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Geometria e algebra T.

Schede di esercizi con richiami di teoria


(laurea triennale ingegneria)

Durata corso: semestrale (60 ore)

Versione aggiornata al 24 settembre 2015


Indice

Scheda 1. Numeri 7
1.1. Richiami di teoria 7
1.2. Esempi ed esercizi svolti 8
1.3. Esercizi 10
Scheda 2. Gruppi anelli campi e polinomi 11
2.1. Richiami di teoria 11
2.2. Esempi ed esercizi svolti 13
2.3. Esercizi 14
Scheda 3. Spazi vettoriali 16
3.1. Richiami di teoria 16
3.2. Esempi ed esercizi svolti 17
3.3. Esercizi 19
Scheda 4. Sistemi di equazioni lineari, risoluzione per sostituzione 22
4.1. Richiami di teoria 22
4.2. Esempi ed esercizi svolti 23
4.3. Esercizi 28
Scheda 5. Matrici. Matrice associata a un sistema lineare 30
5.1. Richiami di teoria 30
5.2. Esempi ed esercizi svolti 31
5.3. Esercizi 32
Scheda 6. Operazioni elementari sulle righe, riduzione a scala e rango, Rouché Capelli 35
6.1. Richiami di teoria 35
6.2. Esempi ed esercizi svolti 36
6.3. Esercizi 38
Scheda 7. Operazioni tra matrici 40
7.1. Richiami di teoria 40
7.2. Esempi ed esercizi svolti 42
7.3. Esercizi 45
Scheda 8. Determinante 47
8.1. Richiami di teoria 47
3
INDICE 4

8.2. Esempi ed esercizi svolti 48


8.3. Esercizi 51
Scheda 9. Inversa e rango tramite il determinante 53
9.1. Richiami di teoria 53
9.2. Esempi ed esercizi svolti 54
9.3. Esercizi 58
Scheda 10. Combinazioni lineari, lineare indipendenza 60
10.1. Richiami di teoria 60
10.2. Esempi ed esercizi svolti 61
10.3. Esercizi 64
Scheda 11. Sistemi di generatori 67
11.1. Richiami di teoria 67
11.2. Esempi ed esercizi svolti 67
11.3. Esercizi 71
Scheda 12. Basi 73
12.1. Richiami di teoria 73
12.2. Esempi ed esercizi svolti 74
12.3. Esercizi 80
Scheda 13. Span, equazioni cartesiane e parametriche di sottospazi vettoriali ed affini 84
13.1. Richiami di teoria 84
13.2. Esempi ed esercizi svolti 85
13.3. Esercizi 91
Scheda 14. Intersezione di sottospazi, somma, somma diretta, posizioni reciproche di
sottospazi. Formula di Grassmann. 93
14.1. Richiami di teoria 93
14.2. Esempi ed esercizi svolti 95
14.3. Esercizi 99
Scheda 15. Coordinate 103
15.1. Richiami di teoria 103
15.2. Esempi ed esercizi svolti 103
15.3. Esercizi 109
Scheda 16. Span di sottospazi affini e coordinate baricentriche 111
16.1. Richiami di teoria 111
16.2. Esempi ed esercizi svolti 112
16.3. Esercizi 114
Scheda 17. Applicazioni lineari 1: Definizione e matrice associata rispetto a basi in
partenza e in arrivo 116
INDICE 5

17.1. Richiami di teoria 116


17.2. Esempi ed esercizi svolti 118
17.3. Esercizi 123
Scheda 18. Applicazioni lineari 2: struttura di spazio vettoriale, Ker e immagine 126
18.1. Richiami di teoria 126
18.2. Esempi ed esercizi svolti 128
18.3. Esercizi 130
Scheda 19. Trasformazioni lineari e affini 132
19.1. Richiami di teoria 132
19.2. Esempi ed esercizi svolti 133
19.3. Esercizi 135
Scheda 20. Endomorfismi 138
20.1. Richiami di teoria 138
20.2. Esempi ed esercizi svolti 140
20.3. Esercizi 145
Scheda 21. Sottospazi invarianti e diagonalizzabilità 147
21.1. Richiami di teoria 147
21.2. Esempi ed esercizi svolti 148
21.3. Esercizi 153
Scheda 22. Triangolabilità e forma canonica di Jordan 155
22.1. Richiami di teoria 155
22.2. Esempi ed esercizi svolti 157
22.3. Esercizi 166
Scheda 23. Forme bilineari 168
23.1. Richiami di teoria 168
23.2. Esempi ed esercizi svolti 170
23.3. Esercizi 174
Scheda 24. Prodotti scalari e segnatura 177
24.1. Richiami di teoria 177
24.2. Esempi ed esercizi svolti 178
24.3. Esercizi 180
Scheda 25. Norma e ortogonalità 182
25.1. Richiami di teoria 182
25.2. Esempi ed esercizi svolti 183
25.3. Esercizi 188
Scheda 26. Basi ortonormali e matrici ortogonali 190
26.1. Richiami di teoria 190
INDICE 6

26.2. Esempi ed esercizi svolti 191


26.3. Esercizi 196
Scheda 27. Distanza indotta da prodotto scalare, isometrie 198
27.1. Richiami di teoria 198
27.2. Esempi ed esercizi svolti 201
27.3. Esercizi 203
Scheda 28. Distanze tra sottospazi affini 205
28.1. Richiami di teoria 205
28.2. Esempi ed esercizi svolti 209
28.3. Esercizi 213
Scheda 29. Quadriche e coniche 215
29.1. Richiami di teoria 215
29.2. Esempi ed esercizi svolti 220
29.3. Esercizi 223
SCHEDA 1

Numeri

1.1. Richiami di teoria


I numeri naturali, denotati col simbolo N, sono i numeri interi positivi:
0, 1, 2, 3, 4, 5, . . .
I numeri interi, denotati col simbolo Z, sono:
. . . , −5, −4, −3, −2, −1, 0, 1, 2, 3, 4, 5, . . .
I numeri razionali, denotati col simbolo Q, sono quelli esprimibili come rapporto di due
numeri interi:
3 2 2 4
, , − , , 0, 1 . . .
2 4 3 1
I numeri razionali si sommano e si moltiplicano cosı́:
a c ad + cb ac ac
+ = =
b d bd bd bd
Se si moltiplica numeratore e denominatore per lo stesso numero, il numero razionale in
questione non cambia:
3 6 −3 5 −10
= = 5= =
2 4 −2 1 −2
I numeri reali, denotati col simbolo R, sono “gli altri” numeri della retta reale:
√ π
0, 136545 . . . , 2 = 1, 4142 . . . , π = 3, 1415 . . . , e = 2, 7182 . . . , − = −1, 1557 . . .
e
I numeri in Z/2Z sono le classi di equivalenza di numeri interi pari o dispari. Si rap-
presentano coi simboli {0, 1} ove 0 è la classe dei pari e 1 la classe dei dispari. L’aritmetica
di Z/2Z è:
0 · 0 = 0, 0 · 1 = 0, 1 · 1 = 1, 0 + 0 = 0, 1 + 1 = 0, 1 + 0 = 1
I numeri complessi, denotati col simbolo C, sono la chiusura algebrica di R. Si pos-
sono rappresentare in vari modi. La rappresentazione cartesiana consiste nello scrivere un
numero complesso z come x + iy con x, y ∈ R. Se z = x + iy, x si chiama parte reale y
parte immaginaria di z. Con la rappresentazione cartesiana i numeri complessi si sommano
e moltiplicano come se fossero polinomi nella variabile i, con la regola che i2 = −1.
(1 + i2)(3 − i5) = 3 + i6 − i5 − i2 10 = 3 + i − (−1)10 = 13 + i
(1 + i2) + (3 − i5) = 4 − i3
p
Il modulo di un numero complesso z = x + iy si indica con |z| ed è |z| = x2 + y 2 .
7
1.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 8

Il coniugato di un numero complesso z è il numero z̄ che si ottiene cambiando segno


alla parte immaginaria: se z = x + iy allora z̄ = z − iy. I numeri reali, essendo quelli con
parte immaginaria nulla, sono caratterizzati dalla proprietà z̄ = z.
Lo zero è l’unico numero complesso di modulo nullo: |z| = 0 ⇒ z = 0. L’inverso di un
numero complesso non nullo si calcola tramite il modulo e il coniugio:
1 z̄
zz̄ = |z|2 = 2.
z |z|
La rappresentazione polare di un numero complesso è data specificando il modulo e
l’angolo. La relazione tra notazione cartesiana e polare è data da:
z = ρeiθ = ρ(cos θ + i sin θ)
p y
z = x + iy = x2 + y 2ei arctan x
Si deve ricordare che l’angolo è dato modulo 2π, in altre parole, per ogni intero k, θ e
θ + 2kπ rappresentano lo stesso angolo nel piano. Quindi ρeiθ = ρei(θ+2kπ) . In oltre si noti
che arctan xy non è definito per x = 0 e che (x, y) e (−x, −y) danno lo stesso risultato.
Quindi la formula, cosı́ come è scritta, vale solo sul semipiano superiore.
La moltiplicazione in notazione polare è molto semplice
1 1
ρeiθ reiϕ = ρrei(θ+ϕ) iθ
= e−iθ .
ρe ρ

1.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 1.2.1. La funzione f : C → C definita da f (z) = iz, geometricamente è la
rotazione di π/2. Questo perché in coordinate polari i = eiπ/2 .

Esempio 1.2.2. In coordinate polari ρeiθ = ρe−iθ .


Esercizio 1.2.3. Dimostrare che |z| = |z̄|.
Soluzione. In coordinate polari è immediato, in coordinate cartesiane segue dal teo-
rema di pitagora.
Esempio 1.2.4. Si verifica facilmente (verificatelo!!!) che
1
zw = z̄ w̄ z + w = z̄ + w̄ z −1 =

Esercizio 1.2.5. Dimostrare che per ogni numero complesso z si ha z 2 ∈ R se e solo se o
la parte reale o la parte immaginaria di z sono nulle.
Soluzione. Sia z = x + iy allora z 2 = x2 + y 2 + 2ixy, quindi la parte immaginaria di
z 2 è il prodotto della parte reale di z per la parte immaginaria di z. 
Esercizio 1.2.6. Trovare l’inverso di 1 + i.
1.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 9

Soluzione. z −1 = z̄/|z|2 dunque


1 1−i 1 1
= = −i
1+i 1+1 2 2

(1+2i)3
Esercizio 1.2.7. Calcolare 2−i
.
Soluzione.
(1 + 2i)3 1 + 3(2i) + 3(2i)2 + (2i)3 1 + 6i + 12i2 + 8i3 1 + 6i − 12 − 8i −11 − 2i
= = = =
2−i 2−i 2−i 2−i 2−i
−11 − 2i −(11 + 2i)(2 + i) −20 − 15i
= = = −(4 + 3i)
2−i 4+1 5
Esercizio 1.2.8. Calcolare le radici cubiche di 1 in C, ossia trovare tutte le soluzioni di
z 3 = 1.
Soluzione. Usiamo la notazione polare, ponendo z = ρeiθ . Si ha
(ρeiθ )3 = ρ3 ei3θ 1 = 1ei0
per cui l’equazione diventa
ρ3 ei3θ = 1ei0
e quindi  
 ρ3 = 1  ρ=1
 3θ = 0 + 2kπ  θ = 2kπ
3
Ci sono quindi tre radici cubiche distinte:
√ √
i 2π 1 3 i 4π 1 3
1, e =− +i
3 , e 3 =− −i
2 2 2 2
si noti che c’è una radice reale e due radici complesse coniugate e che l’angolo tra una
radice e la successiva è sempre 2π/3. 
Esercizio 1.2.9. Si risolva, in C, l’equazione
9z̄ − z 3 = 0
Soluzione. Prima di tutto si noti che 0 è soluzione. Per trovare le altre, procediamo
come segue, supponendo z 6= 0. Da 9z̄ = z 3 e dal fatto che |z| = |z̄| si deduce 9|z| = |z|3
da cui |z|2 = 9 da cui |z| = 3 (si ricordi che il modulo di un numero complesso è sempre
un numero positivo). Adesso, in coordinate polari, l’equazione diventa
27e−iθ = 27e3iθ
da cui
e4iθ = 1
da cui si deduce θ = kπ/2. Le soluzioni sono dunque
0, 3, 3i, −3, −3i.
1.3. ESERCIZI 10


Esercizio 1.2.10. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x2 + x = 0.
Soluzione. in Z/2Z ci sono solo due elementi: basta provarli entrambi. 02 + 0 =
0 + 0 = 0 quindi 0 è soluzione. 12 + 1 = 1 + 1 = 0 quindi anche 1 è soluzione. Le soluzioni
sono dunque
0, 1.

Esercizio 1.2.11. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x2 + x + 1 = 0.
Soluzione. in Z/2Z ci sono solo due elementi: basta provarli entrambi. 02 + 0 + 1 =
0 + 0 + 1 = 1 quindi 0 non è soluzione. 12 + 1 + 1 = 1 + 1 + 1 = 1 quindi neanche 1 è
soluzione. L’equazione non ha soluzioni in Z/2Z. 
Esercizio 1.2.12. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x2 = 1.
Soluzione. 02 = 0 quindi 0 non è soluzione, mentre 12 = 1 e quindi 1 è soluzione.
L’unica soluzione è quindi 1 (si noti che in Z/2Z si ha −1 = 1). 
1.3. Esercizi
Esercizio 1.3.1. Si determinino le radici quarte di 1 in C.
Esercizio 1.3.2. Si trovino tutte le soluzioni di z 6 = 1
Esercizio 1.3.3. Si trovino tutte le soluzioni di z 6 = −1
Esercizio 1.3.4. Si trovino tutte le soluzioni di z 5 = −1
Esercizio 1.3.5. Si trovino tutte le soluzioni di z 2 = i
Esercizio 1.3.6. Si trovino tutte le soluzioni di z 3 = −i
Esercizio 1.3.7. Si trovino tutte le soluzioni di z 3 = 1 + i
Esercizio 1.3.8. Si trovino le soluzioni complesse di 9z̄ + z 3 = 0.
Esercizio 1.3.9. Si trovino le soluzioni complesse di 4z 2 + z̄ 4 = 0.
Esercizio 1.3.10. Si trovino le soluzioni complesse di 4z 2 − z̄ 4 = 0.
Esercizio 1.3.11. Si trovino tutte le soluzioni complesse del sistema

 z3 + w3 = i
2
 w 2 = −1

Esercizio 1.3.12. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x2 + x + x + 1 = 0.


Esercizio 1.3.13. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x3 + x2 + x + 1 = 0.
Esercizio 1.3.14. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x4 + x3 + x2 + x + 1 = 0.
Esercizio 1.3.15. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x3 + x2 + x = 0.
Esercizio 1.3.16. Si trovino tutte le soluzioni in Z/2Z di x4 + x3 + x2 + x = 0.
SCHEDA 2

Gruppi anelli campi e polinomi

2.1. Richiami di teoria


Definizione 2.1.1. Dato un insieme X, un’operazione associativa (o semplicemente ope-
razione) su X è una funzione · : X × X → X tale che ∀x, y, z ∈ X si abbia

x · (y · z) = (x · y) · z

Definizione 2.1.2. Un insieme G dotato di un’operazione associativa · si dice Gruppo


se:
(1) Esiste un elemento neutro dell’operazione ·. Cioè ∃e ∈ G tale che ∀x ∈ G si ha
e · x = x · e = x.
(2) Ogni elemento ha un inverso: ∀x ∈ G ∃y ∈ G tale che x · y = y · x = e.
Se inoltre l’operazione è commutativa, e cioè
(3) ∀x, y ∈ G, x · y = y · x,
allora G si dice gruppo abeliano o commutativo, l’elemento neutro si indica normalmente
con 0 e l’operazione con il +.

Definizione 2.1.3. Un insieme A dotato di due operazioni +, · si dice Anello commutativo


con unità (o semplicemente anello) se:
(1) (A, +) è un gruppo abeliano;
(2) (Distributività a destra e sinistra) ∀x, y, z ∈ A si ha (x + y) · z = x · z + y · z e
z · (x + y) = z · x + z · y;
(3) (elemento neutro del ·) Esiste 1 ∈ A tale che ∀x ∈ A si ha 1x = x.
(4) (abelianità del ·) ∀x, y ∈ A si ha x · y = y · x.

Definizione 2.1.4. Un insieme K dotato di due operazioni +, · si dice Campo se:


(1) (K, +, ·) è un anello commutativo con unità;
(2) (Inverso degli elementi non nulli) ∀x ∈ K, con x 6= 0, ∃y ∈ K tale che x · y = 1.

Solitamente il prodotto si indica in notazione contratta omettendo il simbolo ·. Si scrive


dunque xy al posto di x · y, x(y + z) al posto di x · (y + z) e cosı́ via.
L’inverso di x rispetto alla somma si indica con −x, l’inverso di x rispetto al prodotto
si indica con x−1 . Normalmente, si suole indicare un generico campo con il grassetto
matematico, cioè K.
11
2.1. RICHIAMI DI TEORIA 12

Definizione 2.1.5. L’insieme dei polinomi nella variabile x, a coefficienti in K si denota


con K[x].
Xn
K[x] = { ai xi : ∀i ai ∈ K, n ∈ N};
i=0
l’insieme dei polinomi di grado al piú n si indica con K≤n [x]
Xn
K≤n [x] = { ai xi : ∀i ai ∈ K};
i=0

l’insieme dei polinomi di grado esattamente n si indica con K=n [x]


n
X
K=n [x] = { ai xi : ∀i ai ∈ K, an 6= 0}.
i=0

(Si notino le sottili differenze tra le tre definizioni appena date.)


Le operazioni di somma e moltiplicazione tra polinomi sono quelle usuali. Un polinomio
p(x) si dice fattorizzabile nei fattori q(x) ed r(x) se
p(x) = q(x)r(x).
Una radice di un polinomio p ∈ K[x] è un elemento λ di K che sia soluzione dell’equa-
zione p(x) = 0 (cioè vale p(λ) = 0).
Se un polinomio p ∈ K[x] si fattorizza come p(x) = q(x)r(x), allora le radici di p sono
radici di q oppure di r. Viceversa sia le radici di q e che quelle di r sono tutte radici di p.
Teorema 2.1.6 (Teorema fondamentale dell’algebra). Ogni polinomio in C[x] si fattorizza
in fattori di primo grado: se p ha grado n allora
p(x) = c(x − x1 )(x − x2 ) . . . · · · (x − xn )
ove c è una costante e le xi sono le radici di p. Raccogliendo le radici uguali, si può
scrivere:
p(x) = c(x − x1 )m1 (x − x2 )m2 · · · (x − xk )mk
P
ove ki=1 mi = n. Il numero naturale mi si chiama molteplicità della radice xi .
Si noti che il teorema fondamentale dell’algebra si può enunciare dicendo che ogni
polinomio in C[x] ha almeno una radice in C. Cosa che non è vera su R[x].
Esempio 2.1.7. Il polinomio p(x) = x2 + 1 non ha radici reali (e quindi non si fattorizza
in R[x]) mentre ±i sono le radici complesse di p, che si fattorizza come
p(x) = (x − i)(x + i).
Teorema 2.1.8. Ogni polinomio in R[x] si fattorizza in fattori di primo e secondo grado
in modo che i fattori di secondo grado abbiano radici complesse coniugate.
In altre parole, le radici di un polinomio in R[x] o sono reali, e allora danno luogo a
fattori di primo grado, o sono complesse coniugate, e allora danno luogo a fattori di secondo
grado.
2.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 13

Esempio 2.1.9. Il polinomio p(x) = x4 − x3 − x + 1 si fattorizza come


√ √
2 2 2 −1 + i 3 −1 − i 3
p(x) = (x − 1) (x + x + 1) = (x + 1) (x − )(x − )
2 2
Le radici di un polinomio di secondo grado della forma ax2 + bx + c si trovano mediante
la formula √
−b ± b2 − 4ac
.
2a
2.2. Esempi ed esercizi svolti
Esempio 2.2.1. La somma + tra numeri naturali è un’operazione.
Esempio 2.2.2. L’usuale prodotto · tra numeri naturali è un’operazione.
Esempio 2.2.3. La sottrazione tra numeri interi non è un’operazione associativa; infatti
2 − (3 − 1) = 0 6= −2 = (2 − 3) − 1
Esempio 2.2.4. L’esponenziale tra numeri reali non è un’operazione associativa; infatti
2
3(1 ) = 31 = 3 6= 9 = 32 = (31 )2
Esempio 2.2.5. L’insieme Z dei numeri interi con la somma usuale è un gruppo abeliano.
Esempio 2.2.6. L’insieme N dei numeri naturali con la somma usuale non è un gruppo
in quanto non esiste l’inverso (sarebbe un numero negativo).
Esempio 2.2.7. L’insieme delle trasformazioni rigide del piano — con la composizione
come operazione — è un gruppo, ma non è abeliano (una traslazione e una rotazione non
commutano).
Esempio 2.2.8. L’insieme Z dei numeri interi con le usuali operazioni di somma e
prodotto è un anello.
Esempio 2.2.9. L’insieme Z[x] dei polinomi a coefficienti interi con le usuali operazioni
di somma e prodotto è un anello.
Esempio 2.2.10. Gli insiemi R[x], Q[x], C[x], Z/2Z[x] dei polinomi a coefficienti rispetti-
vamente reali, razionali, complessi, in Z/2Z, con le usuali operazioni di somma e prodotto
sono anelli.
Esempio 2.2.11. Gli insiemi R, Q, C, Z/2Z con le usuali operazioni sono campi. Gli
insiemi N, Z no. Gli anelli di polinomi R[x], C[x], . . . con le usuali operazioni non sono
campi.
Esercizio 2.2.12. Sia A un anello. Si dimostri che per ogni x ∈ A si ha 0x = 0.
Soluzione. Sia x ∈ A e sia y = 0x. Si deve dimostrare che y = 0.
0 = y − y = 0x − y = (0 + 0)x − y = 0x + 0x − y = y + y − y = y

