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Struttura della materia

Bernasconi Unimib
2016-2017

8 ottobre 2019
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Capitolo 1. Capitolo 1 2 / 64

Capitolo 1

Capitolo 1

1.1 Lezione 1 - 28 novembre 2016

1.1.1 Meccanica Statistica

Sistema isolato ( E = cost )

La meccanica statistica riguarda un insieme di leggi che ci permettono di passare


dalla descrizione di un sistema microscopico a quella di un sistema macroscopico,
da un dominio quantistico ad un dominio termodinamico. In particolare, risulta
fondamentale la relazione che lega l’Entropia S di un sistema, che è una proprietà
macroscopica, al numero di stati microscopici in cui il sistema possa trovarsi, tutti
corrispondenti all’energia E . Tale proprietà è chiamata molteplicità degli stati
e si indica con simbolo g(E) . La relazione che si ha tra le due è

S = kB ln g(E)

Vediamo come giustificarla. Abbiamo un sistema isolato ad energia E , con mol-


teplicità di stati g(E) , ogni stato equiprobabile. Tale situazione è anche chiamata
equiprobabilità degli stati degeneri. Supponiamo di poterlo suddividere in
due sottosistemi, che possano scambiare energia tra loro, ma non particelle. Po-
tremo definire un’energia associata ad ognuno dei due sottosistemi, ciascuno con
la propria molteplicità g1 (E1 ) e g2 (E2 ) . Naturalmente si ha E1 + E2 = E . La
molteplicità del sistema complessivo sarà

g(E) = g1 (E1 )g2 (E2 )

Supponendo che l’energia totale del sistema sia fissata, possiamo riscrivere la
molteplicità di stati in funzione della sola energia del sottoinsieme 1 :

g(E) = g1 (E1 )g2 (E − E1 )

Ora sommiamo su tutte le energie possibili



g(E) = g1 (E1 )g2 (E − E1 )
E1
Capitolo 1. Capitolo 1 3 / 64

Sosteniamo, senza dimostrarlo, che tale oggetto sia molto localizzato attorno ad
un punto. Ci possiamo chiedere quale sia il termine dominante della sommatoria.
Tale termine corrisponderà al particolare valore dell’energia del sottosistema 1
tale che quella distribuzione abbia valore massimo.
Quindi stiamo cercando la soluzione dell’equazione

df (E1 )
=0
dE1
operiamo

dg1 (E1 ) dg2 (E2 )


g2 (E2 ) − g1 (E1 ) =0
dE1 dE2
Dove abbiamo calcolato:

dg2 (E2 ) dg2 (E2 ) dE2 dg2 (E2 )


= =−
dE1 dE2 dE1 dE2
Tralasciando le dipendenze possiamo dunque scrivere

1 dg1 1 dg2
=
g1 dE1 g2 dE2
d ln g1 d ln g2
=
dE1 dE2
Quindi risolvendo quell’equazione troveremo la partizione con il massimo numero
di microstati che dominerà nella somma. Leggo questa particolare partizione come
la partizione più probabile dell’energia nei due sottosistemi. Quando si raggiun-
ge questa partizione abbiamo il maggior numero di microstati. Tale situazione
microscopica la leggiamo come situazione di equilibrio macroscopico rispetto allo
scambio di energia tra i due sistemi. Dalla termodinamica classica sappiamo che
una situazione tale si ha quando i due sistemi sono alla stessa temperatura. C’è
quindi equilibrio termico. Possiamo dunque scrivere

T1 = T2

Vogliamo stabilire una relazione tra le due equazioni appena scritte. Equivalen-
temente possiamo dire che l’inverso delle temperature dev”essere uguale.

1 1
=
T1 T2
Ora nell’equazione microscopica abbiamo l’inverso dell’energia. Dobbiamo molti-
plicare a numeratore per una costatne che abbia le dimensioni di energia diviso
temperatura, sia essa k .

d ln g1 d ln g2
k =k
dE1 dE2
Capitolo 1. Capitolo 1 4 / 64

Il primo principio della termodinamica ci dice che, per una trasformazione rever-
sibile,

dE = T dS − P dV

Riscriviamo

1 P
dS = dE + dV
T T
Che può essere letto come il differenziale totale della funzione entropia. In questo
senso, possiamo pensarla come funzione dell’energia e del volume di un sistema
isolato. Allora

∂S ∂S
dS = dE + dV
∂E V ∂V E

In particolare ci interessa che

∂S 1
=
∂E T
Confrontando le due equazioni che descrivono l’equilibrio tra i due sottosistemi,
possiamo identificare

S = kln g

Nota tale proprietà allora le due uguaglianze corrispondono. La costante k per


adesso è semplicemente una costante dimensionale, vedremo in realtà che quella
è proprio la costante di Boltzmann. A partire da quella relazione dimostreremo
l’equazione di stato per i gas perfetti. Così definita, l’entropia è una proprie-
tà estensiva. Nel senso che, avendo due sistemi , l’entropia totale è la somma
dell’entropia dei due sistemi. Infatti

S = kb ln g = kb ln g1 g2 = kb (ln g1 + ln g2 )

Sistema a volume fissato

Consideriamo ora un sistema in equilibrio con l’ambiente esterno, con il quale può
scambiare energia ma non particelle, a volume costante. Indichiamo l’ambiente
con il termine “Reservoir” , serbatoio, per cui useremo simbolo R , mentre per
l’ambiente avremo simbolo S .Qual è la probabilità che il sistema si trovi ad un
particolare valore d’energia Es ?
In questo caso la probabilità segue una distribuzione alla Boltzmann

− kEsT
P (Es ) ∝ e b

Il sistema S +R è un sistema isolato con energia totale costante. Quindi possiamo


farlo rientrare nella descrizione precedente. Sappiamo che tutti i microstati sono
Capitolo 1. Capitolo 1 5 / 64

equiprobabili, quindi la probabilità che abbia l’energia abbia un certo valore Es


sarà proporzionale al numero di microstati che il sistema può avere a quell’energia

P (Es ) ∝ gs (Es )gR (E − Es )

Tramite formula inversa dalla relazione che lega entropia e molteplicità di stati
si ottiene

S
gS (E) = e kB

Dunque

SS (ES ) SR (E−ES
P (Es ) ∝ gs (Es )gR (E − Es ) = e kB
e kB

Siccome il sistema S è piccolo rispetto all’ambiente, le sue perturbazioni varie-


ranno di poco la situazione dell’ambiente, quindi ES << E . Sviluppiamo in serie
di Taylor
SR (E − Es ) = SR (E) + ∂SR
∂E (−Es )
Che possiamo sostituire

Ss (Es ) SR (E) −Es


P (ES ) ∝ e kB
e kB
e kB T

Dove abbiamo sfruttato la relazione nota

∂S 1
=
∂E T
Dei tre termini che contribuiscono, il primo è la molteplicità di stati del sistema,
il secondo è la molteplicità di stati dell’ambiente che, essendo ad energia fissa-
ta, si riduce ad una costante moltiplicativa, il terzo è un fattore di Boltzmann.
Scriviamo dunque che

− kEsT
P (Es ) ∝ gs (Es )e B

Per trovare la costante di proporzionalità la distribuzione dev’essere normalizzata:



P (Es ) = 1
Es

Scriviamo tale costante come un oggetto a denominatore z

− kEsT
gs (Es )e B
P (Es ) =
z
Normalizzando abbiamo

1∑ − Es
1= gs (Es )e kB T
z
Es
Capitolo 1. Capitolo 1 6 / 64

Tralasciando il pedice S generalizziamo a qualunque sistema ottenendo l’oggetto

∑ − k ET
z= g(E)e B

chiamato funzione di partizione. La relazione

− k ET
g(E)e B
P (E) =
z
Si chiama distribuzione di Boltzmann per un sistema canonico. Tale
distribuzione ci permette di calcolare alcune proprietà rilevanti del sistema.

Energia media di un sistema canonico

Per definizione di media statistica si ha che



⟨E⟩ = EP (E)
E

In meccanica statistica si definisce l’oggetto

1
β=
kB T
Il valor medio dell’energia dunque

∑ g(E) −βE
⟨E⟩ = E e
z
E

Notiamo che

−βE ∂ ( −βE )
Ee =− e
∂β

Quindi sostituiamo nella sommatoria

1∑ ∂e−βE
− g(E)
z ∂β
E

Portiamo fuori il simbolo di derivata

1 ∂ ∑ 1 ∂
− g(E)e−βE = − z
z ∂β z ∂β
E

E infine otteniamo che

∂ln z
⟨E⟩ = −
∂β
Capitolo 1. Capitolo 1 7 / 64

Vediamo dunque che la funzione di partizione contiene informazioni sulle pro-


prietà macroscopiche del sistema. Essa è in qualche modo un conteggio degli stati
microscopici. E’ una misura degli stati accessibili che corrispondono alle energie
che il sistema può avere ad una data temperatura . Per temperature basse ci
saranno sempre meno stati accessibili al sistema, infatti il termine esponenzia-
le tende a diminuire; per temperature sempre più alte il sistema avrà energia
maggiore e potrà dunque accedere a più microstati.
Esempio

Per calcolare le proprietà termodinamiche di un sistema partiamo dalla meccanica


quantistica, contiamo gli stati microscopici e infine calcoliamo gli stati accessibili
tramite funzione di partizione.
Consideriamo un oscillatore armonico quantistico , ad esempio una molecola che
vibra. Supponiamo scambi energia con l’ambiente, il quale si trova a temperatura
T fissata. Qual è il valor medio dell’energia della molecola ?
Sappiamo che i livelli energetici, che chiamiamo εn , sono quantizzati tramite
( )
1
εn = ℏω +n
2

Cerchiamo la funzione di partizione del nostro sistema molecola + ambiente.


Poichè i livelli energetici sono tutti non degeneri, la molteplicità di stati ad ogni
energia sarà sempre pari ad 1 . quindi scriviamo

∑ − k ET
z= g(E)e B

E

e−ℏω(n+ 2 )β
1
=
n

− βℏω
=e 2 e−βℏωn
n

βℏω ∑( )n
= e− 2 e−βℏω
n
−βℏω
e << 1

βℏω 1
= e− 2
1 − e−βℏω
Ora riprendiamo l’equazione precedente per il valor medio dell’energia


⟨E⟩ = − ln z
∂β

Analizziamo innanzitutto il logaritmo

βℏω ( )
ln z = − − ln 1 − e−βℏω
2
Capitolo 1. Capitolo 1 8 / 64

Inseriamo nell’energia media

ℏω ∂ ( )
−βℏω
⟨E⟩ = + ln 1 − e
2 ∂β
ℏω 1
= + ℏωe−βℏω
2 1 − e−βℏω
ℏω ℏω
= + βℏω
2 e −1
Questo oggetto ha tre termini interessanti:

ℏω
• 2 è l’energia di stato fondamentale

• ℏω a numeratore è un generico quanto d’energia

• eβℏω − 1 a denominatore è una distribuzione di Planck

Media di Ansemble

Con questa distribuzione di probabilità si può calcolare l’energia media. Ma l’e-


nergia è una delle possibili osservabili che si possono misurare in un sistema. In
meccanica quantistica, ad ogni osservabile si può associare un operatore. Ci chie-
diamo quale sia il valor medio di una qualunque osservabile misurata nel nostro
sistema in equilibrio termico con l’ambiente a temperatura T .
In meccanica quantistica scriviamo ⟨i|Ô|i⟩ . Il valor medio statistico sarà la somma
su ogni stato i per la probabilità che il sistema sia in quello stato - Se il nostro
sistema è in equilibrio con l’ambiente a temperatura T tale probabilità è assegnata
dalla distribuzione di Boltzmann

⟨O⟩ = ⟨i|Ô|i⟩P (Ei )
i

Tale oggetto è detto media di ansemble. Infatti, non stiamo considerando un


singolo stato microscopico ma tutti quelli accessibili al sistema ciascuno pesa-
to con la propria distribuzione di probabilità. Se il sistema è in equilibrio con
l’ambiente a temperatura T e quindi posssibamo scrivere la probabilità secondo
Boltzmann, allora fare una media di questo tipo si dice anche fare una media
di ansemble canonica. L’insieme degli stati possibili del sistema è il cosiddetto
ansemble canonico, e tra questi ci sono tutti e soli gli stati a tutte le possibili
energie.
Se invece il sistema in analisi è un sistema isolato, allora l’insieme degli stati sono
tutti gli stati microscopici a energia fissata. Stiamo considerando infatti fissata
l’energia e consideriamo l’insieme degli stati microscopici che concorrono a creare
quell’energia. Possiamo ancora calcolare la media su tutti gli stati, restrigendoci
ai soli stati che corrispondono all’energia fissata. In un sistema isolato ogni stato
è equiprobabile e sappiamo che la probabilità dev’essere normalizzata

Pi = 1
i
Capitolo 1. Capitolo 1 9 / 64

Ma Pi = P̄ quindi scriviamo

∑ ∑ 1
P̄ = 1 = P̄ = P̄ g(E) −→ P̄ =
g(E)
i∈E i ∈E

Infatti la somma di tutti gli stati ad energia fissata è per definizione la molteplicità
di stati. Una media in cui si sfrutti tale distribuzione di probabilità è detta media
di ansemble microcanonica . L’ansemble microcanonico è costituito da
tutti i microstati che danno energia fissata E .

1.2 Lezione 2 - 29 novembre 2016

Potenziale termodinamico

Il potenziale termodinamico è una quantità associabile ad un sistema termodina-


mico che descrive l’approccio all’equilibrio del sistema, cioè come variano alcune
caratteristiche del sistema quando questo si trova in equilibrio. Per un sistema
isolato (microcanonico), è l’entropia S la quantità che corrisponde al potenziale
termodinamico ed abbiamo visto che questa è massima quando il sistema è in
equilibrio.
Consideriamo adesso un sistema canonico, in cui abbiamo fissato volume e tempe-
ratura dell’ambiente con cui il sistema è in equilibrio. In questo caso il potenziale
termodinamico è rappresentato dall’energia libera di Helmoltz. Tale energia
la indichiamo con F .

