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I giardini del tè

di Dazhangshan
Premio Internazionale
Carlo Scarpa per il Giardino 2019
xxx edizione

a cura di
Patrizia Boschiero, Luigi Latini,
Maurizio Paolillo

Fondazione Benetton
Studi Ricerche

Treviso 2019
I giardini del tè di Dazhangshan
Premio Internazionale Carlo Scarpa
per il Giardino 2019
pubblicazione della Fondazione Benetton
Studi Ricerche, con Antiga Edizioni,
a cura di Patrizia Boschiero, Luigi Latini,
Maurizio Paolillo

In occasione della trentesima edizione


del Premio Internazionale Carlo Scarpa
per il Giardino, dedicata ai Giardini del tè
di Dazhangshan, escono contemporaneamente
questo volume in lingua italiana
e la sua traduzione inglese.

Realizzazione editoriale:
Patrizia Boschiero (coordinamento),
Chiara Condò e Nicoletta Tesser
(editing e impaginazione).

Traduzioni dall’inglese all’italiano:


Carla Toffolo (testi di Xiao Kunbing, pp. 107-118;
appendice al saggio di Giuseppe Barbera,
pp. 164-165; Mónica Luengo, pp. 185-198).
Traduzioni dall’italiano all’inglese:
Oona Smyth (Motivazione del Premio, pp. 18-21).
Traduzioni dall’italiano al cinese (Motivazione
del Premio, pp. 14-17) e dal cinese all’italiano:
Antonio Leggieri (testi di Hong Peng, pp. 61-104;
Chen Xing, pp. 105-106; Yu Yue, pp. 120-131).
Traduzioni dal francese all’italiano:
Chiara Piaggio (testo di Hervé Brunon
e Maxime Decaudin, pp. 199-214).
Le traduzioni pubblicate nell’edizione inglese di
questo volume sono di: Oona Smyth; Paul Golf
con Alison McFarland, Thomas Staniforth,
Qin Tian, Saul Thompson, Shen Yu;
Antonio Leggieri; Traduttori Associati.
Per i termini cinesi presenti nel testo si è
adottato il sistema di traslitterazione pinyin.

Al lavoro di ricerca e acquisizione


dei materiali bibliografici, cartografici,
iconografici e documentari hanno
collaborato con i curatori, gli autori e
l’ufficio editoriale, anche Irene Beringher,
Francesca Ghersetti e Massimo Rossi
(centro documentazione della Fondazione
Benetton Studi Ricerche).
Indice

6 Premio Internazionale Carlo Scarpa 133 Livio Zanini,


per il Giardino, 1990-2019 Prima dell’arrivo del tè in Europa.
La bevanda cinese nelle fonti occidentali
8 Regolamento e Comitato scientifico anteriori al secolo xvii

9 I giardini del tè di Dazhangshan.


Motivazione del Premio Carlo Scarpa, 147 Giuseppe Barbera,
nelle lingue italiano, cinese, inglese Antropocene, agricoltura, paesaggio.
Riflessioni a margine di un viaggio in Cina

23 Maurizio Paolillo, 169 Anna-Paola Pola,


Dalla Cina alla contea di Wuyuan. «Il villaggio più bello della Cina». Patrimonio,
Orientamento storico-geografico politiche e trasformazioni nella Cina rurale

41 Maurizio Paolillo, 185 Mónica Luengo,


La bellezza del Dao. Valori culturali e patrimoniali dei paesaggi
I molteplici volti del paesaggio asiatici del tè nel contesto internazionale
nella tradizione culturale della Cina
199 Hervé Brunon, Maxime Decaudin,
Per una storia ecologista, elementi di riflessione
61 Hong Peng, a partire dalla Cina
Versi in rima e lavoro certosino: un legame
naturale e storico. Filosofia del giardino 215 Massimo Rossi,
orientale nelle coltivazioni del tè biologico Alcune riflessioni sulla rappresentazione
di Dazhangshan cartografica nella cultura cinese

105 Chen Xing,


Una casa per il tè, una casa per la cultura 229 Bibliografia

237 Referenze sulle illustrazioni


107 Xiao Kunbing,
Cultura, coltivazioni e rotte del tè 238 Elenco degli autori
nella Cina antica.
Aspetti storici e antropologici 239 Premio Internazionale Carlo Scarpa
per il Giardino 2019
120 Yu Yue,
Ambiente, tè e cultura del tè nel Jiangxi
1

1. Mi Fu 米黻 (1051–1107, nelle fonti


appare anche come Mi Fei 米芾),
Pini di buon auspicio sui monti
primaverili (Chunshan ruisong
tu 春山瑞松圖), rotolo verticale,
inchiostro e colore su carta,
35 x 44,1 cm, National Palace
Museum, Taipei, Taiwan. Mi Fu è
stato pittore, calligrafo e poeta
della dinastia Bei Song (960-1127).

I giardini del tè di Dazhangshan


40 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2019
MauriZio Paolillo
La bellezza del Dao. I molteplici volti del paesaggio
nella tradizione culturale della Cina

Parlare del paesaggio in relazione alla profonda e complessa tradizione cinese «Ci sono [versi] che dinanzi agli occhi
dispiegano paesaggi»1.
significa affrontare un universo culturale in cui, per la prima volta nella sto-
ria delle civiltà, sarebbe stata elaborata una riflessione su questo concetto2.
Dobbiamo partire dalla parola e dalla cosa. In Occidente, il termine “pae-
saggio” (adottato nella lingua volgare già in una commistione con la tradi-
zione pittorica, il primo a usarlo sembra essere stato il Vasari) pare essere
emerso in Francia (paysage), alla fine del secolo xv, in modo indipendente e
nuovo o, secondo alcuni, come corrispondente dell’olandese landschap3. Il
termine francese indica tuttavia un’assoluta novità, che lega il pays al suffisso
-age, indicante la globalità, la vista d’insieme praticata dallo sguardo dell’os-
servatore. Ed ecco formato il concetto di paesaggio nei suoi elementi fonda-
tivi: la natura esteriore e la presenza dell’osservatore umano. Il che spiega sin
troppo bene come il termine abbia trovato, per così dire, ospitalità immedia-
ta nell’ambito della pittura, arte della rappresentazione per eccellenza che,
con l’introduzione in Occidente della prospettiva lineare, in obbedienza alle
leggi della piramide visiva conduce l’osservatore verso una precisa porzione
dello sterminato mondo paesistico.
Per citare Georg Simmel, qui sta proprio la distinzione tra la natura, che
«non è composta di pezzi: è l’unità di un tutto», e il paesaggio, per cui «l’es-
senziale è proprio la limitazione», indotta dalla presenza di colui che guar-
da4. Limitazione che, spinta all’estremo, porterà in pittura all’arte compo-
sitiva del “paesaggio ideale” di Annibale Carracci e soprattutto di Lorrain,
con i suoi «quadri che possiedono il massimo grado di verità, senza avere tut-
tavia alcun briciolo di realtà», come affermato da Goethe5. 1. Linquan gaozhi, in Yu 1998, vol. i, p. 640.
La Cina classica non ha conosciuto un termine paragonabile al nostro Qui e in casi analoghi la traduzione dal cinese
“paesaggio”. Potrebbe essergli avvicinato jing 景, sinogramma traducibile co- all’italiano è di chi scrive.
me “scenario naturale”, e indicante uno scorcio, determinato da condizioni 2. Si segue qui la definizione fornita
spaziali e temporali definite e soggette a cambiamento: e anche qui l’elemen- in Berque 2013, pp. 30-32.
to dell’osservatore è determinante. Il termine avrà successo nell’arte disposi-
3. JakoB 2009.
tiva del giardino cinese tradizionale, che si può definire come una collezio-
ne di differenti jing6. Quando la pittura cinese ha cominciato a interessarsi 4. Philosophie der Landschaft, citato
alla rappresentazione degli elementi naturali, la trattatistica ha elaborato in JakoB 2009, p. 42.
un nuovo termine, nel quale però l’uomo è assente: shanshui 山水, “monta- 5. Citato in JakoB 2009, p. 58. Si vedano
gne-acque”, i due elementi cardine del paesaggio naturale, viventi una rela- anche le considerazioni similari espresse da
zione dialettica che incarna il rapporto tra i due emblemi cosmologici dello Vitruvio sui dipinti degli ambulacri di epoca
romana (topia o ars topiaria), sintetizzate
Yin 陰 e dello Yang 陽7. in Grimal 1990, pp. 97-98.
Bisogna anche ricordare che nella Cina tradizionale non esisteva un ter-
mine atto a indicare genericamente la natura, intesa come realtà integrale e 6. Sul concetto di jing e i suoi riflessi
unitaria. Il lemma per “natura” oggi comune in cinese moderno, ziran 自然, fu sull’individuo, si veda Zou 2008.
ampiamente usato in verità nelle fonti sapienziali antiche, soprattutto dao- 7. Sulla coppia cosmologica Yin-Yang, si veda
iste; ma esso stava a indicare, volendo impiegare un termine della nostra tra- Paolillo 2012a, pp. 14-18.

