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2.1 PREMESSA
CONTESTO EUROPEO:
Non bisogna confondere il concetto di “servizio pubblico” con quello di “servizio di interesse generale” e
quello di “servizio di interesse economico generale”
Fra questi 3, il concetto di “SERVIZIO PUBBLICO” risulta essere quello più problematico, in quanto la
normativa europea non fornisce una definizione precisa. Questo termine a volte viene usato per indicare
servizi offerti alla collettività, in altri per indicare un ruolo specifico nell’interesse pubblico e in altri casi
ancora si riferisce all’ente che presta il servizio. Proprio per evitare confusioni di ogni tipo, il diritto
europeo preferisce utilizzare il concetto di SIG.
SERVIZIO DI INTERESSE GENERALE (SIG): riguarda sia i servizi di mercato che quelli non di mercato, che le
autorità pubbliche considerano di interesse generale e assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico.
Tale categoria include sia i SIEG, gli unici espressamente richiamati nel Trattato, che i c.d. servizi non
economici
La prassi comunitaria considera i SERVIZI DI INTERESSE ECONOMICO GENERALE (SIEG) come: “servizi di
natura economica che, in virtù di un criterio d’interesse generale, gli Stati Membri o la Comunità Europea,
assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico”. Ci si riferisce a qualsiasi attività economica soggetta a
obblighi di servizio pubblico, ovvero che abbia requisiti specifici imposti dalle autorità pubbliche al fornitore
per garantire il conseguimento di alcuni obiettivi di interesse pubblico
CONTESTO ITALIANO:
La distinzione dipende DALL’ECONOMICITÀ DEL SERVIZIO, cioè dalla redditività e dalla capacità di avere
effetti sulla concorrenza. Quindi diremo che un servizio non ha rilevanza economica quando il suo
svolgimento non è rilevante ai fini della concorrenza in quanto non contendibile nel mercato
La categorizzazione italiana e quella europea risultano simili tra loro. L’analogia è stata affermata anche
dalla Corte Costituzionale che, con sentenza n.325 del 2010, ha chiarito la nozione comunitaria di SIEG
LA DISTINZIONE TRA SIEG E SERVIZI NON ECONOMICI: sta nel fatto che i primi, proprio per la loro natura
economica, sono soggetti alla disciplina comunitaria (in particolare, a quella della concorrenza). I secondi,
invece, non sono soggetti alle normative europee in quanto rimangono prerogativa degli Stati Membri
La riconciliazione di queste due finalità potenzialmente divergenti avviene grazie agli artt. 14 e 106 (2) del
TFUE
ART. 14 TFUE ammette che ai SIEG possano essere applicati principi e condizioni, in particolare
economiche e finanziarie, che consentano il loro funzionamento e l’assolvimento dei loro compiti
ART. 106 (2) TFUE ammette la sottoposizione dei SIEG ad un regime derogatorio, per cui è possibile
evitare i principi concorrenziali, nella misura in cui l’applicazione di questi ultimi pregiudichi o
impedisca il raggiungimento della specifica missione a loro affidata. Questo perché le autorità
pubbliche ritengono che l’interesse generale perseguito dallo specifico servizio sia rilevante al
punto da dover essere garantito anche qualora il mercato non sia in grado di provvedervi da solo
L'ordinamento comunitario permette di prevedere in favore dei gestori dei SIEG diverse FORME DI
COMPENSAZIONE quale contrappeso agli obblighi di servizio pubblico che gravano le attività che
costituiscono i SIEG. Una di queste consiste NELL'ATTRIBUZIONE DI DIRITTI SPECIALI O DIRITTI DI ESCLUSIVA
che consentono al gestore di sfruttare gli extra profitti derivanti dalla gestione in esclusiva di alcuni
segmenti di mercato per compensare le attività in perdita; una seconda forma di compensazione è
costituita dal ricorso ALLA FISCALITÀ GENERALE (sussidi diretti o indiretti). Si considerano forme di
compensazione anche i MECCANISMI DI FINANZIAMENTO DEI COSTI NETTI SUPPLEMENTARI dovuti
all'adempimento della specifica missione assegnata (pay or play)
I servizi pubblici a rilevanza economica, costituiscono il terreno ideale per valutare il rapporto fra intervento
pubblico e concorrenza
CONCORRENZA: intesa quale mezzo per garantire il libero mercato e l’attività economica privata
EVOLUZIONE DEL RUOLO DELLO STATO: se consideriamo lo sviluppo storico in Italia, notiamo come lo Stato
è stato da subito produttore di beni e servizi e, successivamente, è divenuto erogatore degli stessi tramite
terzi soggetti fino ad assumere oggi il ruolo di regolatore esterno del mercato. Questa trasformazione non è
avvenuta naturalmente, ma attraverso interventi legislativi al fine di ridimensionare il ruolo dello Stato
nella gestione dei servizi pubblici (LIBERALIZZAZIONE) e per ricercare una maggiore efficienza degli stessi
LIBERALIZZAZIONE: consiste in un insieme di misure dirette ad eliminare le barriere legali che impediscono
o ostacolano l’ingresso nel mercato di potenziali concorrenti e, quindi, limitano la loro libera prestazione
L’esito dell’applicazione delle misure di liberalizzazione dovrebbe essere la retrocessione del ruolo dello
stato dalla gestione dei servizi e la contestuale creazione di un mercato “contendibile”, ossia di un mercato
nel quale la presenza di più operatori induce imprese e individui a comportarsi in modo competitivo
(CONCORRENZA NEL MERCATO)
Qualora la presenza di più operatori in un certo mercato, o in un suo segmento, non sia possibile in quanto
ci si trova nella particolare situazione del c.d. monopolio naturale, allora il confronto competitivo fra le
imprese viene anticipato alla fase di attribuzione del servizio (CONCORRENZA PER IL MERCATO)
In conclusione, la liberalizzazione garantisce che una data attività possa essere esercitata da chiunque,
fermo restando il rispetto di alcune condizioni che, a seconda dei casi, sono stabilite a livello europeo (è il
caso delle regole per il funzionamento del mercato interno) o nazionale (è il caso della c.d.
