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ISTITUZIONI DI DIRITTO
Villani
Riassunto
2
CAPITOLO 1:
Uno dei primi promotori del progetto di unire gli Stati europei fu il conte
Richard Coundenhove - Kalergi, il quale fondò nel 1924 un’associazione
denominata Unione paneuropea ,avente lo scopo di preservare l’Europa, da
una parte, dalla minaccia sovietica e dall’altra dalla dominazione economica
degli Stati Uniti.
Fondamentalmente furono 3 le concezioni che ispirarono tale
progetto:
La CECA nasce come una comunità sopranazionale e non più quindi come un
organizzazione internazionale. La novità è principalmente il
trasferimento dei poteri sovrani da parte degli Stati membri a enti,
appunto le comunità sopranazionali.
All’origine della Ceca vi è la celebre dichiarazione di Robert Schuman, che
contiene LA PROPOSTA, rivota anzitutto alla Germania (in relazione allo
storico contrasto Francia - Germania), ma anche agli altri Stati Europei
che intendevano aderirvi, DI METTERE IN COMUNE, sotto un Alta
Autorità, l’insieme della produzione di carbone e di acciaio, assicurando
allo stesso tempo la loro libera circolazione, al fine di favorire una
solidarietà tra i due Stati principalmente coinvolti. L’apparato
organizzativo sarebbe stato formato da un’Alta Autorità , composta da
personalità indipendenti che avrebbero avuto poteri sia esecutivi che
normativi nei confronti dei Paesi aderenti ma soggetta a un controllo
giurisdizionale a livello europeo, da un Assemblea comune, composta dai 4
rappresentati dei popoli degli Stati mebri, dal Consiglio speciale dei
ministri e dalla Corte di Giustizia.
Questa proposta fu accettata da sei Stati e nell’ Aprile del 1951 essi
firmarono il trattato istitutivo della CECA, che prevedeva la creazione di
un mercato comune dei prodotti carbo-siderurgici, delle condizioni di
concorrenza da rispettare come l’eliminazione e il divieto dei dazi e delle
restrizione quantitative alla circolazione di tali prodotti tra i Stati
membri, degli aiuti e sovvenzioni statali.
Sentenza COSTA/ENEL:
Tale trasferimento dagli Stati membri alle Comunità europee non riguarda
solo la potestà legislativa ma anche quella giudiziaria.
Nelle comunità sono presenti una pluralità di competenze, tra le quali
quella attribuita alla CORTE DI GIUSTIZIA, detta “pregiudiziale” o di
“rinvio”.
Essa è regolata nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
(TFUE), dall’ art 267 secondo il quale, nel caso si presentasse un dubbio
circa l’interpretazione o la validità del diritto comunitario, la Corte di
giustizia non può decidere circa il caso concreto o risolvere la questione
presa in considerazione, ma deve limitarsi solo a pronunciare la
CORRETTA INTERPRETAZIONE della norma comunitaria e decidere se
l’atto sia valido o meno.
Al giudice nazionale spetterà poi decidere dell’applicabilità della norma al 7
caso in questione uniformandosi alla pronuncia della Corte.
Le sentenze della Corte Di Giustizia sono obbligatorie solo per il giudice a
quo, ma hanno cmq valenza generale e fanno quindi giurisprudenza, perciò
nel caso si ripresenti la medesima questione non c’è bisogno di un ulteriore
rinvio.
CAPITOLO 2:
Gli obiettivi dell’ Unione Europea sono indicati dall’articolo 3 del Trattato
UE nel quale confluiscono gli obiettivi che in passato caratterizzavano i
tre “pilastri”.
par. 1: “l’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il
benessere dei popoli”
Il rispetto di tali valori è condizione imprescindibile per l’ingresso di nuovi
Stati membri.
par. 2: creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza
frontiere interne in cui sia assicurata la libertà di circolazione delle
persone con controlli riguardanti le frontiere, l’asilo, l’immigrazione,
la prevenzione e la lotta alla criminalità.
Necessario contemperamento tra le esigenze di libertà, di circolazione e 12
quelle di sicurezza mediante la cooperazione giudiziaria e di polizia.
par. 3: instaurazione di un mercato interno fondato sullo sviluppo
sostenibile, sulla crescita economica, sulla stabilità dei prezzi e sulla
concorrenza che miri alla piena occupazione, al progresso sociale e
ad un miglioramento della qualità dell’ambiente.
Libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali.
par. 4: “l’Unione istituisce un’unione economica e monetaria la cui
moneta è l’euro”.