F (V, T ) = E − T S

Dove E è l’energia del sistema, T temperatura S è l’entropia. Notiamo che sic-


come quest’ultima è preceduta da un segno negativo e dovendo essere massima
all’equilibrio, allora F sarà minima.
In un sistema canonico, si trova che

F = −kB T ln z (∗)

Vogliamo dimostrarlo. Se sappiamo calcolare la funzione di partizione, sappiamo


calcolare la F , grazie alla quale abbiamo uno strumento per calcolare diverse
cose.
Ad esempio, l’equazione di stato. Supponiamo di avere un gas in una scatola,
l’equazione di stato è una funzione che lega la pressione alla temperatura e al
volume

P = P (V, T, N )

dove abbiamo inserito anche il numero di particelle N per generalità. Ricordiamo


il primo principio della termodinamica

dE = T dS − P dV
Capitolo 1. Capitolo 1 10 / 64

Supponiamo di voler calcolare il differenziale di F (V, T )

∂F ∂F
dF = dV + dT
∂V ∂T
Ora sostituiamo la formula dell’energia libera e la confrontiamo con il primo
principio della termodinamica:

dF = dE − T dS − SdT = −P dV − SdT

Uguagliando le due scritture identifichiamo

∂F ∂F
= −P = −S
∂V ∂T
Sapendo dunque calcolare la z sappiamo calcolare F e da questa possiamo trovare
la pressione in funzione del volume e della temperatura , e anche l’espressione
dell’entropia per un sistema in equilibrio con l’ambiente a temperatura e volume
fissati. Ora vogliamo dimostrare che valga la relazione di partenza (∗) , inoltre ci
proponiamo di mettere tante particelle in una scatola, identiche e non interagenti
tra loro (ad esempio un gas di atomi) e calcolare la funzione di partizione di tale
sistema.
Abbiamo la definzione dell’energia libera di Helmoltz, supponiamo che sia verifi-
cato il sistema di sopra, allora possiamo scrivere

∂F
F =E+T
∂T
Abbiamo dimostrato che in un sistema canonico l’energia è assegnata dalla fun-
zione di partizione

∂ln z
E=−
∂β
Sostituiamo ancora in F

∂ln z ∂F
F =− +T
∂β ∂T
Supponiamo di conoscere la funzione di partizione. Ora il secondo termine si può
riscrivere tramite

∂F ∂F ∂β ∂F 1 ∂F
T =T =− = −β
∂T ∂β ∂T ∂β kB T ∂β
1
Ricordando che β = kB T . Torniamo dentro l’equazione per l’energia libera di
Helmoltz:

∂F ∂ln z
F +β =−
∂β ∂β
∂(βF )
L’oggetto a sinistra lo scriviamo ∂β
Capitolo 1. Capitolo 1 11 / 64

∂ (βF ) ∂ln z
=−
∂β ∂β

Da cui ricaviamo che

βF = −ln z + cost

Per T → 0 l’energia libera tende al valore di energia di stato fondamentale F →


E0 . Scrivendo il limite

 
1 ∑ −βEi 1 ( )
lim F = lim − ln e g(Ei )+ cost = − ln e−βE0 + cost = E0 + cost = E0
T →0 E→E0 β β
Ei

e l’ultima uguaglianza è valida se e solo se cost = 0 . Possiamo dunque concludere


che effettivamente

F = −kB T ln z

Degenerazione di scambio

Vogliamo adesso calcolare la funzione di partizione di una particella in una scatola.


inseriamo particelle tutte identiche. Le proprietà di tali particelle sono enunciate
nel corso di mq. Facciamo un breve richiamo
Sia la scatola monodimensionale di lunghezza L . sappiamo che le energie discre-
te associate alle singole particelle sono scrivibili con la relazione εn = ℏ2m
2 k2
n
, con
πn
kn = L . La funzione d’onda che rappresenta la singola particella nella scatola

è un (x) = L2 sin kn x . Consideriamo ora due particelle presenti. L’hamiltoniana
del sistema è data dalla somma delle hamiltoniane delle due particelle. L’hamil-
toniana è separabile, quindi gli autostati si scrivono come prodotto tra autostati
delle hamiltoniane delle singole particelle:

un1 ,n2 (x1 , x2 ) = un1 (x1 )un2 (x2 )

L’energia del sistema sarà a sua volta somma dell’energie assegnate dai numeri
quantici delle due particelle

E = εn1 + εn2

Una possibile configurazione si ha con particella 1 sullo stato con energia εa e


particella 2 sullo stato con energia εb . Tale autostato sarà

u(1εa , 2εb ) = ua (x1 )ub (x2 )

Avremmo potuto anche fare il contrario, ottenendo uno stato diverso in cui
Capitolo 1. Capitolo 1 12 / 64

u(1εb , 2εa ) = ub (x1 )ua (x2 )

Pur essendo due autofunzioni diverse, entrambe corrispondono alla stessa energia
totale del sistema. Si dice dunque che tale energia è degenere con grado di
degenerazione pari a 2. Questa degenerazione è anche detta degenerazione di
scambio in quanto coinvolge lo scambio di due particelle e delle loro energie.
Sappiamo dalle regole di meccanica quantistica che uno stato simile può essere
descritto da combinazioni lineari degli autosti di singola particella a simmetria
definita:

1
ψsimmetrica = √ [ua (x1 )ub (x2 ) + ub (x1 )ua (x2 )]
2
1
ψantisimmetrica = √ [ua (x1 )ub (x2 ) − ub (x1 )ua (x2 )]
2
Se le due particelle in questione fossero identiche, sappiamo che a seconda che
abbiano spin intero ( bosoni) o spin semi-intero (fermioni) la parte spaziale
della funzione d’onda complessiva sarebbe rispettivamente ψsimmetrica oppure
ψantisimmetrica . In questo modo si andrebbe effettivamente a rompere la degene-
razione perchè solo uno dei due casi appena visti sarebbe possibile.

Problema a tre particelle

Consideriamo adesso tre particelle in una scatola monodimensionale di dimensio-


ne L . Supponiamo che le tre particelle siano identiche, a spin s = 21 . Supponiamo
che gli stati di spin siano distribuiti casualmente, per semplicità stabiliamo che
due particelle avranno stato di spin ms = + 12 , che indichiamo con simbolo α
e una particella avrà stato di spin ms = − 12 , che indichiamo con simbolo β .
Supponiamo che il sistema abbia tre soli livelli energetici, εa , εb , εc . In generale,
una funzione d’onda di singola particella in tale sistema sarà della forma

ψ = ψspaziale ψspin

Costruiamo una matrice, in cui ogni elemento è una funzione d’onda di tale forma,
ogni riga corrisponde ad uno stato energia-spin, ogni colonna corrisponde ad una
particella.
 
ua (x1 )α(1) ua (x2 )α(2) ua (x3 )α(3)
 ub (x1 )α(1) ub (x2 )α(2) ub (x3 )α(3) 
uc (x1 )β(1) uc (x2 )β(2) uc (x3 )β(3)

Facciamone il determinante. Ogni termine del determinante è il prodotto tra


funzioni d’onda delle particelle. Il determinante di una matrice di ordine n ha
n! termini. In questo caso avremo quindi 3! termini cioè 6. Tale oggetto avrà le
corrette proprietà di antisimmetria rispetto allo scambio. La somma è di 6 pezzi
ortogonali tra loro, per normalizzare basta moltiplicare per √13! .
Il determinante che abbiamo appena fatto si chiama determinante di Slater,
ed è il modo per costruire una funzione d’onda a più particelle come prodotti di
Capitolo 1. Capitolo 1 13 / 64

funzioni d’onda di singole particelle, con le corrette proprietà di antisimmetria


rispetto allo scambio.
Sappiamo che una proprietà del determinante è che una matrice con due righe (
o colonne ) uguali ha determinante nullo. Vuol dire che se poniamo due particelle
sullo stesso stato non possiamo costruire la funzione d’onda che vogliamo. Allora
lo stato non esiste: due particelle identiche a spin semintero infatti non possono
stare sullo stesso stato. Questo è un esempio del principio di esclusione di Pauli.
Per quanto riguarda sistemi di bosoni, la costruzione di una funzione d’onda
complessiva che abbia le corrette proprietà di simmetria rispetto allo scambio
passa ancora per il determinante di Slater, in cui però imponiamo solo segni
positivi nei calcoli.

1.3 Lezione 3 - 30 novembre 2016

1.3.1 Ricerca equazione di stato dei gas

1.3.2 Problema di un gas in una scatola infinita

Scatola cubica di lato l → ∞ al cui interno inseriamo m particelle. Se siamo


interessati a studiare proprietà macroscopiche del sistema, ci interessa poco di
capire cosa succede ai bordi, tralasciamo il fatto che la funzione d’onda si annulli
al bordo della scatola, piuttosto imponiamo delle condizioni di periodicità della
funzione d’onda .
Cominciamo dal caso monodimensionale. L’hamiltoniana del sistema si riduce
all’interno della scatola ad un’hamiltoniana di particella libera:

p̂2
Ĥ =
2m
Le soluzioni dell’equazione agli autovalori sono rappresentate da funzioni oscil-
lanti del tipo

u(x) = Aeikx + Be−ikx

Imponiamo la condizione di periodicità:

u(x + L) = u(x)

Da questa otteniamo

eik(x+L) = eikx

Il che significa

kL = 2πn

Le soluzioni sono delle funzioni dipendenti ancora da un numero quantico intero


Capitolo 1. Capitolo 1 14 / 64


un (x) = N eikn x kn = n
L
Ci occupiamo della normalizzazione:
∫ L
|un (x)|2 = 1
0

Che ci porta a scrivere

1
un (x) = √ eikn x
L
Gli autovalori dell’energia sono sempre

ℏ2 kn2
εn =
2m
Passiamo alle tre dimensioni: L’hamiltoniana è data dalla somma di tre hamilto-
niane del tipo appena visto, una per ogni dimensione

p̂2x p̂2y p̂2


Ĥ = + + z
2m 2m 2m
L’equazione agli autovalori è dunque separabile, la funzione d’onda sarà il pro-
dotto di funzioni d’onda monodimensionali

1
unx ,ny ,nz (x, y, z) = √ eikx x eiky y eikz z
V
Il prodotto di tre onde piane lungo direzioni ortogonali può essere riscritto

⃗ nx
eik·⃗r ⃗k = 2π ny 
u⃗k (⃗r) = √
V L
nz

L’energia dipende ancora da ⃗k , è quantizzata secondo i valori discreti

ℏ2 |⃗k|2
ε⃗k =
2m
Le formule appena viste descrivono una singola particella nella scatola. Vogliamo
ora calcolare la funzione di partizione di questo sistema. Discutiamo per ora un
caso particolare, in cui il gas si può considerare ideale ( particelle non interagenti
e ben distanziate).

Z= e−βE
E

L’energia totale sarà la somma delle energie delle singole particelle


Capitolo 1. Capitolo 1 15 / 64


E= εn
n

Quindi possiamo riscrivere la funzione di partizione esplicitando la distinzione tra


le particelle
∑ ∑
Z= e−βε1 · · · e−βεn
ε1 εn

Ognuna delle somme in realtà è uguale alle altre perchè ogni particella è de-
scritta dagli stessi livelli energetici, tutti quelli possibili all’interno della scatola.
Otteniamo dunque che

( )N

Z(T, N ) = e−βε = Z1N
ε

Dove il pedice sta a indicare che sarebbe una funzione di partizione di una parti-
cella. Quindi avendo N particelle identiche, tutte con la medesima hamiltoniana,
la funzione di partizione è il prodotto tra le funzioni di partizione di tutte le
particelle.
Nel fare questa deduzione però non abbiamo considerato una cosa importante:
nella somma si distinguono configurazioni in cui scambiamo le energie tra parti-
celle diverse. Ma abbiamo detto che le particelle sono identiche, quindi la degene-
razione di scambio viene rimossa come abbiamo visto in precedenza. Quindi nella
nostra funzione di partizione stiamo contando troppi stati. Eliminare in modo
esatto la degenerazione di stato con questo formalismo è complicato, proviamo a
fare un’approssimazione.
Supponiamo che il numero di particelle nella scatola sia molto inferiore rispetto
al numero di stati accessibili dalle particelle. Una situazione simile si ha per gas
molto caldi, infatti il numero di stati accessibili dipende dalla temperatura. In
questa situazione, la probabilità che un singolo livello di energia sia occupato da
più di una particella è molto bassa. In qualche modo, non vogliamo preoccuparci
del principio di esclusione di Pauli.
Il modo per eliminare la degenerazione di scambio in tale situazione è dividere la
funzione di partizione per il numero di permutazioni, cioè il numero di volte in
cui possiamo distribuire N particelle sugli N livelli energetici

( )N
1 ∑
Z(T, N ) = e−βε
N! ε

Adesso possiamo calcolare facilmente la funzione di partizione di una singola


particella

∑ ∑ ℏ2 |⃗
k|2
Z1 = e−βε = e−β 2m

ε ⃗k

Supponiamo di metterci nello spazio tridimensionale discreto dei numeri quantici


nx , ny , nz . In questo spazio, nel limite in cui le dimensioni della scatola tendano
Capitolo 1. Capitolo 1 16 / 64


all’infinito, la somma su tutti i cubi di spigolo L equivale a fare un integrale
diviso il volume di un singolo cubetto

∑ ∫
d3⃗k
−→ ( 2π )3
⃗k L

Quindi otteniamo

∫ ∫ ∫ ∫
V ℏ2⃗
k2 V ℏ2 k 2 V ℏ2 k2
Z1 = d3⃗ke−β 2m = dΩ dkk 2 e−β 2m = 4π dkk 2 e−β 2m
8π 3 8π 3 8π 3

Dove abbiamo fatto un passaggio in coordinate sferiche. Operiamo un cambio di


variabili del tipo

( )1
βℏ2 k 2 2m 2 2m 2
2
x = → 2
k = x dk = dx
2m βℏ2 βℏ2

e otteniamo

( )3 ∫ ∞
V 4π 2m 2
dxx2 e−x
2
Z1 =
8π 3 βℏ2 0

π
L’integrale è di tipo gaussiano uguale a 4

√ ( )3
π 2m 2
Z1 = V 3
8π βℏ2

A lato destro dell’equazione abbiamo un volume e una quantità che deve ave-
re le dimensioni di una densità, poichè la funzione di partizione è un oggetto
adimensionale. Possiamo scrivere dunque

Z1 = V n Q

dove nQ è detto densità quantica. Infatti ricordiamo che la funzione di partizione


rappresenta il numero di stati accessibili dal sistema e dividendo per il volume
del sistema otteniamo esattamente la densità di stati.
Calcoliamo ora la funzione di partizione totale. Abbiamo visto in precdenza che

Z1N
Z=
N!
Inoltre sappiamo che

∂F
F (V, T ) = −kB T ln Z P =−
∂V
Inserendo la funzione di partizione del sistema nell’energia libera di Helmoltz
calcoliamo
Capitolo 1. Capitolo 1 17 / 64

( )
Z1N ( )
F = −kB T ln = −kB T ln Z1N − ln N ! = −kB T N ln Z1 + kB T ln N !
N!

Calcoliamo la pressione

∂ [−kB T N ln (V nQ ) + kB T ln N !] 1
P =− = kB T N
∂V V
Da cui ricaviamo l’equazione dei gas perfetti già nota dalla termodinamica classica

P V = N kB T

In particolare abbiamo anche dimostrato che il coefficiente che compare in

S = kln g(E)

è esattamente la costante di Boltzmann. Tenendo conto che N V = n è la densità


delle particelle nella scatola, l’approssimazione di gas ideale può essere scritta
come n << nQ .

Estensività di F

Tutto il discorso regge se F è una proprietà estensiva. Ciò vuol dire che

F (αN, αV ) = αF (N, V )

Dove α è un coefficiente di proporzionalità. Questo a sua volta vale se dividiamo


la funzione di partizione per il numero di permutazioni

F = −kB T N ln (V nQ ) + kB T ln N !

Con la formula di stirling possiamo scrivere

F = −kB T N ln (V nQ ) + kB T (N ln N − N )
= −kB T N ln (V nQ ) − kB T (−N ln N + N )
V nQ
= −kB T N ln − kB T ln N
N
che soddisfa la proprietà di estensività. L’ultima equazione rappresenta l’energia
libera di Helmoltz per un gas ideale classico. L’aggettivo classico deriva dal fatto
che data l’approssimazione n << nQ che le particelle siano Bosoni o Fermioni è
irrilevante in quanto non entra in gioco il principio di Pauli.
Capitolo 1. Capitolo 1 18 / 64

Energia media Riprendiamo la relazione

∂ln Z
E(T ) = −
∂β

Scriviamo


E(T ) = − [N ln Z1 − ln N !]
∂β
( )3
∂ 1 2
= −N ln
∂β β
( )3
2
In quanto ricordiamo che Z1 ∝ 1
β . Procediamo nei conti

∂ [ ]
−ln β − 2
3
E(T ) = N
∂β
∂ 3
=N ln β 2
∂β
3 ∂
= N ln β
2 ∂β
3
= N kB T
2

Entropia L’energia libera di Helmoltz

F = E − TS

Ci permette di calcolare l’entropia del sistema


( )
E−F nQ 3 nQ 5
S= = kB N ln + kB N + N kB = kB N ln +
T n 2 n 2

Detta relazione di Sackur-Tetrode.


Definizione (Gas classico)

Un gas che soddisfi la condizione n << nQ si chiama gas classico o anche gas non
degenere, in quanto abbiamo eliminato il problema della degenerazione.
Quando invece non vale la condizione il gas è detto degenere.

