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Scelta del gruppo motore-riduttore

Marco Carricato

1 Scelta e verifica del motore elettrico


Si presentano qui le problematiche fondamentali relative alla scelta del moto-
re elettrico. Nonostante molti dei concetti esposti abbiano validità generale,
per semplicità, si fa particolare riferimento agli attuatori non regolati (ad
esempio, i motori asincroni alimentati direttamente dalla rete).
Il motore elettrico dev’essere scelto in maniera tale che non si produca
mai, all’interno degli avvolgimenti, una temperatura Tf superiore a quel-
la ammissibile Tlim , dipendente dalla classe d’isolamento. Allorché Tf >
Tlim , si verificherebbe un sovraccarico termico, con il relativo intervento
dell’interruttore di protezione del motore.

1.1 Servizio continuo


Se il motore dovesse vincere, in condizioni di regime assoluto1 , una coppia
resistente costante Cr , e dunque fosse CmR = Cr , si porterebbe alla tem-
peratura Tf con andamento esponenziale (Fig. 1a). Si assume qui che il
transitorio di avviamento sia sufficientemente breve da non produrre effetti
termici apprezzabili sul motore. All’avviamento, infatti, l’assorbimento di
corrente è considerevole e quindi tale è anche la potenza termica dissipata.
Il servizio sopra descritto si definisce continuo e s’indica con la sigla S1. Il
valore CmR in corrispondenza del quale Tf = Tlim è, per definizione, la cop-
pia nominale Cmn del motore. In prima approssimazione,√ si può ritenere Tf
proporzionale a Cr2 e dunque Cmn proporzionale a Tlim .
Se il motore fosse sottodimensionato rispetto alla coppia resistente, i.e.
CmR > Cmn , si instaurerebbe una temperatura Tf superiore a Tlim , ovve-
ro l’intervento dell’interruzione di protezione. Ne consegue che il motore
dev’essere scelto in maniera tale che si abbia

CmR ≤ Cmn . (1)


1
Una grandezza valutata in condizioni di regime assoluto è qui denotata dal pedice R.

1
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Tmot Tmot Tmot


Tf Ĺ
Tlim Tlim Tlim
Tmax Tmax

Ta Ta
t t t

CmR CmR CmR


Cr Ĺ
Cmn

t t t
top top trip
tc tc

(a) (b) (c)

Figura 1: Tipi di servizio: (a) S1 – servizio continuo; (b) S2 – servizio di durata


limitata; (c) S3 – servizio intermittente periodico.

Se, al contrario, il motore fosse sovradimensionato rispetto alla coppia


resistente, i.e CmR ≪ Cmn , si determinerebbe:

• un eccessivo costo iniziale (sarebbe sufficiente un motore più piccolo ed


economico);

• un aggravio dei costi d’esercizio (si opererebbe con basso fattore di


potenza e ridotto rendimento del motore2 );

• una diminuzione dell’affidabilità dell’impianto (la trasmissione mecca-


nica tra il motore ed il carico è normalmente dimensionata in base alla
potenza richiesta dal carico e non a quella erogabile dal motore).
2
La√potenza elettrica assorbita dal motore, misurata ai terminali di alimentazione, vale
Pel = 3V I cos φ, ove V è la tensione tra ogni coppia di fasi, I la corrente assorbita e cos φ
il fattore di potenza. Se Cm ωm è la potenza meccanica misurata all’albero e ηel il rendi-
mento complessivo del motore (tenendo conto sia delle perdite di origine elettromagnetica
sia delle perdite per attrito e ventilazione negli organi meccanici), vale, in condizioni di
moto diretto, Pel = Cm ωm /ηel . In corrispondenza dei bassi carichi, e dunque in prossi-
mità del sincronismo, il motore presenta bassi valori sia di cos φ sia di ηel . In particolare,
operare con bassi fattori di potenza significa assorbire, a pari potenza meccanica richiesta,
maggiore corrente; ciò comporta una maggiore dissipazione nei conduttori di alimentazione
e negli apparati a monte del motore.

2
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Influenza delle condizioni ambientali. Il valore di Cmn dipende dalle


condizioni ambientali, in particolare dalla temperatura e dall’altitudine del-
l’ambiente esterno, rispettivamente indicate con Ta e Aa . A pari incremento
termico determinato dal funzionamento del motore, infatti, maggiore è la
temperatura iniziale, più è elevata la temperatura raggiunta al regime ter-
mico. Ad alta quota, inoltre, l’aria è più rarefatta ed asporta calore meno
efficacemente. Normalmente, il costruttore indica Cmn per valori standard di
Ta e Aa – tipicamente Ta,st = 40◦ e Aa,st ∈ [0 . . . 1000m] – mentre suggerisce
opportuni coefficienti per tener conto di condizioni ambientali differenti, in
modo tale che si abbia

Cmn (Ta , Aa ) = KTa KAa Cmn (Ta,st , Aa,st ) . (2)


Ovviamente, KTa < 1 per Ta > Ta,st e KAa < 1 per Aa > Aa,st .

