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Papa Giovanni XXIII

VITA

INFANZIA - Angelo Giuseppe Roncalli nacque a Sotto il Monte il 25 novembre 1881, quarto figlio e primo
maschio della sua famiglia.
Si affeziona al suo prozio Zaverio (zio del padre) che lo prende sotto la propria ala e gli insegna per primo
preghiere e basi della religione: egli infatti è il “capo spirituale” della famiglia Roncalli, quello che più di tutti
porta la fede in famiglia. La sua prima preghiera, imparata dal prozio recita: Dolce cuor del mio Gesù, fa
che io t’ami sempre più.
Il suo grande interessamento delle cose di Chiesa, il suo aspetto e il suo fare innocente e quieto lo fa
diventare il prediletto del parroco del paese, don Francesco Rebuzzini, e fa sì che i suoi coetanei lo chiamino
“il Pretino”.

SEMINARIO - Frequenta la scuola (elementare) fino al 1892 quando si appresta ad entrare in seminario a
Bergamo. Per prepararlo, coloro che più si sono interessati della volontà di Angelo di farsi prete, ovvero i
genitori, lo zio Zaverio e don Francesco Rebuzzini, lo mandano prima da due preti a Carvico e poco dopo a
Celana per apprendere maggiori nozioni di italiano e latino.
Nel seminario di Bergamo trascorre 7 anni, dagli 11 ai 18. Nel 1900 viene scelto con altri 2 compagni per
continuare gli studi al seminario di Roma. Qui infatti la diocesi di Bergamo, grazie ad un testamento (1640)
di un suo prelato, mgr Flaminio Cerasola, disponeva di un Collegio che permetteva ad alcuni giovani
bergamaschi scelti dal Vescovo di proseguire gli studi nell’Urbe. Gli invii erano stati sospesi nel 1870 e
ristabiliti proprio nel 1900: Angelo Roncalli fu il primo dei nuovi prescelti.
All’età di 20 anni, per evitare di togliere il fratello dalla famiglia e non gravare su di essa, svolge lui stesso un
anno di leva militare.

SEGRETARIO VESCOVILE - Viene ordinato sacerdote il 10 agosto 1904 e come primo incarico viene
designato segretario del nuovo Vescovo di Bergamo, mgr Giacomo Maria Radini Tedeschi, che per lui
diventerà esempio e mentore, oltre che persona a lui carissima; di lui conserverà poi le parole: Il bene deve
essere fatto bene.
Sarà suo segretario fino all’agosto 1914 (morte di Radini Tedeschi) e poi lo diventa del nuovo Vescovo Luigi
Marelli fino al 1921.
Durante tutto il periodo di segretariato in Bergamo, oltre ai doveri della sua carica, diventa insegnante in
seminario, prima di storia della chiesa, poi di patrologia e apologetica ed infine maestro di spirito (esercizi
spirituali. Si fa pubblicista nel campo editoriale pubblicando studi personali, articoli e discorsi su giornali
cristiani e diventa redattore di una nuova testata, la “Vita Diocesana”.
Si fa promotore dell’insegnamento religioso alle donne tramite l’Unione Donne Cattoliche e la Gioventù
femminile, e anche verso i giovani delle scuole con la creazione della “Casa degli Studenti.
Durante la Prima Guerra Mondiale viene richiamato dall’esercito Italiano in qualità di cappellano militare. Al
momento della partenza al fronte viene assegnato alla sezione di Bergamo, con sede nel seminario dove già
insegnava, potendo quindi alloggiare nella stessa stanza che stava usando già come insegnante. Si ritrovò
ad aiutare malati e feriti, per un’esperienza che lo soddisfò moltissimo per il contatto diretto con le persone.

SANTA SEDE - Nel 1921 don Angelo viene richiamato in Santa Sede dal papa per ricoprire la carica di
Presidente dell’Opera di Propaganda della Fede in Italia. Come tale gira e visita spesso il paese e parla
molto, tanto che inizia ad avere problemi: il medico gli prescrive una cura da seguire e al termine della
stessa un mese di silenzio assoluto, pena il rischio di danneggiare la voce per sempre.
Ricopre questo ruolo fino al 1925.

