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BENJAMIN UNO E BINO

Recensione a: W. Benjamin, I "passages" di Parigi, a cura di R. Tiedemann.


Edizione italiana a cura di Enrico Ganni, Torino, Einaudi, 2000 ("Opere complete di
Walter Benjamin, vol. IX"), Euro 67,17; e W. Benjamin, Parigi, capitale del XIX
secolo. I "passages" parigini, a cura di R. Tiedemann, Torino, Einaudi, 1986 ("Opere
di Walter Benjamin. Edizione italiana a cura di Giorgio Agamben", vol. XI), Euro
0000.

1. (Una singolare vicenda editoriale.) L'editore Einaudi ha iniziato a


pubblicare l'edizione italiana delle Opere complete di Walter Benjamin (d'ora in poi:
OC) basata su quella tedesca1.
In realtà questa iniziativa segna la fine di una grande impresa avviata nel 1982
da Giorgio Agamben e dallo stesso editore Einaudi, cioè del tentativo di un'edizione
italiana delle opere di Benjamin non solo impostata e condotta autonomamente
rispetto a quella tedesca, ma addirittura in anticipo rispetto ad essa; in particolare
Agamben si proponeva di integrare l'edizione tedesca con inediti benjaminiani
(reperiti nel frattempo o comunque trascurati dagli editori tedeschi) e di ordinare
l'opera di Benjamin in modo cronologico, e non formale-tematico. Ricorderemo solo
che per le Opere di Walter Benjamin. Edizione italiana a cura di Giorgio Agamben
(d'ora in poi, in sigla: OWBEI) avevano visto la luce cinque volumi (dei dodici
previsti dal piano complessivo): I, Metafisica della gioventù. Scritti 1910-1918,
Torino, Einaudi, 1982; II, Il concetto di critica nel romanticismo tedesco. Scritti
1919-1922, Torino, Einaudi, 1982 (entrambi nella collana "Einaudi. Letteratura"); IV,
Strada a senso unico. Scritti 1926-1927, Torino, Einaudi, 19832; V, Ombre corte.
Scritti 1928-1929 , Torino, Einaudi 1983 (nella "Nuova Universale Einaudi"); e
infine, XI, Parigi, capitale del XIX secolo. I "passages" parigini, a cura di R.
Tiedemann, Torino, Einaudi, 1986 (per "I millenni") 3. Da allora quell'edizione
benjaminiana di Agamben sembrava tacere.
Salvo errori od omissioni, come la cultura italiana non aveva avvertito a suo
tempo la straordinaria portata culturale ed editoriale del tentativo di Agamben (un
Autore di importanza mondiale, Benjamin, sarebbe stato pubblicato integralmente per
la prima volta in Italia) così non sembra ora che abbia neppure segnalato lo scacco di

1
W. Benjamin, Gesammelte Schriften, 7 voll. In collaborazione con Th. W. Adorno e G. Scholem, a cura di R.
Tiedemann e H. Schweppenha"user, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag,1972-89 (d'ora in poi, in sigla: GS).
L'edizione italiana delle OC è progettata in nove volumi: hanno già visto la luce il vol. IX (di cui trattiamo), W.
Benjamin, I "passages" di Parigi, a cura di R. Tiedemann. Edizione italiana a cura di Enrico Ganni, Torino, Einaudi,
2000, ed il vol. II, Scritti 1923-1927, a cura di R. Tiedemann e H. Schweppenha"user. Edizione italiana a cura di Enrico
Ganni , Torino, Einaudi, 2001.
2
Di questo volume, assente non solo nel catalogo Einaudi ma anche nelle biblioteche, non sono personalmente riuscito
a prendere diretta visione; ma cfr. W. Benjamin, Einbahnstrasse, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1997; Id., Sens
unique peécédé de Enfance berlinoise.., Traduit de l'allemand et préfacé par Jean Lacoste, Paris, 2000, pp. 107-188; ed
ora Id., Strada a senso unico, in W. Benjamin, Scritti 1923-1927, Torino, Einaudi, 2001, (OC, vol. II), pp.409-463.
3
Naturalmente si segnala da sé la singolarità di un'edizione di tutte le opere di uno stesso Autore che vede la luce in
collane differenti della casa editrice, senza che nulla (eccetto il controfrontespizio) segnali la loro appartenenza ad
un'unica organica serie.
quel tentativo; né capita tutti i giorni che un editore faccia (per dir così) concorrenza a
se stesso, iniziando la pubblicazione di una Opera omnia mentre già ne aveva
intrapresa (e condotta fino a circa la metà) un'altra, del medesimo Autore. D'altra
parte l'Avvertenza editoriale premessa ai volumi delle OC suona al proposito
abbastanza ambigua, poiché si parla di un'edizione italiana delle opere di Walter
Benjamin che "continua sotto la guida di nuovi curatori"4, come se ("cessata la
collaborazione tra la casa editrice Giulio Einaudi e Giorgio Agamben"5) ci si trovasse
di fronte solo ad una cambio di curatori e alla continuazione (appunto) della
medesima edizione; in effetti l'Avvertenza editoriale di Tiedemann e Schwep-
penhäuser dichiara: "Poiché Giorgio Agamben, staccandosi dall'edizione tedesca
(…), articolata secondo criteri formali e di contenuto, volle impostare quella italiana
secondo un ordine cronologico, anche questa nuova edizione, per coerenza editoriale,
manterrà tale impostazione, benché a giudizio dei Curatori questa non sia, in tutto e
per tutto, adatta a un'opera come quella di Benjamin in cui le date di stesura sono
spesso incerte."6
Ma in realtà non ci troviamo affatto di fronte alla prosecuzione di una
medesima edizione benjaminiana con curatori diversi: diverso (e contraddittorio
rispetto al precedente 7) è il piano dell'edizione, diversi i criteri editoriali; e soprattutto
si ripubblica per primo nelle nuove OC di Benjamin proprio un volume (quello
dedicato al Passagen-Werk) già pubblicato nelle OWBEI .
E sempre a proposito di questo volume sarà da sottolineare che, mentre il titolo
è diverso8, il curatore è invece lo stesso per le due edizioni (come si ricorderà, il
volume del Passagen-Werk era l'unico non curato da Agamben in persona9 fra i
cinque comparsi delle OWBEI ), trattandosi in entrambi i casi di Rolf Tiedemann, il
prestigioso allievo e successore di Adorno nonché curatore responsabile delle GS,
l'edizione tedesca di Benjamin. Dunque una domanda sembrerebbe imporsi: che
differenza c'è fra le due edizioni? C'è qualcosa che giustifica culturalmente la scelta
editoriale della casa editrice Einaudi?
Ma, come si diceva, la questione in Italia sembra non interessare nessuno:
evidentemente minora premunt.