41
2. Ricostruzione dei territori
delle Nove Regioni o Distretti
(Jiuzhou) stabilite da Yu secondo
il commentario al trattato Yugong
intitolato Yugong jijie 禹貢集解,
di epoca Song.

dizione filosofica, la natura naturans, quella disposizione innata che fa sì che


un essere sia “così di per sé”, la cui riscoperta era l’ideale compimento del pro-
cesso di realizzazione spirituale che portava all’identificazione con il Dao8.
Ma già molto prima dell’elaborazione storica di un’estetica cinese del pae-
saggio, la Cina antica si mostra come un mondo in cui strutturazione dei ca-
ratteri di una civiltà e definizione dello spazio geografico viaggiano in paralle-
lo, o meglio sono costruite attraverso un vocabolario ideologico comune, che
affonda le radici nel mito. Le considerazioni che seguono costituiscono un
imperfetto, sintetico tentativo di rintracciare le “linee guida” di un pensiero
cinese sul paesaggio, delineando la ricchezza dei suoi ambiti tematici.

La struttura simbolica dello spazio geografico nella Cina antica


Dobbiamo partire dai primordi. La concezione del mondo nelle più antiche
fonti cinesi (ossa oracolari Shang, 1250-1045 a.C. circa) è fondamentalmente
strutturata su una cosmografia dal simbolismo quinario, che vede il Centro,
topos della civiltà, circondato dai quattro fang 方, i quadrati cardinali, rap-
presentativi di aree periferiche, ma ancora non del tutto «barbare»9.
Al simbolismo del Centro e dei Quattro Orienti si accompagna una se-
conda concezione, forse sviluppo della prima, che vede il territorio cinese
(all’epoca ben più ridotto dell’attuale) diviso in nove aree. La Cina stessa era
detta Jiuzhou 九州, letteralmente “Nove Regioni” o “Distretti”; la paternità
8. La traduzione letterale di ziran è «ciò che del termine è attribuita a Yu 禹, eroe mitologico che salva la Cina da una
è così di per sé». Si veda Harbsmeier 2010; disastrosa inondazione: «Yu […] determinò i monti venerabili e i nobili fiumi
per le affascinanti analogie con il significato […]. Con la mano sinistra, teneva la livella e la corda, con la destra, il compas-
più antico di physis, Paolillo 2017.
so e la squadra. Eseguì la propria opera in funzione delle quattro stagioni.
9. allan 1991 e lewis 2006, pp. 247 e sgg. Così divise le nove regioni, mise in comunicazione le nove vie, scavò i nove

I giardini del tè di Dazhangshan


42 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2019
laghi e misurò le nove montagne»10. Yu è in un certo senso il primo geografo:
secondo la tradizione, egli fa fondere nove tripodi sacri, sui quali vi sono le
immagini delle nove regioni11.
Abbiamo in tal modo una rappresentazione “a griglia” dello spazio geogra-
fico, descritta nel trattato Yugong 禹貢 dello Shangshu 尚書, composto pro-
babilmente nel secolo v a.C. Essa sembra legata non tanto a una rigida sud-
divisione geometrica, quanto al percorso effettuato da questo eroe mitico, il
quale nel salvare il paese dalla disastrosa esondazione dei fiumi compie anche
un’opera di riconoscimento dei differenti elementi del paesaggio cinese, e dei
prodotti forniti dalle sue diverse regioni, stabilendo inoltre i corretti e relati-
vi tributi da effettuare. Su tale ripartizione, e sulla sua toponomastica, si fon-
deranno le monografie geografiche contenute nelle prime storie dinastiche12.
Il ruolo fondativo di Yu in chiave spaziale e anche temporale (da lui ha ini-
zio un nuovo tempo dinastico) può spiegare la sua importanza nel daoismo:
il suo stesso incedere su una sola gamba, detto passo di Yu (Yubu 禹步), svolge
una funzione essenziale nel rituale daoista dall’antichità sino a oggi, in parti-
colare come movimento che delinea e crea lo spazio sacro13. Secondo la tradi-
zione, durante l’operazione di riordino del territorio Yu avrebbe composto lo
Shanhaijing 山海經 (Libro dei Monti e dei Mari), complessa opera geografico-co-
smografica, la cui parte principale è dedicata ai monti sacri del Centro e dei
quattro punti cardinali14. Alcuni studi hanno sottolineato la grande ricchez-
za del testo, e la sua importanza come rappresentante di una tradizione de-
scrittiva dello spazio geografico ben lontana da quella occidentale moderna.
10. Shiji 1982, pp. 50-51.
In particolare, la sua sezione più antica (Shanjing 山經) riproduce la sud-
divisione dello spazio nelle quattro direzioni più il Centro. Fondamentali 11. Fracasso 1988.
sono le montagne (shan 山), ben 447, elencate in ventisei percorsi o sequen-
ze unidirezionali (dao 導); ogni luogo di questo paesaggio vitale è identifica- 12. KazutaKa 1983. Le monografie geografiche
delle storie dinastiche presentano nel titolo
to nel testo dalla presenza di un nume (shen 神), un’entità spesso ibrida con il binomio dili; sull’ambiguità del termine
componenti umane e animali, e viene fornita una dettagliata descrizione (oggi sinonimo di “geografia”) nella Cina antica,
delle relative attività sacrificali da svolgere15. Questo tipo di simbolismo for- si veda anche Paolillo 2013, pp. 30-35.
se era coadiuvato da supporti iconografici16. 13. andersen 2008.
La “geometrizzazione” di questa suddivisione nonaria della Cina sembra
essere dovuta a Zou Yan 鄒衍 (250 a.C. circa), uno dei numerosi intellet- 14. Fracasso 1996, pp. xx-xxi.
tuali itineranti che fra i secoli v e iii a.C. diedero un contributo irripetibile 15. Fracasso 1996 e doroFeeva-lichtmann
alla formazione del pensiero cinese. La sua opera è purtroppo andata perdu- 2003; in doroFeeva-lichtmann 2009 appare
ta, ma in alcune fonti antiche restano numerosi riferimenti al suo pensiero. l’ipotesi che la differenziazione tra le due
visioni dello spazio geografico cinese, una più
La tendenza a raccogliere e spiegare i fenomeni dell’universo attraverso una “amministrativa” (quale appare nello Yugong)
serie di corrispondenze, fondate su serie numeriche di emblemi simbolici e una più “spirituale”, tipica dello Shanhaijing,
(Yin e Yang, Cinque Fasi, Otto Trigrammi e così via), che avrebbero mante- possa essere in realtà un risultato della revisione
dei testi del primo tipo operata dai letterati di
nuto tutta la loro importanza nei lunghi secoli dell’antichità imperiale, eb- matrice confuciana.
be in questo periodo la sua fioritura17. Nello Shiji 史記 di Sima Qian 司馬遷
(100 a.C. circa) si afferma: «Egli riteneva che ciò che i classicisti chiamano 16. Fracasso 1988, ma si veda anche
Cina occupi solo una delle ottantuno parti dell’ecumene [letteralmente “ciò doroFeeva-lichtmann 2007.
che è sotto il Cielo”]. La Cina era detta Continente Numinoso del Distretto 17. Per una sintesi di tale tematica,
Vermiglio. Nel Continente Numinoso del Distretto Vermiglio vi erano no- si veda anche Paolillo 2014, pp. 24-26.