DELEGATO IN BULGARIA - Il 19 marzo 1925 infatti viene nominato Vescovo e mandato in Bulgaria
(25 aprile) in veste di visitatore apostolico. Ma lui che vede la Chiesa al servizio delle anime si batte affinchè
il visitatore abbia una funzione più importante e ottiene la trasformazione del visitatore in Delegato
Apostolico. In Bulgaria si trova a dover fare i conti con la chiesa ortodossa. Fa conoscenza della stessa e
crea legami tra questa e quella cristiana.
Rimane in Bulgaria per 10 anni salutando il popolo bulgaro il Natale del 1934. Durante il saluto ai Regnanti di
Bulgaria, Re Boris e Giovanna di Savoia, riceve da lui una croce cinquecentesca, mentre lei gli pronosticò il
trono di Pietro con la promessa andare a rendergli omaggio. Egli stesso scrive poi: Benedette donne, tutte
sognatrici, anche la buona Regina Giovanna che mi pronostica il papato!
DELEGATO IN TURCHIA E GRECIA - Il 5 gennaio 1935 si trasferisce a Istambul in qualità di delegato
apostolico in Turchia e Grecia. Lo svolgimento del suo nuovo incarico è reso più complicato non solo dalla
chiesa ortodossa, maggiormente radicata, ma anche dall’enorme diffusione della religione musulmana, che
fanno insieme dei cristiani una piccolissima minoranza. Roncalli decide addirittura di usare la lingua turca
per le liturgie, così da avvicinare di più la gente alla Chiesa.
Durante la Seconda Guerra Mondiale si impegna ad aiutare i profughi ebrei a raggiungere la Turchia e gli
altri paesi neutrali dopo di essa. Egli infatti fece da legame tra le richieste delle organizzazioni ebraiche e la
Santa Sede, e tramite questa, coi rappresentanti dei governi e delle organizzazioni internazionali.
Per salvare le loro vite arrivò persino a inviare certificati di immigrazione nei paesi di partenza dei profughi
(principalmente Ungheria e Romania); questo fatto fece nascere la leggenda (non vera) che avesse anche
falsificato i certificati di battesimo.
Per i militari italiani in Grecia diede una mano a cercare dispersi e prigionieri tramite contatti in qualità di
delegato apostolico; per la stessa popolazione greca, duramente colpita dalla guerra, si mobilitò per
mandare aiuti e soccorsi, ottenendo il consenso e anche l’intervento del Vaticano.
A dicembre del 1944 viene informato del suo trasferimento a Parigi con la “promozione” di Nunzio Vaticano,
e saluta Istambul e Ankara tra il 23 e il 25.

NUNZIO A PARIGI - La nunziatura parigina comincia il 30 dicembre 1944 col suo arrivo nella capitale
francese, dove subito il 1 gennaio 1945 tiene il discorso augurale di capodanno. Subito si trova ad affrontare
il problema della nomina di nuovi Vescovi e la sostituzione di molti già esistenti per espressa volontà di De
Gaulle, che teme che che i prelati siano stati di parte col governo di Pétain; nonostante le difficoltà riuscirà
comunque a limitare di molto le richieste del presidente.
Come Nunzio viaggia molto per la Francia, spesso invitato degli stessi Vescovi, e questo a Roma fa storcere
il naso ad alcuni che lo vorrebbero più al suo “posto di lavoro”; a questo lui rispose che, come Nunzio, e
quindi facente le veci del Papa, la sua missione era di far fare bella figura al pontefice, ed essere l’occhio del
Papa che vede, l’orecchio che ascolta, la parole che si manifesta e il cuore che benefica. Era la sua
“diplomazia vaticana”, con la quale desiderava conoscere e amare per intero il paese ospitante.
Si mise dalla parte dei prigionieri guerra reclamando la liberazione e un miglior trattamento per quelli
tedeschi, e interessandosi al rimpatrio di quelli francesi e italiani.
Parlò anche diverse volte di pace all’Unesco (anche se non ci confidava molto) e venne nominato presso di
esso (4 giugno 1952) Osservatore Vaticano.