4
R. Tiedemann e H. Schweppenha"user, Avvertenza editoriale, in W. Benjamin, I "passages" di Parigi, cit., p. vii.
5
Ibidem.
6
Ibidem.
7
Mentre Agamben progettava dodici volumi, qui se ne progettano nove; la stessa scansione della cronologia è diversa,
per le OWBEI di Agamben; I (1910-1918), II (1919-1922), III (1923-1925), IV (1926-1927), V (1928-1929), VI (1930-
1931), VII (1932-1933), VIII (1934-1936), IX (1936-1938), X (1939-1940), XI (Parigi, capitale del XIX secolo), XII
(Charles Baudelaire. Un lirico nell'età del capitalismo maturo). Questo invece il piano delle OC: I (1906-1922), che
dunque comprenderebbe i primi due volumi già editi da Agamben, spostando inoltre all'indietro nel tempo (dal 1910 al
1908) il termine iniziale, II (1923-1927), III (1928-1929), IV (1930-1931), V (1932-1933), VI (1934-1937), VII (1938-
1940), VIII (Frammenti), IX (I "passages" di Parigi). Ci sembra anche da notare che in realtà nessuno dei due progetti è
rigorosamente cronologico e che in entrambi mancano le lettere di Benjamin (come è noto di straordinaria importanza).
8
Per l'edizione delle OWBEI : W. Benjamin, Parigi, capitale del XIX secolo. I "passages" di Parigi, a cura di Rolf
Tiedemann, Torino, Einaudi, 1986; per l'edizione delle OC: W. Benjamin, I "passages" di Parigi, a cura di Rolf
Tiedemann. Edizione italiana a cura di Enrico Ganni, Torino, Einaudi, 2000.
9
È da notare però che nell'edizione OWBEI, non il curatore del volume (Tiedemann) bensì quello dell'edizione, Giorgio
Agamben, firma (con la sigla: G.A.) sia l'Avvertenza editoriale (pp. vii-viii) sia i Criteri dell'edizione (pp. ix-x), sia la
Cronologia dell'opera e notizie sul testo (pp. xii-xxii).
In mancanza di qualsiasi informazione diretta ed attendibile sui motivi che
hanno condotto la Einaudi alla decisione di abbandonare l'impresa di Agamben,
anche noi ci asterremo da illazioni e giudizi a proposito di quella vicenda; ci
limiteremo invece a considerare quanto risulta dalla lettura dei testi, ciò che in ultima
analisi sempre conta e deve interessare di più; in particolare ci baseremo sulla
collazione delle due edizioni del volume di Benjamin certamente più problematico
(sia per la comprensione del pensiero dell'Autore sia per la soluzione dei complessi
problemi filologici che il volume comporta), quello dedicato al cosiddetto Passagen-
Werk, l'opera più misteriosa e cruciale di Walter Benjamin.

2. (Descrizione del Passagen-Werk.) Si tratta forse della più citata, e della


meno letta, fra le grandi opere del Novecento; non solo perché lunga e "difficile" ma
anche perché, come vedremo, essa risulta per molti versi letteralmente illeggibile
nell'edizione italiana.
Di questa opera-problema (od opera-mistero) ci è del tutto noto, almeno il
momento del primo concepimento: esso consiste nel libro di Aragon Le paysan de
Paris (che parla dei passages) pubblicato del 1926 10. Benjamin ne scriverà ad Adorno
nel 1935, in una lettera che descrive il progetto del Passagen-Werk, rivelando che "ai
suoi inizi c'è Aragon": "la sera a letto non riuscivo a leggere più di due o tre pagine,
perché poi il batticuore si faceva tanto forte da costringermi a riporre il libro (…)
Eppure le prime annotazioni relative ai passages risalgono a quell'epoca."11
Il medesimo giudizio su quel libro di Aragon (un Aragon ancora surrealista)
sarà riportato (quasi con le stesse parole) da Benjamin anche negli Appunti e
materiali del Passagen Werk.
Inizia così, dal sogno surrealista di Aragon, l'opera che Benjamin avrebbe
considerato il suo capolavoro e che lo impegnerà, a varie riprese, per tutti gli ultimi
tredici anni della sua vita.
La ricostruzione sistematica dei tempi di costruzione dell'opera esula
evidentemente dai limiti di questo lavoro, ed è peraltro già stata affrontata
magistralmente dai Curatori 12. Noi possiamo tuttavia provare a considerare
analiticamente i materiali che compongono l'opera (o almeno il libro che viene
offerto alla nostra lettura dalle edizioni), ordinando i diversi testi di Benjamin in
ordine tendenzialmente cronologico 13 (le cifre arabe si riferiscono alla, presumibile,

10
Cfr. Aragon, Le paysan de Paris, Paris, Gallimard, 2000.
11
Lettera del 31 maggio 1935, cit. in G.(iorgio) A.(gamben), Cronologia dell'opera e notizia sul testo, in W. Benjamin,
Parigi, capitale…, cit., p. xii.
12
Cfr. in particolare le Testimonianze sulla genesi dell'opera, in W. Benjamin, I "passages" di Parigi, cit., pp.1023-
1175 e l'Introduzione di Tiedemann, ivi, pp. ix-xxxvi.
13
Questo ordinamento differisce leggermente da quello presentato, senza sensibili varianti, in entrambe le edizioni
considerate; queste si riferiscono a sette testi (mentre noi consideriamo dieci segmenti di testo, perché i Curatori evitano
di distinguere in alcuni casi fra i testi e i materiali che li preparano) proponendo questa successione: 1. Passages: estate
o autunno del 1927; 2. Primi appunti, "Passages" di Parigi I : da metà del 1927 alla fine del 1929 o ai primi del 1930;
3. Passages di Parigi II: 1928 o 1929; 4. L'anello di Saturno o Sulle costruzioni in ferro: 1928 o 1929; 5. Appunti e
materiali: dall'autunno o inverno del 1928 alla fine del 1929 e primi del 1934 fino al maggio 1940; 6. Parigi, la capitale
del XIX secolo: maggio 1935; 7. Paris, Capitale du XIX.e siècle: marzo 1939. Questo medesimo elenco si può leggere,
senza significative differenze, tanto nella Cronologia dell'opera e notizia sul testo di Agamben (cit., p. xvi) quanto
nella Nota ai testi di Tiedemann (in W. Benjamin, I "passages" di Parigi, cit., p. 1180).
cronologia della stesura, mentre quelle romane maiuscole e minuscole indicano
l'ordine di successione rispettivamente nelle edizioni OWBEI ed OC).
(1.= VI/iv) Risale al 1927 14 l'accumulo di appunti sui Passages parigini (che
Benjamin farà confluire poi, depennandoli, nella monumentale mole di Appunti e
materiali): li si può leggere nell'edizione italiana con il titolo di Passages parigini
<I>, alle pp.1021-1068.
(2.= VIII/x), (3.= VII/v) Dal giugno all'autunno 1927 lavora con Franz Hessel
ad un lavoro intitolato Passagen. Si tratta di un progettato articolo per la rivista
berlinese "Querschnitt", che non vide mai la luce, ma che risale al periodo parigino di
Walter Benjamin (e in particolare alla sua presenza presso la Biblioteca Nazionale di
Parigi fra il marzo e l'ottobre del 1927). La datazione resta incerta, ma ci si trova
certamente alle origini del progetto: così ne parla lo stesso Benjamin in una lettera a
Gershom Scholem del 20 maggio 1935: "Non so a quanti anni addietro risalgano i
miei abbozzi, che dovevano servire per un articolo su 'Querscnitt', che non fu mai
scritto. Non mi meraviglierei, se si trattasse dei nove anni canonici con i quali
sarebbe poi superato l'arco degli anni relativi alla genesi del libro sul dramma barocco
tedesco, se anche questo lavoro su Parigi venisse, alla fine, prodotto"15. Naturalmente
il riferimento è tropo vago (e troppo esposto alla forza attrattiva del numero "nove")
per farci collocare al 1926 (1935 meno 9) questi abbozzi.
Questi lavori sono pubblicati nell'edizione italiana con il titolo Primi progetti
di stesura. Passages, e Appendice ai Passages, pp.1071-1073; 1074-1080 (il secondo
testo, dattiloscritto, presenta correzioni di mano di Benjamin e di Hessel, entrambe
rese nell'edizione con corpi tipografici diversi).
(4.= IX/vi) Tra il 1927 e il 1929 Benjamin riprende il progetto, con il titolo
Pariser Passegen. Eine dialektische Feerie 16 (cfr. nelle edizioni italiane questo lavoro
con il titolo Passages parigini <II>, alle pp. 1081-1097 di OWBEI, 958-972 di OC).
Sono questi i testi che Benjamin leggerà a Adorno e Horkheimer nel 1929 a
Francoforte e a Ko"nigstein.
Così Benjamin scrive di questa seconda fase nella citata lettera ad Adorno:
"Vennero poi gli anni berlinesi, nei quali la parte migliore della mia amicizia con
Hessel trasse alimento dalle molte discussioni sul progetto dei Passages. A quel
tempo prese forma il sottotitolo - oggi abbandonato - Eine dialektische Feerie. Esso
allude al carattere rapsodico dell'esposizione che allora avevo in mente."17
Nella stessa lettera Benjamin sembra considerare quella fase superata e afferma
che "i relitti" di quella elaborazione "da un punto di vista formale e linguistico non

