Abstract
Il D.M. 329/04, pubblicato nel dicembre 2004 in attuazione dell’art. 19 del D.Lgs. 93/2000,
regolamenta la messa in servizio e l’utilizzazione delle attrezzature a pressione così come
definite dalla PED.
Poiché la PED ha inserito nuovi criteri per la categorizzazione delle attrezzature a
pressione, in funzione della loro pericolosità, rispetto a quelli definiti dalla normativa
italiana previgente, anche il D.M. 329/04 ha comportato cambiamenti - in alcuni casi
estremamente significativi – nella normazione tecnico/amministrativa riguardo l’esercizio in
sicurezza.
A otto anni dalla pubblicazione del D.M. 329/04, sulla base delle esperienze acquisite con
utilizzatori e riparatori, siamo ora probabilmente in grado di leggerlo con oggettività,
evidenziandone criticità, contraddizioni e lacune che non siano solo frutto di considerazioni
nostalgiche della regolamentazione previgente, ma che possano rappresentare un “punto”
del percorso compiuto: una sorta di verifica del “funzionamento” dello strumento normativo
D.M. 329/04 per come inizialmente realizzato.
Il lavoro che presentiamo si sofferma sulle criticità applicative di tale strumento legislativo
(anche alla luce del Testo Unico e s.m.i.) offrendone una rilettura articolata nelle tre
principali aree di interesse: il campo d’applicazione, le verifiche iniziali e periodiche, gli
interventi di riparazione e modifica. L’intento è quello di fornirne un quadro d’insieme che
possa essere di supporto nella definizione di eventuali percorsi da realizzare in campo
tecnico-normativo e giurisprudenziale qualora si presentasse, in futuro, la possibilità o la
necessità di migliorare il testo legislativo attuale.
Introduzione
Il D.M. 329/04 (di seguito indicato anche come “DM”) costituisce il regolamento recante le
norme per la messa in servizio e utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi
in attuazione dell’art. 19 del D.Lgs. 93/2000 di recepimento della direttiva europea
97/23/CE meglio nota come direttiva PED (Pressure Equipment Directive) entrata in vigore
il 29/05/2002.
Il DM è entrato in vigore il 12 febbraio 2005; dopo sette anni di applicazione la situazione
venutasi a creare in merito alle verifiche sul luogo di impianto è ancora abbastanza incerta
e confusa.
I motivi di incertezza possono essere ricondotti alle seguenti considerazioni:
- la mancanza di una esplicita abrogazione della preesistente normativa;
- la creazione degli ostacoli alla messa in servizio, dovuta all’applicazione di alcune
prescrizioni del D.M. 329/04 in palese contrasto con la PED;
- la non facile ed univoca applicazione del decreto, per la mancanza delle relative
specifiche tecniche applicative. Le poche specifiche tecniche pubblicate da UNI ai
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sensi dell’art. 3 del DM non sono mai state approvate dai ministeri competenti come
previsto dallo stesso decreto e quindi sono rimaste regole non cogenti.
Un ruolo chiave nella dinamica applicativa del DM lo giocano gli artt. 1 e 2 che
costituiscono le chiavi di accesso al decreto. L’art. 1 si occupa di definire l’ambito di
applicazione del decreto stesso, mentre l’art. 2 definisce le esclusioni dall’applicazione del
decreto (in toto) di attrezzature particolari.
Scopo del presente lavoro è di esaminare gli articoli suddetti, evidenziandone le criticità e
le difficoltà operative riscontrate nell’espletamento delle attività di verifica di primo impianto
e delle verifiche periodiche.
ridefinito nel suo assetto di impianto, il DM non sembra fornire indicazioni circa
l’assoggettabilità a verifica. Il comma 2 infatti prende in considerazioni le verifiche di
primo impianto ovvero di messa in servizio, verifiche periodiche, verifiche di
riqualificazione periodica e verifiche di riparazione o modifica. Come appare evidente,
nessuna delle verifiche citate dal comma 2 appare in linea con le necessità del nuovo
impianto;
Sarebbe opportuno inoltre chiarire la differenza tra verifiche periodiche (lettera b del
comma 2) e verifiche di riqualificazione periodica (lettera c del comma 2), per non
lasciare spazio a interpretazioni.