CARDINALE DI VENEZIA - Il 12 gennaio 1953 il Papa lo nomina Cardinale, con intenzione di farlo
patriarca di Venezia. La sua investitura avviene a Parigi il 15 gennaio dalle mani del Presidente Auriol che gli
offre la decorazione della Legion d’Onore. L’ingresso a Venezia del Cardinale Roncalli avviene il 15 marzo
1953.
Ai Vespri della sua prima Pasqua veneziana, in visita alla Nicopeia, dopo la recita del “Dio sia Benedetto”
pensava che non ci fosse altro, ma il coro dei seminaristi iniziò a intonare altre litanie, Lui si girò verso il suo
assistente di destra chiedendo che cosa fosse e egli rispose: “Andiamo al santuario della Nicopeia a
rallegrarci con la Signora perché Suo figlio è risorto”. Questo lo intenerì fino alle lacrime.
Iniziò un lungo periodo di visite pastorali e al termine, nel 1957, legato a un suo progetto di aggiornamento
della Chiesa, apre un Sinodo Diocesano (come poi farà anche da Papa). Roncalli infatti sosteneva una
decadenza della Chiesa, l’insufficiente impegno di Vescovi e clero e la necessità di riforme radicali.
Da Cardinale riuscì ad essere quello che lui stesso diceva di amare di più, ovvero un pastore di anime,
lontano da doveri diplomatici, ma sempre a contatto col popolo; il motivo dominante del suo episcopato fu la
“distribuzione del ministero della grazia per cui il prete fu chiamato dal Signore.
Un episodio che divenne di portata nazionale fu la questione dei plutei dell’iconostasi della basilica di San
Marco. Roncalli voleva toglierli senza eliminare l’iconostasi, o ridurli o rotarli su piccole sfere, in quanto
impedivano ai fedeli di vedere la cerimonia sul presbiterio. Si scatenò un gran putiferio,anche sui giornali,
perché le istituzioni per la salvaguardia dei beni culturali erano contrarie. Alle fine riuscì nel suo intento,
anche al consenso dato dalla Commissione Pontificia sull’Arte Sacra e all’interessamento chiesto al
presidente del consiglio Aldo Moro. Non riuscì però a finire i lavori di persona perché nel frattempo era
diventato Papa: i permessi a questo punto non potevano essergli negati e li ottenne nel 1959.

PAPA – Alle 17.08 di martedì 28 ottobre 1958, alla 11° votazione, Angelo Roncalli venne eletto Papa.
Scelse il nome di Giovanni XXIII per due motivi: fu battezzato nella cattedrale del Papa, San Giovanni in
Laterano, e perché i due santi, Giovanni Evangelista e Giovanni Battista, furono più di ogni altro vicini al
Salvatore. Egli così voleva testimoniare e praticare la carità dell’evangelista e preparare il popolo al Signore
come il battista. All’annuncio la folla rimase un attimo incerta non conoscendo il suo nome, ma già dalle sue
parole cominciò a capire la sua grandezza e bontà. Fu scelto, data l’età avanzata, per essere un semplice
Papa di transizione, ma al contrario cambiò la storia della Chiesa.
La sera stessa dell’elezione cominciò subito la riorganizzazione della Curia nominando un nuovo Segretario
di Stato (Tardini), ruolo che era vacante da 14 anni. Ripristina in seguito il Collegio Cardinalizio con la
nomina di nuovi cardinali per colmare i vuoti lasciati dall’ultimo Concistoro, e lo allarga con altri 23 nuove
nomine, superando la cifra di 70 fissata come massimo numero da Papa Sisto V, perché sosteneva che a
quei tempi la Chiesa “occupava” 1/3 di territorio in meno e bisognava quindi proporzionare. Tra questi nuovi
eletti, primo tra tutti , quasi a presagio, scelse Montini (futuro Paolo VI). Invitò inoltre tutti i cardinali che
avevano doppi incarichi a lasciarne uno.
Nel febbraio 1959 dà inizio all’iter di preparazione del Sinodo Diocesano di Roma, di cui lui stesso decide di
prenderne la presidenza, e si apre ufficialmente il 25 gennaio 1960, fino alla fine di febbraio; l’ultimo vero
sinodo risaliva al 1461.

