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1. Introduzione
La penisola italiana ha avuto un ruolo di primo piano nella definizione di un’inquadratura cronostratigrafica
standard per il Pliocene, poiché vi sono state definite tutte le fasi di rilevanza globale (si veda [2]). La
calibrazione dell’età dei confini cronostratigrafici nelle sezioni dello stratotipo italiano rispetto alla scala tem-
porale globale si è a lungo basata principalmente su correlazioni biostratigrafiche a lunga distanza con sezioni
extra-mediterranee [3]. Solo di recente, studi di paleomagnetizzazione hanno fornito magnetostratigrafie
affidabili per un certo numero di sezioni terrestri italiane, tra cui lo strato di confine Pliocene-Pleistocene
[4,5] e diverse sezioni di confine Miocene-Pliocene [6-8]. Sono state inoltre presentate registrazioni magne-
tostratigrafiche per il primo Tardo Pliocene in Sicilia [9,10] e per un certo numero di nuclei di acque profonde
che complessivamente coprono l’intero Plio-Pleistocene nel Mar Tirreno [11]. In questo articolo, presentiamo
nuovi dati paleomagnetici provenienti dalla sezione Punta di Maiata in Sicilia, in modo tale da completare la
stratigrafia integrata della sezione dell’aggregato Rossello (quella trattata in [1]) e, al tempo stesso, fornire
una stima accurata e di primo ordine dell’età dell’ultima occorrenza (LO) di Globorotalia margaritae nel
Mediterraneo. Questo piano planctonico foraminifero è attualmente comunemente usato per delimitare la
base dello stadio Piacenziano nel Mediterraneo [3,12,13]. A causa di gravi problemi stratigrafici incontrati
nella sezione dello stratotipo dello stadio Piacenziano (vedi [14]), si è reso necessario stimare accuratamente
l’età di questo importante orizzonte biologico in una sequenza continua esposta (?) altrove nel Mediterraneo,
preferibilmente nella sezione dello stratotipo dello stadio precedente, lo Zancleano.
2. Sezioni
Punta di Maiata è un piccolo ma importante promontorio in una serie di scogliere lungo la costa meridionale
della Sicilia (Fig. 1). Si trova a 1 km ad est di Capo Rossello, dove la successione di Trubi di marna nel tratto
di Capo Rossello definisce il neostratotipo dello Zancleano [15]. Inoltre, Cita [16] ha proposto formalmente il
confine Miocene-Pliocene da definire alla base dei Trubi nella stessa sezione, per quanto vi fosse anche la
proposta di una sovrapposizione (superstage) rosselliana con lo stratotipo a Lido Rossello [17].
La sezione di Punta di Maiata fa parte dell’aggregato Rossello della sezione di Hilgen [1]. Le marne stratificate
ritmicamente della Formazione dei Trubi Pliocenici sono poste in maniera eccellente e la sezione contiene una
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successione completa e relativamente indisturbata di Trubi. Si evitano così problemi come le interruzioni
stratigrafiche [3,15] e i livelli di crollo inosservati [18]. La sezione composita di Rossello è formata dalla
sezione Eraclea Minoa (parte inferiore), Punta di Maiata (parte centrale) e dalle sezioni di Punta Grande e
Punta Piccola (parte superiore). Le varie sottosezioni sono state messe in relazione attraverso lo spessore
e i gli schemi cromatici caratteristici della stratificazione ciclica dei Trubi [1]. La magnetostratigrafia, la
biostratigrafia e la ciclostratigrafia di Eraclea Minoa - comprendente i subchron Thvera e Sidufjall del Gilbert
Chron [7] - e di Punta Grande/Piccola - contenente l’intero Gauss Chron [9,10] - sono già state descritte in
altri lavori.
La raccolta di campioni del tratto di Punta di Maiata è iniziata sulla spiaggia, direttamente ad ovest del
promontorio e, dopo aver superato una piccola ma ben distinta faglia, è proseguita ben presto sul versante
regolare occidentale di Punta di Maiata fino alla sommità della scogliera, dove i Trubi di marna sono ricoperte
in maniera irregolare da depositi a terrazza del Pleistocene (Fig. 2). Tre intervalli di Trubi di marna
disturbati nella parte superiore della sezione sono stati interpretati come crolli sedimentari (Figg. 2 e 3).
