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CAPITOLO 2

INTRODUZIONE ALLE PUBLIC UTILITIES: PROFILI NORMATIVI E CONCORRENZIALI

2.1 PREMESSA

CONTESTO EUROPEO:

Non bisogna confondere il concetto di “servizio pubblico” con quello di “servizio di interesse generale” e
quello di “servizio di interesse economico generale”

Fra questi 3, il concetto di “SERVIZIO PUBBLICO” risulta essere quello più problematico, in quanto la
normativa europea non fornisce una definizione precisa. Questo termine a volte viene usato per indicare
servizi offerti alla collettività, in altri per indicare un ruolo specifico nell’interesse pubblico e in altri casi
ancora si riferisce all’ente che presta il servizio. Proprio per evitare confusioni di ogni tipo, il diritto
europeo preferisce utilizzare il concetto di SIG.

SERVIZIO DI INTERESSE GENERALE (SIG): riguarda sia i servizi di mercato che quelli non di mercato, che le
autorità pubbliche considerano di interesse generale e assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico.
Tale categoria include sia i SIEG, gli unici espressamente richiamati nel Trattato, che i c.d. servizi non
economici

La prassi comunitaria considera i SERVIZI DI INTERESSE ECONOMICO GENERALE (SIEG) come: “servizi di
natura economica che, in virtù di un criterio d’interesse generale, gli Stati Membri o la Comunità Europea,
assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico”. Ci si riferisce a qualsiasi attività economica soggetta a
obblighi di servizio pubblico, ovvero che abbia requisiti specifici imposti dalle autorità pubbliche al fornitore
per garantire il conseguimento di alcuni obiettivi di interesse pubblico

CONTESTO ITALIANO:

In Italia ci sono due categorie di servizi pubblici:

 quelli a rilevanza economica (servizi pubblici economici)


 quelli che ne sono privi (servizi non economici)

La distinzione dipende DALL’ECONOMICITÀ DEL SERVIZIO, cioè dalla redditività e dalla capacità di avere
effetti sulla concorrenza. Quindi diremo che un servizio non ha rilevanza economica quando il suo
svolgimento non è rilevante ai fini della concorrenza in quanto non contendibile nel mercato

La categorizzazione italiana e quella europea risultano simili tra loro. L’analogia è stata affermata anche
dalla Corte Costituzionale che, con sentenza n.325 del 2010, ha chiarito la nozione comunitaria di SIEG

LA DISTINZIONE TRA SIEG E SERVIZI NON ECONOMICI: sta nel fatto che i primi, proprio per la loro natura
economica, sono soggetti alla disciplina comunitaria (in particolare, a quella della concorrenza). I secondi,
invece, non sono soggetti alle normative europee in quanto rimangono prerogativa degli Stati Membri

I SIEG tendono a due obiettivi fra loro in potenziale conflitto:

 da un lato c’è la soddisfazione di un interesse generale (socialità dei fini)


 dall’altro l’economicità del servizio

La riconciliazione di queste due finalità potenzialmente divergenti avviene grazie agli artt. 14 e 106 (2) del
TFUE

 ART. 14 TFUE ammette che ai SIEG possano essere applicati principi e condizioni, in particolare
economiche e finanziarie, che consentano il loro funzionamento e l’assolvimento dei loro compiti
 ART. 106 (2) TFUE ammette la sottoposizione dei SIEG ad un regime derogatorio, per cui è possibile
evitare i principi concorrenziali, nella misura in cui l’applicazione di questi ultimi pregiudichi o
impedisca il raggiungimento della specifica missione a loro affidata. Questo perché le autorità
pubbliche ritengono che l’interesse generale perseguito dallo specifico servizio sia rilevante al
punto da dover essere garantito anche qualora il mercato non sia in grado di provvedervi da solo

L'ordinamento comunitario permette di prevedere in favore dei gestori dei SIEG diverse FORME DI
COMPENSAZIONE quale contrappeso agli obblighi di servizio pubblico che gravano le attività che
costituiscono i SIEG. Una di queste consiste NELL'ATTRIBUZIONE DI DIRITTI SPECIALI O DIRITTI DI ESCLUSIVA
che consentono al gestore di sfruttare gli extra profitti derivanti dalla gestione in esclusiva di alcuni
segmenti di mercato per compensare le attività in perdita; una seconda forma di compensazione è
costituita dal ricorso ALLA FISCALITÀ GENERALE (sussidi diretti o indiretti). Si considerano forme di
compensazione anche i MECCANISMI DI FINANZIAMENTO DEI COSTI NETTI SUPPLEMENTARI dovuti
all'adempimento della specifica missione assegnata (pay or play)

2.2 SERVIZI PUBBLICI E CONCORRENZA

I servizi pubblici a rilevanza economica, costituiscono il terreno ideale per valutare il rapporto fra intervento
pubblico e concorrenza

CONCORRENZA: intesa quale mezzo per garantire il libero mercato e l’attività economica privata

EVOLUZIONE DEL RUOLO DELLO STATO: se consideriamo lo sviluppo storico in Italia, notiamo come lo Stato
è stato da subito produttore di beni e servizi e, successivamente, è divenuto erogatore degli stessi tramite
terzi soggetti fino ad assumere oggi il ruolo di regolatore esterno del mercato. Questa trasformazione non è
avvenuta naturalmente, ma attraverso interventi legislativi al fine di ridimensionare il ruolo dello Stato
nella gestione dei servizi pubblici (LIBERALIZZAZIONE) e per ricercare una maggiore efficienza degli stessi

LIBERALIZZAZIONE: consiste in un insieme di misure dirette ad eliminare le barriere legali che impediscono
o ostacolano l’ingresso nel mercato di potenziali concorrenti e, quindi, limitano la loro libera prestazione

L’esito dell’applicazione delle misure di liberalizzazione dovrebbe essere la retrocessione del ruolo dello
stato dalla gestione dei servizi e la contestuale creazione di un mercato “contendibile”, ossia di un mercato
nel quale la presenza di più operatori induce imprese e individui a comportarsi in modo competitivo
(CONCORRENZA NEL MERCATO)

Qualora la presenza di più operatori in un certo mercato, o in un suo segmento, non sia possibile in quanto
ci si trova nella particolare situazione del c.d. monopolio naturale, allora il confronto competitivo fra le
imprese viene anticipato alla fase di attribuzione del servizio (CONCORRENZA PER IL MERCATO)

In conclusione, la liberalizzazione garantisce che una data attività possa essere esercitata da chiunque,
fermo restando il rispetto di alcune condizioni che, a seconda dei casi, sono stabilite a livello europeo (è il
caso delle regole per il funzionamento del mercato interno) o nazionale (è il caso della c.d.
regolamentazione)

REGOLAMENTAZIONE: insieme di norme emesse da organismi non governativi o di autoregolazione ai quali


i governi hanno delegato i poteri di regolazione

CONTESTO ITALIANO:

Gli interventi effettuati dal legislatore italiano in favore della liberalizzazione hanno riguardato specifici
settori ma anche aspetti della disciplina generale sui servizi pubblici

In Italia, la liberalizzazione ha interessato il servizio di distribuzione del gas naturale, di distribuzione di


energia elettrica e di trasporto ferroviario ragionale
QUANTO ALLE REVISIONI DELLA DISCIPLINA GENERALE, queste si sono concentrate sulle norme relative al
tema delle modalità di gestione e affidamento dei servizi pubblici che si estrinseca nelle tre possibili
soluzioni:

 Esternalizzazione del servizio ricorrendo allo strumento dell’evidenza pubblica (gara)


 Autoproduzione con affidamento diretto e senza gara (in house providing)
 Ricorso allo strumento del partenariato pubblico-privato

