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Review

Author(s): Enrico Norelli


Review by: Enrico Norelli
Source: Bibliothèque d'Humanisme et Renaissance, T. 39, No. 2 (1977), pp. 412-416
Published by: Librairie Droz
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20675762
Accessed: 27-01-2016 10:41 UTC

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412 comptes rendus

Heinz Holeczek ? Humanistische


Bibelphilologie als Reformproblem
bei Erasmus von Rotterdam, Thomas More und William Tyndale ?
Leiden, E. J. Brill, 1975. vm-414 p.
Lo scopo di questo libro ?, come Fautore stesso indica nell'intro
duzione, studiare lo sviluppo del collegamento tra metodo filologico
ed ermeneutica dei testi sacri, dalle Annotationes in N?vum Testa
mentum di Lorenzo Valla, attraverso Finflusso decisivo che esercita
rono sull'opera di Erasmo, fino alla Volksbibel, la Bibbia in lingua
volgare dei Riformatori.
Erasmo costituisce il punto centrale e la chiave di questo processo,
perch? fu il primo ad utilizzare la filologia in relazione ai testi sacri
come elemento di riforma all'interno della Chiesa. Bench? egli non
traducesse la Bibbia in volgare ma si limitasse a restituire il testo
greco del Nuovo Testamento, fornendone al tempo stesso una nuova
traduzione latina, le sue espressioni programmatiche sulla necessit?
di una conoscenza diretta della Scrittura da parte di tutto il popolo
cristiano ebbero un grande significato per il periodo della Riforma,
perch? i Riformatori si limitarono a tradurre e diffondere per mezzo
della stampa i programmi umanistici sulla traduzione della Bibbia e
la lettura generalizzata di essa. Tuttavia secondo Holeczek non ?
fruttuoso un confronto tra Erasmo e Lutero su questo piano, proprio
per la loro diversa impostazione. In Lutero mancano infatti sviluppi
teorici in tema di filologia biblica e traduzione della Scrittura. Qui
Holeczek scorge il punto debole dell'opera, peraltro fondamentale, di
Werner Schwarz (Principles and Problems of Biblical Translation.
Some Reformation Controversies and their Background, Cambridge
1955), il quale individuava nell'et? della Riforma tre atteggiamenti
fondamentali di fronte ai problemi posti dalla traduzione del testo
sacro : quello tradizionalista, che considerava la Vulgata versione
definitiva e unica avente autorit? nell'uso della Chiesa ; quello filolo
gico per cui la traduzione ? opera umana, soggetta alle leggi della
grammatica, e che spinge quindi verso il superamento della Vulgata ;
e quello ? ispirazionale ?, elaborato da Lutero, che giudica la tradu
zione opera umana ma la sottomette ad una del
comprensione generale
contenuto della Scrittura che pu? essere operata solo dallo Spirito di
Dio nel cuore di chi la legge con fede. Considerando mal posta la
questione del rapporto tra Lutero e la Filologia biblica, Holeczek
ritiene preferibile partire dallo sviluppo personale di Erasmo e dall'in
flusso da lui esercitato, per elaborare il punto di vista umanistico in
relazione al tradizionalismo ecclesiastico, da una parte, ed alla Riforma
luterana, dall'altra. Come quadro adatto per una simile ricerca viene
scelta allora la scena inglese, importante e per lo sviluppo di Erasmo
come traduttore biblico e per Finflusso della sua filologia biblica nel
contesto della Riforma, in particolare nella polemica tra Thomas
More e William Tyndale, il ? luterano ? che tradusse la Scrittura in
inglese (la prima edizione del Nuovo Testamento nel 1525-1526).
Negli undici capitoli del libro vengono cos? studiati l'influsso esercitato
su Erasmo sia dall'ambiente culturale inglese, e in particolare da
John Colet, sia dalle Annotationes di Valla, da lui scoperte nel 1504 e
pubblicate Fanno successivo ; le linee programmatiche in fatto di
traduzione biblica contenute nelle prefazioni alle diverse edizioni del
Nuovo Testamento erasmiano ; la polemica di Erasmo con i tradi
zionalisti, inparticolare con il certosino Petrus Sutor (Pierre Couturier),
rappresentante di quel circolo di teologi della Sorbona che attacc?
duramente e ripetutamente Erasmo dal 1552 in poi. D'altra parte