La raccolta di campioni è stata comunque continuata fino a raggiungere il confine Gilbert-Gauss (G/G) in
questa sezione, in maniera tale da fornire una correlazione magnetostratigrafica con la sezione di Punta
Piccola. In località Punta Grande, essa è stata poi leggermente estesa verso l’alto in modo da includere anche
in tale sezione il confine G/G. La raccolta di campioni ad Eraclea Minoa è stata ampliata a sua volta per
estendere la sovrapposizione con la sezione di Punta di Maiata. La raccolta è stata portata avanti seguendo
le convenzionali procedure Utrecht, cioè utilizzando un trapano elettrico con raffreddamento ad acqua ed
un generatore come fonte di alimentazione. Come di consueto, sono stati estratti due nuclei di 2.5 cm di
diametro per livello di campionamento, in maniera tale da produrre due o tre campioni standard (22 mm) a
partire da ciascuno. Si è posta particolare attenzione nel rimuovere la superficie scavata dalle intemperie, ma
nella sezione Punta di Maiata ciò ha presentato alcune difficoltà: a diversi intervalli, campioni di sedimenti
freschi (blu) non hanno potuto essere raccolti.
3. Risultati
3.1. Punta di Maiata
A Punta di Maiata, i Trubi di marna mostrano la pronunciata e ritmica stratificazione caratteristica di
questo tipo di formazione in Sicilia. I piccoli cicli sedimentari, con uno spessore medio di circa 1 m, sono
quadripartiti e presentano una distinta alternanza di colore grigio-bianco-bianco-beige-bianco, in cui le marne
grigie e beige rappresentano i letti poveri di CaCO3 , meno induriti. Cicli sedimentari su larga scala possono
essere distinti dalla ricorrenza ciclica di intervalli marnosi relativamente spessi e/o induriti nella successione
(Figg. 2 e 3; si veda anche [1]). E’ già stato pubblicato un rapporto dettagliato su come questi cicli CaCO3
nei Trubi siano in relazione con i cicli astronomici dell’orbita terrestre: è stato mostrato che i cicli su piccola
scala sono correlati al ciclo di precessione e quindi rappresentano una durata media di 21,7 ka [19].
Nella sezione dell’aggregato Rossello, i cicli sedimentari su piccola scala sono stati numerati dal basso verso
l’alto, a partire dalla base dei Trubi [19]. La parte nel tratto di Punta di Maiata fino al primo tratto di livello
di crollo comprende i cicli su piccola scala da 22 a 71. La numerazione dei cicli sedimentari potrebbe anche
essere continuata fino al terzo e ultimo livello di crollo, individuato basandosi sul riconoscimento del pattern
caratteristico di questi cicli in sezioni equivalenti in termini di tempo (Punta Grande, Punta Piccola, Lido
Rossello e Capo Bianco; dati in parte inediti).
La biostratigrafia della sezione di Punta di Maiata si basa sulla distribuzione semiquantitativa di specie
planctoniche foraminiferiche selezionate (Fig. 3). Si può riconoscere la seguente successione di eventi:
1. La prima occorrenza (FO, First Occurrence) di Globorotalia puncticulata nel ciclo a piccola scala numero
35.
2. L’ultima occorrenza comune (LCO) di Globorotalia margaritae nel ciclo a piccola scala numero 60.
3. L’ultima occorrenza effettiva (LO) di G. margaritae nel ciclo a piccola scala numero 67.
4. La FO di Globorotalia crassaformis nel ciclo a piccola scala numero 77.
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5. La sparizione temporanea di G. punticolata nel ciclo numero 79. Dopo la sua presenza quasi continua
in quantità relativamente elevate dalla FO di questa specie in avanti, la G. puncticulata scompare
temporaneamente poco dopo la prima occorrenza (afflusso) di G. crassaformis (primo intervallo di
assenza di Spaak [18]).
I campioni paleomagnetici sono stati prelevati a 116 diversi livelli, con una spaziatura media di 55 cm,
che corrisponde ad una risoluzione di circa 10 ka. Si è preferito campionare marne grigie e beige perché
sembravano essere state meno esposte agli agenti atmosferici rispetto alle marne bianche presenti nei piccoli
cicli sedimentari. Per ogni livello di campionamento, due esemplari di marna sono stati smagnetizzati mediante
smagnetizzazione termica progressiva con piccoli incrementi di temperatura (50 e 30°C), fino ad un massimo
di 600°C.
