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osservatorio

LA LEZIONE DI AUGUSTO GRAZIANI


Emiliano Brancaccio

In ricordo del grande economista recentemente scomparso,


per molti anni collaboratore di «Critica marxista».
Ci ha insegnato che la lotta di classe c’è, persino quando non se ne ha coscienza.
E che la disoccupazione non si combatte con la deregolamentazione del lavoro.
Lo sguardo preoccupato sull’euro, a partire dalla sua introduzione.

Augusto Graziani è morto il 5 gen- to farsi apprezzare non solo da stu- di teoria economica, espressamente
naio scorso, a Napoli, pochi mesi denti e colleghi ma anche da un più strutturati in modo da sollecitare il
dopo le celebrazioni per i suoi ot- ampio pubblico di estimatori, tra lettore a un continuo, serrato raf-
tant’anni. Scompare così il maestro cui i lettori dei suoi editoriali pub- fronto critico tra la teoria neoclassi-
di una intera generazione di econo- blicati sul manifesto, sul Corriere ca dominante e le teorie a essa con-
misti italiani, raffinato innovatore della sera e su varie altre testate correnti4. Un rilievo particolare as-
delle idee di Marx e Keynes e acu- nazionali2. sumono anche i preziosi contributi
tissimo critico dei luoghi comuni su All’interno della comunità sulla storia dello sviluppo economi-
cui regge il consenso verso la politi- scientifica Graziani si è distinto per co italiano, dal dopoguerra alla mo-
ca economica dominante. Nato a l’originalità e la vastità delle sue ri- neta unica europea5. Questi testi
Napoli nel 1933, esponente di pun- cerche, dagli studi dei primi anni ’60 vengono oggi riconosciuti da vaste
ta delle scuole italiane di pensiero dedicati ai problemi del Mezzogior- schiere di studenti e di ricercatori
economico critico, già senatore e ac- no e del relativo sviluppo dualistico quali esempi di chiarezza espositiva
cademico dei Lincei, nell’arco di italiano, alle interpretazioni defini- e di rigore analitico, e soprattutto
quasi mezzo secolo di pubblicazioni te “conflittualiste” della crisi e della quali antidoti al processo di omolo-
Graziani si è cimentato con succes- ristrutturazione degli anni ’60 e ’70, gazione culturale che nell’ultimo
so nella infaticabile opera di tessi- fino ai più recenti contributi degli ventennio sembra aver guidato gli
tura di una sottile trama logica, in anni ’80 e ’90 volti alla costruzione sviluppi della teoria e della politica
grado di tenere coerentemente as- di uno schema di “teoria monetaria economica.
sieme ricerca teorica pura, didatti- della produzione”.3 Il terreno della
ca e divulgazione1. Per questa sua ricerca non è tuttavia l’unico sul
missione gramsciana, riuscita a po- quale Graziani si è cimentato. A Sulla teoria neoclassica
chi altri e oggi considerata impossi- esso si affianca quello, non meno
bile dalla stragrande maggioranza congeniale, della didattica. Grazia- Come molti economisti della sua
degli economisti, Graziani ha sapu- ni, infatti, è autore due noti manuali generazione, Graziani ha in più oc-
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casioni partecipato al dibattito ne di critica della teoria neoclassi- lavoratori subordinati8. Una criti-
sulla critica della teoria neoclassi- ca dominante: quello del “surplus”, ca lungimirante, che a fortiori po-
ca e dell’attuale approccio main- ispirato dai contributi di Piero trebbe essere rivolta ai contenitori
stream alla macroeconomia, che a Sraffa e sviluppato, tra gli altri, da politici del tempo presente.
quella teoria sempre si ispira. La Maurice Dobb e Pierangelo Gare-
posizione di Graziani sull’argo- gnani.