regolamentazione)
CONTESTO ITALIANO:
Gli interventi effettuati dal legislatore italiano in favore della liberalizzazione hanno riguardato specifici
settori ma anche aspetti della disciplina generale sui servizi pubblici
Le tre soluzioni costituiscono uno dei principali INDICATORI DEL RAPPORTO STATO – MERCATO. L'impatto
derivante dall'adesione all'uno o all'altro modello, infatti, può condizionare l'evoluzione del mercato e la
sua effettiva apertura, il ruolo e il rafforzamento della presenza imprenditoriale privata, il rapporto che tra
quest'ultima e la partecipazione attiva e societaria della mano pubblica in settori economici di particolare
rilievo, oltre che nel valorizzare, o viceversa compromettere, la forza competitiva del tessuto
imprenditoriale nazionale e la capacità dello stesso di concorrere adeguatamente al di là dei confini interni
La seconda direttrice seguita dal legislatore è quella DELL’EFFICIENZA. La legge che ha apportato le maggiori
innovazioni in termini di efficienza dei servizi è la n.142 del 1990 avendo indirizzato il settore verso forme di
gestione e di organizzazione più imprenditoriali rispetto a quelle cui si era tradizionalmente fatto ricorso
QUANTO ALLE FORME DI GESTIONE, la legge ha imposto la trasformazione delle aziende municipalizzate in
aziende speciali, segnando il passaggio da una gestione ad opera di un soggetto privo di personalità
giuridica, mediante il quale i comuni assumevano direttamente i servizi, ad una gestione affidata a soggetti
strumentali all’ente locale, ma dotati sia di personalità giuridica che di autonomia imprenditoriale.
Successivi interventi normativi hanno poi ridotto l'applicabilità dell'azienda speciale ai soli servizi pubblici
privi di rilevanza economica, preferendo per quelli a rilevanza economica forme gestionali maggiormente
imprenditoriali, quali le società di capitali
QUANTO AGLI ASPETTI ORGANIZZATIVI, è stato introdotto il principio di separazione delle funzioni di
indirizzo e controllo da quelle di gestione, ad opera della legge n.142 del 1990: le prime due sono poste in
capo all’ente locale, mentre la terza è divenuta di competenza del soggetto erogatore del servizio
(SOGGETTO GESTORE)
Un processo contemporaneo a quello della liberalizzazione dei servizi, ma assai differente, è stato quello
della privatizzazione
PRIVATIZZAZIONE: insieme di misure che hanno portato alla trasformazione di enti e imprese pubbliche in
società per azioni disciplinate dal diritto privato (PRIVATIZZAZIONE FORMALE) e/o alla vendita a privati
imprenditori di imprese pubbliche mediante dismissione delle partecipazioni statali e alienazione di beni
patrimoniali suscettibili di gestione economica (PRIVATIZZAZIONE SOSTANZIALE)
Infine, sempre nell'ottica dell'efficienza dei sistemi si è in tempi più recenti posto l'accento sull'importanza
della loro gestione nel rispetto dei principi economico – aziendali, in primis dell’equilibrio di bilancio, ma
anche della valutazione delle performance economico – finanziarie, dei modelli di governance e dei sistemi
di contabilità
In conclusione, le spinte riformatrici susseguitesi hanno mostrato notevoli limiti in quanto caratterizzate da:
Per queste ragioni, la disciplina dei servizi pubblici risulta ancora instabile e disorganica
2.3 PECULIARITÀ DEI SERVIZI PUBBLICI A RILEVANZA ECONOMICA
I servizi pubblici a rilevanza economica sono caratterizzati da una situazione di MONOPOLIO NATURALE in
cui l’unica forma di gestione profittevole prevede la presenza nel mercato di un solo operatore. L’operatore
unico sostiene costi fissi altissimi e costi marginali molto bassi. Egli sfrutta al massimo le economie di scala e
ciò risulta molto più conveniente di altre combinazioni tra due o più operatori
In una situazione di monopolio naturale, gli unici interventi pro concorrenziali prospettabili sono quelli di
concorrenza per il mercato che anticipano la competizione al momento dell’affidamento del servizio, ossia
al momento in cui un’impresa acquisisce il diritto temporaneo di servire il mercato in condizioni di
monopolio
La disciplina europea non esprime una preferenza: formalmente, le tre modalità sono equivalenti
La disciplina europea degli affidamenti a seguito di sollecitazione del mercato mediante gara è contenuta
nelle direttive 17 e 18 del 2004, oggi sostituite dalle direttive 23, 24 e 25 del 2014 che sono in vigore a
partire dall’aprile 2015. Tali direttive, unitamente ai principi generali contenuti nel Trattato nonché ai
principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza, individuano le condizioni minime
da rispettare ogniqualvolta occorre procedere alla formale selezione del soggetto affidatario di un servizio
al fine di garantire la corretta manifestazione della libera concorrenza
Il PPP è una forma di affidamento di cui la normativa comunitaria non fornisce una vera e propria
definizione giuridica quanto, piuttosto, una mera descrizione delle sue caratteristiche
PUNTO 1 DEL LIBRO VERDE: si limita ad affermare che il termine si riferisce in generale alle forme di
cooperazione tra le autorità pubbliche ed il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la
costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio
PUNTO 2 DEL LIBRO VERDE: elenca gli elementi che caratterizzano normalmente le operazioni di
partenariato ossia:
la durata
le modalità di finanziamento
il ruolo del partner privato
la ripartizione dei rischi
Esso rappresenta un modello di gestione particolarmente duttile e rischioso allo stesso tempo:
Il Libro Verde ha chiarito che questi principi si applicano indipendentemente dal carattere (pubblico,
privato, misto) del soggetto aggiudicatore e che il contraente privato non può approfittare della propria
posizione privilegiata nell'entità mista per riservarsi alcuni compiti senza procedere preliminarmente a un
bando
DUBBIO: dottrina e giurisprudenza si sono interrogate sull’oggetto del bando. L’interrogativo riguarda