La magnetizzazione totale naturale rimanente (NRM) mostra basse intensità di 0,1-0,5 mA/m nella parte
inferiore della sezione (livello 0-10 m), intensità leggermente superiori di 1,5-2,0 mA/m in un intervallo
successivo (10-20 m) e intensità moderatamente elevate di 4,0-6,0 mA/m nella maggior parte della porzione
restante (20-60 m) con l’eccezione della parte superiore (60-65 m) dove i valori sono sui 0,2 mA/m.
Non vi è quasi nessuna superficie esposta agli agenti atmosferici in prossimità della costa. Le caratteristiche
di smagnetizzazione, tuttavia, sono sostanzialmente differenti da quelle delle Trubi di marna nello stesso
intervallo altrove. I Trubi di marna mostrano solitamente una magnetizzazione caratteristica residua (ChRM)
che consiste sia in una componente a bassa temperatura (LT, Low Temperature), possibilmente contenuta
nella pirrotite, sia in una componente ad alta temperatura (HT, High Temperature) veicolata da magnetite
monodominio [7,9,10,20]. Nella parte inferiore della sezione Punta di Maiata, tuttavia, la componente HT è
del tutto o in gran parte assente, e viene rimossa solo la componente LT, a temperature di 350°C o leggermente
superiori (Fig. 4a e b). La smagnetizzazione a temperature più elevate produce una magnetizzazione orientata
casualmente (viscosa) o un cluster intorno agli endpoint vettoriali a 330-360°C (Fig. 4c). Nonostante le basse
intensità, la polarità - se non anche la direzione - del ChRM è facilmente determinabile.
A partire da circa 10 m di altezza, i diagrammi di smagnetizzazione mostrano gli usuali componenti
normalmente presenti nei Trubi (Fig. 4d-g): una piccola componente viscosa, indotta in laboratorio e rimossa
a 100° C, una componente secondaria di campo, relativamente piccola, rimossa a 200-250°C e una rimanenza
caratteristica (LT e HT) di solito rimossa a 580-600°C od occasionalmente ad una temperatura leggermente
più bassa (540°C, Fig.4f). La distinzione tra ChRM e componente secondaria è facilitata dal fatto che la
rimanenza caratteristica mostra coerentemente una rotazione in senso orario di circa 35°.
I campioni del secondo livello di crollo (56-60 m) - deliberatamente prelevati da strati verticali - non solo
mostrano esattamente gli stessi componenti (viscosi, secondari, LT e HT), ma anche la stessa polarità
(invertita) di quelli provenienti dal basso e dall’alto, anche se il senso di rotazione del ChRM mostra una
rotazione di 65° anziché 35°, e un’inclinazione più ripida del solito (Fig. 4h). Ciò indica che il "reset"
(sinsedimentario) della rimanenza si è verificato a causa del probabile elevato contenuto d’acqua coinvolto nel
crollo, oppure che c’è uno sfasamento temporale nella registrazione del campo geomagnetico. In entrambi i
casi si tratta probabilmente di una rimanenza post-deposizionale (si veda [21]); il meccanismo tramite il quale
si registrano i cambiamenti di campo geomagnetico è oggetto di accurati studi sulll’inversione di polarità [41].
La sequenza di polarità risultante è composta da quattro intervalli di polarità normali e tre invertiti. I confini
di inversione successivi si verificano nella parte superiore del ciclo 22, la parte centrale del ciclo 30, la parte
superiore del ciclo 35, la parte inferiore del ciclo 45, la parte centrale del ciclo 50 e la parte inferiore del ciclo
78 (Fig. 3).
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presenza dei subchron Thvera e Sidufjall. L’inversione di polarità successiva, il Nunivak inferiore, si verifica a
metà del ciclo sedimentario 30 (Fig. 5).
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cause di questa leggera discrepanza. Tuttavia, le ricerche in corso sui record dettagliati dell’inversione di
polarità nei Trubi potrebbero risolvere questo problema.