Una tipologia di apparecchi non compresi nel D.M. 329/04 sono gli apparecchi
funzionanti con pressione massima di esercizio inferiore a 0,5 bar. Ciò deriva
dall’applicazione del D.Lgs. 93/2000 che, come noto, esclude tutte le attrezzature
operanti con pressione massima di esercizio inferiore 0,5 bar, e dal disposto dell’art. 2
comma 1 lettera c del D.M. 329/04. Di tali apparecchi si occupa il D.P.R.
341/81(Recipienti con volume > 2000 L e generatori di vapore con producibilità > 50
kg/h, funzionanti a pressione inferiore o uguale a 0,49 bar). Si tratta di un parco di
apparecchiature “importante” sia dal punto di vista della diffusione sia dal punto di vista
del rischio (recentemente alcuni incidenti anche gravi hanno visto coinvolti apparecchi
del tipo ora citato, soprattutto in ambiente chimico). Sarebbe quindi utile raccordare il
D.M. 329/04 con il D.P.R. 341/81 prevedendo eventualmente un allegato al D.M. 329/04
che detti le operazioni da svolgere su tali attrezzature mutuandole con adeguamenti da
quanto previsto nel D.P.R. 341/81. Ciò si potrebbe agevolmente realizzare includendo
tali specifici apparecchi, nell’art. 1 comma 1 e modificando l’art. 2 comma 2 lettera c nel
modo seguente: “c) i generatori, i recipienti e le tubazioni con pressione massima
ammissibile non superiore a 0,5 bar salvo quanto indicato nell’allegato x”; ciò
consentirebbe di unificare nel D.M. 329/04 tutte le disposizioni sugli apparecchi in
pressione comunque identificati.
L’art. 1 comma 1 lettera a) indica gli “oggetti” cui deve intendersi applicabile il D.M.
329/04. Tra questi, in relazione al D.Lgs. 93/2000 il DM cita espressamente le
attrezzature previste dall’art. 3 lettere a), b) e c) del D.Lgs. 93/2000. In pratica il
legislatore ha voluto applicare il regolamento soltanto alle tubazioni, ai recipienti e alle
caldaie come sostiene l’art. 1: gli accessori a pressione e quelli di sicurezza sono stati
giustamente tenuti fuori dal campo di applicazione delle verifiche. Purtroppo le lettere
m), n), o), p) e q) sono state letteralmente copiate dall’art. 4 del Regio Decreto senza
un’analisi critica.
L’Art. 2 – Esclusioni.
Oltre alle seguenti considerazioni specifiche relative all’art. 2, valgono ovviamente le
considerazioni di cui al paragrafo precedente in comune tra l’art. 1 e il 2.
Un primo intervento di revisione dovrebbe riguardare l’allineamento dei punti aa, bb e cc
in modo da rendere evidente che non si tratti di punti costituenti un sottoinsieme del
punto v ma punti autonomi (altrimenti si applicherebbero solo sul naviglio della Guardia
di Finanza).
Un discorso a parte meritano i recipienti semplici a pressione di cui al D.Lgs. 311/91;
come rilevabile dall’art. 5 questi recipienti sono escludibili dal controllo di messa in
servizio se aventi PxV 8000 bar x litro (sulla non corrosività dell’aria, bisognerebbe
tener conto che già il D.M. 21/5/74 escludeva i recipienti PxV 8000 bar x litro quando
installati singolarmente e destinati a contenere fluidi non corrosivi in relazione ai
materiali con cui erano costruiti; se si ha cura di esercire il recipiente semplice secondo
le istruzioni del fabbricante e curando di non lasciare agire le condense scaricandole,
l’aria è sicuramente un fluido non corrosivo). Ora la direttiva 87/404/CE riguarda
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Gli esoneri.