Caso gas degenere

In questo caso è complicato se partiamo dalla relazione



Z = E e−βE
Più agevole è la trattazione in cui cambiamo ansemble. Finora abbiamo tenuto
l’ansemble canonico, in cui fissiamo il numero di particelle, la temperatura e il
volume del sistema.
Capitolo 1. Capitolo 1 19 / 64

Potenziale termodinamico

Abbiamo visto che l’entropia rappresenta il potenziale termodinamico per l’an-


semble microcanonico. Possiamo pensarla come una funzione che dipenda da ener-
gia e volume del sistema. Tipicamente la funzione è invertibile, in modo che pos-
siamo scrivere anche una funzione dell’energia che dipenda dall’entropia e dal
volume.
Mentre l’energia libera di Helmoltz la pensiamo come funzione della temperatura
e del volume. Confrontando i due oggetti

E = E(S, V )
F = F (T, V )

Notiamo che abbiamo cambiato una proprietà estensiva (S) in una intensiva (T)
. Questi due oggetti non sono indipendenti ma sono legati da trasformate di
Legendre. Pertanto si dicono variabili coniugate
Supponiamo di avere una funzione f (x) monotona . L’entropia pensata come
∂S
funzione dell’energia è sicuramente monotona, infatti vale che ∂E = T1 . Quindi
non c’è un massimo. L’informazione che c’è nella funzione f (x) è la stessa che
si può ottenere costruendo un’altra funzione in modo seguente. Prendiamo ogni
punto della funzione e calcoliamo la derivata in quel punto. Troviamo l’intercetta
con l’asse y in modo da ottenere una funzione y = y(f ′ (x)) . Questa è uguale a

y = f (x) − f ′ (x)x

Se la funzione è monotona anche la derivata è invertibile x = x(f ′ ) allora possiamo


rivedere l’ultima equazione

y(f ′ ) = f (x(f ′ )) − f ′ x(f ′ )

Questa funzione è la trasformata di Legendre della funzione f (x) .


Adesso, F è la trasformata di Legendre dell’energia E rispetto all’entropia S .

∂E
F =E− S
∂S
∂E
Sappiamo che ∂S = T , dunque

F = E − TS

che è l’espressione nota. Ora possiamo leggere l’entropia come funzione della
derivata dell’energia rispetto all’entropia stessa, cioè la temperatura: S = S(T ) .
L’energia libera di Gibbs è invece la trasformata di Legendre della F rispetto al
volume V

∂F
G=F − V = E − TS + PV
∂V
Capitolo 1. Capitolo 1 20 / 64

1.4 Lezione 4 - 1 dicembre 2016

L’energia libera di Gibbs è il potenziale termodinamico dell’ansemble a tempera-


tura e pressione costanti , oltre al numero di particelle.
Consideriamo un altro potenziale termodinamico, che si ottiene facendo la tra-
sformata di Legendre dell’energia rispetto al volume, chiamato Entalpia

∂E
H=E− V = E + PV
∂V
che è il potenziale termodinamico in un sistema a pressione costante ed entro-
pia costante, cioè può variare il volume ma non scambia calore, energia con
l’ambiente.

1.4.1 Gas degeneri

Vogliamo studiare i gas in cui gli effetti quantistici sono importanti. Per studiare
tali gas, l’ansemble canonico non è molto conveniente per ragioni pratiche. Un
ansemble più utile è quello che corrisponde alla situazione in cui il nostro sistema
può anche scambiare particelle con l’ambiente.
Dobbiamo discutere come si possa definire una condizione di equilibrio rispetto
allo scambio di particelle. L’equilibrio del sistema con l’ambiente rispetto allo
scambio di energia è la temperatura, che è una proprietà intensiva dell’ambiente
con cui il sistema è in equilibrio. Rispetto allo scambio di particelle introduciamo
un’altra variabile intensiva che si chiama Potenziale chimico, si indica con µ .
Tale oggetto è definito come segue: supponiamo di avere un sistema isolato ideale,
separato in due sottosistemi. Supponiamo che il sistema sia a temperatura fissata.
I due sottosistemi possono scambiare tra loro energia e particelle. Ci chiediamo,
se abbiamo complessivamente N = N1 + N2 particelle, quale sia la partizione più
probabile di particelle tra i due sottosistemi.
La condizione di equilibrio può essere vista per ill sistema complessivo, come la
condizione che rende minima l’energia libera di Helmoltz , infatti il sistema è in
equilibrio a temperatura fissata con un ambiente esterno.

dF = 0

Possiamo pensare F = F1 (N1 ) + F2 (N2 ) . La condizione di minimo dell’energia


libera di Helmoltz la scriviamo come

∂F1 ∂F2
dF = dF1 + dF2 = 0 = dN1 + dN2
∂N1 ∂N2
Siccome il numero totale di particelle è conservato, quelle che passano da un
sottosistema vanno nell’altro

dN = dN1 + dN2 = 0 → dN2 = −dN1

Da cui otteniamo
Capitolo 1. Capitolo 1 21 / 64

( )
∂F1 ∂F2
− dN1 = 0
∂N1 ∂N2

Quindi all’equilibrio bisogna avere

∂F1 ∂F2
=
∂N1 ∂N2
Definiamo la quantità

∂F

∂N T,V

il potenziale chimico del sistema. Equilibrio rispetto allo scambio di particel-


le vuol dire eguagliare i potenziali chimici dei due sistemi. Ora consideriamo il
differenziale totale dell’energia libera di Helmoltz del sistema

∂F ∂F ∂F
dF (T, V, N ) = dT + dV + dN
∂T ∂V ∂N
Possiamo sostituire le varie derivate parziali con gli oggetti che abbiamo definito
recentemente

dF (T, V, N ) = −SdT − P dV + µdN

Sostituiamo la formula che sappiamo

dF = d (E − T S) = dE − T dS − SdT

Eguagliando i due oggetti otteniamo

dE = T dS − P dV + µdN

E notiamo che a numero di particelle fissato, questa coincide con il primo principio
della termodinamica. In questo senso, µ rappresenta l’energia interna di ogni
particella che aggiungiamo al sistema.
Questa scrittura possiamo sempre vederla come forma differenziale esatta di di-
verse funzioni: se l’energia è una funzione di E(S, V, N ) , allora avendo il suo
differenziale possiamo scrivere

∂E
T =
∂S
∂E
P =
∂V
∂E
µ=
∂N
In modo da avere una seconda definizione del potenziale chimico.
Aggiungiamo una terza definizione: riscrivendo la legge appena trovata
Capitolo 1. Capitolo 1 22 / 64

1 P µ
dS = dE + dV − dN
T T T
Possiamo pensare all’entropia come S(E, V, N ) e quell’oggetto come differenziale
esatto possiamo scrivere

1 ∂S
=
T ∂E
P ∂S
=
T ∂V
µ ∂S
− =
T ∂N
E adesso aggiungiamo una quarta definizione per il potenziale chimico: Abbiamo
introdotto prima l’energia libera di gibbs

G = E − TS + PV

Questa la pensiamo come funzione G(P, T, N ) .Possiamo costruire il differenziale


totale

∂G ∂G ∂G
dG = dP + dT + dN
∂P ∂T ∂N
Come prima scriviamo anche il differenziale della formula di sopra

dG = dE − T dS − SdT + P dV + V dP

Sfruttiamo il primo principio della termodinamica scritto prima

dG = T dS − P dV + µdN − T dS − SdT + P dV + V dP = µdN − SdT + V dP

Infine ottenendo le relazioni seguenti:

∂G
=V
∂P
∂G
= −S
∂T
∂G

∂N
Guardando com’è fatta l’energia libera di gibbs è funzione di pressione, tempera-
tura e numero di particelle. Pressione e temperatura sono intensive, mentre l’e-
nergia libera di Gibbs è estensiva. Si dice dunque che G è una funzione omogenea
in N , nel senso che G(P, T, αN ) = αG(P, T, N )
∂f
In generale, data una funzione omogenea allora f (x) = ∂x x . Per noi quindi vale
che

∂G
G= N = µN
∂N
Capitolo 1. Capitolo 1 23 / 64

Quindi vediamo che il potenziale chimico è l’energia libera di Gibbs per ogni
particella.
Ora, abbiamo un sistema S in equlibrio con l’ambiente R. Finora abbiamo sup-
posto che potesse scambiare energia, ora può scambiare sia energia che particelle.
Qual è la probabilità che il sistema abbia energia ES e numero di particelle NS ?
Naturalmente vale che:

• E = ER + ES = cost

• N = NS + NR = cost

Per il sistema complessivo quindi possiamo usare ciò che abbiamo imparato per
un sistema microcanonico. La probabilità che il sistema abbia particolari valori
di energia e particelle sarà proporzionale alle molteplicità di ambiente e sistema

P (ES , Ns ) ∝ gS (ES , NS )gR (E − Es , N − Ns )

Ora, sabbiamo che

SR = kB ln gR

Scriviamo dunque come abbiamo fatto per la distribuzione di Boltzmann

SR (E−Es ,N −Ns )
P (ES , NS ) ∝ gS (ES , NS )e kB

Ora, l’energia e il numero di particelle del sistema S sono piccole rispetto a quelle
dell’ambiente circostante, quindi possiamo sviluppare in serie
SR (E − ES , N − NS ) = SR (E, N ) − ∂SR
∂E ES − ∂SR
∂N NS + ...
Sostituiamo nell’esponente, inglobando il termine SR (E, N ) nella costante di
proporzionalità

ES µ
−k NS
P (ES , NS ) ∝ gS (ES , NS )e BT e kB T

dove abbiamo sostituito con i risultati trovati prima. da cui

1
P (ES , NS ) ∝ gS (ES , NS )e−β(ES −µNS )
ZGC

Abbiamo aggiunto la costante di normalizzazione a denominatore, chiamandola


ZGC , dove il pedice sta per gran canonico. Tale oggetto è la funzione di partizione
per l’ansemble gran canonico che è quello in cui stiamo lavorando. Ora , siccome
deve valere la relazione di normalizzazione

1= P (ES , NS )
ES ,NS

Tralasciamo adesso i pedici e otteniamo


Capitolo 1. Capitolo 1 24 / 64


ZGC = g(E, N )e−β(E−µN )
E,N

Tramite la distribuzione di probabilità possiamo calcolare diverse cose

Numero medio particelle

Cominciamo come sempre dalla definizione statistica



⟨N ⟩ = N P (E, N )
N,E
∑ g(E, N )e−βE eβµN
= N
ZGC
N,E

Consideriamo l’oggetto

1 ∂ βµN
N eβµN = e
β ∂µ

E torniamo nell’equazione precedente

1 1 ∂ ∑ 1 1 ∂ZGC
⟨N ⟩ = g(E, n)e−β(E−µN ) =
ZGC β ∂µ ZGC β ∂µ
E,N

Ora , la funzione di partizione grancanonica dipende da temperatura e potenziale


chimico, quindi possiamo scrivere

1 ∂
⟨N ⟩ = ln ZGC (T, µ)
β ∂µ

Quest’equazione definisce implicitamente il potenziale chimico.

Applicazione ad un gas degenere

Usiamo ciò che abbiamo imparato finora per descrivere un gas degenere. Consi-
deriamo che il nostro sistema è in realtà uno stato quantico, un livello energetico.
Su questo possiamo mettere una o più particelle, ed esso può scambiare energia
con l’ambiente che gli sta attorno. Ciò che gli sta intorno definisce il potenziale
chimico e anche la temperatura. Ci chiediamo quale sia l’occupazione media del
livello.

Distribuzione di Fermi-Dirac

Entra in gioco la natura quantistica delle particelle. Se esse sono fermioni c’è
il principio di esclusione di Pauli che ci dice che su quello stato può esistere
una sola particella. Alla funzione di partizione grancanonica corrispondono due
configurazioni: o stato vuoto o stato con una particella.
Capitolo 1. Capitolo 1 25 / 64


ZGC = e−β(ε−µ)N = 1 + e−β(ε−µ)
E,N

Con questa possiamo calcolare il numero medio di particelle

1 1 1
⟨N ⟩ = −β(ε−µ)
βe−β(ε−µ) = β(ε−µ)
β1+e e +1
è un numero minore di 1, ovviamente perchè lo stato può essere o vuoto o con
una particella. Nel caso avessimo tanti livelli di energia, questa funzione assegna
il numero medio di particelle per livello. Chiamiamo tale funzione ”Funzione di
Distribuzione di Fermi-Dirac”. E’ la funzione di distribuzione quantistica per
Fermioni.

Distribuzione di Bose-Einstein

Consideriamo ora di avere dei Bosoni, qundi non preoccupiamoci del principio di
Pauli. Sullo stesso livello energetico possono stare più particelle. Tali particelle
avranno spin intero. In questo caso quindi

∞ [
∑ ]N
ZGC = e−β(ε−µ)
N =0

Tale serie è geometrica e converge se l’oggetto tra parentesi è minore di 1. Allora


deve valere ε − µ > 0 , allora µ < ε .Dunque la serie ha un valore di convergenza
e si ottiene

1
ZGC =
1− e−β(ε−µ)
Cerchiamo ancora il valor medio del numero di particell

[ ]
1( −β(ε−µ)
) 1 (
−β(ε−µ)
) 1
⟨N ⟩ = 1−e −( )2 −βe = β(ε−µ)
β 1 − e−β(ε−µ) e −1

Che è la funzione di distribuzione di Bose-Einstein. Tale funzione può


divergere .

Tabella riassuntiva

Ensemble Quantità fissate Potenziale termodinamico Funzione di partizione



Micro canonico E, V, N S = kb ln g(E) z(E) = E g(E)

Canonico T, V, N F = E − T S = −kB T ln Z Z(E) = E g(E)e−Eβ

Gran canonico T, V, µ Ω = F − µN = −kB T ln ZGC ZGC (E, N ) = E,N g(E, N )e
Capitolo 1. Capitolo 1 26 / 64

Calcolo del potenziale chimico per un gas classico

Se avessimo delle particelle in una scatola e valesse n << nQ a temperatura T


∂F
possiamo calcolare il potenziale chimico tramite µ = ∂N . Ricordando la formula
per l’energia libera di Helmoltz

F = −kB T N ln V nQ + kB T ln N !