mento è apparsa fin dall’inizio pe- Questi autori, del resto, con- Lotta di classe
culiare. A suo avviso, la sfida per dividevano con Graziani l’idea che
la costruzione di un paradigma l’edificazione di una teoria del ca- Da un punto di vista strettamente
economico alternativo dovrebbe ri- pitalismo scientificamente valida scientifico, tuttavia, è interessan-
guardare in primo luogo il metodo. richiedesse in primo luogo il recu- te notare che quella scelta di me-
La teoria neoclassica poggia sul- pero e l’aggiornamento di un me- todo è stata in un certo senso pre-
l’individualismo metodologico, un todo di ricerca basato sullo studio monitrice. Negli ultimi anni, in-
criterio di analisi della società che degli antagonismi tra diversi fatti, gli studi sui conflitti tra grup-
può essere rozzamente sintetizza- gruppi sociali, e in ultima istanza pi sociali hanno fatto breccia tra le
to nella massima thatcheriana se- tra le classi: vale a dire, quel meto- mura della stessa teoria dominan-
condo cui la società non esiste, ed do che era tipico degli economisti te. Basti pensare a Olivier Blan-
esistono solo uomini, donne e fa- classici e di Marx, che lo stesso Key- chard, capo economista del Fondo
miglie. nes adoperò in molti suoi scritti, e Monetario Internazionale, i cui
Questa chiave di lettura del- che non fu estraneo nemmeno a stu- modelli macroeconomici non si ba-
la realtà asseconda il senso comu- diosi solitamente qualificati come sano sul comportamento dei singo-
ne, ma proprio per questo pregiu- ortodossi. Una sorta di “marxismo li individui ma partono diretta-
dica ogni possibilità di compren- sotterraneo”, come Graziani ebbe a mente dall’analisi di aggregati so-
sione dei reali meccanismi di fun- definirlo, che per lungo tempo è ri- ciali come i sindacati dei lavorato-
zionamento del capitalismo, all’in- masto sommerso e dimenticato sot- ri e le grandi imprese dotate di po-
terno del quale i singoli individui to il peso dell’approccio individuali- tere di mercato9. Tra l’approccio
contano solo in quanto componen- stico prevalente7. critico di Graziani e l’approccio
ti di gruppi, coalizioni, e classi so- In epoche dominate dall’illu- prevalente di Blanchard resta
ciali. Per Graziani, dunque, «se l’e- sione del monadismo o dai rigurgi- però una differenza sostanziale.
dificio neoclassico va respinto, esso ti di un nazionalismo ipocritamen- Per Blanchard l’esistenza di tali
va discusso nei suoi assunti inizia- te interclassista, la scelta episte- aggregati sociali rappresenta una
li, e cioè proprio nel momento in cui mologica di Graziani è stata senza “imperfezione” del mercato che, se
immagina che il capitalismo sia dubbio scomoda e ha rischiato più rimossa, consentirebbe di ottenere
una società senza classi»6. L’attac- volte di condurlo all’emarginazio- un migliore impiego delle risorse
co alla impostazione dominante ne, non solo per le sue implicazio- produttive: ridurre il potere del
dovrebbe cioè basarsi su una criti- ni scientifiche ma anche per le ri- sindacato, ad esempio, consenti-
ca “esterna”, ai suoi assunti inizia- cadute politiche. Basti ricordare la rebbe di comprimere i salari mo-
li, piuttosto che su una critica “in- critica che su l’Unità egli rivolse al netari e i prezzi e di aumentare
terna”, volta alla mera individua- modo in cui Achille Occhetto stava quindi la domanda di merci, la pro-
zione di eventuali incoerenze logi- gestendo la nascita del Pds: un duzione e l’occupazione. Per Gra-
che. Una impostazione, questa, tentativo di rappresentare indi- ziani, invece, l’antagonismo tra
che a un’attenta disamina potreb- stintamente le classi e le culture gruppi sociali non costituisce una
be rivelare molte più affinità che politiche, evitando precisi riferi- “imperfezione” ma rappresenta un
divergenze con l’altro grande filo- menti alla tutela degli interessi dei fattore immanente al modo di pro-
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duzione capitalistico. La lotta di luminanti sulla storia economica e tenziamento tecnologico attraver-
classe c’è, insomma, anche qualo- politica dell’Italia, e sul tema con- so una spregiudicata politica del
ra non ve ne sia più coscienza. Per- troverso della integrazione euro- cambio forte. Come Graziani os-
sino quando il sindacato viene ri- pea. Un aspetto cruciale della que- servò, tale politica doveva per for-