In qualità di Vescovo di Roma volle esercitare questo incarico a pieno titolo e non simbolicamente,
rovesciando il rapporto Papa/Vescovo: “guidare la Chiesa Universale è successivo a quello di Vescovo”.
Prese quindi possesso della cattedrale di San Giovanni in Laterano per la funzione del suo ministero.
Celebrò la sua prima messa il 23 novembre 1958: era la prima volta che un Papa usciva ufficialmente dal
Vaticano dopo l’elezione. Oltre a questo farà visite alle parrocchie e visite natalizie ai malati negli ospedali e
ai detenuti nei carceri. Durante la sua prima visita al carcere, videoregistrata, dopo la messa e un suo
discorso volle fare un giro al piano superiore per salutare gli ergastolani, mentre faceva il giro un uomo
ancora giovane si prostrò davanti a lui piangendo senza che si capisse cosa dicesse, quando gli fu chiesto
da un assistente del Papa cosa volesse da lui, egli chiese se quel discorso valeva anche per lui. Il Papa lo
aiutò ad alzarsi e lo abbracciò a sé senza dire una parola.
Tutti i suoi spostamenti in auto erano accompagnati da grandi manifestazioni di simpatia da parte del popolo
che così dimostrava di gradire un Papa più vicino ai suoi fedeli. Questa inedita immagine del Papa, fatta di
piccoli gesti, semplici per lui ma strani per tutti gli altri, cattura l’attenzione di tutto il mondo.

Nel 1962, appena prima dell’inizio del Concilio vaticano II, partecipa ad un incontro con gli osservatori delle
Chiese separate da lui invitati. In quell’occasione lui stesso rinuncia, in segno di fratellanza, al suo trono x
sedersi su una semplice poltrona. Era la prima volta dopo quattro secoli che dei cristiani di quasi tutte le
confessioni religiose si ritrovavano insieme amichevolmente, all’invito di essere Una Sola. Giovanni XXIII usò
parole buone tenendo un discorso, al cui termine non mancò la commozione e tutti rimasero contenti di un
piccolo evento che non dimenticarono mai.
Si adoperò anche per un’apertura verso gli ebrei cominciando con l’eliminazione delle frasi offensive (a loro
rivolte) da tutti i libri liturgici. Un aneddoto singolare si svolse ancora nel 1962: mentre andava in auto sul
Lungotevere, la fece fermare per poter benedire degli studenti ebrei che uscivano dalla sinagoga. Tutti gli
ebrei presenti lo circondarono e lo applaudirono. Era la prima volta che un Papa benediva degli ebrei.

