo anche noi stupiti di quanto materiale
abbiamo raccolto. Abbiamo già una biblioteca di
quindicimila volumi e più.

R: e anche fotografie.
I: fotografie, abbiamo tutto, giornali, abbiamo un
po’ di tutto insomma. Quadri di pittori dalmati, Dalla video-intervista registrata nella sua casa a
tante cose. Si paga un biglietto ma non per l’ar- Marghera il 14 febbraio 2013.
chivio-museo che abbiamo nella casa adiacente, Intervistatrice Antonella Scarpa, ripresa a cura del
ma per la Scuola si paga un biglietto perché non servizio Videocomunicazione.
è una vera chiesa è una galleria d’arte, c'è tutto il Adattamento di Barbara Vanin. Trascrizione inte-
ciclo del Carpaccio. Ecco qua. grale Barbara Vanin e rivista dal testimone.

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BIBLIOGRAFIA
a cura di Stefano Buratto, Tiziana
Masola, Maria Cristina Pomiato,
Giuliana Nesi (coordinamento)

Questa Bibliografia, che non ha pretesa di esau- Storia Fare chiarezza sulla storia delle terre di confine Darovec, Darko, Breve storia dell’Istria, Udine, Fo-
stività ma si limita a segnalare i materiali posse- ad est, cercando di rendere giustizia ai morti di rum, 2010
duti dalle Biblioteche del Sistema Bibliotecario Bernardi, Ulderico, Istria d’amore: l’Istria, magico entrambe le nazionalità che qui si incontrano; CIV
del Comune di Venezia, è stata suddivisa nelle tre frammento d’Europa, Treviso, Santi Quaranta, 2012 mettere fine a quella propaganda strumentale che Il volume, basato su una ricca selezione documen-
sezioni “Storia”, “Narrativa” e “Musica e film” per VEZ alimenta continui motivi di tensione politica. taria e su un approccio di storia sociale e cultura-
agevolare ed orientare il lettore nella ricerca dei Questi sono gli obiettivi che l’autrice si è prefissa le, ripercorre, in modo agile e sintetico, le vicende
materiali. basando la propria ricerca su ampia documenta- dell’Istria dalla preistoria fino a oggi e descrive le
I documenti sono nella quasi totalità ammessi al Bonifacio, Mario, La seconda resistenza del Comi- zione tratta anche dagli archivi britannici e ame- complesse stratificazioni attraverso cui ha preso
prestito, in caso diverso riportano la sigla s.c. (sola tato di Liberazione Nazionale italiano a Pirano d’Istria ricani. forma l’identità culturale, sociale ed economica di
consultazione) di seguito all’indicazione della bi- 1945-1946, Trieste, Istituto regionale per la storia questa regione plurietnica e di confine, dove sus-
blioteca in cui sono conservati. del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia sistono elementi di varia provenienza, dal mondo
Le recensioni di libri sono tratte dal sito www ibs.it, Giulia, 2006 Crainz, Guido, Il dolore e l’esilio: l’Istria e le memorie alpino a quello mediterraneo. Per il rigore meto-
quelle dei film dal sito www.venicefilm.it. CIV B05 B11 divise d’Europa, Roma, Donzelli, 2005 dologico e la ricchezza delle problematiche trat-
CIV B12 B17 tate, il volume si colloca come un punto fermo
Nel 1947 un grande storico di origine istriana, Er- negli studi sulle realtà plurietniche di confine.
Cattaruzza, Marina, L’Italia e il confine orientale: nesto Sestan, tracciando i “lineamenti di una sto-
1866-2006, Bologna, Il mulino, 2007 ria etnica e culturale” della Venezia Giulia scriveva:
CIV B04 B05 B17 nel Novecento si sono scontrati qui “nazionalismi De Leitenburg, Edoardo, Sull’orlo della foiba, pre-
Nel corso della storia d’Italia il confine orientale feroci ed esasperati in una lotta senza quartiere in sentazione di Luciano Spangher, in appendice:
ha sempre costituito una zona di frizione e scon- cui gli uni finivano col pareggiare, anche moral- Lettera di Biagio Marin del 6 febbraio 1985, Ono-
tro: prima luogo simbolico dove doveva compier- mente, gli altri”. Questo piccolo libro si propone rare tutti i morti di Diego de Castro scritto già po-
si l’azione risorgimentale con il raggiungimento di accostarsi a quel dramma per cogliere il dolo- sto come prefazione all’opuscolo Il lapidario dei
della piena unificazione del territorio nazionale re, le speranze e le paure delle diverse vittime che deportati del maggio 1945 edito dal Comune di
e l’affermarsi dell’Italia come grande potenza, hanno vissuto in quell’intricato crocevia. Gorizia nel 1986, Udine, Senaus, 2004
poi confine fra mondi e ideologie negli anni della CIV
guerra fredda. A partire dalla disastrosa guerra del
1866, che nonostante le sconfitte portò il Veneto Cuk, Alessandro, L’esodo Giuliano-Dalmata nel Ve-
al neonato Regno d’Italia, per arrivare alla situa- neto, Venezia, Alcione, 2001 Delbello, Piero, Esodo: sugli esuli e le loro masserizie
zione attuale, l’autrice ricostruisce con puntualità CIV B10 B17 ancora depositate nel Porto Vecchio di Trieste per un
la storia di questo confine contestato e conteso. museo della civiltà istriano-fiumano-dalmata, Trieste,
IRCI, 2004
Dall’ Impero austro-ungarico alle foibe: conflitti nell’area CIV
Cernigoi, Claudia, Operazione “foibe”: tra storia e mito, alto-adriatica, contributi di Alessandra Algostino ...
prefazione di Sandi Volk, Udine, Kappa vu, 2005 [et al.], Torino, Bollati Boringhieri, 2009
CIV CIV