Per ciò che riguarda gli esoneri, si è registrato un discreto grado di confusione anche in
relazione al parco usato presente sul territorio nazionale. La disciplina previgente
prevedeva l’istituto dell’esonero in relazione a diversi art. del D.M. 21/05/1974. La
procedura per l’ottenimento dell’esonero richiedeva una serie di accertamenti su richiesta
da effettuarsi da parte dell’ISPESL; l’esito di tali accertamenti influiva sulla concessione o
meno da parte dell’ISPESL dell’esonero specifico.
Sembra di poter senz’altro asserire che tutti gli apparecchi già posti in esonero prima
dell’entrata in vigore del DM possano essere considerati ancora esonerati per le pertinenti
disposizioni come concessi dall’ISPESL purché le condizioni riscontrate al rilascio non
siano mutate.
A parte l’inapplicabilità dell’istituto dell’esonero, gli “esoneri” di cui al D.M. 21/05/74
possono essere riassunti come segue:
Gli esoneri totali perdono sicuramente significato in quanto il più delle volte
prevedevano l’esonero anche dalle verifiche periodiche; ciò è in palese contrasto con il
D.M. 329/04 e con il D.Lgs. 81/08;
Gli esoneri parziali in sede di costruzione sono palesemente non applicabili in quanto
contrastanti con il D.Lgs. 93/2000;
Gli esoneri parziali in sede di utilizzazione sono palesemente non applicabili in quanto
in contrasto con il D.Lgs. 93/2000 o il D.M. 329/04 e D.Lgs 81/08.
Per quel che riguarda l’art. 51 del D.M. 21/05/1974, relativo agli impianti eserciti in ciclo
continuo, questo contrasta con le periodicità di verifica stabilite dal D.M. 329/04 e con il
D.Lgs. 81/08; esiste la possibilità di deroga che può essere concessa dal MSE su
richiesta.
Relativamente ai serbatoi di stoccaggio GPL sino a 13 mc (prima del D.M. 23/09/04 il
limite era fissato a 5 mc) il MAP con nota 14867 del 14/03/2005 ha confermato la
validità delle procedure tecnico amministrative di concessione dell’esonero ai sensi del
D.M. 29/02/1988 (vedi anche nota ISPESL 27/03/2006 prot A00-09/0000986/06)
Infine l’esonero relativo alla conduzione dei generatori di vapore, riguardo al quale sembra
di poter fare riferimento alla nota del Ministero del lavoro prot. N° 15/IV/1645. Tuttavia,
occorre distinguere tra generatori preesistenti alla PED e generatori certificati CE; mentre
per i primi continua ad applicarsi la normativa previgente in termini di assistenza continua
del conduttore abilitato, per i secondi assume rilevanza fondamentale la certificazione CE
e pertanto vanno considerate disapplicate le norme nazionali in termini di assistenza
continua del conduttore abilitato. Resta invece l’obbligo si abilitazione del conduttore
(fuochista) secondo le norme in vigore in materia in Italia per tutte e due le tipologie di
generatori.
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Abstract
Il D.M. 329/04, pubblicato nel dicembre 2004 in attuazione dell’art. 19 del D.Lgs. 93/2000,
regolamenta la messa in servizio e l’utilizzazione delle attrezzature a pressione così come
definite dalla PED.
Poiché la PED ha inserito nuovi criteri per la categorizzazione delle attrezzature a
pressione, in funzione della loro pericolosità, rispetto a quelli definiti dalla normativa
italiana previgente, anche il D.M. 329/04 ha comportato cambiamenti - in alcuni casi
estremamente significativi – nella normazione tecnico/amministrativa riguardo l’esercizio in
sicurezza.
A otto anni dalla pubblicazione del D.M. 329/04, sulla base delle esperienze acquisite con
utilizzatori e riparatori, siamo ora probabilmente in grado di leggerlo con oggettività,
evidenziandone criticità, contraddizioni e lacune che non siano solo frutto di considerazioni
nostalgiche della regolamentazione previgente, ma che possano rappresentare un “punto”
del percorso compiuto: una sorta di verifica del “funzionamento” dello strumento normativo
D.M. 329/04 per come inizialmente realizzato.