Le tre soluzioni costituiscono uno dei principali INDICATORI DEL RAPPORTO STATO – MERCATO. L'impatto
derivante dall'adesione all'uno o all'altro modello, infatti, può condizionare l'evoluzione del mercato e la
sua effettiva apertura, il ruolo e il rafforzamento della presenza imprenditoriale privata, il rapporto che tra
quest'ultima e la partecipazione attiva e societaria della mano pubblica in settori economici di particolare
rilievo, oltre che nel valorizzare, o viceversa compromettere, la forza competitiva del tessuto
imprenditoriale nazionale e la capacità dello stesso di concorrere adeguatamente al di là dei confini interni

La seconda direttrice seguita dal legislatore è quella DELL’EFFICIENZA. La legge che ha apportato le maggiori
innovazioni in termini di efficienza dei servizi è la n.142 del 1990 avendo indirizzato il settore verso forme di
gestione e di organizzazione più imprenditoriali rispetto a quelle cui si era tradizionalmente fatto ricorso

QUANTO ALLE FORME DI GESTIONE, la legge ha imposto la trasformazione delle aziende municipalizzate in
aziende speciali, segnando il passaggio da una gestione ad opera di un soggetto privo di personalità
giuridica, mediante il quale i comuni assumevano direttamente i servizi, ad una gestione affidata a soggetti
strumentali all’ente locale, ma dotati sia di personalità giuridica che di autonomia imprenditoriale.
Successivi interventi normativi hanno poi ridotto l'applicabilità dell'azienda speciale ai soli servizi pubblici
privi di rilevanza economica, preferendo per quelli a rilevanza economica forme gestionali maggiormente
imprenditoriali, quali le società di capitali

QUANTO AGLI ASPETTI ORGANIZZATIVI, è stato introdotto il principio di separazione delle funzioni di
indirizzo e controllo da quelle di gestione, ad opera della legge n.142 del 1990: le prime due sono poste in
capo all’ente locale, mentre la terza è divenuta di competenza del soggetto erogatore del servizio
(SOGGETTO GESTORE)

Un processo contemporaneo a quello della liberalizzazione dei servizi, ma assai differente, è stato quello
della privatizzazione

PRIVATIZZAZIONE: insieme di misure che hanno portato alla trasformazione di enti e imprese pubbliche in
società per azioni disciplinate dal diritto privato (PRIVATIZZAZIONE FORMALE) e/o alla vendita a privati
imprenditori di imprese pubbliche mediante dismissione delle partecipazioni statali e alienazione di beni
patrimoniali suscettibili di gestione economica (PRIVATIZZAZIONE SOSTANZIALE)

Infine, sempre nell'ottica dell'efficienza dei sistemi si è in tempi più recenti posto l'accento sull'importanza
della loro gestione nel rispetto dei principi economico – aziendali, in primis dell’equilibrio di bilancio, ma
anche della valutazione delle performance economico – finanziarie, dei modelli di governance e dei sistemi
di contabilità

In conclusione, le spinte riformatrici susseguitesi hanno mostrato notevoli limiti in quanto caratterizzate da:

 una forte frammentarietà


 non supportate da un piano di ripensamento organico e di coordinamento delle discipline generali con
quelle di settore
 strenuamente osteggiata dai soggetti pubblici che si sono spesso dimostrati incapace di rinunciare a
privilegi attribuiti in passato

Per queste ragioni, la disciplina dei servizi pubblici risulta ancora instabile e disorganica
2.3 PECULIARITÀ DEI SERVIZI PUBBLICI A RILEVANZA ECONOMICA

I servizi pubblici a rilevanza economica sono caratterizzati da una situazione di MONOPOLIO NATURALE in
cui l’unica forma di gestione profittevole prevede la presenza nel mercato di un solo operatore. L’operatore
unico sostiene costi fissi altissimi e costi marginali molto bassi. Egli sfrutta al massimo le economie di scala e
ciò risulta molto più conveniente di altre combinazioni tra due o più operatori

In termini pratici, spesso questa situazione è accompagnata dall'impossibilita pratica o economica di


duplicare reti o infrastrutture indispensabili per erogare il servizio. Ne sono un esempio gli acquedotti e le
strutture fognarie

In una situazione di monopolio naturale, gli unici interventi pro concorrenziali prospettabili sono quelli di
concorrenza per il mercato che anticipano la competizione al momento dell’affidamento del servizio, ossia
al momento in cui un’impresa acquisisce il diritto temporaneo di servire il mercato in condizioni di
monopolio

2.4 L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO: DISCIPLINA EUROPEA

Le forme di affidamento del servizio messe in ambito europee sono tre:

 l'affidamento mediante il ricorso a procedura ad evidenza pubblica (gara)


 il partenariato pubblico - privato
 l’affidamento in house

La disciplina europea non esprime una preferenza: formalmente, le tre modalità sono equivalenti

2.4.1 L’AFFIDAMENTO MEDIANTE GARA

La disciplina europea degli affidamenti a seguito di sollecitazione del mercato mediante gara è contenuta
nelle direttive 17 e 18 del 2004, oggi sostituite dalle direttive 23, 24 e 25 del 2014 che sono in vigore a
partire dall’aprile 2015. Tali direttive, unitamente ai principi generali contenuti nel Trattato nonché ai
principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza, individuano le condizioni minime
da rispettare ogniqualvolta occorre procedere alla formale selezione del soggetto affidatario di un servizio
al fine di garantire la corretta manifestazione della libera concorrenza

2.4.2 IL PARTENARIATO PUBBLICO – PRIVATO

Il PPP è una forma di affidamento di cui la normativa comunitaria non fornisce una vera e propria
definizione giuridica quanto, piuttosto, una mera descrizione delle sue caratteristiche

LIBRO VERDE: libro sul PPP

PUNTO 1 DEL LIBRO VERDE: si limita ad affermare che il termine si riferisce in generale alle forme di
cooperazione tra le autorità pubbliche ed il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la
costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio

PUNTO 2 DEL LIBRO VERDE: elenca gli elementi che caratterizzano normalmente le operazioni di
partenariato ossia:

 la durata
 le modalità di finanziamento
 il ruolo del partner privato
 la ripartizione dei rischi

Esso rappresenta un modello di gestione particolarmente duttile e rischioso allo stesso tempo:

 DUTTILE perché permette all’ente pubblico di:


o Mantenere un buon livello di controllo sulle attività svolte dall’impresa partecipata, pur
cessando di essere operatore diretto del servizio
o Beneficiare del know how e dei metodi di funzionamento del settore privato
o Attingere a finanziamenti privati
 RISCHIOSO perché il buon funzionamento di questo schema dipende dalla presenza di alcuni fattori
che assicurino condizioni di concorrenza effettiva e di chiarezza giuridica, quali la corretta
allocazione dei rischi, l’assenza di asimmetrie informative, la costruzione del rapporto in modo da
garantire il rispetto dei principi di concorrenza, non discriminazione, parità di trattamento e mutuo
riconoscimento

Il Libro Verde ha chiarito che questi principi si applicano indipendentemente dal carattere (pubblico,
privato, misto) del soggetto aggiudicatore e che il contraente privato non può approfittare della propria
posizione privilegiata nell'entità mista per riservarsi alcuni compiti senza procedere preliminarmente a un
bando

La selezione deve avvenire mediante gara

DUBBIO: dottrina e giurisprudenza si sono interrogate sull’oggetto del bando. L’interrogativo riguarda
l’opportunità di una doppia selezione: una per individuare il socio privato, l’altra per l’aggiudicazione del
servizio

SOLUZIONE: la Corte di Giustizia ha risolto il dubbio attraverso la sentenza ACOSET (2009)