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Fedeltà a Dante dei giuliani dalmati e combattenti, Pa- “Un lavoro, questo, costruito attorno a contributi impetuoso che trascina con sé il fascino e le con- persone, percorsi, riflessioni su una terra di con-
dova, 1967 eterogenei per approccio, taglio, estensione, che traddizioni di territori segnati dal dolore della po- fine (italiana, veneta, asburgica, slava), una terra
CIV si pone come ‘sguardo complessivo’ su alcuni polazione slava, sottoposta alla dittatura fascista, di contadini e di pescatori e di marinai, di poesie,
tratti della fisionomia civile e politica degli italiani e di quella italiana, una buona parte della quale, leggende, tradizioni, miti e riti, di sapori e odori
dell’Adriatico orientale, da Trieste alla Dalmazia. dopo aver subito sulla propria pelle i tratti violenti mediterranei e mitteleuropei.
Fiorentin, Anna Maria, Terra addio: l’esodo dalla Ve- È, quello che emerge da queste parole - tratte dalla del regime di Tito, è costretta a intraprendere la
nezia Giulia, Fiume e Dalmazia raccontato ai giovani, prefazione di Lorenzo Nuovo e Stelio Spadaro - e dolorosa via dell’esodo. Il libro ripercorre le vi-
Pisa, ETS, 2003 dai saggi e dalle testimonianze raccolti in questo cende di una terra di confine, dagli anni bui del Muggia, Wanda, Natalia, Milano, Nuovi autori,
B17 volume, il profilo di un Adriatico plurale, ma fi- fascismo fino alla tragedia dell’esodo. È la storia 1999
nalmente non conflittuale. Il volume contiene di esistenze sospese, segnate da spaesamento e CIV
scritti di Roberto Dedenaro, Diana De Rosa, Ezio dolore, sogni e illusioni. Gli stessi sentimenti che
Foibe, il peso del passato: Venezia Giulia 1943-1945, Giuricin, Patrizia C. Hansen, Federico Imperato, scandiscono l’esistenza degli italiani che da que- Oliva, Gianni, Esuli: dalle foibe ai campi profughi, la
a cura di Giampaolo Valdevit, Venezia, Marsilio; Anna Millo, Lorenzo Nuovo, Paolo Radivo, Gui- ste terre hanno deciso di non partire, mantenendo tragedia degli Italiani di Istria, Fiume e Dalmazia, Mila-
[S.l.], Istituto regionale per la storia del movimen- do Rumici, Stelio Spadaro, Fabio Todero, Chiara vive, non senza fatica, la propria cultura e la pro- no, Oscar Mondadori, 2012
to di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia, 1997 Vigini. pria identità B17
CIV B01 Gianni Oliva ripercorre la vicenda degli italiani
esuli nel suo insieme, dalla fine della Prima guer-
Istria, Carnaro e Dalmazia: un’unica terra latina veneta Montani, Carlo, Sommario della storia giuliano-dal- ra mondiale a oggi, in un libro ricco di immagini
Foibe memoria e futuro: atti dei convegni internazionali e cristiana: storia di un’esodo nel cinquantesimo anniver- mata, Firenze, Risma, 1990 inedite.
di Roma e di Rovigo, a cura di Pierluigi Pallante, pre- sario dell’inizio del dramma 1943-1993, Udine, As- B17 Conclude il volume l’immagine del concerto di-
sentazione di Oscar Luigi Scalfaro, Roma, Editori sociazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, retto da Riccardo Muti il 13 luglio 2010 in piazza
riuniti, 2007 1993? Unità d’Italia a Trieste, alla presenza di Giorgio
B17 B17 Mori, Anna Maria, Nata in Istria, Milano, Rizzoli, Napolitano e dei presidenti di Slovenia e Croa-
2005 zia, promessa di una ricomposizione delle diverse
CIV B03 B15 B17 “memorie”.
Gambaro, Francesca, La città della memoria: storie di La Perna, Gaetano, Pola, Istria, Fiume: 1943-1945: L’Istria è stata per mezzo secolo un grande buco
vita di esuli da Zara nel secondo dopoguerra, [S. l.], Al- la lenta agonia di un lembo d’Italia, Milano, Mursia, nero nella coscienza italiana: una terra dimentica-
cione, 2009? 1993 ta, rimossa, così come è stata di fatto occultata la Oliva, Gianni, Foibe: le stragi negate degli italiani del-
B10 CIV presenza dei trecentomila profughi istriani che, la Venezia Giulia e dell’Istria, Milano, Mondadori,
dopo la guerra, ha scelto l’esilio. In questo libro 2002
Anna Maria Mori, che ha lasciato l’Istria con la fa- CIV B01 B05 B06 B11 B17
Gli Italiani dell’Adriatico orientale: esperienze politiche e Miletto, Enrico, Istria allo specchio: storia e voci di una miglia quando era ancora bambina, prova a spie- Dopo la fine della guerra, tra il maggio e il giu-
cultura civile, a cura di Lorenzo Nuovo e Stelio Spa- terra di confine, Milano, Angeli, 2007 gare cosa significa essere istriani. Il suo libro non gno 1945, migliaia di italiani della Venezia Giulia,
daro, Gorizia, LEG, 2012. B17 è un’inchiesta oggettiva o il rendiconto di un’e- dell’Istria e della Dalmazia vengono uccisi dall’e-
CIV L’Istria è un luogo di pietre, mare e bora, vento sperienza di vita: è piuttosto un collage di storie, sercito jugoslavo del maresciallo Tito, molti di