Art. 3 TFUE: la politica monetaria è competenza esclusiva dell’Unione.
Art. 119 TFUE: prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie
sane,nonché una bilancia dei pagamenti sostenibili, e con una politica
economica basata sul coordinamento tra gli Stati membri e l’Unione
attraverso la definizione di obiettivi comuni.
Art. 126 TFUE: Gli Stati devono evitare disavanzi pubblici eccessivi.
Par. 5: enuncia gli obiettivi dell’Unione nelle relazioni internazionali
pace, sicurezza, solidarietà e rispetto reciproco tra i popoli,
eliminazione della povertà e la tutela dei diritti umani (rispetto dei
principi sanciti della Carta delle Nazioni Unite).
Volontà dell’Unione di creare una politica estera unitaria e farsi
portatrice di interessi di carattere generale, anche mettendo a
disposizione delle Nazioni Unite le proprie capacità militari ai fini del
mantenimento della pace.
Art. 121 TFUE: meccanismo di sorveglianza multilaterale sul rispetto di
tali indirizzi da parte degli Stati membri.
Tali obiettivi sono enunciati dall’ articolo 11 del TUE, nel quale, nel quadro
della PESC, si intende dare vita ad una politica estera unitaria, ponendosi
sulla scena internazionale come un soggetto politico unico e facendosi
portatore di quei valori di pace, di democrazia , dello stato di diritto e del
rispetto dei diritti umani.
L’Unione quindi, riconferma l’obbligo di astensione dalla minaccia e dall’uso
della forza, prescritto già dalla Carta delle Nazioni Unite e pone a
disposizione delle stesse Nazioni Unite le proprie capacità militari ai fini 13
di operazioni di mantenimento della pace o, eventualmente, di imposizione
della pace.
Art. 2 TUE <<L’ Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità,umana,
della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, rispetto dei diritti dell’
uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che
sono comuni agli Stati membri>>.
Sia l’Unione che gli Stati membri sono tenuti al rispetto di tali principi.
Il primo principio enunciato è quello di libertà. Tale termine va riferito
alla sua dimensione politica e va inteso come garanzia di rispetto
dell’autonomia dei cittadini nei confronti dei poteri pubblici.
Il principio di democrazia : implica il rinvio ai principi basilari delle
democrazie occidentali e si rifletteva sul Parlamento europeo nell’obbligo
di consultazione, ossia nello strumento che gli consentiva la
partecipazione al processo legislativo. Il principio di democrazia non
poteva però dirsi adeguatamente realizzato essendo palesemente
insufficiente la mera consultazione al Parlamento. Il problema del deficit
democratico è stato quindi risolto con il procedimento della codecisione,
nel quale il potere legislativo è esercitato in condizioni di parità, dal
Consiglio e dal Parlamento.
Il principio dello stato di diritto comporta la necessità che nell’Unione,
tutti i soggetti e gli attori coinvolti, siano subordinati al rispetto del
diritto, risultante dagli stessi Trattati.
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IL MECCANISMO SANZIONATORIO NEL CASO DI VIOLAZIONE
GRAVE E PERSISTENTE DI TALI PRINCIPI
Art. 49 TUE: Ogni Stato europeo che rispetti e promuova i valori dell’art.
2 TUE può chiedere di diventare membro dell’Unione.
L’osservanza di questi valori è un requisito essenziale per l’ammissione
all’Unione.
L’art. 7 TUE ha instituito un meccanismo di controllo sulla condotta degli
Stati membri che può condurre, in caso di accertamenti di violazioni, a
sanzioni nei confronti degli Stati. La disposizione non riguarda però
violazioni dei principi sporadiche, ma violazioni gravi e persistenti (colpo
di Stato, politica razzista, ricorso alla tortura, soppressione della libertà
di stampa, ecc.), e può condurre a sanzioni sospensive di diritti inerenti
alla qualità di membro dell’Unione. Inoltre occorre che, a seguito
dell’accertata violazione, e di una proposta da almeno 1/3 degli Stati
membri o dalla Commissione, sia il Consiglio a deliberare, previo parere
conforme del Parlamento europeo. E’ cmq garantita la possibilità per lo
Stato membro preso in questione, di contraddire quanto detto ed esporre
le proprie ragioni prima che il Consiglio e il Parlamento deliberino.
Le sanzioni previste, possono consistere nella sospensione di alcuni dei
diritti derivanti dal trattato UE, compreso il diritto di voto nel Consiglio,
ferma restando la necessità per lo Stato in questione di continuare a
rispettare gli obblighi connessi alla qualità di membro.