Giovanni XXIII era anche un Papa che si batteva per la pace nel mondo.
Accompagnò il processo di decolonizzazione dei paesi che aspiravano alla libertà, e con la sua enciclica
“Mater et Magistra” il problema del terzo mondo (e tutto ciò che comporta) divenne da quel momento uno dei
problemi cruciali ai quali il cristiano non può rimanere indifferente.
Tra il 1962 e il 1963 aiuta nella risoluzione della crisi di Cuba tra Stati Uniti e Unione Sovietica, aprendo
anche al dialogo con la Russia comunista. Questo porterà a un miglioramento dei rapporti e alla
concessione da parte di Kruscev (su richiesta del Papa) della liberazione di prigione di mons. Slypi, primate
della Chiesa ucraina.
In quell’anno pubblica anche l’ enciclica “Pacem in Terris”, che diventa famosa in tutto il mondo: per la prima
volta un’enciclica papale andava oltre il mondo cattolico per abbracciare tutti gli uomini al fine di prospettare
la pace comune, e per la prima volta un testo vaticano veiva pubblicato anche nei paesi dell’est.
Nel 1963 il “Time”lo nominò Uomo dell’Anno dedicandogli una copertina del giornale, col seguente
commento: “Papa Giovanni ha dato al mondo intero ciò che non potevano dargli né la diplomazia, né la
scienza: un senso dell’unità della famiglia umana”.
Sempre lo stesso anno gli fu assegnato il Premio Balzan per la Pace e l’Umanesimo. Decide di accettarlo in
privato nella Sala Regia in Vaticano perché non vuole che la Basilica di San Pietro, consacrata al primo degli
apostoli, venga usata per glorificare lui. Seguono due manifestazioni di omaggio per la premiazione: la prima
con una cerimonia di ringraziamento al Signore in San Pietro, la seconda il giorno dopo al Quirinale ospite
del Presidente Segni. Era la prima volta di un Papa in visita al Capo di Stato Italiano dalla presa di Roma nel
1870.

CONCILIO VATICANO II – Quella del Concilio fu una sua idea già dai tempi di Istambul e un suo pensiero
sin dal giorno dell’elezione. Volle per questo consultarsi prima, con esito positivo, col Segretario Tardini a
metà gennaio 1959, e scelse poi di annunciarlo il 25 gennaio ai cardinali presenti nella basilica di San Paolo,
al termine della celebrazione della conversione del Santo. L’annuncio si basava su tre punti: Sinodo
Romano, Concilio Ecumenico e aggiornamento del Codice di Diritto Canonico.
Il Concilio fu una decisione sua, improvvisa e definitiva, che non prevedeva assensi, una fatto come mai era
accaduto prima, quando le scelte di un Concilio venivano prese dopo lunghe trattative e solo al
sopraggiungere di gravi errori da riparare e ristabilire, spesso poi imposte o accettate a forza dal pontefice.
Quello che voleva Giovanni XXIII era un Concilio pastorale e di transizione epocale, che guardasse al
mondo moderno, basato sul rinnovamento della Chiesa e la revisione del modo di presentare la dottrina
cristiana al popolo.
Dopo un lungo periodo di ante-preparazione e preparazione, durante i quali vengono stilati e preparati i temi
e i punti da trattare, il Concilio, chiamato Vaticano II in ricordo, ma senza volerne essere una continuazione,
del Vaticano I che nel 1870 era stato sospeso e non più terminato a causa della presa di Roma da parte
dell’Italia, ebbe inizio ufficialmente l’11 ottobre 1962.
Alla vigilia, il 4 ottobre, come preparazione spirituale e per auspici di felice esito del Concilio, si reca in
pellegrinaggio a Loreto ed Assisi; era la prima volta che un Papa usciva ufficialmente da Roma dal 1870.
Parte la mattina con un treno donatogli dallo Stato Italiano dalla stazione del vaticano (riaperta).
Lungo tutto il percorso e nelle varie tappe è oggetto di manifestazioni da parte della gente (che lui non
trascura di salutare e benedire).
Il giorno dell’apertura del Concilio di presentarono in corteo in San Pietro circa 2500 padri provenienti da
tutto il mondo, con loro in aggiunta, una piccola rappresentanza di prelati di diverse confessioni religiose
delle Chiese separate, invitati a partecipare come fratelli a un evento di portata storica in qualità di
osservatori non votanti.
La sera di quel giorno, sempre in San Pietro si radunò un’enorme folla, che si dice di circa 200.000 persone,
che con fiaccole formano un’enorme croce in omaggio al Papa e al Concilio, in ricordo del Concilio di Efeso
del 431. Giovanni XXIII su richiesta del Segretario acconsente ad affacciarsi per salutare e benedire i romani
(si dice era stato programmato da lui stesso ma forse assorto com’era si era dimenticato) e lo fa con un
discorso improvvisato, il “Discorso alla Luna”, che rimarrà il più celebre della storia della Chiesa.
Tra le novità apportate dal Concilio, importanti furono l’uso della lingua volgare (della nazione) al posto del
solo latino per le messe e le celebrazioni, il prete che inizia a celebrare messa rivolto davanti ai propri fedeli
e non di spalle, l’uso dei mezzi di comunicazione moderni e le modalità del loro utilizzo da parte della
Chiesa.
Il Concilio terminò soltanto nel 1965, due anni dopo la morte di Giovanni XXIII, e fu portato a compimento,
con successo, dal suo successore, Paolo VI (Cardinale Montini).