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loro sono gettati nelle “foibe”, che si trasformano foibe, piazzale Loreto e giustizia partigiana, Milano. 2009 stituivano i confini orientali d’Italia - l’Istria e la
in grandi fosse comuni, molti altri deportati nei Mondadori, 1999 CIV B03 Dalmazia - si consumò una duplice tragedia. I par-
campi della Slovenia e della Croazia, dove muo- CIV B06 B10; in altra edizione B11 ll sanguinoso capitolo delle “foibe”, legato alla tigiani jugoslavi di Tito instaurarono un regime di
iono di stenti e di malattie. Le stragi si inquadrano fine della seconda guerra mondiale, che vide “re- terrore che prefigurava la “pulizia etnica” di molti
in una strategia politica mirata a colpire tutti co- golamenti di conti” dappertutto in Europa dove decenni dopo e trucidarono migliaia di italiani
loro che si oppongono all’annessione delle terre Pansa, Gianpaolo, Prigionieri del silenzio, Milano, s’era manifestata una qualche Resistenza, sarebbe gettandoli nelle cavità carsiche chiamate foibe. Il
contese alla nuova Jugoslavia: cadono collabora- Sperling & Kupfer, 2004 stato da tempo relegato nei libri di storia come trattato di Parigi del 1947 ratificò poi il passaggio
zionisti e militi della repubblica di Salò, ma anche CIV B08 B11 B14 B15 B17 una delle vicende minori di quella mattanza mon- di Istria e Dalmazia alla Jugoslavia, scatenando
membri dei comitati di liberazione nazionale, par- Prigionieri del silenzio, ma anche dei gulag e delle diale che pretese cinquanta milioni di vite umane. l’esodo del novanta per cento della popolazione
tigiani combattenti, comunisti contrari alle cessio- carceri politiche del maresciallo Tito, in Jugosla- Dato però che si colloca in una realtà mistilingue italiana (circa 300.000 persone), che abbandonò
ni territoriali e cittadini comuni. via. Le vittime erano tutti comunisti, come chi li in cui le opposte idee sulle frontiere “giuste” sono la casa e gli averi e cercò rifugio in Italia o emigrò
imprigionava e li vessava. Giampaolo Pansa ri- state a lungo in conflitto tra loro, esso è ancor vivo oltreoceano. Lo storico Raoul Pupo disegna oggi
costruisce la vita di uno di loro con puntiglio e nella memoria collettiva dell’area giuliana e anco- un quadro completo di quelle vicende.
Oliva, Gianni, Profughi: dalle foibe all’esodo: la trage- partecipazione. ra sfruttabile a fini politici interni e internazionali.
dia degli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, Milano,
Mondadori, 2005 Pupo, Raoul, Trieste ‘45, Roma; Bari, GLF editori
CIV B03; in altra edizione B05 B17 Parma, Olinto, Dall’armistizio all’esodo: testimonian- Pupo, Raoul e Spazzali, Roberto, Foibe, Milano, Laterza, 2010