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vengono esaminati dettagliatamente gli scritti che Thomas More


diresse contro Martin Dorp (1515) e il certosino John Batmanson
(1519-1520) per difendere la legittimit? del tentativo erasmiano. Gli
ultimi quattro capitoli sono dedicati alla polemica tra More e Tyndale
sulla traduzione del Nuovo Testamento effettuata da quest'ultimo e
giudicata eretica da More ; viene pure seguito lo sviluppo delle idee
sempre pi? prudenti di More sull'opportunit? della Bibbia in volgare,
fino al 1533.
Uno dei pregi principali di questo lavoro ci sembra la messa a
punto e l'applicazione di alcuni criteri metodologici per valutare la
controversia More-Tyndale : cos? nel capitolo I,More als ?bersetzer, il
confronto con alcuni moderni difensori di Tyndale, particolarmente
P. E. Hutchinson (Sir Thomas More as a Translator of theBible, Rev.
Engl. Stud. 1941) e J. F. Mozley (William Tyndale, London 1937).
Essi, paragonando le numerose citazioni bibliche tradotte nelle opere
inglesi di More con i passi paralleli della versione di Tyndale, constata
vano che More adopera gli stessi termini che rinfaccia a Tyndale accu
sandolo di avvelenare il testo della Scrittura per diffondere le sue
opinioni eretiche : per esempio, caritas tradotto con love invece che con
charity. Ne concludevano che More era prevenuto nei confronti di
Tyndale e solo per faziosa cecit?, se non per malafede, respingeva
traduzioni che sapeva invece corrette, tanto da adoperarle egli stesso.
Holeczek contesta la pertinenza di questo criterio positivisticamente
filologico, solo in apparenza ? oggettivo ?, che isola le parole dal
contesto, e pi? in generale nega che More possa essere considerato un
? traduttore ? della Bibbia sullo stesso piano di Tyndale. Un attento
esame delle citazioni bibliche di More, sia in latino che in inglese,
permette di constatare come certi passi circolassero largamente in
quella stessa forma non filologicamente esatta in cui egli li cita;
come ? exempla ? in scritti di edificazione popolare oppure come
? auctoritates ? nelle controversie teologiche dove si supponevano noti
ed erano del resto facilmente controllabili. Inoltre quando la stessa
citazione compare pi? volte risulta che More mette in rilievo, nella
citazione o nella traduzione, l'elemento che di volta in volta pi? gli sta
a cuore. Ancora : egli usa talora per amor di variazione i termini pi?
generali che si ritrovano in Tyndale al posto di quelli specificamente
sacrali, come cup per chalice o messenger per apostle, ma solo quando
risulta assolutamente chiaro dal contesto che essi vanno intesi nel
senso determinato dalla tradizione ecclesiastica. Con un metodo
unilateralmente filologico non si pu? quindi sminuire la portata del
l'opposizione di More a Tyndale riguardo a problemi di traduzione. La
discussione riprende nel capitolo X, Mores Kritik an Tyndales reforma
torischerBibel?bersetzung, del quale il capitolo I costituisce l'indispensa
bile premessa (e si sarebbe sembrato naturale vederli direttamente colle
gati). Holeczek esamina qui il procedimento di More, il quale dimostra
prima che le traduzioni di alcuni termini decisivi scelte da Tyndale
sono filologicamente immotivate, e poi ne mette in evidenza la deriva
zione dalle concezioni teologiche di Lutero. Vediamo ad esempio la
trattazione di Holeczek su uno dei termini pi? importanti in discus
sione tra i due, quello di Chiesa (p. 331-342). La Vulgata aveva conser
vato il termine greco (scrivendo ecclesia) nel suo significato sacrale, ma
a volte lo aveva esteso ad una assemblea profana, usando peraltro
anche il termine concio per il senso profano ;Valla si era dichiarato
favorevole alla distinzione tra significato sacrale e profano, mante
nendo ecclesia nel senso di congregano fidelium,mentre Erasmo nella
sua versione latina pur seguendo Valla aveva introdotto in un certo