1.2 Servizio di durata limitata e servizio intermittente


periodico
Se il motore funziona a carico costante per un periodo di tempo top inferiore a
quello richiesto per raggiungere l’equilibrio termico3 , seguito da un intervallo
di riposo (cioè con motore non più alimentato) sufficiente a ristabilire la
temperatura ambiente (Fig. 1b), il servizio è detto di durata limitata ed è
indicato con la sigla S2. In questo caso, CmR può superare il valore limite
Cmn senza che il motore faccia in tempo a raggiungere Tlim . La (1) è dunque
sostituita dalla relazione

CmR ≤ KS2 Cmn , (3)


con KS2 coefficiente superiore a 1, tanto maggiore quanto più top è piccolo.
Solitamente, il costruttore fornisce il valore di KS2 per top pari a 10, 30, 60 e
90 minuti.
Allorché il motore funzioni secondo una serie di cicli identici, ciascuno
comprendente un periodo top di funzionamento a carico costante ed un perio-
do trip di riposo, tali per cui le fasi di avviamento non producano apprezzabili
sovraccarichi termici aggiuntivi, il servizio è detto intermittente periodico ed
è indicato con la sigla S3 (Fig. 1c). Esso è caratterizzato dal rapporto d’inter-
mittenza RI, definito come il quoziente (espresso in percentuale) tra il tempo
top di funzionamento a carico ed il tempo totale di ciclo tc , pari a top + trip .
La (1) può in questo caso essere sostituita dalla relazione
3
Il tempo impiegato da un attuatore elettrico per raggiungere il regime termico può
essere di decine di minuti per motori industriali di piccola taglia (centinaia di W), e può
superare l’ora per i motori di taglia più grande (decine di kW).

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CmR ≤ KS3 Cmn , (4)


con KS3 coefficiente superiore a 1, tanto maggiore quanto più RI è piccolo.
Normalmente, il costruttore fornisce il valore di KS3 per RI pari a 15%, 25%,
40% e 60%, e per un tempo di ciclo pari a 10 minuti (per tempi di ciclo più
elevati, le condizioni di servizio S3 si avvicinano a quelle del servizio S2).

1.3 Influenza del transitorio d’avviamento


Per tempi di ciclo apprezzabilmente inferiori a 10 minuti, non è generalmente
possibile trascurare l’effetto della corrente d’avviamento sulla sovratempera-
tura del motore. Evidentemente, infatti, quanto più il ciclo è breve (e dunque
è elevato il numero di avviamenti orari richiesti), tanto maggiore è l’impor-
tanza relativa del transitorio di partenza. I tipi di servizio in cui le fasi
d’avviamento (o di frenatura elettrica) influenzano il riscaldamento del mo-
tore sono indicati con apposite sigle (S4, S5 e altre) ed il loro studio richiede
adeguati modelli termici del motore. Valgono ancora formule tipo la (3) o la
(4), ma i valori dei coefficienti KSj debbono essere calcolati dal costruttore
in funzione delle esigenze specifiche. Sovente, tuttavia, è possibile ottenere
ragionevoli indicazioni sull’idoneità dell’attuatore ad operare nelle condizio-
ni richieste attraverso la stima di alcuni parametri caratteristici del servizio
ed il loro raffronto con le indicazioni empiriche fornite dal costruttore. Tali
parametri sono, tipicamente,

• il tempo d’avviamento tavv impiegato dal motore a raggiungere la velo-


cità di regime ωmR ,

• la frequenza d’inserzione, cioè il numero z di avviamenti orari richiesti


al motore.

Verifica del tempo di avviamento. Generalmente, il motore deve vince-


re, all’avviamento, non solo il carico resistente, ma anche un carico inerziale.
In questa fase, tanto più la differenza tra la coppia motrice e quella resistente
è elevata, quanto più rapido è il transitorio e quindi limitato l’effetto termico
ad esso connesso.
Indicando con Jm , Jest e Jtot i momenti d’inerzia, rispettivamente, del
motore, delle masse ad esso collegate (ridotte al suo asse) e la somma Jm +Jest
(Fig. 2), l’equazione del moto del sistema vale
dωm
Cm − Cr = Jtot , (5)
dt

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Zm

Jm Jest

Cm Cr

Figura 2: Macchina equivalente ridotta all’albero motore.