Tra il 1944 e la fine degli anni Cinquanta, gran ze, documentazioni e ricordi raccontati da un esule d’Isola Mondadori, 2003 CIV
parte della comunità italiana dell’Istria, di Fiume d’Istria, Trieste, Italo Svevo, 2005 CIV Trieste chiama Vienna, Vienna chiama Trieste. Non
e della Dalmazia abbandona la propria terra. A CIV La questione delle foibe è rimasta per molto tem- è la proposta di un viaggio romantico fra le due perle
ondate successive, quasi 300.000 persone, appar- po un tabù nella nostra storiografia: una vicenda della Monarchia, dall’Adriatico amarissimo al Da-
tenenti a ogni classe sociale, vengono costrette a terribile e “scabrosa” sulla quale era difficile scrive- nubio blu, ma il titolo di una trasmissione di radio
fuggire dal nuovo regime nazionalcomunista di Per una storicizzazione dell’esodo giuliano-dalmata, a re. Gli storici Raoul Pupo e Roberto Spazzali sono Trieste, controllata dai tedeschi e ribattezzata radio
Tito che confisca le loro proprietà, le reprime con cura di Angelo Ventura, Padova, CLEUP, 2005 stati fra i protagonisti del rinnovamento degli del Litorale, negli ultimi due anni di guerra”. Siamo
la violenza poliziesca, giungendo talora a un vero B05 studi sul problema delle foibe avvenuto a partire nell’aprile del 1944 e Trieste è occupata dai nazisti. Da
e proprio tentativo di “pulizia etnica”. Attraverso dalla fine degli anni ottanta. Questo libro fornisce qui prende le mosse la ricostruzione di Raoul Pupo
un’analisi attenta in cui si intrecciano lo scenario Petacco, Arrigo, L’esodo: la tragedia negata degli la documentazione necessaria al lettore per com- delle vicende che sono note come “questione adria-
locale e quello internazionale, Gianni Oliva riper- italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, Milano, prendere autonomamente i fatti e orientarsi nelle tica” e che culminano nel 1945, quando la città viene
corre le tappe di questa vicenda: la complessità Mondadori, 1999 varie interpretazioni storiografiche. occupata dall’armata jugoslava e continuano a essere
etnica nella zona di confine nord-orientale dell’I- B04 B10 B11 B17; in altra edizione CIV B01 perpetuate le stragi note come le “foibe giuliane”.
talia, le contrapposizioni del ventennio fascista, le B15
stragi delle foibe, la vita nei campi profughi. Pupo, Raoul, Il lungo esodo: Istria: le persecuzioni, le
foibe, l’esilio, Milano, Rizzoli, 2005 Razzi, Franco, Lager e foibe in Slovenia, Vicenza,
Pirjevec, Jože, Foibe: una storia d’Italia, con la collabo- CIV B03 B17 Editrice Vicentina, 1992
Oliva, Gianni, La resa dei conti: aprile-maggio 1945, razione di Gorazd Bajc ... [et al.], Torino, Einaudi, A partire dall’8 settembre 1943, nelle terre che co- B05