ACOSET: ha stabilito la sufficienza di una procedura di selezione singola, ma avente ad oggetto tanto la
capacità del socio di essere azionista, quanto le sue capacità tecniche, operative e gestionali (c.d. GARA A
DOPPIO OGGETTO). Infatti, l’apporto del partner privato alla società mista consiste non solo nel
conferimento di capitali o altri beni, ma anche nella partecipazione attiva all’esecuzione dei compiti
assegnati all’entità a capitale misto e/o nella gestione di tale entità

La parità di condizioni deve essere mantenuta per tutta la durata del rapporto contrattuale. Per questo, le
condizioni contrattuali oggetto di gara non sono più modificabili, salvo il ricorrere di circostanze eccezionali
oppure in presenza di una esplicita situazione in tal senso nel capitolato d’oneri

NB: in nessun caso è ammessa una modifica sostanziale

ULTERIORI ELEMENTI che devono essere chiariti sin dal bando di gara sono:

 la durata della collaborazione


 le procedure per eventuali rinnovi dell'affidamento del servizio giunto a scadenza
 le procedure di liquidazione del socio privato che non dovesse risultare nuovamente vincitore della
competizione sul mercato
2.4.3 L’IN HOUSE PROVIDING

IN HOUSE PROVIDING: si tratta di un’assegnazione diretta (ossia senza gara) della realizzazione di un'opera
o della gestione di un servizio a un soggetto giuridicamente distinto dall'amministrazione aggiudicante in
quanto dotato di una propria personalità giuridica ma avente caratteristiche tali da poter esserne
considerato una sorta di prolungamento o longa manus

L’elaborazione di tale modello e, in particolare, la definizione delle sue caratteristiche sono avvenute in via
pretoria. La Corte di Giustizia, infatti, nella sentenza con cui è stato deciso il caso TECKAL, ha per la prima
volta formulato quella che i commentatori hanno battezzato come IN HOUSE DOCTRINE, ossia ha elencato
le condizioni minime in presenza delle quali il mancato ricorso all’evidenza pubblica possa dirsi ammissibile

TALI CONDIZIONI SONO:

 il controllo analogo
 la destinazione prevalente dell’attività

CONTROLLO ANALOGO: forma di controllo con cui l’ente affidante esercita sul soggetto aggiudicatario un
potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività tale da escludere ogni rapporto di
terzietà fra i due soggetti

INDICATORI DI CONTROLLO ANALOGO:

 legame finanziario tra affidante e affidatario (che si traduce nella partecipazione totalitaria)
 la dipendenza amministrativa del soggetto affidatario dall’ente affidante (esclusione di qualsiasi
soggettività esterna della società in house)

DESTINAZIONE PREVALENTE DELL’ATTIVITÀ: comporta che la società in house realizzi la parte più
importante della propria attività in favore dell'ente o degli enti locali che la controllano e limitatamente al
territorio

Il nuovo pacchetto direttive su appalti e concessioni ha quantificato la prevalenza dell’attività nella misura
dell’80%

2.5 LA DISCIPLINA NAZIONALE DELL’AFFIDAMENTO: FOCUS SULL’IN HOUSE PROVIDING

IN HOUSE: autoproduzione del servizio

GARA: esternalizzazione del servizio.

Il legislatore italiano preferisce utilizzare il modello “gara” in quanto l’in house viene spesso associato a
gestioni inefficienti e squilibri economici

Mentre per il ricorso a forma di affidamento mediante gara e partenariato pubblico - privato la disciplina
italiana ricalca i principi europei, per l'affidamento in house tende ad un irrigidimento delle condizioni
stabilite a livello comunitario

TRE FASI DELL’EVOLUZIONE DELL’IN HOUSE PROVIDING:

 equiordinazione
 la fase di vigenza dell’art. 23-bis
 la fase successiva all’abrogazione dell’art. 23-bis
2.5.1 LA FASE DELLA “EQUIORDINAZIONE”

Durante la prima fase, la norma di riferimento era l'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali (TUEL) che ammetteva che i servizi pubblici potessero essere indifferentemente affidati:

 A società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedura ad evidenza


pubblica
 A società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso
l'espletamento di gare con procedura ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto
delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate
dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche
 A società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del
capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e
che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che
la controllano

Nel corso di questa fase, il ricorso all’affidamento in house avvenne in maniera indiscriminata. La sua
applicazione riguardò la quasi totalità dei servizi pubblici spesso indipendentemente dalla valutazione della
presenza delle condizioni minime per la sua corretta applicazione

Tale situazione favorì l’istaurazione di affidamenti impropri che hanno originato numerosi casi di mala
gestione, buchi di bilancio e dissesti finanziari

2.5.2 LA FASE DI VIGENZA DELL’ART. 23-BIS

L'abuso che gli enti pubblici fecero dell'istituto, unitamente alle problematiche economiche da questo
derivanti, indusse il legislatore ad intervenire

Con L’ART.23 – BIS DEL D.L. 112/2008, il legislatore italiano ha deciso di intervenire introducendo una
disciplina volta a meglio garantire il rispetto della disciplina comunitaria, nonché:

 a favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera
prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse
generale in ambito locale
 a garantire il diritto di tutti gli utenti all'universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al
livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’art.117, secondo comma, della Costituzione
assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà,
proporzionalità e leale cooperazione

In concreto, la norma introduceva una gerarchia fra le modalità di affidamento dei servizi. Mentre la gara
costituiva la modalità ordinaria di affidamento (affiancata eventualmente dall’opzione del PPP), l’in house
providing diveniva una forma di affidamento in deroga: per ricorrere all’in house providing, bisognava non
solo soddisfare le previsioni comunitarie (controllo analogo e destinazione prevalente dell’attività), ma
anche dimostrare il ricorrere a situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche,
sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e
utile ricorso al mercato

DAL PUNTO DI VISTA PROCEDURALE, l’art. 23 – bis prevedeva che l’ente affidante dovesse dare adeguata
pubblicità alla scelta, motivandola in base a un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una
relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e
alle autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere sui profili di
competenza da rendere entro 60 giorni dalla ricezione della predetta relazione

2.5.3 LA FASE SUCCESSIVA ALL’ABROGAZIONE DELL’ART. 23-BIS

Con questa terza fase ha inizio con l’abrogazione dell’art. 23-bis con il referendum del 2011. L’abrogazione
è frutto di un effetto collaterale della volontà espressa dagli elettori rispetto ad un tema, quello della c.d.
“privatizzazione dell’acqua”. Infatti, benché l’abrogazione dell’art. 23 – bis fosse stata sollecitata dai
promotori del referendum con riferimento al solo servizio idrico per garantirne una gestione totalmente in
mano pubblica, il quesito referendario, per il superare lo scrutinio di ammissibilità, ha dovuto essere
formulato in termini generali

 Di conseguenza, poiché l’art. 23 – bis si applicava a tutti i servizi pubblici a rilevanza economica, non
solamente all’idrico, la sua abrogazione ha travolto l’intero settore dei servizi pubblici locali a
rilevanza economica

EFFETTI DELL’ABROGAZIONE: la Corte Costituzionale affermava che l'abrogazione dell’articolo 23 – bis non
avrebbe dato luogo alla reviviscenza della normativa precedente e neppure avrebbe creato un vuoto
normativo in quanto l'intero settore dei servizi pubblici di rilevanza economica sarebbe stato regalato con
l'applicazione diretta nell'ordinamento italiano della disciplina comunitaria in materia di affidamento

IN PRATICA, l'abrogazione dell’articolo 23 – bis ha fatto venir meno la distinzione fra affidamenti in via
ordinaria e in via eccezionale ed è tornata a parificare le modalità di affidamento poiché la normativa
europea non prevede alcuna forma di gerarchia