Maurizio Paolillo, La bellezza del Dao. I molteplici


volti del paesaggio nella tradizione culturale della Cina 43
ve regioni, che erano quelle ordinate da Yu. Esse non potevano essere consi-
derate come veri continenti. Fuori dalla Cina, vi erano nove [in realtà otto]
unità come il Continente Numinoso del Distretto Vermiglio, e queste sono
ciò che va definito come nove continenti. Ci sono mari minori che li circon-
dano, in modo che nessun uomo, uccello o animale possa passare dall’uno
all’altro. Ogni regione come questa era un continente. Ce ne sono nove, e un
grande oceano le circonda tutte. Qui è dove Cielo e Terra si incontrano»18.
E appare evidente come la Cina, suddivisa attraverso la griglia delle nove re-
gioni o distretti, non sia a sua volta se non uno dei nove “universi geografici”
del mondo, secondo una identica strutturazione. Questa griglia più grande
è infine circondata dall’oceano.
Nel quasi coevo Huainanzi 淮南子 (140 a.C. circa), troviamo uno sviluppo
peculiare: «Tra Cielo e Terra ci sono nove regioni e otto culmini. La terra ha
3

3. Una delle illustrazioni tarde


dello Shanhaijing: genio nove montagne, e le montagne hanno nove passi. Per quanto concerne le
monopode. zone periferiche, ci sono nove paludi. Ci sono otto venti e sei fiumi. Cosa si
intende per nove regioni? A sud-est c’è la Regione Numinosa, che è la terra
dell’agricoltura»19. La collocazione della Cina (Regione Numinosa) a sud-est
può essere dovuta a una maggiore consapevolezza della posizione del terri-
torio cinese rispetto alle vaste zone dell’Asia centrale e settentrionale, che
erano state raggiunte dalle avanguardie degli eserciti cinesi. Ma forse in tal
modo si intendeva anche porre la Cina all’altra estremità rispetto a un axis
mundi idealmente collocato a nord-ovest, e particolarmente popolare all’e-
poca: il monte Kunlun 昆侖.
Oggi, con il nome Kunlun si indica una catena montuosa che separa nella
Cina dell’ovest le province del Xinjiang e del Tibet (Xizang). Nell’antichità
cinese, il Kunlun ha trovato varie e differenti collocazioni geografiche: esso
è spesso definito anticamente come sede della divinità detta Regina Madre
d’Occidente (Xiwangmu 西王母), descritta come dispensatrice di sapienza e
di metodi atti al raggiungimento dell’immortalità20. Il Kunlun è rappresen-
tato al contempo come montagna e come abisso, per metà elevato nel Cielo
e per metà immerso in profondità21. La sua parte ctonia è per lo più associata
al motivo delle fonti del Fiume Giallo, mentre per altre realtà montane, co-
me il sacro monte Tai o il monte Fengdu, capitale dell’oltretomba, appare il
collegamento con le cosiddette Sorgenti Gialle, fonti stige che caratterizza-
no il mondo dei morti e che sono in relazione con tutti i corsi d’acqua della
18. Shiji 1982, p. 2344. superficie22. A volte, sulla cima del monte le fonti descrivono un pilastro di
19. Huainanzi 1989, juan 4, p. 39.
bronzo che penetra sino al Cielo; in altri casi, il Kunlun stesso è un pilastro
al centro del Cielo e della Terra, e nella direzione dei punti cardinali e inter-
20. Sulla figura di Xiwangmu si veda un quadro cardinali si trovano altri otto pilastri. Alla sua base, si troverebbe una grotta
sintetico in Paolillo 2014, pp. 184-188. o camera in pietra, spesso descritta nelle fonti come un labirinto tortuoso,
21. Stein 1987, p. 209. nel quale si svolgono riti iniziatici23.
Questi motivi furono ripresi tra i secoli ii e v dalla letteratura dei cosid-
22. Per la geografia dell’oltretomba nella Cina detti apocrifi (chenwei 讖緯), che costituiscono un’essenziale catena di tra-
prebuddista, si veda Paolillo 2011.
smissione che lega le conoscenze dei fangshi 方士 (cosmologi ed esperti in
23. Stein 1987, pp. 210-211. tecniche esoteriche) del periodo dei Regni Combattenti e del primo im-

I giardini del tè di Dazhangshan


44 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2019
4. Raffigurazione della Regina
Madre d’Occidente (Xiwangmu),
mattonella in rilievo, epoca
Dong Han (25-220 d.C.), Museo
della Provincia del Sichuan.
Il personaggio è assiso su un
trono; si nota la presenza di una
tigre (animale tradizionalmente
associato all’ovest, la direzione
del sacro monte Kunlun), e altri
animali fantastici. Sulla sinistra,
un attendente mescola in un
calderone ciò che è forse il
leggendario elisir dell’immortalità.

pero (v-i secolo a.C.) agli ambienti daoisti successivi. In un passo dello
Hetu guadi xiang 河圖括地象, risalta la compresenza di aspetti legati al simbo-
lismo del Polo, dell’Asse cosmico e del Centro: «Il monte Kunlun è il Pilastro
[…]. Il Kunlun è il Centro della Terra. Al di sotto, il territorio ha otto pilastri,
ampi diecimila li. Vi sono 3.600 tiranti, che si connettono e si regolano l’un
l’altro. Le famose vette, i grandi fiumi, le grotte e le cavità sono in comunica-
zione tra loro»24.
Altre fonti sin dall’antichità descrivono la presenza di un’architettura in
cima al monte sacro: già nelle Domande celesti (Tianwen 天問), testo risalente
forse al secolo iv a.C. e incluso nei Chuci 楚辭 (Canti di Chu), un versetto re-
cita: «Dov’è il Kunlun con il suo Giardino Sospeso? […] Quanti li di altezza
misurano i suoi bastioni a nove strati?»25.
Nel quarto capitolo dello Huainanzi, troviamo un’ampia descrizione del-
l’area del Kunlun: «Yu il Grande [...] livellò il Kunlun per abbassarne la ci-
ma; al centro sta un bastione a nove strati […]. L’albero dell’immortalità sta
a ovest [....]. Il Giardino Sospeso […] è all’interno della Porta Changhe. Sono
questi i suoi giardini e il laghetto che vi si trova ha le acque gialle. Queste ac-
que gialle fanno tre giri e ritornano alla sorgente. Essa è detta Acque di Ci-
nabro: bevendone l’acqua non si muore […]. Salendo al Giardino Sospeso, si 24. Hetu guadi xiang, in Paolillo 2009, p. 361.
diventa dotati di poteri spirituali e si comanda alla pioggia e al vento. Sopra
25. Chuci, Tianwen, in Chuci 1991, p. 59.
sta il Cielo Superiore: salendovi si diventa numi. Esso è chiamato Dimora
del Grande Sovrano»26. 26. Huainanzi 1989, juan 4, pp. 40b-41a.

Maurizio Paolillo, La bellezza del Dao. I molteplici


volti del paesaggio nella tradizione culturale della Cina 45
Il daoismo adottò in toto questa cosmografia arcaica. La corrente daoi-
sta della Suprema Purezza (Shangqing 上清) introdusse Xiwangmu ai livelli
più elevati del suo pantheon, e anche il Kunlun, sua residenza tradizionale,
fu oggetto di elaborate descrizioni. Un testo particolarmente popolare fu
lo Shizhou ji 十洲記, in cui il Kunlun è situato in mezzo al mare nel remoto
nord-ovest, e presenta tre livelli, che vanno allargandosi verso l’alto: una ca-
ratteristica che ricorda l’iconografia tradizionale del Meru, axis mundi della
cosmografia indiana. Il monte è la residenza della Regina Madre d’Occiden-
te, e su di esso si trovano sale di giada e corti di cinabro, tra lucenti nuvole
vermiglie a nove strati. Il Kunlun «mette in ordine i Nove Cieli e regola lo
Yin e lo Yang […], è radice e asse del Cielo e della Terra»27.
Nello Yunji qiqian 雲笈七籤, raccolta daoista del secolo xi, il Kunlun, detto
Pilastro del Cielo, presiede ai cinque punti cardinali (nord, sud, est, ovest più
il centro), fissando le Venature della Terra (dimai 地脈), cioè i canali ctonii di
5 energia sottile detta qi 氣. Luogo di contemplazione dei santi superiori, è il
5. Bruciaprofumi (boshanlu) di regolatore centrale sulla Terra come l’Orsa Maggiore lo è nel Cielo28.
epoca Han a forma di montagna,
Museo di Xianyang, provincia
Va infine sottolineato il mutevole rapporto tra il Kunlun e il Fiume Gial-
dello Shaanxi. lo (Huanghe 黃河). In tutta una serie di fonti antiche, come il già citato
Shanhaijing, il sacro monte è considerato anche come il luogo in cui si trova-
no le sorgenti del Fiume Giallo. Può essere interessante ricordare che la cri-
tica a tale collocazione appare nelle prime storie dinastiche (Shiji e Hanshu
漢書), composte tra i secoli i a.C. e i d.C., quando erano state effettuate delle
esplorazioni verso ovest, uno dei cui scopi primari era proprio l’identificazio-
ne delle fonti del Fiume Giallo29.
Nello Yugong, le sorgenti del fiume sono invece collocate presso un monte
chiamato Jishi 積石 (Rocce Accumulate), oggi identificato per lo più con una
vetta posta nella provincia del Qinghai. Tra le non numerose mappe antiche a
riportare tale teoria, figura la famosa Yuji tu 禹跡圖 (Mappa delle tracce di Yu), di
grande raffinatezza tecnica, incisa su stele nel 113630. In altre mappe le sorgenti
del Fiume Giallo partono da una coppia di laghi gemelli, detta Xingxiu Hu 星
宿湖, “Laghi dell’asterismo della stella”, una tradizione comunque influente, se
si pensa che essa viene ripresa in una carta geografica del Sichuan eseguita dal
missionario gesuita Martino Martini nel secolo xvii31.