E la formula di Stirling lnN ! = N ln N − N , possiamo procedere con la derivata:

∂F n
= −kB T ln V nq + kB T ln N = kB T ln
∂N nQ

Vediamo che

µ n
= ln << −1
kB T nQ

1.5 Lezione 5 - 5 dicembre 2016

1.5.1 Ansemble Isobarico-Isotermico

Definizione

Un sistema termodinamico in cui temperatura, pressione e numero di particelle so-


no fissati è detto ansemble isobarico-isotermico. Il potenziale termodinamico
di questo è dato dall’energia libera di Gibbs:

∂F
G(P, T, N ) = F − V = E − TS + PV
∂V
Il differenziale totale dell’energia libera di Gibbs è

∂G ∂G ∂G
dG = P+ T+ N
∂P ∂T ∂N
Deriviamo la formula nella definizione

dG = dE − T dS − SdT + P dV + V dP

Sfruttiamo il primo principio della termodinamica

dE = T dS − P dV + µdN

Per cui

dG = V dP − SdT + µdN

Confrontiamo con il differenziale totale e otteniamo


Capitolo 1. Capitolo 1 27 / 64

∂G ∂G ∂G
=V = −S =µ
∂P ∂T ∂N
Ci chiediamo adesso quale sia la probabilità che il sistema S , a contatto con
l’ambiente R , abbia una certa energia ES ed un certo volume VS . Come abbiamo
fatto in precedenza, scriviamo che

SR (E−ES ,V −VS )
P (ES , VS ) ∝ gS (ES , VS )gR (E − ES , V − VS ) = gS (ES , VS )e kB

Se il sistema è molto più piccolo dell’ambiente possiamo fare lo sviluppo

∂SR ∂SR
SR (E − ES , V − VS ) ≈ SR (E, V ) − ES − VS + o(ES , VS )
∂E ∂V
Il primo termine viene inglobato nella costante di proporzionalità, il resto viene
riscritto dunque come

∂SR ∂SR
− ES − VS
∂E ∂V
P (ES , VS ) ∝ gS (ES , VS )e kB

Dal primo principio della termodinamica si ricava che

∂S 1 ∂S P
= =
∂E T ∂V T
Sostituiamo nella formula della propabilità, sopprimiamo gli indici e otteniamo

− k1 ( T1 E+ PT V )
P (E, V ) ∝ g(E, V )e B = gS (E, V )e−β(E+P V )

Ricaviamo la costante di proporzionalità imponendo la normalizzazione della


distribuzione di probabilità. Chiamiamo la costante di proporzionalità Z1P

∑ 1 ∑ ∑
P (E, V ) = 1 = g(E, V )e−β(E+P V ) → ZP = g(E, V )e−β(E+P V )
ZP
E,V E,V E,V

Per cui

1
P (E, V ) = gS (E, V )e−β(E+P V )
ZP

Energia media

Calcoliamo adesso l’energia media del sistema, partendo dalla definizione stati-
stica
Capitolo 1. Capitolo 1 28 / 64


⟨E⟩ = EP (E, V )
E
∑ g(E, V )e−βE e−βP V
= E
ZP
1 ∑ ∂e−βE −βP V
=− g(E, V ) e
ZP β
E
[ ]
1 ∂ ∑
=− g(E, V )∂e−βE e−βP V
ZP ∂β
E
1 ∂ ∂
=− ZP = − ln ZP
ZP ∂β ∂β

Potenziale termodinamico

Abbiamo già detto che il potenziale termodinamico per questo ansemble è l’ener-
gia libera di GIbbs. Tramite il risultato dell’energia media appena visto, possiamo
legare il potenziale termodinamico alla funzione di partizione:

G = E − TS + PV
∂ ∂G ∂G
=− ln ZP + T+ P
∂β ∂T ∂P
∂ ∂G ∂β ∂G ∂β
=− ln ZP + T+ P
∂β ∂β ∂T ∂β ∂P
∂ 1 ∂G
=− ln ZP −
∂β kB T ∂β

Siamo portati alla seguente uguaglianza

∂G ∂ ∂
G+β = βG = − ln ZP
∂β ∂β ∂β

Che a sua volta implica

βG = − ln ZP + cost

La costante si annulla poichè

lim G = E0 + P V lim ZP = e−β(E0 +P V )


T →0 T →0

E infine troviamo

G = −kB T ln ZP

1.5.2 Occupazione degli stati in un gas classico

Abbiamo visto in precedenza le distribuzioni di Fermi-Dirac e Bose-Einstein per


l’occupazione degli stati energetici di un sistema di fermioni o bosoni. Nel limite
Capitolo 1. Capitolo 1 29 / 64

classico, si ha che l’occupazione media di uno stato è strettamente minore di 1, in


modo tale che le due distribuzioni non siano apprezzabilmente diverse. Possiamo
scrivere in particolare che, se fBE (ε) << 1 , allora deve valere eβ(ε−µ) >> 1 . In
questo caso dunque

fBE (ε) ≈ fF D (ε) ≈ e−β(ε−µ) = f (ε)

La sommatoria su tutte le energie ci restituisce il numero di particelle:


∑ ∑
f (ε) = N = e−βε eβµ = Z1 eβµ
ε ε

Dove Z1 è la funzione di partizione per una singola particella, che rappresenta un


ansemble canonico. Consideriamo adesso un sistema di particelle in una scatola.
Abbiamo ricavato in precedenza che in questo caso

Z1 = V n Q

Dunque possiamo scrivere

N = V nQ eβµ

Da cui

n
eβµ =
nQ

Riprendendo l’approssimazione fatta in precedenza

N n
f (ε) ≈ e−βε eβµ = e−βε = e−βε
Z1 nQ

1.5.3 Occupazione degli stati in un gas di fermioni

Approssimazione di Jellium

Prendiamo adesso un gas di fermioni. Una buona rappresentazione fisica di tale


sistema è data dagli elettroni di un reticolo cristallino. Nei metalli infatti la di-
sposizione delle molecole è tale che i nuclei si trovino a distanze regolari tra loro e
possono essere immaginati come fermi, mentre gli elettroni si muovono liberamen-
te all’interno del reticolo. Il sistema viene approssimato ad una carica positiva
uniformemente distribuita su tutto il volume del cristallo, con le cariche negati-
ve in moto libero. Tale approssimazione è anche chiamata approssimazione di
Jellium .
I contributi all’energia saranno di tre tipi:

1. Attrazione elettroni-nuclei , contributo negativo

2. Repulsione elettroni-elettroni, contributo positivo


Capitolo 1. Capitolo 1 30 / 64

3. Repulsione nuclei-nuclei, contributo positivo

Siccome il cristallo è globalmente neutro, i tre contributi si elidono. L’hamiltonia-


na del sistema è dunque un’hamiltoniana di particella libera. Possiamo dunque
utilizzare i risultati ottenuti per un sistema di particelle in una scatola cubica.

Energia di Fermi

Ci chiediamo come si comporti l’energia per temperatura via via decrescente, al


limite nulla. Si ha che a T = 0 Si possono occupare un numero fisso di livelli ener-
getici, ciascuno con due elettroni secondo il principio di Pauli, fino ad un’energia
massima detta energia di Fermi, con simbolo εf . Introduciamo il concetto di
Definizione (Densità di stati)

Il numero totale di stati con energia compresa tra ε e ε+dε . Si indica con simbolo
D(ε)dε e ha le dimensioni del reciproco di un’energia moltiplicata per un volume
[ ]
1
[D(ε)] =
EV

Rappresentiamo il numero totale di elettroni che occupano tutti gli stati accessibili
dal sistema a T = 0 con l’oggetto
∫ εf
N = 2V D(ε) dε
0

Siamo interessati alla densità di elettroni, quindi a N


V = n . Abbiamo già visto
in precedenza che per un sistema di particelle in una scatola la densità è la
sommatoria su tutte le funzioni d’onda (cioè sui numeri d’onda ⃗k ) rispetto al
volume della scatola. Poichè si parla di un numero altissimo di particelle, la
sommatoria diventa un integrale della forma

1 ∑
n=
V

∫k
1 V
= d3⃗k
V (2π)3
∫ ∫
1
= dΩ d⃗k⃗k 2
(2π)3


= d⃗k⃗k 2
(2π)3

Sappiamo che ε e ⃗k sono legate dalle relazioni

( )1
2m 1 2m 2 1
⃗2
k = 2ε d⃗k = √ dε
ℏ 2 ℏ2 ε

Per cui possiamo scrivere


Capitolo 1. Capitolo 1 31 / 64

( )3 ∫
1 2m 2 √
n= 2 dε ε
4π ℏ2

E confrontando con la relazione tra densità di elettroni e densità di stati otteniamo

√ ( )3
ε 2m 2
D(ε) = 2
8π ℏ2

Possiamo dunque calcolare l’energia di Fermi fissata la densità di particelle n :

∫ εf √ ( )3 ( )3
ε 2m 2 2 2m 2 2 32
n=2 dε = 2 ε
0 8π 2 ℏ2 8π ℏ2 3 f

Da cui

ℏ2 ( 2 ) 32 ℏ2 2
εf = 6π n = k
2m 2m f
( )1
Dove abbiamo definito la quantità kf = 6π 2 n 3 vettore d’onda di Fermi.
Per calcolare l’energia totale del sistema è l’energia di ogni stato moltiplicata per
il numero di elettroni che lo popolano, inseriamo nell’integrale dunque l’energia:
∫ εf
E = 2V dεD(ε)ε
0

L’energia media per ogni particella è tale valore diviso per il numero di particelle:

E
⟨ε⟩ =
N∫
2 εf
= dεD(ε)ε
n 0
∫ ( )3
2 εf 1 2m 2 3
= ε2
n 0 8π 2 ℏ2
( )3
2 1 2m 2 2 52
= ε
n 8π 2 ℏ2 5 f

Sostituiamo la formula trovata in precedenza per εf e troviamo

3
⟨ε⟩ = εf
5

1.6 Lezione 6 - 6 dicembre 2016

1.6.1 Gas di fermioni a temperatura non nulla

Quando sale la temperatura, l’energia non è più limitata ad un valore massimo


εf . Il calcolo dell’energia media del sistema segue generalmente la formula
Capitolo 1. Capitolo 1 32 / 64

∫ ∞
2
⟨ε⟩ = dεD(ε)εf (ε)
n 0

Dove f (ε) è un’appropriata funzione di distribuzione. Nel caso T = 0 la distri-


buzione deve garantire che si sommino solo le energie fino all’energia di fermi, si
usa dunque
{
1 ε ≤ εf
f (ε) = Θ(εf − ε) =
0 ε > εf

e si trova il risultato visto in precedenza. Per T ̸= 0 la distribuzione è quella di


Fermi-Dirac, in quanto stiamo analizzando un gas di Fermioni.

1
kBT = 0.1

0.8

0.6
kBT = 0.5

0.4

0.2 kBT = 1

-8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8

Dalla figura notiamo che la funzione di Fermi-Dirac differisce dalla distribuzione


allo zero assoluto solo in una regione centrata attorno al valore ε = εf . Si può
dimostrare in particolare che se kB T << εf :

• La differenza tra le due distribuzioni è minima (come si vede in figura dalla


curva verde).
( ( )2 )
π 2 kB T
• Il potenziale chimico è legato all’energia di fermi tramite µ ≈ εF 1 − 12 εF

1.6.2 Calore specifico

Il calore specifico, per elettrone, è dato da



d
cV = ⟨ε⟩
dT V

Scriviamo

d d
Etot = 2V dεD(ε)εfF D (ε)
dT dT
Un modo furbo per ottenere il risultato che cerchiamo è di fare la derivata di
un’altra quantità costante che non influisca nell’integrale
Capitolo 1. Capitolo 1 33 / 64

[ ∫ ∫ ]
d d
(Etot − εF N ) = 2V dεεfF D D(ε) − 2V dεεF D(ε)fF D
dT dT
Così facendo

d d
(Etot − εF N ) = 2V dε (ε − εF ) D(ε) fF D
dT dT
La funzione di fermi-dirac dipende dalla temperatura, ma possiamo sostituire con
d d dβ
β : dT = dβ dT

∫ ∞
dfF D dβ
2V dε (ε − εF ) D(ε)
0 dβ dT
La derivata della funzione di fermi-dirac è diversa da zero solo in una piccola
regione, come si evince dal grafico. Dallka condizione kB T << εF = kB TF si
ottiene T << TF e si ha che µ = εf . Possiamo fare i conti nel’integrale e
ottenere

∫ ∞
(ε − εF ) eβ(ε−εF ) 1
2V dε (ε − εF ) D(ε) ( )2 2
0 eβ(ε−εF ) + 1 kB T
Nell’intervallo in cui non è nulla la derivata della funzione di fermi, nell’integrale
abbiamo il prodotto tra la densità e la derivata della funzione di fermi. Vediamo
che in questa zona la densità di stati è approssimativamente costante. In questo
caso allora possiamo portarla fuori dal segno di integrale

∫ ∞
d 1 eβ(ε−εF )
Etot = 2V D(εF ) dε (ε − εF )2 ( )2
dT kB T 2 0 eβ(ε−εF ) + 1

Cambiamo variabile β(ε − εF ) = x

∫ ∞ 3 T3 ∫ ∞
d 1 2 ex
3 kB x2 ex
Etot = 2V D(ε) dxx (kB T ) = 2V D(ε F ) dx
dT kB T 2 −k
εF
(ex + 1)2 kB T 2 −∞ (ex + 1)2
BT

l’estremo inferiore dell’integrale è andato a meno infinito perchè T << TF .


2
L’integrale è noto e vale π3 .
Dunque: eavamo interessati al calore specifico per l’elettrone. Prendiamo la deri-
vata appena fatta e dividiamola per numero di elettroni.

1 3 n 2 π2
cV = k T
n 2 εF B 3
sostituiamo εF = kB TF

π2 T
cV = kB
2 TF
ha le stesse dimensioni della costante di Boltzmann ed è lineare con la tempera-
tura. Tutte le approssimazioni fatte valgono soprattutto per i metalli.
Capitolo 1. Capitolo 1 34 / 64

Pressione di degenerazione

Un gas che si espande in una scatola di dimensione finita esercita una pressione su
tale scatola. l’espansione non è dei soli elettroni del gas, ma di elettroni e protoni
contemporaneamente, ovviamente ci sarà una forza di richiamo tra elettroni e
protoni ma sarà minore della spinta generale. Se siamo a temperature molto
minori di quella di fermi, possiamo considerare un’espansione adiabatica (in cui
entropia è costante). In questo caso la pressione si calcola come

∂E
P =−
∂V S

L’entropia non cambia se non cambiamo l’occupazione degli stati di singola


particella.
L’energia totale è data da

( )2
3 3 2N
3 ℏ2
E = N ⟨ε⟩ = N εf = N 6π
5 5 V 2m

Deriviamo e troviamo la pressione

21 2N 3 2
P = E= εF = nεF
3V 3V 5 5
Tale pressione è detta pressione di degenerazione, visto che schiacciando il gas
aumenta l’energia di fermi e possiamo occupare stati più alti. Nel caso delle stelle,
questa si oppone alla compressione indotta dalla forza gravitazionale.

Fluttuazioni dell’energia

Il calore specifico può essere pensato come funzione in risposta del sistema: cam-
biamo la temperatura del sistema in equilibrio e il sistema risponde cambiando
la sua energia. Ciò che succede è che questa proprietà di risposta del sistema ad
uno stimolo esterno è contenuta nelle fluttuazioni di equilibrio del sistema, an-
che senza l’ambiente. Se guardiamo come il sistema fluttua, stando in ansemble
canonico, consideriamo l’energia media

∂ln Z 1 ∂Z
⟨E⟩ = − =−
∂β Z ∂β

Quando usiamo le funzioni termodinamiche che considerino l’energia, si inten-


de sempre l’energia media, l’energia all’equilibrio. Quest’energia media è stata
ottenuta da una distribuzione

∑ 1
⟨E⟩ = EP (E), P (E) = e−βE g(E)
Z
E

Vogliamo calcolare le fluttuazioni dell’energia del sistema, esse sono date dalla
formula
Capitolo 1. Capitolo 1 35 / 64

⟨(E − ⟨E⟩)2 ⟩ = ∆E 2 = ⟨E 2 ⟩ − ⟨E⟩2

Per calcolare il primo termine procediamo come segue:

∑ E 2 e−βE g(E) 1 ∂2Z


⟨E 2 ⟩ = =
Z Z ∂β 2
E

Quindi

( )2
1 ∂2Z 1 ∂Z
∆E =2
− 2
Z ∂β 2 Z ∂β

Vogliamo dimostrare ora che questa quantità è legata al calore specifico.

d
cV = ⟨E⟩
dT ( )
dβ d ∂
= − ln Z
dT dβ ∂β
( )
1 ∂ 1 ∂Z
=
kB T 2 ∂β Z ∂β

Portando a sinistra la costante si ottiene

( )2
1 ∂2 1 ∂Z
cV kB T = 2
2
Z− 2
Z ∂β Z ∂β

E confrontando con il risultato trovato per ∆E 2 si arriva alla relazione:

∆E 2 = cV kB T 2

Fluttuazioni dell’ansemble isobarico-isotermico

Se consideriamo il sistema isobarico-isotermo introdotto ieri, in cui fissiamo il


numero di particelle ed è in equilibrio con ambiente a pressione e temperatura
fissata, allora fluttua anche il volume. le fluttuazioni sono legate da

∂V
∆V = − 2
kB T
∂P T

Dimostriamolo. Calcoliamo innanzitutto


Capitolo 1. Capitolo 1 36 / 64


⟨V 2 ⟩ = V 2 P (E, V )
E,V
∑ g(E, V )e−β(E+P V )
= V2
ZP
E,V
∑ 1 ∂ 2 e−βP V g(E, V )e−βE
=
β 2 ∂P 2 ZP
E,V
1 1 ∂ 2 ZP
=
β 2 ZP ∂P 2

Adesso guardiamo il termine

 2

⟨V ⟩2 =  V P (E, V )
E,V
 2
∑ g(E, V )e−βE
= V e−βP V 
ZP
E,V
( )
1 1 ∂ZP 2
= 2 2
β ZP ∂P

E dunque
[ ( )2 ]
1 1 ∂ 2 ZP 1 ∂ZP
2
∆V = 2 − 2
β ZP ∂P 2 ZP ∂P

Consideriamo adesso
( )
∂ ∂ 1 1 ∂ZP
V = −
∂P T ∂P β ZP ∂P
[ ( ) ]
1 1 ∂ 2 ZP 1 ∂ZP 2
=− − 2
β ZP ∂P 2 ZP ∂P

Confrontando le ultime due equazioni trovate si arriva al risultato voluto.