Il lavoro che presentiamo si sofferma sulle criticità applicative di tale strumento legislativo
(anche alla luce del Testo Unico e s.m.i.) offrendone una rilettura articolata nelle tre
principali aree di interesse: il campo d’applicazione, le verifiche iniziali e periodiche, gli
interventi di riparazione e modifica. L’intento è quello di fornirne un quadro d’insieme che
possa essere di supporto nella definizione di eventuali percorsi da realizzare in campo
tecnico-normativo e giurisprudenziale qualora si presentasse, in futuro, la possibilità o la
necessità di migliorare il testo legislativo attuale.
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“soggetto verificatore” indicato all’art. 4 titolare della verifica di primo impianto o controllo
della messa in servizio.
D’altro canto l’art. 71 comma 11 del D.Lgs. 81/08 definisce la “prima verifica periodica” e le
“verifiche periodiche successive”, utilizzando termini inequivocabilmente diversi da “prime
verifiche e verifiche di primo impianto” e lasciando quindi a intendere che si tratti di
tipologie diverse di verifica; e rimanda all’Allegato VII per la definizione delle attrezzature
soggette a tale tipologia di verifiche e la loro frequenza.
Le verifiche previste dal D.M. 329/04 (artt. 4-8-10) individuano per l’utilizzatore tre tempi di
azione ben distinti:
- la verifica obbligatoria di primo impianto o messa in servizio, finalizzata all’accertamento
di corretta installazione di attrezzature ed insiemi, solo se installati e assemblati
dall’utilizzatore sull’impianto (si veda guideline 3/2 per gli insiemi di tal tipo);
- la verifica periodica, finalizzata fondamentalmente ad accertare il mantenimento del
requisito di sicurezza e protezione nell’esercizio ordinario intercorso dalla messa in
servizio;
- la verifica di riqualificazione periodica, composta da una verifica di funzionamento
(rispondenza delle condizioni di effettivo utilizzo rispetto a quanto accertato ed annotato
nelle risultanze della verifica di primo impianto o di messa in servizio di cui all’art. 4 e
rispetto alla dichiarazione di messa in servizio di cui all’art. 6 per gli insiemi rientranti tra
le esclusioni di cui all’art. 5 comma d)) e da una verifica di integrità il cui scopo è
dimostrare il mantenimento del requisito di stabilità al momento della verifica e
dell’ulteriore esercizio “autorizzabile” fino alla successiva verifica di integrità (stato di
conservazione ed efficienza dell’attrezzatura/insieme).
Un ulteriore step di verifica dell’INAIL è quello previsto dall’art. 14 in materia di riparazioni,
che verrà trattato in seguito, nella parte 3 di questa stessa lettura critica del D.M. 329/04
dedicata alle verifiche di integrità e alle riparazioni e modifiche.
Per tutte le attrezzature di lavoro l’art. 71 del D.Lgs. 81/08 al comma 8 lettera a) e b)
individua l’obbligo in capo al datore di lavoro del controllo dopo l'installazione e prima della
messa in esercizio e la tempistica dei controlli periodici e straordinari.
Altresì indica al comma 11 dello stesso articolo l’obbligo di sottoporre a “verifiche
periodiche” di INAIL ed ASL le attrezzature contemplate nell’allegato VII del Testo Unico,
che ricalca gli allegati A e B del D.M. 329/04.
Seppur meritevole di ulteriori approfondimenti giuridico-normativi, che non rappresentano
lo scopo di questa memoria, il quadro delle verifiche tra D.M. 329/04 e Testo Unico può
riassumersi definitivamente in verifiche di messa in servizio (datore di lavoro ed INAIL),
prima verifica periodica (INAIL e soggetti abilitati ai sensi del Decreto 11 aprile 2011),
verifiche straordinarie per riparazione (datore di lavoro ed INAIL), verifiche periodiche
successive alla prima (ASL e soggetti abilitati ai sensi del Decreto 11 aprile 2011),
verifiche di riqualificazione periodica intesa come integrità (ASL, INAIL e soggetti abilitati ai
sensi del Decreto 11 aprile 2011).
Resta inteso che la responsabilità di sottoporre a verifiche periodiche le attrezzature è a
carico del datore di lavoro.