Il paesaggio sacro del daoismo


Nel mito di Yu, già si evidenziano i due poli del paesaggio cinese, che ritro-
27. Shizhou ji 1990, pp. 7b-8a.
viamo nella geografia sacra daoista: montagne (shan 山) e acque (shui 水). Il
28. Robinet 1984, pp. 206-207. Sul concetto daoismo ha ripreso e sviluppato questa visione: la connessione tra la dottri-
di “Venature della Terra”, comune nel fengshui, na segreta delle varie correnti e lo “spazio sacro” del territorio cinese è stret-
si veda Paolillo 2013, pp. 30-43.
tissima, e si riflette in numerosi aspetti, in trattati cosmografici ma anche in
29. Come sottolineato in punti essenziali del rituale.
DoRofeeva-lichtmann 2012, pp. 11-12. Il simbolo della montagna, in particolare, è nel daoismo assolutamente
onnipresente. L’oggetto sacro più importante della camera di meditazione,
30. DoRofeeva-lichtmann 2012, pp. 14-15.
l’incensiere o bruciaprofumi, è una riproduzione dei sacri monti su cui vi-
31. DoRofeeva-lichtmann 2012, p. 28. vono gli immortali, e la stessa area rituale, per non parlare del tempio, sono

I giardini del tè di Dazhangshan


46 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2019
simbolicamente “montagne”. Già nel classico daoista Zhuangzi 莊子 (compo-
sto almeno in parte intorno al 300 a.C.), appaiono numerosi esempi di per-
sonaggi che vivono sui monti; ogni successiva corrente dottrinale, dai Mae-
stri Celesti (secolo ii) sino alla linea di insegnamento della Porta del Drago
(secolo xvii), è legata a una montagna sacra.
La nozione di “immortale” (xian 仙) trova un primo, famoso riferimen-
to in questo passo dello Zhuangzi, che descrive un essere definito in realtà
shenren 神人, “uomo numinoso”: «Sul monte Guye risiede un uomo numino-
so, la cui pelle è come neve congelata, gentile come una vergine. Non si nutre
dei cinque cereali, [ma] aspira il vento e beve la rugiada. Cavalcando nubi e
brume, guida un drago volante, vagabondando oltre i Quattro Mari»32. Nella
forma più diffusa del sinogramma xian si ritrovano associati i caratteri che
indicano “uomo” e “montagna”: l’ambiente naturale di tali esseri è ormai sta-
bilito definitivamente.
In effetti, se le metodiche per giungere alla condizione di immortale va-
riano di caso in caso, un motivo ricorrente nelle tradizioni che li riguardano
è il loro stabilirsi sui monti. Luoghi di confine o meglio di passaggio tra Terra
e Cielo, i monti sacri sono figura di una condizione spirituale particolare, alla
quale non si può aspirare senza la preparazione necessaria. Ma la montagna è
anche simbolo di un regno lontano dal mondo stanziale e agricolo dell’uma-
nità terrena: un tema dominante nella straordinaria molteplicità delle espe-
rienze di realizzazione degli xian è infatti l’abbandono dei cereali, che corri-
sponde a una rottura definitiva con la sedentarietà del vivere sociale.
A partire almeno dal secolo v a.C., nelle regioni costiere dei regni di Yan
燕 e di Qi 齊 si diffuse la convinzione dell’esistenza di montagne-isola galleg-
gianti nel Mare orientale, che erano la residenza degli immortali. Le fonti
storiche riportano che, durante i regni del primo imperatore Qin Shi Huangdi
秦始皇帝 (periodo di regno 221-209 a.C.) e dell’imperatore Han Wudi 漢武
帝 (periodo di regno 141-87 a.C.), furono organizzate due spedizioni con l’in-
tento di raggiungerle.
Nel Liezi 列子, opera composita risalente al secolo iv ma contenente ma-
teriale più antico, troviamo una delle più belle descrizioni di queste isole,
con alcune varianti relative al loro numero e al loro nome: «A est del golfo
di Zhili, nessuno sa a quante migliaia o decine di migliaia di li di distanza,
c’è un profondo baratro, una valle senza fondo. Tal voragine senza fondo è
conosciuta con il nome di “Vuoto in cui tutto ritorna”. Tutte le acque pro-
venienti dalle otto estremità della terra e dalle nove regioni, e anche la Via
Lattea, confluiscono in questa voragine; essa tuttavia non si riempie e non
trabocca mai. Al suo interno ci sono cinque montagne. La prima è chiamata
Daiyu, la seconda Yuanjiao, la terza Fanghu, la quarta Yingzhou, la quinta
Penglai. Ciascuna di queste montagne è alta trentamila li e si estende per un
raggio pari alla sua altezza. I pianori sulla sua cima coprono una superficie di
novemila li [...]. Sulle loro cime, torri e belvedere sono tutti d’oro e di giada,
gli animali e gli uccelli sono di un bianco immacolato, alberi di perle e altre
gemme vi crescono rigogliosi, con fiori che danno frutti sempre saporiti e 32. Zhuangzi 1989, Xiaodao you, p. 6b.

Maurizio Paolillo, La bellezza del Dao. I molteplici


volti del paesaggio nella tradizione culturale della Cina 47
che permettono a chi se ne ciba di non invecchiare e di non morire. Gli uo-
mini che le abitano appartengono alla stirpe dei saggi immortali; sono tal-
mente numerosi che non possono essere contati e volano giorno e notte da
una montagna all’altra. Un tempo le basi delle cinque montagne non pog-
giavano su nulla ed esse, come se seguissero il flusso della marea, non cessa-
vano di alzarsi e abbassarsi, di andare e venire. I saggi immortali erano scon-
tenti della cosa e se ne lamentarono con l’Imperatore Celeste. Questi [...] or-
dinò dunque a Yuqiang di inviare quindici tartarughe giganti a sorreggere
le cinque montagne con le loro teste alzate, alternandosi in tre turni di ses-
santamila anni ciascuno. Da quel momento le montagne rimasero ben salde
e smisero di muoversi. Tuttavia, un gigante che viveva nel regno di Longbo
facendo pochi passi raggiunse il luogo dove sorgevano le cinque montagne.
Gettando il suo amo catturò in un sol colpo sei tartarughe e se le caricò sul-
le spalle [...]. In conseguenza di ciò due delle montagne, Daiyu e Yuanjiao, an-
darono alla deriva verso l’estremità settentrionale del mondo e finirono per
sprofondare nel grande oceano»33.
C’è da notare che il primo esempio di arte plastica del paesaggio nasce in
Cina proprio come rappresentazione di un monte sacro, spesso raffigurato
come emergente dalle acque: è un chiaro riferimento alle montagne degli
immortali, xian. Questi oggetti, detti in cinese boshan lu 博山爐, sono, come
si diceva, incensieri o bruciaprofumi, prodotti in grande quantità soprattut-
to durante la dinastia degli Han occidentali, nei secoli ii-i a.C. Lo stesso te-
ma del monte sacro, paradiso degli xian, riappare nel corso della storia con le
alture spesso poste al centro di specchi d’acqua nei giardini tradizionali ci-
nesi34. La montagna è stabilizzatrice del mondo, “fissa” (zhen 鎮) l’equilibrio
della Terra. Ponte che unisce la Terra al Cielo, è il topos privilegiato degli
immortali, ma anche di manifestazioni sottili che possono essere perniciose
per l’essere umano.
Nella geografia daoista, uno dei ruoli principali è rivestito dai wuyue 五岳,
i Cinque Picchi sacri, le cui mappe talismaniche formano il contenuto del
Wuyue zhenxing tu 五岳真形圖 (Cartiglio della forma autentica dei Cinque
Picchi), opera esoterica contenuta nel canone daoista: secondo la tradizione,
tali immagini, ben lontane da qualsiasi rappresentazione naturalistica, sareb-
bero state donate all’imperatore Wu degli Han dalla Regina Madre d’Occiden-
te, giunta alla sua corte in risposta al suo desiderio di realizzazione spirituale35.
La presenza immancabile di grotte nei sacri monti, e il collegamento
con figure di eremiti daoisti o di immortali, nonché con un vero e proprio
33. Liezi 2008, pp. 147-151. network di siti naturali e/o centri abitati, in un quadro che può essere defi-
nito di geografia religiosa, sono aspetti riconosciuti dagli studiosi36. Almeno
34. Paolillo 1996 (pp. 45-49) e
2015 (pp. 25-29).
dal secolo v, i testi daoisti hanno prodotto una lettura del paesaggio sacro
della Cina che passava attraverso la definizione di dieci, o trentasei, “cie-
35. Boltz 2008. li-grotta” (dongtian 洞天), e di settantadue “terre benedette” (fudi 福地)37.
Il termine “cielo-grotta” è un esempio del gusto per il paradosso spesso
36. HaHn 1988.
presente nella dottrina daoista. La caverna, apparente regno dell’oscurità, si
37. verellen 1995. rivela non solo un microcosmo dalle leggi peculiari, dove tempo e spazio non