l’opportunità di una doppia selezione: una per individuare il socio privato, l’altra per l’aggiudicazione del
servizio
ACOSET: ha stabilito la sufficienza di una procedura di selezione singola, ma avente ad oggetto tanto la
capacità del socio di essere azionista, quanto le sue capacità tecniche, operative e gestionali (c.d. GARA A
DOPPIO OGGETTO). Infatti, l’apporto del partner privato alla società mista consiste non solo nel
conferimento di capitali o altri beni, ma anche nella partecipazione attiva all’esecuzione dei compiti
assegnati all’entità a capitale misto e/o nella gestione di tale entità
La parità di condizioni deve essere mantenuta per tutta la durata del rapporto contrattuale. Per questo, le
condizioni contrattuali oggetto di gara non sono più modificabili, salvo il ricorrere di circostanze eccezionali
oppure in presenza di una esplicita situazione in tal senso nel capitolato d’oneri
ULTERIORI ELEMENTI che devono essere chiariti sin dal bando di gara sono:
IN HOUSE PROVIDING: si tratta di un’assegnazione diretta (ossia senza gara) della realizzazione di un'opera
o della gestione di un servizio a un soggetto giuridicamente distinto dall'amministrazione aggiudicante in
quanto dotato di una propria personalità giuridica ma avente caratteristiche tali da poter esserne
considerato una sorta di prolungamento o longa manus
L’elaborazione di tale modello e, in particolare, la definizione delle sue caratteristiche sono avvenute in via
pretoria. La Corte di Giustizia, infatti, nella sentenza con cui è stato deciso il caso TECKAL, ha per la prima
volta formulato quella che i commentatori hanno battezzato come IN HOUSE DOCTRINE, ossia ha elencato
le condizioni minime in presenza delle quali il mancato ricorso all’evidenza pubblica possa dirsi ammissibile
il controllo analogo
la destinazione prevalente dell’attività
CONTROLLO ANALOGO: forma di controllo con cui l’ente affidante esercita sul soggetto aggiudicatario un
potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività tale da escludere ogni rapporto di
terzietà fra i due soggetti
legame finanziario tra affidante e affidatario (che si traduce nella partecipazione totalitaria)
la dipendenza amministrativa del soggetto affidatario dall’ente affidante (esclusione di qualsiasi
soggettività esterna della società in house)
DESTINAZIONE PREVALENTE DELL’ATTIVITÀ: comporta che la società in house realizzi la parte più
importante della propria attività in favore dell'ente o degli enti locali che la controllano e limitatamente al
territorio
Il nuovo pacchetto direttive su appalti e concessioni ha quantificato la prevalenza dell’attività nella misura
dell’80%
Il legislatore italiano preferisce utilizzare il modello “gara” in quanto l’in house viene spesso associato a
gestioni inefficienti e squilibri economici
Mentre per il ricorso a forma di affidamento mediante gara e partenariato pubblico - privato la disciplina
italiana ricalca i principi europei, per l'affidamento in house tende ad un irrigidimento delle condizioni
stabilite a livello comunitario
equiordinazione
la fase di vigenza dell’art. 23-bis
la fase successiva all’abrogazione dell’art. 23-bis
2.5.1 LA FASE DELLA “EQUIORDINAZIONE”
Durante la prima fase, la norma di riferimento era l'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali (TUEL) che ammetteva che i servizi pubblici potessero essere indifferentemente affidati:
Nel corso di questa fase, il ricorso all’affidamento in house avvenne in maniera indiscriminata. La sua
applicazione riguardò la quasi totalità dei servizi pubblici spesso indipendentemente dalla valutazione della
presenza delle condizioni minime per la sua corretta applicazione
Tale situazione favorì l’istaurazione di affidamenti impropri che hanno originato numerosi casi di mala
gestione, buchi di bilancio e dissesti finanziari
L'abuso che gli enti pubblici fecero dell'istituto, unitamente alle problematiche economiche da questo
derivanti, indusse il legislatore ad intervenire
Con L’ART.23 – BIS DEL D.L. 112/2008, il legislatore italiano ha deciso di intervenire introducendo una
disciplina volta a meglio garantire il rispetto della disciplina comunitaria, nonché:
a favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera
prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse
generale in ambito locale
a garantire il diritto di tutti gli utenti all'universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al
livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’art.117, secondo comma, della Costituzione
assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà,
proporzionalità e leale cooperazione
In concreto, la norma introduceva una gerarchia fra le modalità di affidamento dei servizi. Mentre la gara
costituiva la modalità ordinaria di affidamento (affiancata eventualmente dall’opzione del PPP), l’in house
providing diveniva una forma di affidamento in deroga: per ricorrere all’in house providing, bisognava non
solo soddisfare le previsioni comunitarie (controllo analogo e destinazione prevalente dell’attività), ma
anche dimostrare il ricorrere a situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche,
sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e
utile ricorso al mercato
DAL PUNTO DI VISTA PROCEDURALE, l’art. 23 – bis prevedeva che l’ente affidante dovesse dare adeguata
pubblicità alla scelta, motivandola in base a un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una
relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e
alle autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere sui profili di
competenza da rendere entro 60 giorni dalla ricezione della predetta relazione
Con questa terza fase ha inizio con l’abrogazione dell’art. 23-bis con il referendum del 2011. L’abrogazione
è frutto di un effetto collaterale della volontà espressa dagli elettori rispetto ad un tema, quello della c.d.