MORTE – Era il 23 settembre 1962 quando, a causa dei persistenti dolori che sentiva, ricevette il responso
medico: cancro allo stomaco, incurabile. Da quel momento se rese lui stesso consapevole (ma ben accetto
da lui) che ormai gli restava poco da vivere.
Il 15 maggio 1963 scende per l’ultima volta in San Pietro per una pubblica udienza; due giorni dopo, il 17,
celebra la sua ultima Santa Messa.
Il 22 maggio, su consiglio medico rinuncia all’udienza ma si affaccia comunque alla finestra dando quello che
sarebbe stato l’ultimo saluto al popolo; nel suo piccolo discorso dice di correre verso il Maestro, confessando
poi in privato di averlo detto intenzionalmente.
Il 23 dà la sua ultima benedizione ai fedeli, mentre la domenica successiva i medici gli proibiscono persino di
affacciarsi alla finestra e viene diffuso tramite gli altoparlanti il bollettino medico del Papa, che allarma il
mondo.
Il mattino del 1 giugno riceve dal segretario (avallato dai medici) la notizia della sua morte imminente.
Chiede ai presenti di “aiutarlo a morire come si deve a un Vescovo, ad un Papa” e dal suo letto pronuncia un
discorso di circa 15 minuti.
Al momento di ricevere l’estrema unzione, monsignor Van Lierde ha un momento di incertezza sul rito da
compiere dovuto all’emozione di quell’attimo e viene corretto dallo stesso Papa morente. Al termine di tutto
porge un saluto personale ad ognuno e sussurra il suo pronostico sul suo successore indicando senza
esitazioni Montini.
La sera arrivano i fratelli con alcuni parenti, il cardinale Montini e i vescovi di Bergamo e Venezia. Le sue
condizioni peggiorano, spesso si addormenta e quando riapre gli occhi si unisce alle preghiere dei presenti.
Al nipote Zaverio, in piedi a capo del letto, dice con forza: “Scostati, mi nascondi il Crocifisso”.
Giovanni XXIII muore il 3 giugno 1963, lunedì di Pentecoste. I funerali si tengono il 6 giugno e vengono
trasmessi in mondovisione: tutto il mondo si è stretto attorno al Papa nell’ora della morte come mai era
successo prima.
Giovanni XXIII viene proclamato Beato il 3 settembre 2000 da Papa Giovanni Paolo II, e Santo il 27 Aprile
2014 da Papa Francesco.
La festa liturgica è iscritta nel Calendario romano generale l’11 ottobre come memoria facoltativa: San
Giovanni XXIII si festeggia il 3 giugno (in memoria della morte) o l’11 ottobre (in memoria del Concilio) nelle
diocesi di Milano e Bergamo.