14
Ma Agamben: "di questa stesura a due mani - databile fra il marzo e l'ottobre 1927 (…) - ci restano dei frammenti"
(Cronologia…, cit., p. xiii).
15
Cfr. W. Benjamin- G. Scholem, Teologia e utopia. Carteggio 1933-1940, Torino, Einaudi, 1987, pp.181-185. La
parte che ci interessa qui della lettera è pubblicata anche in appendice (Testimonianze sulla genesi dell'opera) a W.
Benjamin, I "passages" di Parigi, cit., p. 1071.
16
"Feerie" significa "spettacolo fantastico, incantevole", potremmo tradurre forse anche con "fantasmagoria" ("una
fantasmagoria dialettica"). Forse è da notare che (parlando della donna) Aragon nel Paysan.. utilizza la stessa parola:
"La femme est dans le feu, dans le fort, dans la faible, la femme est dans le fond des flots, dans la fuite des feuilles, dans
la feinte solaire où comme voyageur sans guide et sans cheval j'égare ma fatigue et une féerie sans fin." (Aragon, Le
paysan de Paris, cit., p. 209; sottolineatura nostra.)
17
Cit. in G.(iorgio) A.(gamben), Cronologia…, cit., p. xii.
contenevano garanzie sufficienti"; insomma quell'opera corrisponderebbe "ad un
filosofare spensieratamente arcaico, istintivo", superato dai colloqui francofortesi
(che lo stesso Benjamin definisce con qualche lieve ironia "storici") con lo stesso
Adorno "nella casetta svizzera" e poi con lo stesso Adorno, Horkheimer, Asja e
Felizitas che (scrive Benjamin) "portarono alla conclusione di quest'epoca.
L'ingenuità rapsodica era finita una volta per tutte. Questa forma romantica era stata
superata in uno sviluppo rapidissimo, ma allora e negli anni a venire non riuscii a
immaginarne un'altra." ; d'altra parte "l'incontro decisivo" (così Benjamin lo
definisce) con Brecht segnò "il punto culminante di tutte le aporìe di questo lavoro"18.
La contraddizione, e (se si vuole) l'autocritica, viene collocata così alla radice
stessa dell'edificio benjaminiano: se dovessimo prendere alla lettera queste
affermazioni di Benjamin saremmo portati a concludere che il carattere rapsodico del
Passagen-Werk (che lo stesso Adorno prenderà così sul serio 19) viene invece
considerato dallo stesso Benjamin come del tutto provvisorio e assolutamente
superato; ma non si può escludere che scrivendo ad Adorno nel 1935 (in un momento
della sua vita in cui era massimo il bisogno dell'aiuto dei "francofortesi") lo stesso
Benjamin abbia voluto ridimensionare i caratteri del suo pensiero che più erano
risultati ostici alla razionalità marxista del gruppo.
Io credo che questo problema (così rilevante per l'interpretazione complessiva
della forma del pensiero benjaminiano) resti aperto, e che non sia possibile né
ignorarlo né liberarsene tanto facilmente.
(5.=X/vii) L'anello di Saturno o sulle costruzioni in ferro (pp.1089-1101);
secondo Gretel Adorno questo testo sarebbe stato letto da Benjamin ad Horkheimer e
ai coniugi Adorno a Ko"nigstein nel 1929. Lo stesso Benjamin aveva inserito questo
testo nella sezione Appunti e materiali nel dossier "G" (Esposizioni, pubblicità
Grandville), pp.229-265, ma cfr. anche il dossier "F" intitolato editorialmente
(Costruzioni in ferro), pp. 207-228.
(6.= IV/viii) Materiali preparatori, risalenti al 1934-35, per un lavoro
sistematico su Parigi e i passages (l'edizione francese li intitola Notes pour l'exposé
de 1935: Paris, Capitale du XIX siècle, quelle italiane li pubblicano senza titolo
(rispettivamente alle pp.55-69 e alle pp. 979-997, 1013-1014). Alcune note si riferi-
scono evidentemente alle Tesi sul concetto di storia, e almeno una (la xxv 20) è
databile sicuramente dopo il 22 dicembre 1938.
(7. = III/ix) Parigi, capitale del XIX secolo; è la prima versione che prepara la
relazione sull'opera del 1935; solo l'edizione delle OC pubblica integralmente questa
stesura (alle pp. 998-1012) mentre l'edizione OWBEI la pubblica solo in parte (alle
pp.47-51, come Appendice, segnalando con una serie di puntini le parti omesse)
scegliendo "solo quei passi che presentano rispetto alla versione definitiva differenze