I giardini del tè di Dazhangshan


48 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2019
rispettano i limiti del mondo esterno (così come in altri microcosmi, come
il crogiolo alchemico o lo stesso corpo del praticante nel daoismo Shang-
qing); essa permette l’accesso a uno stato spirituale superiore, espresso con
il termine “cielo” (tian 天). Lo stesso sinogramma per “caverna”, “grotta”, dong
洞, comprende peraltro non solo il riferimento alle acque che fluiscono sot-
terranee (attraverso la presenza di una parte grafica che indica l’acqua), ma
allude al concetto di penetrazione, di comunicazione. La caverna, figura di
ciò che è chiuso e impenetrabile, si rivela espressione di quel passaggio, di
quella “trasformazione” (cioè “passaggio al di là della forma”) che è propria
della realizzazione del Dao.
L’opera più completa sulla geografia sacra fu composta dal maestro daoista
Du Guangting 杜光庭 (850-933): «Quando Cielo e Terra si divisero e il lim-
pido [qi] si separò dal torbido, essi formarono con lo scioglimento i grandi
fiumi e con la condensazione le elevate montagne. In alto, stabilirono le co-
stellazioni, in basso disposero i Cieli-grotta. Le vicende di ciascuno di questi
sono amministrate da grandi saggi e superiori Perfetti, essi contengono pa-
lazzi divini e residenze spirituali, sale di giada e terrazze d’oro [...]. La Scrit-
tura di Giada del Monte della Tartaruga dice: “Tra i grandi cieli vi sono i 36
Cieli-grotta. Essi contengono ciascuno sole, luna e stelle, così come i palazzi
dei divini immortali che controllano benedizioni e pene, e tengono i regi-
stri della vita e della morte”»38. La nozione dei cieli-grotta pare essere emersa
nell’alveo della corrente daoista della Suprema Purezza, intorno al secolo v.
La collocazione geografica esteriore di questi centri di forza non deve farci
dimenticare che essi sono anche al contempo degli universi in miniatura, al
pari del complesso psicofisico umano. 6
In questa breve rassegna dei significati del paesaggio nella cultura cinese 6. Cartiglio della forma autentica
tradizionale, non è possibile ignorare il tema del paesaggio interiore. Si trat- dei Cinque Picchi (Wuyue
ta di un tema complesso, che percorre tutta la storia culturale della Cina zhenxing tu).

classica, a partire dalle più antiche fonti mediche, come la Scrittura interna
dell’Imperatore Giallo (Huangdi neijing 黃帝內經, secolo i a.C.), per essere svi-
luppato pienamente dalle correnti daoiste. Catherine Despeux ci fornisce
un’illuminante definizione: «Il corpo è svuotato della sua sostanza mate-
riale anatomica e visibile, per lasciare posto a dei referenti appartenenti a
differenti registri, che danno corporeità all’individuo attraverso ogni sorta
di simboli: altrettante possibilità di formazione e trasformazione dell’indi-
viduo il quale, a seconda delle circostanze, si riferisce all’uno o all’altro di
tali registri. Spazio-tempo microcosmico, il corpo è il “territorio” a partire
dal quale prendono senso per l’individuo le relazioni appartenenti all’ordi-
ne sociale, naturale e statale. Lungi dall’essere unicamente un aggregato di
sostanza/materia, egli è prima di tutto un campo di operazioni volte alla co-
stituzione della persona e alle sue relazioni con l’ambiente. Si è certamente
sorpresi nel constatare che, anche nelle fonti mediche, le descrizioni fisiolo-
giche, biologiche e anatomiche non sono così approfondite quanto ci si po-
trebbe aspettare […]. Quanto ai daoisti, essi hanno trattato il corpo nelle sue 38. Dongtian fudi yuedu mingshan ji, in
finalità pratiche, nei suoi usi, sviluppando ogni sorta di tecniche del corpo e verellen 1995, pp. 272-273.

Maurizio Paolillo, La bellezza del Dao. I molteplici


volti del paesaggio nella tradizione culturale della Cina 49
7. Il corpo umano come una
montagna: cartiglio sull’ascesa
e la decrescita dello Yin e dello
Yang nell’immagine corporea
(Tixiang yinyang shengjiang tu),
1226. L’immagine fa parte del
Yuanshi wuliang duren shangpin
miaojing neiyi, di Xiao Yingsou,
testo contenuto nel Canone
daoista (Daozang).

dello spirito, destinate a liberare l’individuo dalle costrizioni del corpo fisico,
lasciando in tal modo largo spazio al corpo simbolico. I due tipi di fonti sono
complementari, poiché è nella messa in opera dei processi legati al corpo che
se ne coglie bene l’immagine»39.
La geografia interiore del microcosmo umano è già presente nello Zhuangzi,
ed è oggetto di più dettagliate descrizioni simboliche in testi come il Laozi
zhongjing 老子中經 (Scrittura del Centro di Laozi, secolo ii) o lo Huangting jing
黃庭經 (Scrittura della Corte Gialla, secoli iv-v), una delle opere fondamentali
del daoismo della Suprema Purezza, diffusosi nella Cina del sud dalla fine
39. Despeux 1996, pp. 87-88; la traduzione del secolo v attraverso una serie di testi rivelati, in cui al centro della dottri-
dal francese all’italiano è di chi scrive. na e della pratica spirituale troviamo i temi della meditazione e della visua-
Per la rappresentazione del corpo umano
nell’ambito dell’alchimia interiore daoista, lizzazione interiore (neiguan 內觀). Una definizione esemplare è contenuta
si veda anche Despeux 2018. nel testo Taishang lingbao wufuxu 太上靈寶五符序: «Della miriade di cose ge-