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Rocchi, Flaminio, L’esodo dei 350 mila giuliani fiuma- Tazzer, Sergio, Tito e i rimasti: identità italiana in Istria, ta della Repubblica Serenissima nel 1797: dalle Pasque Udovisi, Graziano, Foibe: l’ultimo testimone,
ni e dalmati, Roma, Difesa Adriatica, 1998 Quarnero e Dalmazia, Gorizia, LEG, 2008 veronesi al «ti con nu», nu con ti» di Perasto, Venezia, Roma, Aliberti, 2010
B17; in altra edizione B10 CIV B10 B17 Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalma- B17
zia, stampa 1998 Questo libro è la testimonianza del calvario di un
CIV B17 italiano sopravvissuto alle foibe. La sua odissea,
Rumici, Guido, Infoibati (1943-1945): i nomi, i luoghi, Tomassini, Stefano, Istria dei miracoli: viaggi in una terminata dopo due anni di prigionia con l’accu-
i testimoni, i documenti, Milano, Mursia, 2002 terra di mezzo, Milano, Il saggiatore, 2005 sa di collaborazionismo con i tedeschi, s’intreccia
CIV VEZ Tomaz, Luigi, In Adriatico nell’antichità e nell’alto Me- con digressioni sui risvolti sociopolitici della guer-
Tra settembre del 1943 e la primavera del 1945, In Istria per curiosità, per dare spiegazione, ori- dioevo: da Dionigi di Siracusa ai Dogi Orseolo: un’altra ra. Attraverso il ricordo, Udovisi ripercorre i giorni
nei territori della Venezia Giulia occupati dal Movi- gine, volto ad un aggettivo, “istriano”, che, negli faccia della storia, Venezia, Associazione nazionale del carcere, le torture subite, i crimini consumati
mento Popolare di Liberazione Jugoslavo del ma- anni cinquanta, quando l’autore era bambino, Venezia Giulia e Dalmazia, Comitato provinciale sotto i suoi occhi, la fuga. I flashback degli orrori
resciallo Tito, migliaia di uomini e donne scompar- “veniva pronunciato a mezza voce, con l’aria di di Venezia, 2003 bellici si dipanano in un lucido excursus che co-
vero nelle foibe, le cavità naturali che si aprono nel chi evoca una sciagura, un lutto, una malattia, una B03 B05 B06 B07 B14 B15 B16 B17; in altra pre quattro anni di storia: dall’8 settembre 1943
Carso. “Infoibati”: in questo termine sono racchiusi condizione, insomma, sulla quale non c’era tanto edizione CIV al settembre 1947, quando Udovisi viene liberato
la memoria degli scomparsi e l’orrore di una trage- da parlare, perché appena detta era già chiara a a Civitavecchia senza neppure la carta di rilascio
dia della quale, a distanza di decenni, è ancora im- tutti la sua gravità”.
possibile tracciare un bilancio definitivo, anche se Tulliach, Tullio, C’è sempre una nave che parte: il
furono più di 5.000 le persone deportate che non romanzo di una comunità di profughi giuliano-dalmati, Verginella, Marta, Il confine degli altri: la questione
fecero ritorno. Con documenti di fonte jugoslava, Tomaz, Luigi, I giuliano-dalmati nella storia del confine Scandicci, L’autore libri Firenze, 2008 giuliana e la memoria slovena, prefazione di Guido
inglese e italiana, con fotografie e testimonianze orientale prima del 1919: intervento al Consiglio comu- B16 Crainz, Roma, Donzelli, 2008
dirette di parenti e sopravvissuti, vengono ricom- nale di Venezia convocato per la celebrazione del «Giorno 1947. L’avventura dei profughi giuliano-dalmati, CIV
posti i tasselli di questa tragedia nazionale che per del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo in fuga dalla persecuzione nella Jugoslavia di Tito La storia di ogni confine ha sempre due facce:
decenni è stata dimenticata e rimossa. giuliano-dalmata, Venezia, Città di Venezia, 2005 a seguito dell’annessione di quei territori all’appe- quella raccontata al di là è sempre diversa da
B17 na costituito Stato balcanico, attraverso lo sguar- quella che si ascolta di qua. Condizioni favore-
do attento del protagonista, prima all’interno di voli agli scambi o viceversa al conflitto sono di-
Sandri Ubizzo, Irma, Il violino dell’ingegnere, Trevi- un campo di raccolta e successivamente a La Spe- pese soprattutto dalle società di confine, dal loro
so, Alcione, 2010 Tomaz, Luigi, L’esodo dei giuliano-dalmati e l’at- zia, alla ricerca di un lavoro e di una nuova identi- interesse a trasformare quel limite in un passaggio
B17 tuale dramma nei Balcani: una storia senza fine: a 50 tà. Una carrellata di personaggi che affrontano un piuttosto che in uno sbarramento.
anni dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, triste destino senza mai cedere alla disperazione, Scorrono in queste pagine eventi e vicende della
Chioggia, Tomaz, 1999 un romanzo avvincente dove emerge la voglia storia del confine italojugoslavo nel periodo tra
Sema, Paolo, Siamo rimasti soli: i comunisti del PCI B17 di vivere e di ricostruire, un affresco delicato nel le due guerre: i percorsi degli emigranti politici
nell’Istria occidentale dal 1943 al 1946, in appendice: quale si intrecciano storie umane, ricordi e sen- sloveni e croati fuggiti in Jugoslavia, gli intenti
Gli atti del processo partigiano a Mariuccia Lau- sazioni sullo sfondo della passione per il mare e repressivi del fascismo di frontiera e gli obiettivi
renti, Gorizia, LEG, 2004 Tomaz, Luigi, Dalla parte del Leone: la resistenza po- la pesca, elementi che uniscono poeticamente il del movimento antifascista, che operò clandesti-
CIV polare marchesca in Veneto, Istria e Dalmazia alla cadu- passato e il presente. namente dagli anni venti fino allo scoppio della