2.3. ESERCIZI 14

Esercizio 2.2.13. Sia A un anello commutativo con unità e con almeno due elementi. Si
dimostri che 1 6= 0.
Soluzione. Per l’esercizio precedente, se avessimo 1 = 0 avremmo, per ogni x ∈ A,
0 = 0x = 1x = x. Se ne dedurrebbe quindi che ogni x è uguale a zero. Ma siccome in A ci
sono almeno due elementi, almeno uno dei due è diverso da zero. 
Esercizio 2.2.14. Sia A un anello. Si dimostri che per ogni x ∈ A si ha (−1)x = −x.
Soluzione. Per ogni x ∈ A si ha x + (−1)x = 1x + (−1)x = (1 − 1)x = 0x = 0. 
2.3. Esercizi
Esercizio 2.3.1. Dimostrare tutte le affermazioni contenute negli esempi precedenti.
Esercizio 2.3.2. Dimostrare che un Anello con almeno due elementi non è mai un gruppo
rispetto alla moltiplicazione.
Esercizio 2.3.3. Sia K un campo e siano x, y ∈ K entrambi diversi da zero. Dimostrare
che xy 6= 0.
Esercizio 2.3.4. Sia K un campo e sia X ⊂ K un sottoinsieme chiuso rispetto alle
operazioni di somma prodotto opposto e inverso. Dimostrare che X è un campo.
Esercizio 2.3.5. Si dia un esempio di Gruppo che non sia uno di quelli dati in precedenza.
Esercizio 2.3.6. Si dia un esempio di Anello che non sia uno di quelli dati in precedenza.
Esercizio 2.3.7. Si dia un esempio di Campo che non sia uno di quelli dati in precedenza.
Esercizio 2.3.8. Si dia un esempio di un insieme con operazione che non sia un Gruppo
e che non sia uno di quelli dati in precedenza.
Esercizio 2.3.9. Si dia un esempio di un insieme dotato di due operazioni che non sia un
Anello e che non sia uno di quelli dati in precedenza.
Esercizio 2.3.10. Si dia un esempio di un insieme dotato di due operazioni che non sia
un Campo e che non sia uno di quelli dati in precedenza.
Esercizio 2.3.11. Si dia un esempio di operazione non commutativa che non sia una di
quelle date in precedenza.
Esercizio 2.3.12. Fattorizzare in C[x] il polinomio x4 + x3 + 2x2 + x + 1.
Esercizio 2.3.13. Fattorizzare in R[x] il polinomio x4 + x3 + 2x2 + x + 1.
Esercizio 2.3.14. Fattorizzare in C[x] il polinomio x3 + (i − 2)x2 + (1 − 2i)x + i.
Esercizio 2.3.15. Fattorizzare in R[x] e C[x] i polinomi
x6 − 1 x6 + 1 x5 + 1 x4 − 1 x3 + 1
Esercizio 2.3.16. Fattorizzare in C[z] i polinomi
z2 − i z2 + i z3 − 1 − i
2.3. ESERCIZI 15

Esercizio 2.3.17. Dimostrare che il grado del prodotto di due polinomi è la somma dei
loro gradi.
Esercizio 2.3.18. Dimostrare che il grado della somma di due polinomi è minore o uguale
del maggiore dei loro gradi. Dare un esempio in cui il grado della somma di due polinomi
è strettamente minore dei loro gradi.
SCHEDA 3

Spazi vettoriali

3.1. Richiami di teoria


Definizione 3.1.1. Sia K un campo. Un insieme V dotato di una somma interna + :
V × V → V e di un prodotto misto · : K × V → V si dice spazio vettoriale su K se sono
soddisfatte le seguenti condizioni (useremo la notazione contratta del prodotto: av per a · v)
(1) (V, +) è un gruppo abeliano;
(2) ∀v, w ∈ V e ∀λ ∈ K si ha: λ(v + w) = λv + λw;
(3) ∀a, b ∈ K e ∀v ∈ V si ha: (a + b)v = av + bv;
(4) ∀x, y ∈ K e ∀v ∈ V si ha: x(yv) = (xy)v;
(5) ∀v ∈ V si ha 1v = v.
Gli elementi di V si chiamano di solito vettori. Gli elementi di K si chiamano usual-
mente scalari e il prodotto misto si chiama talvolta “prodotto scalare per vettore” o
“prodotto per scalare”.
Definizione 3.1.2. Un sottoinsieme W di uno spazio vettoriale V si dice sottospazio
vettoriale di V , e si scrive W < V se W è chiuso per somma e prodotto. Cioè se
(1) ∀v, w ∈ W si ha v + w ∈ W ;
(2) ∀w ∈ W e ∀λ ∈ K si ha λw ∈ W .
ATTENZIONE: ci sono in giro quattro operazioni! La somma di K, la somma di V ,
il prodotto di K ed il prodotto misto. Entrambe le somme sono denotate con + e per
entrambi i prodotti si usa la notazione contratta: λµ e λv ove λ, µ ∈ K e v ∈ V . In oltre ci
sono due zeri: lo zero di K e lo zero di V . Sono due cose diverse, ma si denotano entrambi
con il simbolo 0.
Definizione 3.1.3. Sia K un campo. Definiamo
Kn = {(x1 , . . . , xn ) : xi ∈ K ∀i}
come l’insieme delle n-uple ordinate di elementi di K. Su di esso definiamo le operazioni
(x1 , . . . , xn ) + (y1 , . . . , yn ) = (x1 + y1 , . . . , xn + yn ) λ(x1 , . . . , xn ) = (λx1 , . . . , λxn ).
Con tali operazioni Kn è uno spazio vettoriale su K. Le operazioni di somma su R2 ed
R3 si visualizzano graficamente usando la regola del parallelogramma. Analogamente la
moltiplicazione di un vettore di R2 o R3 per un numero reale λ è l’usuale moltiplicazione
che non cambia direzione né verso, ma riscala il modulo di un fattore λ.
16
3.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 17

Definizione 3.1.4. Sia K un campo e X un insieme. Definiamo


KX = {f : X → K}
come l’insieme di tutte le funzioni da X a K. Su di esso definiamo le operazioni f + g e
λf (con f, g ∈ KX e λ ∈ K)
(f + g)(x) = f (x) + g(x) (λf )(x) = λf (x).
Con tali operazioni KX risulta uno spazio vettoriale su K. L’insieme dei polinomi K[x]
potrebbe anche essere visto come sottospazio vettoriale di KK , ma in tal caso sarebbe
più opportuno parlare di funzioni polinomiali. L’anello dei polinomi ha invece una sua
struttura vettoriale propria, ottenuta definendo le operazioni come segue.
Definizione 3.1.5. Su K[x] si definiscono le operazioni
X X X X X
ai xi + bi xi = (ai + bi )xi λ( ai xi ) = λai xi .
i i i i

Con tali operazioni K[x] risulta uno spazio vettoriale su K.


3.2. Esempi ed esercizi svolti
Esempio 3.2.1. Lo spazio delle funzioni da R in sé è uno spazio vettoriale su R.
Esempio 3.2.2. Lo spazio delle funzioni da R in C è uno spazio vettoriale su C.
Esempio 3.2.3. C è uno spazio vettoriale su C.
Esempio 3.2.4. C è uno spazio vettoriale su R.
Esempio 3.2.5. C è uno spazio vettoriale su Q.
Esempio 3.2.6. R è uno spazio vettoriale su Q.
Esercizio 3.2.7. Sia V uno spazio vettoriale su K e sia v ∈ V un elemento fissato. Siano
w1 , w2 ∈ V tali che w1 + v = w2 + v. Si dimostri che w1 = w2 .
Soluzione.
w1 = w1 + v − v = w2 + v − v = w2

Esercizio 3.2.8. Sia V uno spazio vettoriale su K e sia v ∈ V un elemento fissato. Sia
w ∈ V tale che w + v = v. Si dimostri che w = 0 (lo zero di V ).
Soluzione.
w =w+v−v =v−v = 0

Esercizio 3.2.9. Sia V uno spazio vettoriale su K. Si dimostri che per ogni v ∈ V si ha
0v = 0
(ove il primo zero è lo zero di K mentre il secondo zero è lo zero di V .)
3.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 18

Soluzione.
0v = 0v + v − v = 0v + v − v = 0v + 1v − v = (0 + 1)v − v = 1v − v = v − v = 0

Esercizio 3.2.10. Sia V uno spazio vettoriale su K e siano W1 e W2 due sottospazi di
V . Dimostrare che W1 ∩ W2 è sempre un sottospazio vettoriale di V , mentre in generale
W1 ∪ W2 non lo è.
Soluzione. Per dimostrare che W1 ∩ W2 è sottospazio di V si deve controllare che sia
chiuso per somma e prodotto. Siano v, w ∈ W1 ∩ W2 e sia λ ∈ K. Allora entrambi v e w
appartengono sia a W1 che a W2 . Siccome W1 e W2 sono chiusi per somma e prodotto si
ha
v + w ∈ W1 v + w ∈ W2
e
λv ∈ W1 λv ∈ W2 ;
ergo
v + w ∈ W1 ∩ W2 λv ∈ W1 ∩ W2
quindi W1 ∩ W2 è chiuso per somma e prodotto ed è dunque un sottospazio vettoriale di
V.
D’altronde, se consideriamo W1 = {(x, y) ∈ R2 : x = 0} e W2 = {(x, y) ∈ R2 : y = 0},
entrambi sono sottospazi di R2 (perché?) ma W1 ∪ W2 non lo è. Infatti (1, 0) ∈ W1 ∪ W2
e (0, 1) ∈ W1 ∪ W2 ma (1, 1) = (1, 0) + (0, 1) non appartiene a W1 ∪ W2 . 
Esempio 3.2.11. L’insieme K=2 [x] non è un sottospazio di K[x]. Infatti, detti p = 1 +
x − x2 e q = x2 si ha p + q = 1 + x che non sta in K=2 [x].
Esempio 3.2.12. L’insieme {(x, y) ∈ R2 : xy = 0} non è un sottospazio vettoriale di R2
(perché?).
Esempio 3.2.13. L’insieme {(x, y) ∈ R2 : x = y} è un sottospazio vettoriale di R2
(perché?).
Esercizio 3.2.14. Sia K un campo con un numero infinito di elementi e sia V uno spazio
vettoriale su K. Dimostrare che o V ha un solo elemento, oppure V ha infiniti elementi.
Soluzione. Se V ha almeno due elementi, allora esiste v ∈ V con v 6= 0. Siano
λ1 , λ2 , λ3 , . . .
infiniti elementi di K distinti tra loro. Consideriamo i vettori
vi = λi v
Se esistesse i 6= j tale che vi = vj allora avremmo λi v = λj v da cui (λi − λj )v = 0 da
cui, visto che λi 6= λj , si ottiene v = 0, contrariamente all’ipotesi v 6= 0. Ne segue che i vi
sono infiniti vettori di V tutti distinti tra loro. 
Esempio 3.2.15. (Z/2Z)n ha 2n elementi.
3.3. ESERCIZI 19

Esempio 3.2.16. Rn ha infiniti elementi se n ≥ 1 ed un solo elemento se n = 0. Lo stesso


vale per Qn e Cn .
Esempio 3.2.17. (Z/2Z)N ha infiniti elementi.

3.3. Esercizi
Esercizio 3.3.1. Sia V uno spazio vettoriale su K. Si dimostri che per ogni x ∈ K si ha
x0 = 0
(ove entrambi gli zeri sono lo zero di V .)
Esercizio 3.3.2. Sia V uno spazio vettoriale su K. Si dimostri che per ogni v ∈ V si ha
(−1)v = −v.
Esercizio 3.3.3. Si dimostri che l’insieme delle funzioni polinomiali a coefficienti in Z/2Z,
come sottoinsieme di Z/2ZZ/2Z è un sottospazio vettoriale. Si dimostri che tale spazio
vettoriale è diverso da Z/2Z[x] come spazio di polinomi. (Suggerimento: lo spazio delle
funzioni da Z/2Z in Z/2Z è finito.)
Esercizio 3.3.4. Sia R2 con la somma usuale, ma col seguente prodotto misto:
λ ◦ (x, y) = (λx, 0).
Si dimostri che (R2 , +, ◦) non è uno spazio vettoriale su R indicando quale condizione non
è rispettata.
Esercizio 3.3.5. Si dimostri che per ogni n ∈ N si ha K≤n [x] < K[x].
Esercizio 3.3.6. Si dimostri che se W è un sottospazio di uno spazio vettoriale V allora
0 ∈ W.
Esercizio 3.3.7. Sia V uno spazio vettoriale su un campo K e sia X < K un campo. Si
dimostri che V è uno spazio vettoriale su X (con le operazioni originali).
Esercizio 3.3.8. Sia C come spazio vettoriale su C. Si dimostri che R ⊂ C non è un
sottospazio di C.
Esercizio 3.3.9. Sia C come spazio vettoriale su R. Si dimostri che R ⊂ C è un sottospazio
di C.
Esercizio 3.3.10. Sia V ⊂ Kn l’insieme definito da
V = {(x1 , x2 , . . . , xn ) ∈ Kn : x1 = 0}.
Ai dimostri che V è un sottospazio vettoriale di Kn .
Esercizio 3.3.11. Sia V ⊂ Kn l’insieme definito da
V = {(x1 , x2 , . . . , xn ) ∈ Kn : x1 = 1}.
Ai dimostri che V non è un sottospazio vettoriale di Kn .
3.3. ESERCIZI 20

Esercizio 3.3.12. Si dica se l’insieme {(x, y) ∈ R2 : x2 − y 2 = 1} sia un sottospazio


vettoriale di R2 .
Esercizio 3.3.13. Si dica se l’insieme {(x, y) ∈ R2 : x2 − y 2 = 0} sia un sottospazio
vettoriale di R2 .
Esercizio 3.3.14. Si dica se l’insieme {(x, y) ∈ R2 : y = x2 } sia un sottospazio vettoriale
di R2 .
Esercizio 3.3.15. Si dica se l’insieme {(x, y) ∈ R2 : y = x2 + 1} sia un sottospazio
vettoriale di R2 .
Esercizio 3.3.16. Si dica se l’insieme {(x, y) ∈ R2 : y = x + 1} sia un sottospazio
vettoriale di R2 .
Esercizio 3.3.17. Si dica se l’insieme {(z, w) ∈ C2 : z = w̄} sia un sottospazio di C2 .
Esercizio 3.3.18. Si dica se l’insieme {(z, w) ∈ C2 : z = w̄} sia un sottospazio di C2 ,
questa volta considerato come spazio vettoriale su R.
Esercizio 3.3.19. Si dica se
V = {f : R → R : f (1) = 0}
sia un sottospazio vettoriale di RR .
Esercizio 3.3.20. Si dica se
V = {f : R → R : f (0) = 1}
sia un sottospazio vettoriale di RR .
Esercizio 3.3.21. Si dica se
V = {f : R → R : f è dispari }
sia un sottospazio vettoriale di RR .
Esercizio 3.3.22. Si dica se
V = {f : R → R : f è dispari }
sia un sottospazio vettoriale di RR .
Esercizio 3.3.23. Si dica se
V = {f : R → R : f ′ = 1}
sia un sottospazio vettoriale di RR .
Esercizio 3.3.24. Si dica se
V = {f : R → R : f ′ = 0}
sia un sottospazio vettoriale di RR .
3.3. ESERCIZI 21

Esercizio 3.3.25. Si dica se


V = {f : R → C : f ′ = f }
sia un sottospazio vettoriale di RC .
Esercizio 3.3.26. Si dica se l’insieme degli elementi (x1 , . . . , xn ) ∈ (Z/2Z)n che hanno
un numero pari di 1 sia un sottospazio vettoriale di (Z/2Z)n .
Esercizio 3.3.27. Si dica se l’insieme degli elementi (x1 , . . . , xn ) ∈ (Z/2Z)n che hanno
un numero dispari di 1 sia un sottospazio vettoriale di (Z/2Z)n .
SCHEDA 4

Sistemi di equazioni lineari, risoluzione per sostituzione

4.1. Richiami di teoria


Sia K un campo fissato. Un’equazione lineare in n variabili (le “incognite”) a coefficienti
in K è un’equazione del tipo:

a1 x1 + a2 x2 + · · · + an xn = b

Ove le xi sono le variabili ed i coefficienti ai e b sono numeri di K. Il coefficiente b si chiama


spesso “termine noto”. L’equazione si dice omogenea se b = 0.
Il nome che si da ai coefficienti e le variabili è irrilevante. L’importante è che sia chiaro
dal contesto chi siano le variabili e chi i coefficienti. Se non è chiaro dal contesto, si devono
specificare, elencandole, le variabili. Lo stesso vale per il campo K: spesso è chiaro dal
contesto, ma se non lo è lo si deve specificare.
Talvolta un’equazione è data con le variabili un po’ a destra e un po’ a sinistra dell’u-
guale, come nell’equazione di una retta y = mx + q, che è un’equazione lineare in (x, y).
Normalmente si suole “portare” tutte le variabili a sinistra del simbolo di uguaglianza
lasciando solo il termine noto, se c’è,
P a destra.
Una soluzione dell’equazione ai xi = b è un elemento (x1 , . . . , xn ) ∈ Kn tale che
valga
a1 x1 + a2 x2 + · · · + an xn = b.
Se a1 6= 0, tutte le soluzioni di tale equazione si trovano ricavando x1 in funzione delle altre
variabili:
−a2 x2 − · · · − an xn + b
x1 =
a1
per cui tutte le soluzioni dell’equazione sono della forma
−a2 x2 − · · · − an xn + b
( , x2 , . . . , xn ).
a1
Nulla impedisce che si ricavi un’altra variabile, per esempio x2 , in funzione delle altre,
a patto che a2 6= 0. Quindi, se anche a2 6= 0, tutte le soluzioni si possono esprimere oltre
alla forma di cui sopra, anche come
−a1 x1 − a3 x3 − · · · − an xn + b
(x1 , , x3 , . . . , xn ).
a2
22
4.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 23

Un sistema lineare di m equazioni in n variabili è un sistema del tipo:






 a11 x1 + a12 x2 + · · · + a1n xn = b1


 a x +a x +···+a x = b
21 1 22 2 2n n 2
..


 .



 am1 x1 + am2 x2 + · · · + amn xn = bm

Una soluzione di tale sistema è un elemento di Kn che sia soluzione di tutte le equazioni
del sistema. Il sistema si dice omogeneo se tutti i bi sono nulli; equivalentemente, se il
vettore (b1 , . . . , bm ) ∈ Km è il vettore nullo (si noti che m in generale è diverso da n).
Per trovare le soluzioni di un sistema di equazioni lineare si procede per sostituzioni
successive. Si determina una variabile in funzione delle altre usando la prima equazione
e si sostituisce il risultato in tutte le equazioni successive. Tali equazioni adesso risultano
(m − 1) equazioni in (n − 1) incognite. Si procede determinando una seconda variabile in
funzione delle altre e sostituendo nelle equazioni successive. Si continua cosı́ sino all’ultima
equazione. Adesso si procede con sostituzioni “dal basso verso l’alto” cioè dall’ultima
equazione verso la prima. Si usa l’ultima equazione rimasta per determinare una variabile
in funzione delle altre, si sostituisce il risultato in tutte le equazioni precedenti e si ripete
la procedura con la penultima equazione, e cosı́ via sino alla prima. Alla fine avremo
ottenuto un po’ di variabili in funzione di altre, le cosiddette “variabili libere”. Il numero
di variabili libere è comunemente chiamato numero di gradi di libertà. La descrizione delle
soluzioni che otteniamo dipende dalle scelte fatte (quali variabili isolare rispetto ad altre)
ma l’insieme delle soluzioni è intrinsecamente definito.

4.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 4.2.1. L’equazione
x+y+z =0
è un’equazione lineare omogenea in tre variabili (x, y, z) a coefficienti reali. Può essere
considerata anche come equazione a coefficienti in Q, C, Z/2Z. Le triple (0, 0, 0), (1, 0, −1),
(0, −1, 1), (3, −5, 2) sono alcune soluzioni di tale equazione.
Esempio 4.2.2. L’equazione
y = x2
non è un’equazione lineare.
Esempio 4.2.3. L’equazione
xy − x = 0
non è un’equazione lineare in (x, y).
Esempio 4.2.4. L’equazione
x+y+z =i
4.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 24

è un’equazione lineare omogenea in tre variabili (x, y, z) a coefficienti complessi. Le triple


(1, i, −1), (0, 0, i), (1+i, 2−5i, −3+5i), (−1+2i, 3−3i, −2+2i) sono alcune delle soluzioni
di tale equazione.
Esempio 4.2.5. L’equazione
2x1 + x3 + x4 = 0
è un’equazione lineare omogenea in quattro variabili (x1 , x2 , x3 , x4 ) a coefficienti reali. Il
coefficiente di x2 è zero. Tale equazione può anche essere considerata un’equazione nel-
le 6 variabili (x1 , x2 , x3 , x4 , x5 , x6 ) con i coefficienti di x2 , x5 , x6 nulli. Può anche essere
considerata semplicemente un’equazione lineare nelle tre variabili (x1 , x3 , x4 ).
Esempio 4.2.6. L’equazione x = y è equivalente a x − y = 0 che è un’equazione lineare
omogenea in (x, y).
Esempio 4.2.7. L’equazione
λ2 x + 2y = λ
non è un’equazione lineare nelle variabili (x, y, λ) mentre è lineare nelle variabili (x, y) e
in tal caso i coefficienti ed il termine noto sono espressi in funzione del parametro λ.
Esercizio 4.2.8. Risolvere il sistema



 x+y+z = 1

x−y+z =0



 x+y = 1

Soluzione.
   


 x+y+z =1 

 x=1−y−z 

 x=1−y−z 

 x = 1/2
   
x−y+z = 0 1−y−z−y+z = 0 2y = 1 y = 1/2

 
 
 


 x+y =1 
 1−y−z+y =1 
 z=0 
 z=0

La soluzione è dunque
(1/2, 1/2, 0)
Esercizio 4.2.9. Risolvere il sistema



 x+y+z =1

x−t+z =0



 x+y =1

Soluzione. Le variabili sono (x, y, z, t). Procediamo con la sostituzione “dall’alto


verso il basso”
4.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 25

  
 x+y+z =1  x= 1−y−z  x= 1−y−z

 
 

  
x−t+z =0 1−y−z−t+z =0 t= 1−y

 
 


 x+y =1 
 1−y−z+y =1 
 z=0

L’unica sostituzione che dobbiamo fare “verso l’alto” è la z, ottenendo le soluzioni in


funzione della variabile libera y.



 x=1−y

t=1−y {(1 − y, y, 0, 1 − y)}



 z=0

Ma avremmo anche potuto procedere come segue:


  
 y = 1−x−z
 x+y+z = 1   y =1−x−z

  

  
x−t+z =0 x−t+z =0 x=t−z

 
 


 x+y = 1 
 x+1−x−z = 1 
 z=0

Adesso procediamo con la sostituzione “verso l’alto”:


 


 y = 1−x  
 y =1−t
 
x=t x=t

 


 z=0 
 z=0

Le soluzioni si possono quindi scrivere in funzione della variabile libera t come


{(t, 1 − t, 0, t) : t ∈ K}.

Esercizio 4.2.10. Risolvere il siltema

 2x − y + z = 1



x+y−z =0



 x − 2y + 2z = 1

Soluzione.
  


 2x − y + z = 1 

 x = (1 + y − z)/2 

 x = (1 + y − z)/2
  
x+y−z =0 (1 + y − z)/2 + y − z = 0 1/2 + 3y/2 − 3z/2 = 0

 
 


 x − 2y + 2z = 1  
 (1 + y − z)/2 − 2y + 2z = 1  −3y/2 + 3z/2 = 1/2
4.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 26

   


 x = (1 + y − z)/2 

 x = (1 + y − z)/2 

 x = (1 + y − z)/2 

 x = (1 + y − z)/2
   
1 + 3y − 3z = 0 y = z − 1/3 y = z − 1/3 y = z − 1/3

 
 
 


 −3y + 3z = 1 
 −3(z − 1/3) + 3z = 1 
 −3z + 1 + 3z = 1 
 0=0

Sostituendo “verso l’alto”


   


 x = 1/2 + y/2 − z/2 

 x = 1/2 + (z − 1/3)/2 − z/2 

 x = 1/2 − 1/6 

 x = 1/3
   
y = z − 1/3 y = z − 1/3 y = z − 1/3 y = z − 1/3

 
 
 


 0=0 
 0=0 
 0=0 
 0=0

Le soluzioni in R3 sono quini descritte in funzione della variabile libera z come


{(1/3, z − 1/3, z) : z ∈ R}.

Esercizio 4.2.11. Risolvere il siltema

 2x − y + z = 1



x+y−z =0



 x − 2y + 2z = 0

Soluzione.
 