18
Ibidem, p. xiii.
19
"L'intenzione di Benjamin era di rinunciare ad ogni interpretazione manifesta e di far emergere i significati solo
attraverso il montaggio a scatti del materiale. La filosofia non doveva solo adeguarsi al surrealismo, ma diventare essa
stessa surrealista (...) A coronamento del suo antisoggettivismo, l'opera principale avrebbe dovuto consistere di sole
citazioni" (cit. in R. Solmi, Introduzione a W. Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti, Torino, Einaudi, 1995, p.
XIII, nota 1). Ma cfr. anche la Nota ai testi di Tiedemann, cit., in particolare la p. 1179.
20
A p.72 nell'edizione OWBEI, e a p.1014 nell'edizione OC, che separa queste note più tarde dalle altre.
sostanziali e non meramente stilistiche e formali che, pur interessanti per una storia
della composizione del testo, non sarebbero apprezzabili in traduzione. Per la stessa
ragione abbiamo rinunciato a dar conto di un'altra stesura della relazione (GS, V, 2,
1237-49) che Benjamin inviò ad Adorno il 31 maggio 1935, e che presenta solo
minime varianti". Ma (a prescindere dalla mancata edizione della stesura inviata ad
Adorno) se le varianti sono davvero "minime" allora sarebbe forse stato sufficiente,
ma assai opportuno, darne conto in nota pubblicando la versione definitiva
(8.= I/i) Parigi, capitale del XIX secolo (pp. 5-19) 21; è la relazione, scritta in
tedesco nel maggio 1935, su istanza di Friedrich Pollock per l'Institut Sozial-
forschung di Francoforte (trasferitosi a Ginevra nel '33 e ormai a New York).
Secondo Benjamin (che ne scrive a Scholem) è a quest'altezza cronologica che "il
lavoro entrò in una nuova fase, la prima che, anche se da lontano, si avvicinasse a un
libro"22.
(9.= II/ii) Paris, Capitale du XIX siècle. Exposé (pp. 21-43); è una nuova
stesura scritta in francese da Benjamin nel marzo del 1939, su richiesta di Max
Horkheimer, nel tentativo di coinvolgere in qualità di mecenate il banchiere
newyorkese Frank Altschul. L'edizione italiana la lascia in francese, ma le differenze
rispetto alla relazione del '35 sono importanti, e lo stesso Benjamin (scrivendo a
Horkheimer il 13 marzo 1939) così le descrive: "La parte su Baudelaire è modificata
in modo fondamentale; quelle su Fourier e Louis Philippe in larga misura. Nell'insie-
me, la stesura si differenzia da quella che lei già conosce per il fatto che il confronto
fra apparenza e realtà occupa qui il primo posto su tutta la linea. (…) In una
introduzione e in una conclusione ho esposto i lineamenti teorici del progetto con
maggior forza che in precedenza"23.
(10.= V/iii) Infine la parte più consistente del libro, intitolata Appunti e
materiali (pubblicati alle pp.73-1018); si tratta di un manoscritto di 426 fogli sciolti
che secondo Agamben comprende dai frammenti già usati per le Erste Notizen
dell'opera sui passages (cfr. Passages parigini <I>, in OWBEI alle pp.1021-1068)
dunque risalenti agli anni '27-'2924, fino a quelli risalenti agli ultimi mesi di attività di
Benjamin a Parigi (benché la datazione, e talvolta anche la lettura, risultino difficili).
Secondo il curatore dell'edizione nelle OC gli AM sono "dall'autunno o inverno del
1928 alla fine del 1929 e primi (sic) del 1934 fino al maggio 1940"25. Come si vede,
in realtà questa massiccia mole di appunti potrebbe forse essere collocata altrettanto
credibilmente sia all'inizio che al centro che alla fine dell'opera, risultandole (per così
dire) cronologicamente parallela.

21
Ed anche pubblicata da Renato Solmi nel 1962 in Angelus Novus (ora nell'edizione dei tascabili Einaudi del 1995 alle
pp. 145-160).
22
Lettera a Scholem del 20 maggio 1935 cit.; anche in W. Benjamin, Parigi, capitale… , cit., nella nota a p. 19; e in W.
Benjamin, I "passages" di Parigi, cit., a. p. 1071 (fra le Testimonianze sulla genesi dell'opera).
23
In W. Benjamin, Parigi, capitale…, cit, pp. 43-44.
24
Così si legge nella nota che precede AM: nell'edizione OWBEI (a p. 74) "…frammenti già inclusi nelle Erste Notizen,
databili perciò fra la metà del 1927 e la fine del 1929…". Non saprei dire come il Curatore abbia saputo escludere che si
tratti di un processo inverso, cioè di un riversamento dalle Erste Notizen ad AM; evidentemente se così fosse la presenza
nelle Erste Notizen non ci direbbe nulla sulla datazione di AM.
25
Nota ai testi, in W. Benjamin, I "passages" di Parigi, cit., p. 1180.
3. (Tavola riassuntiva delle due edizioni.) Si può dunque cercare di proporre (a
scopo puramente provvisorio e auto-orientativo) uno schema riassuntivo dei diversi
segmenti testuali che costituiscono il libro: nella prima colonna l'ordine cronologico
della stesura (e le date presumibili), nella seconda e nella terza colonna l'ordine di
edizione (e le pagine) nelle due edizioni considerate, nella quarta il titolo del brano,
nella quinta alcune note esplicative, nella sesta ed ultima colonna la corrispondenza
dei brani con l'edizione tedesca delle Gesammelte Schriften.

Ordine Ordine Ordine Titolo Note Corrisponden


Cronologico nella nella za con
(periodo stesura) Edizione Edizione l'edizione
OWBEI OC tedesca delle
(e pp.) (e pp.) Gesammelte
Schriften.
1.(giugno1927-di- VI. IV. (Primi appunti) Sono depennati da Be- V, 2, pp.991-
cembre 1929, o (pp.1021- (pp.899- Passages parigini <I> njamin appunti ripor- 1038
inizio 1930) 1068) 952) tati in AM (qui editi in
corpo minore)
2. (metà 1927?) VIII. X. OWBEI : (Primi progetti Dattiloscritto con cor- V, 2, pp.1341-
(pp.1074- (pp.1014- di stesura) rezioni di mano di Be- 1347
1080) 1021) Appendice a Passages njamin e di Hessel
OC : Paralipomena
3. (metà del 1927) VII. V. (Primi progetti di Il progettato saggio in- V, 2, pp.1039-
(pp.1071- (pp.955- stesura) sieme a F. Hessel 1043
1073) 957) Passages
4. 1928 (o 1929?) IX. VI. (Primi progetti di Sono i materiali per la V, 2, pp.1044-
(pp.1081- (pp.958- stesura) progettata Eine dialek- 1059
1097) 972) <Passages parigini II> tische Feerie, letti ad
Adorno & C.
Le parti qui depennate
da Benjamin, e ripor-
tate in AM, non sono e-
dite; l'ordine dei seg-
menti nelle edizioni
non è quello della ste-
sura.
5. 1929 (?) X. VII. L'anello di Saturno o Letto agli Adorno nel V, 2, pp.1060-
(pp.1098- (pp.973- Sulle costruzioni in ferro 1929 a Ko"nigstein; 1063
1101) 975) parti confluite nel dos-
sier "G" di AM.
6. (1934-5, 1938) IV. VIII. OWBEI : (Appendice Materiali preparatori, V,2, pp. 1206-
(pp.55-69) (pp.979- alle "Relazioni") risalenti al 1934-35, 23; 1250-51
997) "I. 1848 10 dicembre, per un lavoro sistema-
elezione…" (fino a xxv) tico su Parigi e i passa-
OC : Paralipomena. ges. Alcune note si ri-
"I. 1848 10 dicembre, feriscono evidentemen-
elezione.." (fino a xxii); te alle Tesi sul concetto
di storia, e almeno una
IXbis. Le note da xxiii a xxv (la xxv, a p.72) è sicu-
26
(pp.1013- edite dopo IX. [Parigi, ramente successiva al
1014) capitale del XIX secolo] 22 dicembre 1938.
Le ultimi tre note
(xxiii-xxv) sono edite
in OC successivamente
(IX bis).
7. (1935) III. IX. OWBEI :(Appendice alle Prima versione della V, 2, 1223-37
(pp.47-51 (pp.998- "Relazioni") "Relazione" del 1935.
1012) [Parigi, capitale del XIX Edita solo in parte in
secolo] OWBEI , integralmente
OC : Paralipomena in OC .
[Parigi,la capitale del
XIX secolo]
8. (maggio1935) I. I. Parigi, capitale del XIX Scritta per F. Pollock V,1, pp. 45-59
(pp. 5-19) (pp.5-18) secolo
9.(marzo 1939) II. II. Paris, Capitale du XIX.e Scritta per F. Altschul V,1, pp. 60-77
(pp. 21-43) (19-35) siècle. Exposé27
10.(1927?-1940?) V. (pp. 73- III. (pp.37- Appunti e materiali Materiali suddivisi in V,1, pp.79-654;
1018) 896) (=AM) 36 dossier (con "segni V, 2, 655-989
di riporto" di Benja-
min.)