A testimoniare che il momento della verifica di primo impianto o messa in servizio
costituisce l’istante autorizzativo all’esercizio da parte dell’INAIL, si legga il comma 4
dell’art. 4 del D.M. 329/04 nel quale si afferma che “ai soli fini della verifica di primo
impianto è consentita la temporanea messa in funzione dell'attrezzatura o insieme”: non
avendo il Testo Unico abrogato tale disposizione è tutelato il principio che nessun impianto
“qualora assemblato dall’utilizzatore” può funzionare senza tale autorizzazione a valle
della verifica positiva di primo impianto.
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2. Verifiche su insiemi
Un ulteriore spunto di riflessione è dettato dalla lettura dell’art. 5 comma 1 lettera d) del
D.M. 329/04, che ha generato notevoli dubbi riguardo la definizione degli insiemi esclusi
dalla verifica di messa in servizio.
Si vuol tentare di dare un’interpretazione “autentica” sulla base dell’esperienza maturata
nei diversi anni di applicazione e sulla base di casi pratici intervenuti.
Occorre gioco forza partire dalla definizione di insieme e capire perché il D.M. 329/04
contempla insiemi per i quali vi è obbligo di verifica di messa in servizio ed insiemi assolti
da tale obbligo.
Leggendo anche le guideline 3/8 e 3/9 l’insieme è un assemblaggio di attrezzature a
pressione e/o insiemi (intesi come sottoinsiemi) da parte di un unico fabbricante per
costituire un tutto integrato e funzionale (…e sicuro); deve dunque esistere una
dichiarazione CE dell’insieme riportante tutte le attrezzature/sottoinsiemi costituenti
l’insieme finale e attestante che, secondo le procedure globali di valutazione di conformità,
l’O.N. abbia effettuato tutte le verifiche e prove di propria competenza.
L’applicazione dei moduli (fatta eccezione per quelli di qualità e per quelli di sorveglianza
A1, C1) prevede che l’O.N. effettui sempre l’esame e le prove dei dispositivi di protezione
e degli accessori di sicurezza.
I tre quesiti ricorrenti sono:
- esistono insiemi per i quali occorre la verifica di messa in servizio?
- le prove dei dispositivi e degli accessori devono essere documentate da parte dell’O.N.
per avvalersi dell’art. 5 comma 1 lettera d)?
- gli insiemi certificati secondo moduli di qualità o di sorveglianza sono contemplati
nell’art. 5 comma 1 lettera d)?
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Detto ciò, quando però si decide di fare una certificazione d’insieme occorre verificarne
tutto l’iter: in primis che sia tutto integrato (molti cosiddetti insiemi successivamente
vengono collegati ad altri insiemi per funzionare ed essere sicuri, e nessuno ne verifica la
compatibilità di collegamento: di fatto viene a costituirsi un impianto con più insiemi).
In secondo luogo l’O.N. deve applicare il pertinente modulo di certificazione, e poiché in
ogni modulo si fa riferimento alle prove e verifiche e esami da effettuare, il richiamo
dell’art. 5 comma 1 lettera d) sembra superfluo: infatti dal punto di vista giuridico l’O.N. che
certifica l’insieme è responsabile delle prove che fa o fa effettuare. Il “fa effettuare le
prove” contempla anche l’atto autorizzativo al fabbricante da parte dell’O.N. nei moduli di
qualità e sorveglianza.
Risulta dunque evidente che non esistono insiemi provati e insiemi non provati; tuttavia
esistono insiemi collegati ad altre attrezzature e/o insiemi, e insiemi “funzionali da soli”.
Forse era questo il distinguo che doveva fare il legislatore.
Per gli insiemi collegati come impianti ad altri insiemi e/o attrezzature, laddove non sia
avvenuta una successiva procedura di certificazione, e non sia individuato un fabbricante
ma il solo assemblatore degli insiemi, dal punto di vista giuridico nessuno ha certificato
l’assemblaggio, e sarà pertanto necessaria una verifica di primo impianto.
Vice versa, per gli insiemi “funzionali da soli” non occorrerebbe mai una verifica di primo
impianto ma la verifica periodica prevista dall’art. 10 del D.M. 329/04 e, nel caso in cui
l’insieme è installato in un luogo di lavoro, la prima verifica periodica di cui al D.Lgs. 81/08
alla prima scadenza secondo l’allegato VII.