I giardini del tè di Dazhangshan


50 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2019
nerate dal Cielo, gli uomini sono i più eccelsi. Un singolo corpo umano com-
prende Cielo e Terra, Sole e Luna […], montagne e torrenti, fiumi e oceani […],
bambù, alberi e tutte le piante. Tutti hanno in esso la propria immagine»40.
Il corpo diventa un ricettacolo di immagini (xiang 象) e, attraverso le im-
magini, mediatrici tra mondo visibile e invisibile, il corpo è il veicolo attra-
verso il quale accedere a una nuova percezione della realtà, nella quale le for-
me materiali sono colte nella loro modalità sottile. Gli organi corporei sono
la replica a un livello intermedio degli astri celesti e delle montagne terre-
stri: essi si rivelano al discepolo nella loro “forma autentica” (zhenxing 真形),
precedente alla manifestazione cosmica.
Nel Laozi zhongjing, tutti gli elementi della geografia sacra (il sacro monte
Kunlun, le isole degli immortali, i luoghi santi e via dicendo) trovano corri-
spondenza nel corpo umano: ad esempio, all’interno del capo si erge il Kunlun,
mentre altri fantastici elementi paesistici rappresentano i vari organi41.
Diverse sono le rappresentazioni dell’analogia tra paesaggio interiore ed
esteriore: la più antica esistente risale al 1226, con il corpo umano simboli-
camente descritto come una montagna, raffigurazione che ricorda chiara-
mente lo stile della pittura di paesaggio delle Cinque Dinastie e dei Bei Song
(907-1127); mentre in una ben nota e più tarda, troviamo una raffigurazione
più evidente del paesaggio interiore. In entrambe, il Kunlun è rappresentato
con le sue vette in cima alla testa42.
L’elaborazione di questa topografia interiore ha prodotto una serie di
opere ragguardevoli, anche per il livello di conoscenza della forma e della
funzione degli organi interni43. La sua complessità non permette qui che un
breve riferimento, volto a mostrare le connessioni tra cosmografia e corpo:
in alcune fonti antiche si parla dell’esistenza, in cima al Kunlun, di nove uffi- 8

ci degli immortali. Una fonte daoista del secolo v definisce questi nove uffici 8. Cartiglio degli itinerari interni
come nove palazzi (jiugong 九宮); più tardi, sotto la dinastia Tang (618-907), (neijing tu) del corpo umano:
riproduzione di una stele presso
l’imperatore Xuanzong 玄宗 (periodo di regno 712-756) pose il culto delle il Tempio della Nuvola Bianca
divinità astrali dei nove palazzi al secondo posto nella gerarchia dei riti, in (Baiyun guan), Pechino.
stretto collegamento con le stelle del Gran Carro, che erano anch’esse nove,
sette visibili, e due invisibili44. La geografia sacra e polare dei nove palazzi si
ritrova proiettata nel corpo del discepolo daoista: tale tradizione è presente
almeno dal secolo iv45. I nove palazzi sono situati in corrispondenza dello 40. Bokenkamp 2007, p. 140.
spazio sottile coincidente con il cervello, rappresentati come nove scompar-
ti posti su due file sovrapposte, e la visualizzazione degli spiriti che li abitano 41. Schipper 1979, eSpoSito 1998.
è il mezzo per ascendere al cielo e ricevere i sacri talismani (fu 符). 42. DeSpeux 2018, pp. 27-38.
Il corpo è un microcosmo, un vaso o circuito chiuso in cui far scorrere l’e-
nergia sottile del qi, evitandone la dispersione e nutrendola attraverso la co- 43. Si veda ad esempio pfiSter 2016.
noscenza delle leggi di corrispondenza che reggono il mondo interiore come 44. paolillo 1997. Da notare che il passo di
quello esteriore. Paesaggio esterno e paesaggio interno diventano piani di- Yu, che determina lo spazio geografico, nel
versi di un’unica realtà: la lettura daoista riprende l’antica visione del corpo rituale daoista viene replicato simbolicamente
elaborata dal pensiero cosmologico, in cui microcosmo e macrocosmo sono anche nello spazio celeste, sulle stelle dell’Orsa
Maggiore.
retti dalle medesime categorie spazio-temporali, per renderla strumentale in
vista del processo di illuminazione interiore. 45. cSikSzentmihalyi 2008.

Maurizio Paolillo, La bellezza del Dao. I molteplici


volti del paesaggio nella tradizione culturale della Cina 51
9. Mappa con i tre grandi
Draghi-Ramo (san da ganlong)
della Cina. A sinistra, in alto,
il monte Kunlun.

Il paesaggio come rete di forze: il fengshui


Una derivazione di questa geografia sacra è il fengshui 風水, noto in Occiden-
te come geomanzia. Formatosi come teoria attraverso un lungo processo
terminato nel periodo medievale (secoli iv-vi), il fengshui aveva come obietti-
vo l’individuazione di un sito dotato di “qi vitale” (shengqi 生氣), in cui proce-
dere all’edificazione di un’architettura dei vivi (“dimore Yang”, yangzhai 陽宅)
o dei defunti (“dimore Yin”, yinzhai 陰宅)46.
Il fengshui considera il paesaggio come una realtà non solo materiale, ma co-
me una sorta di tessuto energetico, vivificato dal qi. Il concetto di qi è molto
antico. Tradotto come “soffio”, “materia-energia”, o in altri modi, esso appa-
re in fonti classiche come il Daodejing 道德經, lo Zhuangzi e lo Huainanzi. Il qi
primordiale (yuanqi 元氣), scaturito nel processo cosmogonico, fluisce inces-
santemente nel cielo, dove forma gli astri; nell’uomo, dove segue i canali detti
jingluo 經絡, la rete energetica ben nota alla tradizione medica; e nella terra, do-
ve scorre attraverso le configurazioni topografiche, in un rapporto produttivo
con i corsi d’acqua. Nelle prime fasi di formazione di questa teoria, il qi deve es-
ser stato collegato agli emblemi del pensiero cosmologico, come la coppia Yin-
Yang, le Cinque Fasi wuxing 五行, gli Otto Trigrammi bagua 八卦, simboli che
tra i secoli v e i a.C. formarono un sistema di corrispondenze correlative fina-
lizzato all’interpretazione del mondo, la cui caratteristica primaria è l’assenza
di qualsiasi separazione tra gli aspetti naturali e quelli umani. Questi emblemi
furono interpretati come differenti manifestazioni dello stesso qi primordiale.
Il qi veniva così connesso non solo a diverse fasi temporali (attraverso il tradi-
zionale sistema calendariale detto jieqi 節氣), ma anche a diverse parti di spazio.
46. Molti concetti esposti in questo
paragrafo trovano una più ampia trattazione Almeno a partire dalla dinastia Tang, la tradizione geomantica interpre-
in Paolillo 2012a e 2013. ta il paesaggio della Cina come un immenso drago, la cui origine è indivi-

I giardini del tè di Dazhangshan


52 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2019
duata nel monte Kunlun. La fonte più antica al riguardo sembra essere lo
Hanlong jing 撼龍經 (Libro del drago in scuotimento, secoli ix-x): qui il Kunlun è
identificato espressamente con il Meru o Sumeru (chiamato nel testo Xumi
須彌), monte sacro della tradizione indiana. Il testo si apre con questa defi-
nizione: «Il monte Xumi costituisce l’ossatura del Cielo e della Terra. Sta-
bilizzando al centro il Cielo e la Terra, è una cosa immensa. Come nell’uo-
mo, in cui spina dorsale e collo sono collegate, si generano e si estendono le
quattro membra, così si dividono le quattro membra del Drago che si eleva
maestoso, per costituire i Quattro Orienti. Il sud, il nord, l’est e l’ovest sono
le sue quattro diramazioni […]. Solo il Drago meridionale entra nella Cina.
Antenato dell’embrione, avo dell’ovulo, esso giunge con meravigliose carat-
teristiche. I Nove Meandri del Fiume Giallo sono le sue interiora, e le anse e
le tortuosità del Fiume Azzurro [Yangze] nel Sichuan sono la sua vescica»47.
Il passo mostra con evidenza la corrispondenza tra la fisiologia sottile del
paesaggio-drago (con le sue “venature”, mai 脈, che il geomante deve saper
individuare) e le caratteristiche topografiche; in questo quadro, i termini
“embrione” e “ovulo” si riferiscono al punto focale del territorio in cui il qi
presenta massima vitalità, dando luogo alla “nascita” di un sito dalle caratte-
ristiche eccezionali.
Questa visione del paesaggio-drago non sembra essere stata l’unica. Molto
diffusa era la teoria dei tre grandi Draghi-Ramo (san da ganlong 三大幹龍), che
si diramano dal monte Kunlun, formando tutto il paesaggio montano cinese.
Tra di essi, erano posti quattro fiumi principali: il Fiume Giallo, il Fiume Az-
zurro, e i fiumi Huai e Han48.
Nella visione del paesaggio elaborata dal fengshui, a livello locale il punto
focale dove scaturisce il qi vitale è detto xue 穴, nido, un termine utilizzato
anche in agopuntura49. Secondo le fonti, al praticante è necessaria una gran-
de precisione per individuare uno xue, poiché esso non presenta connotati
formali, ma è nondimeno rivelato da alcuni elementi del paesaggio, detti
sha 沙, sabbie. Lo xue, il luogo ideale, era considerato il punto di arrivo di una
genealogia delle forme topografiche, che prendeva inizio da un rilievo talora
molto lontano, detto Montagna Antenato, zongshan 宗山, da cui giungeva il
qi. Lo xue era chiamato anche yu 育, nascita: il sito in cui edificare può dav-
vero essere definito come l’ultimo discendente di una famiglia di forme del
paesaggio.
Il fengshui era estremamente diffuso nel vasto paesaggio rurale cinese. So-
prattutto nelle aree meridionali del paese, un fenomeno comune era e talo- 47. Hanlong jing, in Paolillo 2013, p. 29.
ra è tuttora la presenza dei fengshuilin 風水林, i “boschetti fengshui”. Situati Il fatto che solo il Drago meridionale entri
presso o su una collina dietro il villaggio, queste macchie arboree erano sot- nel territorio cinese può essere prova di una
derivazione dalle teorie cosmografiche di
to la responsabilità delle famiglie che dirigevano le piccole comunità rurali, Zou Yan descritte in precedenza.
spesso dotate di un effettivo potere di gestione delle risorse agricole, fore-
stali e idrologiche. Tali realtà non presentavano un’utilità economica per la 48. Paolillo 2013, pp. 27-28.
presenza di specie coltivabili, e quindi avevano un alto livello di biodiversità:
49. Per gli elementi del paesaggio geomantico
esse mantenevano un ecosistema locale, che aveva così una funzione al con- qui esposti, si veda anche Paolillo 2013,
tempo cosmologica (protezione del villaggio dalle influenze nocive) e coesi- pp. 58-72.