 2x − y + z = 1 

 y = 2x + z − 1
 
x+y−z =0 x + 2x + z − 1 − z = 0

 


 x − 2y + 2z = 0 
 x − 4x − 2z + 2 + 2z = 0
 
 y = 2x + z − 1  y = 2x + z − 1

 

 
3x = 1 3x = 1

 


 −3x = 2 
 −1 = 2

L’ultima equazione è contraddittoria quindi il sistema non ha soluzione. 


Esercizio 4.2.12. Risolvere il seguente sistema dipendente dal parametro λ

 x + λy − z = 1
 x−y = 0
4.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 27

Soluzione.
   
 x + λy − z = 1  x = −λy + z + 1  x = −λy + z + 1  x = −λy + z + 1
 x−y =0  x−y =0  −λy + z + 1 − y = 0  z − (λ + 1)y = 0

  
 x = −λy + z + 1  x = −λy + (λ + 1)y + 1  x = y + 1
 z = (λ + 1)y  z = (λ + 1)y  z = (λ + 1)y

Le soluzioni si possono quindi esprimere in funzione della variabile libera y e del


parametro λ come tutte le triple della forma
(y + 1, y, (λ + 1)y)

Esercizio 4.2.13. Risolvere in (Z/2Z)3 il sistema

 x−y+z =0
 x+y+z = 1

Soluzione.
   
 x−y+z = 0  x=y+z  x=y+z  x=y+z
 x+y+z = 1  x+y+z =1  y+z+y+z = 1  0= 1

e quindi il sistema non ha soluzione. 


Esercizio 4.2.14. Risolvere in (Z/2Z)3 il sistema

 x−y =0
 x+y+z =1

Soluzione.
   
 x−y =0  x=y  x=y  x=y
 x+y+z = 1  x+y+z = 1  y+y+z = 1  z = 1

e quindi le soluzioni del sistema si possono esprimere in funzione della variabile libera y
come (y, y, 1) e sono dunque due (perché y può assumere solo due valori):
(0, 0, 1) e (1, 1, 1).

4.3. ESERCIZI 28

4.3. Esercizi
Esercizio 4.3.1. Risolvere il sistema

 x +x =1
1 2
 x2 − x1 = 1

Esercizio 4.3.2. Risolvere il sistema



 2x1 + x2 − x4 = 0



x2 − 3x3 = 0



 x1 + x4 = 0

Esercizio 4.3.3. Risolvere il sistema




 ix − x2 + (i − 2i)x3 = 0
 1

x2 + x3 = 0



 (i + 1)x1 − ix2 + x3 = 0

Esercizio 4.3.4. Risolvere in (Z/2Z)4 il sistema



 x+y+z =0



x−y−t=1



 z−y−y =0

Esercizio 4.3.5. Risolvere il sistema





 x+y+z+t=1


 x−y+z−t= 0


 2x + 2z = 1



x−y−z−t=0

Esercizio 4.3.6. Risolvere il sistema





 x+y+z+t=1


 x−y+z−t=0


 2x + 2z = 1



x + 3y + z + 3t = 1
4.3. ESERCIZI 29

Esercizio 4.3.7. Risolvere il sistema





 x1 + x2 + x3 = 0


 x −x =0
4 3


 3x1 − 2x2 = 1



x5 − x6 = 0
Esercizio 4.3.8. Risolvere il sistema



 t−y =2

z+x=1



 x+t+y =0

Esercizio 4.3.9. Risolvere il sistema


 √2x − y = 0

 x + 2y = 3

Esercizio 4.3.10. Al variare dal parametro λ si discuta e si risolva il seguente sistema





 x(λ + 1) − yλ + z(λ − 1) = 0

y + λx = 0



 x(λ2 + λ + 1) − z = 1

Esercizio 4.3.11. Al variare dal parametro λ si discuta e si risolva il seguente sistema





 (λ2 − 1)x + 3y − z = 0

λy − x + λz = λ



 λ2 x + (3 − λ)y − z(1 + λ) = |λ|
SCHEDA 5

Matrici. Matrice associata a un sistema lineare

5.1. Richiami di teoria


Una matrice m × n a coefficienti in K è una tabella con m righe e n colonne le cui
caselle sono occupate da numeri di K:
 
 a11 a12 . . . a1n 
 
 a21 a22 . . . a2n 
A= . 
..

.. 
 .. . . 
 
am1 am2 . . . amn
In generale se su un libro trovate scritto Aij questo indica il posto i, j della matrice A.
In notazione abbreviata, una matrice A si può scrivere come
A = Aij A = (aij ) Aij = aij
L’insieme delle matrici m × n a coefficienti in K si denota con Mm×n (K). Su di esso si
mettono due operazioni naturali che lo rendono uno spazio vettoriale su K. Se A = (aij ) e
B = (bij ) si pone
(A + B)ij = aij + bij (λA)ij = λaij
ove λ ∈ K. In altre parole:
 
 a11 + b11 a12 + b12 . . . a1n + b1n 
 
 a21 + b21 a22 + b22 . . . a2n + b2n 
A+B = 
.. .. ..


 . . . 
 
am1 + bm1 am2 + bm2 . . . amn + bmn
e
 
λa11 λa12 ... λa1n
 
 
 λa21 λa22 . . . λa2n 
λA =  .

.. .. 

 .. . . 
 
λam1 λam2 . . . λamn
30
5.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 31

Una matrice 1 × n si chiama vettore riga. Una matrice m × 1 si chiama vettore


colonna.
Dato un sistema lineare di m equazioni in n variabili




 a11 x1 + a12 x2 + · · · + a1n xn = b1


 a x +a x +···+a x = b
21 1 22 2 2n n 2
..


 .



 am1 x1 + am2 x2 + · · · + amn xn = bm

si definiscono le seguenti matrici associate al sistema:


• La matrice dei coefficienti A = (aij ), che è una matrice m×n (talvolta chiamata
anche matrice incompleta).
 
b
 1
 .. 
• Il vettore colonna b =  .  dei termini noti.
 
bm
• La matrice completa (A|b) che si ottiene aggiungendo ad A la colonna b.

5.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 5.2.1. Dato il sistema

 x+y+z =1
 x − y − 2z = 0

   
1 1 1 1
La matrice dei coefficienti è  , la colonna dei termini noti è  , la matrice
1 −1 −2 0
 
1 1 1 | 1
completa è  .
1 −1 −2 | 0

Esempio 5.2.2. Dato il sistema



 y+z =0
 x − y − 2z = 0
5.3. ESERCIZI 32
   
0 1 1 0
La matrice dei coefficienti è  , la colonna dei termini noti è  , la matrice
1 −1 −2 0
 
0 1 1 | 0
completa è  .
1 −1 −2 | 0
Esempio 5.2.3. Dato il sistema

 z−x=1
 y − 2(1 + i)z = 0
   
−1 0 1 1
La matrice dei coefficienti è  , la colonna dei termini noti è  , la
0 1 −2 − 2i 0
 
−1 0 1 | 1
matrice completa è  .
0 1 −2 − 2i | 0
 
 0 0 −1 −1 | 1 
 
Esempio 5.2.4. Il sistema associato alla matrice completa 0 0 0 0 | 0
 
1 1 1 0 | 0



 −x3 − x4 = 1

0=0



 x1 + x2 + x3 = 0

5.3. Esercizi
Esercizio 5.3.1. Scrivere le matrici associate al sistema



 x − 2y + z + t = 1

y=x



 z−x+t=2

Esercizio 5.3.2. Scrivere le matrici associate al sistema





 x+y =0

x+y+z =1



 z=0
5.3. ESERCIZI 33

Esercizio 5.3.3. Scrivere le matrici associate al sistema




 x + x2 + x3 = x4
 1

x4 + x5 = 6



 x6 = 0

Esercizio 5.3.4. Scrivere le matrici associate al sistema





 x + λy − z = eλ

x−y =0



 λ=z

Esercizio 5.3.5. Scrivere le matrici associate al sistema




 x = x2
 1

x2 = x3



 x3 = x1

Esercizio 5.3.6. Scrivere le matrici associate al sistema



 0=0
 0=1

Esercizio 5.3.7. Scrivere le matrici associate al sistema



 x+y+z =1
 x+y+z =1

Esercizio 5.3.8. Scrivere le matrici associate al sistema




 x − 2x2 + x3 = 1
 1

x3 − ix2 + x1 = 0



 ix2 + x2 = 0
 
1 2 3 | 4
Esercizio 5.3.9. Scrivere il sistema associato alla matrice completa  
5 6 7 | 8
 
0 1 0 | 1
Esercizio 5.3.10. Scrivere il sistema associato alla matrice completa  
1 0 1 | 0
5.3. ESERCIZI 34
 
0 0 1 −1 | −1
Esercizio 5.3.11. Scrivere il sistema associato alla matrice completa  
0 −1 1 0 | 0
 
0 0 0 | 0
Esercizio 5.3.12. Scrivere il sistema associato alla matrice completa  
0 0 0 | 0
SCHEDA 6

Operazioni elementari sulle righe, riduzione a scala e rango,


Rouché Capelli

6.1. Richiami di teoria


Le operazioni elementari sulle righe di una matrice sono:
(1) Scambiare tra di loro due righe;
(2) Moltiplicare una riga per λ 6= 0;
(3) Sommare ad una riga un multiplo di un’altra riga.
Matrici ottenute l’una dall’altra tramite operazioni elementari sulle righe producono
sistemi equivalenti, cioè con le stesse soluzioni. Una matrice si dice ridotta a scala se è
della forma
 
1 * ...
 

 1 * ... 

 

 1 * ... 

1 * ...

Dove “sotto la scala” ci sono solo 0, “sopra la scala” ci può essere qualsiasi cosa a
patto che “sugli scalini” ci siano degli 1. Molti testi chiamano una matrice ridotta a scala
se sugli scalini c’è un numero diverso da zero. In sostanza questa non è una differenza
fondamentale per le cose che contano e in molti casi potremo considerare matrici a scala
anche quelle con “scalini” diversi da 1. Gli “scalini” devono essere “alti” uno e possono
essere lunghi quanto vogliono. Vedere la sezione esempi.
Fatto: il numero di scalini di una matrice ridotta a scala non eccede né il numero di
righe né quello delle colonne.
Teorema 6.1.1. Ogni matrice A ammette una riduzione a scala. Il numero di righe non
nulle della riduzione a scala di A dipende solo da A e si chiama rango di A.
Teorema 6.1.2 (Rouché-Capelli, versione β). Un sistema lineare in n incognite, con ma-
trice completa (A|b) ammette soluzione se e solo se rango(A) = rango(A|b). In oltre
l’insieme delle soluzioni è descritto da un numero di parametri pari a n − rango(A). (Si
noti che n è il numero delle incognitie, quindi il numero delle colonne di A.)
35
6.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 36

6.2. Esempi ed esercizi svolti


 
1 2 1
 
 
Esempio 6.2.1. La matrice 0 1 0 è ridotta a scala.
 
0 0 1
 
1 0 0
 
 
Esempio 6.2.2. La matrice 0 1 0 è ridotta a scala.
 
0 0 1
 
1 1 1 0
 
Esempio 6.2.3. La matrice 0 0 1 6 è ridotta a scala.
 
0 0 0 0
 
0 0 1 1 0 1
 
 
Esempio 6.2.4. La matrice 0 0 0 0 1 0 è ridotta a scala.
 
0 0 0 0 0 1
 
0 1 2 0 1 0
 
 
Esempio 6.2.5. La matrice 0 0 0 1 0 1 è ridotta a scala.
 
0 0 0 0 1 2
 
0 1 2 0 1 0
 
 
Esempio 6.2.6. La matrice 0 0 0 1 0 1 non è ridotta a scala.
 
1 0 0 0 1 2
 
0 0 1
 
Esempio 6.2.7. La matrice 0 1 1 non è ridotta a scala.
 
1 1 1
 
1 0 0
 
 
Esempio 6.2.8. La matrice 1 0 1 non è ridotta a scala.
 
0 0 1
6.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 37
 
0 0 0 0
 
 
Esempio 6.2.9. La matrice 0 1 2 2 non è ridotta a scala.
 
0 0 1 3
 
0 1 0 0
 
 
Esempio 6.2.10. La matrice 0 1 2 2 non è ridotta a scala.
 
0 0 1 3
Esercizio 6.2.11. Al variare del parametro k si discuta la risolubilità del seguente sistema



 x + ky − z = 1

2x − (k 2 + 1)y + kz = 0



 (k + 1)2 y − (k + 1)z = 0

Soluzione. La matrice completa del sistema è


 
1 k −1 1
 
2 −k 2 − 1 k 0
 
0 (k + 1)2 −k − 1 0
sottraendo il doppio della prima riga alla seconda si ottiene
 
1 k −1 1
 
 
0 −k 2 − 2k − 1 k − 2 −2
 
2
0 (k + 1) −k − 1 0
sommando la seconda riga alla terza si ottiene
 
1 k −1 1
 
0 −(k + 1)2 k − 2 −2
 
0 0 −3 −2
Se k 6= −1 allora la matrice è ridotta a scala (anche se negli scalini non c’è un 1) e si
ha rango(A) = rango(A|b) = 3 quindi c’è un unica soluzione (perché n = 3).
Se k = −1 l’ultima matrice è
 
1 −1 −1 1
 
 
0 0 −3 −2
 
0 0 −3 −2
6.3. ESERCIZI 38

e sottraendo la seconda riga alla terza si ottiene


 
1 −1 −1 1
 
 
0 0 −3 −2
 
0 0 0 0

Quindi rango(A) = rango(A|b) = 2 e ci sono infinite soluzioni parametrizzate da un


parametro. 

6.3. Esercizi
Esercizio 6.3.1. Si calcoli il rango di
 
1 −1 2 0 2
 
 
A = 0 0 0 0 0
 
3 1 0 0 0

Esercizio 6.3.2. Si calcoli il rango di


 
1 0 2 0
 
 0 0 2 0
 
A= 
 3 0 0 0
 
1 0 1 1

Esercizio 6.3.3. Si calcoli il rango di


 
1 −1 2 0 2
 
0 1 0 2 1
 
A= 
3 1 0 0 0
 
4 1 2 2 3

Esercizio 6.3.4. Si dica se il seguente sistema è risolubile, da quanti parametri dipendono


le eventuali soluzioni e, se possibile, lo si risolva.


 x − 2x2 + 3x3 − 4x4 = 5
 1

−x1 + x2 − x3 + x4 = 1



 x2 − 2x3 + 3x4 = 6
6.3. ESERCIZI 39

Esercizio 6.3.5. Si dica se il seguente sistema è risolubile, da quanti parametri dipendono


le eventuali soluzioni e, se possibile, lo si risolva.


 x − 2x2 + 3x3 − 4x4 = 5
 1

−x1 + x2 − x3 + x4 = 1



 x2 − 2x3 + 3x4 = −6

Esercizio 6.3.6. Si dica se il seguente sistema è risolubile, da quanti parametri dipendono


le eventuali soluzioni e, se possibile, lo si risolva.



 x1 − 2x2 + x3 = −1


 −x + x − x − x = 0
1 2 3 4


 x3 − 2x1 − 3x4 = 2



2x3 − x1 − 4x2 − 5x4 = −1
Esercizio 6.3.7. Quante soluzioni in (Z/2Z)3 hanno i seguenti sistemi?
 
 x+y+z =1  x+z =0
 
 

 x+y+z =1  
x−y = 0 x−y = 0
 x−y−z =0 
 


 z=1 
 z=1

Esercizio 6.3.8. Al variare del parametro k ∈ C, si dica se il seguente sistema è risolubile,


da quanti parametri dipendono le eventuali soluzioni e, se possibile, lo si risolva.

 x + iy − z = 0



ix − y − z = i



 −z(1 + i) = k
SCHEDA 7

Operazioni tra matrici

7.1. Richiami di teoria


Definizione 7.1.1. La trasposta di una matrice m×n A = (aij ) è la matrice n×m definita
da
(AT )ij = aji
si noti che gli indici i, j sono stati scambiati.
In altre parole le righe di AT sono le colonne di A e le colonne di AT sono le righe di
A. In maniera tutt’altro che rigorosa, (si noti l’abbondanza di virgolette) l’operazione di
trasposizione si può visualizzare come una “riflessione” rispetto a uno “specchio” “a 45
gradi” posto “sotto” la matrice.
 
1 4
 
1 2 3
Esempio 7.1.2. La trasposta di   è 
2 5

4 5 6  
3 6

Teorema 7.1.3. Il rango di una matrice è uguale al rango della sua trasposta.
Definizione 7.1.4. La moltiplicazione riga per colonna di un vettore riga 1 × n per un
vettore colonna n × 1 è definito come
 
b
 1
.
(a1 , . . . , an ) ·  ..  = a1 b1 + · · · + an bn
 
bn
si noti che la moltiplicazione riga per colonna è possibile solamente se la riga e la colonna
hanno la stessa lunghezza/altezza.
Definizione 7.1.5. Date due matrici A ∈ Mm×k (K) e B ∈ Mk×n si definisce il loro
prodotto riga per colonna AB, che è una matrice in Mm×n come la matrice che al posto ij
ha il prodotto della riga i-esima di A per la colonna j-esima di B. Si noti che le dimensioni
di A e B devono essere compatibili (la lunghezza di A deve essere uguale all’altezza di B).
Il prodotto tra matrici è un’operazione
Mm×k (K) × Mk×n (K) → Mm×n (K)
40
7.1. RICHIAMI DI TEORIA 41
 
1 0 1  
  2 0
−1 2 1/2 √ 
   
Esempio 7.1.6. Siano A =   e B =  2 1 allora si ha
0 0 0   
 
−2 2
0 1 0
 
0 2
−3 + 2√2 3
 
 
AB =  

 0 0 


2 1
Definizione 7.1.7. Una matrice in Mn×n (K) si dice quadrata di ordine n.
L’operazione di prodotto tra matrici quadrate è un’operazione associativa su Mn×n (K).
L’insieme Mn×n (K) con la somma componente per componente e prodotto riga per colonna
è un anello. L’identità è
 
1 0 0 0 ... 0
 
0 1 0 0 . . . 0
 
 
I = Id = Idn = Idn×n =
0 0 1 0 . . . 0
. .. .. .. .. .. 
 .. . . . . .
 
0 ...0 0 0 0 1
In altre parole 
 1 i=j
(I)ij =
 0 i 6= j

Definizione 7.1.8. L’inversa di una matrice quadrata A ∈ Mn×n (K) è una matrice B
tale che
AB = BA = I
L’inversa di A si denota comunemente con A−1 .
Teorema 7.1.9. Una matrice quadrata A ∈ Mn×n (K) è invertibile se e solo se il sistema
AX = b
ha un’unica soluzione (indipendentemente da b). Tale soluzione è
X = A−1 b.
Corollario 7.1.10. Una matrice quadrata A ∈ Mn×n (K) è invertibile se e solo se ha rango
n.
7.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 42

Definizione 7.1.11. Data una matrice quadrata A, si definisce An come il prodotto di A


per se stessa n volte. Si pone A0 = I.
P
Definizione 7.1.12. Dato p ∈ K[x], p = an xn si definisce
X
p(A) = an An .
Teorema 7.1.13. Per ogni p, q ∈ K[x] e A ∈ Mn×n (K) si ha p(A)q(A) = q(A)p(A).
2 METODI PER TROVARE L’INVERSA:
(1) Per trovare l’inversa di una matrice invertibile è sufficiente risolvere il sistema
AX = I
ove X è una matrice di incognite (avremo quindi n2 incognite).
(2) Un’altro metodo è quello della riduzione di Gauss-Jordan: Si forma la matrice
(A|I), si riduce A all’identitá tramite operazioni elementari sulle righe. A questo
punto dal lato destro della matrice grande è comparsa A−1
(A|I) −→ (I|A−1 )
7.2. Esempi ed esercizi svolti
Esempio 7.2.1. La trasposta di un vettore riga è un vettore colonna, la trasposta di un
vettore colonna è un vettore riga.
Esempio 7.2.2. Per ogni matrice A ∈ Mm×n (K) si ha (AT )T = A.
Esercizio 7.2.3. Dimostrare che l’operazione di moltiplicazione riga per colonna è asso-
ciativa.
Soluzione. Siano date tre matrici A ∈ Mn×m (K), A = (aij ), B ∈ Mm×k (K), B =
(bij ), C ∈ Mk×r (K), C = (cij ). Si ha
P P P P P
((AB)C)ij = kt=1 (AB)it ctj = kt=1 ( m
s=1 ais bst )ctj = t s ais bst ctj

Pm Pk Pm
= s=1 ais ( t=1 bst ctj ) = s=1 ais (BC)sj = (A(BC))ij

Esercizio 7.2.4. Dimostrare che l’operazione di moltiplicazione riga per colonna per ma-
trici quadrate non è in generale commutativa.
   
1 0 1 2
Soluzione. Siano A =  eB= . Si ha
0 0 3 4
   
1 2 1 0
AB =   6= BA =  
0 0 3 0

7.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 43

Esercizio 7.2.5. Dimostrare che λA = (λI)A.


Soluzione. Sia A = (aij ).
(λA)ij = λaij = (λIA)ij = ((λI)A)ij .

Esempio 7.2.6. L’operazione elementare “Riga i+λ Riga j” è data dalla moltiplicazione
a sinistra per la matrice
I + λEij
ove Eij è la matrice che ha solo zeri tranne nel posto ij ove ha un 1

 1 s = i, t = j
(Eij )st =
 0 altrimenti

Esempio 7.2.7. L’operazione elementare “Colonna i+λ Colonna j” è data dalla moltipli-
cazione a destra per la matrice la matrice
I + λEji .
Esempio 7.2.8. Un sistema lineare con matrice associata A e colonna dei termini noti b
si esprime come
AX = b
 
x
 1
 .. 
ove X =  .  è il vettore colonna delle incognite.
 
xn

Esercizio 7.2.9. Dimostrare che l’inversa di una matrice, se c’è, è unica.


Soluzione. Sia A una matrice invertibile e siano M.N due inverse di A. Si ha
M = MI = M(AN) = MAN = (MA)N = IN = N.

Esercizio 7.2.10. Trovare tutte le radici quadrate di I2 in M2×2 (C).
 
x y
Soluzione. Sia X =   una generica matrice. Dobbiamo risolvere X 2 = I cioè
z t
      
2
x y x y x + yz xy + yt 1 0
  = = 
z t z t zx + tz zy + t2 0 1
7.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 44

e quindi



 x2 + yz = 1


 xy + yt = 0


 zx + tz = 0



zy + t2 = 1
Questo non è un sistema lineare, quindi non possiamo usare le tecniche dei sistemi lineari.
La complessità delle equazioni però è bassa e possiamo risolverlo a mano



 x2 + yz = 1


 y(x + t) = 0


 z(x + t) = 0



zy + t2 = 1

da cui

 x2 + yz = 1  
 x2 + yz = 1  x = √1 − yz



x = −t

  x = −t  x = −t

 zy + t2 = 1

oppure
  


 x2 + yz = 1 

 x2 = 1 

 x = ±1

 
 

 y=0  y=0  y=0


 z=0 

 z=0 

 z=0

 
 

  2 
zy + t2 = 1 t =1 t = ±1
Le soluzioni sono quindi
       
1 0 −1 0 −1 0 1 0
 , , , 
0 1 0 1 0 −1 0 −1

e tutte le matrici della forma


 

1 − yz y
 √ 
z − 1 − yz

con y, z parametri complessi. 