 Questa soluzione vanificava l’intento pro concorrenziale della riforma del 2008

A distanza di meno di un mese dalla pubblicazione degli esiti della consultazione, è stato introdotto
l'articolo 4 del D.L. 138 del 2011 convertito con legge n.148 del 2011 che reintroduceva una disciplina
sostanzialmente analoga a quella di cui all’articolo 23 – bis salvo per l’espressa esclusione dalla sua
applicazione al servizio idrico

LA NORMA È COSTITUZIONALE? La norma è stata impegnata di fronte alla Corte Costituzionale che con
sentenza n.199 del 2012 ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per contrasto con l'articolo 75 della
Costituzione in quanto riproduttiva della normativa abrogata, nonostante l'esclusione del servizio idrico dal
suo ambito di applicazione

Successivamente, il legislatore ha di nuovo ribadito la propria preferenza per l'evidenza pubblica con
l’articolo 3 – bis, comma terzo, del D.L. n.138 del 2011 che qualificava l'applicazione di procedure di
affidamento dei servizi a evidenza pubblica quale elemento di valutazione della virtualità degli elementi
affidanti

VAGLIO DELLA CORTE COSTITUZIONALE: la Corte Costituzionale non ha riscontrato profili di illegittimità in
quanto lasciando agli enti un margine di discrezionalità rispetto alla modalità di affidamento a cui ricorrere,
la norma non avrebbe contenuto impositivo ma solo incentivante

LA MINI – RIFORMA DEL 2012: il legislatore con la c.d. mini – riforma ha introdotto una disciplina nazionale
appositamente dedicata ai servizi pubblici. Due sono le previsioni di rilievo:
 per tutti i tipi di affidamento l'obbligo in capo all’ente affidante di redigere una specifica relazione
che dia conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la
forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio
pubblico e servizio universale indicando le compensazioni economiche se previste
 un termine di scadenza per gli affidamenti non conformi

CONSEGUENZE:

 La prima previsione comporta che l’ente locale dovrà giustificare il ricorso all’in house (al posto
della gara) in un’ottica di costi/benefici
 La seconda previsione incide sull'unico elemento che non trova corrispondenza nella normativa
europea, ossia la limitazione della durata degli affidamenti e la regolarizzazione di quelli non
conformi per i quali al momento dell'aggiudicazione non sia stato previsto un termine di scadenza

CONCLUSIONE: sebbene a seguito dell’intervento referendario e di quello della Corte Costituzionale il


nostro ordinamento non prevede più una gerarchia tra le forme di affidamento, pare comunque persistere
la preferenza del legislatore per la gara che in vari modi viene preferita rispetto all’in house

2.6 FOCUS SUI LIMITI DELL’EVIDENZA PUBBLICA

Il ricorso all’evidenza pubblica non è l’unico mezzo a disposizione per garantire il buon funzionamento dei
servizi pubblici. Sebbene questa modalità sembra adatta per ogni situazione, in realtà vi è il rischio di mal
funzionamento o addirittura di fallimento della gara, il cui successo dipende da un elevato numero di
variabili

VARIABILI:

 IL PRIMO GRUPPO DI VARIABILI FA RIFERIMENTO ALLA PREPARAZIONE DELLA GARA, in cui vi è lo


studio del mercato che dovrebbe fornire tutti gli elementi utili per predisporre un bando che
risponda all’esigenza del caso concreto, vale a dire:
o la struttura del mercato
o la tipologia dei concorrenti potenziali e attuali
o l’analisi dei profili industriali e produttivi
o il rapporto con i mercati congiunti
 IL SECONDO GRUPPO DI VARIABILI SI MANIFESTA CON LA PREDISPOSIZIONE DEL BANDO il quale
dovrebbe assicurare un vero e proprio confronto competitivo. Pertanto, il bando dovrebbe
correttamente delimitare il bacino di gara, individuare l'oggetto e gli obiettivi della gara,
determinare adeguati criteri di selezione ed essere formulato in maniera chiara e esaustiva, di
modo da limitare il rischio di contestazione
 IL TERZO GRUPPO DI VARIABILI RIGUARDA LA FASE DELLA SELEZIONE. Tale fase spesso è
accompagnata da una fase contenziosa dove i perdenti o gli esclusi impugnano il bando o i
provvedimenti dell'amministrazione. La pendenza di contenziosi e la situazione di incertezza che si
crea incidono sulla durata delle procedure di selezione e ne aumentano esponenzialmente i costi
 ULTERIORI VARIABILI CARATTERIZZANO LA FASE DELLA GESTIONE DEL RAPPORTO FRA
AMMINISTRAZIONE E GESTORE il cui buon andamento dipende dalla formulazione dei contratti di
servizio: più i contratti risulteranno completi, minori saranno i rischi di contenzioso. È evidente,
dunque, che la completezza dei contratti sia inversamente proporzionale alla complessità delle
attività affidate
Tutto ciò considerato, dunque, la gara potrebbe non essere la soluzione migliore qualora il soggetto
banditore non disponga delle professionalità necessarie per gestire correttamente l’intera procedura

 Analogamente, i costi del potenziale contenzioso potrebbero far propendere per l'affidamento in
house in quanto soluzione meno impegnativa dal punto di vista finanziario
 Infine, il rischio di incompletezza e non corretta ripartizione dei rischi rende lo strumento della gara
poco adatto a regolare l'affidamento di servizi particolarmente complessi

A seconda dei casi, quindi, potrebbero essere più indicate altre soluzioni:

 Il temporaneo ricorso al modello in house per quelle situazioni in cui l'affidamento mediante gara
potrebbe risultare prematuro, in considerazione dell'amministrazione pubblica interessata
 Si potrebbe ridurre il contenzioso legato alla formulazione dei contratti di servizio fornendo un
supporto agli enti pubblici nella loro redazione

Quest'ultima soluzione è in corso di applicazione nel settore idrico dove le autorità per l'energia elettrica e
il gas, investita nel 2012 delle competenze anche in tema di servizio idrico (AEEGSI), ha avviato il processo
di predisposizioni di “convenzioni – tipo” per la regolazione dei rapporti fra enti affidante e il soggetto
gestore

In conclusione, si può ritenere che, allo stato attuale, la problematicità del settore e la difficoltà della sua
gestione richiedano un importante impegno da parte degli enti pubblici ma che la valutazione della migliore
soluzione adottabile debba necessariamente essere svolta caso per caso

2.7 LA DISCIPLINA DEI SINGOLI SETTORI

2.7.1 ELETTRICO

 PRIMA FASE STORICA (1883 – 1962)

Il 1883 è considerato l’anno di nascita del settore elettrico in Italia, proprio a seguito dell’entrata in
funzione della prima centrale elettrica dell’Europa continentale per la distribuzione continua di energia: la
centrale di Santa Redegonda di Milano

Dal 1883 al 1962 si estende la fase del liberismo economico (laissez-faire)

In questo periodo, l’intervento dello Stato è limitato a fornire l’impianto normativo di fondo, costituito dal
REGIO DECRETO N. 1775 DEL 1933 recante il testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti
elettrici

REGIO DECRETO N. 1775: tale normativa, non contiene una disciplina delle acque in termini di protezione
della risorsa e tutela ambientale, ma si limita a regolare il suo utilizzo a scopi industriali. In un momento di
forte industrializzazione del nostro paese, questa scelta legislativa non è casuale, ma ha lo scopo di favorire
la nascita e lo sviluppo di nuove attività industriali

LIMITI: mancando una regolazione del settore elettrico nel suo complesso, le gestioni risultano
estremamente frammentate, le infrastrutture scarsamente interconnesse e, in definitiva, non si raggiunge
un livello di efficienza di sistema
 SECONDA FASE STORICA (1962 – 1999)