Alla luce di tale eventuale diversa riscrittura dell’art. 5 comma 1 lettera d) andrebbe di
conseguenza aggiornato il punto della lettera circolare ISPESL 1351 del 21/04/2005
laddove si afferma che “per gli Insiemi che sono stati sottoposti ad una procedura di
valutazione di conformità impiegando Moduli che non prevedono il controllo finale dei
singoli insiemi stessi da parte dell’O.N. o dell’Ispettorato degli Utilizzatori, resta l’obbligo
della verifica di primo impianto ovvero di messa in servizio (rif. Art. 5 comma 1 lettera d)
del D.M. 329/04; e in effetti la medesima circolare lasciava impregiudicata tale facoltà di
aggiornamento normativo.
La lettura dell’art. 6 genera un ulteriore equivoco di mera costituzione amministrativa, che
l’ISPESL ha tentato di sanare con la lettera circolare 1351/05: infatti al comma 1 è previsto
che l’utilizzatore all’atto della messa in servizio (dopo verifica INAIL o direttamente per le
attrezzature/insiemi di cui all’art. 5) invii all’INAIL e all’ASL una “dichiarazione di messa in
servizio” con gli ormai noti allegati.
In effetti nel caso di attrezzature/insiemi soggetti all’art. 4 almeno uno dei due soggetti
(INAIL) è il medesimo; poiché anche la documentazione presentata con l’art. 4 richiamata
dalle circolari ISPESL 03-04-05-06 del 2005 può essere la medesima di quella citata
nell’art. 6, risulta superfluo un doppio invio di documentazione all’INAIL che dopo la
procedura esperita di cui all’art. 4 è già in possesso di tutti gli elementi costitutivi
dell’attrezzatura e del suo reale esercizio. Per questo l’ISPESL, per semplificare i compiti
dell'utilizzatore, con Lettera Circolare n° AOO-09/0001351/05 del 21/04/2005, ha stabilito
di unificare la richiesta di verifica e la dichiarazione di messa in servizio permettendo in tal
modo di effettuare una sola richiesta, la quale però deve contenere tutti gli allegati previsti
e necessari sia per la verifica obbligatoria sia per la dichiarazione di messa in servizio,
intendendo di fatto che possa essere utilizzata la documentazione necessaria per la
verifica di cui all’art. 4 ai fini di quanto richiesto per ottemperare agli obblighi previsti
dall’art. 6.
Resta inteso che la procedura di cui all’art. 6, relativamente all’INAIL, deve essere attuata
sempre nel caso di attrezzature/insiemi di cui all’art. 5.
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conta per ogni attrezzatura a partire dalla data di messa in servizio (Art.15 comma 1 D.M.
329/04).
Resta inteso che l’art. 10 del D.M. 329/04 impone che la verifica di riqualificazione
periodica successiva vada eseguita entro i termini derivanti dai risultati dell'ultima verifica
effettuata.
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2. Ove nella rilevazione visiva e strumentale o 4.3.2.2. Ove nella rilevazione visiva e strumentale o
solamente strumentale si riscontrano difetti che solamente strumentale si riscontrano difetti che
possono in qualche modo pregiudicare l'ulteriore possono in qualche modo pregiudicare l'ulteriore
esercibilità dell'attrezzatura, vengono intraprese, per esercizio dell'attrezzatura, vengono intraprese per
l'eventuale autorizzazione da parte del soggetto l'eventuale autorizzazione da parte del soggetto
preposto, le opportune indagini supplementari atte a titolare della verifica, le opportune indagini
stabilire non solo l'entità del difetto ma anche la sua supplementari, effettuate dal datore di lavoro, atte a
possibile origine. stabilire non solo l'entità del difetto ma anche la sua
possibile origine.
Tabella 1 – Confronto dei testi sulla verifica di integrità tra D.M. 329/04 e Decreto 11 aprile 2011
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Il D.M. 329/04, pubblicato nel dicembre 2004 in attuazione dell’art. 19 del D.Lgs. 93/2000,
regolamenta la messa in servizio e l’utilizzazione delle attrezzature a pressione così come
definite dalla PED.