Maurizio Paolillo, La bellezza del Dao. I molteplici


volti del paesaggio nella tradizione culturale della Cina 53
va dal punto di vista sociale; esistevano inoltre misure punitive per chi dan-
neggiava un fengshuilin50.
Il fengshui si fonda dunque su una base di concetti assimilati da secoli in
modo trasversale nella società cinese, nei quali è arduo intravedere non solo
qualsiasi separazione tra artificio umano e scenario naturale, ma anche tra lo
stesso microcosmo umano e il paesaggio, come si è sinteticamente mostrato
in precedenza: non deve stupire quindi che alcune mappe geomantiche del
territorio cinese presentino affinità con rappresentazioni del corpo umano.

La sintesi estetica: il paesaggio nelle arti del pennello


Il paesaggio è infine protagonista in Cina delle cosiddette arti del pennello,
dalla letteratura alla pittura. A esso è legato uno dei temi più ricchi della
letteratura in prosa, spesso “popolare”: le gesta degli immortali, o di famo-
si maestri daoisti. In queste fonti antiche risultano evidenti due aspetti: la
portata sacra e creativa della raffigurazione, che dà vita nel vero e proprio
senso della parola, e la riduzione, l’allontanamento dalle dimensioni abituali.
Il rimpicciolimento a cui spesso si sottopone il daoista corrisponde all’entra-
ta in un “mondo in piccolo”, come testimoniato da questo breve testo del se-
colo ix tradotto dal cinese al francese da Rolf Stein: «Xuan Jie […] volle ritor-
nare al Mare orientale, e ne chiese con insistenza il permesso all’imperatore.
Questi non vi aveva acconsentito. Ora, c’era nel palazzo una scultura in le-
gno rappresentante le Tre Montagne nel Mare […]. Indicando con un dito l’i-
sola di Penglai l’imperatore disse: “A meno di essere un immortale superiore
è impossibile raggiungere questa regione”. Xuan Jie replicò ridendo: “Queste
tre isole non hanno che poco più di un piede di ampiezza. Nessuno può so-
stenere che sia difficile raggiungerle. Io non ho molto potere, ma cercherò di
farvi un giro per Vostra Maestà, per esaminarvi la bellezza e la bruttezza de-
gli esseri e delle apparizioni”. Subito saltò in aria e divenne progressivamente
sempre più piccolo. Poi, di colpo, entrò attraverso le porte d’oro e d’argen-
to. Quelli che erano lì intorno ebbero un bel chiamarlo, non lo si rivide più.
L’imperatore lo rimpianse molto»51.
Nell’ambito di questo fondo mitico-simbolico trae origine la tradizione
dei penjing 盆景, gli “scenari” o “paesaggi in vaso” oggi noti con il loro nome
giapponese bonsai, che trovarono inizialmente una non casuale collocazione
in ambienti legati ad attività religiose, formati da una pianta ridotta in mi-
niatura e da una roccia, simbolo della montagna degli immortali. Più tardi,
l’estetizzazione dominante della cultura dei letterati non riuscì a eliminare
completamente questa radice sacra; ancora durante la dinastia Bei Song, il
grande calligrafo Mi Fu 米黻 (1051-1107), appassionato di rocce, dopo aver
acquistato a caro prezzo un calamaio a forma di montagna, da lui paragona-
to ai sacri monti Song o Tai, poteva affermare: «La grotta inferiore comuni-
50. Coggins et al. 2012. ca con quella superiore con una triplice contorsione. Vi ho fatto un giorno
un vagabondaggio spirituale»52.
51. stein 1987, p. 57.
Sono elementi che hanno storicamente influenzato lo sviluppo della pit-
52. Citato in stein 1987, p. 42. tura di paesaggio, la cui nascita è preparata da quei movimenti dottrinali e

I giardini del tè di Dazhangshan


54 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2019
culturali che, dopo il crollo della dinastia Han nel 220, cominciano a rap-
presentare apertamente il tema del ritiro nel mondo naturale. L’interesse
per il paesaggio si rafforza dopo il trasferimento della corte Jin a sud nel 317,
a causa delle invasioni nomadiche da settentrione: la coppia shanshui, “mon-
tagne-acque”, appare come termine rappresentativo di “paesaggio” per la pri-
ma volta in alcuni poemi composti in occasione di una famosa riunione di
spiriti colti, avvenuta nel 353 a Guiji nel Zhejiang, presso il Padiglione delle
Orchidee53.
Nella Cina antica i trattati teorici sulla pittura di paesaggio emersero a
partire dal secolo v, un’era di grande confusione politica ma di estrema fecon-
dità intellettuale. I loro contenuti molto dovevano ai fondamenti dottrinali
daoisti, ma nello stesso periodo anche il buddismo meridionale sottolineava 10

il ruolo del paesaggio. La corrente della Terra Pura (Jingtu 凈土), fondata da 10. Uno dei numerosi bonsai nel
Huiyuan 慧遠 (334-417), diede massima importanza alle pratiche meditative, giardino storico della famiglia Bao,
per le quali l’icona costituiva un indispensabile supporto; oltre alle immagini contea di She (Shexian), provincia
di Anhui.
sacre, anche il paesaggio fu considerato espressione della verità ultima, di quel
“Corpo della legge” (dharmakāya, reso con il cinese fashen 法身) che non è rap-
presentabile con i mezzi tecnici di un’arte meramente umana54.
Fra i numerosi devoti laici appartenenti alla Società del Loto Bianco,
fondata da Huiyuan nel 402, c’erano i più noti artisti del tempo, come Zong
Bing 宗炳 (375-443), il quale fu l’autore del primo trattato sulla pittura di
paesaggio, lo Hua shanshui xu 畫山水序 (Introduzione alla pittura di paesaggio).
La presenza del binomio shanshui nel titolo stesso di questa breve opera mo-
stra come esso dovesse essere ormai abbastanza diffuso nel vocabolario dei
letterati cinesi dell’epoca, a meno di un secolo di distanza dalla riunione di
poeti al Padiglione delle Orchidee. Zong Bing descrive nel suo trattato il
paesaggio come un supporto per la realizzazione spirituale: «Il saggio, custo-
dendo il Dao, brilla sulle cose [esteriori]; il virtuoso, purificando il proprio
cuore, assapora le apparenze [delle cose]. [...]. Quindi, il saggio con lo spirito si
modella sul Dao, e i virtuosi comprendono; il paesaggio con le forme esprime
la bellezza del Dao, e i benevolenti ne gioiscono»55.
La rappresentazione del paesaggio ha norme precise, che mostrano il va-
lore della figurazione intesa come riduzione: «La forma del Kunlun e del
[Picco] Liang[feng] potrà essere racchiusa in un pollice quadrato. Un tratto
di tre pollici tracciato in verticale corrisponderà a un’altezza di mille pas-
si; l’inchiostro steso in orizzontale su alcuni piedi incarnerà una distanza di 53. Berque 2013, p. 32.
cento li. Per tal motivo, coloro che osservano un dipinto si preoccupano sol- 54. Per un approfondimento dell’influenza
tanto della mancanza di abilità nella sua tipologia, e non traggono deduzio- del buddismo sulla percezione del paesaggio
ni sulla sua verosimiglianza attraverso la determinazione [quantitativa] della e sull’arte del giardino in Cina, si veda
Paolillo 2001. Per le rappresentazioni
riduzione: ciò sarà una configurazione spontanea»56. pittoriche del Paradiso d’Occidente della Terra
La verosimiglianza (si 似) non si stabilisce attraverso la determinazione Pura come paesaggio a un tempo naturale e
quantitativa, la misura della “scala” della riproduzione pittorica. Solo così la architettonico, Paolillo 2012b.
configurazione del paesaggio rappresentato sarà spontanea, letteralmente
55. Hua shanshui xu, in Yu 1998, vol. i, p. 583.
“così di per sé”: e qui viene impiegato il già citato ziran, che secoli dopo indi-
cherà ancora il grado sommo dell’esecuzione pittorica. 56. Hua shanshui xu, in Yu 1998, vol. i, p. 583.