Fluttuazioni del numero di particelle

Andiamo adesso nell’ansemble gran canonico. In questo caso abbiamo la di-


stribuzione di probabilità che il sistema bbia numero di particelle ed energia
fissata.

g(E, N )e−β(E−µN )
P (N, E) =
ZGC

Per le fluttuazioni del numero di particelle vale la relazione


Capitolo 1. Capitolo 1 37 / 64

∂N
∆N 2 = kB T
∂µ

Se prendiamo un gas ideale, classico, sappiamo la relazione che lega il potenziale


chimico al numero di particelle

n
µ = kB T ln
nQ

Otteniamo che

∆N 2 1
=
⟨N ⟩2 ⟨N ⟩

Interazione Ossigeno-Metallo

Supponiamo di avere una superficie metallica in equilibrio con un gas di mole-


cole di ossigeno O2 . Tali molecole possono attaccarsi alla superficie metallica.
Tipicamente tale superficie non è un piano continuo ma sono atomi disposti in
posizione ordinata. Ci saranno dei siti, detti siti di adsorbimento, preferenziali
per l’attaccarsi dell’ossigeno. Si formano dei legami chimici tra molecole esterne
e superficie per cui la molecola guadagna energia. Tale energia , ε , è guadagna-
ta dalla molecola. Consideriamo il caso in cui la molecola integra si attacca in
un sito guadagnando un’energia ε < 0 . Controlliamo la pressione del gas e la
temperatura, ci chiediamo quante molecole stanno attaccate alla superficie.
Consideriamo un solo sito, ci chiediamo qual è l’occupazione media in quel si-
to. Lo trattiamo analogamente allo stato quantico quando abbiamo dedotto le
distribuzioni di fermi dirac e bose einstein. Il numero medio di particelle di occu-
pazione del sito si trova con formula dedotta per numero medio di particelle in
un ansemble gran canonico.

1 ∂ln ZGC
⟨N ⟩ =
β ∂µ

Il potenziale chimico è quello del gas in equilibrio, il nostro sito può scambiare
molecole con il gas. Per il potenziale chimico, abbiamo già visto in precedenza
che

n
µ = kB T ln
nQ
3
Dove nQ ≈ (mkB T ) 2 . Se il nostro gas è in condizioni di laboratorio si comporta
come gas classico, da cui P = nkB T
Per la funzione di partizione gran canonica si ha che

ZGC = g(N, E)e−β(E−µN )
N,E

Gli stati sono due: o sito occupato o sito vuoto, da cui


Capitolo 1. Capitolo 1 38 / 64

ZGC = 1 + e−β(ε−µ)

Questa funzione è quella di un gas di fermioni, quindi

1
⟨N ⟩ = fF D =
eβ(ε−µ) +1
Siccome l’energia è negativa scriviamo ε = −|ε| . Per il potenziale chimico
sappiamo che

nQ kB T
e−βµ = = nQ
n P
Possiamo dunque scrivere la funzione di Fermi-Dirac come segue

1 P
fF D = n k T
=
e−β|ε| QPB +1 P0 + P

Quest’espressione ci dice come cambia la frazione di siti occupati in funzione della


pressione del gas. Se la leggiamo come funzione della pressione a temperatura
costante, si chiama relazione isoterma di adsorbimento oppure isoterma
di Langmuir. Ci dice come cambia la frazione di siti occupati cambiando la
pressione a temperatura costante. Come cambia? fissiamo la temperatura, allora
abbiamo fissato P0 . Se la pressione diventa molto grande l’oggetto tende a 1. Ci
dice quanto è “pulito” un metallo. In generale di solito sono belli sporchi, hanno
i siti sempre occupati.
Se aumento la temperatura di equilibrio cambia anche sta funzione qua, il termine
entropico è più importante e alla fine le curve saranno sempre più tendenti a
saturarsi in fretta, superfici più pulite. Le caratteristiche appena dette possono
essere viste dal grafico

C
1 2 3 4 5 6
Capitolo 1. Capitolo 1 39 / 64

1.7 Lezione 7 - 12 dicembre 2016

1.7.1 Potenziale termodinamico dell’ansemble Gran Canonico

Consideriamo un ansemble gran canonico, nel quale il potenziale termodinamico


è rappresentato dal potenziale di Landau, trasformata dell’energia libera di
Helmoltz rispetto al numero di particelle

∂F
Ω(T, V, µ) = F − N = E − T S − µN
∂N
Ricordando l’espressione per l’energia libera di Gibbs

G = E − T S + P V = µN

Possiamo riscrivere il potenziale di Landau come

Ω = −P V

Come abbiamo fatto altre volte, scriviamo la derivata totale di Ω :

∂Ω ∂Ω ∂Ω
dΩ = dT + dV + dµ
∂T ∂V ∂µ

O equivalentemente

dΩ = dE − T dS − SdT − µdN − N dµ

Per il primo principio della termodinamica vale che

dE = T dS − P dV + µdN

E inserendola nell’equazione precedente si ottiene

dΩ = −SdT − P dV − N dµ

Da cui deduciamo che

∂Ω ∂Ω ∂Ω
= −S = −N = −P
∂T ∂µ ∂V

Relazione con la funzione di partizione

Vogliamo dimostrare che il potenziale termodinamico del sistema gran canonico


equivale a

Ω = −kB T ln ZGC

Cominciamo considerando
Capitolo 1. Capitolo 1 40 / 64

∑ 1 1 ∂ ∂
⟨E−µN ⟩ = (E−µN )g(E, N )e−β(E−µN ) =− ZGC = − ln ZGC
ZGC ZGC ∂β ∂β
E,N

Che può essere inserito nella definizione del potenziale di Landau:

∂ ∂Ω
Ω=− ln ZGC + T
∂β ∂T
∂ ∂Ω ∂β
=− ln ZGC + T
∂β ∂β ∂T
∂ ∂Ω
=− ln ZGC − β
∂β ∂β

Che ha la stessa forma di altre equazioni viste in precedenza. La soluzione che si


trova è quella desiderata

Gas debolmente degenere


n
Sia un gas in cui nQ < 1 . Analizziamo la funzione di partizione per questo
sistema:

ZGC = g(E, N )e−β(E−µN )
E,N

Se passiamo alle somme sulle singole occupazioni possibili tralasciamo la molte-


plicità di stati:

ZGC = e−β[n1 E1 +n2 E2 +...−µ(n1 +n2 +...)]
n1 ,n2 ,...,E1 ,E2 ,...

Se il gas è composto da bosoni avremo ni = 0, 1, ... ed ogni sommatoria è una


serie geometrica convergente

1 1 1
ZGC = = Πi
1− e−β(E1 −µ) 1− e−β(E2 −µ) 1− e−β(Ei −µ)
Se il gas è composto da fermioni avremo ni = 0, 1 e dunque ogni sommatoria
contiene due soli termini:

ZGC = Πi 1 + e−β(Ei −µ)

Possiamo inserire questi risultati nella formula del potenziale di Landau e ottenere
{( )−1
∑ 1 − e−β(Ei −µ)
Ω = −kB T ln
i
1 + e−β(Ei −µ)

Oppure in forma più compatta


Capitolo 1. Capitolo 1 41 / 64

∑ ( )
Ω = ±kB T ln 1 ∓ e−β(Ei −µ)
i

Il simbolo di produttoria è diventato un simbolo di sommatoria prima del loga-


ritmo per le proprietà dei logaritmi.

1.7.2 Correzione con gas classico interagente

Consideriamo l’interazione tra molecole in un gas classico, cioè un’interazione di


Vand der Waals . La forma tipica del potenziale è

Costituito cioè da una prima parte repulsiva, dovuto alle nuvole elettroniche che si
sovrappongono e al principio di esclusione di Pauli; e da una coda attrattiva, che
rappresenta appunto la forza di Van der Waals. Consideriamo adesso un sistema
composto da due atomi di elio, A e B . L’hamiltoniana è descritta da

H = HA + HB + Hint

dove i primi due termini sono le hamiltoniane dei singoli atomi, l’ultimo termine
è l’interazione di Van der Waals. Poichè questa è molto più piccola delle singole
hamiltoniane atomiche, può essere trattata come perturbazione. Dallo studio del-
l’hamiltoniana perturbativa si ricava che il primo termine non nullo è al secondo
ordine e l’interazione è della forma V (r) ≈ r16 che è proprio la formulazione fatta
da Lennard-Jones per l’interazione di Van der Waals (quella che abbiamo usato
per costruire il grafico).
Ci chiediamo adesso quale sia l’effetto di questo tipo di interazione sull’equazione
di stato di un gas classico. Si fanno due approssimazioni:
La prima, detta volume escluso, dice che ogni atomo non può entrare nel volume
occupato dall’altro e si traduce nell’equazione di stato

N kB T
P =
V − bN
La seconda è una correzione del termine attrattivo all’hamiltoniana libera
del sistema. Il potenziale termodinamico dell’interazione è
Capitolo 1. Capitolo 1 42 / 64

Fint = Eint − T Sint ≈ Eint

in quanto l’interazione è piccola e si considera entropia nulla. Si riscrive l’equa-


zione di stato come

N kB T ∂Fint
P = −
V − bN ∂V T

L’energia dell’interazione è data da

1 ∑∑
Eint = V (rij )
2
i j̸=i

Dove le due sommatorie contano, per ogni particella, l’energia che questa ha
dall’interazione con tutte le altre particelle del sistema; il fattore 21 invece serve
per non contare due volte una stessa coppia di particelle interagenti. Se il sistema
contiene un gran numero di particelle, si passa all’integrale:

1∑
Eint = d3 xn(x)V (x)
2
i

1 N
= N d3 x V (x)
2 V

1 N2
= d3 xV (x)
2 V
N2
≈− a
V
Dove n(x) è la densità di particelle nel gas, assunta costante e uguale al numero
di particelle per unità di volume. La sommatoria su tutte le particelle restitui-
sce naturalmente il numero totale di particelle. Infine l’ultimo integrale, poichè
considera la parte attrattiva del potenziale, darà un termine negativo in cui in-
globiamo il fattore 12 e chiamiamo per semplicità −a . Possiamo dunque riscrivere
l’equazione di stato del gas

N kB T N2
P = − a
V − bN V
Che è nota come equazione di stato di Van der Waals.

1.8 Lezione 8 - 13 dicembre 2016

1.8.1 Isoterme di Van der Waals

L’equazione di stato di Van der Waals stabilisce una relazione tra pressione,
volume, temperatura e numero di particelle del sistema del tipo P (V, T, N ) . Si
usa disegnare in un grafico l’andamento della pressione in base al volume a diverse
temperature fissate. Le curve in questione vengono chiamate isoterme di Van
der Waals.
Capitolo 1. Capitolo 1 43 / 64

Ogni curva corrisponde dunque ad una diversa temperatura . Notiamo che le


curve nella parte più bassa del grafico sono caratterizate da un punto di minimo
e un punto di massimo relativi e rappresentano sistemi polifase, cioè sistemi
che possono esistere sia allo stato liquido che allo stato gassoso. Quelle più in
alto sono invece monotone decrescenti e rappresentano sistemi che esistono solo
in fase gassosa. La curva centrale, che ha invece un punto di flesso a tangente
orizzontale, è caratterizzata da una particolare temperatura, detta temperatura
critica TC , e rappresenta sistemi in fase fluida supercritica.

Il processo di liquefazione

L’equazione di stato e le isoterme di Van der Waals permettono di comprende-


re il processo di liquefazione dei gas. Ogni gas è caratterizzato da una propria
temperatura critica che rappresenta la frontiera del processo di liquefazione:

• Per T > TC il gas non può essere liquefatto, indipendentemente dalla


pressione impressa al sistema
• Per T < TC è possibile liquefare il gas se lo si comprime ad una pressione
opportuna, dipendente dalla temperatura del sistema.

Queste condizioni possono essere rappresentate tramite curve di equilibrio tra


fasi oppure diagrammi di fase
Temperature
0K 50 K 100 K 150 K 200 K 250 K 300 K 350 K 400 K 450 K 500 K 550 K 600 K 650 K 700 K 750 K
1 TPa 10 Mbar

100 GPa 1 Mbar

10 GPa 100 kbar

1 GPa 10 kbar

100 MPa Critical point 1 kbar

10 MPa
Solid Liquid 647 K, 22.064 MPa

100 bar
Pressure

1 MPa 10 bar

100 kPa 1 bar


Freezing point at 1 atm Boiling point at 1 atm
273.15 K, 101.325 kPa 373.15 K, 101.325 kPa
10 kPa 100 mbar

1 kPa 10 mbar

Solid/Liquid/Vapour triple point


273.16 K, 611.657 Pa
100 Pa 1 mbar

Vapour
10 Pa 100 µbar

1 Pa
-250 °C -200 °C -150 °C -100 °C -50 °C 0 °C 50 °C 100 °C 150 °C 200 °C 250 °C 300 °C 350 °C 400 °C 450 °C
10 µbar
Diagramma di fase
dell’acqua

Equilibrio dinamico tra fase liquida e gassosa

Prendiamo in esame un’isoterma di Van der Waals per cui T < TC . Vogliamo
dimostrare che esista un certo valore di pressione tale per cui le aree sottese dalla
curva al di sopra e al di sotto del valore considerato siano uguali, come in figura:
Consideriamo le coppie di punti (P1 , V1 ) (P2 , V2 ) che identificano rispettivamente
la prima intersezione tra la retta P = Peq in figura con la curva e la terza in-
tersezione tra le stesse. Il potenziale termodinamico del sistema è rappresentato
dall’energia libera di Helmoltz F e ricordando che ∂V ∂F
= −P possiamo scrivere
Capitolo 1. Capitolo 1 44 / 64

∫ V2
∂F
F2 − F1 = dV
V1 ∂V
∫ V2
=− P dV
V1
= −(P V2 − P V1 )
= −P V2 + P V1

Da cui deriva che

F2 + P V2 = F1 + P V1 → G2 = G1

La conservazione dell’energia libera di Gibbs corrisponde alla conservazione del


potenziale chimico grazie alla relazione G = µN . Quindi è un punto di equilibrio
dinamico tra fase liquida e gassosa, cioè a seconda di come ci muoviamo sulla
curva il sistema tenderà ad assumere una o l’altra fase. In generale il sistema tende
ad assumere lo stato a minor energia libera di Gibbs

1.8.2 Transizioni di fase

Le transizioni di fase di un sistema si classificano inbase alle derivate dell’energia


libera di Gibbs

Transizioni del primo ordine

G è una funzione continua, ma non le sue derivate . Ricordiamo che, vedendo


G(P, T ) , abbiamo:

∂G ∂G
=V = −S
∂P ∂T
Una transizione gas-liquido è una transizione del primo ordine in cui le derivate
sono discontinue, infatti c’è variazione in volume, il gas ha densità molto più
bassa il liquido molto più alta, ma c’è anche un salto di entropia. La variazione di
entropia è il calore latente a meno della temperatura ∆ST = Qlatente (quantità di
calore che dobbiamo dare o estrarre per fare transizione di fase). La transizione
di liquefazione è transizione del primo ordine a derivate prime discontinue.