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seconda guerra mondiale con dichiarati intenti Il volume raccoglie due racconti, già pubblicati si distende sul lettino di una psicoanalista per mediterranei e mitteleuropei.
irredentistici. separatamente, della scrittrice istriana. Il primo, affrontare il disagio che la tormenta da tempo.
“Verde acqua”, è una testimonianza, vista da “Fingo di appartenere, ma in realtà non apparten-
Worsdorfer, Rolf, Il confine orientale: Italia e Jugosla- un’angolazione molto privata, di un dramma col- go mai”. La mente di Irene corre all’indietro fino Mori, Anna Maria e Milani, Nelida, Bora, Torino,
via dal 1915 al 1955, Bologna, Il mulino, 2009 lettivo: quello dell’esodo di trecentomila italiani agli albori del secolo breve, a rivedere personaggi Frassinelli, 1998
CIV B03 dall’Istria e dalla Dalmazia nell’immediato do- immortalati nella loro vitalità autentica: Natalia, B15
poguerra. Il secondo, “La radura”, è una metafora madre a sedici anni ma spirito per sempre indo-
poetica e malinconica dell’esperienza umana. mito, suo fratello Umberto, educato alla maschile
tracotanza ma punito da una moglie troppo bella Pellegrini, Michele, Disertori, Siena, Barbera, 2007
Narrativa e troppo audace, e poi Renzo che, al ballo sfa- CIV
Milani, Nelida, Una valigia di cartone, Palermo, Sel- villante del circolo ufficiali, con un giro di valzer In una stanza d’ospedale, Alvise Preda sta per
Bettiza, Enzo, Esilio, Milano, Mondadori, 1996 lerio, 1992 trascina Rosa in un amore bello e rispettoso che morire. È vecchio e sereno. Lo assistono i figli Fe-
B03 B04 B10 B14 B15; in altra edizione VEZ B17 porterà in frutto proprio Irene... Su questi uomini derico e Donna. L’apparizione improvvisa di un
B01 B05 B11 Con semplicità sincera - con l’intima assenza e queste donne si abbatte d’improvviso una bu- vecchio amico, detto “l’Argentino”, cambia tutto.
di retorica e di tesi, che nasce dal trattare delle fera implacabile: l’esperienza dell’esodo forzato L’Argentino è venuto per raccontare loro tutta la
«poche cose di una vita», la cui grandezza risalta dalla loro Istria verità sul padre. Una verità che affonda le radici in
Curavic, Aljosa, Istriagog, Nardò, Salento Books, però definitiva nel contrasto con quei grandi ef- tempi lontani, quasi in un’altra vita, e che ha a che
2013 fetti della storia che le piccole cose disordinano, fare con gli orrori della Seconda guerra mondia-
VEZ scompigliano, disperdono - questi due racconti Mori, Anna Maria, Nata in Istria, Milano, Rizzoli, le, l’Albania, il Montenegro, la Dalmazia. Alvise
Questo romanzo restituisce la biografia intima di attingono al tema dell’identità difficile di chi è 2005 nell’Esercito, l’Argentino nella Milizia.
un luogo e di un’epoca che appartengono alla Sto- minoranza nazionale e culturale. L’autrice, Nelida CIV B03 B15 B17
ria non soltanto italiana. Tra i virtuosistici incastri Milani Kruljac, è un’istriana di Iugoslavia che nel L’Istria è stata per mezzo secolo un grande buco
della vita del luogo fisico si snodano le sorti degli suo paese (se gli eventi attuali consentono ancora nero nella coscienza italiana: una terra dimentica- Quarantotti Gambini, Pier Antonio, Le redini bian-
abitanti di un piccolo borgo istriano: è l’epopea di parlarne come di un paese) ha percorso al con- ta, rimossa, così come è stata di fatto occultata la che, presentazione di Guido Davico Bonino, Tori-
delle famiglie che hanno vissuto l’antica Spada. trario il cammino dell’integrazione: dalla comu- presenza dei trecentomila profughi istriani che, no, Einaudi, 1968
Il lettore istriano vi troverà come una parte di se nità culturale croata, in cui s’era inserita, indietro dopo la guerra, ha scelto l’esilio. In questo libro VEZ B01 B15
stesso, una sua voce segreta, ineliminabile; ogni alle montagne e ai paesini dove vivevano i suoi Anna Maria Mori, che ha lasciato l’Istria con la fa- Un romanzo che racchiude i punti estremi dell’ar-
altro lettore vi scoprirà una guida insieme raziona- antenati di lingua italiana, a sostare di fronte a me- miglia quando era ancora bambina, prova a spie- co di una vita: un adulto ritorna alla propria terra,
le e sentimentale in quella parte della storia e della morie altrimenti inesorabilmente mute gare cosa significa essere istriani. Il suo libro non e gli vengono incontro le immagini incantate e
cultura italiana che si chiama Istria. è un’inchiesta oggettiva o il rendiconto di un’e- misteriose del suo mondo di bambino. Con uno
sperienza di vita: è piuttosto un collage di storie, scritto di Guido Davico Bonino e una nota bio-
Mori, Anna Maria, L’anima altrove, con un inedito persone, percorsi, riflessioni su una terra di con- grafica di Daniela Picamus.
Madieri, Marisa, Verde acqua e la radura, Torino, di Nelida Milani, Milano, Rizzoli, 2012 fine (italiana, veneta, asburgica, slava), una terra
Einaudi, 1998 VEZ B01 di contadini e di pescatori e di marinai, di poesie,
VEZ B05 Roma, 2011. Irene, una donna non più giovane, leggende, tradizioni, miti e riti, di sapori e odori Quarantotti Gambini, Pier Antonio, I nostri simili,

