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della Repubblica italiana che si sono succeduti a partire dal 1946, e passati
attraverso le fasi della prima e della seconda Repubblica.
Indice
1 Prima Repubblica
1.1 Nascita
1.2 Gli anni del centrismo e la ricostruzione
1.3 Il miracolo economico
1.4 Il varo del centro-sinistra
1.5 Il sessantotto e la contestazione
1.6 Gli anni settanta
1.7 Gli anni ottanta
1.8 Fine della guerra fredda e tramonto della Prima Repubblica
1.9 Lo scandalo Tangentopoli e l'inchiesta Mani pulite
2 La seconda Repubblica
2.1 Le elezioni del '94: discesa di Berlusconi e prima volta della destra
2.2 Le elezioni del '96: la prima volta della sinistra post-comunista
2.3 Gli anni 2000
2.4 Le elezioni del 2008: il quarto governo di Berlusconi
2.5 Il terremoto in Abruzzo del 2009
2.6 La crisi economica e le elezioni amministrative del 2010 e del 2011
2.7 Il naufragio della Concordia ed il terremoto in Emilia-Romagna
2.8 Le elezioni del 2013: il governo Letta
2.9 I governi Renzi e Gentiloni
2.10 I governi Conte
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci correlate
6 Collegamenti esterni
Prima Repubblica
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Prima
Repubblica (Italia).
Nascita
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Nascita della
Repubblica Italiana, Assemblea Costituente della Repubblica Italiana e Secondo
dopoguerra.
Prima pagina del quotidiano il Corriere della Sera, edizione dell'11 giugno
1946, che dichiarava la vittoria del voto repubblicano a seguito dei risultati
del referendum istituzionale del 2 e 3 giugno.
La notte fra il 12 ed 13 giugno 1946, nel corso della riunione del Consiglio dei
ministri, il presidente Alcide De Gasperi, preso atto del risultato
referendario, assunse le funzioni di Capo provvisorio del nuovo Stato
repubblicano. Messo di fronte al fatto compiuto, l'ex re Umberto II, rimasto in
carica soltanto un mese e per questo soprannominato il "re di maggio", lasciò
polemicamente e volontariamente il paese il 13 giugno 1946.
Alcide De Gasperi.
Fu in particolare durante la missione di De Gasperi del gennaio 1947 negli Stati
Uniti, con i quali si accordò per ricevere gli aiuti economici previsti dal
Piano Marshall (un prestito Eximbank di 100 milioni di dollari), che si aprì un
dialogo costruttivo tra USA e Italia, in grado di dare a De Gasperi la
motivazione e il sostegno necessari ad attuare l'ambizioso disegno di un nuovo
governo senza le sinistre. Il Piano Marshall, con cui si chiedeva ai paesi
beneficiari di estromettere in cambio le forze filosovietiche, fu il primo atto
della guerra fredda. Il PSI e soprattutto il PCI interpretarono la propria
esclusione dall'esecutivo, avvenuta nel maggio 1947, alla stregua di un "colpo
di stato"; essi tuttavia decisero di non abbandonare i lavori dell'assemblea
costituente a cui stavano partecipando insieme alla DC. Questa decisione
consentirà in particolare al PCI di acquisire una legittimità costituzionale che
non poteva avere sul piano ideologico, e che lo porterà, negli anni a venire, a
richiamarsi spesso alla Costituzione come motivo di auto-legittimazione
democratica, e a difenderla da qualunque tentativo di modificarla senza un suo
previo consenso.[3]
Nel frattempo vennero firmati nel 1947 i Trattati di Parigi con i quali
formalmente e definitivamente fu siglata la pace con le potenze alleate e
vennero sancite le conseguenze della sconfitta nella Seconda guerra mondiale,
con mutilazioni nazionali territoriali: l'Istria e la Dalmazia cedute alla
nascente Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia, il Dodecaneso alla
Grecia, Briga e Tenda alla Francia, l'Isola di Saseno all'Albania, il pagamento
dei danni di guerra all'URSS e la perdita di tutti i possedimenti coloniali
italiani. Il passaggio dei territori dell'Adriatico orientale dall'Italia alla
Jugoslavia determinò il più grande flusso migratorio nella storia italiana:
l'esodo Giuliano-Dalmata.
Negli ultimi giorni del 1947 venne infine ultimata la stesura della Carta
Costituzionale, entrata ufficialmente in vigore il 1º gennaio 1948. Fu questo un
periodo particolarmente felice per la letteratura italiana ed ancor di più per
il cinema, con l'affermazione del neorealismo.