la quantità a primo membro rappresentando la cosiddetta coppia d’accelera-


zione.
Isolando dωm a primo membro, ed integrando tra la condizione iniziale di
quiete e la condizione finale di regime, si ricava
Z ωmR Z tavv
Cm − Cr
ωmR = dωm = dt. (6)
0 0 Jtot
Assumendo che Jtot sia costante (ossia che la trasmissione a valle del mo-
tore non comprenda organi a rapporto di trasmissione variabile) e definendo
i valori medi d’avviamento delle coppie motrice e resistente come
Z tavv Z tavv
1 1
Cm = Cm dt, C r = Cr dt, (7)
tavv 0 tavv 0
la (6) porge
Jtot ωmR
tavv = . (8)
Cm − Cr
Il calcolo rigoroso di C m e C r richiede l’integrazione dell’equazione dif-
ferenziale (5). Tuttavia, è possibile ottenere una ragionevole stima di tavv
sostituendo alle medie nel tempo espresse nella (7) i valor medi
Z ωmR Z ωmR
1 1
Cm,avv = Cm dωm , Cr,avv = Cr dωm , (9)
ωmR 0 ωmR 0
i quali possono ricavarsi dalle caratteristiche meccaniche (note) del motore e
del carico. Cm,avv è generalmente suggerito dal costruttore (calcolato appros-
simando ωmR con la velocità nominale ωmn oppure con la velocità a vuoto),
mentre Cr,avv dev’essere determinato nelle condizioni specifiche. Ad esempio,
se Cr = N h
P
h=0 krh ωm , vale

N
! N N
ωmR
1 krh ω h krh ω h
Z X X X
h mR mn
Cr,avv = krh ωm dωm = ≈ . (10)
ωmR 0 h=0 h=0
h+1 h=0
h+1

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Risulta, dunque,
Jtot ωmR
tavv ≈ . (11)
Cm,avv − Cr,avv
In molteplici applicazioni industriali, l’ordine di grandezza di tavv è il decimo
di secondo o il secondo.
È utile osservare che il risultato contenuto nella (11) equivale ad assumere
che l’avviamento avvenga con accelerazione costante e pari a
dωm Cm,avv − Cr,avv
≈ . (12)
dt Jtot
In tal caso, infatti,
Cm,avv − Cr,avv
ωm (t) ≈ t (13)
Jtot
e, qualora tavv sia calcolato con la (11), si ha ωm (tavv ) = ωmR .
Se il motore è sottodimensionato rispetto alla coppia d’accelerazione, si
può instaurare una temperatura Tf eccessiva a causa dell’esagerata durata
del transitorio4 . In tal senso, il costruttore del motore può fornire indicazioni
sui valori ammissibili di tavv . Se, viceversa, il motore è sovradimensionato
rispetto alla coppia d’accelerazione, l’avviamento è molto brusco e possono
instaurarsi accelerazioni troppo elevate e sollecitazioni eccessive della trasmis-
sione meccanica e/o della macchina operatrice. In quest’ultimo caso, si può
pensare d’aggiungere un volano, cioè un’inerzia aggiuntiva Jv al numeratore
della (8).

Verifica della frequenza d’inserzione. Si supponga che il motore fun-


zioni a vuoto, cioè senza carichi resistenti o inerziali (a parte, ovviamente,
quelli generati dal proprio rotore), e sia spento ed acceso in rapida successio-
ne. All’avviamento, il motore assorbe una considerevole quantità di corrente,
cui corrisponde un’elevata potenza termica dissipata ed una rapida crescita
della temperatura. Se, tra un avviamento e l’altro, il motore non ha il tempo
di raffreddarsi completamente, ad ogni avviamento la temperatura iniziale
risulta un po’ più alta e quindi più elevata quella raggiunta alla fine della
fase di funzionamento. Si può cosı̀ raggiungere, anche in assenza di carico,
la temperatura Tlim (Fig. 3).
Tra i dati caratteristici del motore, il costruttore fornisce generalmente il
massimo numero z0 di avviamenti orari ammissibili a vuoto, con un rapporto
4
Tale problema è particolarmene sentito allorquando il motore debba partire azionando
inerzie rilevanti, come ad esempio grosse ventole, giranti, mole, ecc.

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Tmot
Tlim

Ta
t

Figura 3: Sovraccarico termico causato da un’eccessiva frequenza d’inserzione.

d’intermittenza pari a 50%. La massima frequenza d’inserzione zmax nelle


condizioni di esercizio può poi valutarsi con formule del tipo
Cm,avv − Cr,avv Jm
zmax = z0 kz , (14)
Cm,avv Jm + Jest
dove il coefficiente kz (≤ 1) è suggerito dal costruttore in funzione del rap-
porto d’intermittenza RI e del quoziente PmR /Pmn , essendo PmR = CmR ωmR
e Pmn = Cmn ωmn (evidentemente, kz = 1 per PmR = 0 e Ri = 50%). Dalla
(14), si evince che zmax è tanto minore quanto minore è la coppia d’accele-
razione e quanto più elevate sono le inerzie esterne, vale a dire quanto più
lungo è il transitorio d’avviamento.