7.3. ESERCIZI 45

7.3. Esercizi
Esercizio 7.3.1. Siano A, B due matrici moltiplicabili tra loro. Dimostrare che
(AB)T = B T AT .
Esercizio 7.3.2. Siano A, B due matrici quadrate dello stesso ordine e invertibili. Dimo-
strare che AB è invertibile e che
(AB)−1 = B −1 A−1 .
Dimostrare che se AB è invertibile allora sia A che B lo sono.
Esercizio 7.3.3. Sia A una matrice quadrata. Dimostrare che A è invertibile se e solo se
AT lo è e che (AT )−1 = (A−1 )T .
Esercizio 7.3.4. Dimostrare che se A, B sono due matrici non nulle tali che AB = 0,
allora nessuna delle due matrici A, B è invertibile.
Esercizio 7.3.5. Usando sia il metodo della risoluzione del sistema che quello di riduzione
trovare, se esiste, l’inversa della matrice
 
1 2 3
 
 
0 1 0
 
1 0 1
Esercizio 7.3.6. Usando sia il metodo della risoluzione del sistema che quello di riduzione
trovare, se esiste, l’inversa della matrice
 
1 2 3
 
 
0 1 1
 
1 0 1
Esercizio 7.3.7. Usando sia il metodo della risoluzione del sistema che quello di riduzione
trovare, se esiste, l’inversa della matrice
 
1 0 3
 
 
0 0 1
 
1 0 1
Esercizio 7.3.8. Usando sia il metodo della risoluzione del sistema che quello di riduzione
trovare, se esiste, l’inversa della matrice
 
1 0 3
 
 
0 0 0
 
1 2 1
7.3. ESERCIZI 46

Esercizio 7.3.9. Al variare dei parametri k, λ ∈ K trovare, se esiste, l’inversa della


matrice  
k 0 0
 
 
0 λ 0
 
1 0 1

Esercizio 7.3.10. Sia A ∈ M3×2 (C). Dimostrare che AAT non è mai invertibile.
Esercizio 7.3.11. Esiste una matrice A ∈ M3×2 (C) tale che AT A sia invertibile?
SCHEDA 8

Determinante

8.1. Richiami di teoria


Il determinante di una matrice 2 × 2 è
 

a b a b
det  = = ad − bc.

c d c d
Data una matrice A ∈ Mn×n (K) si definisce

Aij = Determinante della matrice (n − 1) × (n − 1) ottenuta cancellando da A la riga


i e la colonna j

Il determinante di una matrice n × n A = (aij ) si calcola per ricorrenza tramite la


formula:
n
X
det(A) = (−1)i+k aik Aik
k=1
Tale formula si chiama sviluppo per la i-esima riga e non dipende dalla riga scelta.
Equivalentemente, si può scegliere di sviluppare per la i-esima colonna:
n
X
det(A) = (−1)i+k aki Aki .
k=1
Il determinante di matrici n × n ha le seguenti proprietà:
• det(A) = det(AT ).
• det(A) 6= 0 se e solo se A è invertibile (se e solo se il rango di A è n).
• det(AB) = det(A) det(B), det(I) = 1, det(A−1 ) = 1/ det(A).

• Il determinante è multilineare alternante sulle righe e sulle colonne: se A =


(C1 . . . Cn ) ove Ci indica la colonna i-esima, λ ∈ K e C è un qualsiasi vettore
colonna, allora
det(C1 . . . Ci + C . . . Cn ) = det(C1 . . . Cn ) + det(C1 . . . C . . . Cn )
det(C1 . . . λCi . . . Cn ) = λ det(C1 . . . Ci . . . Cn )
47
8.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 48

e la stessa cosa vale per le righe. Alternante significa che se si scambiano due
righe (o colonne) il determinante cambia segno.
In particolare:
• det(λA) = λn det(A).
• Se A ha una riga nulla allora det(A) = 0.
• Se A ha due righe uguali allora det(A) = 0.
• Se A ha due righe multiple l’una dell’altra allora det(A) = 0.
• Se una riga di A si esprime come somma di multipli di altre righe di A allora
det(A) = 0
• L’operazione elementare “Ri + λRj ” non cambia il determinante di una matrice.
• Il determinante di una matrice triangolare superiore —cioè con zeri sotto la dia-
gonale — (o inferiore — cioè con zeri sopra la diagonale—) è il prodotto degli
elementi sulla diagonale.
• Il determinante si puó calcolare riducendo a scala A e tenendo conto dei contributi
di tutte le operazioni elementari sulle righe.
• Tutto quanto detto per le righe vale anche per le colonne.

8.2. Esempi ed esercizi svolti


 
1 2 3
 
 
Esempio 8.2.1. Il determinante della matrice 0 0 0 è zero.
 
4 5 6
 
1 2 3
 
 
Esempio 8.2.2. Il determinante della matrice 1 2 3 è zero.
 
4 5 6
 
1 2 3
 
 
Esempio 8.2.3. Il determinante della matrice 3 3 3 è zero.
 
4 5 6
 
0 0 1
 
 
Esempio 8.2.4. Il determinante della matrice 0 1 0 è −1.
 
1 0 0
8.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 49
 
2 0 0
 
 
Esempio 8.2.5. Il determinante della matrice 0 2 0 è 23 = 8.
 
0 0 2

Esercizio 8.2.6. Dimostrare che in generale det(A + B) 6= det(A) + det(B).

Soluzione. Sia A = I2 e B = −I2 . det(A) = det(B) = 1 ma A + B = 0 quindi


det(A + B) = det(0) = 0 6= 2 = 1 + 1 = det(A) + det(B).
Un’altro esempio è questo:
   
1 0 0 0
A= , B= , A+B =I
0 0 0 1

e chiaramente

det(A) = det(B) = 0 det(A + B) = det(I) = 1 6= 0 = det(A) + det(B).

Esercizio 8.2.7. Si dica per quali valori del parametro k ∈ R la seguente matrice risulta
invertibile:
 
1 1 0
 
 
Ak = 0 2 −1
 
k 0 1

Soluzione. Per linearità sulle colonne abbiamo




1 1 0 0 1 0 1 1 0












1 0 2 −1
|Ak | = 0 2 −1 = 0 2 −1 + 0 2 −1 = k +

= −k + 2








2 −1 0 1
k 0 1 k 0 1 0 0 1

Ne segue che Ak è invertibile per ogni k 6= 2. 

Esercizio 8.2.8. Si dica per quali valori del parametro k ∈ C la seguente matrice risulta
invertibile:
 
1 1+k 0
 
 
Ak = 0 i 1 + i
 
k 0 i
8.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 50

Soluzione. Si ha


1 1 + k 0 1 1 0 0 k 0


|Ak | = 0 i 1 + i = 0 i 1 + i + 0 i 1 + i


k 0 i k 0 i k 0 i


1 1 0 1 1 0








k 0
= 0 i 1 + i + 0 i 1 + i + k






i 1 + i
k 0 0 0 0 i


1 0 1 1 k 0
= k + i

+k



i 1 + i 0 i i 1 + i


1 0 1 1
= (k + k 2 ) + i

= (k + k 2 )(1 + i) + i2 = k 2 (1 + i) + k(1 + i) − 1

i 1 + i 0 i

Quindi la matrice Ak risulterà invertibile per tutti i k tali che k 2 (1+i)+k(1+i)−1 6= 0.


Tale polinomio si annulla per due valori di k:
p √
−1 − i ± (1 + i)2 + 4(1 + i) −1 − i ± 6i + 4
=
2 + 2i 2 + 2i
per tutti gli altri k, |Ak | è invertibile. 

Esercizio 8.2.9. Si dica per quali valori del parametro k ∈ C la seguente matrice risulta
invertibile:
 
1−k 1 0
 
 
Ak =  0 i − k 1 + i
 
0 0 i−k

Soluzione. Si ha |Ak | = (1 − k)(i − k)2 quindi la matrice Ak è invertibile per ogni


k 6= 1, i. 

Esercizio 8.2.10. Sia A ∈ M2×2 (R). Si dimostri che esiste un k ∈ R tale the la matrice
Ak = A − kI sia invertibile.

Soluzione. Il determinante di Ak è un polinomio in k di grado 2. Quindi ha al


massimo due radici. Per tutti gli altri valori di k la matrice Ak è invertibile. 
8.3. ESERCIZI 51

8.3. Esercizi
Esercizio 8.3.1. Calcolare il determinante di una matrice quadrata scelta da voi. Ripetere
quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa.
Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice
diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una
matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’eserci-
zio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere
quest’esercizio con una matrice diversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa.
Ripetere quest’esercizio con una matrice diversa. . .
   
1 2 1−x 2
Esercizio 8.3.2. Sia A =   e sia Ax =  . Per quali valori di x la
2 1 2 1−x
matrice A risulta non invertibile? Detto p(x) = |Ax |, calcolare det(p(A)).

Esercizio 8.3.3. Si dica per quali valori del parametro k ∈ C la seguente matrice risulta
invertibile:
 
1−k 1 0
 
 
Ak =  0 i i 
 
k 0 i−k

Esercizio 8.3.4. Si dica per quanti valori del parametro k ∈ R la seguente matrice risulta
non invertibile:
 
1 1 0
 
 
Ak = 0 1 1 
 
k 0 1−k

Esercizio 8.3.5. Si dica per quanti valori del parametro k ∈ R la seguente matrice risulta
non invertibile:
 
1 1 1 1 1 1 0
 
0 k k k k k k
 
 
1 1 0 1 1 1 1
 
 
Ak = 1 0 1 1 1 1 1
 
1 1 1 0 1 1 1
 
 
1 1 1 1 0 1 1
 
1 1 1 1 1 0 1
8.3. ESERCIZI 52

Esercizio 8.3.6. Sia A ∈ M3×3 (R) tale che det(A) 6= 0. Sia B un’altra matrice in
M3×3 (R). Si dimostri che esiste ε > 0 tale che per ogni x ∈ R con |x| < ε si ha det(A +
xB) 6= 0.
Esercizio 8.3.7. Sia A ∈ M3×3 (C) tale che A4 = I. Si dimostri che | det(A)| = 1. Si dia
un esempio di tale matrice.
Esercizio 8.3.8. Sia A ∈ Mn×n (R). Si dimostri che det(AAT ) ≥ 0.
Esercizio 8.3.9. Sia v ∈ K n un vettore riga e sia A = v T v ∈ Mn×n (K). Si dimostri che
det(A) = 0.
Esercizio 8.3.10. Sia A ∈ M3×5 una matrice non quadrata. Sia B = AT A ∈ M5×5 (K).
Si dimostri che det(B) = 0.
SCHEDA 9

Inversa e rango tramite il determinante

9.1. Richiami di teoria


Data una matrice A ∈ Mn×n (K), con le nostre convenzioni, la matrice dei cofattori di
A è definita come
Cof (A)ij = (−1)i+j Aij .
La regola dello sviluppo in riga/colonna del determinante si traduce nella formula
Cof (A)T A = det(A)I
da cui la formula per l’inversa
Cof (A)T
A−1 =
|A|
Questa è nient’altro che quella che a volte si chiama la regola di Cramer:

Cof (A)T b
AX = b ⇔ X = A−1 b =
|A|
 
x
 1
 .. 
Se X =  .  = A−1 b usando lo sviluppo per colonna del determinante, si vede che
 
xn
T
Cof (A) b ha come entrata i-esima il determinante della matrice ottenuta da A sostituendo
la i-esima colonna con b (e quest’ultima è in realtà la forma piú comune di enunciare la
regola di Cramer).

Definizione 9.1.1. Una sottomatrice di una matrice A è una matrice che si ottiene da
A cancellando alcune righe e alcune colonna. Un minore di ordine k una matrice A
è il determinante di una sua sottomatrice quadrata di ordine k. A seconda del libro la
parola minore si riferisce solo alla sottomatrice quadrata per cui si parla di determinanti
di minori. Nella nostra definizione la parola minore include il determinante.
Nota: Un minore non è solo un numero, ma quando parliamo di minore includiamo
l’informazione sulle righe e colonne cancellate.
Definizione 9.1.2. Sia A ∈ Mm×n (K) e sia M una sottomatrice k × k di A, ottenuta
cancellando (m − k) righe e (n − k) colonne. Un’orlata di M è una sottomatrice (n + 1) ×
53
9.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 54

(n + 1) di A ottenuta cancellando una riga ed una colonna in meno rispetto ad M. Se m


è il minore det(M) un orlato di m è il determinante di una orlata di M.
Teorema 9.1.3 (Teorema dei minori orlati). Sia A ∈ Mm×n (K):
(1) Se A ha un minore non nullo di ordine k allora rango(A) ≥ k.
(2) Se A ha un minore non nullo di ordine k i cui orlati siano tutti nulli allora
rango(A) = k.

9.2. Esempi ed esercizi svolti


Esercizio 9.2.1. Sia A ∈ Mn×n (K). Sia Cof (A) la matrice dei cofattori e siano C1 , . . . , Cn
le sue colonne. Sia b un vettore colonna. Si dimostri che CkT b è il determinante della
matrice ottenuta da A sostituendo la colonna b al posto della colonna k-esima.
Soluzione. Sia B la matrice ottenuta da A sostituendo la k-esima colonna con la
colonna b. Consideriamo i cofattori B ij di B. Per j = k, i cofattori B ik coincidono con
quelli Aik di A. Quindi la k-esima colonna di Cof (A) e quella di Cof (B) coincidono.
Quindi CkT b è esattamente lo sviluppo di det(B) secondo la k-esima colonna. 
Esercizio
P9.2.2. Sia A una matrice quadrata di ordine n e siano C1 , . . . , Cn le sue colonne.
Sia V = i λi Ci un vettore colonna. Calcolare
 
det V C2 . . . Cn .

Soluzione. Per linearità sulle colonne si ha


  P  P  
det V C2 . . . Cn = λi Ci C2 . . . Cn = i λi det Ci C2 . . . Cn
= λ1 det(A).

Esercizio 9.2.3. Si calcoli la formula dell’inversa per una generica matrice invertibile
2 × 2.
 
a b
Soluzione. Sia A =   una matrice 2 × 2. Sappiamo che A è invertibile se e
c d
solo se det(A) = ad − cb 6= 0. La matrice dei cofattori è
 
d −c
Cof (A) =  
−b a
dunque l’inversa è
 −1  
a b 1 d −b
  =  .
c d ad − bc −c a

9.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 55

Esercizio
  9.2.4. Si risolva, tramite il medoto di Cramer, il sistema AX = b con A =
1 2
  e b = (1, 1)T .
3 4

Soluzione. Si ha
 
1 2


 
 1 4   
 
−1 Cof (A)T b  |A|
 −1
X=A b= = 
  =  
|A|  1 1 


1
 
 
3 1

|A|

Esercizio 9.2.5. Usando il metodo dei minori orlati, si calcoli il rango di


 
0 1 i 1 0
 
1 0 2i 2 1
 
A= 
 1 −1 i 1 1
 
−1 2 0 0 1

Soluzione. Il minore ottenuto dalle prime due righe e prime due colonne è non nullo.
Quindi la matrice ha rango almeno 2. I suoi orlati di ordine 3 sono sei: per aggiungere
una riga e una colonna dobbiamo scegliere tra due righe (la terza e la quarta) e tre colonne
(terza, quarta e quinta) e sono:


0 1 i 0 1 1 0 1 0


,
1 0 2i 1 0 2 1 0 1 ,


1 −1 i 1 −1 1 1 −1 1



0 1 i 0 1 1 0 1 0


1 0 2i , 1 0 2 , 1 0 1


−1 2 0 −1 2 0 −1 2 1

I primi tre sono tutti nulli perchè la terza riga è uguale alla seconda meno la prima (in
tutti e tre i casi). Il quarto ed il quinto sono nulli perché in entrambi la terza riga è uguale
9.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 56

al doppio della prima meno la seconda. L’ultimo minore è non nullo:




0 1 0






1 1
1 0 1 = (−1) = −2




−1 1
−1 2 1


0 1 0


(sviluppo per la prima riga). Dunque A ha rango almeno 3. Gli orlati di 1 0 1 sono


−1 2 1
due (abbiamo una sola riga da aggiungere e possiamo scegliere tra due colonne) e sono

0 1 i 0 0 1 1 0


1 0 2i 1 1 0 2 1

,
1 −1 i 1 1 −1 1 1


−1 2 0 1 −1 2 0 1

ove il primo dei due è i volte il secondo (per il fattore i presente nella terza colonna) quindi
ci basta calcolare il secondo. Abbiamo

0 1 1 0 0 1 1 0 0 1 1 0


1 0 2 1 1 0 2 0 1 0 2 0

= = =0
1 −1 1 1 1 −1 1 0 0 −1 −1 0


−1 2 0 1 −1 2 0 2 −1 2 0 2

ove nel primo passaggio abbiamo sottratto la prima colonna alla quarta. Nel secondo
passaggio abbiamo sottratto la seconda riga alla terza e l’ulitimo determinante
è nullo

0 1 0


perché la matrice ha due righe uguali. Quindi tutti gli orlati di 1 0 1 sono nulli e


−1 2 1
dunque A ha rango 3. 
   
1 −2 1 0
Esercizio 9.2.6. Sia A =   e sia B =  . Si dica per quali k il sistema
k 2 k k+1
AX = B ha soluzione.
9.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 57
 
x y
Soluzione. Applicheremo il teorema di Rouché-Capelli. Sia X =  . Nelle
z t
incognite x, y, z, t la matrice completa del sistema è
 
1 0 −2 0 | 1
 
0 1 0 −2 | 0 
 
 
k 0 +2 0 | k 
 
0 k 0 +2 | k + 1
Usiamo il metodo dei minori orlati per calcolare il rango della matrice dei coefficienti e di
quella completa. Il minore ottenuto dalle prime due righe e colonne è non nullo. Un suo
orlato è

1 0 −2


0 1 0


k 0 +2
che è diverso da zero se k 6= −1. L’unico suo orlato nella matrice dei coefficienti è

1 0 −2 0 1 0 −1 0 1 0 −1 0


0 1 0 −2 0 1 0 −1 0 1 0 −1

= 4 = 4
k 0 +2 0 k 0 +1 0 k + 1 0 0 0


0 k 0 +2 0 k 0 +1 0 k+1 0 0

1 0 1 0 1 0 1 0


0 1 0 1 0 1 0 1
= 4(k + 1)2

= 4 = 4
k + 1 0 0 0 0 0 k + 1 0



0 k + 1 0 0 0 0 0 k + 1
che è diverso da zero per k 6= −1. I calcoli li abbiamo fatti sfruttando le proprietà di
multilinearità e alternanza del determinante. In particolare nel primo passaggio abbia-
mo “portato fuori” un fattore “2” sia dalla terza che dalla quarta colonna. Nel secondo
passaggio abbiamo sommato la prima riga alla terza e la seconda alla quarta. Nel terzo
passaggio abbiamo “portato fuori” un fattore −1 sia dalla terza che dalla quarta colonna.
Nel quarto passaggio abbiamo scambiato la prima colonna con la terza e la seconda con la
quarta (due scambi di colonna, che fanno due cambi di segno nel determinante = nessun
cambio).
Dunque se k 6= −1 la matrice dei coefficienti ha rango 4. Essendo la matrice completa
una matrice 4 × 5, essa non puó avere rango maggiore di 4. Siccome essa ha un minore
9.3. ESERCIZI 58

non nullo di rango 4 (il determinante della matrice dei coefficienti) ha rango esattamente
4. Per il teorema di Rouché-Capelli, se k 6= −1 c’è dunque un’unica soluzione.
Analizziamo in dettaglio il caso k = −1. La matrice completa diventa
 
1 0 −2 0 | 1
 
0
 1 0 −2 | 0 

 
−1 0 +2 0 | −1
 
0 −1 0 +2 | 0
Cambiando segno alle ultime due righe si ottiene
 
1 0 −2 | 1
0
 
0
 1 0 −2 | 0

 
1
 0 −2 0 | 1

0 1 0 −2 | 0
La terza riga è uguale alla prima e la quarta alla seconda. Ne segue che ogni sottomatrice
quadrata di ordine 3 ha almeno due righe uguali. Dunque ogni minore di ordine tre è nullo.
Ne segue che sia la matrice dei coefficieni che quella completa hanno rango 2.
Per il teorema di Rouché-Capelli il sistema ha infinite soluzioni, descritte da due
parametri liberi. 

9.3. Esercizi
Esercizio 9.3.1.
P Sia A unaP
matrice quadrata di ordine n e siano C1 , . . . , Cn le sue colonne.
Siano V = i λi Ci e W = µi Ci due vettori colonna. Calcolare
 
det V W C3 . . . Cn .

Esercizio 9.3.2. Sia A ∈ Mn×n (K). Sia Cof (A) la matrice dei cofattori e siano R1 , . . . , Rn
le sue righe. Sia R un vettore riga. Si dimostri che RRkT è il determinante della matrice
ottenuta da A sostituendo la riga R al posto della riga Rk .
Esercizio 9.3.3. Sia A ∈ Mn×n (K). Si dimostri che
Cof (A)T A = det(A)I.
Esercizio 9.3.4. Sia A ∈ Mn×n (K). Si dimostri che
AT Cof (A) = det(A)I.
Esercizio 9.3.5. Si dimostri che una matrice quadrata A è invertibile se e solo se Cof (A)
lo è.
9.3. ESERCIZI 59
 
b
 1
 .. 
Esercizio 9.3.6. Sia A ∈ Mn×n (K) invertibile. Sia b =  .  un vettore colonna e sia
 
bn
Bi il determinante della matrice
  ottenuta da A sostituendo la colonna i con la colonna b
x
 1
 .. 
dei termini noti. Sia X =  .  l’unica soluzione di AX = b. Si dimostri xi = |Bi |/|A|.
 
xn
Esercizio 9.3.7. Si calcoli il rango delle matrici
 
  1 2 3 4
1 2 3 
5




  6 87

4 5 6 ,  
  9 10 11 12
 
7 8 9
13 14 15 16
Esercizio 9.3.8. Per ogni n si calcoli il rango della matrice A ∈ Mn×n (R) definita da
Aij = ni + j.
   