6. Il confine Zancleano-Piacenziano
L’età di 3.56-3.59 Ma per la LO di G. margaritae fornisce anche una stima accurata e di primo ordine dell’età
per lo stadio Zancleano-Piacenziano (Z/P). Nella letteratura degli ultimi anni si ha un consenso quasi unanime
nell’uso della ridefinizione di Barbieri [26] del Piacenziano e nel considerare la LO di G. margaritae come la
linea di demarcazione tra gli stadi Zancleano e Piacenziano in quanto questo orizzonte biologico coincide con
la base del Piacenziano nel suo stratotipo [3,12,13]. Poiché il tipo Zancleano si estendeva ben al di sopra
della LO di G. margaritae, Mazzei et al. [13] hanno ridefinito il suo apice a livello della scomparsa di questa
specie, seguendo così le indicazioni della Guida Stratigrafica Internazionale [27], secondo cui l’apice di uno
stadio è definito dall’inizio del successivo.
Ultimamente, tuttavia, studi biostratigrafici dettagliati hanno rivelato che alla base del tipo Piacenziano è
presente uno iato e, di conseguenza, che questa base (?) non coincide con la vera e propria ultima occorrenza
di G. margaritae, ma la postdata (si veda [14]). Questa complicazione stratigrafica richiede evidentemente
una rivalutazione della definizione del confine Z/P.
Se viene mantenuto il limite fisico generalmente accettato ma non formalmente definito, cioè la base del
tipo Piacenziano, tutti i sedimenti che attraversano lo iato vanno automaticamente assegnati al vecchio
stadio Zancleano (vedi [28], p. 111). Questo approccio è però piuttosto infelice perché ostacola un agevole
riconoscimento del confine in sezioni diverse dallo stratotipo Piacenziano. L’unica alternativa è quella di
ridefinire la base del Piacenziano, nel qual caso la LO di G. margaritae può essere mantenuta come criterio per
stabilire questo confine. Questa opzione implica che la parte basale del Piacenziano manchi nel suo stratotipo
e che il confine dovrebbe essere ridefinito a livello della LO di G. margaritae in una successione continua e
ben datata. Da un punto di vista biostratigrafico, tuttavia, possono essere sollevate obiezioni contro l’uso
di questo orizzonte biologico. La manifestazione intermittente e rara di G. margaritae al di sopra del suo
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ultimo livello di occorrenza comune (vedi Fig. 3) riduce innegabilmente l’accuratezza di questo bioevento per
correlazioni stratigrafico-temporali, anche all’interno del Mediterraneo. Inoltre, questo orizzionte biologico è
evidentemente diacrono dalle alte alle basse latitudini in mare aperto [29]. Sebbene la LO di G. margaritae
del Mediterraneo coincida approssimativamente con la sua estinzione finale intorno al confine G/G [25,30],
sembra in realtà leggermente precedente, come suggerito in precedenza da Rio et al. [3]. Questa discrepanza
relativamente piccola tra le date, dell’ordine di 150-200 ka, può essere ben spiegata dalla diacronia latitudinale
che è stata osservata in merito a questo orizzonte biologico.
Rio et al. [14], a seguito della scoperta dello iato nello stratotipo Piacenziano, suggerì la ridefinizione del
confine Z/P vicino al confine G/G per facilitare il suo riconoscimento a livello mondiale. In questo caso, la
FO di G. crassaformis è l’orizzonte biologico planctonico foraminifero più adatto a definire questo confine
nel Mediterraneo. Questo orizzonte è datato esattamente a 3.40 Ma sia a Punta Piccola [9] che a Punta
di Maiata, e, sebbene rappresenti solo un primo afflusso temporaneo di questa specie nel Mediterraneo, è
stato riconosciuto in un gran numero di sezioni, sia in Sicilia che a Creta (vedi anche [18]). Il suo ingresso
rispetto all’adiacente Oceano Atlantico, tuttavia, è chiaramente tardivo [9], il che ne riduce notevolmente
l’uso nelle correlazioni a lunga distanza. L’unico evento planctonico foraminifero alternativo nell’intervallo
di confine G/G è la LO di G. puncticulata (KS. Spaak, 1983 [18]), datata 3.38 Ma. Tuttavia, secondo gli
attuali punti di vista tassonomici, G. puncticulata è solo temporaneamente assente dal Mediterraneo fino alla
sua ricomparsa a 3.16 Ma sotto forma di assemblaggi dominati dal suo eco-morfotipo G. bononiensis. La
scomparsa definitiva di G. puncticulata dal Mediterraneo si colloca molto più avanti (2.31 Ma, [lo]) e coincide
con l’estinzione di questa specie nell’ oceano aperto [10,31].