Transizioni del secondo ordine

Sono transizioni in cui l’energia libera di Gibbs e le sue derivate prime sono con-
tinue, ma le derivate seconde sono discontinue. Un esempio di queste transizioni
è il passaggio di un sistema solido da comportamento ferromagnetico a parama-
gnetico. Questo può avvenire ad esempio aumentando la temperatura di un solido
ferromagnete oltre una certa soglia
In linea di principio si potrebbero avere transizioni in cui le derivate terze del-
l’energia libera di Gibbs siano discontinue, ma anche queste transizioni vengono
chiamate del secondo ordine.
Capitolo 1. Capitolo 1 45 / 64

1.8.3 Equazione di Van der Waals universale

Abbiamo detto che l’esoterma di Van der Waals alla temperatura critica è ca-
ratterizzata da un punto di flesso a tangenza orizzontale; questo vuol dire che in
quel punto valgono contemporaneamente le due condizioni

∂P ∂2P
=0 =0
∂V ∂V 2
Che inserite nell’equazione di Van der Waals portano a scrivere i seguenti oggetti

8 a a Vc
kB Tc = Pc = = 3b
27 b 27b2 N
Possiamo dunque riscrivere l’equazione di stato con le coordinate ridotte:

P T V
p= τ= v=
Pc Tc N VC

Ottenendo
( )( )
3 1 8
p+ 2 v− = τ
v 3 3

Detta equazione di Van der Waals universale in quanto indipendente dai


parametri a , b . Essendo un’equazione classica, le densità non devono essere
molto alte altrimenti si avvicinerebbero troppo alla densità quantica.
P C VC 3
Altra caratteristica: prendiamo i valori critici e scriviamo kB TC = 8 che è un
rapporto valido per tutte le sostanze.

Potenziale per gas nobili

Il potenziale per gas nobili mantiene la stessa forma vista in precedenza, ma è


ben descritto dall’equazione di Lennard-Jones:
{( ) ( )6 }
12
V (r) = 4ε0 σr − σr
Utile per stimare i parametri di un’equazione di stato di van der waals.

1.8.4 Gas di Bosoni

I bosoni sono particelle con spin intero. Poichè per questi non vige il principio di
esclusione di Pauli, possiamo avere un sistema più particelle tutte con gli stessi
numeri quantici. Per certe condizioni di temperatura, molto bassa rispetto alle
condizioni standard, si ha che in un gas di bosoni tutte le particelle si trova-
no sul livello energetico più basso. Questo provoca uno stato con una densità
di particelle elevatissima. Tale fenomeno è chiamato condensazione di Bose-
Einstein ed è all’origine di alcune carattiristiche macroscopiche, come ad esempio
la superfluidità (utilizzata nei gas di He4 ) oppure la superconduttività.
Capitolo 1. Capitolo 1 46 / 64

Ricordiamo adesso la distribuzione di Bose-Einstein del numero di particelle


medio su uno stato ad energia ε per un gas non interagente in una scatola
tridimensionale:

1
fBE (ε) =
eβ(ε−µ) −1
Tale oggetto può diventare molto grande al variare di ε . Consideriamo quale sia
l’occupazione dello stato con energia più bassa:

1
fBE (0) =
e−βµ −1

Poichè l’occupazione di uno stato è un numero positivo, si ha che e−βµ > 1 ,


allora µ < 0 . Dunque in un gas di bosoni il potenziale chimico è negativo. Se
abbiamo un’ocupazione macroscopica dello stato a energia più bassa significa che
l’esponenziale è prossimo all’unità. Quindi µ → 0− e la distribuzione diverge. Ci
chiediamo quando si verifichi tale condizione.
Sfruttiamo la conservazione del numero di particelle nella scatola. Sicuramente
vale che

N= 1
⃗k

Con ⃗k vettore d’onda della funzione d’onda di ciascuna particella nel gas. Se
abbiamo un sistema macroscopico possiamo passare da somma a integrale

∑ ∫
d3⃗k
→V fBE (ε(⃗k))
(2π)3
⃗k

Siccome la funzione dipende solo dall’energia, possiamo trasformare l’integrale in


un integrale sull’energia. A questo scopo introduciamo nuovamente la densità di
stati
∫ ∞
V dεD(ε)fBE (ε) = N
0

Dividendo ambo i membri per il volume della scatola abbiamo



1
n= dεD(ε)
eβ(ε−µ) −1
Avevamo trovato per un gas di fermioni che la densità di stati segue la legge

( )3
2m 2 1 √
D(ε) = ε
ℏ2 (2π)2

Che è analogamente valida anche per un gas di bosoni. Considerando che ε−βµ >
1 per ogni valore di ε , possiamo maggiorare l’integrale precedente con
Capitolo 1. Capitolo 1 47 / 64

∫ ∞
1
n< dεD(ε)
0 eβε −1

Tale oggetto dipende dalla temperatura attraverso beta. Se la temperatura tende


a zero l’esponenziale diverge e dunque tutto l’integrale va a zero. Per T che
aumenta fino a divergere l’oggetto diverge anch’esso. Quindi l’integrale spazza
ogni valore dell’asse reale positivo; di conseguenza toccherà anche esattamente
il valore di n . Ci sarà una particolare temperatura, che chiamiamo ancora una
volta temperatura critica TC per cui l’integrale restituisca tale valore
∫ ∞
1
dεD(ε) =n
0 eβC ε −1

Se siamo a temperature più basse di quella critica sarà più piccolo della densità
di particelle. Siccome però l’oggetto è una maggiorazione siamo in un parados-
so. Quindi l’integrale che abbiamo usato non basta per descrivere la situazione,
abbiamo fatto qualche passo falso.
Il passaggio errato è quello in cui cambiamo la sommatoria in integrale.Il problema
sorge poichè c’è un valore di ⃗k nella somma, quello che corrisponde all’energia
di stato fondamentale, che porta con sè un numero macroscopico di particelle.
Passando all’integrale tale contributo viene azzerato in quanto un singoletto è un
insieme di misura nulla , dunque non contribuisce da solo al valore dell’integrale.
Dunque dobbiamo aggiungere la densità di particelle dello stato fondamentale.

1
n= dεD(ε) + n0
eβ(ε−µ) −1
la temperatura TC detta temperatura di condensazione di Bose-Einstein, dipende
dall’integrale in cui sostituiamo la densità di stati
∫ ∞ √ A
n= dε ε
0 eβc ε −1

Operiamo un cambio di variabii βC ε = x


∫ ∞ √
A x
n= dx
(βC )
3
2 0 ex −1

Si ottiene

3 π
n = A (kB TC ) 2 2.612
2
Sostituendo il valore della costante A di Einstein infine arriviamo all’oggetto

ℏ2 ( n ) 32
kB Tc = 4π
2m 2.612
Notiamo che TC (n, m) . Al di sotto di tale temperatura iniziano ad aggregarsi le
particelle del sistema sullo stato fondamentale. Per l’elio liquido viene calcolata
Capitolo 1. Capitolo 1 48 / 64

la temperatura di condensazione tramite questa formula TC ≈ 3K , che è ben


vicina al dato sperimentale TC = 2.17 K .
Riprendiamo la relazione
∫ ∞
D(ε)
n = n0 + dε
0 eβ(ε−µ) −1

Per temperature basse possiamo approssimare µ ≈ 0

( )3
βC 2
n = n0 + n
β
( )3
T 2
= n0 + n
TC

Da cui
[ ( )3 ]
T 2
n0 = n 1 −
TC

Seppur nello stato fondamentale ci sia la possibilità di condensazione di parti-


celle, questo non vale per gli stati energetici successivi. per uno stato qualunque
εi infatti, con T e µ tendenti a zero la distribuzione tende a zero anch’essa e
inoltre vale che la funzione presenta un massimo nel punto di temperatura di
condensazione.

1.9 Lezione 9 - 15 dicembre 2016

1.9.1 Gas di Bosoni

Per temperatura inferiore di quella critica c’è condensazione di particelle sullo


stato di energia fondamentale. Tale condizione è equivalente a dire che la densi-
tà è maggiore della densità quantica moltiplicata per quel coefficente risultante
dall’integrale.
Abbiamo visto che la temperatura critica dell’elio è circa a 3 K. Intorno a questa
temperatura c’è un cambiamento di fase per l’elio (vedere disegno 1)
La superfluidità si riesce a vedere in fase liquida solo nell’elio. Questo è legato al
fatto che le temperature critiche sono tipicamente basse. Raffreddare un liquido a
quelle temperature risulta nella cristallizzazione del liquido. In quellla situazione
gli atomi diventano distinguibili, la statistica di Bose-Einstein perde significato.
L’elio a pressioni normali non cristallizza (vedere sempre disegno 1). Fino a 25
atm non cristallizza. Un sistema in generale cristallizza perchè c’è un’interazione
tra le particelle. La cristallizzazione è legata alla forma del potenziale di intera-
zione interatomico, che abbiamo descritto qualche lezione fa con (disegno 2). Nel
caso dell’elio una buona scelta del potenziale è quello di Lennard-Jones (parte
attrattiva dovuta a van der waals e coda repulsiva a piccole distanze dovuta al
principio di Pauli). Nell’atomo di elio le interazioni di Van der Waals sono deboli
Capitolo 1. Capitolo 1 49 / 64

perchè è legata alla polarizzazione dell’atomo p = αε e nell’atomo di elio la pola-


rizzabilità alpha è molto bassa, il momento di dipolo indotto dal campo elettrico
epsilon è piccolo quindi van der waals è piccola, quindi la buca del potenziale è
poco profonda. D’altra parte, accanto ad un’energia di legame poco accentuata,
l’atomo di elio è leggero. Se prendiamo un dimero (due atomi), avrà una lunghez-
za di equilibrio assegnata dal minimo del potenziale. Il dimero non sta fermo,
può compiere piccole oscillazioni attorno alla lunghezza di equilibrio. per piccole
oscillazioni quella curva può essere approssimata ad una parabola vicino al mi-
nimo. Abbiamo quindi un potenziale di interazione armonico, avremo dei livellli
di energia quantizzati secondo la solita legge ℏω(n + 12 ) . Se abbiamo una massa

k
piccola la ω = m diventa molto grande quindi l’energia di punto zero è molto
grande dunque l’energia di legame è molto piccola. IL sistema ci guadagna poco
a cristallizzare e preferisce stare in fase liquida.
Il calore specifico a pressione costante è discontinuo perchè la transizione è del
∂S
econdo ordine. cP dT = T dS . cP = T ∂T P
L’entropia è legata all’energia libera di gibbs

∂T |P
S = − ∂G
l’entropia è continua attraverso la transizione di fase perchè è del secondo ordine.
La derivata seconda invece è discontinua
2
cP = −T ∂∂TG2
la disconttinuità è mostrata neòl disegno 3

la condizione di condensazione non è sufficiente per avere comporta-


mento superfluido

in un gas ideale non interagente non c’è superfluidità anche con condensazione.
Per avere superfluidità è necessaria la condensazione, ma sono anche necessa-
rie delle interazioni tra particelle che cambino in qualce modo lo spettro delle
eccitazioni elementari del sistema.
Le particelle in un gas d’elio non sono indipendenti tra loro ma legate dal poten-
ziale visto. La condizione che deve avere lo spettro delle eccitazioni per vedere
viscosità nulla è stato proposto per la prima volta da Landau ed è il cosiddetto
“Argomento di Landau per la superfluidità”.
Supponiamo di avere una pallina che si muove in un fluido. La pallina è un og-
getto macroscopico di massa M . Affinchè questa pallina possa essere frenata,
cioè affinchè il liquido eserciti viscosità sulla pallina, è necessario che la pallina
trasferisca energia al fluido in qualche modo. Possiamo pensare a tale proces-
so elementare in cui la pallina perde un po’ di energai trasferendola al fluidio
scrivendo un’equazione di conservazione per l’energia e il momento della pallina
p2M (p′M )2
Ei = 2M , Ef = 2M + ε(p) , Ei = Ef , pM = p′M + p
dove pM è il momento della pallina, p il momento dovuto alle interazioni tra
pallina e fluido. sostituiamo
2
p2M (p′M −p)
2M = 2M + ε(p)
Capitolo 1. Capitolo 1 50 / 64

p2M 2pM p p2
= 2M − 2M + 2M + ε(p)
2pM p2
2M p − 2M = ε(p)
pM è di un oggetto macroscopico, mentre p è di un oggetto microscopico quindi
si può trascurare
pM
M p = ε(p)
vM p = ε(p)
dove vM è la velocità iniziale della pallina. Se il sistema fosse un gas ideale non
interagente, le eccitazioni elementari corrisponderebbero alle energie di particella
p2
libera, per cui ε(p) = 2m una parabola. Allora abbiamo sempre una soluzione
che si ottiene come intersezione tra l’energia è la retta di coefficente vM (disegno
4). Invece per l’elio il grafico è diverso (disegno 5). In quel caso se la pallina va
abbastanza lentamente nonn ci sono intersezioni con la curva quindi non ci sono
interazioni. Nell’elio superfluido la velocità critica è vcritica = 60 m
s che in realtà
non viene raggiunta perchè si creano dei vortici nel fluido che permetttono la
dispersione di energia.
L’elio 4 è un superfluido ed è l’unico liquido in cui si vede la superfluidità. Però
si vede anche in vapori molto diluiti. Se mettiamo un sistema ad una densità
molto bassa esso non riesce a solidificare, però anche la temperatura critica è
molto bassa in quanto dipende dalla densità. negli anni 90 con i sistemi BEC si
realizzarono gas rarefatti di densità di qualche migliaio di atomi al metro cubo
e raffreddandoli fino a temperature dell’ordine dei nano-Kelvin si evidenziò la
condensazione di Bose-Einstein.

Microscopio STM

Roba discorsiva, cercare info online se serve

1.10 Lezione 10 - 19 dicembre 2016

1.10.1 Atomo di Elio

Nucleo con Z = 2 e 2 elettroni. Trascuriamo l’effetto di massa ridotta, nucleo


fisso e due elttroni che orbitano attorno.L’hamiltoniana
⟨p1 ⟩2 Ze2 ⟨p2 ⟩2 Ze2 e2
Ĥ = 2m − 4πε0 r1 + 2m − 4πε0 r2 + 4πε0 |⃗
x1 −⃗
x2 |
essendoci la parte di interazione coulombiana attrattiva l’hamiltoniana non è
separabile. Non esiste una soluzione esatta. Il primo approccio è di considerare
l’hamiltoniana come somma di due hamiltoniane idrogenoidi e di considerare
l’hamiltoniana di interazione come una perturbazione
Ĥ = Ĥ1 + Ĥ2 + Ĥint
e consideriamo la perturbazione piccola rispetto alle altre due in modo che la
somma degli altri due termini dia un’hamiltoniana imperturbata.
Capitolo 1. Capitolo 1 51 / 64

Sistema imperturbato

Abbiamo studiato il problema agli autovalori per l’hamiltoniana idrogenoide


Ĥun,l,m = En un,l,m (r, θ, φ)
l’autostato di tale hamiltoniana è fattorizzato
un,l,m (r, θ, φ) = Rn,l (r)Yl,m (θ, φ)
vale anche che
L2 Yl,m = ℏ2 l(l + 1)Yl,m
Lz Yl,m = ℏmYl,m
si ottiene un’equazione per la sola parte radiale, che nel caso dell’atomo idroge-
noide

− Z r 2m|En |
Rn,l (r) = rl e na0 L2l+1 (k
n−l−1 n r), k n = ℏ2
A tale funzione d’onda corrisponde un’energia
2 2
En = − Z4πεe0 1
2a0
ℏ 2
Dove naturalmente il coefficiente a0 è il raggio di Bohr a0 = me 2 4πε0 ≈ 0.5Angstrom
. Lo stato fondamentale corrisponde a n = 1, l = 0 ed è chiamato stato 1s . Se
vogliamo studiare solo la parte imperturbata dell’atomo di elio essa è separabile.
Le soluzioni sono le somme delle soluzioni dell’atomo idrogenoide.