Poiché la PED ha inserito nuovi criteri per la categorizzazione delle attrezzature a
pressione, in funzione della loro pericolosità, rispetto a quelli definiti dalla normativa
italiana previgente, anche il D.M. 329/04 ha comportato cambiamenti - in alcuni casi
estremamente significativi – nella normazione tecnico/amministrativa riguardo l’esercizio in
sicurezza.
A otto anni dalla pubblicazione del D.M. 329/04, sulla base delle esperienze acquisite con
utilizzatori e riparatori, siamo ora probabilmente in grado di leggerlo con oggettività,
evidenziandone criticità, contraddizioni e lacune che non siano solo frutto di considerazioni
nostalgiche della regolamentazione previgente, ma che possano rappresentare un “punto”
del percorso compiuto: una sorta di verifica del “funzionamento” dello strumento normativo
D.M. 329/04 per come inizialmente realizzato.
Il lavoro che presentiamo si sofferma sulle criticità applicative di tale strumento legislativo
(anche alla luce del Testo Unico e s.m.i.) offrendone una rilettura articolata nelle tre
principali aree di interesse: il campo d’applicazione, le verifiche iniziali e periodiche, gli
interventi di riparazione e modifica. L’intento è quello di fornirne un quadro d’insieme che
possa essere di supporto nella definizione di eventuali percorsi da realizzare in campo
tecnico-normativo e giurisprudenziale qualora si presentasse, in futuro, la possibilità o la
necessità di migliorare il testo legislativo attuale.
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riportato, peraltro introdotto per permettere l’utilizzo di procedure di controllo tipo Risk
Based Inspection e Fitness For Service, si possono giustificare queste attività di
riparazione.
Un ulteriore spunto di riflessione riguarda la riparazione di valvole di sicurezza e di valvole
ON/OFF o di regolazione a saracinesca ovvero a farfalla di grande diametro.
Queste attrezzature (generalmente certificate le prime in IV categoria e le seconde anche
in III categoria dai loro rispettivi fabbricanti) subiscono negli anni importanti interventi
manutentivi e spesso anche riparazioni che riguardano sia gli organi interni sia il “corpo
valvola”.
L’articolo 13 del D.M. 329/04 fa unicamente riferimento agli accessori di sicurezza e
controllo per “ Ia constatazione deIIa funzionaIità degIi accessori di sicurezza. La
verifica di funzionaIità dei predetti accessori di sicurezza può essere effettuata con prove
a banco, con simuIazioni, oppure, ove non pregiudizievoIe per Ie condizioni
di esercizio, determinandone I’intervento in opera. In particoIare per Ie vaIvoIe di
sicurezza, Ia verifica puo’ consistere neII’accertamento di avvenuta taratura entro i
Iimiti temporaIi stabiIiti daI fabbricante e comunque entro i Iimiti reIativi aIIe periodicità
deIIe verifiche di riquaIificazione.” non entrando nel merito di quello che, in questi casi,
possa voler dire manutenzione. L’art. 14 non prende in carico queste due tipologie di
attrezzature.
Si evidenzia che le valvole di sicurezza con il loro “corretto e puntuale” intervento
garantiscono la sicurezza della o delle attrezzature a pressione che proteggono; inoltre la
loro efficienza e resistenza strutturale garantisce anche l’isolamento dal mondo esterno,
quando richiesto, del circuito su cui sono installate anche in fase di apertura quando il
fluido scaricato viene convogliato nell’impianto di smaltimento degli effluvi pericolosi,
prevenendo fughe pericolose nell’ambiente esterno. Risulta pertanto indispensabile che
questa tipologia di attrezzature venga assoggettata a specifiche procedure di controllo
della loro riparazione.