Proprio la ricerca dell’efficientamento del settore elettrico è all’origine della seconda fase storica: quella
della c.d. nazionalizzazione

Punto di partenza di questo processo è l'istituzione di Enel, soggetto a cui è trasferita per legge l'esclusiva
sull’esercizio del servizio elettrico e sulla produzione di energia e che ha assorbito le oltre 1200 imprese
esercenti il servizio elettrico fino a quel momento

La gestione unitaria del servizio ha avuto il pregio di garantire uno sviluppo maggiormente armonico del
settore in termini di diffusione uniforme e capillarizzazione del servizio in tutto il territorio nazionale,
unificazione del costo dell'elettricità e razionalizzazione dei processi generazione – distribuzione

LIMITI: ha portato con sé i limiti tipici della gestione in regime di monopolio, ossia l'aumento del prezzo del
servizio, una serie di inefficienze e gestionali che venivano coperte con il ricorso alla finanza pubblica e una
contrazione degli investimenti e dell'Innovazione del settore

Questo genere di problematiche ha accumulato praticamente tutti gli stati europei che avevano affidato la
gestione del servizio elettrico ad imprese statali, denominate spesso campioni nazionali, poste in condizioni
di monopolio

A fronte della diffusione di tale fenomeno, la Comunità Europea è intervenuta promulgando la Direttiva CE
n. 92 del 1996 con lo scopo di eliminare le distorsioni alla concorrenza derivanti dai monopoli legali nella
gestione del servizio elettrico e di armonizzare le legislazioni dei singoli stati membri fornendo norme
comuni per agevolare l’instaurazione di un unico mercato interno dell'energia elettrica

 TERZA FASE STORICA (1999 – OGGI)

Il recepimento della direttiva in un commento da parte del legislatore nazionale è avvenuto con il decreto
legislativo n. 79 del 1999 (decreto Bersani) con il quale si è aperta la terza ed ultima fase della storia del
servizio elettrico: quella della liberalizzazione

OBIETTIVI DEL LEGISLATORE:

 Procedere con la liberalizzazione del mercato elettrico


 Garantire il miglioramento della qualità del servizio e della sua economicità
 Garantire la protezione dell’ambiente

Sin da questo primo provvedimento sono state individuate le diverse fasi della filiera e, rispetto a ciascuna
di esse, è stata prevista una disciplina ad hoc regolante la gestione della specifica attività in regime di
concorrenza o meno, a seconda della presenza di un monopolio naturale

 LE ATTIVITÀ DI PRODUZIONE, IMPORTAZIONE, ESPORTAZIONE, ACQUISTO E VENDITA DI ENERGIA


ELETTRICA sono libere nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico contenuti nelle disposizioni del
decreto medesimo

Dal lato della domanda, la liberalizzazione è stata attuata in diverse fasi, prevedendo la possibilità
di rivolgersi al mercato libero in modo graduale, a seconda della categoria di riferimento:
o Inizialmente potevano usufruire di tale opzione i soli clienti idonei, ossia i grandi clienti
finali, imprese e consorzi
o In seguito, anche i clienti vincolati
o Infine, tutti i clienti, giungendo alla completa liberalizzazione a partire dal 1° luglio del 2007
Dal lato dell’offerta, la concorrenza si svolgeva fra grossisti e distributori ed aveva ad oggetto le
forniture destinate ai clienti idonei connessi alla propria rete e titolari di un contratto di vendita. Al
fine di incentivare l’apertura del mercato e l’ingresso di nuovi operatori, il decreto ha introdotto il
divieto di produzione o importazione da parte di ciascun operatore, in maniera diretta o indiretta,
di quantità di energia superiori al 50% del totale dell’energia elettrica prodotta e importata in Italia.
Tale previsione ha di fatto imposto una drastica riduzione da parte del soggetto monopolista, Enel,
della propria capacità produttiva

 LE ATTIVITÀ DI TRASMISSIONE E DISPACCIAMENTO sono riservate allo stato ed attribuite in


concessione al gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN)
 L’ATTIVITÀ DI DISTRIBUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA è svolta in regime di concessione rilasciata
dal ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato. Il processo di liberalizzazione ha
comportato la separazione delle funzioni di gestione della rete, oggi svolte da Terna spa, da quelle
di gestione ed erogazione del servizio, svolte dai diversi operatori in concorrenza fra loro. Il decreto
prevedeva il rispetto dei principi concorrenziali e, in particolar modo, del principio del third party
access o diritto di accesso alla rete o infrastruttura essenziale, attribuendo all’autorità per l’energia
elettrica e il gas le funzioni di verifica e controllo

L'accesso e l'uso della rete di trasmissione nazionale era previsto verso il pagamento in favore del
gestore di un corrispettivo determinato dall'autorità indipendentemente dalla localizzazione
geografica degli impianti di produzione e dei clienti finali, e comunque sulla base di criteri non
discriminatori

2.7.2 GAS NATURALE

Il settore del gas naturale presenta forti similitudini con il settore elettrico sia per l’evoluzione storica, sia
per la strutturazione della filiera in segmenti gestibili secondo le regole della libera concorrenza e segmenti,
invece, caratterizzati da una condizione di monopolio naturale. Anche il settore del gas è passato per una
fase di gestione in mano pubblica, culminata nell’istituzione dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) con legge
136 del 1953, che ha permesso:

 la cosiddetta gassificazione del paese


 garantito l’applicazione di una tariffa unitaria in tutto il territorio nazionale
 razionalizzato i processi di gestione

Tuttavia, anche in questo caso, la presenza nel mercato di un unico soggetto in posizione monopolistica nel
lungo periodo ha portato a inefficienze e disservizi. Pertanto, nella seconda metà degli anni 90 e sempre su
spinta della Comunità Europea si è dato avvio al processo di liberalizzazione del settore

LA DIRETTIVA CE DI RIFERIMENTO È LA N. 30 DEL 1998 relativa a norme comuni per il mercato interno del
gas naturale, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 164 del 2000 (decreto Letta) che ha
previsto la liberalizzazione di tutte le fasi della filiera, ossia importazione, esportazione, trasporto e
dispacciamento, distribuzione e vendita, pur con i limiti dovuti alla presenza di segmenti in condizioni di
monopolio naturale

Per via di tale conformazione, forme di concorrenza nel mercato si sono instaurate soprattutto nelle fasi a
valle della filiera, mentre altri casi, quali ad esempio quella del trasporto o quella della distribuzione a livello
locale, sono rimaste rispettivamente nelle mani di un unico operatore (SNAM, gestore del trasporto a livello
nazionale) o, comunque, soggette al regime di concessione
Le concessioni di distribuzione a livello locale sono caratterizzate da una durata piuttosto lunga, anche
ultradecennale, e il decreto ha previsto che alla loro scadenza debbano essere rimesse in gara e affidate al
miglior offerente

DIFFICOLTÀ:

 Necessità di garantire la continuità del servizio


 Necessità di garantire la corretta individuazione del valore residuo degli ammortamenti sugli
investimenti precedentemente effettuati dal gestore uscente
 La resistenza dei soggetti monopolisti a rinunciare alla propria posizione privilegiata

Tutto ciò ha favorito l’insorgere di una tendenza a riconfermare i gestori in scadenza e ha ridotto i casi in
cui si sia verificata una vera e propria alternanza fra gestori. Inoltre, in tale segmento della filiera, numerosi
operatori presenti sul mercato hanno adottato la scelta strategica dell’aggregazione, finalizzata alla ricerca
di caratteristiche dimensionali e organizzative tali da massimizzare lo sfruttamento delle economie di scala