2
1 −2 k 2
Esercizio 9.3.9. Sia A =   e sia B =   . Si dica per quali k ∈ R il
−1 2 k −2
sistema AX = B ha soluzione.
Esercizio 9.3.10. Calcolare il rango di una matrice a caso scelta da voi. Ripetere quest’e-
sercizio con una matrice diversa. Ripetere . . .
Esercizio 9.3.11. Si prenda una matrice quadrata a caso scelta da voi e si controlli se è
invertibile. Nel caso lo sia, se ne calcoli l’inversa. Ripetere quest’esercizio con una matrice
diversa. Ripetere . . .
SCHEDA 10

Combinazioni lineari, lineare indipendenza

10.1. Richiami di teoria


Sia V uno spazio vettoriale su K.
Definizione 10.1.1. Siano v1 , . . . , vk ∈ V e λ1 , . . . , λk ∈ K. Il vettore
X
λi vi
i

si dice combinazione lineare dei vettori v1 , . . . , vk con coefficienti (λ1 , . . . , λn ). La


combinazione ove tutti i λi sono nulli si chiama combinazione banale.
Definizione 10.1.2. Dei vettori v1 , . . . , vk ∈ V si dicono linearmente indipendenti tra
loro se l’unica loro combinazione lineare che fa zero è quella banale. Cioè:
X
λi vi = 0 ⇒ λi = 0 per ogni i.
Definizione 10.1.3. Dei vettori v1 , . . . , vk ∈ V si dicono linearmente dipendenti tra
loro se non sono indipententi. Ossia se esiste una loro combinazione lineare non banale
che fa zero. Cioè se esistono λ1 , . . . , λk ∈ K non tutti nulli tali che
X
λi vi = 0
Teorema 10.1.4. Dei vettori v1 , . . . , vk ∈ V sono linearmente dipendenti tra loro se e solo
se uno di loro si scrive come combinazione lineare degli altri.
In particolare, due vettori sono dipendenti se e solo se uno è multiplo dell’altro.
n
 Siano v1, . . . , vk ∈ K e sia A la matrice in Mn×k (K) che ha i vi come
Teorema 10.1.5.
colonne: A = v1 . . . vk . I vettori vi sono linearmente indipendenti tra loro se e solo
se rango(A) = k. In particolare, se n < k allora i vettori vi non sono mai indipendenti.
La dimostrazione di questo teorema segue da Rouché-Capelli usando il fatto che la defi-
nizione di lineare indipendenza dei vi si traduce nella condizione che il sistema AX = 0 ha
una unica soluzione (lo zero) e quindi non ci possono essere parametri liberi in circolazione.
Corollario 10.1.6. Se v1 , . . . , vn sono vettori di Kn allora essi sono indipendenti se e solo
se det(A) 6= 0, ove A è la matrice che ha i vi come colonne. (Si noti che per ipotesi
abbiamo n vettori in Kn quindi la matrice è quadrata.)
In R2 due vettori sono dipendenti se e solo se sono allineati, in R3 tre vettori sono
dipendenti se e solo se sono complanari.
60
10.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 61

10.2. Esempi ed esercizi svolti


     
i 0 1
     
0 −1 −1
     
Esempio 10.2.1. Siano v1 =   , v2 =   , v3 =   vettori di C4 . la combina-
1 0 1
     
0 2 0
zione con coefficienti (i, 1, −1) è il vettore
       
i 0 1 −2
       
0 −1 −1  0 
       
i  +   −  =  
1  0   1  i − 1
       
0 2 0 2
     
0 −1 −1
     
     
Esempio 10.2.2. Siano v1 = 1 , v2 =  0  , v3 =  1  vettori di R3 . la combina-
     
0 2 0
zione con coefficienti (1, −1, 0) è il vettore
     
0 −1  1 
     
1 1 −  0  =  1 
     
0 2 −2
   
0 −1
Esempio 10.2.3. Siano v1 =   , v2 =   , vettori di R2 . la combinazione con
0 0
coefficienti (1, 0) è il vettore
     
0 −1 0
1  +0  =  
0 0 0

La combinazione a coefficienti (a, b) è il vettore bv2 , indipendentemente dal valore di a.


Esempio 10.2.4. Siano v1 , . . . , vk vettori di Kn e sia
 Ala matrice in Mn×k (K) che ha i
λ
 1
 .. 
vi come vettori colonna: A = (v1 . . . vk ). Sia X =  .  una colonna di coefficienti. La
 
λk
10.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 62

combinazione lineare dei vi con coefficienti λi è data da


AX.
Esercizio 10.2.5. Dimostrare che dei vettori v1 , . . . , vk ∈ V sono linearmente dipendenti
tra loro se e solo se uno di loro si scrive come combinazione lineare degli altri.
P
Soluzione. Se i vi sono dipendenti allora esistono λi non tutti nulli tali che λi vi = 0.
Siccome i λi non son tutti nulli ce n’è uno non nullo. Sia λr un coefficiente non nullo. Allora
X λi
vr = − vi .
i6=r
λr
D’altronde supponiamo che uno dei vettori vi si scriva come combinazione degli altri.
Sia vs tale vettore. Si ha
X X
vs = µi vi e dunque − vs + µi vi = 0.
i6=s i6=s

Abbiamo ottenuto cosı̀ una combinazione lineare dei vi che fa zero, siccome il coefficiente
di vs è −1, tale combinazione non è banale e quindi i vi sono linearmente dipendenti. Si
noti che avremmo potuto avere tranquillamente vs = 0. 
Esempio 10.2.6. Se il sistema AX = b ammette soluzione allora l’insieme delle colonne
di A più la colonna dei termini noti costituisce un insieme di vettori linearmente dipendenti
tra loro. (è vero il viceversa?)
Esempio 10.2.7. Se un insieme di vettori contiene il vettore nullo allora tali vettori sono
sempre linearmente dipendenti tra loro. (Lo zero si esprime sempre come combinazione
degli altri: la combinazione banale!)
Esercizio 10.2.8. Dimostrare che le funzioni sin(x) e cos(x), come vettori dello spazio
delle funzioni da R in sé, sono linearmente indipendenti tra loro.
Soluzione. Sia λ sin(x) + µ cos(x) = 0 una combinazione lineare che fa zero. Calco-
lando in 0 si ottiene µ = 0 e calcolando in π/2 si ottiene λ = 0. Ne segue che l’unica
combinazione lineare di sin(x) e cos(x) che fa zero è quella banale. 
Esercizio 10.2.9. Si dica se i vettori x, (1 + x)2 , x2 + 1 ∈ R[x] sono linearmente dipendenti
o indipendenti tra loro.
Soluzione. Diamo dei nomi ai vettori, ponendo v = x, w = (1 + x)2 , u = x2 + 1. Si
ha w = (1 + x)2 = 1 + 2x + x2 = 2v + u. Quindi i tre vettori sono linearmente dipendenti
tra loro. 
Esercizio 10.2.10. Si dica se i vettori 1, (1 + x), (1 + x)2 ∈ R[x] sono linearmente
dipendenti o indipendenti tra loro.
Soluzione. Diamo dei nomi ai vettori, ponendo v1 = 1, v2 = (1 + x), v3 = (1 + x)2 .
Impostiamo il sistema lineare λ1 v1 + λ2 v2 + λ3 v3 = 0 nelle incognite λi , per vedere se ha
una soluzione non banale. Abbiamo
λ1 v1 + λ2 v2 + λ3 v3 = λ1 + λ2 + λ2 x + λ3 (1 + 2x + x2 ) = λ1 + λ2 + λ3 + x(λ2 + 2λ3 ) + x2 λ3
10.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 63

per cui la condizione λ1 v1 + λ2 v2 + λ3 v3 = 0 ∈ R[x] diventa il sistema




 λ + λ2 + λ3 = 0
 1

λ2 + 2λ3 = 0



 λ3 = 0

che ha come unica soluzione λ1 = 0, λ2 = 0, λ3 = 0. Quindi i tre vettori di partenza sono


linearmente indipendenti tra loro. 
Esercizio 10.2.11. Si dica se i vettori 1, i ∈ C sono linearmente dipendenti o indipendenti
se consideriamo C some spazio vettoriale su R. E se lo consideriamo come spazio su C?
Soluzione. I vettori 1, i sono indipendenti su R e dipendenti su C. Infatti se avessimo
λ1 · 1 + λ2 i = 0
implicherebbe
λ1 = −iλ2
e se λ2 ∈ R è non nullo allora λ1 6∈ R. Quindi non esistono due numeri reali non nulli tali
che λ1 · 1 + λ2 i = 0. D’altronde λ1 · 1 + λ2 i = 0 ha soluzione non nulla in C per esempio
ponendo λ1 = 1 e λ2 = i (ma anche λ1 = i e λ2 = −1). 
Esercizio 10.2.12. Si dica se i vettori di C2 v = (1, 1) e w = (1, i) sono linearmente
dipendenti o indipendenti se consideriamo C2 come spazio su R. E su C?.


1 1
Soluzione. Si ha = i − 1 6= 0 quindi i due vettori sono indipendenti su C. E

1 i
quindi lo sono pure su R (se l’unica soluzione di λv + µw = 0 su C è quella nulla, a maggior
ragione non ci sono soluzioni non banali su R.) 
Esercizio 10.2.13. Si dica se i vettori di C2 v = (1, 1) e w = (i, i) sono linearmente
dipendenti o indipendenti se consideriamo C2 come spazio su R. E su C?.
Soluzione. Su C i due vettori sono dipendenti perché sono uno multiplo dell’altro.
Mentre su R sono indipendenti. Si noti che C2 come spazio vettoriale su R è come R4 .
Quindi abbiamo due vettori in R4 e non possiamo usare il metodo del determinante. Im-
postando λv + µw = 0 e cercando soluzioni reali, otteniamo λ + iµ = 0, che abbiamo visto
sopra non avere soluzioni reali non banali. 
Esercizio 10.2.14. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di R3 sono costituiti da vettori
linearmente dipendenti o indipendenti tra loro.
                   
1 4 7 1 4 0 1 1 4 1
                   
                   
2 , 5 , 8 2 , 0 ,  5  , 1 2 , 0 , 0
                   
3 6 9 1 6 −1 1 1 6 1
10.3. ESERCIZI 64
 
1 2 3
 
 
Soluzione. Primo gruppo: La matrice 4 5 6 ha rango 2 quindi i tre vettori sono
 
7 8 9
3
dipendenti.
Secondo gruppo: Sono 4 vettori in R quindi sono dipendenti. Terzo gruppo:

1 4 1


2 0 0 = 4 6= 0 quindi i tre vettori sono indipendenti. 


1 6 1

Esercizio 10.2.15. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di (Z/2Z)3 sono costituiti da


vettori linearmente dipendenti o indipendenti tra loro.
                   
1 0 0 1 0 0 1 1 0 1
                   
                   
0 , 1 , 0 0 , 1 , 1 , 1 0 , 0 , 1
                   
1 0 0 1 0 1 1 1 1 1

Soluzione. Il primo gruppo contiene il vettore nullo: dipendenti.


Il secondo gruppo

1 0 1

3
è formato da 4 vettori in (Z/2Z) : dipendenti. Terzo gruppo: 0 0 1 = 1 6= 0 quindi i


1 1 1
tre vettori sono indipendenti. 

10.3. Esercizi
Esercizio 10.3.1. Si prendano dei vettori a caso di Kn e si controlli se sono linearmente
dipendenti o indipendenti. Fare l’esercizio con K = R, C, Z/2Z, Q. Ripetere l’esercizio con
dei vettori differenti. Ripetere . . .
Esercizio 10.3.2. Siano v1 , . . . , vk vettori di Kn e sia A la matrice in Mn×k (K) che ha i
vi come vettori colonna: A = (v1 . . . vk ). Si dimostri che i vi sono linearmente indipendenti
tra loro se e solo se il sistema AX = 0 ha un’unica soluzione: il vettore nullo.
Esercizio 10.3.3. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in R[x] sono costituiti da vettori
linearmente dipendenti o indipendenti tra loro.
1 + x, 1 + x2 , 1 + x3 x + 1, x − 1, x2 − 1 2, 2 + x, 3 + x, (2 + x)(3 + x)
Esercizio 10.3.4. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in C[x] sono costituiti da vettori
linearmente dipendenti o indipendenti tra loro.
x2 + 1, x − i, x + i (1 + x)2 , (i + x)2 (1 + ix)2 , (1 + x)2 , ix (i + x)2 , (1 + x)2 , ix, 1
10.3. ESERCIZI 65

Esercizio 10.3.5. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in Z/2Z[x] sono costituiti da


vettori linearmente dipendenti o indipendenti tra loro.
x2 +1, x+1, x−1 (1+x)2 , (1+x) (1+x)2 , 1+x+x2 (1+x)2 , 1+x2 1, 1+x, 1+x+x2
Esercizio 10.3.6. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di R3 sono costituiti da vettori
linearmente dipendenti o indipendenti tra loro.
                       
1 2 3 1 1 0 0 1 0 1 1 1
                       
                       
2 , 1 , 3 2 , 0 , 1 , 0 2 , 0 , 0 2 , 0
                       
1 2 3 1 0 0 1 1 0 1 1 1
Esercizio 10.3.7. Si dica se i seguenti insiemi di funzioni sono linearmente indipendenti
tra loro
sin(x), cos(x), sin(2x), cos(2x) ex , e2x , e3x 1, ex , e2x , (1 + ex )2
Esercizio 10.3.8. Si dica per quali valori del parametro k ∈ C i seguenti vettori di C3
risultano linearmente indipendenti tra loro
     
1 0 k
     
     
v1 =  i  , v2 = k + 1 , v3 = ik 
     
k 1 k
Esercizio 10.3.9. Si dica per quali valori del parametro k ∈ R i seguenti vettori di R3
giacciono sullo stesso piano
     
1 k−1 k
     
     
v1 = 2 , v2 =  0  , v3 = 0 
     
k 1 k
(provate a farlo senza gli strumenti dell’algebra lineare!)
Esercizio 10.3.10. Si dica per quali valori del parametro k ∈ R i seguenti vettori di R4
sono linearmente indipententi tra loro
     
1 k−1 k
     
2   0   0 
     
v1 =   , v2 =   , v3 =  
k   1   k 
     
2 2 k+2
Esercizio 10.3.11. Si dica per quali valori del parametro t ∈ R i seguenti vettori di R2
sono linearmente indipendenti tra loro
v = (cos(t), sin(t)) w = (− sin(t), cos(t))
10.3. ESERCIZI 66

Esercizio 10.3.12. Si dica per quali valori del parametro t ∈ R i seguenti vettori di R2
sono linearmente indipendenti tra loro
v = (cos(t), sin(t)) w = (− sin(2t), cos(2t))
Esercizio 10.3.13. Siano v1 , . . . vk ∈ V dei vettori linearmente dipendenti tra loro e siano
w1 , . . . , wn altri vettori di V . Si dimostri che i vettori v1 , . . . , vk , w1 , . . . , wn sono sempre
linearmente dipendenti tra loro.
Esercizio 10.3.14. Si dimostri che se v1 , . . . , vn ∈ V sono linearmente indipendenti tra
loro allora ogni sottoinsieme non vuoto dei vi è formato da vettori linearmente indipendenti
tra loro.
Esercizio 10.3.15. Siano v1 , . . . , vk ∈ V dei vettori e siano w1 , . . . , wn delle combinazioni
lineari dei vi . Si dimostri che se n > k allora i vettori wi sono sempre linearmente
dipendenti tra loro.
Esercizio 10.3.16. Siano v1 , . . . , vk ∈ V dei vettori linearmente dipendenti tra loro e
siano w1 , . . . , wk delle combinazioni lineari dei vi . Si dimostri che i vettori wi sono sempre
linearmente dipendenti tra loro.
SCHEDA 11

Sistemi di generatori

11.1. Richiami di teoria


Sia V uno spazio vettoriale su K.
Definizione 11.1.1. Dei vettori v1 , . . . , vk ∈ V generano V se ogni vettore di V si
esprime come combinazione lineare dei vi . Cioè:
X
∀v ∈ V ∃λ1 , . . . , λk t.c. v = λi vi .
Se v1 , . . . , vk generano V si dice che formano un sistema di generatori, o che sono dei
generatori.
n
 Siano v1, . . . , vk ∈ K e sia A la matrice in Mn×k (K) che ha i vi come
Teorema 11.1.2.
colonne: A = v1 . . . vk . I vettori vi sono un sistema di generatori per Kn se e solo
se rango(A) = n. In particolare, se k < n allora i vettori vi non generano mai Kn .
La dimostrazione di questo teorema segue da Rouché-Capelli usando il fatto che la
definizione di sistema di generatori per i vi si traduce nella condizione che il sistema AX = b
ammetta soluzione qualsiasi sia b. Se rango(A) fosse minore di n allora esisterebbe un b
tale che rango(A) < rango(A|b).
Corollario 11.1.3. Se v1 , . . . , vn sono vettori di Kn allora essi generano Kn se e solo se
det(A) 6= 0, ove A è la matrice che ha i vi come colonne. (Si noti che per ipotesi abbiamo
n vettori in Kn quindi la matrice è quadrata.)
Corollario 11.1.4. Se v1 , . . . , vn sono vettori di Kn allora essi generano Kn se e solo se
sono linearmente indipendenti. (Occhio che questa cosa è vera solo per n vettori in Kn ,
stesso n.)
11.2. Esempi ed esercizi svolti
Esercizio 11.2.1. Siano v1 , . . . , vk ∈ V dei vettori linearmente indipendenti. Dimostrare
che se togliamo anche un solo vi , ciò che resta non è mai un sistema di generatori.
Soluzione. Sia w il vettore che togliamo dai vi . Se quello che resta fosse un sistema
di generatori per V , allora w si esprimerebbe come combinazione lineare degli altri vi ma
allora v1 , . . . , vk sarebbero linearmente dipendenti, contrariamente all’ipotesi. 
Esercizio 11.2.2. Sia V lo spazio delle funzioni da R in sé. Dimostrare che un numero
finito di funzioni non può mai generare V .
67
11.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 68

Soluzione. Siano f1 , . . . , fk ∈ V . Sia n > k e siano x1 , . . . xn dei punti distinti della


retta reale, per esempio x1 = 1, x2 = 2, . . . , xn = n. Per ogni i = 1, . . . , k definiamo il
vettore di Rn
 
f (x
 i 1  )
 
 fi (x2 ) 
vi =  . 

 .. 

 
fi (xn )

specularmente, per ogni vettore v = (a1 , . . . , an ) ∈ Rn definiamo la funzione fv : R → R


come segue

 a x = xi
i
fv (x) =
 0 se x è non coincide con nessuno degli xi

SePle funzioni fi generassero V avremmo che per ogni f ∈ V esisterebbero λi tali P che
f = per ogni v ∈ Rn esisterebbero
λi fi . In particolareP P dei λ i tali che fv = λi fi .
Avremmo quindi fv (xn ) = λi fi (xn ) per ogni xn , cioè λi vi = v. In altre parole, se
le funzioni fi generano V allora i vettori vi generano Rn . Ma avevamo supposto n > k e
sappiamo che k vettori non generano mai Rn per n > k. Quindi le funzioni fi non generano
V. 

Esercizio 11.2.3. Si dica se i vettori x, (1 + x)2 , x2 + 1 ∈ R[x] generano R[x].

Soluzione. Una qualsiasi combinazione lineare di polinomi di secondo grado ha grado


al massimo 2. Quindi x3 non si esprime come combinazione lineare dei vettori dati, che
quindi non generano R[x]. 

Esercizio 11.2.4. Si dica se i vettori (1 + x), (1 + x)2 ∈ R[x] generano R≤2 [x].

Soluzione. Diamo dei nomi ai vettori, ponendo v1 = (1 + x), v2 = (1 + x)2 . Sia


p(x) = b0 + b1 x + b22 un generico polinomio di grado al massimo 2. Impostiamo il sistema
lineare λ1 v1 + λ2 v2 = p(x) nelle incognite λi , per vedere se ha una soluzione o no. Abbiamo

λ1 v1 + λ2 v2 = λ1 + λ1 x + λ2 (1 + 2x + x2 ) = λ1 + λ2 + x(λ1 + 2λ2 ) + x2 λ2

per cui la condizione λ1 v1 + λ2 v2 + λ3 v3 = p(x) ∈ R[x] diventa il sistema


    

 λ + λ2 = b0 1 1   b
 1
   λ  0
   1  
λ1 + 2λ2 = b1 in termini matriciali 1 2 = b1 

   λ2  

 λ2 = 0 0 1 b2
11.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 69

Dunque
  i vettori v1 , v2 generano R≤2 [x] se esolo 
se tale sistema ha soluzione per ogni

b0  1 1
   
b = b1 . Ciò e vero se e solo se la matrice 1 2 ha rango 3, ma questo è impossibile
   
b2 0 1
perché la matrice ha solo due colonne. Ponendo b2 = b1 = 0 e b0 = 1 (cioè p = 1) si ottiene
un esempio esplicito in cui il sistema non è risolubile. 
Esempio 11.2.5. I vettori 1, i ∈ C generano C come spazio vettoriale su R. (Perché?)
Esempio 11.2.6. Sia V uno spazio vettoriale su C. Se v1 , . . . , vk generano V su R allora
generano V anche su C. (Perché?)
Esercizio 11.2.7. Si dica se i vettori di C2 v = (i, 1) e w = (1, i) generano C2 se lo
consideriamo come spazio su R. E su C?


i 1
Soluzione. Si ha = i2 − 1 = −2 6= 0 quindi i due vettori generano C2 su C.

1 i
Mentre su R no, vediamo il perché. Sia (z1 , z2 ) un generico vettore di C2 . Impostiamo il
sistema λv + µw = (z1 , z2 ) cercando soluzioni con λ, µ ∈ R. Scomponiamo z1 e z2 in parte
reale e parte immaginaria: z1 = a1 + ib1 e z2 = a2 + ib2 . Il sistema diventa




 λ = b1


 iλ + µ = a + ib  µ=a
1 1 1

 λ + iµ = a2 + ib2 
 λ = a2




µ = b2

chiaramente, se b1 6= a2 il sistema non ha soluzione. 


Esercizio 11.2.8. Si dica se i vettori di C2 v = (1, 1) e w = (i, i) generano C2 come spazio
su R. E su C?.
Soluzione. Su C i due vettori sono uno multiplo dell’altro. Quindi ogni loro combina-
zione lineare sará un multiplo di (1, 1). In particolare il vettore (1, 0) non è combinazione
lineare di v e w. Ne segue che non possono generare C2 su C. Quindi nemmeno su R. 
Esercizio 11.2.9. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di R3 sono generatori di R3 .
                   
1 4 7 1 4 0 1 1 4 1
                   
                   
2 , 5 , 8 2 , 0 ,  5  , 1 2 , 0 , 0
                   
3 6 9 1 6 −1 1 1 6 1
11.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 70
 
1 2 3
 
 
Soluzione. Primo gruppo: La matrice 4 5 6 ha rango 2 quindi i tre vettori non
 
7 8 9
 
1 4 0 1
 
 
generano R3 . Secondo gruppo: La matrice 2 0 5 1 ha rango 3 quindi i 4 vettori
 
1 6 −1 1


1 4 1


3
generano R . Terzo gruppo: 2 0 0 = 4 6= 0 quindi i tre vettori generano R3 . 


1 6 1

Esercizio 11.2.10. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di (Z/2Z)3 generano (Z/2Z)3 .


                     
1 0 1 1 0 0 1 0 1 0 1
                     
                     
1 , 1 , 0 0 , 0 , 1 , 1 0 , 0 , 0 , 1
                     
1 0 1 0 0 1 1 0 1 1 1

Soluzione. Il primo e secondo gruppo: il rango


 della matrice
 formata dai vettori è due
0 1 0 1
 
 
quindi non generano (Z/2Z)3 . Terzo gruppo: 0 0 0 1 ha rango 3 quindi i quattro
 
0 1 1 1
vettori generano (Z/2Z)3 . 
Esercizio 11.2.11. Sia v1 , . . . , vk ∈ V un sistema di generatori e siano w1 , . . . , wn al-
tri vettori di V . Dimostrare che se ogni vi si ottiene come combinazione dei wi allora
w1 , . . . , wn generano V . (Vale il viceversa?)
P
Soluzione. Sappiamo che ogni vi è combinazione dei wj , cioè vi = j λij wj . Sappia-
P
mo che i vi generano, quindi per ogni v esitono µi tali che v = i µi vi . Quindi
X X X XX
v= µi vi = µi ( λij wj ) = ( µi λij )wj
i i j j i

è combinazione lineare dei wj .