L’UOMO

Angelo Roncalli era un uomo dall’anima buona che scelse come sua missione quella del Pastore di anime.
Per lui non c’era niente di meglio che occuparsi delle persone, stare coi proprio fedeli, portare loro la parola
del Signore e prepararli all’incontro con Lui. Lui stesso pronuncio la frase: “Oh Signore, dammi le anime, e
poi toglimi tutto”.
I suoi valori principali erano:
 la PIETA’, intesa come spirito di pietà, che per i sacerdoti è “la forza che dolcemente li dispone ai
grandi e piccoli sacrifici, la soavità che ingentilisce e rende simpatiche le loro persone e le loro
opere, e quella santa poesia del cuore per cui mantengono sempre il loro ottimismo per il bene,
senza lasciarsi fuorviare o distrarne da comecchessia”.
 l’UMILTA’, che è la poesia della semplicità, accettare volentieri la umiliazioni che Dio permette
perché ogni cosa ci è data da Dio, mentre la stima del mondo è vana spregevole per un sacerdote.
 la CARITA’, che è “la democrazia più perfetta, la carità è tutto e deve brillare in tutti gli atti nostri
come brillano le stelle di rugiada sui teneri fiori sui primi raggi del sole.
 il DESIDERIO DEL PARADISO, perché “sarà davvero un bel giorno quello in cui ci uniremo in
paradiso stringendo amicizie eterne, sorrise dalla luce e dalla carità di Dio”, per questo intanto
bisogna lavorare “con la letizia in volto sul volto e nel cuore, contenti che Dio ci guardi e tenga conto
dell’unico desiderio che ci muove in tutto, cioè la gloria sua e il suo regno nelle anime e nel mondo”.
 L’OBBEDIENZA TOTALE.

Durante tutta la sua vita portò con sé un motto, a cui fu sempre fedele: “Pax et Obedientia”. Questo motto
era opera del Cardinale Cesare Baronio, che ai tempi delle polemiche protestanti si oppose con un’opera di
valore molto superiore. Roncalli lo prese e lo fece suo invertendo però l’ordine delle parole in “Obedientia et
Pax”. Baronio, lavoratore instancabile, infatti si era fatto Santo obbedendo, e lui stesso dedica se stesso a
una totale obbedienza a Dio e al Papa suo portavoce, e ammette che queste due parole: “Illuminano e
spiegano assai bene tutta la mia vita”.
Le cariche che rivestì in vita, ad esempio, nonostante la sua grande umiltà gli facesse pensare di non
esserne degno, le accettò volentieri perché se quella era la volontà del Signore, lui come Suo servo doveva
obbedire.

Aveva sempre una parola buona per tutti un modo di aprirsi alla persone talmente amichevole e cordiale che
in seguito si parlò di questo come la sua “Diplomazia del cuore”. Roncalli con la sua carica di simpatia e
bontà facilitava rapporti cordiali, creava autentiche amicizie e riusciva a superare incomprensioni e
pregiudizi, favorendo dialoghi costruttivi.

Come Papa non intendeva essere un uomo di Stato, né un diplomatico, ma bensì un Papa Pastore del
popolo. Un buon pastore connesso al senso di fraternità: si sentiva, nonostante la sua carica, un fratello di
tutte le genti e come pastore aveva il dovere di guidare i suoi fratelli.
Non temeva infatti di presentarsi a tutti come fratello e di rendere partecipi i suoi interlocutori delle sue
difficoltà e incertezze, demitizzando così la figura del Papa a un ruolo più umano e fraterno.
Non sentiva più l’appartenenza a qualche forma di categoria o classe: tutto il mondo era la sua famiglia, e
per questo si rivolgeva a tutti indistintamente, rivolgendo un appello di fraternità e rispetto reciproco per
assicurare il bene supremo della pace. Pace di cui fu primo e principale sostenitore.

Durante tutta il suo pontificato, ogni giorno recitava il Rosario, ma ancor prima del suo rosario recitava
sempre una decina di Ave Maria dedicandole e tutti i bambini del mondo (non solo cristiani) nati nelle ultime
24 ore, perché così appena un bambino nasceva aveva la preghiera del Papa per sempre.
Come rappresentante di Cristo doveva rappresentarlo in tutto: se si crede nel Vangelo, il compito del Papa
non è chiuso a coloro che professano la fede cattolica e cristiana, ma il suo cuore deve espandersi a tutti.
Discorso alla luna (Papa Giovanni XXIII – 11/10/1962)

"Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il
mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera - osservatela in alto - a
guardare a questo spettacolo. Gli è che noi chiudiamo una grande giornata di pace. Di pace. Gloria a Dio e
pace agli uomini di buona volontà.