dotto a brandelli essa continua a stione verte sulle trasformazioni za di cose basarsi sul presupposto
produrre effetti, ad esempio can- dell’industria italiana avvenute di lasciar correre l’inflazione inter-
cellando gli ultimi scampoli di tu- nell’ultimo ventennio del secolo na a tassi superiori a quelli euro-
tele legali dei singoli lavoratori. La scorso. Il declino della grande in- pei. Se così non fosse stato, il cam-
conseguenza ultima è al limite un dustria privata e pubblica, la pri- bio forte non avrebbe rappresenta-
aumento dei profitti per occupato, vatizzazione e la vendita di interi to una frusta per gli imprenditori
non un aumento del numero com- settori produttivi a gruppi stranie- italiani, e non li avrebbe quindi in-
plessivo di occupati10. Del resto, ad ri, e la proliferazione di imprese di dotti a ristrutturare e ad adottare
avviso di Graziani, non è certo li- piccole dimensioni assai più disin- il pugno di ferro con i sindacati. La
berando il capitale dai lacci e lac- volte nella gestione della forza-la- lira forte e il lassismo nei confron-
ciuoli della legge che si può rag- voro, anziché accrescere l’efficien- ti dell’inflazione interna contribui-
giungere l’agognato obiettivo di za dell’economia nazionale hanno vano d’altro canto ad alimentare il
una piena e stabile occupazione di fatto provocato un suo progres- deficit commerciale italiano, e
dei lavoratori. Lo schiacciamento sivo indebolimento rispetto ai spingevano quindi i governi a cer-
dei salari e dei diritti, infatti, non principali competitori esteri, in care un rimedio nell’incremento
favorisce in quanto tale la doman- primis la Germania. Graziani in- dei tassi d’interesse e nella conse-
da di merci e quindi non implica un daga a fondo su queste divergenze. guente importazione di capitali
aumento delle assunzioni. Per rag- La sua analisi richiama implicita- dall’estero. Una politica che più
giungere il pieno impiego occorre mente le tesi di Marx sulla “cen- volte Graziani considerò fallimen-
in realtà una ben diversa azione tralizzazione dei capitali” e antici- tare: una sorta di “gioco di Ponzi”
collettiva, antagonistica rispetto pa per molti versi il concetto di che induceva le autorità italiane a
alle logiche del capitale. A partire, “mezzogiornificazione” europea ripagare i debiti con altri debiti, e
afferma Graziani, da una esten- coniato da Paul Krugman11: vale a che ben presto si sarebbe rivelato
sione dell’intervento dello Stato dire, un dualismo che da caso spe- disastroso. La crisi valutaria del
alla diretta gestione di alcuni pro- ciale confinato ai rapporti tra Nord 1992 rappresentò l’esito finale del-
cessi produttivi, ben oltre la mera e Sud dell’Italia, diventa sintoma- la crescente esposizione debitoria
erogazione di spesa pubblica. tico degli antagonismi tra paesi verso l’estero. E costituì un punto
Una rinnovata analisi di centrali e paesi periferici di tutta di svolta nella rideterminazione
classe non si presta tuttavia sol- l’Unione europea. dei rapporti di forza tra capitale e
tanto a esaminare il tipico conflit- Oltretutto, contrariamente lavoro. Graziani fece notare, in
to tra capitale e lavoro. Essa con- alle opinioni prevalenti, la scelta proposito, come la Banca d’Italia
sente anche di gettare uno sguar- di fissare il tasso di cambio trami- avesse saputo rispettare «l’ordine
do smaliziato sugli antagonismi te l’adesione al Sistema monetario di scendere in trincea e di sacrifi-
interni a ciascuna classe sociale, europeo e poi alla moneta unica care le riserve fino all’ultima goc-
come quelli tra capitali grandi e ca- europea, non ha contribuito a ri- cia» in difesa della lira, accettando
pitali più piccoli, che possono poi durre tali divergenze ma ha finito di assecondare la svalutazione solo
sfociare in conflitti economici tra per accentuarle. A questo riguardo dopo che il governo ebbe ottenuto
nazioni avanzate e nazioni meno vanno ricordate le critiche alla pre- dai sindacati il ben noto, durissimo
sviluppate. Seguendo questo me- tesa dei governi degli anni ’80 di accordo sul costo del lavoro. L’o-
todo Graziani ha scritto pagine il- spingere l’industria italiana al po- biettivo era chiaro: prima di far ca-
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dere la lira sotto i colpi della spe- dell’euro, evocata da Graziani nei forte: alcuni padri della patria
culazione le autorità vollero esse- mesi in cui l’entusiasmo verso la giunsero poco responsabilmente a