Esercizio 11.2.12. Si dica se p1 = 1 + x, p2 = (1 − 3x)(1 + x), p2 = x2 − 1, p3 = 1
generano C≤2 [x].
Soluzione. Sappiamo che 1, x, x2 generano C≤2 [x]. D’altronde, 1 = p3 , x = p1 − p3 e
x2 = p2 + p3 quindi p1 , p2 , p3 generano. 
11.3. ESERCIZI 71

Esercizio 11.2.13. Si dica se i seguenti vettori generano R3


         
1 4 1 0 7
         
         
v1 = 2 , v2 = 5 , v3 = 0 , v4 = 1 , v5 = 8 ,
         
3 6 2 1 9

Soluzione. I vettori e1 = (1, 0, 0), e2 = (0, 1, 0) e e3 = (0, 0, 1) chiaramente generano


3
R . D’altronde
e2 = v1 − v3 − v4
e3 = v4 − e2 = v4 − (v1 − v3 − v4 ) = 2v4 − v1 + v3
e1 = v3 − 2e3 = v3 − 2(2v4 − v1 + v3 ) = 2v1 − 4v4 − v3
quindi i vi generano. 

11.3. Esercizi
Esercizio 11.3.1. Si prendano dei vettori a caso di Kn e si controlli se generano Kn . Fare
l’esercizio con K = R, C, Z/2Z, Q. Ripetere l’esercizio con dei vettori differenti. Ripetere
...
Esercizio 11.3.2. Dimostrare che un numero finito di polinomi non genera mai K[x].
Esercizio 11.3.3. Siano v1 , . . . , vk vettori di Kn e sia A la matrice in Mn×k (K) che ha i
vi come vettori colonna: A = (v1 . . . vk ). Si dimostri che i vi generano Kn se e solo se il
sistema AX = b ammette soluzione per ogni b.
Esercizio 11.3.4. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in R[x] generano R[x]. Generano
R≤2 [x]? e R≤3 [x]? e R≤4 [x]?
1 + x, 1 + x2 , 1 + x3 x + 1, x − 1, x2 − 1 2, 2 + x, 3 + x, (2 + x)(3 + x)
Esercizio 11.3.5. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in C[x] generano C≤k [x] con
k = 2, 3.
x2 + 1, x − i, x + i (1 + x)2 , (i + x)2 (1 + ix)2 , (1 + x)2 , ix (i + x)2 , (1 + x)2 , ix, 1
Esercizio 11.3.6. Si dica se i seguenti insiemi di vettori in Z/2Z[x] sono generano Z/2Z≤2 [x].
x2 +1, x+1, x−1 (1+x)2 , (1+x) (1+x)2 , 1+x2 (1+x)2 , 1+x2 0, 1, 1+x, 1+x+x2
Esercizio 11.3.7. Si dica se i seguenti insiemi di vettori di R3 generano R3 .
                       
1 2 3 1 1 0 0 1 0 1 1 1
                       
                       
2 , 1 , 3 2 , 0 , 1 , 0 2 , 0 , 0 2 , 0
                       
1 2 3 1 0 0 1 1 0 1 1 1
11.3. ESERCIZI 72

Esercizio 11.3.8. Si dica per quali valori del parametro k ∈ C i seguenti vettori di C3
generano C3 .        
2
k 1 k k
       
       
v1 =  0  , v2 = k + 1 , v3 = k  v3 = ik 
       
k 1 k k

Esercizio 11.3.9. Si dica per quali valori del parametro k ∈ R i seguenti vettori di R3
generano R3      
1 k−1 k
     
     
v1 = 2 + k  , v2 =  0  , v3 = 0
     
k 1 k

Esercizio 11.3.10. Si dica per quali valori del parametro k ∈ R i seguenti vettori di R4
generano R4 .
         
k k−1 0 k k
         
2  1  0  0   k 
         
v1 =   , v2 =   , v3 =   v4 =   v5 =  
k   0  0  k   k 
         
2 2 0 k+2 k+2
Esercizio 11.3.11. Siano v1 , . . . vn dei generatori di V e siano w1 , . . . , wn altri vettori di
V . Si dimostri che i vettori v1 , . . . , vk , w1 , . . . , wn generano V .
Esercizio 11.3.12. Siano v1 , . . . , vk ∈ V dei vettori e siano w1 , . . . , wn delle combina-
zioni lineari dei vi . Si dimostri che se v1 , . . . , vk , w1 , . . . , wn generano V allora v1 , . . . , vk
generano V .
Esercizio 11.3.13. Siano v1 , . . . , vn dei generatori di V con la seguente proprietà: Se
togliamo anche uno solo dei vi quello che resta non genera V . Dimostrare che i vi sono
linearmente indipendenti tra loro.
SCHEDA 12

Basi

12.1. Richiami di teoria


Sia V uno spazio vettoriale su K.
Definizione 12.1.1. Un’insieme ordinato di vettori v1 , v2 , v3 , . . . si dice base di V se:
(1) Generano V
(2) Sono linearmente indipendenti
Teorema 12.1.2. Ogni spazio vettoriale ammette una base.
Teorema 12.1.3. Due basi diverse di uno stesso spazio vettoriale hanno sempre la stessa
cardinalità (numero di elementi).
Definizione 12.1.4. Uno spazio vettoriale si dice di dimensione finita se ammette una
base formata da un numero finito di elementi. In tal caso, il numero di elementi di una
base si dice dimensione di V .
Definizione 12.1.5. Si dice base canonica di Kn l’insieme
       
1 0 0 0
       
0 1 0 0
       
      .
e1 = 0 , e2 = 0 , e3 = 1 , . . . , en =  .
.
     
. . .  
 ..   ..   ..  0
       
0 0 0 1

Definizione 12.1.6. Si dice base canonica di Mm×n (K) l’insieme delle matrici

 1 i = k, j = l
Eij definita da (Eij )kl =
 0 altrimenti
con l’ordine lexicografico.
Definizione 12.1.7. Si dice base canonica di K[x] l’insieme:
1, x, x2 , x3 , x4 , . . .
ordinati secondo il grado.
73
12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 74

Teorema 12.1.8.
 Siano v1, . . . , vk ∈ Kn e sia A la matrice in Mn×k (K) che ha i vi come
colonne: A = v1 . . . vk . I vettori vi formano una base di Kn se e solo se n = k e
det(A) 6= 0.
Questo teorema è un’immediata conseguenza dei corrispondenti enunciati delle schede
su lineare indipendenza e generatori.
Corollario 12.1.9. n vettori di Kn , stesso n, formano una base se e solo se generano, se
e solo se sono linearmente indipendenti.
Attenzione: Ció è falso per k vettori di Kn con k 6= n.
Teorema 12.1.10. Sia V uno spazio vettoriale su K.
(1) Da ogni insieme di generatori di V si può estrarre una base di V .
(2) Ogni insieme di vettori linearmente indipendenti si estende a base di V .
Il primo punto lo si dimostra per scarti successivi, eliminando i vettori che sono combi-
nazione lineare dei precedenti, il secondo aggiungendo ad uno ad uno elementi di una base
di V che non siano combinazione lineare dei precedenti.
Corollario 12.1.11. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n. Se v1 , . . . , vn ∈ V
sono linearmente indipendenti allora generano e viceversa. Attenzione: vale solo se sono
n vettori in dimensione n, stesso n.
Teorema 12.1.12 (Rouché-Capelli, reloaded). Un sistema lineare AX = b ha soluzione se
e solo se rango(A) = rango(A|b). Lo spazio delle soluzioni del sistema omogeneo AX = 0
ha dimensione n − rango(A) ove n è il numero delle incognite.
Teorema 12.1.13. Dato un sistema lineare AX = b che ammetta soluzione X0 , tutte le
altre soluzioni del sistema sono della forma X0 + X con AX = 0.

12.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 12.2.1. I vettori
     
0 0 1
     
     
1 , 0 , 2
     
2 3 3
sono una base di R3 .
   
0 1
   
   
Esempio 12.2.2. I vettori 0 , 2 non sono una base di R3 perché non generano (o
   
3 3
3
perché sono solo 2 e R ha dimensione 3).
12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 75

Esempio 12.2.3. I vettori


     
0 0 0
     
     
1 , 0 , 2
     
2 3 3
non sono una base di R3 perché non sono linearmente indipendenti tra loro.
Esempio 12.2.4. Lo spazio V : {f : R → R} non ha dimensione finita. (Perché?)
Esempio 12.2.5. Lo spazio K[x] non ha dimensione finita. (Perché?)
Esempio 12.2.6. La dimensione di Kn è n. (Perché?)
Esempio 12.2.7. La dimensione di K≤n [x] è n + 1 in quanto la base canonica è costituita
da n + 1 vettori: 1, x, x2 , . . . , xn .
Esempio 12.2.8. La dimensione di Mm×n (K) è mn perché la base canonica è formata da
mn elementi.
Esercizio 12.2.9. Calcolare
la dimensione
 dello spazio delle soluzioni di AX = 0 calco-
0 1 2
 
 
landone una base, con A = 1 2 3.
 
0 1 2

Soluzione. Il sistema AX = 0 è il seguente:





 y + 2z = 0

x + 2y + 3z = 0



 y + 2z = 0

Risolvendolo per sostituzione si ottiene


 
 y = −2z  y = −2z
 x = −2y − 3z  x = 4z − 3z = z

Quindi le soluzioni sono tutte del tipo


   
−z −1
   
   
 2z  = z  2 
   
z 1

La dimensione è quindi 1 e una base è formata dal vettore (−1, 2, 1). 


12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 76

Esercizio 12.2.10. Calcolare la dimensione dello spazio delle soluzioni di AX = 0 calco-


 
0 i 2 i
 
1 2 3 2i
 
landone una base, ove A =  .
0 i 2 i
 
1 2−i 1 i
Soluzione. Il sistema AX = 0 è il seguente:



 iy + 2z + it = 0


 x + 2y + 3z + 2it = 0


 iy + 2z + it = 0



x + (2 − i)y + z + it = 0
Risolvendolo per sostituzione si ottiene
 
 iy = −2z − it  y = 2iz − t
 x = −2y − 3z − 2it  x = −4iz + 2t − 3z − 2it = −z(3 + 4i) + 2t(1 − i)

Quindi le soluzioni sono tutte del tipo


     
−3z − 4iz + 2t(1 − i) −3 − 4i 2 − 2i
     

 2iz − t 

 2i 
 
 −1 
 
 =z + t 

 z 

 1 
 
 0 
 
t 0 1
Dunque i vettori v1 = (−3 − 4i, 2i, 1, 0) e v2 = (2 − 2i, −1, 0, 1) generano
lo spazio delle

1 0
soluzioni. In oltre, sono linearmente indipendenti perché il minore = 1 6= 0 e dunque

0 1
v1 , v2 costituisce una base dello spazio delle soluzioni di AX = 0, che quindi ha dimensione
2.
Si noti che la dimensione si poteva dedurre da Rouché-Capelli perché rango(A) = 2
(infatti la matrice A ha due righe uguali e l’ultima riga è combinazione delle prime due). 
Esercizio 12.2.11. Si trovino tutte le soluzioni di AX = b ove
   
0 i 2 i 0
   
1 2 3 2i i
   
A=  b= 
0 i 2 i  0
  
1 2−i 1 i i
12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 77

Soluzione. Una soluzione particolare risolvendo il sistema a mano, ed è per esempio


X0 = (i, 0, 0, 0). Tutte le soluzioni sono quindi della forma X0 + λv1 + µv2 ove v1 e v2 sono
come nell’esercizio precedente. 
Esercizio 12.2.12. Si trovino tutte le soluzioni di AX = b ove
   
0 1 0 2 0
   
1 2 2 1 1
   
A=  b= 
1
 1 2 −1  1
 
1 2 2 1 1
Questo esercizio lo risolviamo in due modi.
Soluzione. (1) Per Rouché-Capelli sappiamo che le soluzioni del sistema omogeneo
formano uno sottospazio di R4 di dimensione 2 (la matrice A ha rango 2). Troviamo adesso
le soluzioni del sistema omogeneo risolvendo il sistema a mano. Prima semplifichiamo con
operazioni elementari sulle righe:
   
0 1 0 2 0 1 0 2
   
1 2 2 1  1 2 2 1
   
R4 − R2 →  , R3 + R1 →  
1 1 2 −1 1 2 2 1
   
0 0 0 0 0 0 0 0
   
0 1 0 2 0 1 0 2
   
1
 2 2 1

1
 0 2 −3

R3 − R2 →  , R2 − 2R1 →  
0 0 0 0 0 0 0 0
   
0 0 0 0 0 0 0 0
il sistema omogeneo è quindi equivalente a
 
 y + 2t = 0  y = −2t
 x + 2z − 3t = 0  x = −2z + 3t

che ha soluzioni
       
x −2z + 3t −2 3
       
y   −2t  0 −2
       
 =  = z + t 
z   z 1
   0
     
t t 0 1
12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 78

quindi i vettori v1 = (−2, −2, 1, 0) e v2 = (3, 0, 0, 1) generano lo spazio delle soluzioni. Sono
2 generatori di uno spazio di dimensione 2, quindi ne sono una base.
Una soluzione particolare è chiaramente data da (1, 0, 0, 0). Tutte le soluzioni di AX = b
sono quindi della forma
 
1
 
0
 
  + λ1 v1 + λ2 v2
0
 
0

Soluzione. (2) Risolviamo il sistema a mano

 y + 2t = 0 






 y = −2t 
 x + 2y + 2z + t = 1   y = −2t
x − 4t + 2z + t = 1


 x + y + 2z − t = 1 


 x + 2z − 3t = 1

  x − 2t + 2z − t = 1

x + 2y + 2z + t = 1

 y = −2t
 z = 1+3t−x
2

Le soluzioni sono quindi


         
x x 1 0 0
         
y   −2t   0   −2   0 
         
 =  = x + t  +  
z   1+3t−x  −1/2 3/2 1/2
   2       
t t 0 1 0
Il fatto che apparentemente sono diverse da quelle della soluzione (1) non deve spaventare:
sono due modi diversi di descrivere lo stesso insieme. 
Esercizio 12.2.13. Si dica se l’insieme di vettori costituisca una base di R≤3 [x]
1 + 2x + x2 , 1 − x, x3
Soluzione. Sono 3 vettori in uno spazio di dimensione 4, quindi non lo possono
generare. (Perché?) 
Esercizio 12.2.14. Si dica se l’insieme di vettori costituisca una base di R≤3 [x]
1 + 2x + x2 , 1 − x, x3 , x2 , (1 + x)3
12.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 79

Soluzione. Sono 5 vettori in uno spazio di dimensione 4, quindi non possono essere
linearmente indipendenti. (Perché?) 
Esercizio 12.2.15. Si dica se l’insieme di vettori costituisca una base di R≤3 [x]
p1 = 1 + 2x + x2 , p2 = 1 − x, p3 = x3 , p4 = x2
Soluzione. Sono 4 vettori in uno spazio di dimensione 4, quindi ci basta dimostrare
che generano. (Perché?) I vettori p3 e p4 fanno parte della base canonica di R≤ [x] il vettore
1 della base canonica si ottiene come 2p2 − p1 + p4 ed il vettore x si ottiene come −p2 + 1.
Quindi i vettori della base canonica sono combinazione dei pi che quindi generano. 
Esercizio 12.2.16. Si verifichi che il seguente insieme sia formato da polinomi linearmente
indipendenti tra loro. Si estenda tale insieme a base di C≤3 [x]
v1 = 1 + x, v2 = 1 + x + ix2
Soluzione. I vettori v1 e v2 non sono multipli l’uno dell’altro, quindi sono linearmente
indipendenti tra loro. Aggiungiamo uno a uno i vettori della base canonica. Aggiungiamo
1
v1 = 1 + x, v2 = 1 + x + ix2 , v3 = 1
Controlliamo se tali vettori siano ancora linearmente indipentendi tra loro. Il sistema
λ1 v1 + λ2 v2 + λ3 v3 = 0 diventa


 λ + λ2 + λ3 = 0
 1

λ1 + λ2 = 0



 iλ2 = 0

che ha come unica soluzione quella banale. Quindi v1 , v2 , v3 sono linearmente indipendenti
tra loro. Non sono ancora una base di C≤3 [x] perché tale spazio ha dimensione 4. Proviamo
ad aggiungere il secondo vettore della base canonica x. Siccome x = v1 + v3 aggiungendo
x si ottiene un insieme di vettori dipendenti, quindi non lo aggiungiamo. Proviamo con
x2 . Anche x2 è combinazione lineare dei vi : x2 = −i(v2 − v1 ) quindi non lo aggiungiamo.
Proviamo x3 :
v1 = 1 + x, v2 = 1 + x + ix2 , v3 = 1, v4 = x3
Tali vettori generano in quanto i vettori della base canonica si esprimono come loro com-
binazione lineare. Essendo 4 vettori in uno spazio di dimensione 4 sono anche generatori e
dunque ne sono una base. 
Esercizio 12.2.17. Estrare una base dal seguente insieme di generatori di R3 .
         
0 1 2 1 0
         
         
v1 = 1 , v2 = 2 , v3 = 3 , v4 = 1 , v5 = 0
         
2 3 4 1 2
Questo esercizio lo risolviamo in due modi differenti.
12.3. ESERCIZI 80

Soluzione. (1) Primo metodo: scarti successivi. Il primo vettore è non nullo, lo
teniamo. Il secondo vettore non è multiplo del primo, lo teniamo. Il terzo vettore è uguale
a 2v2 −v1 , lo buttiamo via. Il quarto vettore è uguale a v2 −v1 , lo buttiamo via. Rimangono
i vettori v1 , v2 , v5 . Se sono linearmente indipendenti abbiamo ottenuto una base di R3 .


0 1 0






0 1
1 2 0 = 2
= −2 6= 0




1 2
2 3 2

Soluzione. (2) Prima di tutto calcoliamo il rango della matrice che ha i vi come
colonne usando il metodo dei minori orlati
 
0 1 2 1 0
 
A = 1 2 3 1 0
 
2 3 4 1 2

Il minore formato dalle prime due colonne e dalla quinta colonna è non nullo quindi i
vettori il rango è 3, i vettori dati sono effettivamente dei generatori di R3 e i vettori
v1 , v2 , v5 formano una base di R3 .
Attenzione: andava bene anche il minore formato dalle ultime tre colonne. Quindi
anche v3 , v4 , v5 formano una base di R3 . 

12.3. Esercizi
Esercizio 12.3.1. Si dica se i seguenti gruppi di vettori siano una base di C3
                         
1 1 0 1 1 0 1 1  i  1 1 0 0
                         
0 , 0 , 0 0 , 1 , 0 0 , 2 ,  0  0 , 1 , 0 , 2
                         
i 1 i i 1 i i 2 −1 i 1 1 1

Esercizio 12.3.2. Si dica se i seguenti gruppi di vettori siano una base di R4


                     
1 1 0 1 1 0 1 1 1 1 0
                     
0 1 0 0 1 0 0 0 2  0  0
                     
 , ,   , , ,   , , , 
1 0 1 1 1 1 2 1 2 −1 0
                     
1 1 1 0 0 1 1 0 1 1 1
12.3. ESERCIZI 81

Esercizio 12.3.3. Si dica se i seguenti gruppi di vettori siano una base di (Z/2Z)3
                       
1 1 1 1 0 1 1 1 1 1 0 0
                       
                       
0 , 0 0 , 1 , 0 0 , 1 ,  0  0 , 1 , 0 , 1
                       
i 1 1 1 1 1 1 −1 1 1 1 1

Esercizio 12.3.4. Si dica se i seguenti polinomi siano una base di R≤3 [x]
1 + x, (1 + x)2 , (1 + x)3 1 + x, 1 − x, x(1 − x), x(1 + x)(1 − x) 1, x, x2 , x3 , (1 + x)
Esercizio 12.3.5. Siano v1 , . . . , vk dei vettori di uno spazio vettoriale V di dimensione n.
Dimostrare che se k < n allora i vi non possono generare V .
Esercizio 12.3.6. Siano v1 , . . . , vk dei vettori di uno spazio vettoriale V di dimensione n.
Dimostrare che se k > n allora i vi non possono essere linearmente indipendenti.
Esercizio 12.3.7. Siano v1 , . . . , vk dei vettori di uno spazio vettoriale V di dimensione n.
Dimostrare che se k = n allora i vi generano V se e solo se sono linearmente indipendenti
se e solo se sono una base di V .
Esercizio 12.3.8. Si dimostri che l’insieme delle soluzioni dell’equazione differenziale
f ′′ (x) = −f (x)
è uno spazio vettoriale. Se ne calcoli la dimensione dimostrando che le funzioni sin(x) e
cos(x) ne sono una base.
Esercizio 12.3.9. Si dimostri che se V è uno spazio vettoriale su C allora
dimR (V ) = 2 dimC (V ).
Esercizio 12.3.10. Trovare una base dello spazio delle soluzioni di AX = 0 con A =
   
    1 1 1 1 1 −1 1 1
1 1 1 1 1 1 1 1    
    1 0 1 0 1 0 1 0
       
1 0 1 0 1 0 1 0    
    0 1 0 2  2 −3 2 3 
   
0 1 0 1 0 1 0 2
2 2 2 3 −1 2 −1 −2
Esercizio 12.3.11. Trovare tutte le soluzioni di AX = b con
             
1 1 1 1 1 −1 1 1 1 0 1 1 1
             
1 0 1 0  1 0 1 0
 1 1 1  1   0 
           
A= ,  b =  , , , , 
0
 1 0 2  2 −3 2
  3 1 2 0  2   3 
         
2 2 2 3 −1 2 −1 −2 1 3 2 −1 −2
12.3. ESERCIZI 82

Esercizio 12.3.12. Trovare tutte le soluzioni di AX = b con


             
1 1 1 1 1 1 1 1 1 0 1 1 2
             
             
A = 1 0 1 0 , 1 0 1 0 b = 1 , 1 , 0 , 1 , 1
             
0 1 0 1 0 1 0 2 1 1 1 0 1
Esercizio 12.3.13. Sia V ⊂ R≤3 [x] l’insieme dei polinomi tali che p(0) = 0. Dimostrare
che V è un sottospazio vettoriale e trovarne una base.
Esercizio 12.3.14. Sia V ⊂ R≤3 [x] l’insieme dei polinomi tali che p(0) = p(1) = 0.
Dimostrare che V è un sottospazio vettoriale e calcolarne la dimensione.
Esercizio 12.3.15. Sia V ⊂ R≤3 [x] l’insieme dei polinomi tali che p(0) = p(1) = p(2) = 0.
Dimostrare che V è un sottospazio vettoriale e calcolarne la dimensione.
Esercizio 12.3.16. Sia V ⊂ R≤3 [x] l’insieme dei polinomi tali che p(0) = p(1) = p(2) =
p(3) = 0. Dimostrare che V è un sottospazio vettoriale e calcolarne la dimensione.
Esercizio 12.3.17. Descrivere l’insieme V ⊂ R≤3 [x] dei polinomi tali che p(0) = 1 e
p(1) = 1. Dimostrare che V non è un sottospazio vettoriale.
Esercizio 12.3.18. Si verifichi che l’insieme 1, 1 + x2 , x + x3 è formato da vettori linear-
mente indipendenti e si estenda a base di R≤4 [x].
Esercizio 12.3.19. Si verifichi che l’insieme x−x3 , x+x3 è formato da vettori linearmente
indipendenti e si estenda a base di R≤4 [x].
Esercizio 12.3.20. Si estragga una base dai seguenti insiemi di vettori dopo aver control-
lato che siano dei generatori di C≤2 [x].
1 + x, i + x, x2 , (x + 1)(x + i) 1 + ix, 1 + x, 1, x, 1 + x2
Esercizio 12.3.21. Si verifichi che i seguenti insiemi siano formati da vettori linearmenti
indipendenti e si estendano a base di R4
                 