“privatizzazione dell’acqua”. Infatti, benché l’abrogazione dell’art. 23 – bis fosse stata sollecitata dai
promotori del referendum con riferimento al solo servizio idrico per garantirne una gestione totalmente in
mano pubblica, il quesito referendario, per il superare lo scrutinio di ammissibilità, ha dovuto essere
formulato in termini generali
Di conseguenza, poiché l’art. 23 – bis si applicava a tutti i servizi pubblici a rilevanza economica, non
solamente all’idrico, la sua abrogazione ha travolto l’intero settore dei servizi pubblici locali a
rilevanza economica
EFFETTI DELL’ABROGAZIONE: la Corte Costituzionale affermava che l'abrogazione dell’articolo 23 – bis non
avrebbe dato luogo alla reviviscenza della normativa precedente e neppure avrebbe creato un vuoto
normativo in quanto l'intero settore dei servizi pubblici di rilevanza economica sarebbe stato regalato con
l'applicazione diretta nell'ordinamento italiano della disciplina comunitaria in materia di affidamento
IN PRATICA, l'abrogazione dell’articolo 23 – bis ha fatto venir meno la distinzione fra affidamenti in via
ordinaria e in via eccezionale ed è tornata a parificare le modalità di affidamento poiché la normativa
europea non prevede alcuna forma di gerarchia
Questa soluzione vanificava l’intento pro concorrenziale della riforma del 2008
A distanza di meno di un mese dalla pubblicazione degli esiti della consultazione, è stato introdotto
l'articolo 4 del D.L. 138 del 2011 convertito con legge n.148 del 2011 che reintroduceva una disciplina
sostanzialmente analoga a quella di cui all’articolo 23 – bis salvo per l’espressa esclusione dalla sua
applicazione al servizio idrico
LA NORMA È COSTITUZIONALE? La norma è stata impegnata di fronte alla Corte Costituzionale che con
sentenza n.199 del 2012 ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per contrasto con l'articolo 75 della
Costituzione in quanto riproduttiva della normativa abrogata, nonostante l'esclusione del servizio idrico dal
suo ambito di applicazione
Successivamente, il legislatore ha di nuovo ribadito la propria preferenza per l'evidenza pubblica con
l’articolo 3 – bis, comma terzo, del D.L. n.138 del 2011 che qualificava l'applicazione di procedure di
affidamento dei servizi a evidenza pubblica quale elemento di valutazione della virtualità degli elementi
affidanti
VAGLIO DELLA CORTE COSTITUZIONALE: la Corte Costituzionale non ha riscontrato profili di illegittimità in
quanto lasciando agli enti un margine di discrezionalità rispetto alla modalità di affidamento a cui ricorrere,
la norma non avrebbe contenuto impositivo ma solo incentivante
LA MINI – RIFORMA DEL 2012: il legislatore con la c.d. mini – riforma ha introdotto una disciplina nazionale
appositamente dedicata ai servizi pubblici. Due sono le previsioni di rilievo:
per tutti i tipi di affidamento l'obbligo in capo all’ente affidante di redigere una specifica relazione
che dia conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la
forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio
pubblico e servizio universale indicando le compensazioni economiche se previste
un termine di scadenza per gli affidamenti non conformi
CONSEGUENZE:
La prima previsione comporta che l’ente locale dovrà giustificare il ricorso all’in house (al posto
della gara) in un’ottica di costi/benefici
La seconda previsione incide sull'unico elemento che non trova corrispondenza nella normativa
europea, ossia la limitazione della durata degli affidamenti e la regolarizzazione di quelli non
conformi per i quali al momento dell'aggiudicazione non sia stato previsto un termine di scadenza
Il ricorso all’evidenza pubblica non è l’unico mezzo a disposizione per garantire il buon funzionamento dei
servizi pubblici. Sebbene questa modalità sembra adatta per ogni situazione, in realtà vi è il rischio di mal
funzionamento o addirittura di fallimento della gara, il cui successo dipende da un elevato numero di
variabili
VARIABILI:
Analogamente, i costi del potenziale contenzioso potrebbero far propendere per l'affidamento in
house in quanto soluzione meno impegnativa dal punto di vista finanziario
Infine, il rischio di incompletezza e non corretta ripartizione dei rischi rende lo strumento della gara
poco adatto a regolare l'affidamento di servizi particolarmente complessi
A seconda dei casi, quindi, potrebbero essere più indicate altre soluzioni:
Il temporaneo ricorso al modello in house per quelle situazioni in cui l'affidamento mediante gara
potrebbe risultare prematuro, in considerazione dell'amministrazione pubblica interessata
Si potrebbe ridurre il contenzioso legato alla formulazione dei contratti di servizio fornendo un
supporto agli enti pubblici nella loro redazione
Quest'ultima soluzione è in corso di applicazione nel settore idrico dove le autorità per l'energia elettrica e
il gas, investita nel 2012 delle competenze anche in tema di servizio idrico (AEEGSI), ha avviato il processo
di predisposizioni di “convenzioni – tipo” per la regolazione dei rapporti fra enti affidante e il soggetto
gestore
In conclusione, si può ritenere che, allo stato attuale, la problematicità del settore e la difficoltà della sua
gestione richiedano un importante impegno da parte degli enti pubblici ma che la valutazione della migliore
soluzione adottabile debba necessariamente essere svolta caso per caso
2.7.1 ELETTRICO
Il 1883 è considerato l’anno di nascita del settore elettrico in Italia, proprio a seguito dell’entrata in
funzione della prima centrale elettrica dell’Europa continentale per la distribuzione continua di energia: la
centrale di Santa Redegonda di Milano
In questo periodo, l’intervento dello Stato è limitato a fornire l’impianto normativo di fondo, costituito dal
REGIO DECRETO N. 1775 DEL 1933 recante il testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti
elettrici
REGIO DECRETO N. 1775: tale normativa, non contiene una disciplina delle acque in termini di protezione
della risorsa e tutela ambientale, ma si limita a regolare il suo utilizzo a scopi industriali. In un momento di
forte industrializzazione del nostro paese, questa scelta legislativa non è casuale, ma ha lo scopo di favorire
la nascita e lo sviluppo di nuove attività industriali
LIMITI: mancando una regolazione del settore elettrico nel suo complesso, le gestioni risultano