Maurizio Paolillo, La bellezza del Dao. I molteplici


volti del paesaggio nella tradizione culturale della Cina 55
11

I giardini del tè di Dazhangshan


56 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2019
Nell’opera di Zong Bing come in altre, il termine “dipinto” era reso in- 11. Il famoso dipinto di Guo Xi, Inizio
della primavera (Zaochun tu, 1072),
differentemente con i termini hua 畫 o tu 圖, o con un loro accostamento. inchiostro su tela, cm 158,3 x 108,1
Molto prima di assumere il senso privilegiato di “mappa”, tu era sinonimo (National Palace Museum, Taipei,
di “tavola”, “cartiglio”, “diagramma”, e includeva il significato di “talismano”. Taiwan).

Nella letteratura daoista e dei cosiddetti apocrifi, il termine si riferiva dun-


que a un supporto simbolico visuale, un “segno del Vero”: lo abbiamo visto
impiegato in connessione al tema della “Vera Forma” dei picchi sacri57.
L’importanza di tu in relazione alla pittura è riflessa in un’affermazione
di Yan Yanzhi (384-456): «Yan Guanglu [Yan Yanzhi] affermò che esistono
tre significati esaustivi per tu: il primo è detto raffigurazione dei principi,
vale a dire i Trigrammi e i simboli connessi; il secondo consiste nella raffigu-
razione della conoscenza, vale a dire gli studi letterari; il terzo è la raffigura-
zione delle forme, vale a dire il dipingere [hua]»58.
La pittura rappresenta dunque un terzo livello, dopo quelli della raffi-
gurazione dei principi che informano il mondo (espressa attraverso gli Ot-
to Trigrammi)59, e della raffigurazione della conoscenza, che si esplica nelle
opere letterarie. Che la raffigurazione delle forme già in questa prima fase
della pittura non sia però limitata alla fedeltà naturalistica sembra emerge-
re da un’altra affermazione di Yan Yanzhi, citata in un breve trattato teo-
rico del secolo v: «Coloro che [oggi] disquisiscono di pittura, vanno soltan-
to in cerca delle configurazioni apparenti, e basta. Ma nell’esecuzione della
pittura da parte degli antichi […] ciò che era divino, che smuoveva e trasfor-
mava, è il cuore. Ciò che è numinoso non è quel che si vede: per tal moti-
vo, quel che fa da sostegno [all’opera] è immobile. La vista ha un suo limite,
perciò ciò che si vede non è il tutto. Così, con un pennello, si potrà deter-
minare la realtà del Grande Vuoto […]. Dappertutto vi sarà mutamento e
trasformazione: perciò vi sarà vita in movimento […]. Tali sono gli aspetti
della pittura»60. La creazione pittorica si configura come un microcosmo, i
cui principi sono connessi al termine shen, “nume”, legato all’interiorità del
“cuore” xin 心61.
La definizione della rappresentazione pittorica del paesaggio come crea-
zione di un microcosmo è un punto sottolineato anche nei secoli succes-
sivi. Lo Shanshui jue 山水訣 (Formule sul paesaggio), attribuito a Wang Wei 王
維 (701-761), famoso poeta e pittore Tang, afferma: «Nel Dao della pittu- 57. Sulla molteplicità funzionale del termine tu
ra, l’inchiostro sarà ciò che è superiore. Esso dà origine alla natura della si veda Bray 2007.
spontaneità, completa l’efficacia della manifestazione. Anche in un dipinto
58. Zhang 2004, p. 2.
di qualche pollice, rappresenta uno scenario di migliaia di li. L’est, l’ovest, il
sud e il nord, è come se fossero davanti agli occhi; primavera, estate, autun- 59. Sui Trigrammi si veda Paolillo 2013,
no e inverno, sono prodotti dal pennello»62. pp. 19-21.
Naturalmente, il principio sottile vitale noto come qi ricopre un ruo- 60. Xuhua, in yu 1998, vol. i, p. 585.
lo assolutamente essenziale in questa visione pittorica del paesaggio. È da
notare peraltro come esista un’assoluta corrispondenza tra il qi del paesag- 61. Per un approfondimento di queste
gio rappresentato e il qi del paesaggio reale, che è anch’esso svincolato da tematiche, si veda Paolillo 2017; sul termine
shen andreini 2011.
qualsiasi determinismo quantitativo: in entrambi i casi si parla della neces-
sità di cogliere il “qi vitale” (shengqi). 62. Shanshui jue, in yu 1998, vol. i, p. 592.

Maurizio Paolillo, La bellezza del Dao. I molteplici


volti del paesaggio nella tradizione culturale della Cina 57
Appare chiaro come la riproduzione da parte del pittore dell’inesauri-
bile processo all’opera nel paesaggio naturale non possa essere considerata
come “un pezzo di topografia”. Questa concezione dell’arte, pur con accenti
diversi nel corso del tempo, sarebbe stata ampiamente condivisa con l’avven-
to dei Bei Song (960-1127) e la nascita della cosiddetta pittura dei lettera-
ti (wenren hua 文人畫), e si sarebbe mantenuta sino all’alba della modernità.
È una visione chiaramente contrapposta alla pittura naturalistica, fondata
sulla percezione distintiva dell’oggetto-paesaggio. Una delle sue più efficaci
definizioni si trova nell’opera di Guo Xi 郭熙 (1020 circa-1090 circa): «La
pittura di paesaggio possiede un aspetto formale: può espandersi in una va-
sta rappresentazione che non lasci nulla al di fuori, restringersi in uno sce-
nario così minuto da non poter essere ulteriormente ridotto. Anche l’osser-
vazione del paesaggio possiede un aspetto formale: se ci si accosta a essa con
boschetti e sorgenti nel cuore, allora il suo valore sarà elevato; se lo si farà
con occhio arrogante e dispersivo, allora il suo valore sarà infimo. Il paesag-
gio è una grande entità, nel guardarlo è necessario che l’uomo lo osservi a
distanza, e solo allora si mostrerà uno schermo unico di forme, configurazio-
ni, qi e immagini di montagne e corsi d’acqua […]. In genere, il dipinto di uno
scenario paesistico non si fonda sulle grandezze e sulla quantità; è necessario
porre attenzione al raffinamento (jing 精) perché sia unificato. Senza il raffi-
63. Linquan gaozhi, in yu 1998, vol. i, p. 633.
namento, il numinoso non si trasmette. È necessario che il numinoso vi dia
Il carattere jing indica in origine il riso raffinato, compiutezza. Se ciò non avverrà, allora il raffinamento non risplenderà»63.
e quindi per estensione la sostanza ultima L’esclusione di ogni separazione tra soggetto osservatore e paesaggio, e
delle cose; è fondamentale nella visione
interiore del complesso psicofisico umano, e
la comunanza dei termini chiave alla base di questa visione unitaria, propria
forma una triade con qi e shen. Si veda anche della civiltà cinese tradizionale, trovano qui forse la loro più chiara espres-
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