1 1 1 1 1 0 0 1 0
                 
0 1 1 0 2 0 0 2 0
                 
 , ,   , ,   , , 
0 0 1 0 3 1 0 3 1
                 
0 0 0 0 4 0 1 4 0
Esercizio 12.3.22. Si estragga una base dai seguenti insiemi di vettori dopo aver verificato
che generino R3
                   
0 1 1 0 1 1 1 2 3 0
                   
                   
0 , 0 , 1 , 1 , 1 0 , 2 , 2 , 2 , 0
                   
0 0 0 0 1 0 3 3 3 1
12.3. ESERCIZI 83

Esercizio 12.3.23. Esibire almeno 100 basi diverse di Kn , K≤n [x], Mn×n K con K =
R, C, Z/2Z e n = 1, . . . , 100.
Esercizio 12.3.24. Sia A ∈ Mm×n (K). Dimostrare che le colonne di A generano Km se
e solo se le righe di A sono linearmente indipendenti.
Esercizio 12.3.25. Sia A ∈ Mm×n (K). Dimostrare che le colonne di A sono linearmente
indipendenti se e solo se le righe di A generano Kn .
Esercizio 12.3.26. Sia V uno spazio vettoriale su K e siano v1 , . . . , vn ∈ V . Dimostrare
che v1 , . . . , vn sono una base di V se e solo se ogni vettore di V si esprime in modo unico
come combinazione lineare dei vi .
SCHEDA 13

Span, equazioni cartesiane e parametriche di sottospazi vettoriali


ed affini

13.1. Richiami di teoria


Sia V uno spazio vettoriale su K. Ricordiamo che un sottospazio di V è un sottoinsieme
chiuso per somma e prodotto per scalare.
Definizione 13.1.1. Dato un sottoinsieme I ⊂ V il sottospazio vettoriale generato
da I, che si indica con span(I) è:
(1) Il piú piccolo sottospazio di V contenente I.
(2) L’intersezione di tutti i sottospazi contenenti I.
(3) L’insieme di tutte le combinazioni lineari di elementi di I.
Teorema 13.1.2. Le tre definizioni di span date qui sopra sono effettivamente equivalenti.
La dimostrazione di questo teorema è un facile esercizio.
Teorema 13.1.3. Da ogni I ⊂ V si estrae una base di span(I).
La dimostrazione di questo teorema è identica a quella del teorema di estrazione della
base da un insieme di generatori di V .
Teorema 13.1.4. Il rango di una matrice è la dimensione dello spazio generato dalle sue
righe.
La dimostrazione di questo teorema segue dalla definizione di rango che abbiamo dato,
notando che le operazioni elementari suole righe non cambiano lo spazio da loro generato.
Teorema 13.1.5. Il rango di una matrice è la dimensione dello spazio generato dalle sue
colonne.
Questo teorema segue dal precedente e dal fatto che rango(A) = rango(AT ).
Definizione 13.1.6. Descrivere un sottospazio W < Kn tramite equazioni cartesiane
significa trovare un sistema lineare omogeneo di cui W sia lo spazio delle soluzioni
W = {AX = 0}.
Definizione 13.1.7. Descrivere un sottospazio W < Kn tramite equazioni parametri-
che significa esprimere i vettori di W come combinazione lineare, con dim(W ) parametri,
di una base di W . X
W ={ λi vi }
i

84
13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 85

Il passaggio da cartesiane a parametriche si fa risolvendo il sistema per sostituzione ed


isolando i parametri indipendenti. Il passaggio da parametriche a cartesiane è un po’ piú
complesso. Si fa imponendo che il rango della matrice M  = (v 1 . . . vk X) sia k = dim(W ).

x
 1
.
Ove v1 , . . . , vk è la base data dalle paramentriche e X =  ..  è il vettore colonna delle
 
xn
n
incognite in K . Usando il metodo dei minori orlati e sviluppando gli orlati secondo la
colonna delle incognite si ottiene un sistema di n − k equazioni.
Definizione 13.1.8. Un sottospazio affine di Kn è un sottoinsieme W descritto come
insieme delle soluzioni di un sistema non omogeneo
AX = b.
La giacitura giac(W ) di W è il sottospazio vettoriale di equazioni AX = 0. La dimen-
sione di W è la dimensione della sua giacitura.
Un sottospazio affine è un sottospazio vettoriale solo se passa per lo zero, ossia se
coincide con la propria giacitura.
Definizione 13.1.9. Descrivere un sottospazio affine W di Kn tramite equazioni carte-
siane significa trovare un sistema lineare di cui W sia lo spazio delle soluzioni
W = {AX = b}.
Definizione 13.1.10. Descrivere un sottospazio affine W Kn tramite equazioni para-
metriche significa esprimere i vettori di W come traslati di vettori della giacitura:
X
W = X0 + { λi vi }
i

ove i vettori vi sono una base di giac(W ) e X0 è un qualsiasi elemento di W .


Il passaggio tra equazioni cartesiane e parametriche si fa per gli spazi affini come per
gli spazi vettoriali. In particolare, nel passaggio da cartesiane a parametriche si devono
trovare: una qualsiasi soluzione particolare del sistema (il vettore X0 ); tutte le soluzioni del
sistema omogeneo. Mentre per il passaggio da parametriche a cartesiane si usa il metodo
dei minori orlati con il vettore X − X0 come colonna delle incognite.

13.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 13.2.1. Lo span di un sottospazio vettoriale è se stesso.
Esempio 13.2.2. Lo span di un vettore non nullo di R3 è la retta passante per quel vettore.
Esempio 13.2.3. Lo span di due vettori in R2 è: lo zero se entrambi i vettori sono nulli,
una retta se sono uno multiplo dell’altro, tutto R2 altrimenti.
13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 86

Esempio 13.2.4. Lo span di tre vettori in R3 è: lo zero se entrambi i vettori sono nulli,
una retta se sono tutti multipli di uno di loro, un piano se sono linearmente dipendenti tra
loro ma non tutti paralleli, tutto R3 se sono linearmente indipendenti.

Esercizio 13.2.5. Calcolare la dimensione di span(v1 , v2 , v3 , v4 ) con


       
1 1 −1 2
       
0 −1 2 −1
       
v1 =   , v2 =   , v3 =   , v4 =  
1 1 −1 2
       
0 1 −2 1

Soluzione. Il rango di
 
1 1 −1 2
 
0 −1 2 −1
 
 
1 1 −1 2 
 
0 1 −2 1

è due (perché?) e quindi la dimensione dello span dei vi è 2. 

Esercizio 13.2.6. In (Z/2Z)4 , si dica quanti elementi ha lo span(v1 , v2 , v3 , v4 ) con


       
1 1 −1 0
       
0 −1 0 −1
       
v1 =   , v2 =   , v3 =   , v4 =  
1 1 −1 0
       
0 1 0 1

Soluzione. Il rango di
 
1 1 −1 0
 
0 −1 0 −1
 
 
1 1 −1 0 
 
0 1 0 1

è due (perché?) e quindi la dimensione dello span dei vi è 2; dunque ha 4 elementi perchè
ogni spazio vettoriale su Z/2Z che abbia dimensione 2 ha 22 = 4 elementi. 

Esempio 13.2.7. Lo span di {xy = 1} ⊂ R2 è tutto R2 perchè l’insieme {xy = 1} contiene


due vettori linearmente indipendenti tra loro.
13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 87

Esempio 13.2.8. Lo span della curva c(t) = (sin(t),


  sin(t)
  − cos(t), cos(t)) è un piano in
1 0
   
   
R3 . Infatti ogni vettore c(t) appartiene a span(1 , −1) in quanto
   
0 1
   
1 0
   
   
c(t) = sin(t) 1 + cos(t) −1
   
0 1
Esercizio 13.2.9. Si calcoli la dimensione di span(v1 , v2 , v3 , v4 ) con
v1 = 1 + x, v2 = (1 + x)2 , v3 = 1 + x3 , v4 = 3 + 3x + x2 + x3
.
Soluzione. Usiamo il metodo degli scarti successivi per estrarre una base di span(v1 , v2 , v3 , v4 )
dai vi stessi. v1 è non nullo, lo teniamo. v2 non è un multiplo di v1 , lo teniamo. v3 è un
polinomio di grado 3 e quindi non è combinazione lineare di polinomi di grado al piú 2,
quindi v3 non è combinazione lineare di v1 e v2 . Lo teniamo. v4 è la somma di v1 , v2 , v3 , lo
buttiamo. Una base di span(v1 , v2 , v3 , v4 ) è dunque v1 , v2 , v3 . Quindi la dimensione cercata
è 3. 
Esercizio 13.2.10. Si trovino le equazioni parametriche della retta di R3 di equazioni
cartesiane 
 2x − z = 1
 x−y+z =2

Soluzione. Risolviamo il sistema per sostituzione


   
 2x − z = 1  z = 2x − 1  z = 2x − 1  z = 2x − 1
 x − y + z = 2  x − y + 2x − 1 = 2  3x − y = 3  y = 3 − 3x

quindi la retta è data dall’insieme dei vettori (x, y, z) della forma


       
x x 0 1
       
       
y  = 3 − 3x =  3  + x −3
       
z 2x − 1 −1 2
Detti    
0 1
   
   
p0 =  3  v = −3
   
−1 2
13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 88

La retta ha equazioni parametriche p0 + tv, con t parametro reale. 


Esercizio 13.2.11. Si trovino le equazioni parametriche del piano di R3 di equazione
x + y + z = 1.
Soluzione. Risolvendo per sostituzione si trova
         
x 1−y−z 1 −1 −1
         
         
y  =  y  = 0 + y  1  + z  0 
         
z z 0 0 1
Ponendo      
1 −1 −1
     
     
X0 = 0 v1 =  1  v2 =  0 
     
0 0 1
Le equazioni parametriche si possono scrivere come X0 + λv1 + µv2 . 
Esercizio
 13.2.12.Si trovino
  delle equazioni parametriche per AX = 0 e AX = b con
1 1 1 0 1
A=  e b =  .
2 1 0 −1 0
Soluzione. Risolviamo per sostituzione il sistema

 x+y+z =0
 2x + y − t = 0
  
 x = −y − z  x = −y − z  x = −y − z
 2(−y − z) + y − t = 0  −y − 2z − t = 0  t = −y − 2z
per cui le soluzioni sono
       
x −y − z −1 −1
       
y   y  1 0
       
 =  = y +z 
z   z  0 1
       
t −y − 2z −1 −2
Per il sistema non omogeneo usiamo lo stesso procedimento risolvendo per sostituzione il
sistema 
 x+y+z =1
 2x + y − t = 0
13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 89

  
 x = −y − z + 1  x = −y − z + 1  x = −y − z + 1
 2(−y − z + 1) + y − t = 0  −y − 2z + 2 − t = 0  t = 2 − y − 2z

per cui le soluzioni sono


         
x −y − z + 1 1 −1 −1
         
y   y  0 1 0
         
   = =
   + y   + z  
z   z  0 0
     1
    
t 2 − y − 2z 2 −1 −2

Esercizio 13.2.13. Si trovino le equazioni cartesiane della retta r(t) = (2 + t, t, 3 − t).
Soluzione. Si ha    
2 1
   
   
r(t) = 0 + t  1 
   
3 −1
Tramite il metodo dei minori orlati imponiamo che il rango della seguente matrice sia
1.  
 1 x − 2
 
1 y 
 
−1 z − 3
Il minore formato dalla prima riga e prima colonna è non nullo. I suoi orlati sono


1 x − 2 1 x − 2
= y−x+2 =z−3+x−2= x+z−5

1 y −1 z − 3
Le equazioni cartesiane sono dunque

 x−y =2
 x+z =5


   
1 1
   
   
Esercizio 13.2.14. Si trovino le equazioni cartesiane del piano di giacitura span(1 , −1)
   
1 1
e passante per il punto (2, 3, 1).
13.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 90

Soluzione. Imponiamo che il rango della seguente matrice sia 2.


 
1 1 x−2
 
 
1 −1 y − 3
 
1 1 z−1

in questo caso basta che il determinante sia nullo (perché?)




1 1 x − 2














1 −1 1 1 1 1
1 −1 y − 3 = (x − 2)
− (y − 3)

+ (z − 1)
= 2(x − 2) − 2(z − 1)




1 1 1 1 1 −1
1 1 z − 1
Quindi l’equazione è x − z = 1. 
   
0 0
   
1 1
   
Esercizio 13.2.15. Si trovino delle equazioni cartesiane per span(  ,  )
2 0
   
3 1
Soluzione. Si deve imporre, tramite i minori orlati, che il rango della seguente matrice
sia 2
 
0 0 x
 
1 1 y 
 
 
2 0 z 
 
3 1 t
Un minore non nullo di ordine due costruito usando le prime due colonne è quello ottenuto
usando la seconda e terza riga. I suoi orlati sono


0 0 x 1 1 y


















2 0 1 1 1 1
1 1 y = −2x 2 0 z = y
−z

+ t
= 2y + 2z − 2t








3 1 3 1 2 0
2 0 z 3 1 t
Il sistema richiesto è quindi
 
 −2x = 0  x=0
equivalente a
 2y + 2z − 2t = 0  y+z−t=0


13.3. ESERCIZI 91

Esercizio 13.2.16. Si trovino delle equazioni cartesiane per il sottospazio affine di R4


   
0 0
   
1 1
   
passante per (1, 2, 3, 4) e con giacitura span(  ,  ).
0 1
   
0 1
Soluzione. Si deve imporre, tramite i minori orlati, che il rango della seguente matrice
sia 2  
0 0 x−1
 
1 1 y − 2
 
 
0 1 z − 3
 
0 1 t−4
Un minore non nullo di ordine due costruito usando le prime due colonne è quello ottenuto
usando la seconda e quarta riga. I suoi orlati sono


0 0 x − 1 1 1 y − 2


1 1 y − 2 = x − 1 0 1 z − 3 = (t − 4) − (z − 3)


0 1 t − 4 0 1 t − 4
Il sistema richiesto è quindi
 
 x−1=0  x=1
equivalente a
 (t − 4) − (z − 3) = 0  t−z =1


13.3. Esercizi
Esercizio 13.3.1. Siano A, B due matrici moltiplicabili. Dimostrare che le colonne di AB
appartengono allo span delle colonne di A.
Esercizio 13.3.2. Siano A, B due matrici moltiplicabili. Dimostrare che le righe di AB
appartengono allo span delle righe di B.
Esercizio 13.3.3. Siano A, B due matrici moltiplicabili. Dimostrare che il rango di AB
non eccede né il rango di A né quello di B. Dare un esempio in cui è strettamente piú
piccolo.
Esercizio 13.3.4. Sia A un vettore colonna non nullo e B un vettore riga non nullo.
Dimostrare che AB ha rango esattamente 1.
Esercizio 13.3.5. Sia A ∈ Mm×n (K), sia Y ∈ Kn un vettore colonna e sia b = AY . Si
dimostri che il sistema AX = b ha sempre soluzione.
13.3. ESERCIZI 92

Esercizio 13.3.6. Si determini lo span del seguente sottoinsieme di R2 :


{(1, 1), (1, −1), (−1, 1), (−1, −1)}.
Esercizio 13.3.7. Si determini lo span del seguente sottoinsieme di R2 : {(1, 1), (−1, −1)}.
Esercizio 13.3.8. Si determini lo span del seguente sottoinsieme di R2 : {(x, y) : y = x2 }.
Esercizio 13.3.9. Si determini lo span del seguente sottoinsieme di R2 :
{(sin(t), tan(t)) : t ∈ (π/4, π/3)}.
Esercizio 13.3.10. Si determini lo span del seguente sottoinsieme di R3 :
{(cos(t), cos(2t), sin(t)) : t ∈ R}.
Esercizio 13.3.11. In (Z/2Z)4 , si dica quanti elementi ha lo span(v1 , v2 , v3 , v4 ) con
       
1 1 −1 0
       
0 0 0 −1
       
v1 =   , v2 =   , v3 =   , v4 =  
1 1 −1 0
       
0 1 0 1
Esercizio 13.3.12. Si trovino le equazioni cartesiane del sottospazio di C4 passante per
   
1 1
   
1 0
   
(1, 0, i, 0) e di giacitura span(  ,  )
1 0
   
0 i
Esercizio 13.3.13. Si trovino le equazioni cartesiane del sottospazio di C4 passante per
     
1 1 1
     
1 0 0
     
(1, 0, 1, 0) e di giacitura span(  ,   ,  ).
1 0  i 
     
0 i i
Esercizio 13.3.14. Al variare del parametro k ∈ R si trovino le equazioni cartesiane del
sottospazio affine di R3 passante per X0 e di giacitura v1 , v2 con
     
0 k 0
     
     
X0 =  k  v1 = 2k v2 = k 
     
k2 3 1
SCHEDA 14

Intersezione di sottospazi, somma, somma diretta, posizioni


reciproche di sottospazi. Formula di Grassmann.

14.1. Richiami di teoria


Sappiamo già che intersezione di sottospazi vettoriali è sottospazio vettoriale.
Siano W1 = {A1 X = 0} e W2 = {A2 X = 0} due sottospazi di Kn descritti tramite
equazioni cartesiane. Le equazioni
  cartesiane di W1 ∩ W2 si trovano mettendo a sistema
A1
tutte le equazioni: detta A =   la matrice che si ottiene aggiungendo le righe di A2
A2
a quelle di A1 , si ha
W1 ∩ W2 = {AX = 0}
Se entrambi i Wi sono dati in forma parametrica, prima ne si trovano le equazioni cartesiane
e poi si fa l’intersezione.
Allo stesso modo, se W1 = {A1 X = b1 } e W2 = {A2 X = b2 } due sottospazi affini di
n
K descritti tramite equazioni cartesiane, le equazioni
 cartesiane  di  W1 ∩ W2 si trovano
A1 b1
mettendo a sistema tutte le equazioni: dette A =   e b =  
A2 b2
W1 ∩ W2 = {AX = b}
Si noti che W1 ∩ W2 è sempre non vuoto nel caso di sottospazi vettoriali, mentre due spazi
affini potrebbero non intersecarsi (esempio: le rette {x + y = 0} e {x + y = 1} in R2 ).
Teorema 14.1.1. Siano W1 , W2 due sottospazi affini di Kn . Se W1 ∩ W2 è non vuoto
allora è uno spazio affine la cui giacitura è l’intersezione delle giaciture di W1 e W2 .
Definizione 14.1.2. Dati W1 , W2 sottospazi vettoriali di uno spazio V si definisce
W1 + W2 = span(W1 ∪ W2 )
Teorema 14.1.3 (Formula di Grassmann). Siano W1 , W2 due sottospazi di uno spazio
vettoriale V allora
dim(W1 + W2 ) = dim(W1 ) + dim(W2 ) − dim(W1 ∩ W2 ).
La dimostrazione di questo teorema si fa esibendo una base di W1 + W2 fatta da vettori
v1 , . . . , vk , u1 , . . . us , w1 , . . . , wm tali che u1, . . . us sia una base di W1 ∩W2 , v1 , . . . , vk , u1 , . . . , us
sia una base di W1 e u1 , . . . us , w1 , . . . , wm sia una base di W2 .
93
14.1. RICHIAMI DI TEORIA 94

Definizione 14.1.4. Due sottospazi vettoriali W1 , W2 di uno spazio V si dicono in somma


diretta se la loro intersezione è lo spazio nullo; in tal caso si scrive
W1 + W2 = W1 ⊕ W2
V si dice somma diretta di W1 e W2 se
V = W1 ⊕ W2 .
Teorema 14.1.5. V = W ⊕ U se e solo se ogni vettore v ∈ V si scrive in modo unico
come v = u + w con u ∈ U e w ∈ W .
La dimostrazione di questo teorema è un facile esercizio.
Dalla formula di Grassmann si deduce che dim(W1 ⊕ W2 ) = dim(W1 ) + dim(W2 ). Per
gli spazi affini la situazione è più complicata perchè due spazi affini possono avere la stessa
giacitura e non intersecarsi. La formula delle dimensioni vale solo nel caso che l’intersezione
sia non nulla a priori.
Teorema 14.1.6. Siano W1 , W2 due sottospazi affini di Kn . Se giac(W1 ) + giac(W2 ) = Kn
allora W1 ∩ W2 6= ∅.
La dimostrazione di questo teorema segue dalla formula di Grassmann.  Se W1 =
A1
{A1 X = b1 }, W2 = {A2 X = b2 } e giac(W1 ) + giac(W2 ) = Kn , allora rango   =
A2
   
A1 b1
rango(A1 ) + rango(A2 ) dunque il sistema   X =   ha soluzione.
A2 b2
POSIZIONI RECIPROCHE DI SOTTOSPAZI AFFINI:
Due rette in R2 possono essere:
(1) uguali (stessa giacitura e intersecanti)
(2) parallele (stessa giacitura e non intersecanti)
(3) incidenti (giaciture diverse)
Due rette in R3 possono essere:
(1) uguali (stessa giacitura e intersecanti)
(2) parallele (stessa giacitura e non intersecanti)
(3) incidenti (giaciture diverse e intersezione non nulla)
(4) sghembe (giaciture diverse e intersezione nulla)
Due piani in R3 possono essere:
(1) uguali (stessa giacitura e intersecanti)
(2) paralleli (stessa giacitura e non intersecanti)
(3) incidenti (giaciture diverse). In tal caso l’intersezione è una retta.
Una retta r e un piano π in R3 possono essere:
(1) r ⊂ π (giac(r) < giac(π) e intersezione non nulla)
(2) paralleli tra loro (giac(r) < giac(π) e intersezione nulla)
14.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 95

(3) incidenti (giaciture in somma diretta)


Due sottospazi affini W1 e W2 di Kn possono essere:
(1) In posizione non generica:
(a) Uno contenuto nell’altro: Giaciture una nell’altra e intersezione non vuota
(Questo caso contiene il caso W1 = W2 .)
(b) Paralleli: Giaciture una dentro l’altra e intersezione vuota.
(c) Incidenti in posizione non generica: Giaciture non una nell’altra e che non
generano Kn e intersezione non vuota.
(2) In posizione generica:
(a) Sghembi: Giaciture non una dentro l’altra e che non generano Kn e interse-
zione vuota.
(b) Incidenti in posizione generica: Giaciture che generano Kn (quindi l’interse-
zione è non vuota ed è uno spazio affine la cui giacitura è l’intersezione delle
giaciture e la formula di Grassmann si applica.)
Traduciamo in formule il caso generale: Siano W1 , W2 due sottospazi affini di Kn . Siani
V1 = giac(W1 ) e V2 = giac(W2 ). Supponiamo dim(W1 ) ≤ dim(W2 ) (se dim(W2 ) ≤ dim(W1 )
basta scambiare i ruoli di W1 e W2 in ciò che segue). Siccome V1 ∩ V2 è un sottospazio
di V1 si ha dim(V1 ∩ V2 ) ≤ dim(V1 ). In particolare V1 è sottospazio di V2 se e solo se
V1 ∩ V2 = V1 se e solo se dim(V1 ∩ V2 ) = dim(V1 ). Se dim(V1 ∩ V2 ) < dim(V1 ) allora V1 non
è un sottospazio di V2 .
W1 e W2 sono:
(1) In posizione non generica:
(a) W1 ⊆ W2 : dim(V1 ∩ V2 ) = dim(V1 ) e W1 ∩ W2 6= ∅.
(b) Paralleli: dim(V1 ∩ V2 ) = dim(V1 ) e W1 ∩ W2 = ∅.
(c) Incidenti in posizione non generica: dim(V1 ∩ V2 ) < dim(V1 ), V1 + V2 6= Kn e
W1 ∩ W2 6= ∅.
(2) In posizione generica:
(a) Sghembi: dim(V1 ∩ V2 ) < dim(V1 ), V1 + V2 6= Kn e W1 ∩ W2 = ∅.
(b) Incidenti in posizione generica: V1 + V2 = Kn (e quindi dim(W1 ∩ W2 ) =
dim(W1 ) + dim(W2 ) − n).