I governi centristi
Negli anni Quaranta e Cinquanta si susseguirono i seguenti governi: dal 1º
giugno 1947 al 24 maggio 1948 il Governo De Gasperi IV (Alcide De Gasperi); dal
24 maggio 1948 al 27 gennaio 1950 il Governo De Gasperi V; dal 27 gennaio 1950
al 26 luglio 1951 il Governo De Gasperi VI; dal 26 luglio 1951 al 16 luglio 1953
il Governo De Gasperi VII; dal 16 luglio 1953 al 17 agosto 1953 il Governo De
Gasperi VIII; dal 17 agosto 1953 al 18 gennaio 1954 il Governo Pella (Giuseppe
Pella); dal 18 gennaio 1954 al 10 febbraio 1954 il Governo Fanfani I (Amintore
Fanfani); dal 10 febbraio 1954 al 6 luglio 1955 il Governo Scelba (Mario
Scelba); dal 6 luglio 1955 al 19 maggio 1957 il Governo Segni I (Antonio Segni);
dal 19 maggio 1957 al 19 giugno 1958 il Governo Zoli (Adone Zoli); dal 1º luglio
1958 al 26 gennaio 1959 il Governo Fanfani II; e dal 15 febbraio 1959 al 25
marzo 1960 il Governo Segni II.
Nel 1949, su richiesta degli Stati Uniti, l'Italia aderì alla NATO, un'alleanza
fra tutti i paesi dell'Europa Occidentale contrapposta al regime sovietico, il
quale stava mostrando pericolose mire espansioniste della propria influenza come
nella guerra civile greca. Il Patto prevedeva, nel caso di un attacco nemico nei
confronti di uno Stato alleato, che tutti i paesi intervenissero militarmente in
sua difesa. La decisione di aderire alla NATO scatenò nuovamente le proteste e
le agitazioni delle sinistre nelle piazze italiane; Nenni, leader del PSI,
insieme a Togliatti accusarono De Gasperi di mettere in pericolo la democrazia e
l'indipendenza politica dell'Italia. La contrapposizione rifletteva quella a
livello mondiale tra USA e URSS che si tradusse di lì a poco con lo scoppio
della guerra di Corea, scatenata dall'invasione comunista del Sud del paese, e
che fu una delle fasi più "calde" della guerra fredda, durante la quale il mondo
temette lo scoppio di un nuovo conflitto mondiale.
L'atteggiamento della DC nei confronti delle destre fu molto duro e aperto anche
negli anni successivi. Per contrastare la loro avanzata fu varata nel 1953 la
legge Scelba che vietava la ricostituzione del disciolto Partito Fascista. Anche
se rivolta esplicitamente al Movimento Sociale, la legge di fatto rimase
inapplicata, né i comunisti si batterono per una sua effettiva messa in pratica
vedendo tacitamente nel MSI un partito capace di erodere consensi al suo
principale avversario, la DC.[16] Un altro provvedimento fu una nuova legge
elettorale, ribattezzata dagli oppositori "legge truffa", che prevedeva un
premio di maggioranza al partito (la DC nelle intenzioni) che avesse superato la
soglia del 50% dei voti. Questa legge non avrebbe danneggiato tanto le sinistre
che mantenevano ampi consensi elettorali nel paese, ma proprio le destre che
avrebbero visto esclusi o ridotti i propri rappresentanti al Parlamento. Nella
campagna elettorale del 1953, che vide un ampio ricorso alla satira, i
democristiani vennero dipinti dai comunisti come un pericolo per la democrazia e
come gente corrotta; i comunisti invece come trinariciuti e mangiatori di
bambini. La contrapposizione tra DC e PCI si rifletterà nei film su Don Camillo
e Peppone. Alle elezioni, per un soffio la DC non ottenne la maggioranza
assoluta dei voti, e il meccanismo della "legge truffa" non scattò; ci furono
peraltro accuse di brogli e irregolarità rivolte agli scrutatori di fede
comunista. Si trattò comunque di una sconfitta per la DC che determinò la fine
dell'esperienza politica di De Gasperi.
Aldo Moro e Amintore Fanfani, definiti i due "cavalli di razza" della Democrazia
Cristiana.
Con l'uscita di scena di De Gasperi, il vuoto lasciato nella dirigenza della DC
fu progressivamente riempito da due nuove personalità, Amintore Fanfani e Aldo
Moro. Già nel 1956 Fanfani, uomo dal piglio risoluto, ritenne maturi i tempi per
un'alleanza col PSI, ora che questo partito sotto la spinta degli autonomisti si
era deciso a rompere i legami col PCI, contestandone la sottomissione al regime
comunista sovietico, soprattutto in occasione della repressione della
rivoluzione ungherese del 1956. Pur avviandosi così verso una nuova fase, nel
PSI restavano tuttavia forti le resistenze nei confronti di una possibile
alleanza con la DC.
Il miracolo economico
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Miracolo
economico italiano.
Le cifre del boom economico
Durante il cosiddetto "miracolo economico" il Prodotto interno lordo, che fino
al 1958 era cresciuto in media del 5.5%, crebbe nei sei anni successivi del
6.3%. Tale crescita rappresentò un record nella storia del paese. Il reddito
pro-capite passò da 350.000 a 571.000 lire. Tra il 1958 e il 1959 gli
investimenti lordi crebbero del 10%, mentre tra il 1961 e il 1962 l'incremento
fu del 13%. Questi numeri ridussero sensibilmente il divario storico con i
grandi Paesi europei: Inghilterra, Germania e Francia.