1.4 Ciclo periodico di breve durata


Se la frequenza d’inserzione è eccessiva, e dunque il tempo di ciclo è molto
breve (dell’ordine dei pochi minuti o di alcuni secondi, a seconda della taglia
del motore), non è conveniente realizzare il moto richiesto mediante continui
avviamenti ed arresti dell’attuatore. In questi casi, è più ragionevole man-
tenere quest’ultimo in esercizio continuo e variare il moto d’uscita mediante
il conveniente controllo delle variabili elettriche di comando (ad esempio,
la frequenza e la tensione d’alimentazione) oppure tramite l’interposizione di
opportune trasmissioni meccaniche (frizioni, camme, intermittori, ecc.). Cosı̀
facendo, la macchina instaura un regime periodico nell’intorno delle condi-
zioni di miglior funzionamento e non richiede il sistematico assorbimento di
elevate correnti d’avviamento. La temperatura del motore varia ciclicamen-
te, ma le variazioni sono di entità limitata, poiché non sono in grado, in
virtù della capacità termica del motore, di ‘seguire’ le veloci oscillazioni della
potenza dissipata (legate alle veloci oscillazioni della coppia e, in certi casi,
della velocità angolare). In queste condizioni, il motore può erogare, per bre-
vi istanti, coppie significativamente superiori alla coppia nominale, purché il
loro valore efficace (in inglese “root mean square”, da cui l’acronimo rms)
Cm,rms sia al massimo pari a Cmn .

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ω ωm

J Jm Jest

r −Cf −Cr

Figura 4: Macchina equivalente ridotta all’albero motore durante la frenatura.


ω ω
Nei cicli di breve durata, dunque, occorre verificare due condizioni. La
prima è che sia5
J τ η J
s Z
1 tc 2
Cm,rms = Cm dt ≤ KTa KAa Cmn . (15)
tc 0
La seconda è che, in ogni istante, la coppia richiesta non sia superiore alla
coppia massima istantanea Cm,max (detta anche di picco) erogabile dal mo-
tore, sostanzialmente legata al valor massimo della caratteristica meccanica
(per motori asincroni trifase, pari a circa 2Cmn ), vale a dire

|Cm (t)| ≤ Cm,lim , 0 ≤ t ≤ tc . (16)

2 Scelta e verifica del giunto


...

3 Scelta e verifica del freno


Il freno deve poter esercitare un’azione frenante adeguata in funzione dei ca-
richi applicati, delle inerzie da rallentare, dei tempi e degli spazi di frenatura
richiesti. Inoltre, dev’essere in grado di smaltire il calore sviluppato durante
la frenatura per effetto dell’attrito.
Nelle applicazioni industriali più comuni, il freno agisce direttamente
sull’albero motore ed opera in alternativa all’azione motrice prodotta dal
5
Negli azionamenti elettrici a velocità variabile, il valore di coppia continuativa ammis-
sibile può dipendere dalla velocità angolare. In questi casi, si può utilizzare
q ilR valore di
t
coppia limite valido per un valor medio di velocità, tipicamente ωm,rms = t1c 0 c ωm 2 dt.

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motore. In sostanza, all’atto dell’azionamento del freno, il motore si spe-


gne e la coppia motrice Cm è sostituita dalla coppia frenante −Cf (Fig. 4).
L’equazione del moto diventa
dωm
−Cf − Cr = Jtot . (17)
dt
Il freno è efficace, ossia decelera il sistema, soltanto se il primo membro
della (17) è negativo. Questa condizione è sempre soddisfatta qualora Cr > 0,
ossia il carico eserciti un’azione effettivamente resistente, mentre potrebbe
non verificarsi qualora il carico eserciti un’azione motrice, come accade, ad
esempio, in un impianto di sollevamento durante la fase di discesa. In questo
caso, Cr è minore di zero ed il sistema decelera in ogni frangente della frenata
soltanto se

Cf > |Cr |max . (18)


Per quanto concerne lo studio del transitorio di frenatura, isolando dωm
a primo membro della (17) ed integrando tra la condizione iniziale di regime
e la condizione finale di quiete, si ricava
Z 0 Z tf
Cf + Cr
dωm = − dt, (19)
ωmR 0 Jtot
ove tf è la durata del transitorio. Cf si può ritenere costante, nella misura in
cui si possa prescindere dalla brevissima fase di accostamento delle superfici
di frizione. Pertanto, se anche Jtot è costante, la (19) porge

1 tf
 
tf
Z
−ωmR = − Cf + Cr dt . (20)
Jtot tf 0
Evidentemente, il calcolo rigoroso del valor medio della coppia resistente
nella (20) richiede l’integrazione dell’equazione differenziale (17). Tuttavia,
seguendo un procedimento analogo a quello svolto nel paragrafo 1.3, è pos-
sibile ottenere una ragionevole stima del tempo di frenata sostituendo alla
media nel tempo di Cr il suo valor medio nella velocità angolare, ossia
Z 0 Z ωmR
1 1
Cr,f = Cr dωm = Cr dωm . (21)
−ωmR ωmR ωmR 0
Confrontando la (21) con la (7), risulta che Cr,f eguaglia Cr,avv e può dunque
calcolarsi con la (10). Il tempo di frenata vale, dunque, approssimativamente
Jtot ωmR
tf ≈ . (22)
Cf + Cr,f