Le differenze fra le due edizioni non sembrano dunque sostanziali: cambia


l'ordine di pubblicazione di qualche segmento testuale di Benjamin, e l'edizione delle
OC presenta in aggiunta rispetto alla precedente solo una bellissima Introduzione di
Tiedemann e un'appendice di Testimonianze sulla genesi dell'opera, alle pp. 1023-
1075 (si tratta essenzialmente di lettere di Benjamin); inoltre ci si avverte che le
traduzioni precedenti qui riutilizzate sono state "accuratamente rivedute" (dunque non
rifatte ex novo).

4. (Problemi e difficoltà delle due edizioni) Così tutti i problemi che presentava
l'edizione OWBEI sembrano conservati in quella OC, e occorre riconoscere che le due
edizioni italiane aggiungono forse qualche difficoltà ulteriore alla intrinseca difficoltà
benjaminiana: ad esempio appare difficile da comprendere la scelta di lasciare in
francese nell'edizione italiana le parti che Benjamin cita dal francese, così come è
lasciato in francese l' exposé di Parigi, capitale del XIX secolo del 1939; anche nella
massiccia parte centrale del libro, gli Appunti e materiali, le citazioni in francese sono
lasciate in quella lingua (e si tratta di una percentuale davvero assai rilevante degli
AM!), mentre (seguendo l'edizione tedesca) il corpo minore distingue le mere
citazioni altrui (che sono in corpo minore) dalle osservazioni originali di Benjamin; il
criterio, come si comprende, è di difficile e incertissima applicazione, sia perché
esistono oltre alla citazione anche l'allusione, la citazione indiretta etc. (ciò che

26
Designiamo come IX bis queste due pagine che seguono, in OC, il segmento IX.
27
Nell'edizione OC manca nel titolo "Exposé" (p.19).
Benjamin stesso definisce il "citare senza virgolette"28), sia perché se esiste un'ope-
razione di collage da parte di Benjamin allora anche la sintassi delle citazioni, la loro
successione, il loro montaggio, appare significativo, e tale da introdurre (fosse anche
per via di mero accostamento) significati nuovi e ulteriori nel materiale originario
citato.
Soprattutto in entrambe le edizioni si lamenta la totale mancanza di un
adeguato apparato di note che collochi e spieghi sia i testi che le singole citazioni;
Nell'edizione OC si dichiara anzi apertamente che "ai materiali e alle chiarificazioni
di critica testuale in senso più stretto (..) sono in grado di accedere solo i lettori
dell'originale tedesco."29 E perché mai? Perché il lettore dell'edizione italiana non
deve poter disporre di questi sussidi di apparato, in un'edizione certo culturalmente
ambiziosa (oltre che economicamente costosa)? Ad esempio questi sussidi critici
sono resi disponibili, in un modo sobrio che di certo non ostacola la lettura, dall'edi-
zione francese della stessa opera 30; così come l'altro volume delle OC finora pub-
blicato (il vol. II, Scritti 1923-1927, del 2001) è corredato da accurate note ai testi, da
utili note a pie' di pagine e, soprattutto, da un esauriente indice dei nomi31.
In entrambe le due edizioni italiane che stiamo considerando manca del tutto la
bibliografia (che forse sarebbe stata eccessivamente corposa) e perfino l'indice dei
nomi, uno strumento quest'ultimo che in un libro così costruito apparirebbe davvero
necessario. Per quanto riguarda le note ai testi, esplicative dei singoli frammenti, in
OWBEI esse a volte mancano del tutto (esaurendosi l'informazione in quella contenu-
ta nella Cronologia.. iniziale), a volte precedono altre volte seguono il testo, in questi
casi manca anche qualsiasi rinvio dal testo alla nota (magari nel titolo del brano), così
che il lettore si trova a sapere di che testo si tratta, quando o come è stato scritto etc.,
solo dopo averlo letto; analogamente accade in OC, dove però almeno questi dati so-
no concentrati nella Nota ai testi che chiude il volume (pp.1177-1182), mentre per i
testi offerti nella sezione Paralipomena le spiegazioni del Curatore si intrecciano ai
testi (fra parentesi quadre ma con il medesimo carattere tipografico).
In particolare sorprende il fatto che quello che viene presentato come il punto
fondamentale di dissenso fra Agamben e i curatori tedeschi non risulti affatto nelle
due edizioni; questo punto riguarda, come è noto, il criterio dell'ordinamento, crono-
logico oppure tematico, del diversi segmenti testuali di Benjamin.

28
"Questo lavoro deve sviluppare al massimo grado l'arte di citare senza virgolette. La sua teoria è intimamente connes-
sa a quella del montaggio", "Metodo di questo lavoro: montaggio letterario. Non ho nulla da dire. Solo da mostrare…"
(Parigi, capitale…, cit., pp. 593, 595).
29
R. Tiedemann e H. Schweppenha"user, Avvertenza editoriale, in W. Benjamin, I "passages" di Parigi, cit., p. viii.
30
W. Benjamin, Paris, Capitale du XIX.e siècle. Le Livre des Passages, Traduit de l'allemand par Jean Lacoste d'après
l'édition originale établie par Rolf Tiedemann, Paris, Les éditions du Cerf, 1997 (3.a).
31
Per non parlare dell'utilissimo (e direi indispensabile) apparato critico-filologico che sostiene altre edizioni
benjaminiane edite da Einaudi: esemplare fra tutte mi pare l'edizione di un testo altrettanto criticamente cruciale e
altrettanto filologicamente complesso": W. Benjamin, Sul concetto di storia, a cura di G. Bonola e M. Ranchetti,
Torino, Einaudi, 1997; questa edizione offre, oltre alla ricostruzione della vicenda delle Tesi sul concetto di storia, il
testo tedesco, con traduzione a fronte, la versione francese dello stesso Benjamin, alcuni "Materiali preparatori",
compresi quelli presenti nel Passagen-Werk, un utilissima ricostruzione dei Lemmi che si riferiscono alle Tesi, infine
una ricostruzione del progressivo farsi del pensiero benjaminiano operata su altri scritti dello stesso Benjamin e su
documenti.
Scrive Agamben: "La presente edizione (…) si fonda sul testo delle GS pubbli-
cato dall'editore Suhrkamp (…). Tuttavia questa edizione si discosta da quella tedesca
nei seguenti punti: 1) Gli scritti di Benjamin, che gli editori tedeschi hanno raggrup-
pato secondo un criterio sistematico non sempre riconoscibile sono qui disposti (nella
misura del possibile) in ordine cronologico (…)"32; ma, come si è visto, la concretez-
za dell'edizione non corrisponde affatto a questa opzione dichiarata. Anzi, come si
può constatare, anche l'edizione OWBEI di Agamben colloca all'inizio del volume i
lavori su Parigi, capitale del XIX secolo (certo perché i più compiuti) che risalgono al
1934-39, esattamente come fa l'edizione OC (in realtà, per questo aspetto, entrambe
dipendono direttamente dalle scelte delle GS tedesche e non se ne discostano affatto):
semmai l'edizione di Agamben accentua ulteriormente questa scelta perché la riflette
fino nel titolo del volume 33.