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Torino, Einaudi, 1966 Svalduz, Giuseppe, Una croce sulla foiba: il grido delle a quello degli altri compagni, anch’essi sbandati e Livio Crevatin e della giornalista Patrizia Valli. -
VEZ vittime ritrova la strada della memoria, Venezia, Mar- senza identità. Capodistria : RadioCapodistria, 2000?
silio, 1996 VEZ B17
B11 FGP s.c.
Sessi, Frediano, Foibe rosse: vita di Norma Cossetto uc- Zecchi, Stefano, Quando ci batteva forte il cuore, Mi-
cisa in Istria nel ‘43, Venezia, Marsilio, 2007 lano, Mondadori, 2010 Labirintomare [Audioregistrazione]: itinerario d’ac-
B01 Tomizza, Fulvio, Materada, Milano, Mondadori, VEZ B01 B05 B10 B17 qua tra Venezia, Istria, Dalmazia e dintorni, Cali-
Norma Cassetto venne gettata ancora viva nella 1973 Pola 1945. La storia è crudele con gli italiani dell’I- canto, [S.l.], Calicanto, 2001
foiba di Villa Surani nella notte tra il 4 e il 5 otto- B14; in altra edizione VEZ B01 B07 B17 stria, della Dalmazia e di Fiume: se nel mondo si VEZ
bre del 1943. Aveva ventitré anni ed era iscritta Un’opera epica che attraverso la storia di una festeggia la pace, qui le loro sofferenze non hanno
al quarto anno di lettere e filosofia, all’Università famiglia e di una proprietà frodata e inottenibile tregua. Il dramma della gente di Pola sconvolge
di Padova. I suoi assassini, partigiani di Tito, che racconta il destino di un popolo diviso, alla ricerca la famiglia del piccolo Sergio, costretta a subire Piccole storie istriane [Audioregistrazione], Capodi-
dopo il crollo del regime fascista tentano di pren- di una nuova, definitiva identità, tra rancori, odi e umiliazioni e soprusi da parte dei nuovi occupan- stria, Radio Capodistria, 1999. Leggende scelte
dere il potere in Istria non hanno pietà della sua vendette sanguinose. Francesco, istriano di Mate- ti slavi. dal ciclo di trasmissioni televisive «Piccole storie
giovinezza e innocenza e, prima di ucciderla, la rada, decide di abbandonare il suo paese, e strap- Nelle pagine di questo romanzo, la rigorosa ri- istriane», ideato e creato da Flavio Forlani, tra-
violentano brutalmente. L’assassinio di Norma pare le radici che lo legano da generazioni a una costruzione di un periodo terribile e ancora poco smesso da Radio Capodistria dal 1994 al 1997
Cossetto e di tutti quegli uomini e quelle donne terra aspra e fertile, ora negata e contesa. conosciuto del Novecento si accompagna a una VEZ
che furono infoibati o morirono a causa delle tor- storia intima, delicata, toccante. Stefano Zecchi
ture subite, annegati in mare per mano dei “titini” dà vita a un affresco importante, che illumina il
mostra verso quale orizzonte ci si dirige “quando Tomizza, Fulvio, La ragazza di Petrovia, introduzio- dramma di un popolo e insieme racconta tutta Veneto [Audioregistrazione], con la collaborazione
si ritiene che la verità della vita è lotta, e che non ne di A. Paolini, Milano, Mondadori, 1975 l’emozione di un grande amore tra padre e figlio. di Alessio Surian ; Associazione culturale Minel-
tutti gli esseri umani sono provvisti della medesi- B01 B07 B14; in altra edizione FGP s.c. liana e con la Regione del Veneto, 2006
ma dignità”. La storia appassionata della ragazza di Petro- VEZ
via riassume in sé tutti i risvolti tragici e umani
di un popolo che, alla fine della seconda guerra Musica e film
Sgorlon, Carlo, La foiba grande, Milano, Monda- mondiale, è stato costretto dagli eventi politici a Tuti mati [Audioregistrazione], a cura di Gianluigi
dori, 1993 lasciare casa, terra, familiari per stabilirsi in Italia, Alessandro Cuk, Il cinema di frontiera: il confine orien- Secco, S.l., Soraimar, 2005
VEZ B05 B06 B11 B14 B17 nei “campi di raccolta” vicino a Trieste e comin- tale, Mestre, Alcione, 2007 VEZ
ciare una nuova vita in mezzo a squallore e nuo- B10
ve discriminazioni. Al mondo dei profughi tende
Sgorlon, Carlo, La malga di Sîr, Milano, Monda- ad aggiungersi Giustina, la ragazza protagonista Arrangiatevi [Videoregistrazione], un film di Mauro
dori, 1997 del romanzo, che si scopre prossima madre in un Itinerari della memoria [Audioregistrazione]: scrittori Bolognini, Milano, Medusa Video [distributore],
VEZ B01 B05 B06 B15 B17 momento molto difficile per la propria comuni- e poeti della C.N.I. dell’Istria e di Fiume / RTV 2006?
tà; ed è appunto un amore senza speranza che la Slovenia, Centro regionale RTV Koper-Capodi- VEZ
conduce oltre il confine a mescolare il suo destino stria/Radio Capodistria ; da un’idea del regista