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È utile osservare che il risultato contenuto nella (22) equivale ad assumere


che la frenatura avvenga con decelerazione costante e pari a
dωm Cf + Cr,f
≈− . (23)
dt Jtot
In tal caso, infatti,
Cf + Cr,f
ωm (t) ≈ ωmR − t (24)
Jtot
e ωm (tf ) = 0.
Nell’ambito di validità delle assunzioni alla base delle (23) e (24), lo spazio
di frenata può stimarsi in
Z Θf Z tf
ωmR tf
Θf = dθm = ωm dt ≈ . (25)
0 0 2
Per quanto concerne la verifica termica del freno, è necessario appurare
che l’energia Lf dissipata durante la frenatura sia inferiore al valore massimo
ammissibile Lf,lim suggerito dal costruttore (Lf,lim è funzione, solitamente,
del numero di frenature orarie richieste), ossia

|Lf | ≤ Lf,lim . (26)

In prima approssimazione, il lavoro d’attrito può calcolarsi come

tf tf 2
ωmR tf Jtot ωmR Cf
Z Z
|Lf | = Cf ωm dt = Cf ωm dt ≈ Cf = . (27)
0 0 2 2 Cf + Cr,f
Dalla (27) emerge che il lavoro compiuto dal freno eguaglia la variazione di
energia cinetica del sistema allorché, durante la frenatura, non agisca alcun
carico esterno, altrimenti se ne discosta, risultando minore o maggiore a
seconda che Cr,f sia, rispettivamente, positivo o negativo (nel primo caso, Cr
è resistente e dunque coadiuva la frenatura, mentre nel secondo caso, il freno
deve non solo decelerare il sistema, ma anche compensare il lavoro motore
svolto da Cr ).
In virtù dello strisciamento che si verifica durante la frenatura, le guar-
nizioni di frizione del freno subiscono un processo di usura. Come è no-
to, lo spessore usurato dipende dal lavoro dissipato dalle forze d’attrito.
Solitamente, il costruttore del freno fornisce:
• il lavoro d’attrito La1 necessario ad usurare 1mm di guarnizione;
• lo spessore d’usura sreg che richiede una registrazione del traferro tra
le superfici di frizione, al fine di ripristinarne un’ampiezza adeguata;

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Zm Zc

Jm Wrid, Krid, Kˆrid Jc

Cm Mr1 Mr2 Mc

Figura 5: Modello di una macchina composta da un motore, un riduttore ed un


carico equivalente.

• il massimo spessore di guarnizione slim che può essere usurato prima di


procedere alla sostituzione della stessa.

Con tali dati, e nell’ipotesi che le frenature compiute nell’intervallo di tempo


considerato siano simili, è possibile stimare il numero di frenate tra due
registrazioni successive del traferro, vale a dire
La1
nf,reg ≈ sreg , (28)
|Lf |

nonché il numero di frenate effettuabili prima della sostituzione delle guar-


nizioni di frizione, ossia
La1
nf,lim ≈ slim . (29)
|Lf |

4 Scelta e verifica dell’innesto


...

5 Scelta e verifica del riduttore


A valle dell’attuatore è quasi sempre presente un riduttore di velocità, il cui
scopo è quello di adattare i fattori della potenza meccanica prodotta dal
motore (coppia e velocità) ai fattori della potenza richiesta dal carico. Gli
attuatori, infatti, operano generalmente a velocità molto superiori a quelle
richieste dai carichi, mentre erogano coppie insufficienti.
Nello schema rappresentato in Fig. 5, il motore (cfr. Fig. 2) è collegato,
attraverso un riduttore, ad un carico modellabile con un’inerzia costante Jc
rotante alla velocità ωc ed una coppia resistente −Mc (in generale, funzione
di ωc ). Mr1 è la coppia esercitata dal motore sull’albero veloce del riduttore

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e Mr2 è la coppia disponibile sull’albero lento di quest’ultimo. Il riduttore


impone il rapporto di riduzione τrid ed esibisce i rendimenti ηrid e η̂rid , in
condizioni di flusso di potenza diretto ed inverso, rispettivamente6 .
Gli equilibri del motore e del carico impongono, rispettivamente,

Cm − Mr1 = Jm ω̇m , (30)

Mr2 − Mc = Jc ω̇c , (31)


mentre l’equilibrio del riduttore porge, prescindendo dalle inerzie interne di
quest’ultimo,

τrid
Mr1 = Mr2 (32a)
ηrid
se il flusso di potenza è diretto, oppure

Mr1 = η̂rid τrid Mr2 (32b)

se il flusso di potenza è inverso.


Sostituendo le (31)-(32) nella (30), nonché imponendo

ω̇c = τrid ω̇m , (33)


si ottiene ovviamente l’equazione generale del moto nella forma (5), i.e.