5 (Il primo problema critico-filologico tuttora aperto: gli inediti ritrovati nel
1981.) Restano soprattutto aperti, se non ci inganniamo, i due problemi filologici (e
dunque critico-interpretativi) che quest'opera presenta.
In primo luogo la rilevantissima questione rappresentata dal rinvenimento di
inediti benjaminiani da parte di Agamben, nel 1981, presso la Biblioteca Nazionale di
Parigi. Tali inediti promettono di gettare nuova luce sull'intricato puzzle testuale del
Passagen-Werk, e tuttavia quest'opera sembra essere stata pubblicata senza che di una
tale scoperta sia stato tratto alcun frutto.
Così ne scrive, quasi solo allusivamente, Agamben, nella sua nota, ricordando
ancora le differenze fra l'edizione OWBEI e le GS tedesche: "(…) 2) Ogni volta che ci
è stato possibile reperire dei testi di Benjamin che non figurano nell'edizione tedesca
li abbiamo inseriti (d'accordo con gli editori tedeschi) nella presente edizione, che,
pertanto, può risultare, in qualche caso, più completa di quella tedesca". Fra i testi as-
senti nelle GS Agamben cita "quelli scoperti dal curatore della presente edizione nella
Bibliothèque Nationale di Parigi, a cui gli editori tedeschi non hanno avuto acces-
so"34. Ma il lettore non sa, oppure non capisce, quali siano questi testi nuovi, resi leg-
gibili solo dall'edizione italiana.
Parla di questa scoperta anche il Curatore delle OC, dopo aver ricordato che
Benjamin aveva lasciato i suoi manoscritti parigini a Georges Bataille, che li aveva
conservati presso la Bibliothèque Nationale: "E' improbabile che Bataille abbia tratte-
nuto volontariamente questi manoscritti. Presumibilmente, i manoscritti di Benjamin
furono smembrati nel corso degli anni e conservati in luoghi diversi della Bibliothè-
que Nationale, che Georges Bataille nel frattempo aveva lasciata. (…) la parte degli
scritti di Benjamin rimasta alla Bibliothèque Nationale venne ritrovata solo nel luglio
32
Criteri dell'edizione, in W. Benjamin, Parigi, capitale…, cit., p. ix (sottolineatura nostra, NdR).
33
Forse è testimonianza di un certo imbarazzo (o dissenso) di Agamben il suggerimento che rivolge al lettore di non
seguire nella lettura l'ordine dell'edizione OWBEI (da lui stesso diretta), ma di cominciare a leggere dalla sezione "N"
degli AM "che corrisponde all'introduzione sui problemi della conoscenza storica che Benjamin progettava di
premettere all'opera", per proseguire con le "relazioni" su Parigi (edite all'inizio), e passare poi ai Primi progetti e ai
Primi appunti (che si trovano alla fine del volume), e solo a questo punto procedere alla lettura del corpo centrale degli
AM (cfr. Cronologia…, cit., p. xxii).
34
Criteri dell'edizione, cit…, p. ix. Occorre dire però che di tali inediti non viene fornita alcuna segnalazione nel testo,
così che il lettore si trova nell'impossibilità di verificare la consistenza, e perfino l'esistenza, di tali apporti.
1981 da Giorgio Agamben."35. Ma anche in questo caso non ci viene detto se l'edizio-
ne OC, successiva alla OWBEI, abbia utilizzato, oppure no, tali nuovi materiali, e in
quale misura. Inoltre Tiedemann afferma che "la parte in questione delle carte di Be-
njamin inizialmente rimaste a Parigi, anche se contiene diversi manoscritti apparte-
nenti alla cerchia tematica del progetto su Baudelaire, non ne contiene però pra-
ticamente nessuno che vada annoverato al Passagenwerk vero e proprio."36
Dunque di questi inediti benjaminiani non c'è traccia (almeno traccia visibile e
dichiarata) in nessuna delle due edizioni, che pure vedono la luce rispettivamente
dopo cinque e dopo diciannove anni da quel ritrovamento. L'unica traccia importante
addotta da Agamben è rappresentata da ciò che egli definisce "il cifrario degli Übe-
rtragungs-Zeichen" (cioè dei segni di richiamo, o di riporto) che abbondano nei ma-
noscritti benjaminiani, e che in questo caso (pare di capire, dalle parole di Agamben)
si riferiscono al progettato libro su Baudelaire 37.
E questo ci porta nel cuore del secondo, rilevantissimo, problema filologico-in-
terpretativo del nostro testo.

6 (Il secondo problema critico-filologico tuttora aperto: i "segni di richiamo"


benjaminiani.) Tale problema critico fondamentale è rappresentato dal fatto che
Appunti e materiali (che, come si è visto, costituiscono quasi i nove decimi del
volume in questione) sono del materiale strutturato ad opera dello stesso Benjamin:
si tratta infatti di 36 dossier (definiti "convoluti" dai curatori delle OS), intitolati
(editorialmente) nel modo seguente:
A. Passages, magasins de nouveautés, calicots
B. Moda
C. La Parigi arcaica, catacombe, démolitions, declino di Parigi
D. La noia, eterno ritorno
E. Hausmannizzazione, lotte di barricata
F. Costruzione in ferro
G. Esposizioni, pubblicità, Grandville
H. Il collezionista
I. L'interieur, la traccia
J. Baudelaire
K. Città onirica e architettura onirica, sogni a occhi aperti, nichilismo
antropologico, Jung
L. Architettura onirica, Museo, terme
M. Il flâneur
N. Teoria della conoscenza, teoria del progresso

35
Nota ai testi, in W. Benjamin, I "passages" di Parigi, cit., pp.1178 (v. anche ibidem, la nota 1).
36
Ibidem.
37
Si tratta di una tavola a colori che presenta ben 29 simboli grafici a cui corrispondono, di mano di Walter Benjamin,
altrettanti temi, o argomenti. La si veda in Criteri dell'edizione…, cit., p. xix. Scrive Agamben: "Il ritrovamento dei
manoscritti parigini ha permesso di accertare definitivamente che questi segni indicavano in quale sezione del
progettato libro su Baudelaire i singoli frammenti avrebbero dovuto essere riportati. Fra i manoscritti benjaminiani in
nostro possesso (ritrovati successivamente al fondo parigino) figura del resto un foglio che contiene, appunto il cifrario
degli Übertragungs-Zeichen. Lo riproduciamo a fronte." (Ibidem, p.xviii).
O. Prostituzione, gioco
P. Le strade di Parigi
Q. Panorama
R. Specchi
S. Pittura, Jugendstil, novità
T. Sistemi d'illuminazione
U. Saint-Simon, Ferrovie
V. Cospirazioni, compagnonnages
W. Fourier
X. Marx
Y. La fotografia
Z. La bambola, l'automa
a. Movimenti sociali
b. Daumier
d. Storia della letteratura, Hugo
g. La borsa, storia economica
i. Tecnica della riproduzione, fotografia
k. La Comune
l. La Senna, la vecchia Parigi
m. Ozio
p. Materialismo antropologico, Storia di settembre
r. École Politechnique 38.