re ben sicure «che quel tanto di in- moneta unica era alle stelle, susci- sostenere che il vincolo esterno im-
flazione che seguirà alla svaluta- tava il bonario scetticismo di nu- posto dall’Europa potesse sponta-
zione trovi i sindacati totalmente merosi colleghi. Nel 2002, a Napo- neamente fare tutto questo, sia
inermi e privi di possibilità di rea- li, nell’aula Vanvitelliana della fa- pure in un deserto di progettualità
zione»12. coltà di Scienze politiche, Grazia- politica e di investimenti. In tanti
ni tenne una lezione sull’euro ap- furono abbagliati da simili illusio-
pena entrato in circolazione. Gli ni. Di contro, Graziani fu tra i po-
Il futuro dell’euro studiosi ad ascoltarlo vennero nu- chi a segnalare che il vincolo ester-
merosi. La sensazione era che i più no avrebbe potuto determinare un
A partire dal 1999, con la nascita lo onorassero senza esser minima- effetto esattamente opposto a
dell’euro, il problema si ripresen- mente persuasi dai suoi dubbi sul- quello annunciato13. Egli cioè pre-
ta. Una prova è fornita dalla per- la sostenibilità futura dell’eurozo- vide che i capitalisti italiani avreb-
sistenza di un’inflazione più alta na. Sarebbe ingeneroso criticarli, bero tentato di rimediare alla per-
in Italia e negli altri paesi perife- col senno di poi. Dopotutto la gran- dita delle ultime leve della politica
rici rispetto alla Germania e ai cassa dell’ideologia in quei giorni economica tramite una ulteriore
suoi satelliti. La fragilità del tes- operava a pieno ritmo, seducendo frammentazione dei processi pro-
suto produttivo italiano, unita a persino le menti più brillanti e av- duttivi, finalizzata a reiterare l’e-
una aggressiva politica di conteni- vezze alla critica. All’epoca, nel no- vasione in campo fiscale e contri-
mento dei salari tedeschi, allarga- stro paese, trovava infatti seguito butivo e ad accelerare la precariz-
no la forbice tra i prezzi dei due l’improbabile ideologia del “vinco- zazione del lavoro. Fino a scoprire,
paesi. L’adozione di una moneta lo esterno”. I suoi propugnatori so- nella crisi, che questi rozzi tenta-
comune impedisce di attenuare il stenevano che i vincoli imposti dal- tivi di contrazione dei costi non po-
divario tramite la svalutazione del l’Europa sul governo della moneta, tevano reggere a lungo.
cambio. L’implicazione è che l’Ita- del tasso di cambio, dei bilanci Oggi sappiamo che le cose
lia e gli altri paesi deboli sono de- pubblici, non costituivano la dimo- sono andate come Graziani aveva
stinati a importare troppo e ad ac- strazione che l’Unione andava co- previsto. Sappiamo pure che, pro-
cumulare disavanzi verso l’estero. stituendosi a immagine e somi- seguendo di questo passo, l’ina-
Ci si trova così di fronte al dilem- glianza degli interessi del più for- sprirsi dei conflitti tra capitalismi
ma dei nostri giorni. Nella totale te, ossia del capitalismo tedesco. europei potrà condurre a un tra-
evanescenza di iniziative per una Piuttosto, si diceva, quei vincoli collo dell’Unione che porrà i deci-
riforma atta al ribilanciamento dei avrebbero miracolosamente tra- sori politici di fronte a una scelta
rapporti interni all’Unione, le op- sformato i piccoli ranocchi dello cruciale tra modalità alternative
zioni sono soltanto due: o i paesi stagnante e frammentato capitali- di uscita dall’euro, ognuna delle
periferici frenano la tendenza a smo italiano in algidi principi del- quali avrebbe diverse implicazioni
importare attraverso continue po- la modernità globale, in vere e pro- sui diversi gruppi sociali coinvol-
litiche di austerità, oppure la de- prie avanguardie della produzione ti14. Purtroppo, specialmente tra
flagrazione dell’euro diventa una planetaria. Insomma, moderniz- gli eredi più o meno diretti del mo-
possibilità concreta. zare il capitalismo italiano, ren- vimento dei lavoratori, vi è tuttora
L’eventualità di un tracollo derlo più centralizzato e quindi più chi preferisce distogliere lo sguar-
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do da questa realistica prospetti- sivi snodi politici della crisi euro- italiana dal 1945 ad oggi (Bologna, il Mu-
lino, 1979); A. Graziani, Lo sviluppo dell’e-
va, e continua ad affidarsi alle pea, che pian piano affiorano all’o- conomia italiana (Torino, Bollati Borin-
sempre più flebili speranze di ri- rizzonte. ghieri, 2000).