Cm − Cr = (Jm + Jest ) ω̇m = Jtot ω̇m , (34)


essendo evidentemente
2
τrid τrid
Cr = Mc , Jest = Jc , (35)
ηrid ηrid
se il moto è diretto, e

2
Cr = η̂rid τrid Mc , Jest = η̂rid τrid Jc , (36)
se il moto è retrogrado.
Si noti che, qualunque sia il verso del flusso di potenza, vale

Jc τrid Cr = Jest Mc (37)


6
Il flusso di potenza è diretto, se la potenza è generata dall’attuatore ed assorbita dal
carico. È inverso (o retrogrado), se il carico opera da motore e l’attuatore, assorbendo
potenza, funge da generatore elettrico. In assenza d’informazioni dettagliate da parte del
costruttore, si può porre η̂rid ≈ 2 − 1/ηrid .

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5.1 Fattore di servizio


Ogni famiglia di riduttori è progettata in base a determinate condizioni di
servizio nominali. Tali condizioni sono individuate da particolari valori dei
parametri che influenzano la sollecitazione del riduttore, in particolar modo i
parametri dai quali dipende il progetto a fatica dello stesso (principalmente,
i sovraccarichi e la durata d’esercizio).
Quando si sceglie il riduttore di una macchina reale, è necessario selezio-
narne la taglia tenendo conto che il servizio reale possa essere più o meno
gravoso di quello nominale. Per quantificare tale gravosità in modo operati-
vamente semplice, si utilizza un coefficiente fs di natura empirica, suggerito
dal costruttore, chiamato fattore di servizio. Se fs > 1, il servizio reale è
stimato più gravoso di quello nominale; vale il contrario, se fs < 1.
fs dipende dagli stessi parametri utilizzati per definire le condizioni di
servizio nominali, vale a dire quelli da cui dipende la sollecitazione a fatica
del riduttore:
• durata totale di funzionamento (talvolta espressa in ore di lavoro gior-
naliere),
• tipo di motore e frequenza d’avviamento,
• natura del carico della macchina operatrice,
nonché, eventualmente, da fattori aggiuntivi quali
• esigenza di un più elevato grado di affidabilità,
• difficoltà di manutenzione,
• sicurezza per le persone.
È opportuno osservare che il fattore di servizio fs influisce solo sulla taglia
del riduttore e non su quella del motore.
Dunque, se Mr2,R è la coppia continuativa richiesta dalla macchina ope-
ratrice sull’albero lento del riduttore, e Mrid,n2 è la coppia nominale del
riduttore sullo stesso albero, deve valere

fs Mr2,R ≤ Mrid,n2 , (38)


oppure, in maniera equivalente,

fs Mr1,R ≤ Mrid,n1 , (39)


dove Mr1,R e Mrid,n1 sono, rispettivamente, la coppia continuativa e la coppia
nominale sull’albero veloce. Tipicamente, si ha (cfr. l’eq. (32))

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τrid τrid
Mr1,R = Mr2,R , Mrid,n1 = Mrid,n2 . (40)
ηrid ηrid
È utile osservare che Mr1,R è anche la coppia continuativa richiesta al
motore (eq. (30)), e quindi è la coppia rispetto alla quale è scelta la taglia
dello stesso (eq. (1)). Ne consegue che è possibile interpretare fs come il
fattore rispetto al quale è necessario sovradimensionare il riduttore rispetto
al motore, per tener conto delle sue specificità di componente sollecitato a
fatica.

5.2 Coppia di picco


Durante i transitori, la coppia istantaneamente richiesta al riduttore non deve
mai superare la coppia di picco Mrid,max2 indicata dal costruttore (solitamen-
te, pari a circa 2Mrid,n2 ), vale a dire

|Mr2 (t)| ≤ Mrid,max2 , ∀t. (41)


È opportuno osservare che, sovente, è possibile calcolare il valor massimo
di Mr2 senza necessità d’integrare l’equazione differenziale del moto. Infatti,
sostituendo nella (31) l’espressione di ω̇m che si evince dalla (34), si ha
Jc τrid
Mr2 − Mc = Jc ω̇c = Jc τrid ω̇m = (Cm − Cr ) , (42)
Jtot
e dunque, ricordando la (37),

1
Mr2 = (τrid Jc Cm − Jest Mc ) + Mc
Jtot
(43)
1
= (τrid Jc Cm + Jm Mc ) .
Jtot
La (43) consente di ricavare il valore massimo di Mr2 , in maniera agevole,
direttamente dalle caratteristiche meccaniche del motore e del carico:
1
Mr2,max = |τrid Jc Cm + Jm Mc |max . (44)
Jtot
Si noti che, utilizzando la (37) per eliminare Mc anziché Cr , le relazioni
(43) e (44) possono anche scriversi nella forma
 
τrid Jc Jm
Mr2 = Cm + Cr , (45)
Jtot Jest

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τrid Jc Jm
Mr2,max = Cm + Cr . (46)
Jtot Jest max
Nel caso di un transitorio di frenatura con coppia frenante pari a Cf , si
dovrà porre, nelle (44) e (46), Cm = −Cf , vale a dire