Ma il problema dell'intervento ordinatorio compiuto da Benjamin è ben più


complesso (e cogente): innanzitutto egli ha segnato, marcandoli con due quadratini
neri delle parole-chiave, che "stabiliscono così richiami fra frammenti di diverse se-
zioni"39. Analogamente il Tiedemann:"(…) Benjamin ha talvolta incorniciato parole
chiave - che dovevano rimandare l'annotazione in questione contemporaneamente a
un altro convoluto - tra quadrati neri che le evidenziano otticamente"40.
Esiste dunque un reticolo, per così dire, "orizzontale" che si intreccia con quel-
lo "verticale" della suddivisione in dossier (o convoluti).
In secondo luogo esistono molti altri "segni di riporto" di Benjamin che aspet-
tano ancora di essere opportunamente decifrati, e utilizzati, anche a scopi ecdotici.
Così ne parla Giorgio Agamben, dopo aver pubblicato il "cifrario" da lui scoperto:
"Sulla base di questi dati, diventa possibile, attraverso uno spoglio dell'elenco dei
passi contrassegnati con un segno di riporto, accertare in che modo il materiale conte-
nuto negli AM sarebbe stato 'costruito' per formare le singole sezioni del libro su Bau-
delaire. Ciò significa che una ricostruzione filologicamente corretta del libro su Bau-
delaire è non soltanto possibile, ma, a questo punto, auspicabile."41 A titolo esemplifi-
cativo Agamben riporta in nota una fitta serie di rimandi, che "contrassegnati con un
38
Come si noterà la seconda serie alfabetica (qui in minuscolo) non è completa, cioè per alcune lettere dell'alfabeto
manca il dossier corrispondente.
39
G. Agamben, nota in W. Benjamin, Parigi, capitale…,cit., p. 74.
40
R. Tiedemann, Nota ai testi, cit., p. 1182.
41
G. Agamben, Cronologia…, cit., p. xx.
quadrato blu" (= Heros II) "dovevano confluire con altri nella seconda parte del
libro"42; ma i rimandi non si limitano a Baudelaire 43 e sembrano coinvolgere l'intero
Passagen-Werk, o sue parti significative: lo stesso Agamben adduce, sempre a titolo
d'esempio, quelli contenuti in "due foglietti (anche questi in nostro possesso)" che si
riferiscono ad un elenco di passi degli AM sotto le rubriche rispettive di Passagen I e
Passagen II44. Non si può non concordare con la conclusione di Giorgio Agamben:
"Se interpretati come uno schema per la costruzione del materiale nel Passagenwerk
(cosa che non è però in alcun modo sicura), essi potrebbero fornire una indicazione
importante per la struttura reale del libro."45
E' stata mai perseguita questa consistente traccia benjaminiana delle "parole
chiave" e dei "segni di riporto"? Si è mai cercato di leggere gli AM, e, più in generale,
il Passagen-Weerk, nel tentativo di ricostruire questo reticolo, certamente impervio,
ma altrettanto certamente risalente all'Autore, e dunque significativo per la
ricostruzione del suo pensiero?
La questione si intreccia strettamente con il problema critico di fondo che
riguarda l'interpretazione degli AM: opera autosufficiente (benché incompiuta), e
dunque prova decisiva di una "forma" surrealistica (e, per dir così, "post-moderna")
del pensiero benjaminiano, oppure, al contrario, mero repertorio di materiali, una
sorta di "zibaldone" di Walter Benjamin, da cui egli avrebbe però voluto trarre opere
compiute?
A questo proposito Tiedemann e Agamben sembrano concordare, discostando-
si nettamente dal parere di Adorno.
Scrive Tiedemann: "(Adorno) era infatti convinto che egli (Benjamin, NdR) a-
vesse in mente un metodo di 'montaggio shockante' del materiale, che il Passagen-
werk dovesse 'consistere soltanto di citazioni'. In molte discussioni con Adorno, il
Curatore non è riuscito a convincersi del fatto che il montaggio letterario che Be-
njamin aveva in mente come metodo (cfr. N 1 a, 8; N 1, 10) 46 coincida con il puro
montaggio di citazioni. Senza dubbio si trattava di lasciare da parte una teoria di
stampo tradizionale, intesa come costruzione che astrae dal materiale, ma non per
questo Benjamin pensava anche di rinunciare a qualsivoglia esposizione. Al posto
della mediazione della teoria avrebbe dovuto subentrare la forma del commento, da
Benjamin definita come 'interpretazione nei particolari' (N 2, 1); ma interpretazione e
commento non sono concepibili altro che come esposizione."47

42
Ibidem, nota 8.
43
Si ricorderà tuttavia che il dossier "J" dedicato a Baudelaire occupa da solo oltre duecento pagine degli AM, e da solo
ne costituisce quindi circa un quarto.
44
G. Agamben, Cronologia…, cit., pp. xx-xxii.
45
Ibidem, p. xxii.
46
Queste sigle alfabetico-numeriche si riferiscono ai singoli segmenti di AM: dunque "N" fa riferimento al dossier N.
Teoria della conoscenza, teoria del progresso; si tratta dei luoghi in cui Benjamin parla del "montaggio" come criterio
essenziale della sua opera. Tiedemann fa anche notare che nella densa corrispondenza riferita al Passagen-Werk manca
qualsiasi accenno di Benjamin ad un tale programma di scrittura (semmai anzi esso è contraddetto dalle esplicite prese
di distanza dal surrealismo e dalla prima fase, considerata superata, del suo stesso lavoro, cfr. supra, p.000).
47
R. Tiedemann, Nota ai testi, in W. Benjamin, I "passages" di Parigi, cit., p. 1179.
Analogamente Agamben afferma: "E' fuor di dubbio (…) che gli A[ppunti e]
M[ateriali] non rappresentano in alcun modo una stesura, sia pure provvisoria, del li-
bro sui Passages, ma solo il materiale, documentario e teorico, della ricerca."48
Entrambi i curatori adducono sostegni testuali benjaminiani assai consistenti e
convincenti a smentita dell'ipotesi avanzata da Adorno (e fatta propria dalle tendenze
neo-heideggeriane e post-moderne anche in Italia), sostegni che sarebbe lungo, oltre
che superfluo, riportare in questa sede. Aggiungeremo solo, da parte nostra, che la
composizione delle Tesi sul concetto di storia (l'ultima opera di Benjamin) dovrebbe
bastare a smentire la rinuncia da parte sua ad un pensiero "forte" e sistematico (ed an-
zi, se così si può dire, "fortissimo", tutto intriso come è di teologia e di materialistico
messianesimo49).
Si confermerebbe così la fondatezza della posizione teorica avanzata da Agam-
ben nel 1986 a proposito dell'attualità del pensiero di Benjamin: "Alla crisi dello sto-
ricismo e delle ideologie del XIX secolo ha seguito, infatti, non il risveglio, ma la sua
sunnambolica parodia nel festival metastorico dell'eclettismo e del post-moderno, che
sognano di essere usciti da una storia di cui non sono invece che l'epigonica, larvata
sopravvivenza. E se è vero che il momento decisivo della storia è sempre in corso,
l'opera postuma di Benjamin arriva puntuale all'appuntamento."50
Come sempre accade la (eventuale) soluzione di un problema filologico com-
porta la soluzione di un problema critico: l'interpretazione critica di un Benjamin neo-
heideggeriano, o nichilista e post-moderno sarebbe di certo indebolita (se non ad-
dirittura falsificata) se venisse confermata la natura di "zibaldone" degli AM (ed anzi
del Passagen-werk, che a questo punto apparirebbe inesistente in quanto tale), se cioè
si confermasse che non si tratta affatto da parte di Benjamin della rinuncia post-mo-
derna all'intentio (che darebbe luogo solo alla forma aforismatica ed irrelata del col-
lage surrealista) ma semplicemente ad un accumulo provvisorio di materiali ("ni-
ent'altro che della massa del fondo documentario e teorico di tutta l'opera tarda"51), da
cui l'ultimo Benjamin progettava di trarre, via via, un libro sui passages, quello su
Baudelaire, le Tesi sul concetto di storia, etc.
D'altra parte, a proposito di queste interpretazioni, non sembra facilmente elu-
dibile il giudizio che lo stesso Benjamin formula (e ripetutamente) a proposito di Hei-
degger e della sua filosofia, presentandoli addirittura come suo opposto, come una
strada diversa e incompatibile rispetto a quella da lui intrapresa, e in un certo senso
come l'obiettivo polemico dell'intero suo lavoro:
"Interesse vitale nel riconoscere un punto determinato dello sviluppo come un
bivio. Ad un tale bivio si trova attualmente il nuovo pensiero storico, che è
caratterizzato da una concretezza più alta, dalla redenzione delle epoche di
decadenza, dalla revisione della periodizzazione, in generale come nel particolare, e
la cui utilizzazione in senso reazionario o rivoluzionario si decide ora. In questo