estremamente frammentate, le infrastrutture scarsamente interconnesse e, in definitiva, non si raggiunge
un livello di efficienza di sistema
SECONDA FASE STORICA (1962 – 1999)
Proprio la ricerca dell’efficientamento del settore elettrico è all’origine della seconda fase storica: quella
della c.d. nazionalizzazione
Punto di partenza di questo processo è l'istituzione di Enel, soggetto a cui è trasferita per legge l'esclusiva
sull’esercizio del servizio elettrico e sulla produzione di energia e che ha assorbito le oltre 1200 imprese
esercenti il servizio elettrico fino a quel momento
La gestione unitaria del servizio ha avuto il pregio di garantire uno sviluppo maggiormente armonico del
settore in termini di diffusione uniforme e capillarizzazione del servizio in tutto il territorio nazionale,
unificazione del costo dell'elettricità e razionalizzazione dei processi generazione – distribuzione
LIMITI: ha portato con sé i limiti tipici della gestione in regime di monopolio, ossia l'aumento del prezzo del
servizio, una serie di inefficienze e gestionali che venivano coperte con il ricorso alla finanza pubblica e una
contrazione degli investimenti e dell'Innovazione del settore
Questo genere di problematiche ha accumulato praticamente tutti gli stati europei che avevano affidato la
gestione del servizio elettrico ad imprese statali, denominate spesso campioni nazionali, poste in condizioni
di monopolio
A fronte della diffusione di tale fenomeno, la Comunità Europea è intervenuta promulgando la Direttiva CE
n. 92 del 1996 con lo scopo di eliminare le distorsioni alla concorrenza derivanti dai monopoli legali nella
gestione del servizio elettrico e di armonizzare le legislazioni dei singoli stati membri fornendo norme
comuni per agevolare l’instaurazione di un unico mercato interno dell'energia elettrica
Il recepimento della direttiva in un commento da parte del legislatore nazionale è avvenuto con il decreto
legislativo n. 79 del 1999 (decreto Bersani) con il quale si è aperta la terza ed ultima fase della storia del
servizio elettrico: quella della liberalizzazione
Sin da questo primo provvedimento sono state individuate le diverse fasi della filiera e, rispetto a ciascuna
di esse, è stata prevista una disciplina ad hoc regolante la gestione della specifica attività in regime di
concorrenza o meno, a seconda della presenza di un monopolio naturale
Dal lato della domanda, la liberalizzazione è stata attuata in diverse fasi, prevedendo la possibilità
di rivolgersi al mercato libero in modo graduale, a seconda della categoria di riferimento:
o Inizialmente potevano usufruire di tale opzione i soli clienti idonei, ossia i grandi clienti
finali, imprese e consorzi
o In seguito, anche i clienti vincolati
o Infine, tutti i clienti, giungendo alla completa liberalizzazione a partire dal 1° luglio del 2007
Dal lato dell’offerta, la concorrenza si svolgeva fra grossisti e distributori ed aveva ad oggetto le
forniture destinate ai clienti idonei connessi alla propria rete e titolari di un contratto di vendita. Al
fine di incentivare l’apertura del mercato e l’ingresso di nuovi operatori, il decreto ha introdotto il
divieto di produzione o importazione da parte di ciascun operatore, in maniera diretta o indiretta,
di quantità di energia superiori al 50% del totale dell’energia elettrica prodotta e importata in Italia.
Tale previsione ha di fatto imposto una drastica riduzione da parte del soggetto monopolista, Enel,
della propria capacità produttiva
L'accesso e l'uso della rete di trasmissione nazionale era previsto verso il pagamento in favore del
gestore di un corrispettivo determinato dall'autorità indipendentemente dalla localizzazione
geografica degli impianti di produzione e dei clienti finali, e comunque sulla base di criteri non
discriminatori
Il settore del gas naturale presenta forti similitudini con il settore elettrico sia per l’evoluzione storica, sia
per la strutturazione della filiera in segmenti gestibili secondo le regole della libera concorrenza e segmenti,
invece, caratterizzati da una condizione di monopolio naturale. Anche il settore del gas è passato per una
fase di gestione in mano pubblica, culminata nell’istituzione dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) con legge
136 del 1953, che ha permesso:
Tuttavia, anche in questo caso, la presenza nel mercato di un unico soggetto in posizione monopolistica nel
lungo periodo ha portato a inefficienze e disservizi. Pertanto, nella seconda metà degli anni 90 e sempre su
spinta della Comunità Europea si è dato avvio al processo di liberalizzazione del settore
LA DIRETTIVA CE DI RIFERIMENTO È LA N. 30 DEL 1998 relativa a norme comuni per il mercato interno del
gas naturale, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 164 del 2000 (decreto Letta) che ha
previsto la liberalizzazione di tutte le fasi della filiera, ossia importazione, esportazione, trasporto e
dispacciamento, distribuzione e vendita, pur con i limiti dovuti alla presenza di segmenti in condizioni di
monopolio naturale
Per via di tale conformazione, forme di concorrenza nel mercato si sono instaurate soprattutto nelle fasi a
valle della filiera, mentre altri casi, quali ad esempio quella del trasporto o quella della distribuzione a livello
locale, sono rimaste rispettivamente nelle mani di un unico operatore (SNAM, gestore del trasporto a livello
nazionale) o, comunque, soggette al regime di concessione
Le concessioni di distribuzione a livello locale sono caratterizzate da una durata piuttosto lunga, anche
ultradecennale, e il decreto ha previsto che alla loro scadenza debbano essere rimesse in gara e affidate al
miglior offerente
DIFFICOLTÀ:
Tutto ciò ha favorito l’insorgere di una tendenza a riconfermare i gestori in scadenza e ha ridotto i casi in
cui si sia verificata una vera e propria alternanza fra gestori. Inoltre, in tale segmento della filiera, numerosi
operatori presenti sul mercato hanno adottato la scelta strategica dell’aggregazione, finalizzata alla ricerca
di caratteristiche dimensionali e organizzative tali da massimizzare lo sfruttamento delle economie di scala
Anche nel decreto Letta si rinvengono norme tese a garantire la tutela della concorrenza oltre alle
disposizioni sul third party access, che assicurano l’accesso alla rete a chiunque ne faccia richiesta, purché
ricorrano determinate condizioni di fattibilità dell’allacciamento. Il decreto prevede disposizioni per aprire il