1
Mr2,max = |−τrid Jc Cf + Jm Mc |max , (47)
Jtot

τrid Jc Jm
Mr2,max = −Cf + Cr . (48)
Jtot Jest max

5.3 Carichi radiali e assiali


È necessario verificare che le forze radiali e assiali agenti sugli alberi d’in-
gresso ed uscita del riduttore siano inferiori ai valori ammissibili indicati dal
costruttore, principalmente in relazione alla durata di vita fissata a progetto
per i cuscinetti. Tali valori ammissibili dipendono da:

• punto di applicazione della forza sul codolo dell’albero;

• inclinazione della forza rispetto ad una direzione di riferimento;

• senso di rotazione dell’albero;

• momento torcente trasmesso;

• durata di servizio del riduttore (o, più precisamente, il numero di giri


compiuti, ad esempio dall’albero lento, durante il servizio).

La verifica è necessaria sia sull’albero lento (caso usuale) sia sull’albero


veloce (quando il collegamento tra motore e riduttore è realizzato con una
trasmissione che generi forze radiali e/o assiali sull’estremità d’albero, come
ad esempio ingranaggi, cinghie, ecc.).

5.4 Potenza termica


...

5.5 Rapporto di riduzione ottimo


...

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6 Scelta dell’azionamento per carichi statici


a velocità fissa
In questo paragrafo, si considera specificamente la selezione e la verifica del
gruppo motore-riduttore per carichi statici a velocità fissa. Con questa locu-
zione s’intende un carico che, prescindendo dai transitori di avviamento ed
arresto, sia chiamato ad operare in condizioni di regime assoluto, cioè eser-
citando una coppia/forza (tipicamente resistente) costante ed a velocità co-
stante. Il carico è dunque modellabile come in Fig. 5, con un’inerzia costante
Jc rotante alla velocità ωc e su cui agisce una coppia −Mc . La caratteristica
meccanica Mc (ωc ) è nota, cosı̀ come è assegnata la velocità nominale ωcn cui
si vuole che il carico operi durante il regime di marcia. Si considera tolle-
rabile che la velocità di regime si discosti da ωcn all’interno di un intervallo
di ampiezza ∆ωcn . Sono note, inoltre, le caratteristiche del servizio (durata
d’esercizio, entità dei sovraccarichi, frequenza d’avviamento, ecc.)

6.1 Scelta del motore


Poiché il carico deve operare ad una velocità costante, il cui valore non è
specificato in modo rigoroso, è possibile impiegare un motore elettrico non
regolato, vale a dire senza controllo continuo delle variabili di comando e
privo di retroazione. In questi casi, è conveniente scegliere un motore che
approssimi il funzionamento di un generatore di velocità, cioè abbia, nel-
la zona di buon funzionamento, una caratteristica meccanica quanto più è
possibile ‘verticale’, in modo da poter rispondere alle variazioni di coppia
resistente con modeste variazioni di velocità.7 Ben rappresentato da questa
caratteristica è il motore asincrono trifase a gabbia, il quale, in virtù della sua
semplicità, economicità e robustezza, rappresenta lo standard industriale per
applicazioni di questo tipo. Il tratto della caratteristica meccanica relativa
al buon funzionamento del motore è ottimamente rappresentato da una retta
ad elevata pendenza. In questo tratto, l’attuatore può erogare una coppia
compresa tipicamente tra 0 e 2Cmn con una variazione di velocità angolare
inferiore al 6% della velocità di sincronismo ωm0 (pari, per una frequenza
d’alimentazione di 50Hz, a 3000 p
rpm, essendo p il numero di coppie polari del
7
Il fatto che il carico resistente sia costante durante il regime di marcia non significa
che l’azionamento debba funzionare con un unico valore del carico stesso. In un impianto
di sollevamento, ad esempio, l’azionamento deve operare con diversi valori della massa da
sollevare, ma, durante ciascun esercizio, tale valore è ovviamente costante. Se l’aziona-
mento approssima un generatore di velocità, la velocità di sollevamento rimane, per ogni
valore della massa sollevata, vicino al valore prefissato.

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motore). L’attuatore più diffuso è quello a 4 poli, al quale corrisponde una