6) A. Graziani, La caccia all’errore, in
lancio degli ideali europeisti. In Id., I conti senza l’oste, cit.
realtà, al netto della retorica, si- 7) A. Graziani, L’analisi marxista e la
struttura del capitalismo moderno, in Storia
mili auspici appaiono guidati da Note del marxismo, vol. 4 (Torino, Einaudi, 1982).
una sorta di liberoscambismo acri- 8) A. Graziani, Chiedo a Occhetto: con
1) Una bibliografia degli scritti di Gra- quali classi?, l’Unità, 3 gennaio 1990 (ri-
tico, da una vocazione alla totale ziani è contenuta in G. Fontana e R. prodotto in Id., I conti senza l’oste, cit.).
apertura dei mercati e all’abbatti- Realfonzo, The monetary theory of produc- 9) Cfr. ad esempio O. Blanchard, A.
tion. Tradition and perspectives (London, Amighini, F. Giavazzi, Macroeconomia.
mento dei perimetri statuali che Palgrave Macmillan 2005). Una prospettiva europea (Bologna, il Muli-
nel recente passato ha assunto a 2) Cfr. la raccolta di articoli contenuta no, 2010).
in A. Graziani, I conti senza l’oste (Torino, 10) Per una critica ai modelli di Blan-
sinistra tratti persino apologetici. Bollati Boringhieri, 1997). chard, ispirata ai contributi di Graziani e
In un certo senso, è come se gli ere- 3) Sul tema dello sviluppo dualistico, degli altri esponenti delle scuole di pensie-
cfr. A. Graziani, Lo sviluppo di un’economia ro critico, si veda ad esempio E. Brancaccio,
di del vecchio internazionalismo aperta (Napoli, Edizioni scientifiche italia- Anti-Blanchard. Un approccio comparato
operaio siano arrivati a stravolge- ne, 1969); e A. Graziani, The Mezzogiorno allo studio della macroeconomia (Milano,
in the Italian economy (Cambridge Journal Franco Angeli, 2012).
re completamente l’istanza uni- of Economics, 1978, n. 4). Sul “conflittuali- 11) Paul Krugman, Geografia e com-
versale delle origini, solidale e pa- smo”, cfr. A. Graziani, La teoria della di- mercio internazionale (Milano, Garzanti,
stribuzione del reddito, in G. Lunghini (a 1995).
cifista, confondendola con l’unifi- cura di), Scelte politiche e teorie economiche 12) A. Graziani, La vanità monetaria del
cazione dei mercati e della mone- in Italia (Torino, Einaudi, 1978). Sulla teo- governo, in il manifesto, 6 settembre 1992 (ri-
ria monetaria della produzione, cfr. A. Gra- prodotto in Id., I conti senza l’oste, cit.).
ta, vale a dire con le realizzazioni ziani, The monetary theory of production 13) A. Graziani, The euro: an Italian
dell’internazionalismo del capita- (Cambridge, Cambridge University Press, perspective, in International Review of Ap-
2003); e, a un livello più elementare, A. plied Economics, 2002, n. 1. Cfr. anche A.
le. La lettura dell’opera di Grazia- Graziani, La teoria del circuito monetario Graziani, La politica monetaria della Ban-
ni può aiutare anche a liberare le (Milano, Jaca Book, 1996). ca centrale europea, in Rivista italiana de-
4) A. Graziani, Macroeconomia (Napoli, gli economisti, Supplemento al n. 1/2004.
coscienze da simili illusioni e tra- Edizioni scientifiche italiane, 1992); A. 14) Si veda al riguardo Il monito degli
visamenti. E potrebbe contribuire Graziani, Prezzi e distribuzione (Edizioni economisti, pubblicato sul Financial Times
scientifiche italiane 1993). il 23 settembre 2013 (www.theeconomists
ad afferrare i termini di quei deci- 5) A. Graziani (a cura di), L’economia warning.com).

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