mercato a nuovi operatori evitando posizioni dominanti e disposizioni atte a garantire la liberalizzazione del
mercato dal lato della domanda
La liberalizzazione del settore ha avuto un ulteriore impulso con la pubblicazione della direttiva CE n. 55 del
2003 (abrogativa della precedente direttiva CE n. 30 del 1998) recepita in Italia con la legge 239 del 2004
(legge Marzano) che ha provveduto al riordino del settore energetico e alla sua completa liberalizzazione
entro il 1° gennaio 2007. Fra le previsioni in favore di una gestione concorrenziale del servizio previste a
livello europeo si ricordano:
La separazione gestionale delle diverse fasi della filiera anche nel caso di soggetti verticalmente
integrati
La separazione contabile
La trasparenza della gestione
Le disposizioni in tema di accesso al sistema
Infine, la Direttiva CE n. 55 ha dedicato attenzione a due ulteriori i temi cardine del settore:
ITALIA: la ricerca della sicurezza degli approvvigionamenti ha puntato all'incremento dell'import di gas
tramite gasdotti e terminali di gassificazione, ma si è scontrata con forti opposizioni dell'opinione pubblica,
contraria a questo tipo di interventi ritenuti eccessivamente impattante sull'ambiente
2013: cessione di Snam da parte di Eni alla cassa depositi e prestiti. Tale operazione ha garantito la
separazione societaria fra gestore delle infrastrutture (SNAM) e operatore del mercato del gas (ENI),
ulteriore punto in favore di un mercato liberalizzato
2.7.3 IDRICO
Per lungo tempo, il nostro legislatore ha regolato solo l'aspetto economico, industriale e produttivo del
settore. Solo a seguito dei primi interventi comunitari in materia di protezione dell'ambiente, l'acqua ha
iniziato ad essere considerata come una risorsa da proteggere e tutelare sia dall'inquinamento che dal suo
sfruttamento incontrollato. Questo cambio di prospettiva si è progressivamente riflesso anche sulle nuove
normative nazionali di regolazione del settore idrico
BACINI IDROGRAFICI: unità geografica minima attorno alla quale costruire le azioni di pianificazione
e programmazione
LEGGE GALLI (L. N.36/1994): l’attenzione del legislatore alla protezione della risorsa idrica e
dell'ambiente è presente anche nella legge Galli nella quale è apparso il concetto di bilancio idrico
BILANCIO IDRICO: equilibrio fra disponibilità della risorsa e suo sfruttamento, condizione che
presuppone misure di pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi della risorsa nonché
la garanzia del deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi per non danneggiare gli equilibri degli
ecosistemi interessati
La legge Galli ha portato al totale ripensamento del settore idrico applicando principi economici e
concorrenziali introducendo norme volte a:
o Favorire il superamento della frammentazione delle gestioni
o Garantire l’equilibrio di bilancio
o Individuare nella tariffa lo strumento per la determinazione del corrispettivo dovuto dagli
utenti a fronte delle prestazioni ricevute
SERVIZIO IDRICO INTEGRATO: insieme di servizi idrici pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di
acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue
LA GESTIONE INTEGRATA ha unificato le due filiere in cui tradizionalmente si distingueva il comparto idrico:
Il cambiamento ha favorito l’integrazione verticale degli operatori, provocando l’uscita dal mercato dei
soggetti non in grado di adeguarsi alle nuove disposizioni
ATO: area geografica minima per organizzare il servizio in modo economicamente efficiente
L’introduzione dell’ambito territoriale ottimale, invece, ha indotto l’aggregazione degli operatori in senso
orizzontale in quanto obbligati a raggiungere dimensioni tali da poter soddisfare le nuove esigenze
organizzative del settore
A capo di ciascun ATO si sarebbe dovuta porre un’autorità (AATO, autorità d'ambito) a cui erano
demandate le fasi di affidamento del servizio, nonché le funzioni di programmazione e controllo.
Successivamente, la Legge 42 del 2010, per finalità legate al contenimento della spesa pubblica, ha
soppresso le AATO senza precisare quali enti avrebbero dovuto subentrare loro. Oggi, le funzioni delle
AATO sono svolte da soggetti diversi da regione a regione. In ogni modo, dovrebbe essere garantita la
separazione delle funzioni di organizzazione, programmazione e controllo da quelle di gestione
Queste previsioni, unitamente all’obbligo di raggiungere l’equilibrio economico e finanziario delle gestioni e
all’introduzione della tariffa, nell’intento del legislatore dovevano garantire il superamento della situazione
di crisi del settore idrico riconducibile alla presenza di gestioni inefficienti, prevalentemente attribuite in
economia ai comuni e fortemente dipendenti da meccanismi di finanziamento pubblico
I contenuti della legge Galli sono da prima confluiti nel decreto legislativo 152 del 1999 e, successivamente,
del decreto legislativo 152 del 2006 che si proponeva di riorganizzare l'intera normativa ambientale
italiana, ivi incluse le disposizioni in materia di acque
Nello specifico, la gestione delle risorse idriche comprende gli articoli che vanno dal 141 al 176 del
decreto legislativo del 2006 che richiamano i principi di gestione integrata del servizio, equilibrio
del bilancio idrico, organizzazione territoriale del servizio idrico integrato, pianificazione e
programmazione e metodo tariffario
Un ultimo elemento da evidenziare perché incidente sulla competitività del settore riguarda le modalità di
affidamento e gestione del servizio. I promotori del referendum del 2011 perseguivano l’obiettivo di
sottoporre il settore idrico ad una gestione interamente pubblica, per questo sono intervenuti
da un lato sulla disciplina degli affidamenti per abrogare le disposizioni che relegava l'in house ad
una posizione residuale
dall’altro, sulle componenti della tariffa avente la finalità di remunerare gli investimenti
In particolare, questo secondo elemento risulta ad oggi ancora in discussione in quanto sussistono opinioni
discordi rispetto agli effetti derivanti dall’abrogazione della parte dell'articolo 154 del decreto legislativo
152 del 2006 che prevedeva l’adeguata remunerazione del capitale investito. Le posizioni formatisi dopo il
referendum sono:
QUELLA DEI PROMOTORI che ritengono che l’abrogazione comporti la sottoposizione del settore