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numero di casi la versione congregado. Tyndale (seguito dai suoi


difensori moderni) si richiama ad Erasmo per giustificare in modo
definitivo la traduzione congregation usata da lui in tutti i casi e
rimproveratagli da More. Holeczek smonta questa argomentazione,
dimostrando come in tutti i casi (su 110 e a nel Nuovo Testa
mento del 1519, 15 volte concio o coetus e 7 volte congregano) Erasmo
sottolineasse con questa traduzione significati di a diversi da
quelli di comunit? ecclesiale locale e di chiesa universale, ai quali soli
riserva nella sua versione il termine ecclesia. L'uso erasmiano di
congregano non giustifica quindi la normale traduzione congregation, e
anzi proprio nel mancato sforzo di differenziazione Tyndale si dimo
stra meno fedele ai principii umanistici di Erasmo di quanto non lo
sia il suo avversario, il quale procede poi ad individuare la connota
zione luterana nel termine congregation come normale tradu
implicita
zione di e a Evidentemente il merito di Holeczek non sta nel
Taver mostrato che Erasmo rimane pi? vicino al cattolico More che al
protestante Tyndale, ma nelT averlo dimostrato mediante Tesarne
filologico dei testi.
Ci? detto, vi sono per? alcune osservazioni critiche da fare. Ger
main Marc'Hadour aveva svolto osservazioni analoghe a quelle del
I capitolo di Holeczek, sia pure partendo da altri esempi, in Thomas
More et laBible (1969), per esempio pagine 502-505 e 536. Holeczek, pur
citandoli nella bibliografia, non sembra aver veramente utilizzato gli
studi di Marc'Hadour, salvo la cronologia L'Univers de Thomas More
(1963).Inoltre Holeczek ha ragione, ci sembra, nel rifiutarsi di conside
rare More tout court un traduttore della Scrittura, ma avremmo prefe
rito trovare alle pagine 47-48 una maggiore attenzione ai criteri di tra
duzione enunciati da More stesso (anche questa esigenza era espressa da
Marc'Hadour, The Bible in the Works of Thomas More, Part V,
Nieuwkoop 1972, p. 56). Ma ancor pi? necessaria sarebbe stata una
riflessione attenta sul ruolo che la Scrittura svolge come fonte e
pi?
principio della fede inMore. Holeczek ha visto il problema alle pagine
161 e seguenti, dove pur sottolineando ? die Einzigkeit und Vorrangig
keit der Bibel als Glaubensquelle ? nel pensiero di More, si confronta
tuttavia con il passo della lettera a Dorp in cui More rileva che ? quo
tiens inLatinis codicibus occurrat quicquam, quod aut contra f?dem aut
mores facer? videatur, Scripturarum interpretes aut ex aliis alibi verbis,
quid illud sibi velit dubium expiscentur, aut ad unius evang?lium fidei,
quod per universam Ecclesiam in corda f?delium infusum est, quod etiam,
scriberetur a quoquam, Apostolis a Christo, ab Apostolis
priusquam
universo mundo est, dubios huiusmodi sermones applicent,
predicatum
atque ad inflexibilem veritatis regul?m examinent ?. Secondo Holeczek
?will More damit den Bibelleser auf die kontinuierliche und damit zur
Autorit?t erwachsene Auslegungstradition der Kirche erweisen ? :ma
la spiegazione ci sembra inadatta al testo e insufficiente,n?, nonostante
la promessa di Holeczek di riprendere pi? avanti la questione, tro
viamo traccia di ulteriori approfondimenti. Eppure non ? certo senza
significato per definire la posizione ?umanistica ? di More accertare in
quale misura egli attribuisse normativit? al testo, sopratutto tenendo
presente che James Hitchcock in due recenti articoli ha grandemente
svalutato l'importanza della Scrittura per More a favore della tradi
zione orale e del consensus f?delium, elemento imprecisato e tendente
ad escludere l'evoluzione, e ha creduto di conseguenza di dover ridi
mensionare molto valutazione di More come ? ?
ogni progressista
all'interno della Chiesa (More and Tyndale's Controversy Over Reve
lation: A Test of theMcLuhan Hypothesis, Journ. of the Amer. Acad.