Anche nel decreto Letta si rinvengono norme tese a garantire la tutela della concorrenza oltre alle
disposizioni sul third party access, che assicurano l’accesso alla rete a chiunque ne faccia richiesta, purché
ricorrano determinate condizioni di fattibilità dell’allacciamento. Il decreto prevede disposizioni per aprire il
mercato a nuovi operatori evitando posizioni dominanti e disposizioni atte a garantire la liberalizzazione del
mercato dal lato della domanda

La liberalizzazione del settore ha avuto un ulteriore impulso con la pubblicazione della direttiva CE n. 55 del
2003 (abrogativa della precedente direttiva CE n. 30 del 1998) recepita in Italia con la legge 239 del 2004
(legge Marzano) che ha provveduto al riordino del settore energetico e alla sua completa liberalizzazione
entro il 1° gennaio 2007. Fra le previsioni in favore di una gestione concorrenziale del servizio previste a
livello europeo si ricordano:

 La separazione gestionale delle diverse fasi della filiera anche nel caso di soggetti verticalmente
integrati
 La separazione contabile
 La trasparenza della gestione
 Le disposizioni in tema di accesso al sistema

Infine, la Direttiva CE n. 55 ha dedicato attenzione a due ulteriori i temi cardine del settore:

 la sicurezza degli approvvigionamenti


 lo stoccaggio

ITALIA: la ricerca della sicurezza degli approvvigionamenti ha puntato all'incremento dell'import di gas
tramite gasdotti e terminali di gassificazione, ma si è scontrata con forti opposizioni dell'opinione pubblica,
contraria a questo tipo di interventi ritenuti eccessivamente impattante sull'ambiente

2013: cessione di Snam da parte di Eni alla cassa depositi e prestiti. Tale operazione ha garantito la
separazione societaria fra gestore delle infrastrutture (SNAM) e operatore del mercato del gas (ENI),
ulteriore punto in favore di un mercato liberalizzato

2.7.3 IDRICO

Per lungo tempo, il nostro legislatore ha regolato solo l'aspetto economico, industriale e produttivo del
settore. Solo a seguito dei primi interventi comunitari in materia di protezione dell'ambiente, l'acqua ha
iniziato ad essere considerata come una risorsa da proteggere e tutelare sia dall'inquinamento che dal suo
sfruttamento incontrollato. Questo cambio di prospettiva si è progressivamente riflesso anche sulle nuove
normative nazionali di regolazione del settore idrico

 LA LEGGE MERLI (LEGGE N.319/1976) ha introdotto il concetto di pianificazione e programmazione


nell’uso dell'acqua proprio per la sua scarsità unitamente al fatto che in taluni casi l'inquinamento
ne aveva già pregiudicato alcuni impieghi
 LEGGE 183/1989 sul riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo recava fra i suoi
obiettivi il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di
razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi e, per la
prima volta, individuava i bacini idrografici

BACINI IDROGRAFICI: unità geografica minima attorno alla quale costruire le azioni di pianificazione
e programmazione

 LEGGE GALLI (L. N.36/1994): l’attenzione del legislatore alla protezione della risorsa idrica e
dell'ambiente è presente anche nella legge Galli nella quale è apparso il concetto di bilancio idrico

BILANCIO IDRICO: equilibrio fra disponibilità della risorsa e suo sfruttamento, condizione che
presuppone misure di pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi della risorsa nonché
la garanzia del deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi per non danneggiare gli equilibri degli
ecosistemi interessati

La legge Galli ha portato al totale ripensamento del settore idrico applicando principi economici e
concorrenziali introducendo norme volte a:
o Favorire il superamento della frammentazione delle gestioni
o Garantire l’equilibrio di bilancio
o Individuare nella tariffa lo strumento per la determinazione del corrispettivo dovuto dagli
utenti a fronte delle prestazioni ricevute

LE PREVISIONI PER IL SUPERAMENTO DELLA GESTIONE FRAMMENTATA sono due:

 Il concetto di servizio idrico integrato


 Il concetto di ambito territoriale ottimale (ATO)

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO: insieme di servizi idrici pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di
acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue

LA GESTIONE INTEGRATA ha unificato le due filiere in cui tradizionalmente si distingueva il comparto idrico:

 la parte acquedottistica (captazione, adduzione, potabilizzazione e distribuzione)


 la parte fognaria (raccolta dei reflui, depurazione, reimmissione nell’ambiente)

Il cambiamento ha favorito l’integrazione verticale degli operatori, provocando l’uscita dal mercato dei
soggetti non in grado di adeguarsi alle nuove disposizioni

ATO: area geografica minima per organizzare il servizio in modo economicamente efficiente
L’introduzione dell’ambito territoriale ottimale, invece, ha indotto l’aggregazione degli operatori in senso
orizzontale in quanto obbligati a raggiungere dimensioni tali da poter soddisfare le nuove esigenze
organizzative del settore

A capo di ciascun ATO si sarebbe dovuta porre un’autorità (AATO, autorità d'ambito) a cui erano
demandate le fasi di affidamento del servizio, nonché le funzioni di programmazione e controllo.
Successivamente, la Legge 42 del 2010, per finalità legate al contenimento della spesa pubblica, ha
soppresso le AATO senza precisare quali enti avrebbero dovuto subentrare loro. Oggi, le funzioni delle
AATO sono svolte da soggetti diversi da regione a regione. In ogni modo, dovrebbe essere garantita la
separazione delle funzioni di organizzazione, programmazione e controllo da quelle di gestione

Queste previsioni, unitamente all’obbligo di raggiungere l’equilibrio economico e finanziario delle gestioni e
all’introduzione della tariffa, nell’intento del legislatore dovevano garantire il superamento della situazione
di crisi del settore idrico riconducibile alla presenza di gestioni inefficienti, prevalentemente attribuite in
economia ai comuni e fortemente dipendenti da meccanismi di finanziamento pubblico

I contenuti della legge Galli sono da prima confluiti nel decreto legislativo 152 del 1999 e, successivamente,
del decreto legislativo 152 del 2006 che si proponeva di riorganizzare l'intera normativa ambientale
italiana, ivi incluse le disposizioni in materia di acque

 Nello specifico, la gestione delle risorse idriche comprende gli articoli che vanno dal 141 al 176 del
decreto legislativo del 2006 che richiamano i principi di gestione integrata del servizio, equilibrio
del bilancio idrico, organizzazione territoriale del servizio idrico integrato, pianificazione e
programmazione e metodo tariffario

Un ultimo elemento da evidenziare perché incidente sulla competitività del settore riguarda le modalità di
affidamento e gestione del servizio. I promotori del referendum del 2011 perseguivano l’obiettivo di
sottoporre il settore idrico ad una gestione interamente pubblica, per questo sono intervenuti

 da un lato sulla disciplina degli affidamenti per abrogare le disposizioni che relegava l'in house ad
una posizione residuale
 dall’altro, sulle componenti della tariffa avente la finalità di remunerare gli investimenti

In particolare, questo secondo elemento risulta ad oggi ancora in discussione in quanto sussistono opinioni
discordi rispetto agli effetti derivanti dall’abrogazione della parte dell'articolo 154 del decreto legislativo
152 del 2006 che prevedeva l’adeguata remunerazione del capitale investito. Le posizioni formatisi dopo il
referendum sono:

 QUELLA DEI PROMOTORI che ritengono che l’abrogazione comporti la sottoposizione del settore
idrico ad una gestione esclusivamente pubblica con conseguente impossibilità di qualsiasi
coinvolgimento di soggetti privati
 QUELLA DELLA AEEGSI, secondo la quale gli effetti dell’abrogazione si limiterebbero alla sola
esclusione di forme di remunerazione certe e predeterminate nella misura