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BIBLIOTECHE

Il recupero, la conservazione e la valorizzazione del pa- VEZ Biblioteca Civica di Mestre Villa Erizzo, B8 Burano, c/o Scu
trimonio culturale di origine veneta presente in Istria e Piazzale Donatori di sangue, 10 ola media Galuppi , S. Mauro, 107
Dalmazia : viaggio alla riscoperta di un’identità [Video- 041 2746740 041 730900
registrazione], regia di Andrea Biscaro ; fotografia reference.bibliotecacivica@comune.venezia.it biblioteca.burano@ comune.venezia.it
di Lorenzo Pezzano, testi di Francesco Dufur, Ve-
nezia, Regione del Veneto; Italialavoro, 2006 CIV Biblioteca Civica di Mestre BCM, Via Mi- B10 Favaro V.to P.zza Pastrello, 1
VEZ B17 ranese, 56 041630993
041 2392060/70 biblioteca.favaro@comune.venezia.it
reference.bibliotecacivica@comune.venezia.it
Ritorno a casa [Videoregistrazione], diretto da Si- B11 Carpenedo Bissuola c/o Civico via Gori, 8
mone Damiani, Padova, Venice film, 2008? B1 Castello, c/o Centro Civico, S.Lorenzo 041 2746288
B17 041 2710051 biblioteca.carpenedobissuola@comune.venezia.it
Due ragazzi italiani, di diversa provenienza, ar- biblioteca.castello@comune.venezia.it
rivano in Istria. Sandro da Trieste, via terra, Lau- B14 Zelarino, Via Castellana, 154
ra via mare. Sono i nipoti degli istriani che ses- B3 San Tomà, c/o Scuola dei Calegheri, S. Polo 041909601
sant’anni fa hanno dovuto lasciare la loro terra. 2857 biblioteca.zelarino@comune.venezia.it
Hanno deciso di intraprendere questo viaggio 041 5235041
per recuperare la loro identità attraverso le città, biblioteca.santoma@comune.venezia.it B15 Via Dante, Via Dante, 67
i monumenti, gli abitanti che hanno reso grande 041 980112
l’Istria. Vogliono conoscere di persona i luoghi B4 Giudecca, c/o C. Civico, Giudecca, 95 biblioteca.viadante@comune.venezia.it
dove i loro nonni sono cresciuti. 041 5205784
biblioteca.giudecca@comune.venezia.it B16 Punto lettura Gazzera, via Asseggiano, 39
041 5442188
Il vento dell’Adriatico [Videoregistrazione], diretto da B5 Hugo Pratt, Lido Via Sandro Gallo, 136 biblioteca.gazzera@comune.venezia.it
Pasqualino Damiani, Padova, Venice film, 2008 041 5268991
B17 biblioteca.lido@comune.venezia.it B17 Marghera, P.za Mercato 40
Sandro continua il suo viaggio (Vedi Ritorno a 041 921600
Casa), perché le tracce di italianità non si esauri- B6 Cagnaccio di San Pietro, San Pietro in Volta biblioteca.marghera@comune.venezia.it
scono in Istria, ma proseguono, come portate dal c/o Centro Civico
vento, lungo tutto l’Adriatico. 041 5279132 FGP Fondazione Gianni Pellicani, Villa settem-
Sandro può contare su Albino, un ex-marinaio, biblioteca.sanpietroinvolta@comune.venezia.it brini, Via carducci, 32
che gli fornirà un diario-guida e una compagna 041 977992
di viaggio (Elena) per intraprendere un’avventura B7 Murano, c/o Centro Civico, Calle Briati 9/a fondazione@fondazionegiannipellicani.it
alla scoperta non solo dei luoghi, ma anche degli 041 736790
uomini della Dalmazia. biblioteca.murano@comune.venezia.it

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Numero 08
Febbraio 2014
Archivio del ricordo
Memorie giuliano-dalmate a Venezia

Testi
Mario Bonifacio
Stefano Buratto
Alessandro Cuk
Tiziana Masola
Giuliana Nesi
Maria Cristina Pomiato
Antonella Scarpa
Maria Teresa Sega
Barbara Vanin

In copertina
Questa pubblicazione è distribuita con licenza Creative Commons Anna Maria con la madre e i fratelli, Fiume 1933.
Attribuzione - Non commerciale 2.5 Italia. Archivio privato di Carlo Battain.
CC

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in collaborazione con

Assessorato alle Attività Culturali


e Turismo Assessorato Politiche Educative
Servizi bibliotecari Presidenza del Consiglio Comunale
e Archivio della comunicazione Municipalità di Marghera

Archivio della Comunicazione


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Osservatorio Fotografico
sulle trasformazioni del territorio,
del paesaggio, della società

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