Ripetiamo spesso questo augurio! E quando possiamo dire che veramente il raggio, la dolcezza della pace
del Signore ci unisce e ci prende, noi diciamo "Ecco qui un saggio di quello che dovrebbe essere la vita,
sempre, di tutti i secoli, e della vita che ci attende per l'eternità". Dite un poco: se domandassi, potessi
domandare a ciascuno "Voi da che parte venite?", i figli di Roma, che sono qui specialmente rappresentati,
"Ah, noi siamo i vostri figlioli più vicini, voi siete il Vescovo di Roma".

Ma voi, figlioli di Roma, voi sentite di rappresentare veramente la Roma caput mundi, così come nella
Provvidenza è stata chiamata ad essere, per la diffusione della verità e della pace cristiana. In queste parole
c'è la risposta al vostro omaggio.

La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi diventato padre per la volontà di Nostro Signore,
ma tutti insieme, paternità e fraternità, è grazia di Dio. Tutto, tutto! Continuiamo dunque a volerci bene, a
volerci bene così, guardandoci così nell'incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte quello, se c'è,
qualche cosa che ci può tenere un po' in difficoltà. Niente. Fratres sumus. La luce che splende sopra di noi,
che è nei nostri cuori, che è nelle nostre coscienze, è la luce di Cristo, il quale veramente vuol dominare con
la grazia sua tutte le anime.

Stamattina è stato uno spettacolo che neppure la Basilica di San Pietro, che ha quattro secoli di storia, non
ha mai potuto contemplare. Apparteniamo quindi ad un'epoca nella quale siamo sensibili alle voci dall'alto, e
vogliamo essere fedeli e stare secondo l'indirizzo che il Cristo benedetto ci ha fatto. Finisco dandovi la
benedizione.

Accanto a me amo invitare la Madonna santa e benedetta, di cui oggi ricordiamo il grande mistero. Ho
sentito qualcuno di voi che ha ricordato Efeso e le lampade accese intorno alla Basilica di là, che io ho
veduto coi miei occhi - non a quei tempi, si capisce, ma recentemente - e che ricorda la proclamazione del
dogma della Divina Maternità di Maria. Ebbene, invocando Lei, alzando tutti insieme lo sguardo verso Gesù
benedetto, il Figliol Suo, ripensando a quello che è con voi, a quello che è nelle vostre famiglie, di gioia, di
pace, e anche un poco di tribolazione e di tristezza, la grande benedizione. Accoglietela di buon animo.
Questa sera lo spettacolo offertomi è tale da restare ancora nella mia memoria, come resterà nella vostra.
Facciamo onore alle impressioni di questa sera! Che siano sempre i nostri sentimenti come ora li
esprimiamo davanti al cielo e davanti alla terra.
Fede, speranza, carità, amore di Dio, amore di fratelli, e poi tutti insieme, aiutati così, nella santa pace del
Signore, alle opere del bene.
Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite "Questa è la carezza del
Papa".

Troverete qualche lacrima da asciugare. Fate qualche... dite una parola buona: "Il Papa è con noi,
specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza".
E poi tutti insieme ci animiamo cantando, sospirando, piangendo, ma sempre, sempre pieni di fiducia nel
Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuare e riprendere il nostro cammino.

Così dunque vogliate attendere alla benedizione che vi do e anche alla buona notte che mi permetto di
augurarvi, con la preghiera però che non si cominci... solamente... Oggi noi iniziamo un anno, un anno,
chissà... speriamolo bene! Il Concilio comincia e non sappiamo quando finirà, potesse finire prima di Natale,
ma forse forse non riusciremo a dir tutto, a intenderci su tutto bene.
Ci vorrà un altro ritrovo, ma se il ritrovarci così deve sempre allietare le nostre anime, le nostre famiglie,
Roma e tutto quanto il mondo tutto intero, vengano pure questi giorni, li aspettiamo in benedizione".

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