48
G. Agamben, Cronologia…, cit., p. XVIII.
49
Si rimanda per questo alla Introduzione di Bonola e Ranchetti, enlla citata edzione di Sul concetto di storia, pp. viii-
xix.
50
G. Agamben, Avvertenza editoriale, in W. Benjamin, Parigi, capitale…, cit., p. viii.
51
Così Michel Espagne e Micahel Werner, citati da Agamben in Cronologia…, cit., p. xvii.
senso negli scritti dei surrealisti e nel nuovo libro di Heidegger52 si annuncia la
medesima crisi attraverso entrambe le sue possibili soluzioni."53
Sulla medesima linea, decisamente ed esplicitamente anti-heideggeriana, è la
lettera a Scholem del 20 gennaio 1930; qui, parlando del suo lavoro intorno al
Passagen-Werk (citato come la più forte causa che gli impedisce di andare in
Palestina) Benjamin scriveva:
"Ma oltre a ciò, e soprattutto, ciò che mi impegnerà è il mio libro Pariser
Passagen. Mi spiace che per tutto quanto lo concerne- e a dire il vero è il teatro di
tutte le mie lotte e di tutte le mie idee - la conversazione a viva voce sia la sola
comunicazione possibile. Il tema non si presta affatto a essere trattato per lettera. Mi
limito quindi a notare che intendo proseguire il lavoro su un piano diverso da quello
seguito finora. Mentre ciò che mi aveva occupato finora era soprattutto la
documentazione da una parte e la metafisica dall'altra, ora vedo che, per giungere a
termine, per dare una struttura solida a tutto questo lavoro, mi ci vorrà niente po' po'
di meno che uno studio sia di certi aspetti di Hegel che di certe parti del Capitale. Ciò
che oggigiorno mi appare come un fatto acquisito è che sia per questo libro sia per il
Dramma barocco non potrò fare a meno di un'introduzione che verta sulla teoria della
conoscenza - e questa volta soprattutto sulla teoria della conoscenza della storia. È là
che il mio cammino si imbatterà in Heidegger, e penso che l'incontro tra le nostre due
maniere, assai differenti, di considerare la storia, produrrà delle scintille."54
E allo stesso Scholem (il 9-25 aprile 1930):
"Qui si era progettato di fare a pezzi quest'estate Heidegger in un gruppo di
lettura critica estremamente ristretto diretto da Brecht e da me. Purtroppo Brecht, che
sta piuttosto male, se ne andrà presto via di qui e io non mi sento di affrontare la cosa
da solo."55
Si diceva che, in questa prospettiva di lettura (che, a partire dal problema
filologico finisce per convergere con un'interpretazione critica complessiva, anti-
heideggeriana, dell'opera di Benjamin), apparirebbe forse addirittura inesistente un
Passagen-Werk onnicomprensivo: al suo posto comparirebbe piuttosto una "costella-
zione", che legherebbe con sottili ma ferrei fili (possibili da ricostruire) quel tallo di
citazioni e pensieri ad altre opere in via di elaborazione; queste opere Benjamin le
avrebbe forse volute tutte vere ed intere, insomma non un mero accumulo di
citazioni, anche se il tempo lo costrinse a lasciarne alcune solo allo stadio di abbozzo,
altre portate invece quasi a compimento (come le il Baudelaire e le Tesi sul concetto
di storia), un'altra (una di queste?) con sé, nella borsa di pelle nera, nell'angosciosa
fuga attraverso i Pirenei, verso la libertà, o la morte.

7. (Il Passagen-Werk come ipertesto) L'edizione critica (dunque un'altra ancora?


Magari una terza edizione einaudiana?) dovrebbe allora dare conto di questa
situazione testuale, ove essa fosse confermata dal progredire dell'analisi, pubblicando
52
Il "nuovo libro" di Heidegger è Essere e tempo, uscito nel 1927.
53
Parigi, capitale del XIX secolo, cit. p.700 (è la nota S 1, 6); più icasticamente la traduzione francese: "c'est une
me^me crise, avec ses deux solutions possibles." (p. 561).
54
W. Benjamin, Lettere 1913-1940, Torino, Einaudi, 1978, p. 178.
55
Ibidem, p. 185.
separatamente le opere più o meno compiute, e comunque riconoscibili, dell'ultimo
Benjamin (Parigi, capitale del XIX secolo, I "passages", Baudelaire, le Tesi etc.), e
corredando ciascuna di queste, in apparato, sia dei materiali preparatori che certamen-
te le si riferiscono sia delle varianti rappresentate da altre stesure; a parte resterebbe-
ro invece gli AM, da leggere e considerare appunto come un unitario, ma articolato,
Zibaldone di Walter Benjamin, il suo straordinario repertorio testuale e teorico, aper-
to e in movimento, ma certo non concepito per essere così pubblicato e meno che
mai rappresentativo di un nuovo stile di pensiero del suo Autore; a noi italiani viene
spontaneo pensare che, come lo Zibaldone leopardiano non viene confuso con le ope-
re a cui pure fornì materiali, così dovrebbe essere anche per quello benjaminiano.
Ma dire "costellazione" (una parola così benjaminiana!) significa oggi per noi,
inevitabilmente, dire "ipertesto"; e non c'è dubbio che l'opera di Benjamin di cui
parliamo sia un ipertesto, giacché collega ogni frammento testuale in modo plurimo,
ma sistematico, ad altri testi: da una parte ogni segmento è collegato al testo da cui è
tratto (se si tratta di citazione) o dal contesto in cui viene pensato, dall'altra ogni
segmento è inserito nel progetto finale dell'opera cui avrebbe dovuto afferire; gli
Übertragungs-Zeichen" (cioè i segni di richiamo, o di riporto) di cui ci ha parlato
Agamben fornirebbero i links di tale ipertesto benjaminiano, che (ci sembra) sarebbe
assai utile ricostruire (e forse semplicemente implementare) con l'aiuto della
macchina informatica, magari solo a scopo sperimentale e conoscitivo.
Su questo, dunque, converrà tornare.

1/4/2002 (Raul Mordenti)


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