La procedura regolata dall’Art.7 TUE non è soggetta ad un adeguato
controllo giudiziario dato che la Corte di Giustizia può pronunciarsi solo
sulla legittimità procedurale dell’atto adottato dal Consiglio e non anche
sul merito.
Solo per vizi formali quindi lo Stato può impugnare davanti alla Corte la
constatazione concernente la propria violazione.
Il Trattato di Lisbona ha poi introdotto una modifica al par. 1 dell’Art. 7
TUE stabilendo una difesa più avanzata dei valori stabiliti dall’Art. 2 TUE,
mediante una procedura di preallarme volta a verificare l’esistenza di un
evidente rischio di violazione grave e a prevenire la stessa commissione
della violazione.
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I PRINCIPI DEMOCRATICI
L’art. 6 par.2 del TUE è dedicato ai diritti umani, diritti riconosciuti dalla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e
risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri.
In una prima fase la Corte di Giustizia, nel valutare la validità di un atto
comunitario, si era rifiutata di tenere conto dell’eventuale violazione dei
diritti umani, mentre in una seconda fase, a seguito soprattutto delle
posizioni assunte dalla giurisprudenza interna (italiana e tedesca in
primis), ha affermato che i diritti umani fondamentali fanno parte dei
principi giuridici generali dell’Unione. Perciò atti europei emanati in loro
violazione sono illegittimi e suscettibili di essere annullati dalla Corte di
Giustizia.
L’inserimento dei diritti fondamentali, nel diritto dell’Unione è avvenuto
dunque in via “pretoria” grazie alla giurisprudenza per così dire creativa
della Corte.
L’adesione dell’Unione alla Convenzione comporta che i suoi atti siano
sindacabili dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
Una prima è disciplinata dall’art.48 par.6 TUE riguardo alle modifiche alla
parte terza del TFUE, concernente le politiche e le azioni interne
dell’Unione.
CAPITOLO 3:
LE COMPETENZE DI ATTRIBUZIONE
Le competenze dell’ Unione sono delimitate, rispetto a quelle esercitabili 21
dagli Stati membri, in base ad alcuni principi, i quali circoscrivono anche,
la misura delle competenze che le norme dei Trattati conferiscono a
ciascuna istituzione.
Il primo principio, definito come PRINCIPIO DELLE COMPETENZE DI
ATTRIBUZIONE , dispone che l’Unione agisce nei limiti delle competenze
che gli sono attribuite dai Trattati istitutivi per realizzare gli obiettivi da
questi stabiliti.
L’Unione dispone solo delle funzioni e dei poteri che gli Stati membri gli
hanno volontariamente attribuito.
I poteri dell’Unione europea non sono “originari” bensì “derivati” ,
sottolineando il carattere non federale dell’Unione e la volontà di
salvaguardare la sovranità degli Stati membri. Qualsiasi competenza non
attribuita dai Trattati all’Unione rimane quindi agli Stati membri (art.5
par.2 TUE).
Il rispetto del principio di attribuzione è giuridicamente sanzionato; ciò
significa che se le Comunità o le sue istituzioni ove agissero al di là delle
competenze che gli sono state conferite, gli atti emanati verrebbero
considerati illegittimi, perché viziati da incompetenza e per questo
annullabili dalla Corte di Giustizia.
LE COMPETENZE “SUSSIDIARIE”
- In tali materi sia l’Unione che gli Stati membri possono adottare
atti giuridicamente vincolanti.
- Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui
l’Unione non ha esercitato la propria.
Esse sono:
- 1) il mercato interno;
- 2) la politica sociale;
- 3) la coesione economica, sociale e territoriale;
- 4) l’agricoltura e la pesca (esclusa la conservazione delle risorse
biologiche del mare);
- 5) l’ambiente;
- 6) la protezione dei consumatori;
- 7) i trasporti;
- 8) le reti trans europee;
- 9) l’energia;
- 10) lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia;
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- Tale elenco, a differenza di quello delle competenze esclusive, è
esemplificato e non esaustivo
- L’Art. 4 TFUE poi detta una disciplina più “sbilanciata” a favore
degli Stati membri in particolari settori (ricerca; sviluppo
tecnologico e dello spazio; aiuti umanitari;) nei quali l’azione svolta
dall’Unione non preclude quella degli Sati membri che può essere
cmq esercitata.