idrico ad una gestione esclusivamente pubblica con conseguente impossibilità di qualsiasi
coinvolgimento di soggetti privati
QUELLA DELLA AEEGSI, secondo la quale gli effetti dell’abrogazione si limiterebbero alla sola
esclusione di forme di remunerazione certe e predeterminate nella misura
2.7.4 RIFIUTI
La rilevanza del settore è nota al legislatore europeo, impegnato sin dagli anni 70 a favorirne una
regolazione interdisciplinare che tenga conto di tutti gli aspetti di protezione dell’ambiente e delle
potenzialità economiche
In ciascuna delle menzionate direttive sono presenti non solo principi relativi alla protezione dell'ambiente,
ma anche principi di tipo gestionale, economico e concorrenziale
DIRETTIVA CE N. 442 DEL 1975: si individuava il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri proprio
in tema di smaltimento dei rifiuti quale obiettivo prioritario per evitare ostacoli agli scambi intracomunitari
e alterazioni della concorrenza
Da un punto di vista di regolazione delle diverse fasi della filiera, questa prima direttiva si concentrava
particolarmente sulla raccolta e sullo smaltimento dei rifiuti, mentre la successiva ha introdotto una visione
olistica della gestione dei rifiuti
DIRETTIVA CE N. 156 DEL 1991: tale direttiva proponeva una gestione integrata del ciclo dei rifiuti
coordinata con progettazione, produzione, distribuzione e consumo dei beni finalizzati alla riduzione della
produzione e della pericolosità dei rifiuti, nonché alla loro valorizzazione posto consumo. Quest’ultimo
obiettivo è stato amplificato con la cosiddetta gerarchia dei rifiuti ad opera della DIRETTIVA CE N. 98 DEL
2008 a mente della quale le differenti tecniche di gestione dei rifiuti non sarebbero fra loro equivalenti,
bensì disposte lungo una linea gerarchica a seconda della loro preferibilità da un punto di vista ambientale
1. Prevenzione
2. Preparazione al riutilizzo
3. Riciclo
4. Recupero di materia
5. Recupero energetico
6. Smaltimento finale in discarica da considerarsi quale soluzione residuale che, in prospettiva, dovrà
essere esclusa
7. Incenerimento
Il filo conduttore di queste previsioni si rinviene nella volontà del legislatore europeo di favorire il passaggio
dalla cosiddetta società dei consumi alla società del riciclaggio. In tale prospettiva, i rifiuti diventerebbero
risorse da rimettere nel ciclo produttivo, evitando di intaccare le matrici ambientali per
l’approvvigionamento di materie prime vergini. Inoltre, la loro valorizzazione permetterebbe di ridurre la
quantità e qualità dei rifiuti da smaltire
Dati gli elevati costi delle tecniche di prevenzione della produzione dei rifiuti e la loro difficoltà attuativa, lo
strumento principale attraverso cui realizzare la transizione appena descritta è la RACCOLTA
DIFFERENZIATA. Essa, garantendo la raccolta dei rifiuti secondo flussi separati in base alla loro natura e
composizione, permette l’individuazione di frazioni merceologiche omogenee ed è propedeutica alle
successive operazioni di trattamento. Da un punto di vista di sistema, l'ottimizzazione economica della
raccolta differenziata dipende dalla presenza di un comparto del riciclo, recupero e trattamento in grado di
accogliere e valorizzare le varie frazioni che, in caso contrario, andrebbero smaltiti in discarica in modo
indifferenziato o, in alternativa, incenerite
Sempre per via della loro componente economica, si ricordano i principi ambientali del “chi inquina paga” e
il suo corollario, “il principio della responsabilità estesa del produttore”, con i quali il legislatore europeo ha
perseguito l'obiettivo dell'internalizzazione dei costi ambientali facendo ricadere l'onere e i costi della
corretta gestione dei rifiuti in capo al produttore di prodotti poiché è soggetto più adatto a influenzarne il
ciclo di vita
CONTESTO NAZIONALE:
Circa il quadro normativo nazionale, il primo tentativo di fornire una disciplina unitaria del settore dei rifiuti
risale al Decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997) con il quale venivano recepite le direttive CE 156 del 1991, 689 del
1991 e 62 del 1994
Con questo intervento, la logica di smaltimento dei rifiuti mediante discariche è stata sostituita da un
approccio più moderno, in linea con i principi europei e indirizzato alla riduzione dei rifiuti alla fonte, al
recupero e riciclaggio, nonché alla loro valorizzazione come risorsa di materia o di energia
Alcuni principi gestionali proposti dalla nuova disciplina sono simili a quelli dell’idrico:
L’organizzazione del servizio in base ad ambiti territoriali ottimali che dimensionino la domanda in
coerenza con l’offerta al fine di sfruttare le economie di scala ottimizzando economicità e efficienza
della gestione
Il concetto di gestione unitaria o integrata del servizio
L'economicità e l'efficienza gestionale del servizio
Inoltre, il decreto dedicava ampio spazio il problema della raccolta differenziata, con particolare riferimento
a quella dei rifiuti di imballaggio, recependo le indicazioni della direttiva CE 62 del 1994. In osservanza di
tale direttiva, è stata prevista la creazione di un soggetto Nazionale responsabile dell’organizzazione della
raccolta differenziata dei rifiuti, individuato in Italia nel Consorzio Nazionale degli Imballaggi (CONAI)
CONAI: tale consorzio ha giocato un ruolo di fondamentale importanza nella nascita e sviluppo della
raccolta differenziata, assicurando il raggiungimento dei target di raccolta previsti dalla disciplina europea.
Inizialmente introdotto come soggetto un monopolista del servizio, a seguito degli impulsi in favore della
liberalizzazione e dello sviluppo concorrenziale dei mercati, anche il Consorzio Nazionale degli Imballaggi ha
visto una progressiva erosione delle sue prerogative, anche se il processo risulta ancora in fase iniziale e le
resistenze ai cambiamenti sollecitati in diverse occasioni anche dalle autorità per la concorrenza e il
mercato stanno rallentando molto il processo di apertura del mercato alla concorrenza
Il decreto Ronchi è stato abrogato e sostituito dal decreto legislativo 152 del 2006 che ha riproposto i
principi appena richiamati e ulteriormente sottolineato l'importanza di una gestione economica, efficace ed
efficiente del rifiuto, come degli altri servizi ambientali
Il primo riguarda la determinazione dell'importo che gli utenti devono pagare per il servizio reso.