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of Religion XXXIX, 1971, 448-466 ; Thomas More and the Sensus


Fidelium, Theol. Studies XXXVI, 1975, 145-154; se il secondo
articolo non era ovviamente utilizzabile per questo libro, Holeczek,
il quale evidenzia appunto il ruolo ?progressista ? di More nella pole
mica intraecclesiale, non cita neppure il primo). Del resto l'impor
tanza della tradizione e del consensus fidelium per More era gi? stata
sottolineata ripetutamente, sia pure in termini non cos? drastici.
Se questi problemi per un certo verso si collocano nel campo del
l'ermeneutica biblica pi? che della filologia, non si pu? tuttavia evi
tarli quando si voglia studiare la funzione che l'approccio diretto al
testo biblico svolge nel programma di riforma di Erasmo e More. A
questo proposito poteva essere utile un confronto con il tema del
consensus in Erasmo, da lui svolto in relazione alla Scrittura special
mente nella Ratio, e studiato di recente da J. K. McGonica (Erasmus
and the Grammar of Consent, in Scrinium Erasmianum II, Leiden
1969, p. 77-99) e G. B. Winkler (Erasmus von Rotterdam und die
Einleitungsschriften zum Neuen Testament, M?nster Westf. 1974, cfr.
spec. pp. 160 sgg., 226 sgg.).
Ci? non significa che si dovesse allungare il gi? non breve lavoro :ma
si poteva a nostro giudizio, abbreviare qualche parte essenzialmente
descrittiva, per esempio nel capitolo II o nel capitolo IX, per concen
trarsi su pochi problemi particolarmente degni di attenzione. Sembra
invece di notare una certa sproporzione tra la lunghezza del testo e i
risultati originali effettivamente acquisiti. In effetti i pregi principali del
lavoro risiedono per noi soprattutto, oltre che nel procedimento gi?
notato dei capitoli I eX, i cui sviluppi sono a volte veramente esemplari,
nello sforzo di definire con precisione i termini del problema nell'am
bito della filologia biblica e nella descrizione accurata di polemiche
per lo pi? finora poco approfondite dagli studiosi. Alle note sul
concetto di umanesimo delle pagine 23-29 si sarebbe potuto sostituire
con vantaggio un esame, sia pur breve, condotto sui testi degli autori
stessi per cogliervi il nesso tra grammatica, retorica ed esegesi biblica.
Ci? avrebbe concorso, forse, ad un giudizio meno esclusivo sulla possi
bilit? di un confronto con Lutero (p. 8), il quale non muove, ? vero, da
principii umanistici, ma di cui sarebbe necessario studiare il giudizio
sulla Vulgata (accennato troppo brevemente anche da Schwarz,
pp. 202 sg.), mettendone lemotivazioni e le implicazioni in rapporto
con quelle degli ?umanisti ?.
Uno studio della coscienza che il movimento di filologia biblica
umanistica aveva di s? dovrebbe poi tener conto che i Padri e la
Chiesa antica apparivano quale sfondo costante nella controversia
sull'applicazione dei principii filologico-grammaticali allo studio e alla
traduzione della Scrittura: neh"elaborare la loro argomentazione
polemica ? antitradizionalistica ?Erasmo e More si presentavano come
gli eredi fedeli di una tradizione di filologia biblica che risaliva fino a
Origene, come i loro oppositori si richiamavano pure alla tradizione
della Chiesa. Ci? vale non solo per i singoli casi di traduzione e di inter
pretazione, sui quali si combatteva a colpi fittissimi di citazioni
patristiche, ma anche in quanto dall'una e dall'altra parte si accettava
come criterio di legittimit? del procedere relativo alla Scrittura la
continuit? di questo rispetto ai Padri. Gli spunti a questo proposito
non mancano nel libro di Schwarz, ma non costituiscono una tratta
zione sufficientemente organica; in Holeczek vi sono per lo pi?
segnalazioni occasionali. Esempio ne pu? essere l'esame della lettera di
More ad un monaco nel capitolo V. Egli vi analizza assai puntualmente i
principii teorici relativi alla traduzione e ai suoi presupposti, ma ?