Stato fondamentale dell’atomo di elio

La funzione d’onda che dovremo usare saranno del tipo u1s (⃗x1 )
− aZ r
u1s = e 0

a meno di un fattore di normalizzazione.


Ora, tenendo conto del principio di esclusione di Pauli, possiamo riempire il livello
1s con un elettrone a spin up e uno a spin down. Ora usiamo il simbolo ↑↓ per
indicare la funzione d’onda correttamente antisimmetrizzata per scambio. Per
fare ciò serve il determinante di Slater (?)
( )
u1s (1)α(1) u1s (2)α(2)
u1s β(1) u1s (2)β(2)
bisogna farne il determinante
ψ= √1
2
[u1s (1)u1s (2)α(1)β(2) − u1s (2)u1s (1)α(2)β(1)]
Le due funzioni d’onda differiscono per lo spin, la parte spaziale rimane uguale e
si può raccogliere
ψ= √1 u1s (1)u1s (2) [α(1)β(2)
2
− α(2)β(1)]
Complessivamente è antisimmetrica rispetto allo scambio (infatti sono fermioni).
Il termine di spin della funzione d’onda è proprio lo stato di singoletto. Esso è un
autostato dello spin totale dei due elettroni. A questa funzione d’onda corrisponde
un’energia imperturbata che è somma delle due energie di singola particella
2 2
En = En1 + En2 = −2 Z4πεe0 1
2a0 = −2Z 2 Ry = −8Ry ≈ 108.8eV
Capitolo 1. Capitolo 1 52 / 64

Dove Ry indica che quella è l’energia di Rydberg. L’energia sperimentale misurata


con effetto fotoeletrico per l’atomo di elio nello stato fondamentale è Eexp =
−78.8eV . Notiamo che sono diverse proprio perchè non abbiamo considerato la
perturbazione.
In prima approssimazione introduciamo l’effetto di interazione tra gli elettroni
tramite teoria delle perturbazioni al primo ordine.
∫∫ 3 2
E (1) = ⟨ψ|Ĥint |ψ⟩ = d ⃗x1 d3 ⃗x2 |ψ(⃗x1 , ⃗x2 )|2 4πε0 |⃗ex1 −⃗x2 |
dove non abbiamo considerato la parte di spin poichè la perturbazione non dipen-
de dallo spin, questo entrerebbe nell’integrale come prodotto interno(scalare) ed
essendo la funzione d’onda normalizzata non andrebbe a contribuire nell’integrale.
Inseriamo dunquela parte spaziale di tale funzione d’onda
∫ 2
= d3 x1 d3 x2 |u1s (x1 )|2 |u1s (x2 )|2 4πε0 |xe 1 −x2 |
L’interpretazione fisica è la seguente: Se supponiamo di associare alla funzione
d’onda dell’elettrone la sua distribuzione di probabilità e moltiplichiamo per la
carica, possiamo leggere tale oggetto come densità di carica ρ1 = |u1s (⃗x1 )|2 e e
similmente per l’altro elettrone. l’integrale che stiamo facendo quindi è l’integrale
coulombiano classico che dà l’energia elettrostatica tra le due cariche
∫ 3
d x1 d3 x2 ρ1 ρ2 4πε0 |x11 −x2 |
Un integrale siffatto si indica anche in fisica atomica con simbolo J e si chiama in-
tegrale coulombiano diretto. L’energia dell’atomo di elio si scriverà come l’energia
imperturbata più l’energia data da J . Nel caso di funzioni d’onda 1s l’integrale
è di facile risoluzione, anche se noiosa. Il risultato J = 54 ZRy . Dalla somma con
il risultato precedente si ottiene E = −74.8eV . Questa sarebbe l’energia media
dell’hamiltoniana esatta dell’atomo di elio sulla funzione d’onda approssimata.
Esso è maggiore del valore sperimentale, come ci aspettiamo, perchè il valor me-
dio è sempre maggiore o uguale dell’energia di stato fondamentale (per qualsiasi
hamiltoniana e funzione d’onda).

Disuguaglianza sul valor medio

⟨ψ|Ĥ|ψ⟩ ≥ E0
Abbiamo hamiltoniana e funzione d’onda. Indichiamo un , En autostati e auto-
valori dell’hamiltoniana, E0 è l’energia di stato fondamentale. Siccome l’insieme
degli autostati dell’hamiltoniana è una base dello spazio di Hilbert, una qualsiasi
funzione d’onda può essere scritta come combinazione lineare degli autostati. Se
calcoliamo
∑ ∑ ∑
⟨ψ|Ĥ|ψ⟩ = m,n c∗m cn ⟨um |Ĥ|un ⟩ = m,n cm ∗ c E δ
n n mn = n |cn | En
2

ma per definizione En ≥ E0 quindi vale ≥ n |cn |2 E0 . siccome la funzione d’onda
è normalizzata la somma dei coefficienti modulo quadro è unitaria per cui vale la
disuguaglianza.

Miglioriamo la funzione d’onda

Osserviamo che la lunghezza caratteristica con cui decade la funzione d’onda (


a0
Z ) è il risultato di un compromesso tra minimizzazione dell’energia potenziale,
Capitolo 1. Capitolo 1 53 / 64

ottenuta minimizzando la localizzazione delle particelle, e l’energia cinetica. Loca-


lizzando le particelle sul nucleo gli elettroni si respingono di più (infatti l’integrale
dipende da Z), più grand Z più gli elettroni si respingono. Quello che potrem-
mo fare è costruire un’altra funzione d’onda in cui ci sia una “manopola” per
modificare il grado di localizzazione della particella e trovare il grado ottimale.
Il modo più semplice per farlo è scrivere una funzione d’onda
Zef f r
1 −
u1s = ( )3 e
a0
√ a0 2
π Zef f

e inserirla nella funzione d’onda a due particelle. Calcolando ora il valor medio
sull’hamiltoniana esata troveremo un energia che dipende dal parametro Z e poi
troveremo quello migliore.
grazie alla disuguaglianza di prima sappiamo che se costruiamo funzioni d’on-
da che diano energie più basse ci stiamo avvicinando di più all’energia di stato
fondamentale.
Scriviamo l’hamiltoniana imperturbata come somme di energia cinetica e poten-
ziale
H = T1 + U1 + T2 + U2
⟨ψef f |H|ψef f ⟩ = ⟨ψef f |T1 + T2 |ψef f ⟩ + ⟨ψef f |U1 + U2 |ψef f ⟩ + ⟨ψef f |Hint |ψef f ⟩
l’ultimo termine l’abbiamo calcolato prima vale 54 Zef f Ry .
La funzione d’onda che stiamo usando corrisponde alla funzione d’onda di stato
fondamentale di un’hamiltoniana efficace che dipende dal parametro
p2 Zef f e2
Hef f = 2m − 4πε0 r1
Zef f
2 R . Inoltre ⟨ 1 ⟩ =
di cui conosciam l’energia E1s = −Zef f y r a0 in questo caso.
Allora sappiamo calcolare
Ze2 ZZef f e2
⟨u1s | − 4πε0 r |u1s ⟩ =− 4πε0 a0
quell’hamiltoniana è l’hamiltoniana dell’energia potenziale.
⟨u1s (1)u1s (2)|U1 + U2 |u1s (1)u1s (2)⟩ = 2⟨u1s (1)|U1 |u1s (1)⟩ = −2ZZef f 2Ry =
−4Ry ZZef f
Per l’energia cinetica, sappiamo che
Zef f
⟨u1s |T1 − 4πε0 r1 |u1s ⟩ = −Zef
2 R
f y
siccome abbiamo appena calcolato il valor medio per l’energia potenziale ci basta
sottrarre −2Zef
2 R
f y
quindi l’energia cinetica media vale
⟨T1 ⟩ = −Zef
2 R + 2Z 2 R = Z 2 R
f y ef f y ef f y
Questo è per un singolo elettrone. Nel nostro caso abbiamo la somma di due
termini uguali quindi c’è un fattore 2. Da tuttò ciò otteniamo
2⟨T ⟩ = −⟨U ⟩
Riscriviam in modo ordinato
( )
⟨ψef f |H|ψef f ⟩ = 2Zef f − 4ZZef f + 4 Zef f Ry
2 5
Capitolo 1. Capitolo 1 54 / 64

ora vogliamo minimizzare tale equazione


4Zef f − 4Z + 5
4 =0
Zef f = Z − 5
16
Nel caso dell’atomo di elio dunque Zef f = 27
16 . Questo vuol dire che la funzione
d’onda è meno localizzata rispetto a quanto succede per l’atomo idrogenoide.
La carica efficace che l’elettrone sente è più piccola della carica di due protoni:
questo avviene come una specie di schermatura dovuta ai vari effetti di interazione
presenti nel sistema.
L’energia che otteniamo con questo valore di carica efficace è E0 = −77.5eV

Teorema del Viriale

Se abbiamo un’hamiltoniana scritta come somma di energia potenziale e cinetica,


e un autostato dell’hamiltoniana, allora vale che
2⟨u|T |u⟩ = ⟨u|⃗x · x |u⟩
∂U
∂⃗
In particolare, se U è un potenziale coulombiano, allora U ∝ 1
r → ∂U
∂⃗
x = dU ∂r
dr ∂⃗
x =
dr r = − r2 r = −U r2
dU ⃗x 1 ⃗x ⃗
x

= ⟨−U ⟩
Lo stesso teorema può essere applicato al sistema dell’oscillatore armonico

1.11 Lezione 11 - 20 dicembre 2016

1.11.1 Atomo di elio 2 il ritorno del protone

Andiamo adesso a considerare il primo stato eccitato 2s. Esso avrà energia
Z 2 Ry
E2 = − 4
In questo caso ci sono quattro configurazioni possibili: infatti abbiamo due par-
ticelle e due stati, su ogni stato è possibile avere spin up e down. Per ogni
configurazione avremo un determinante di Slater diversi.

1s spin su, 2s spin su Per la prima configurazione scriviamo:



u1s (1)α(1) u1s (2)α(2)
√1 = √1 α(1)α(2) [u1s (1)u2s (2) − u1s (2)u2s (1)]
2 u2s (1)α(1) u2s (2)α(2) 2

la parte di spin è simmetrica, la parte spaziale antisimmetrica.

1s spin giù , 2s spin giù Per la seconda configurazione scriviamo


ψ= √1 β(1)β(2) [u1s (1)u2s (2)
2
− u1s (2)u2s (1)]
Poi a quanto pare le altre due configurazioni non servono, però si combinano in
qualche modo che non ha detto. Poi ha scritto una formula che non si è capita.
Sembra tutta roba importante comunque
Questi quattro stati sono tutti degeneri a quanto pare, l’energia dipende solo dallo
stato su cui si trovano le particelle (per l’hamiltoniana imperturbata). I quattro
Capitolo 1. Capitolo 1 55 / 64

determinanti di slater dunque hanno tutti la stessa energia, posso scegliere di


farne una combinazione lineare.
Ora facciamo entrare in gioco la perturbazione. Usiamo la teoria delle perturba-
zioni indipendenti dal tempo.
Siccome l’hamiltoniana di perturbazione è diagonale sulla base del tripletto che
abbiamo ottenuto tramite combinazione lineare delle varie configurazione ci basta
calcolarne il valor medio
2 ∫ 2
⟨i| 4πε0 |⃗ex1 −⃗x2 | |i⟩ = d3 x1 d3 x2 4πε0 |⃗ex1 −⃗x2 | |u1s (x1 )u2s (x2 ) ± u1s (x2 )u2s (x1 )|2 21
=J ±K
dove J è l’integrale visto ieri.
∫ ∫ 3 u∗ (⃗ x1 )u∗2s (⃗
J = d3 ⃗x1 d3 ⃗x2 |u1s (⃗4πε
x1 )|2 |u2s (⃗
x2 )|2 e2 x )u1s (⃗ x1 )u2s (⃗
x2 )
0 |⃗
x1 −⃗x2 | = d ⃗x1 d3 ⃗x2 1s 1 4πε 0 |⃗
x1 −⃗
x2 |
Mentre K è detto integrale di scambio perchè è uguale a J a parte uno scambio
dei termini u1s (⃗x1 ) ↔ u2s (⃗x2 )
Entrambi i due integrali sono positivi, quindi il tripletto ha energia più bassa del
singoletto
{
J +K singoletto
⟨Hi ⟩ =
J −K tripletto
Qual è la densità di probabilità che le due particelle stiano nello stesso punto?
|ψ(⃗x, ⃗x)|2
inserendo la stessa posizione nello stato questo si annulla (stato di tripletto).
quindi la probabilità è nulla
nello stato di singoletto invece no.
Per descrivere i due livelli di enrgia, di tripletto e singoletto, c’è un hamiltoniana
efficace
Hef f = J − 1 K − 2 K2 S
2
⃗1 · S

⃗2
Il prodotto scalare
⃗1 · S
S ⃗2 = 1 S 2 − S 2 − S 2
2 1 2
Quindi i due livelli energetici si possono interpretare come interazione tra spin
che tende a tenere i due spin paralleli diminuendo l’energia. Tale hamiltoniana è
detta hamiltoniana di Heisenberg e descrive un’interazione efficace tra i due spin.
Questa hamiltoniana è alla base della descrizione del ferromagnetismo dei solidi.

1.12 Lezione 12 - 22 dicembre 2016 - mancante

1.13 Lezione 13 - 9 gennaio 2017


[ 2 ( )]
ℏ Ze2
− 2m ∇2 + − 4πε00r + VM (r) ψi (x̄) = εi ψi (x̄)
L’energia totale di un sistema la cui soluzione è data da quest’equazione è
∑ ∫
E = εi − 21 d3 x̄VM (x̄)ρ(x̄)
Capitolo 1. Capitolo 1 56 / 64

Se abbiamo un atomo con shell non piena (carbonio) in cui gli stati vengono
riempiti consecutivamente a questa corrispondono diversi funzioni d’onda perchè
ci sono tanti modi in cui possiamo disporre gli stati 2p. m = 0 +−1 . In particolare
( )
6
ci saranno 15 determinanti di slater assegnati dal coefficiente binomiale
2
A questa va aggiunta una correzione, detta correzione non sferica del potenziale,
che corrispondono a delle hamiltoniane
∑ e20 1∑
H ′ = 21 4πε0 |xi −xj | − 2 VH (xi )
dove VH è il potenziale di hartley (prima avevo scritto V_M ma è sbagliato).
Per vedere in che modo si ha degenerazione abbiamo costruito stati a molti parti-
celle che sono comninzioni lineari di det di slater assegnati dalle combinazioni degli
stati a singola particella. Questi spono autostati degli operatori L2i , L2i,z Si2 Si,z
2 .