Materie di sostegno coordinamento o completamento: (art.2 par.5
TFUE)
- L’azione dell’Unione consiste in un opera di assistenza all’azione
degli Stati membri, la quale non impedisce l’esercizio delle
competenze statali e che non può comportare un’armonizzazione
normativa degli Stati membri.
- Esse sono:
- 1) la tutela e il miglioramento della salute umana;
- 2) l’industria;
- 3) la cultura;
- 4) il turismo;
- 5) istruzione, formazione professionale, gioventù e sport;
- 6) la protezione civile;
- 7) la cooperazione amministrativa (art.6 TFUE);
- Tali competenze non riguardano in toto tali materie, ma solo
“nella loro finalità europea”, ossia nella misura in cui riguardano la
dimensione europea e non quella meramente interna dei suddetti
settori.
IL PRINCIPIO DI SUSSUDIARIETA’
PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’
LA COOPERAZIONE RAFFORZATA
Il trattato di Amsterdam del 1997 ha introdotto un metodo specifico per 31
consentire forme di integrazione differenziata o flessibile all’interno dell’
UE. Questo meccanismo è denominato “cooperazione rafforzata”, e con
esso si cerca di attenuare l’aspetto negativo del fenomeno, ossia la
rinuncia di alcuni Stati a mantenere l’unità e l’uniformità del sistema
europeo perché estranei allo sviluppo. Tale rinuncia tuttavia sembra
inevitabile, in considerazione dell’esteso allargamento dell’UE, e quindi
della sempre più marcata differenziazione nei caratteri delle società dei
vari Stati membri.
L’unica maniera per conciliare la politica di allargamento dell’UE con quella
di approfondimento dell’integrazione sembra essere quella
dell’accettazione di un’integrazione differenziata.
Il significato essenziale della cooperazione rafforzata sta nel
promuovere l’inserimento all’ interno del sistema dell’ UE di forme di
approfondimento di sviluppo che riguardano un numero limitato di Stati
membri.
L’Art.20 par.1 TUE stabilisce che gli Stati membri “più avanzati” possano
instaurare tra loro delle cooperazioni rafforzate, facendo ricorso alle
istituzioni e alle procedure dell’Unione, per far progredire l’integrazione
europea.
Secondo tale procedimento quindi, tutti gli Stati membri del Consiglio
possono partecipare alle deliberazione nella materia oggetto di tale
cooperazione, ma solo quelli che partecipano alla cooperazione rafforzata
prendono parte alle decisioni con il loro voto.
Le regole di votazione sono quindi adottate in corrispondenza del numero
degli Stati membri partecipanti e l’unanimità è data dai soli membri che
partecipano alla cooperazione rafforzata. Lo stesso vale per le decisioni,
che sono obbligatorie per i soli partecipanti.
Gli Stati membri non partecipanti alla collaborazione hanno cmq un obbligo
negativo, ossia quello di non ostacolare tale cooperazione.
Gli Stati membri partecipanti si adoperano cmq per promuovere la
partecipazione del maggior numero di Stati.
Le condizioni generali per l’instaurazione di tale cooperazione sono:
CAPITOLO 4:
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LA CITTADINANZA EUROPEA
Si ricordi a tal proposito la causa Micheletti ,causa in cui la Corte ha respinto la posizione della Spagna
che negava che una persona, provvista di doppia cittadinanza, argentina e italiana, potesse considerarsi
italiana e quindi esercitare il proprio diritto di stabilimento in Spagna. Per la Spagna, infatti, in caso di
doppia cittadinanza, deve prevalere quella di residenza abituale che nel caso di specie era quella
argentina.
IL DIRITTO DI PETIZIONE
Una volta ricevuta la denuncia, o anche di propria iniziativa, il Mediatore, procede alle indagini . Qualora,
esso constati un caso di cattiva amministrazione ne investe l’istituzione interessata che dispone di tre
mesi per comunicargli il suo parere, e trasmette poi una relazione con progetti di raccomandazioni alla
stessa e al denunciante. L’azione del Mediatore europeo non si esprime mai con atti giuridicamente
vincolanti ma tuttavia il suo contributo alla risoluzione dei casi specifici è solitamente molto efficace.
CAPITOLO 5:
IL PARLAMENTO EUROPEO
IL CONSIGLIO EUROPEO
IL CONSIGLIO
LA COMMISSIONE
Uno dei compiti più importanti è quello di vigilare sul rispetto del diritto
dell’Unione. La Commissione appare in tal caso la custode dei Trattati
stessi e vigila sulle istituzioni e sugli stati membri. Al potere di vigilanza
si affianca un potere di carattere istruttorio, secondo il quale la
Commissione può raccogliere tutte le informazioni e procedere a tutte le
necessarie verifiche, per l’esecuzione dei compiti affidatile.