2.7.4 RIFIUTI

La rilevanza del settore è nota al legislatore europeo, impegnato sin dagli anni 70 a favorirne una
regolazione interdisciplinare che tenga conto di tutti gli aspetti di protezione dell’ambiente e delle
potenzialità economiche

La normativa comunitaria in materia è costituita da un gruppo di direttive:


 La disciplina quadro del settore era contenuta originariamente nella direttiva CE n. 442 del 1975,
meglio nota come prima direttiva quadro sui rifiuti. Successivamente modificata dalla direttiva CE
n. 156 del 1991 e poi sostituita con la Direttiva CE n. 12 del 2006. Recentemente è stata trasfusa
nella direttiva CE n. 98 del 2008. A quest’ultima si fa riferimento quando si parla di DIRETTIVA
QUADRO SUI RIFIUTI
 Alla direttiva quadro sui rifiuti, si affiancano la Direttiva CE n. 689 del 1991 relativa ai rifiuti
pericolosi e la Direttiva CE n. 31 del 1999 relativa alle discariche di rifiuti, nonché ulteriori direttive
dedicati a specifiche categorie di rifiuti quali imballaggi, pile, accumulatori, rifiuti di apparecchiature
elettriche ed elettroniche, pneumatici e oli esausti

In ciascuna delle menzionate direttive sono presenti non solo principi relativi alla protezione dell'ambiente,
ma anche principi di tipo gestionale, economico e concorrenziale

DIRETTIVA CE N. 442 DEL 1975: si individuava il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri proprio
in tema di smaltimento dei rifiuti quale obiettivo prioritario per evitare ostacoli agli scambi intracomunitari
e alterazioni della concorrenza

Da un punto di vista di regolazione delle diverse fasi della filiera, questa prima direttiva si concentrava
particolarmente sulla raccolta e sullo smaltimento dei rifiuti, mentre la successiva ha introdotto una visione
olistica della gestione dei rifiuti

DIRETTIVA CE N. 156 DEL 1991: tale direttiva proponeva una gestione integrata del ciclo dei rifiuti
coordinata con progettazione, produzione, distribuzione e consumo dei beni finalizzati alla riduzione della
produzione e della pericolosità dei rifiuti, nonché alla loro valorizzazione posto consumo. Quest’ultimo
obiettivo è stato amplificato con la cosiddetta gerarchia dei rifiuti ad opera della DIRETTIVA CE N. 98 DEL
2008 a mente della quale le differenti tecniche di gestione dei rifiuti non sarebbero fra loro equivalenti,
bensì disposte lungo una linea gerarchica a seconda della loro preferibilità da un punto di vista ambientale

GERARCHIA DEI RIFIUTI:

1. Prevenzione
2. Preparazione al riutilizzo
3. Riciclo
4. Recupero di materia
5. Recupero energetico
6. Smaltimento finale in discarica da considerarsi quale soluzione residuale che, in prospettiva, dovrà
essere esclusa
7. Incenerimento

Il filo conduttore di queste previsioni si rinviene nella volontà del legislatore europeo di favorire il passaggio
dalla cosiddetta società dei consumi alla società del riciclaggio. In tale prospettiva, i rifiuti diventerebbero
risorse da rimettere nel ciclo produttivo, evitando di intaccare le matrici ambientali per
l’approvvigionamento di materie prime vergini. Inoltre, la loro valorizzazione permetterebbe di ridurre la
quantità e qualità dei rifiuti da smaltire

Dati gli elevati costi delle tecniche di prevenzione della produzione dei rifiuti e la loro difficoltà attuativa, lo
strumento principale attraverso cui realizzare la transizione appena descritta è la RACCOLTA
DIFFERENZIATA. Essa, garantendo la raccolta dei rifiuti secondo flussi separati in base alla loro natura e
composizione, permette l’individuazione di frazioni merceologiche omogenee ed è propedeutica alle
successive operazioni di trattamento. Da un punto di vista di sistema, l'ottimizzazione economica della
raccolta differenziata dipende dalla presenza di un comparto del riciclo, recupero e trattamento in grado di
accogliere e valorizzare le varie frazioni che, in caso contrario, andrebbero smaltiti in discarica in modo
indifferenziato o, in alternativa, incenerite

Sempre per via della loro componente economica, si ricordano i principi ambientali del “chi inquina paga” e
il suo corollario, “il principio della responsabilità estesa del produttore”, con i quali il legislatore europeo ha
perseguito l'obiettivo dell'internalizzazione dei costi ambientali facendo ricadere l'onere e i costi della
corretta gestione dei rifiuti in capo al produttore di prodotti poiché è soggetto più adatto a influenzarne il
ciclo di vita

CONTESTO NAZIONALE:

Circa il quadro normativo nazionale, il primo tentativo di fornire una disciplina unitaria del settore dei rifiuti
risale al Decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997) con il quale venivano recepite le direttive CE 156 del 1991, 689 del
1991 e 62 del 1994

Con questo intervento, la logica di smaltimento dei rifiuti mediante discariche è stata sostituita da un
approccio più moderno, in linea con i principi europei e indirizzato alla riduzione dei rifiuti alla fonte, al
recupero e riciclaggio, nonché alla loro valorizzazione come risorsa di materia o di energia

Alcuni principi gestionali proposti dalla nuova disciplina sono simili a quelli dell’idrico:

 L’organizzazione del servizio in base ad ambiti territoriali ottimali che dimensionino la domanda in
coerenza con l’offerta al fine di sfruttare le economie di scala ottimizzando economicità e efficienza
della gestione
 Il concetto di gestione unitaria o integrata del servizio
 L'economicità e l'efficienza gestionale del servizio

Inoltre, il decreto dedicava ampio spazio il problema della raccolta differenziata, con particolare riferimento
a quella dei rifiuti di imballaggio, recependo le indicazioni della direttiva CE 62 del 1994. In osservanza di
tale direttiva, è stata prevista la creazione di un soggetto Nazionale responsabile dell’organizzazione della
raccolta differenziata dei rifiuti, individuato in Italia nel Consorzio Nazionale degli Imballaggi (CONAI)

CONAI: tale consorzio ha giocato un ruolo di fondamentale importanza nella nascita e sviluppo della
raccolta differenziata, assicurando il raggiungimento dei target di raccolta previsti dalla disciplina europea.
Inizialmente introdotto come soggetto un monopolista del servizio, a seguito degli impulsi in favore della
liberalizzazione e dello sviluppo concorrenziale dei mercati, anche il Consorzio Nazionale degli Imballaggi ha
visto una progressiva erosione delle sue prerogative, anche se il processo risulta ancora in fase iniziale e le
resistenze ai cambiamenti sollecitati in diverse occasioni anche dalle autorità per la concorrenza e il
mercato stanno rallentando molto il processo di apertura del mercato alla concorrenza

Il decreto Ronchi è stato abrogato e sostituito dal decreto legislativo 152 del 2006 che ha riproposto i
principi appena richiamati e ulteriormente sottolineato l'importanza di una gestione economica, efficace ed
efficiente del rifiuto, come degli altri servizi ambientali

Due ulteriori elementi vanno evidenziati per le ricadute economiche e concorrenziali:

 Il primo riguarda la determinazione dell'importo che gli utenti devono pagare per il servizio reso.
Nel corso degli anni, la sua configurazione è passata da tariffa a tassa e, ultimamente, ne viene di
nuovo reclamata la natura tariffaria, conformazione più confacente agli obiettivi di efficienza ed
economicità dei servizi
 Il secondo fattore riguarda la pianificazione, nodo centrale per una buona gestione del settore dei
rifiuti. Due gli strumenti principali:
o Il Programma Nazionale di prevenzione dei rifiuti che fissa obiettivi e indicatori da
considerare ai fini del monitoraggio dei progressi realizzati
o Il Piano Regionale di gestione dei rifiuti che declina in dettaglio le disposizioni di cui al
Programma Nazionale