La soluzione di gran lunga più pratica, quindi, è quella di definire il confine Z/P al livello che corrisponde
al confine di inversione G/G. Qualunque sia il livello che alla fine verrà proposto per delimitare gli stadi
di Zancleano e Piacenziano, è chiaro che questo confine può essere "stratotipizzato" nella sezione aggregato
Rossello. Questa sezione contiene dati faunistici e di polarità eccellenti e continuativi per l’intervallo di tempo
d’interesse. Inoltre, la presenza di cicli sedimentari astronomicamente controllati può essere ulteriormente
impiegata per fornire vincoli di età estremamente precisi, come descritto nella prossima sezione.
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precedenti per il periodo che va dall’inizio alla fine del Pliocene. Questa sezione di riferimento non mostra
gli inconvenienti di quella basata sul sito 653 dell’ODP Leg 107 nel Mar Tirreno, che è stato perforato con
lo scopo principale di recuperare una successione continua di sedimenti marini profondi che servisse come
"sezione di tipo deep-sea" sia per studi stratigrafici che paleoambientali [37]. Purtroppo, il sito 653 non ha
prodotto una magnetostratigrafia affidabile a causa di proprietà magnetiche inadeguate [38]. Di conseguenza,
la cronostratigrafia del sito 653 si basa principalmente su correlazioni biostratigrafiche con (un numero molto
limitato di) sezioni controllate magnetostratigraficamente in altre parti del Mediterraneo [14]. Nella maggior
parte del Pliocene, in questo sito non è stato osservato un assestamento ciclico (?). Inoltre, non sono stati
fatti finora seri tentativi di correlazione incrociata tra i siti 653A e B. Ciò sarà necessario per superare i
problemi incontrati nel core recovery at core breaks [vedasi 391] e per ottenere una successione veramente
continuativa.
8. Conclusioni
La magnetostratigrafia integrata (planctonica foraminiferica), la biostratigrafia e la ciclostratigrafia della
sezione aggregato Rossello di Hilgen [1] è stata completata con il presente studio della sottosezione Punta
di Maiata. Questa sezione composita di Rossello contiene una successione completa di sedimenti di mare
profondo e aperto, che si estende dal basso del Subchron Thvera fino al Matuyama Chron. Si tratta di una
sezione di riferimento di una qualità senza precedenti per il periodo che va dal Primo al primo Tardo Pliocene.
I dati biostratigrafici semiquantitativi della sezione di Punta di Maiata consentono di distinguere tra l’ultima
occorrenza comune e l’ultima occorrenza effettiva di G. margaritae. L’interpolazione lineare tra i confini di
inversione fornisce stime accurate dell’età di questi orizzonti biologici (3.72 e 3.59 Ma).
La sezione di Punta di Maiata (nel caso in cui si mantenga la LOD di G. margaritae come criterio di
demarcazione) e la sezione di Punta Piccola (nel caso di un orizzonte scelto in prossimità di o esattamente
all’inversione di confine Gilbert-Gauss) sono attualmente i tratti più idonei a designare formalmente il confine
tra lo stadio Zancleano e il Piacenziano. Il valore globale dell’aggregato rosselliano è enormemente esaltato
dal fatto che un’importante parte della scala temporale astronomicamente calibrata (polarità) per gli ultimi
5,5 Ma si basa su questa sezione.
Per accrescere ulteriormente l’importanza dell’aggregato Rossello è necessario effettuare ulteriori studi, ad
esempio su isotopi stabili e nannofossili calcarei. Il campionamento o il ricampionamento di questa sezione
sarà notevolmente facilitato dalla caratteristica successione dei cicli sedimentari nei Trubi.
Ringraziamenti
Piet-Jan Verplak ha eseguito la maggior parte delle misure di laboratorio paleomagnetiche, ed insieme a Ton
van Hoof ha fornito un notevole supporto durante le visite sul campo. Tom van Hinte ha abilmente realizzato
i disegni e G.J. van ’t Veld e G. Ittman hanno preparato i campioni micropaleontologici. J.D.A. Zijderveld e
W.J. Zachariasse hanno letto criticamente il manoscritto. Ringraziamo M.B. Cita, J.E.T. Channel1 e W.
Lowrie per le loro recensioni. L’ospitalità, il buon vino e la buona cucina offerti dalla famiglia Ragusa del
"Ristorante Il Gabbiano" di Eraclea Minoa hanno reso le nostre numerose spedizioni di raccolta di campioni
nella zona decisamente più piacevoli.