Altro compito attribuito alla Commissione è quello di formulare
raccomandazioni o pareri nei settori definiti dai Trattati.
Raccomandazioni e pareri non sono atti obbligatori, ma alcune volte
possono produrre effetti giuridici.
La Commissione dispone di un potere decisionale, seppur generale ma i
suoi atti non sono legislativi perché sono appunto adottati attraverso una
procedura non legislativa; l’atto delegato può integrare o modificare
elementi non essenziali dell’atto legislativo, mentre quelli essenziali
restano nella competenza esclusiva dell’atto legislativo.
Per quanto riguarda la potestà esecutiva la Commissione la condivide con
gli Stati membri anche se rimane una prerogativa di quest’ultimi.
I Trattati attribuiscono alla Commissione anche la rappresentanza
esterna dell’Unione anche se non esclusiva, infatti questa è esclusa nella
materia della PESC.
La Commissione partecipa alla formazione degli atti del Consiglio e del
Parlamento europeo. Essa detiene infatti il monopolio delle “proposte di
atti dell’Unione”, senza le quali non è possibile avviare i procedimenti di
adozione di tali atti. La forza della proposta è tale che essa, può si essere
respinta ma ove il Consiglio intenda modificarla può farlo solo deliberando
all’unanimità.
La Commissione poi pubblica ogni anno, almeno un mese prima
dell’apertura della sessione del Parlamento, una relazione generale
sull’attività dell’Unione.
La Corte dei conti è composta da un cittadino per ogni Stato membro, nominati per sei anni dal Consiglio a
maggioranza qualificata, su proposta di ciascun Stato membro e previa consultazione del Parlamento
europeo. Per ricoprire questo incarico, sono scelti personalità che fanno parte delle istituzioni di controllo
esterno o che posseggono una qualifica specifica per tale funzione, e che offrono tutte le garanzie di
indipendenza.
CAPITOLO 6:
I PROCEDIMENTI INTERSITITUZIONALI
CAPITOLO 7:
CARATTERI GENERALI
Inoltre tali accordi possono anche produrre effetti diretti per i singoli,
cioè possono creare diritti, che i singoli possono esercitare anche in via
giudiziaria dinanzi ai giudici degli Stati membri. Chiaramente, perché essi
abbiano efficacia diretta, è necessario che il loro contenuto sia
obbligatorio, preciso e incondizionato e che per la sua applicazione non si
richiede l’emanazione di un ulteriore atto.
Per quanto riguarda gli accordi conclusi tra Stati membri, va osservato
che quelli preesistenti alla loro partecipazione alla Comunità(o
Unione)europea, se incompatibili con i nuovi obblighi derivanti dai
Trattati, devono essere abrogati in virtù del fatto che il suddetti
Trattati prevalgono sulle convenzioni concluse tra gli Stati anteriormente
alla sua entrata in vigore. Così vale ugual cosa, ossia che PREVALE il
diritto dell’Unione, per accordi tra Stati membri stipulati dopo la loro
partecipazione all’Unione, che siano quindi incompatibili. In tal caso nei
loro confronti si potrebbe dare luogo anche ad una procedura di
infrazione.
Pertanto ove il contrasto non sussista gli Stati posso concludere accordi
anche in materie di competenza dell’Unione, a condizione che tale
competenza non sia esclusiva.
Gli Stati membri possono inoltre, in seno al Consiglio adottare degli atti
denominati “atti degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio”, i quali non
hanno la natura giuridica di atti dell’Unione, cioè imputabili al Consiglio, ma 77
restano imputabili collettivamente agli Stati membri. La Corte ha
riconosciuto agli Stati la possibilità di adottare tali atti, ma negando che
essi siano “atti dell’Unione”, ha escluso di conseguenza, anche la loro
competenza a sindacarne la legittimità.
Essi non fanno parte del diritto dell’Unione, qualora siano anteriori
all’adesione degli Stati membri alla Comunità o alla entrata in vigore del
Trattato CE. Tuttavia l’art 351 TFUE dello stesso fa salvi gli accordi, i cui
obblighi e diritti derivanti, non sono pregiudicati dalle disposizioni dei
Trattati.
Ciò vuol dire che uno Stato membro può sottrarsi agli obblighi derivanti
dal Trattato nella misura in cui ciò è necessario per adempiere quelli
prescritti da un convenzione conclusa anteriormente con uno Stato terzo.