Sono costanti del moto per l’equazoine di hartley ma non lo sono più se accen-
diamo perturbazione. Le nuove costanti sono L2 , L2z , S 2 , Sz2 che sono il momento
angolare totale e lo spin totale.
Dobbiamo diagonalizzare l’hamiltoninana di perturbazione. Si può cambiare la
base dello spazio degenere variando i numeri quantici n_i l_i, m_i, m_si per
arrivare a degli stati con nuovi numeri quantici
|ni , li , mi , msi ⟩ → |ni , si , l, ml , s, ms ⟩
Fra tutti i possibili valori l1 − l2 ≤ l ≤ l1 + l2
allora avremo per gli elettroni 2p l= 0,1,2 s=0,1
In realtà non tutti gli stati esistono perchè sono vincolati dal principio di esclu-
sione di pauli. Per esempio
Questa correzione all’energia dipende dai numeri quantici l,s che sono generali e
non più legati alle singole particelle. Corrispondono 3 energie diverse crescenti da
3p fino a 1s.
Per assegnare la configurazione ad energia più bassa ci sono delle regole dovute
a Hund:

1. Lo stato fondamentale corrisponde al simbolo di termine con massima


molteplicità di spin (in questo caso è lo stato di tripletto L

Ad ognuno di questo simboli di termine corrispondono in questo schema diverse


funzioni d’onda degeneri. Il caso dello stato 3p la degenerazione viene dai possibili
valori dei numeri quantici m_L m_S
per lo stato 3p in particolare si hanno (2S +1)(2L+1) stati degeneri cioè 9.
Questa degenerazione viene parzialmente interrotta introducendo l’interazione
spin-orbita.
∑ 1 1 dV
HSO = S̄ · L̄i
2m2 c2 ri dri i
se le particelle non sono troppo pesanti però questa correzione non è importante.
Quindi, prima partiamo da hartley, poi accendiamo le perturbazioni non sferiche,
poi quella spin-orbita.
Capitolo 1. Capitolo 1 57 / 64

Questa perturbazione dobbiamo applicarla ancora con la teoria delle perturba-


zioni al pirmo ordine per stati degeneri. Ci mettiamo in ogni simbolo di termine
e in principio dobbiamo diagonalizzzre l’hamiltoniana di perturbazione.
In modo analogo a quanto visto per l’atomo di idrogeno, i numeri quantici asso-
ciati agli operatori Sz , Lz non vanno più bene perchè ci sono le componenti dello
spin nell’hamiltoniana di interazione che non commutano con questi operatori.
Possiamo introdurre il momento angolare totale J = S + L che commuta con
l’hamiltoniana di spin-orbita. Passiamo da un set di numeri quantici assegnati da
J^2 J_Z come nuove costanti del moto. I nuovi numeri quantici saranno
|ni , li , L, S, J, MJ ⟩
e naturalmente L − S ≤ J ≤ L + S, −J ≤ MJ ≤ J
I possibili valori nel caso dello stato 3P
avremo J = 0, 1, 2 . Introducendo quindi
l’interazione spin-orbita il nostro simbolo di termine si arricchisce di un pedice
che è il possibile valore di J diventando in questo caso 3 P0 ,3 P1 ,3 P2 . I possibili
valori di M_J cioè (2J+1) danno la molteplicità di ogni stato e la loro somma
dà la dimensione dello spazio di degenerazione
Come dipende l’energia dal numero J? Utilizzando il teorema di Reckard che non
dimostreremo si ha che
se costruiamo elementi di matrice dell’hamiltoniana di spinorbita su stati fatti
con i numeri quantici appena visti,
⟨ni , li , L, S, J, Mj |HSO |ni , li , L, S, J, MJ ⟩ = ⟨...|AS̄ · L̄|...⟩
dove A è una costante che dipende dagli altri numeri quantici. Al posto di S
scalare L introduco J e scrivere
S̄ · L̄ = 21 (J 2 − L2 − S 2 )
inserisco nell’equazione di prima e siccome quei numeri sono autostati dell’hamil-
toniana allora l’intero prodotto è non nullo solo se il bra e il ket hanno gli stessi
numeri. QUindi dimostriamo che l’hamiltoniana è già diagonale.
La correzione all’energia porta una costante che dipende daglistati di singola
particella

2 ℏ [J(J + 1) − L(L + 1) − S(S + 1)]


A 2
∆ESO =
Qual è lo stato all’energia più nbassa^ dipende dal segno della costante. Si ha la
terza regola di Hund
3. Se la sottoshell ( in questo caso stati p dell’atomo di carbonio) è meno che
semipiena, A è positivo. e cambia segno quando diventa più che semipiena.
Se A è positiva lo stato a minor energia corrisponde a quello con valore minimo
di J .
Se A è negativo lo stato a minor energia corrisponde a quello con valore massimo
di J .
Se gli atomi diventano pesanti (Z>40) bisogna introdurre l’interazione spin-orbita
direttamente nell’equazione di hartley.
In questo caso abbiamo un’hamiltoniana spin-orbita di singola particella (come
quella vista per l’atomo di idrogeno). A questo punto consideriamo la perutubr-
zione di spinorbita di una singola particella. Si ottiene
Capitolo 1. Capitolo 1 58 / 64

ψn,l,m,ms → ψn,l,j,mj
dove l − 1
2 ≤ j ≤ l + 12 , −j ≤ mj ≤ j
E come nel caso dell’atomo di idrogeno si ottiene una correzione all’energia
∆E(j) = A(n, l) ℏ2 [j(j + 1) − l(l + 1) − s(s + 1)]
2

In realtà gli stati a energia più bassa di singola particella sono sempre quelli con
j minimo, perchè A in questo caso è sempre positivo.
Se abbiamo un’interazione spinorbita forte (ad esempio nel caso dello stagno che
è un P 2 ) costruiamo gli stati di singola particella e riempirli partendo dagli stati
a energia più bassa.
{
p1
2 elettroni su stati p, abbiamo oggetti che chiamiamo ψ2,1,j,mj = 2
p3
2

1.14 Lezione 14 - 10 gennaio 2017

1.14.1 Struttura delle molecole

Molecola bi-atomica

nucleo a, nucleo b, elettroni attorno.


L’hamiltoniana del sistema complessivo è complicata
H = TN + UN N + Te + UeN + Uee
cioè somma di cinetica nuclei, interazione nuclei, cinetica elettroni, interazione
elettroni nuclei, interazione elettroni elettroni.
La funzione d’onda dipende dalle coordinate dei nuclei e degli eletroni. si scrive
( )
Hψ x̄, R̄ = Eψ
dove x elettroni R nuclei.
Si può per fortuna fatrtorizzare tutto perchè elettroni sono leggeri rispetto a
nuclei e si muovono più rapidamente
se vogliamo stdiare stati a bassa energia per ogni configurazoione dei nuclei gli
eltttroni rispkindon molto rapidamente rispetto ai nuclei e quindi si mettono su
una stessa configurazione elettronica (istante per istante).
Possiamo considerare di scrivere
H = TN + He
quindi cinetica nuclei più hamiltoniana elettronica
cerchiamo le soluzioni dell’equazione agli autovalori per il solo problema elettro-
nico
He ψne (x̄, R̄) = Ene (R̄)ψne (x̄, R̄)
si può mostrare che

ψ(x̄, R̄) = n χn (R̄)ψne (x̄, R̄)
Capitolo 1. Capitolo 1 59 / 64

L’approssimazione che facciamo è la seguente, basata sul fatto che gl eltrroni


muovono più rapidamente

1. Assumiamo che

ψ = χn ψne (x̄, R̄)


se lo stato elettronico è identificato come uno stato neesimo il moto dei nuclei
non permette agli elettroni di saltare da uno stato all’altro. gli elettroni stanno
sempre su un unico stato
Si dice che gli elettroni seguono adiabaticamente il moto dei nuclei. tale approssi-
mazione va sotto il nome di APPROSSIMAZIONE ADIABATICA o APPROS-
SIMAZIONE DI BORN-OPPENHEIMER
adiabaticamente: nonn c’è scambio di energia tra moto elettroni e moto nuclei.
Scriviamo questa approssimazione nell’eq agli autovalori
(TN + He ) χn (R̄)ψne (x̄, R̄) = Eχn ψne
( )
TN + Ene (R̄) χn ψne = ...
si fa una seconda approssimazione
2. trascuriamo l’applicazione dell’operatore cinetico dei nuclei sulle funzioni d’on-
da elettroniche (intuitivamente è un operatore che ha a denominatore masse nuclei
mentre agisce su quantità elettroniche quindi porta un contributo basso)
a questo punto la funzione d’onda elettronica moltiplica entrmabi i termini, senza
operatori che agiscano su di esso. quindi si può eliminare. otteniamo
( )
Tn + Ene (R̄) χn (R̄) = Eχn (R̄)
equazione agli autovalori di un hamiltoniana dei soli nuclei. l’energia E_n ha il
ruolo di un’energia potenziale di interazione tra i nuclei. In qualche modo abbiamo
risolto l’requzione disaccoppiando il moto degli elettroni dal moto dei nuclei.
Prima risolviamo il problema elettronico a nuclei fissi (per ogni posizione dei
nuclei fissi). Otteniamo quindi un potenziale “adiabatico” che entra nell’equazione
agli autovalori per i soli nuclei.

Il problema degli elettroni a ioni fissi

I nuclei sono una sorgente di potenziale esterno.


Partiamo considerando la molecola biatomica più semplice possibile: due atomi
di idrogeno.
In maniera esattta non si può risolvere. L’hamiltoniana elettronica di questo
problema è
ℏ 2 e20 ℏ2 e20 e20 e20
He = − 2m ∇2x1 − 4πε0 |x1 −R1 | − 2m ∇x2
2 − 4πε0 |x2 −R2 | − 4πε0 |x2 −R1 | − 4πε0 |x1 −R2 | +
e20 e20
4πε0 |x1 −x2 | + 4πε0 |R1 −R2 |
con tutte le varie interazioni del sistema.
Prima approssimazione: Consideriamo cosa succede quando allunghiamo la mo-
lecola. La lunghezza di legame sia R = |R1 − R2 | . Nel limite in cui R è molto
grande il problema agli autovalori ha come soliuzione quello dei due atomi isolati
Capitolo 1. Capitolo 1 60 / 64

non più dela molecola. la funzione d’onda totale si scrive come prodotto delle due
funzioni d’onda separate.
ψ = u1s (x1 − RA )u1s (x2 − RB )
ma quando si avvicinano bisogna tenere conto dell’antisimmetria rispetto allo
scambio
Possiamo considerare i due stati u_A u_B su cui devo mettere due elettroni e
devo poi costruire una funzione d’onda completamente antisimmetrica rispetto
allo scambio. Per farlo possiamo mettere un elettrone spin up in uno stato e un
altro spin up nello stato B che corrisponde allo stato di tripletto.
La funzione d’onda complessiva è un determinante di Slater assegnato da que-
st’occupazione
ψ = [ua (x1 )uB (x2 ) − uA (x2 )uB (x1 )] α(1)α(2)
questo come esempio. si potevano usare anche i due spin down, oppure costruire
l’altro stato di tripletto con spin up e down.
e infine si può anche usare lo stato di singoletto di spin. la parte spaziale cambia
solo di segno.
finora tuttto è analogo all’atomo di elio.
queste sono due funzioni d’onda approssimate per la molecola H_2 costruite da
funzioni d’onda atomiche. Nel limite di dissociazione della molecola le soluzioni
corrispondono alla situazione di atomi isolati.
Dobbiamo ancora normalizzarle però. basta mettere a denominatore una costante(N_-
per il tripletto, N_+ per il singoletto)
⟨ψ± |ψ± ⟩ = 1

= dx1 dx2 [uA (x1 )uB (x2 ) − uA (x2 )uB (x1 )] · [uA (x1 )uB (x2 ) − uA (x2 )uB (x1 )] N12

i pezzi uguali sono già normalizzati, mentre quelli incrociati coinvolgono elettroni
diversi e non sono normalizzati
∫ 3
d x1 uA (x1 )uB (x1 ) = ⟨uA |uB ⟩ = SAB
che si chiama integrale di overlap cioè di sovrapposizione. facendo uewll’integrale
si ottiene
1 = (2 ± 2S 2 ) N12
±

da cui

N± = 2(1 ± S 2 )
per quanto siano approssimate descrivono già discretamente la formazione del
legame chimico tra i due atomi
Costruiamo un’energia media.
⟨ψ|He |ψ⟩ =
ora siccome non dipende dallo spin, le tre funzioni del triplketto hanno la stesssa
energia media, ma sarà diversa da quella del singoletto che ha segno positivo nella
parte spaziale
Jee −SKee e20
⟨ψ± |He |ψ± ⟩ = 2E1s + 2( J±SK
1±S 2
)+ 1±S 2
+ 4πε0 R
Capitolo 1. Capitolo 1 61 / 64

dove Jee , Kee sono integrali di rette di scambio visti nell’atomo di elio
e2 ∫
Jee = 4πε0 0 d3 x1 d3 x2 |uA (x1 )|2 |uB (x2 )|2 |x1 −x
1
2|
2 ∫
Kee = 4πε0 0 d3 x1 d3 x2 u∗A (x1 )uA (x2 )u∗B (x2 )uB (x1 ) |x1 −x
e 1
2|

mentre J, K descrivono l’interazione elettroni-nuclei


e2 ∫
J = − 4πε0 0 d3 x2 |uA (x1 )|2 |x1 −R
1
B|

e 2 ∫
K = − 4πε0 0 d3 x1 uA (x1 )uB (x1 ) |x1 −R
1
A|

se usiamo lo stato fondamentale in tutti gli integrali essi si possono risolvere


analiticamente.
e dipendono dalla lunghezza della molecola naturalmente E± (R)
disegnando il grafico dell’energia, quella negativa sarà una curva come quella del
potenziale gravitazionale, ci sarà dunque un’energia di legame e per quesgto il
singoletto è detto anche stato legante.
la curva del tripletto invece è un’esponenziale a coefficiente negativo . non c’è
energia di legame ma c’è forza repilsiva che tende a far allontanare i due atomi-.
per questo il tripletto è detto stato antilegante.

1.15 Lezione 15 - 13 febbraio 2017

Molecole biatomiche

Eravamo partiti dalle molecole biatomiche della prima riga


H_2, Li_2, Be_2, B_2, C_2, N_2
Abbiamo affrontato lo schema MO-LCAO. Abbiamo costruito gli orbitali mole-
colari di ogni molecola come combinazione di orbitali atomici.
Ad esempio nel Litio abbiamo ognuno degli atomi che si riempie con 1s^2 2s.
Se abbiamo due atomi di litio possiamo costruire uno stato legante σg che vuol
dire che la funzione d’onda è pari rispetto all’inversione di particelle. L’orbitale
molecolare così costruito è un autostato della proiezione del momento angolare
sull’asse orbitale con autovalore 0.
Cioè se applichiamo L̂z σg = 0 . In generale L_z commuta con l’hamiltoniana
(è una costante del moto). Quindi gli autostati dell’hamiltoniana possono essere
associati con gli autostati di L_Z. Se scriviamo L̂z = −iℏ ∂φ

allora gli autostati sono quelli del tipo L̂z eimφ = ℏmeimφ
Poi possiamo costruire uno stato bilegante che chiamiamiamo σu∗ . Dopodichè
possiamo costruire un orbitale molecolare combinando gli stati 2s
Anche per gli stati 2s possiamo costruire uno stato σg , per cui etichetteremo gli
stati σg con dei numeri del tipo 1σg , 2σg . Possiamo assegnare anche un simbolo
di termine per gli stati molecolari della molecola
2s+1 Λ , dove l’apice è dato dalla molteplicità degli stai di spin, Lambda invece
u/g
è un simbolo assegnato dalla proiezione lungo z del momento angolare totale di
tutti gli elettroni
Capitolo 1. Capitolo 1 62 / 64

Al posto di Lambda si mette un simbolo , che corrisponde a Σ quando Λ = 0 , Π


quando Λ = ±1
, ∆ quando Λ = ±2 e così via.
Nel nostro caso dunque possiamo scrivere 1 Σ e il pedice dobbiamo scriverci la
parità. essendo tutti stati sigma g sono pari quindi scriviamo 1 Σg .

Azoto 2 Avevamo consideratto la molecola di azoto. Questa è riempita da


1s^2 2s^2 2p^3
gli stati 1s si costruiscono con 1 σg 1 σu∗
gli stati 2s si costruiscono con 2σg 2σu∗
gli stati 2p si costruiscono con 3σg che però si può combinare anche con stati di
p_x p_y
Capitolo 2. Fonti per testo e immagini; autori; licenze 63 / 64

Capitolo 2

Fonti per testo e immagini;


autori; licenze

2.1 Testo
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1/Lezione 2 - 29 novembre 2016 Fonte: https://it.wikitolearn.org/Utente%3AV.e.padulano/
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2.2 Immagini
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commons/e/e2/Van_der_Waals_Isotherms.PNG Licenza: Public domain Contributori: No
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sta originale: No machine-readable author provided. Eman assumed (based on copyright
claims).
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Vanderwaals2.jpg Licenza: CC BY-SA 3.0 Contributori: Own work Artista originale: Pgrass

2.3 Licenza dell’opera


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