In ultimo, sempre in riferimento all'importanza della pianificazione nell'ottimale gestione dei rifiuti, si
segnala la recente disciplina di cui all'articolo 35 del decreto legge 133 del 2014 che, nel rispetto dei principi
europei di autosufficienza e prossimità, prevede il censimento degli impianti di incenerimento e
trattamento dei rifiuti esistenti, nonché la loro integrazione con ulteriori impianti nuovi, di modo da
realizzare un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani

2.7.5 TRASPORTO PUBBLICO LOCALE

La disciplina Europea in materia è oggi contenuta nel regolamento n.1370 del 2007 relativo ai servizi
pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, che ha abrogato i precedenti regolamenti del
consiglio (CEE) numero n.1191 del 1969 e n.1107 del 1970

Anche nei trasporti pubblici locali traspare la consapevolezza del legislatore europeo circa la
multidisciplinarietà delle problematiche. Infatti, il legislatore, richiamando IL LIBRO BIANCO DELLA
COMMISSIONE DEL 12 SETTEMBRE 2001 che ne ha preceduto l'adozione, ha messo in primo piano la
qualifica dei trasporti pubblici locali come SIEG e la conseguente necessità di far convivere le esigenze
economiche e concorrenziali con gli obiettivi sociali e con gli obiettivi di servizio pubblico

Al proposito, gli obiettivi della politica europea dei trasporti consistono nel garantire servizi di trasporto
passeggeri sicuri, efficaci e di qualità grazie a una concorrenza regolamentata, che assicuri la trasparenza e
l’efficienza dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri, tenendo conto, in particolare, dei fattori sociali,
ambientali e di sviluppo regionale, o nell’offrire condizioni tariffarie specifiche a talune categorie di
viaggiatori, ad esempio i pensionati, e nell’eliminare le disparità fra imprese di trasporto provenienti da
stati membri diversi che possono alterare in modo sostanziale la concorrenza

Oltre alla disciplina generale sui SIEG di cui agli articoli 16 TCE (oggi art.14 TFUE) e 86 TCE (oggi art.106
TFUE), il regolamento espressamente richiama l’articolo 73 TCE (oggi articolo 93 TFUE) le cui previsioni
sono disposizioni speciali e consentono di concedere compensazioni finanziarie o conferire diritti di
esclusiva in favore degli operatori del servizio di trasporto al fine di bilanciare gli oneri di gestione collegati
agli obblighi connessi al servizio pubblico

Inoltre, essendo una rete di trasporti pubblici locali un infrastruttura essenziale non duplicabile, il
regolamento evidenzia come il confronto competitivo debba avere luogo in fase di affidamento del servizio:
occorrono procedure di selezione eque e trasparenti e, dopo l’aggiudicazione, il contratto di servizio
pubblico tra l’autorità competente e l’operatore prescelto deve definire la natura degli obblighi di servizio
pubblico, il compenso concordato, la durata dell’affidamento, le ipotesi e le modalità di proroga o di
rinnovo

Come per gli altri settori, le modalità di affidamento ammissibili comprendono anche l'in house, rispetto al
quale, il regolamento espressamente parla di necessità di sottoporre la facoltà di autoproduzione a
controlli particolarmente rigorosi

CONTESTO NAZIONALE:

Il settore del trasporto pubblico locale è disciplinato dal decreto Burlando (decreto legislativo 422 del 1997)
recante conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico
locale (successivamente integrato e modificato dal decreto legislativo 400 del 1999)
Questo decreto, sulla scorta dei principi affermatisi in Europa, ha introdotto nel nostro ordinamento
radicali modifiche organizzative e gestionali del sistema del trasporto, con l’intento di riformare
completamente il tradizionale assetto del comparto. Le linee direttrici della riforma sono:

 il decentramento delle competenze programmatiche, finanziarie e di controllo dal governo centrale


agli enti locali
 la ricerca dell’economicità della gestione del servizio
 l’introduzione nel settore dei principi concorrenziali

Il primo obiettivo, nell’ottica del principio di sussidiarietà, si basa sulla convinzione che gli enti locali siano i
soggetti maggiormente idonei ad esercitare le competenze in materia di trasporto pubblico locale e che,
quindi, l’esito del trasferimento possa apportare un miglioramento del settore. In termini di
programmazione, il decreto ha introdotto uno schema di tipo concentrico secondo cui lo stato predispone il
piano nazionale dei trasporti (PNT) sulla base del quale le regioni definiscono la politica regionale dei
trasporti (contenuta nel piano regionale dei trasporti e della mobilità, PRT) e, a cascata, approvano i piani
triennali dei servizi (PTS). Inoltre, sempre le regioni, d’intesa con gli enti locali, definiscono i servizi minimi e
gli obblighi di servizio pubblico che dovranno poi essere dettagliati nei contratti di servizio

SERVIZI MINIMI: attività qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di


mobilità dei cittadini e i cui costi sono a carico del bilancio regionale

Quanto all’economicità della gestione, essa dovrebbe essere raggiunta applicando il principio di pareggio di
bilancio, adottando un sistema di determinazione del corrispettivo di tipo tariffario, stimolando un
progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi. Inoltre, sempre ai fini
dell’efficientamento del servizio, il legislatore ha inteso procedere ad una razionalizzazione delle reti,
prevedendo di integrazione modale dei servizi e quella tariffaria. Infine, è intervenuto anche sulle forme
societarie, imponendo la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi in società di capitali

Il legislatore ha inteso avviare il processo di liberalizzazione del settore introducendo anche in questo
comparto i principi concorrenziali: in particolare, ha imposto il superamento del monopolio pubblico della
gestione prevedendo la possibilità di affidare il servizio anche a soggetti privati e ha applicato il principio
della separazione delle funzioni di indirizzo, programmazione e controllo da quelli di gestione

Da una prospettiva di regolazione del servizio sono da evidenziare due ulteriori elementi:

 le funzioni del contratto di servizio


 l'introduzione di un’autorità di regolazione indipendente per i trasporti (ART)

CONTRATTO DI SERVIZIO: è stato introdotto, in conformità con i principi europei, quale strumento di
regolazione del rapporto fra ente affidante e gestore. In particolare, è stato pensato per assicurare la piena
corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari e per stabilire:

 il periodo di validità
 le caratteristiche dei servizi offerti
 il programma di esercizio
 gli standard qualitativi minimi del servizio
 la struttura tariffaria adottata e i relativi criteri di aggiornamento
 la misura delle compensazioni dovute dall’ ente pubblico all’azienda e i relativi criteri di
aggiornamento
 modalità di modificazione del contratto successivamente alla conclusione
Circa la scelta di istituire un’autorità di regolazione anche nel settore dei trasporti, probabilmente il
legislatore è stato mosso dai poco incoraggianti risultati derivanti dal decreto Burlando. Infatti, ancora oggi,
molti dei principi cardine della riforma rimangono inattuati o attuati in modo insufficiente:

 da un lato, il recepimento del decreto da parte delle regioni è avvenuto in maniera del tutto
disomogenea e lo stesso vale per le azioni programmatiche e per il decentramento amministrativo
 dall’altro, alcuni dei principi del decreto sono applicati in modo insufficiente e non sistematico

A fronte di tale difficoltà e della permanente inefficienza della maggior parte dei servizi di trasporto, l'ART è
chiamata ad intervenire non solo come organo di controllo della corretta applicazione dei principi di legge,
ma anche al fine di stimolare l'efficientamento del comparto e il suo rilancio economico

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