Lo stesso articolo, però, prescrive anche che lo Stato o gli Stati membri
in questione debbano cercare di eliminare le incompatibilità tra la
convenzione anteriore e i Trattati. I giudici devono quindi interpretare la
convenzione preesistente in materia, in modo conforme al diritto
dell’Unione.
I REGOLAMENTI
PORTATA GENERALE
Essa implica che il regolamento si applichi ad una fattispecie definita in
termini generali ed astratti e ad una serie indeterminata di destinatari,
ossia a più categorie di destinatari determinate astrattamente e
individuate sulla base di elementi oggettivi e non di qualità personali.
Esso si differenzia quindi dalla decisione in quanto quest’ ultima non ha
portata generale ma Individuale, diretta cioè a destinatari limitati e
specifici.
Ci sono però casi in cui, i regolamenti hanno uno specifico oggetto, cioè
misure contro determinate persone, come nel caso del regolamento che
stabilisce il congelamento di capitali per le persone sospettate di
terrorismo; tali regolamenti si rivolgono cmq ad una generalità
indeterminata di destinatari in quanto vietano a chiunque di mettere a
disposizione dei sospettati risorse finanziarie. La generalità del
regolamento poi, non va intesa necessariamente come sua applicazione in
tutti gli Stati membri perché è possibile che esso abbia un’applicabilità
territoriale limitata.
OBBLIGATORIETA’
in tutti i suoi elementi ciò significa che tale obbligatorietà è, integrale,
cioè non è limitata ai soli risultati da raggiungere, come nel caso nella
direttiva, ma si riferisce anche alle forme e ai mezzi diretti ad assicurare
il risultato.
LA DIRETTA APPLICABILITA’
negli Stati membri essa mette in evidenza l’aspetto essenziale della
sopranazionalità: infatti i regolamenti esprimono la capacità dell’Unione
europea di produrre una normativa che raggiunge direttamente i singoli,
creando per essi diritti e obblighi senza che ci sia il bisogno che gli Stati
membri facciano qualcosa per darle esecuzione e per farla adattare.
L’ applicabilità diretta dei regolamenti comporta che essi acquistino
efficacia giuridica all’interno degli Stati membri al momento stesso in cui,
dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione, entrano in
vigore sul piano europeo senza che detti Stati possano fare niente per
impedirne l’efficacia.
In passato alcuni Stati come l’Italia usavano la prassi di attuare i 81
regolamenti attraverso atti interni che ne riproducevano il contenuto.
Tale prassi è stata dichiarata illegittima dalla Corte sia perché contrasta
con la diretta applicabilità, sia perché pregiudica la simultanea entrata in
vigore del regolamento rinviandola all’entrata in vigore dell’atto statale.
Tale prassi pregiudicava anche la competenza della stessa Corte a
pronunciarsi in via pregiudiziale poiché il suo intervento non è ammesso
per quanto riguarda un atto statale.
LE DECISIONI
LE RACCOMANDAZIONI E I PARERI
L’Art.288 TFUE al 5° comma si limita ad affermare che tali atti non sono
vincolanti.
La raccomandazione rappresenta una manifestazione di volontà con la
quale l’istituzione che emana, chiede al destinatario, seppur in maniera
non vincolante, di tenere un la condotta raccomandata.
Il parere invece, è una manifestazione di giudizio, un consiglio, senza che
il suo intento sia quello di sollecitare il destinatario a seguire un
determinato comportamento.
E’ diffusa opinione che tutte le istituzioni dell’Unione siano idonee ad
emanare raccomandazioni, quando non dispongano, in forza dei Trattati,
del potere di adottare atti obbligatori o quando ritengono che non vi sia
motivo di adottare atti più vincolanti (sent. Grimaldi). Anche se potere
generale di adottare tali atti spetta al Consiglio, alla Commissione e nei
casi previsti dai Trattati, alla BCE.
La raccomandazione può avere come destinatari un istituzione, ovvero
Stati membri o anche persone fisiche o giuridiche.
Sebbene non abbia effetti obbligatori, la raccomandazione è soggetta
alla competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia ai sensi dell’Art 267
TFUE.
Le raccomandazioni sono produttive di un effetto giuridico, consistente 86
nel dovere dei giudici nazionali di prenderle in considerazione nella
decisione delle cause sottoposte (sent. Grimaldi). Sembra corretto
attribuire alle raccomandazioni l’effetto giuridico c.d. di liceità nel senso
che se uno Stato per adeguarsi alla raccomandazione viola un obbligo
giuridico, la condotta deve considerarsi cmq lecita.