Nel corso degli anni, la sua configurazione è passata da tariffa a tassa e, ultimamente, ne viene di
nuovo reclamata la natura tariffaria, conformazione più confacente agli obiettivi di efficienza ed
economicità dei servizi
Il secondo fattore riguarda la pianificazione, nodo centrale per una buona gestione del settore dei
rifiuti. Due gli strumenti principali:
o Il Programma Nazionale di prevenzione dei rifiuti che fissa obiettivi e indicatori da
considerare ai fini del monitoraggio dei progressi realizzati
o Il Piano Regionale di gestione dei rifiuti che declina in dettaglio le disposizioni di cui al
Programma Nazionale
In ultimo, sempre in riferimento all'importanza della pianificazione nell'ottimale gestione dei rifiuti, si
segnala la recente disciplina di cui all'articolo 35 del decreto legge 133 del 2014 che, nel rispetto dei principi
europei di autosufficienza e prossimità, prevede il censimento degli impianti di incenerimento e
trattamento dei rifiuti esistenti, nonché la loro integrazione con ulteriori impianti nuovi, di modo da
realizzare un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani
La disciplina Europea in materia è oggi contenuta nel regolamento n.1370 del 2007 relativo ai servizi
pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, che ha abrogato i precedenti regolamenti del
consiglio (CEE) numero n.1191 del 1969 e n.1107 del 1970
Anche nei trasporti pubblici locali traspare la consapevolezza del legislatore europeo circa la
multidisciplinarietà delle problematiche. Infatti, il legislatore, richiamando IL LIBRO BIANCO DELLA
COMMISSIONE DEL 12 SETTEMBRE 2001 che ne ha preceduto l'adozione, ha messo in primo piano la
qualifica dei trasporti pubblici locali come SIEG e la conseguente necessità di far convivere le esigenze
economiche e concorrenziali con gli obiettivi sociali e con gli obiettivi di servizio pubblico
Al proposito, gli obiettivi della politica europea dei trasporti consistono nel garantire servizi di trasporto
passeggeri sicuri, efficaci e di qualità grazie a una concorrenza regolamentata, che assicuri la trasparenza e
l’efficienza dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri, tenendo conto, in particolare, dei fattori sociali,
ambientali e di sviluppo regionale, o nell’offrire condizioni tariffarie specifiche a talune categorie di
viaggiatori, ad esempio i pensionati, e nell’eliminare le disparità fra imprese di trasporto provenienti da
stati membri diversi che possono alterare in modo sostanziale la concorrenza
Oltre alla disciplina generale sui SIEG di cui agli articoli 16 TCE (oggi art.14 TFUE) e 86 TCE (oggi art.106
TFUE), il regolamento espressamente richiama l’articolo 73 TCE (oggi articolo 93 TFUE) le cui previsioni
sono disposizioni speciali e consentono di concedere compensazioni finanziarie o conferire diritti di
esclusiva in favore degli operatori del servizio di trasporto al fine di bilanciare gli oneri di gestione collegati
agli obblighi connessi al servizio pubblico
Inoltre, essendo una rete di trasporti pubblici locali un infrastruttura essenziale non duplicabile, il
regolamento evidenzia come il confronto competitivo debba avere luogo in fase di affidamento del servizio:
occorrono procedure di selezione eque e trasparenti e, dopo l’aggiudicazione, il contratto di servizio
pubblico tra l’autorità competente e l’operatore prescelto deve definire la natura degli obblighi di servizio
pubblico, il compenso concordato, la durata dell’affidamento, le ipotesi e le modalità di proroga o di
rinnovo
Come per gli altri settori, le modalità di affidamento ammissibili comprendono anche l'in house, rispetto al
quale, il regolamento espressamente parla di necessità di sottoporre la facoltà di autoproduzione a
controlli particolarmente rigorosi
CONTESTO NAZIONALE:
Il settore del trasporto pubblico locale è disciplinato dal decreto Burlando (decreto legislativo 422 del 1997)
recante conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico
locale (successivamente integrato e modificato dal decreto legislativo 400 del 1999)
Questo decreto, sulla scorta dei principi affermatisi in Europa, ha introdotto nel nostro ordinamento
radicali modifiche organizzative e gestionali del sistema del trasporto, con l’intento di riformare
completamente il tradizionale assetto del comparto. Le linee direttrici della riforma sono:
Il primo obiettivo, nell’ottica del principio di sussidiarietà, si basa sulla convinzione che gli enti locali siano i
soggetti maggiormente idonei ad esercitare le competenze in materia di trasporto pubblico locale e che,
quindi, l’esito del trasferimento possa apportare un miglioramento del settore. In termini di
programmazione, il decreto ha introdotto uno schema di tipo concentrico secondo cui lo stato predispone il
piano nazionale dei trasporti (PNT) sulla base del quale le regioni definiscono la politica regionale dei
trasporti (contenuta nel piano regionale dei trasporti e della mobilità, PRT) e, a cascata, approvano i piani
triennali dei servizi (PTS). Inoltre, sempre le regioni, d’intesa con gli enti locali, definiscono i servizi minimi e
gli obblighi di servizio pubblico che dovranno poi essere dettagliati nei contratti di servizio
Quanto all’economicità della gestione, essa dovrebbe essere raggiunta applicando il principio di pareggio di
bilancio, adottando un sistema di determinazione del corrispettivo di tipo tariffario, stimolando un
progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi. Inoltre, sempre ai fini
dell’efficientamento del servizio, il legislatore ha inteso procedere ad una razionalizzazione delle reti,
prevedendo di integrazione modale dei servizi e quella tariffaria. Infine, è intervenuto anche sulle forme
societarie, imponendo la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi in società di capitali
Il legislatore ha inteso avviare il processo di liberalizzazione del settore introducendo anche in questo
comparto i principi concorrenziali: in particolare, ha imposto il superamento del monopolio pubblico della
gestione prevedendo la possibilità di affidare il servizio anche a soggetti privati e ha applicato il principio
della separazione delle funzioni di indirizzo, programmazione e controllo da quelli di gestione
Da una prospettiva di regolazione del servizio sono da evidenziare due ulteriori elementi:
CONTRATTO DI SERVIZIO: è stato introdotto, in conformità con i principi europei, quale strumento di
regolazione del rapporto fra ente affidante e gestore. In particolare, è stato pensato per assicurare la piena
corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari e per stabilire:
il periodo di validità
le caratteristiche dei servizi offerti
il programma di esercizio
gli standard qualitativi minimi del servizio
la struttura tariffaria adottata e i relativi criteri di aggiornamento
la misura delle compensazioni dovute dall’ ente pubblico all’azienda e i relativi criteri di
aggiornamento
modalità di modificazione del contratto successivamente alla conclusione
Circa la scelta di istituire un’autorità di regolazione anche nel settore dei trasporti, probabilmente il
legislatore è stato mosso dai poco incoraggianti risultati derivanti dal decreto Burlando. Infatti, ancora oggi,
molti dei principi cardine della riforma rimangono inattuati o attuati in modo insufficiente:
da un lato, il recepimento del decreto da parte delle regioni è avvenuto in maniera del tutto
disomogenea e lo stesso vale per le azioni programmatiche e per il decentramento amministrativo
dall’altro, alcuni dei principi del decreto sono applicati in modo insufficiente e non sistematico
A fronte di tale difficoltà e della permanente inefficienza della maggior parte dei servizi di trasporto, l'ART è
chiamata ad intervenire non solo come organo di controllo della corretta applicazione dei principi di legge,
ma anche al fine di stimolare l'efficientamento del comparto e il suo rilancio economico