Da un’indagine statistica condotta su un campione di manutentori di valvole di sicurezza si
è potuto constatare che,delle migliaia valvole sottoposte a manutenzione ogni anno, il
5÷10% subiscono interventi di riparazione del corpo valvola o degli organi meccanici
interni: questi interventi “manutentivi” che possono andare da un semplice smontaggio e
pulizia a delle vere e proprie “riparazioni” atte a ripristinare il corretto funzionamento di un
dispositivo,che nel nostro caso è pur sempre un’attrezzatura a pressione e nello specifico ,
già in servizio, senza apportare modifiche sostanziali al progetto iniziale e senza cambiare
dati di targa e la destinazione d’uso. Tutti questi interventi sono lasciati alla responsabilità
del manutentore e dell’utilizzatore che gli ha affidato le valvole.
Le valvole ON/OFF o di regolazione hanno la stessa pericolosità delle tubazioni in cui
sono installate. Non per niente la categorizzazione delle tubazioni si determina anche in
base al loro diametro e quindi alla forza di reazione che si produce in un ipotetico
cedimento/rottura completa della tubazione stessa. Nondimeno avremmo lo stesso effetto,
la stessa forza di reazione, se dovesse cedere in maniera catastrofica una valvola
installata sulla stessa linea; non si capisce pertanto perché questi “dispositivi a pressione”,
soggetti all’obbligo della marcatura CE ai sensi della direttiva 97/23 CE, non siano soggetti
ad alcuna procedura di controllo della riparazione come le tubazione di cui sono a corredo.
Altro capitolo aperto riguardante gli accessori di sicurezza e controllo è l’introduzione di
nuove norme armonizzate che tengono conto dell’innovazione tecnologica nel campo per
esempio di diverse tipologie di accessori di sicurezza quali ad esempio per serbatoi di
GPL che trovano mercato con le nuove valvole automatiche di sfioro per sovrappressione
termica come prevede per i serbatoi interrati la UNI EN 14570 [4], o altre tipologie di
valvole con tipologie di manutenzione innovative con all’interno piccole valvole monouso.
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SAFAP 2012, Napoli 14-15 giugno ISBN 978-88-7484-230-8
2. Conclusioni
Dall’entrata in vigore del Decreto Ministeriale 329/2004 11 febbraio 2005 la sua
applicazione relativamente agli argomenti trattati ha evidenziato la mancanza di uno
strumento tecnico normativo che sia aggiornabile e integrabile, nel rispetto dei principi
dettati dal D.M. 329/04 e dal Testo Unico D. Lgs. n. 81/08.
Peraltro questo strumento doveva essere emanato ai sensi dell’art. 3 del decreto stesso
ma ancora oggi non si conosce l’esito dei lavori condotti in ambito UNI-CTI.
Ci pare auspicabile che tale strumento venga rapidamente emanato e che lo stesso sia
oggetto di continua evoluzione e integrazione visto che il settore dell’esercizio delle
attrezzature a pressione deve poter contare strumenti normativi chiari ed evoluti per
garantire la sicurezza per la salute dei lavoratori e dell’ambiente.
3. Bibliografia
[1] Lettera Circolare ISPESL DCC/DTS prot. A00-07/000321/10 “Procedure ISPESL per la
riparazione temporanea di attrezzature a pressione già in esercizio alla data del 12/2/2005
e comunque commercializzate fino al 29/05/2002 e/o certificate in conformità alla Direttiva
97/23 CE PED.”
[2] Lettera Circolare n. 14/05 ISPESL DOM prot. A00-09/0003878/05 del 6/12/2005
“Applicazione del D.M. 329/04 di attuazione dell'Art 19 del D. Lgs. 93/2000 – Chiarimenti e
precisazioni sulle “Riparazioni”
[3] Lettera Circolare ISPESL DCC/DTS prot. A00-09/0001673 del 27/4/2007”Procedura
per la valutazione e la accettazione di recipienti per liquidi e tubazioni già in esercizio alla
data del 12/2/2005, commercializzate prima del 30/05/2002 e non certificati PED, in
accordo all’art. 16 del D.M. 329/04.”
[4] UNI EN 14570: Serbatoi fissi cilindrici di acciaio saldato, per gas di petrolio liquefatti
(GPL), prodotti in serie si capacità geometrica fino a 13 m 3 per installazione interrata –
Progettazione e fabbricazione
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