Per quanto riguarda i pareri, malgrado siano privi di obbligatorietà,
talvolta possono avere delle conseguenze giuridiche in caso di
inosservanza; un esempio è il parere della Commissione in merito alla
violazione di un obbligo derivante dai Trattati da parte di uno Stato
membro, la cui inosservanza può comportare il deferimento dello Stato
alla Corte di Giustizia.
Gli atti diversi da quelli contemplati dall’Art. 288 TFUE sono denominati
atti atipici. Essi comprendono un’ampia varietà di figure, possono
rappresentare un elemento di incertezza giuridica e vengo raggruppati in
3 categorie:
atti, previsti dai Trattati, che hanno la medesima
denominazione di uno di quelli tipici contemplati dall’Art.
288TFUE, ma caratteri giuridici differenziati (es. i regolamenti
interni di varie istituzioni e organi)
atti, previsti dai Trattati, ma aventi denominazioni e
caratteri diversi da quelli tipici (es. le risoluzioni operative che
le istituzioni adottano per regolare la propria attività nei vari
settori)
atti, non contemplati dai Trattati, ma nati dalla prassi
(l’assenza di disposizioni rendono difficile l’individuazione dei loro
effetti che a seconda dei casi possono avere valore giuridico o
meramente politico)
Altri esempi di atti atipici sono senz’altro gli accordi interistituzionali
tra Parlamento, Consiglio e Commissione i quali hanno carattere vincolante
ed effetti obbligatori, e la cui prassi, collegata al principio di leale
collaborazione, appare sicuramente legittima.
GLI ATTI IN MATERIA DI PESC 87
CAPITOLO 8:
LE COMPETENZE GIUDIZIARIE
La Comunità europea è una comunità di diritto, all’interno della quale gli Stati
membri e le istituzioni che ne fanno parte non possono sottrarsi al controllo
giudiziario della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado, per quanto
riguarda la conformità degli atti alla carta costituzionale di base costituita dal
Trattato CE (sent. Les Verts).
Questa procedura può essere promossa sia dalla Commissione che da uno
Stato membro.
Questo ruolo, infatti sarebbe di difficile esercizio qualora essa non fosse
informata da denunce e esposti, provenienti da soggetti vari.
Essa non è costretta ad avviare un procedimento contro uno Stato (NON 93
DOVERE GIURIDICO) ma gode di un ampio potere discrezionale nel farlo.
Tale fase inizia con l’ invio di una LETTERA, detta di messa in mora
o di diffida, da parte della Commissione, allo Stato interessato. In
tale lettera essa indica gli elementi di fatto e gli elementi di diritto
in base ai quali reputa che sussista l’infrazione, nonché le specifiche
disposizioni violate dallo Stato.
Ricevuta la lettera, lo Stato viene posto nella condizione di
presentare delle osservazioni circa l’eventuale violazione, come pure
le sue presumibili giustificazioni.
Se le giustificazioni dello Stato risultano insufficienti alla
Commissione, ai sensi dell’Art.258,1° Co TFUE, essa emette un c.d.
PARERE MOTIVATO, ossia un atto che precisa in maniera rigida e
formale gli addebiti contestati. Fondamentalmente ciò che
differenzia la lettera di messa in mora, dal parere motivato è che
mentre la prima è considerata come un succinto riassunto degli
addebiti, il secondo deve contenere invece un esposizione precisa,
rigida, formale e particolareggiata dei motivi che hanno spinto la
Commissione a convincersi che lo Stato abbia compiuto l’infrazione.
Il trattato non stabilisce quale sia il termine entro il quale lo Stato debba
conformarsi al parere, e neanche quello per presentare le proprie
osservazioni, ma la Corte ha affermato che debba trattarsi di un tempo
ragionevole in relazione alle particolarità del caso in questione.
Qualora lo Stato non si conformi al parere motivato entro il termine
fissato, allora si passa alla fase contenziosa e la Commissione può adire la
Corte.
FASE CONTENZIOSA
a) la gravità dell’infrazione
b) la sua durata
c) la necessità di garantire l’effetto dissuasivo della sanzione anche
con riguardo alla capacità finanziaria dello Stato inadempiente
La sanzione può essere una somma forfettaria consistente in una somma
determinata quale sanzione della continuazione dell’inadempimento tra la
prima sentenza di accertamento della violazione e la seconda; ma può
essere anche una penalità consistente in una somma da pagare per ogni
giorno di ritardo a partire dalla seconda sentenza, ossia una penalità di
mora che non può essere determinata a priori ma dipende dal persistere
del ritardo dello Stato.