La crescita del reddito pro capite produsse l'aumento dei consumi individuali
che registrarono una crescita media di cinque punti percentuali l'anno. La
domanda di beni durevoli (automobili, elettrodomestici, ecc.) raggiunse una
crescita annua pari al 10.4%.
L'atleta italiano Livio Berruti, vincitore dei 200 metri piani alle Olimpiadi di
Roma
Nell'agosto del 1960 si erano svolte intanto le Olimpiadi di Roma. Benché
l'unità nazionale italiana si stesse ormai consolidando, grazie anche alla
diffusione della lingua comune veicolata dalla televisione, persistevano episodi
di separatismo, tra i quali la Notte dei fuochi del 1961 in Alto Adige; un'altra
strage avverrà il 25 giugno 1967 in Cima Vallona, ad opera del Comitato per la
liberazione del Sudtirolo (Befreiungsausschuss Südtirol-BAS), in cui rimasero
uccisi quattro militari.
Nel 1966 invece il PSI, la cui direzione era passata da Nenni a Francesco De
Martino, dopo aver contribuito ad eleggere Saragat presidente della Repubblica,
si fonderà con il PSDI, rimarginando la scissione dello stesso Saragat avvenuta
nel 1947, andando così a formare il Partito Socialista Unificato. La fusione si
rivelerà però fallimentare alle elezioni del 1968, dopo le quali i due partiti
torneranno a dividersi.
Il sessantotto e la contestazione
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Autunno caldo,
Il Sessantotto e La contestazione.
Tra i partiti, quello che più di tutti seppe trarre vantaggio dalla
contestazione fu comunque il PCI, che guadagnò terreno a spese dei socialisti.
Nello stesso anno ci fu tuttavia un sessantotto controcorrente, noto come la
primavera di Praga, ossia il tentativo della Cecoslovacchia guidata dal
riformista Alexander Dubček di sottrarsi al giogo sovietico, tentativo duramente
represso dall'Armata Rossa. Il PCI, la cui leadership stava vedendo
l'avvicendamento di Luigi Longo, dimessosi per motivi di salute, con Enrico
Berlinguer, nuova figura di mediazione tra le due anime del partito, stavolta
criticò e condannò i crimini di Mosca (a differenza del 1956 durante l'invasione
dell'Ungheria), senza però giungere ad un'effettiva rottura. Berlinguer anzi
rafforzò ancor più i legami del PCI con l'URSS, per non distruggere il mito
sovietico di cui si alimentava la base del partito, ritenendo l'invasione della
Cecoslovacchia un errore da mettere tra parentesi.[30] Questo atteggiamento
suscitò le critiche di un folto gruppo di intellettuali comunisti, riunti
intorno alla rivista Il manifesto, tra cui Luigi Pintor, Aldo Natoli, Lucio
Magri, Rossana Rossanda: Praga è sola fu il titolo emblematico di quella rivista
in occasione dei fatti di Praga. Dopo varie procedure alquanto macchinose, il
PCI decise di espellere i dissidenti del Manifesto come già accaduto in altre
circostanze.[31]
Mariano Rumor.
Anche nel mondo cattolico cresceva il fermento, in particolare si chiedeva alla
DC di aprirsi alle nuove rivendicazioni sociali, o di solidarizzare coi
vietcong, e di prendere le distanze dagli USA. Dopo la pesante sconfitta subita
dal Partito Socialista Unificato nel 1968, si ritenne comunque esaurita
l'esperienza di centro-sinistra guidata da Aldo Moro, il quale lasciò il campo
al democristiano Mariano Rumor, leader doroteo, che salirà a capo di cinque
governi, sempre però insieme ai socialisti. Nel 1969, intanto, sul fronte della
prima guerra di mafia, il 10 dicembre ebbe luogo la strage di Viale Lazio, in
cui assassini travestiti da finanzieri uccisero sei persone.
In quegli anni si venne inoltre a sapere che nel dicembre del 1970 c'era stato
un velleitario tentativo di colpo di stato, noto come il Golpe Borghese,
organizzato da gruppi neofascisti capitanati da Junio Valerio Borghese,
ex-figura carismatica della Repubblica Sociale Italiana. Il golpe sarebbe stato
progettato nei minimi dettagli: gli uomini di Borghese avrebbero dovuto occupare
il Ministero dell'interno, il Ministero della difesa, le sedi della RAI, e
rapire il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e il capo della polizia
Angelo Vicari; si parlò anche di un presunto appoggio da parte di organi
eversivi ed occulti come la loggia massonica P2. Mentre però l'operazione stava
iniziando, Borghese avrebbe annullato l'azione misteriosamente, sancendo il
fallimento del golpe.