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significativa la rapidit? degli accenni (pp. 173 sg.) a quella parte,


piuttosto estesa e strutturalmente fondamentale, nella More
quale
ribatte le accuse del monaco istituendo veri e propri paralleli tra la
situazione presente e quella della chiesa antica posta di fronte a
questioni di filologia biblica (cfr. spec. ed. Rogers p. 170-175 ; . anche
p. es. p. 200, linee 1306 sgg.).
Aggiungiamo infine che la bibliografia successiva al 1970 (anno in
cui Holeczek ha discusso presso Universit? di Freiburg la disserta
zione sulla quale si fonda il libro) ? piuttosto carente: abbiamo
contato solo due o tre titoli. Abbiamo indicato alcune possibili inte
grazioni : un altro lavoro da non trascurare sarebbe stato A. Rabil,
Erasmus and theNew Testament: The Mind of a Christian Humanist,
San Antonio, 1972. In conclusione : un'opera, quella di Holeczek, per
pi? versi stimolante : ilmateriale raccolto e analizzato pone interes
santi problemi per la cui soluzione, per?, saranno necessari lavori
parziali pi? precisi e ulteriori riflessioni metodologiche.
Bologna. Enrico Norelli.

De Kroon, Marijn, et Krueger, Friedhelm (?d.) : Bucer und seine


Zeit Forschungsbeitr?ge und Bibliographie (== Ver?ffentlichungen
des Instituts f?r Europ?ische Geschichte, Mainz, t. 80) Wiesbaden
(Franz Steiner) 1976, ix + 169 p.
Ce volume de m?langes, offertes au professeur Robert Stupperich,
de Munster, pour son soixante-dixi?me anniversaire, comprend les
trois parties dont parlent le titre et le sous-titre. La bibliographie,
qui se trouve ? la fin du volume, continue et compl?te, pour les ann?es
1951-1974, celle que le r?cipiendaire avait publi?e en 1952 dans le
fase. 169 des Schriften des Vereins f?r Reformationsgeschichte. Les
540 num?ros, auxquels viennent s'ajouter dix-sept r?impressions,
t?moignent de la vigueur des ?tudes buc?riennes.
Quant aux sept articles, trois ont pour sujet le monde de Bucer.
F. Kr?ger examine l'ex?g?se du Sermon sur la Montagne chez Erasme.
Contre une tradition qui veut qu'Erasme ait vu dans ce texte le r?sum?
privil?gi? du Christianisme en tant que simple morale raisonnable,
il fait valoir l'importance que rev?tent pour Erasme, le Christ docteur
de la doctrine c?leste, le choix de passages bibliques pris en dehors du
Sermon pour ?clairer celui-ci, et le th?me du contemptus mundi.
Cr?ation, providence, immortalit? et ?glise sont parmi les th?mes
dominants de l'ex?g?se ?rasmienne.
Un autre aspect de l'h?ritage recueilli par Bucer est pr?sent? par
MM. Lienhard et J. Rott qui nous parlent des trois premiers pr?di
cateurs strasbourgeois ? se rallier aux id?es ?vang?liques. Pour Pierre
Philippi, des recherches dans les archives ont produit quelques donn?es
biographiques. Du lecteur des Augustine, on ne conna?t m?me pas le
nom. Celui des Carmes en revanche, Tilmann von Lynn, nous est
d?sormais mieux connu. Originaire de la Basse-Rh?nanie, ?tudiant
? Cologne et ? Spire, il parcourt une carri?re d'enseignant dans divers
couvents, avant d'?tre nomm? ? Strasbourg en 1520. En 1521, l'?v?que
intervient contre lui. Prot?g? par son prieur, il finit pourtant par
dispara?tre en 1522. En 1521 cependant, il en appelle au Conseil dans
une supplique qui est ?dit?e et comment?e ici. En plus des sources
luth?riennes, on y distingue des ressemblances avec les id?es de Zell.

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