In alcuni casi è possibile anche un’applicazione cumulativa delle due
sanzioni (somma forfettaria e penalità) dato che avrebbero una distinta
funzione: la penalità spinge lo Stato a cessare l’inadempimento mentre la 97
somma forfettaria a sanzionare la mancata esecuzione.
In un caso particolare, quando una Stato membro non abbia adempiuto
all’obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata
con la procedura legislativa, la Commissione può avviare il procedimento
senza il bisogno di una sentenza dichiarativa della Corte e un’eventuale
condanna deve restare entro i limiti dell’importo indicato dalla
Commissione.
Affinché sorga l’obbligo risarcitorio non c’è bisogno che la violazione sia
stata precedentemente accertata dalla Corte di Giustizia, infatti ben può
il giudice interno constatare la violazione e condannare il proprio Governo
al risarcimento dei danni
la norma giuridica violata sia una norma che conferisce diritti ai singoli.
1. ricorrenti privilegiati
che impugnano un atto anche se non li riguarda direttamente (senza
interesse ad agire)
2. ricorrenti non privilegiati
impugnano un atto solo se lede i loro interessi individuali
I ricorrenti privilegiati sono 102
STATI MEMBRI - COMMISSIONE - PARLAMENTO – CONSIGLIO
TERMINE DI IMPUGNAZIONE
I MOTIVI DI IMPUGNAZIONE
L’incompetenza
consiste nell’assenza del potere di emanare l’atto in questione.
L’incompetenza può essere assoluta, quando l’Unione in quanto tale
sia priva di tale potere, o relativa, quando è la singola istituzione ad
esserne priva.
Violazione delle forme sostanziali
consiste nella violazione delle regole giuridiche riguardanti il
procedimento di adozione dell’atto (es: mancata o insufficiente
motivazione, mancata consultazione di un’istituzione se obbligatoria,
erronea indicazione della base giuridica); non è sufficiente una
qualsiasi violazione, ma deve trattarsi di una violazione di una certa
gravità che finisca per colpire principi sostanziali come quello della
certezza del diritto.
Violazione dei Trattati
consiste nella violazione di norme e principi dei Trattati istitutivi, di
trattati di adesione, o di principi generali del diritto dell’Unione,
nonché accordi internazionali e norme del diritto internazione
generale. Per quanto riguarda la violazione di accordi dell’Unione, la
Corte considera soltanto quegli accordi provvisti di effetti diretti,
che abbiano i caratteri di completezza, precisione e incondizionata 105
obbligatorietà.
Sviamento di potere
avviene quando, l’istituzione ha il potere di emanare un atto, ma
quest’ultimo è adottato per un fine diverso da quello in vista del
quale il potere è stato attribuito il potere. (es: sviamento di
procedura per cui una certa procedura viene usata per uno scopo
diverso da quello per il quale è stata istituita).
In merito a tale vizio la Corte di Giustizia richiede sempre una prova
pressoché inconfutabile dell’avvenuto sviamento; ciò al fine di evitare che
la sua competenza sfoci in un controllo di merito sull’operato delle
istituzioni, controllo che è inammissibile.
Alla Corte può essere però anche attribuita una competenza di merito
sugli atti dell’Unione. Infatti l’Art.261 TFUE attribuisce alla Corte una
competenza di merito per quanto riguarda le sanzioni previste nei
regolamenti, competenza che si estende appunto all’esame del contenuto
dell’atto e al controllo circa l’opportunità e l’ammontare delle sanzioni
pecuniarie. La Corte può così annullare le sanzioni e modificarne l’importo.
La Corte ha stabilito che oggetto della norma in esame sono tutti gli
atti di portata generale, per cui l’eccezione non può essere sollevata
nei confronti di atti individuali che non siano stati impugnati nel
termine di decadenza di 2 mesi.
IL RICORSO IN CARENZA
CAPITOLO 9:
Prende avvio con la verifica, da parte del presidente del Consiglio o del
ministro delle politiche europee, dello stato di conformità
dell’ordinamento italiano e degli indirizzi di politica governativa agli
obblighi europei. La stessa verifica viene compiuta dalle regioni e
provincie autonome, nelle materie di loro competenza.
Di seguito il Presidente del Consiglio di concerto con i ministri interessati,
entro il 31 gennaio di ogni anno presenta al Parlamento un disegno di legge
recante “ disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle comunità europee”.
I l contenuto della legge comunitaria reca disposizioni:
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