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AMBROGIO LORENZETTI

Il pittore senese Ambrogio Lorenzetti nasce a Siena intorno al 1285, fratello minore di Pietro Lorenzetti.
Non si sa chi sia maestro di Ambrogio anche se dai suoi primi lavori si riscontra una grande influenza
dall'arte di Duccio, del fratello Pietro e di Giotto.
Sono sopravvissute soltanto sei delle opere certamente documentate di Ambrogio, che coprono un periodo
di 13 anni. Si dividono in quattro scene della leggenda di San Nicola di Bari, facenti parte di una pala d'altare
dipinta intorno al 1332 a Firenze, le decorazioni il "Buono e il Cattivo Governo" del 1337-1339 che
affrescavano la Sala della Pace nel Palazzo Pubblico di Siena e i pannelli della "Presentazione di Gesù al
Tempio" del 1342 e quelli della "Annunciazione" risalenti al 1344. Nella chiesa di Sant’Angelo di Vico l'Abate
presso San Casciano Val di Pesa realizza quella che sarà considerata la prima opera documentata a lui
attribuita, "La Madonna col Bambino", firmata e datata dall’autore al 1319. In questa tavola giovanile si
nota già il suo stile caratterizzato da un vivo naturalismo nella resa dei personaggi, frontali e di impronta
bizantina. Intorno al 1332 si suppone che Ambrogio Lorenzetti visiti Firenze, tanto da far pensare che la sua
formazione sia più vicina a quella fiorentina di Giotto e dello scultore Arnolfo di Cambio rispetto a quella
del fratello, più vicina a Duccio e a Simone Martini. Verso il 1335 Ambrogio Lorenzetti rientra nel contado di
Siena, dove realizza con il fratello alcuni affreschi, oggi deperiti, per l'Ospedale di Santa Maria della Scala.
Sempre intorno al 1335 dipinge una "Maestà" per la chiesa agostiniana di San Pietro all’ Orto di Massa
Marittima e intorno al 1336 altri affreschi per la cappella dell’Eremo di Montesiepi, presso l’Abbazia di San
Galgano. Le figure assumo in queste opere una postura più sciolta ed equilibrata, tipica dello stile di Giotto,
del suo allievo Taddeo Gaddi e di Simone Martini.
Le opere sono più articolate rispetto a quelle del passato e sono cariche di allegorie complesse. Nel 1337
Ambrogio Lorenzetti si stabilisce a Siena dove dipinge in modo autonomo, lontano dal fratello Pietro, grazie
anche alla partenza per Avignone, intorno al 1335-1336, dell'artista di punta di Siena, ovvero Simone
Martini.
Nel 1337-1338 dipinge la Maestà della Cappella Piccolomini del Convento di Sant'Agostino di Siena, ricca di
significato allegorico. Tra il 1338 e 1339 Ambrogio realizza quello che ancora oggi è considerato il suo
capolavoro più grande: le Allegorie del Buono e Cattivo Governo e dei loro Effetti in Città e in Campagna,
nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. Queste opere rappresentano una testimonianza
importante dal punto di vista storico e di rappresentazione del pensiero politico, di urbanistica e del
costume dell'epoca, quasi fosse un messaggio di propaganda politica. Le sue rappresentazioni rivelano un
individualismo realistico ed intenso con una grande attenzione verso la composizione e la forma. Questi
aspetti sono più evidenti nelle allegorie del Palazzo Pubblico. In queste opere si ritrova la sottile abilità di
Ambrogio nell'uso della prospettiva aerea e una fine attenzione ai dettagli. Si nota come il pittore abbia
studiato le opere d'arte classiche. Con il suo profondo interesse per la prospettiva e l'antichità classica,
l'arte di Ambrogio Lorenzetti anticipa il Rinascimento. Il suo stile è largamente imitato a Siena durante il
terzo trimestre del 14° secolo tanto che ci sono molte opere di seguaci spesso attribuite allo stesso
Ambrogio o al fratello Pietro.
ALLEGORIA DEL BUONO E DEL CATTIVO GOVERNO
Autore: Ambrogio Lorenzetti

Committente: Governo dei Nove

Datazione: 1338-1339

Dimensioni: 763x970 cm

Collocazione: Siena, Sala della Pace del Palazzo Pubblico

Tecnica: Affresco

Descrizione:

L’«Allegoria del Buono e del Cattivo Governo» di Ambrogio Lorenzetti è un grandioso ciclo di affreschi che
l’artista realizzò, tra il 1337 e il 1339, nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. Il ciclo è una delle
prime opere di carattere totalmente laico che troviamo nell’arte del tempo. In pratica il partito allora al
potere volle che l’artista rappresentasse da un lato l’Allegoria del Cattivo Governo con gli effetti che esso
produceva (carestia, assassini, saccheggi, violenza, povertà, ecc.) dall’altro l’Allegoria del Buon Governo con
i suoi effetti (città prospere, campagne coltivate, benessere, ricchezza, gioia, e così via). L’intento è ben
chiaro: solo se l’amministrazione della cosa pubblica avviene su principi di giustizia sociale, il popolo trae
beneficio dal governo pubblico. Il piano iconografico dell’opera si struttura quindi in quattro momenti
fondamentali: nel primo troviamo l’Allegoria del Cattivo Governo è rappresentata come un uomo vestito di
nero e con le corna in testa (personificazione quindi del diavolo), che si attornia di figure allegoriche quali la
Crudeltà, la Discordia, la Guerra, la Perfidia, la Frode, l’Ira, la Tirannide, l’Avarizia e la Vanagloria.Il secondo
momento è quello degli Effetti del Cattivo Governo in Città e in Campagna: in questo affresco viene
rappresentata appunto una città e il contado circostante, dove dominano campi incolti, rovine e scene di
violenza e rapina. Il terzo momento del ciclo è quello dell’Allegoria del Buon Governo: qui campeggia la
figura di un vecchio e saggio monarca che siede sul trono, circondato dalle figure allegoriche della Giustizia,
della Temperanza, della Magnanimità, della Prudenza, della Fortezza e della Pace. Sul suo capo vi sono
inoltre le personificazioni delle virtù teologali: Fede, Speranza e Carità. Il quarto ed ultimo momento del
ciclo, nonché il più bel affresco di tutta la composizione, è l’Effetto del Buon Governo in Città e in
Campagna: in questo caso abbiamo una veduta in prospettiva della città di Siena e del contado
immediatamente vicino, in cui aleggia un clima di serena fattività: ci sono persone intente a costruire a
case, a svolgere mestieri e commerci, a coltivare i campi, e così via. Soprattutto in quest’ultimo affresco
Ambrogio Lorenzetti giunge ad un esito artistico di grande qualità ed originalità: nel corso del Trecento non
esiste altra pittura di così ampia composizione vedutistica. In fondo possiamo ritenere quest’affresco il
primo documento pittorico italiano di soggetto realmente paesaggistico. Come vedremo bisogna aspettare
solo il Seicento per vedere il paesaggio assurgere ad autonomo genere artistico: fino a quel momento esso
rimane ancorato ad una concezione che lo voleva "sfondo" per altri soggetti. In questo caso il paesaggio
urbano e rurale è soggetto realmente autonomo in quanto la sua finalità è di presentare solo se stesso: ed
è così che, per la prima volta, nell’arte italiana compare il paesaggio in un’opera di carattere
esclusivamente politico e laico.

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