velocità di sincronismo di 1500rpm (pari a circa 157.08rad s−1 ).8
Selezionato il tipo di motore, la taglia dello stesso è scelta mediante la
relazione (§1.1-1.2)
τrid Mcn
Cmn ≥ , (49)
ηrid KTa KAa KSj
dove Mcn è il valore di Mc alla velocità ωcn , nelle condizioni d’esercizio più
gravose, τrid e ηrid sono il rapporto di riduzione ed il rendimento del riduttore
(s’ipotizza un flusso di potenza diretto), e KTa , KAa e KSj , j = 1 . . . 3, sono
gli opportuni coefficienti che tengono conto delle condizioni ambiente e del
tipo di servizio (cfr. le eqq. (2), (3) e (4); KS1 = 1).
Per selezionare la taglia del motore, si può far riferimento anche alla
potenza Pm ad esso richiesta, pari a Cm ωm . Infatti, nel campo di nor-
male funzionamento (tratto lineare ad elevata pendenza della caratteristi-
ca meccanica), sia Cm sia Pm sono funzioni decrescenti di ωm , cosicché
CmR ≤ Cmn ⇔ ωmR ≥ ωmn ⇔ PmR ≤ Pmn . Si ha, dunque,
Pcn Mcn ωcn
Pmn ≥ = . (50)
ηrid KTa KAa KSj ηrid KTa KAa KSj
Qualora non sia conosciuto con esattezza, il valore di ηrid può essere
stimato in base all’esperienza (per riduttori ordinari ad ingranaggi cilindrici
o conici, nonché per i riduttori epicicloidali più comuni, ηrid è normalmente
compreso tra 0.90 e 0.98, in funzione del numero di stadi di riduzione, mentre
per riduttori a vite senza fine ηrid è solitamente inferiore a 0.7).

6.2 Scelta del riduttore


Nota la velocità richiesta per il carico e quella nominale del motore (quest’ul-
tima è rigorosamente nota solo se l’attuatore è stato già scelto, altrimenti può
essere stimata se si è scelto, almeno come primo tentativo, il numero di poli
del motore), il rapporto di trasmissione può essere valutato come
ωcn
τrid ≈ . (51)
ωmn
Si osserva che è solitamente più agevole, nell’utilizzo dei cataloghi com-
merciali, considerare il valore reciproco di τrid , vale a dire
8
Tanto più p è piccolo, quanto più i rapporti potenza/peso e potenza/ingombro del
motore sono favorevoli, ma anche più spinto è il rapporto di riduzione richiesto alla tra-
smissione meccanica e quindi il suo costo. p = 2 rappresenta, solitamente, un buon
compromesso.

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1 ωmn
irid = ≈ . (52)
τrid ωcn
Essendo note le caratteristiche del servizio (durata d’esercizio, entità dei
sovraccarichi, frequenza d’avviamento, ecc.), si può quindi valutare un valore
appropriato del fattore di servizio fs , cosicché si può scegliere il riduttore tale
per cui valga la (52) e

Mrid,n2 ≥ fs Mcn . (53)


È utile osservare che, qualora Cmn sia significativamente maggiore di Cr
(ad esempio, perché si sta utilizzando un motore già disponibile), è opportuno
sovradimensionare anche il riduttore, scegliendone uno per cui
Cmn
Mrid,n2 ≥ fs Mcn , (54)
Cr
in modo da mantenere invariato il grado di affidabilità del sistema9 .

6.3 Scelta del motoriduttore


Il motoriduttore è un gruppo compatto preassemblato, reperibile a catalogo.
Esso è costituito da

• un motore, con potenza, coppia e velocità nominali rispettivamente


pari a Pmn , Cmn e ωmn ;

• un riduttore, avente rapporto di trasmissione pari a irid e coppie nomi-


nali sull’albero veloce e lento rispettivamente pari a Mrid,n1 e Mrid,n2
(legate tra di loro dalla seconda relazione nella (40)).

Il rapporto
Mrid,n1
S= (55)
Cmn
è il fattore di servizio di targa del motoriduttore, esprimendo il sovradimen-
sionamento del riduttore rispetto al motore. Evidentemente, S non dovrà
essere inferiore al fattore di servizio richiesto dall’applicazione in esame, ossia

S ≥ fs . (56)
9
Un aumento della potenza del motore a pari grandezza del riduttore ha come con-
seguenza una riduzione dell’affidabilità dell’azionamento, poiché si rende disponibile una
potenza superiore a quella per cui è stata proporzionata la trasmissione.

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Le quantità
ωmn
Pmn2 = ηrid Pmn , ωn2 = , (57)
irid
sono, rispettivamente, la potenza e la velocità nominali d’uscita del motori-
duttore.
Le (50) e (52) porgono rispettivamente
Pcn Mcn ωcn
Pmn2 ≥ = (58)
KTa KAa KSj KTa KAa KSj
e

ωcn ≈ ωn2 . (59)


Dunque, la scelta del motoriduttore avviene in funzione delle seguenti
grandezze:

• potenza del motore, eventualmente sostituita dalla potenza in uscita


dal motoriduttore (eqq. (50) e (58));

• rapporto di trasmissione, eventualmente sostituito dalla velocità d’u-


scita (eqq. (52) e (59));

• coppia nominale del riduttore, eventualmente sostituita dal fattore di


servizio (eqq. (53) e (56)).

La scelta delle grandezze in alternativa dipende dalla classificazione utilizzata


nel catalogo in esame.

6.4 Verifiche
Selezionato il gruppo motore-riduttore, occorre verificare:

• il funzionamento a regime (coppia, velocità e potenza),

• i transitori d’avviamento ed arresto,

• la frequenza d’inserzione,

• la coppia massima sull’albero lento del riduttore,

• i carichi radiali e assiali sugli alberi d’ingresso ed uscita del riduttore.

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