14.2. Esempi ed esercizi svolti


Esercizio 14.2.1. Si calcoli una base dell’intersezione di
 
 x−y+z−t= 0  y+z+t=0
W1 = W2 =
 y − 2z + t = 0  x−z = 0
14.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 96

Soluzione. Si tratta dell’intersezione di due sottospazi bidimensionali di R4 . La loro


intersezione può avere dimensione 0, 1, 2 ed è determinata dal sistema



 x−y+z−t=0


 y − 2z + t = 0
W1 ∩ W2 =


 y+z+t=0



x−z = 0
la cui matrice è
 
1 −1 1 −1
 
0 1 −2 1 
 
 
0 1 1 1 
 
1 0 −1 0
che ha rango 3 (perché?). Quindi dim(W1 ∩ W2 ) = 1, per cui una base è costituita da una
qualsiasi soluzione non nulla (perché?). Risolvendo il sistema per sostituzione si trova


 x−y+z−t= 0  





 z=0 

 z=0
 y − 2z + t = 0  
t = −y − z t = −y


 y + z + t = 0 






  x=z  x=0

x−z =0
Una soluzione particolare è (0, 1, 0, −1) che è quindi una base di W1 ∩ W2 . Le soluzioni
sono tutte del tipo
     
x 0 0
     
y   y  1
     
  =   = y .
z   0  0
     
t −y −1

Esercizio 14.2.2. Determinare la dimensione dell’intersezione di
     
1 1 −1 
     
1  2   0   x−y =0
     
W1 = span(  ,   ,  ) e W2 =
1  0   0   y − 2z + t = 0
     
1 −1 1
14.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 97

Soluzione. Per calcolare l’intersezione le coordinate cartesiane sono piú comode. Cal-
coliamo le equazioni cartesiane di W1

1 1 −1 x


1 2 0 y

= 2x − 4z + 2t
1 0 0 z


1 −1 1 t

Quindi un’equazione di W1 è x − 2z + t = 0. W1 ∩ W2 ha quindi equazioni





 x−y =0

W1 ∩ W2 = y − 2z + t = 0



 x − 2z + t = 0

La matrice dei coefficienti di tale sistema ha rango 2 e quindi W1 ∩ W2 = W2 che ha


dimensione 2. 
Esercizio 14.2.3. Determinare la dimensione dell’intersezione di
     
1 1 −1 
     
1  2   0   x+y =0
     
W1 = span(  ,   ,  ) e W2 =
1  0   0   y − 2z + t = 0
     
1 −1 1
Soluzione. W1 è lo stesso dell’esercizio precedente. Quindi un’equazione di W1 è
x − 2z + t = 0. Queste volta W1 ∩ W2 ha equazioni

 x+y = 0



W1 ∩ W2 = y − 2z + t = 0



 x − 2z + t = 0

La matrice dei coefficienti di tale sistema ha rango 3 e quindi per il teorema di Rouché-
Capelli W1 ∩ W2 ha dimensione 1. 
Esercizio 14.2.4. Si trovi una base di W1 + W2 con
   
1 3 
   
2 2  x − y + 2z = 0
   
W1 = span(  ,  ) W2 =
1 0  x−y+z+t= 0
   
2 1
14.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 98

Soluzione. Delle equazioni parametriche di W2 si trovano risolvendo il sistema:


     
   x 1 −2
     
 x − y + 2z = 0  x = y − 2z  x = y − 2z y  1  0 
     
  = y  +z  
 x−y+z+t= 0  −z + t = 0  t=z z  0  1 
     
t 0 1

   
1 −2
   
1  0 
   
quindi una base di W2 è data da   ,  . Un sistema di generatori di W1 + W2
0  1 
   
0 1
         
1 3 1 −2 1 3 1 −2
         
2 2 1  0  2 2 1 0 
         
è   ,   ,   ,   la matrice   ha rango 3 (perché?) e un suo
1 0 0  1  1 0 0 1 
         
2 1 0 1 2 1 0 1
minore non nullo è quello formato dalle prime tre righe e prime tre colonne. Le prime tre
colonne formano quindi una base di W1 + W2 . 

Esercizio 14.2.5. Si determini la posizione reciproca delle rette di R3


   
0 1 
     x+y =0
   
r : 1 + t −1 s=
     x + 2y + z = 1
0 1

Soluzione. La giacitura di r è la retta span(1, −1, 1). La giacitura di s la si trova


risolvendo il sistema per sostitzione:
   
x −1
  
 x+y =0  x = −y  x = −y
   
y  = y  1 
 x + 2y + z = 0  y+z =0  z = −y    
z −1

Quindi giac(s) = giac(r). Le due rette sono quindi uguali (se si intersecano) o parallele (se
non si intersecano). Per trovare l’intersezione calcoliamo prima le equazioni cartesiane di
14.3. ESERCIZI 99

r imponendo che il rango della seguente matrice sia 2


 
1 x−0
 
 
−1 y − 1
 
1 z−0

Ricaviamo due equazioni




1 x − 0 1 x − 0
=0 =0

−1 y − 1 1 z − 0

y−1+x=0 z−x=0
Facendo il sistema



 x+y =0


 x + 2y + z = 1
s∩r =


 x+y =1



z−x=0
la terza e la prima equazione sono incompatibili, quindi il sistema non ha soluzione e quindi
le due rette non si intersecano. Quindi r ed s sono parallele. 

14.3. Esercizi
Esercizio 14.3.1. Dimostrare tutti i teoremi della sezione “Richiami di teoria”.

Esercizio 14.3.2. Si determini la dimensione di W1 + W2 e se ne esibisca una base, con


 
 x−y+z−t= 0  y+z+t=0
W1 = W2 =
 y − 2z + t = 0  x−z = 0

Esercizio 14.3.3. Si determini la dimensione di W1 + W2 e se ne esibisca una base, con


     
1 1 −1 
     
1  2   0   x−y =0
     
W1 = span(  ,   ,  ) e W2 =
1  0   0   y − 2z + t = 0
     
1 −1 1
14.3. ESERCIZI 100

Esercizio 14.3.4. Si determini la dimensione di W1 + W2 e se ne esibisca una base, con


     
1 1 −1 
     
1  2   0   x+y =0
     
W1 = span(  ,   ,  ) e W2 =
1  0   0   y − 2z + t = 0
     
1 −1 1

Esercizio 14.3.5. Si determini W1 ∩ W2 con


     
−1 1 3 
     
1 2 2  x − y + 2z = 0
     
W1 =   + span(  ,  ) W2 =
1 1 0  x−y+z+t= 0
     
1 2 1

Esercizio 14.3.6. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in R4 con


     
1 1 0 
     
2 1 1  t−z+x−y =0
     
W1 =   + span(  ,  ) W2 =
3 1 2  x+y−z = 1
     
4 1 3

Esercizio 14.3.7. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in C4 con


     
i 1 1 
     
0 0 0  −2x + t(1 − i) + z(1 − i) + y = i
     
W1 =   + span(  ,  ) W2 =
0  i  1  2ix − t(1 + i) − z(1 + i) + iy = 1
     
0 1 i

Esercizio 14.3.8. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in R5 con


       
1 1 1 1 
       
0 0 2 −2 
 x + x2 + x3 = 1
 
 
     
       1

W1 = 1 + span(1 , 2 ,  0 )
       W2 = x1 − x2 + x3 = 0
        

0 0 2 −2 
 x3 = 0
       
1 0 1 −1
14.3. ESERCIZI 101

Esercizio 14.3.9. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in R5 con


       
1 1 1 1 
       
0 0 2 −2
 x1 + x2 + x3 = 2


        
       
W1 = 1 + span(1 , 2 ,  0 )
       W2 = x1 − x2 + x3 = 2
        

0 0 2 −2 
 x3 = 1
       
1 0 1 −1
Esercizio 14.3.10. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in R5 con
       
1 1 1 1
       
0 0 2 −2 
         x +x +x =1
        1 2 3
W1 =  1
 
 + span(1 , 2 ,  0 )
      W 2 =
         x1 − x2 + x3 = 0
0 0 2 −2
       
1 0 1 −1

Esercizio 14.3.11. Si determini la posizione reciproca di W1 e W2 in R5 , calcolando


esplicitamente dim(W1 ∩ W2 ), con
       
1 1 1 1
       
0 0 2 −2 
         x +x +x =2
        1 2 3
W1 = 1 + span(1 , 2 ,  0 )
        W2 =
         x3 = 1
0 0 2 −2
       
1 0 1 1

Esercizio 14.3.12. Si dica se i seguenti sottospazi di R4 sono in somma diretta:


 
1
 
2
 
V = span   W :x+y+z+t=0
1
 
0
   
1 1 
   
2 2  x + 2y + z = 0
   
V = span(  ,  ) W :
1 3  2x − y + t = 0
   
0 0
14.3. ESERCIZI 102
 
1 
 
1  x + 2y + z − t = 0
 
V = span   W =
1  t−y+z =0
 
1
Esercizio 14.3.13. Si dica se R4 = V ⊕ W con
 
1
 
2
 
V = span   W : x + 2y + z = 0
1
 
0
   
1 1
   
2 2
   
V = span(  ,  ) W : x + 2y + z = 0
1 3
   
0 0
 
1 
 
2  x + 2y + z − t = 0
 
V = span   W =
1  t−y+z =0
 
1
     
1 1 1 
     
0 2 −2  x +x +x =0
      1 2 3
V = span(  ,   ,  ) W =
1 2  0   x3 = 0
     
1 2 0
SCHEDA 15

Coordinate

15.1. Richiami di teoria


Teorema 15.1.1. Sia V uno spazio vettoriale su K e siano v1 , . . . , vn ∈ V . L’insieme
ordinato (v1 , . . . , vn ) è una base di V se e solo se per ogni v ∈ V esistono e sono unici,
λ1 , . . . , λn tali che
Xn
v= λi vi
i=1
n
Il vettore (λ1 , . . . , λn ) ∈ K si chiama vettore delle coordinate di v rispetto alla base
(v1 , . . . , vn ).
Una volta data una base, trovare le coordinate di un vettore in tale base si riduce a
risolvere un sistema lineare nelle variabili λi .
Data una base, ogni problema di algebra lineare su V diventa un problema in Kn .
In sostanza, V viene identificato con Kn tramite le coordinate. Si noti bene che tale
identificazione dipende fortemente dalla scelta della base.

15.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 15.2.1. Le coordinate del vettore (x1 , x2 , . . . , x2 ) rispetto alla base canonica di
K2 sono (x1 , x2 , . . . , xn ).
Esempio 15.2.2. L’ordine dei vettori di base è importante: (e1 , e2 ) e (e2 , e1 ) sono due
basi diverse di R2 (si ricordi che per definizione e1 = (1, 0) e e2 = (0, 1).)
Esempio 15.2.3. Sia Can = (e1 , e2 ) la base canonica di R2 e sia B = (e2 , e1 ). Le
coordinate del punto (1, 2) rispetto alla base canonica sono (1, 2), rispetto alla base B
invece sono (2, 1).
Esempio 15.2.4. Se K è diverso da Z/2Z e v 6= 0, i vettore v e −v sono diversi, quindi
(e1 , e2 ) e (−e1 , e2 ) sono due basi diverse di R2 (si ricordi che per definizione e1 = (1, 0) e
e2 = (0, 1), dunque −e1 = (−1, 0).)
Esempio 15.2.5. Sia Can = (e1 , e2 ) la base canonica di R2 e sia B = (−e1 , e2 ). Le
coordinate del punto (1, 2) rispetto alla base canonica sono (1, 2), rispetto alla base B
invece sono (−1, 2).
Esempio 15.2.6. Le coordinate di (1 + x)2 rispetto alla base canonica di R≤2 [x] sono
(1, 2, 1).
103
15.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 104

Esempio 15.2.7. Le coordinate di (1 + x)2 rispetto alla base canonica di R≤3 [x] sono
(1, 2, 1, 0).
Esempio 15.2.8. Le coordinate di (1 + x)2 rispetto alla base canonica di R≤4 [x] sono
(1, 2, 1, 0, 0).
Esempio 15.2.9. Le coordinate di (1 + x)3 rispetto alla base canonica di R≤3 [x] sono
(1, 3, 3, 1).
Esempio 15.2.10. Le coordinate di (1 + x)3 rispetto alla base canonica di R≤4 [x] sono
(1, 3, 3, 1, 0).
Esempio 15.2.11. Le coordinate di (1 + x)(1 − x) rispetto alla base canonica di R≤3 [x]
sono (1, 0, −1, 0).
P
Esempio 15.2.12. Le coordinate di p(x) = ki=0 ai xi rispetto alla base canonica di K≤k [x]
sono (a0 , a1 , . . . , ak ).
Esempio 15.2.13. Sia B la base canonica di M2×2 (R), ordinata come segue
       
1 0 0 1 0 0 0 0
v1 =  , v2 =  , v3 =  , v4 =  .
0 0 0 0 1 0 0 1
 
1 2
Le coordinate di   rispetto alla base B sono (1, 2, 3, 4).
3 4
 
0 1
Le coordinate di   rispetto alla base B sono (0, 1, 0, 0).
0 0
 
−1 0
Le coordinate di   rispetto alla base B sono (−1, 0, 2, 1).
2 1
  
1 2 −1 0
Le coordinate di    rispetto alla base B sono (3, 2, 5, 4).
3 4 2 1

Esercizio 15.2.14. Si calcolino le coordinate di (1, 1) rispetto alla base v1 = (1, 1), v2 =
(1, 0) di R2 .
Soluzione. (1, 1) = v1 = 1v1 + 0v2 quindi le coordinate di (1, 1) nella base v1 , v2 sono
(1, 0). 
Esercizio 15.2.15. Si calcolino le coordinate di (1, 0) rispetto alla base v1 = (1, 1), v2 =
(1, 0) di R2 .
Soluzione. (1, 0) = v2 = 0v1 + 1v2 quindi le coordinate di (1, 0) nella base v1 , v2 sono
(0, 1). 
15.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 105

Esercizio 15.2.16. Si calcolino le coordinate di (1, 2) rispetto alla base v1 = (1, 1), v2 =
(1, 0) di R2 .
Soluzione. (1, 2) = (2, 2) − (1, 0) = 2v1 − v2 quindi le coordinate di (1, 0) nella base
v1 , v2 sono (2, −1). 
Esercizio 15.2.17. Si calcolino le coordinate di (1, 0, 0) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 =
(0, 1, −1), v3 = (0, 0, 1) di R3 .
P
Soluzione. Si deve risolvere il sistema λi vi = (1, 0, 0) ossia
   
X  λ1  1
   
λi vi =  λ1 + λ2  = 0
i
   
−λ2 + λ3 0
 

 λ =1 
 λ =1
 1
  1

λ1 + λ2 = 0 λ2 = −1

 

 
 −λ2 + λ3 = 0  λ3 = −1
Le coordinate cercate sono quindi (1, −1, −1). 
Esercizio 15.2.18. Si calcolino le coordinate di (1, 0, 1) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 =
(0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 .
 
1 0 −1
 
 
Soluzione. Sia A = 1 1 0  la matrice che ha i vi come colonne. Si deve
 
0 −1 1
   
λ 1
P  1  
   
risolvere il sistema λi vi = (1, 0, 1) ossia AX = b con X = λ2  e b = 0.
   
λ3 1
   
λ − λ3 1
 1   
   
AX =  λ1 + λ2  = 0
   
−λ2 + λ3 1
a questo punto o risolviamo il sistema per sostituzione, o calcoliamo A−1 (se A non fosse
invertibile i vi non sarebbero una base: perché?) e troviamo X = A−1 b. In ogni caso
troviamo X = (1, −1, 0). Le coordinate cercate sono quindi (1, −1, 0). 
Esercizio 15.2.19. Sia v1 = 1 + x, v2 = (1 + x)2 , v3 = 1 − x. Dopo aver verificato che
B = (v1 , v2 , v3 ) è una base di R≤2 [x] si calcolino le coordinate rispetto alla base B del
polinomio p = 1 + x + x2 .
15.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 106

Soluzione. Abbiamo
1 = (v1 + v3 )/2, x = (v1 − v3 )/2, x2 = v2 − 2x − 1 = v2 − (v1 − v3 ) − (v1 + v3 )/2
quindi i vettori della base canonica sono combinazione lineare dei vi , che quindi generano;
siccome sono tre generatori in uno spazio P di dimensione tre, ne sono una base. Per le
coordinate dobbiamo risolvere il sistema λ1 vi = 1 + x + x2 quindi
X
λi vi = (λ1 + λ2 + λ3 ) + x(λ1 + 2λ2 − λ3 ) + x2 λ2 = 1 + x + x2

ossia il sistema
  
 λ1 + λ2 + λ3 = 1  λ1 + λ3 = 0  λ1 = −1/2

 
 

  
λ1 + 2λ2 − λ3 = 1 λ1 − λ3 = −1 λ3 = 1/2

 
 


 λ2 = 1 
 λ2 = 1 
 λ2 = 1

Le coordinate di p nella base data sono quindi (−1/2, 1, 1/2). 


Esercizio 15.2.20. Si dica se le matrici
       
1 1 0 0 1 0 0 1
v1 =  , v2 =  , v3 =  , v4 =  
0 0 1 1 1 0 0 1

formano una base di M2×2 (R).


Soluzione. Usiamo le coordinate per trasformare il problema in un problema in R4 .
In base canonica, ordinata come nell’esercizio precedente, le coordinate dei vettori dati sono
         
1 0 1 0 1 0 1 0
         
1 0 0 1 1 0 0 1
         
  ,   ,   ,  . La matrice   ha rango 3, quindi le sue colonne non
0 1 1 0 0 1 1 0
         
0 1 0 1 0 1 0 1
4
sono una base di R , quindi i quattro vettori dati non sono una base di M2×2 (R). 
Esercizio 15.2.21. Si dica se le matrici
       
1 0 0 0 1 0 0 1
v1 =  , v2 =  , v3 =  , v4 =  
0 0 1 1 1 0 0 1

formano una base di M2×2 (R).


Soluzione. Usiamo le coordinate per trasformare il problema in un problema in R4 .
In base canonica, ordinata come nell’esercizio precedente, le coordinate dei vettori dati
15.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 107
         
1 0 1 0 1 0 1 0
         
0 0 0 1  0 0 0 1
         
sono   ,   ,   ,  . Il determinante della matrice   è diverso da
0 1 1 0  0 1 1 0
         
0 1 0 1 0 1 0 1
4
zero, quindi le sue colonne sono una base di R , quindi i quattro vettori dati sono una base
di M2×2 (R). 
Esercizio 15.2.22. Sia B la base di M2×2 (R) costituita da
       
1 0 0 0 1 0 0 1
v1 =  , v2 =  , v3 =  , v4 =  .
0 0 1 1 1 0 0 1
Si calcolino le coordinate rispetto alla base B di
       
1 2 0 0 1 −1 0 1
w1 =  , w2 =  , w3 =  , w4 =  
3 4 0 1 −1 0 0 −1
e si dica se tali vettori costituiscano una base di M2×2 (R).
Soluzione. Si deve impostare, e risolvere nei λi , il sistema
X
λi vi = wj
Cominciamo con w1 dobbiamo risolvere
   
X λ1 + λ3 λ4 1 2
λi vi =   = w1 =  
λ2 + λ3 λ2 + λ4 3 4
Il sistema nei λi è dunque



 λ1 + λ3 = 1


 λ =2
4


 λ2 + λ3 = 3



λ2 + λ4 = 4
che è un sistema di 4 equazioni in 4 incognite (come è giusto che sia, visto che dim(M2×2 (K) =
4). La matrice associata è
 
1 0 1 0 | 1
 
0 0 0 1 | 2
 
(A|b) =  
0 1 1 0 | 3
 
0 1 0 1 | 4
15.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 108

Si noti che le colonne della matrice del sistema omogeneo sono i vettori delle coordinate
dei vi in base canonica. A questo punto possiamo risolvere il sistema a mano, ottenendo
che le coordinate di w1 rispetto alla base B sono (0, 2, 1, 2). Visto peró che dobbiamo
risolvere quattro sistemi tutti con matrice dei coefficienti uguale ad A, e visto che A è
invertibile (altrimenti i vi non sarebbero una base: perchè?) sappiamo che il sistema
AX = b ha soluzione X = A−1 b. Quindi, invece di risolvere tutti i sistemi a mano,
calcoliamo direttamente A−1 .
 
1 −1 −1 1
 
0 −1 0 1
A−1
 
= 
0 1
 1 −1
0 1 0 0
(perché? Come l’abbiamo trovata?) abbiamo
      
  1 1 −1 −1 1 1 0
      
2 0 −1 0 1 2 2
     
  −1   
w1  = A   =    =  
  3 0 1
   1 −1  3 1
   
B 4 0 1 0 0 4 2
      
  0 1 −1 −1 1 0 1
      
0 0 −1 0 1 0  1 
     
= A−1   = 
    
 w2    =  
  0 0 1
   1 −1
 0 −1
   
B 1 0 1 0 0 1 0
      
  1 1 −1 −1 1 1 3
      
−1 0 −1 0 1 −1  1 
     
= A−1   = 
    
w3    =  
−1 0 1 1 −1
 −1 −2
     
  
B 0 0 1 0 0 0 −1
      
  0 1 −1 −1 1 0 −2
      
 1  0 −1 0 1  1  −2
     
= A−1   = 
    
w4    =  
   0  0 1
   1 −1
 0   2 
   
B −1 0 1 0 0 −1 1
15.3. ESERCIZI 109
 
0 1 3 −2
 
2 1
 1 −2 

La matrice   ha rango 4 quindi i wi sono una base di M2×2 (R). 
1 −1 −2 2 
 
2 0 −1 1

15.3. Esercizi
Esercizio 15.3.1. Si calcolino le coordinate di (1, −1) rispetto alla base v1 = (1, 2), v2 =
(2, 1) di R2 .
Esercizio 15.3.2. Si calcolino le coordinate di (1, 0) rispetto alla base v1 = (1, 1), v2 = (i, 0)
di C2 .
Esercizio 15.3.3. Si calcolino le coordinate di (i, 2) rispetto alla base v1 = (1, i), v2 = (1, 0)
di C2 .
Esercizio 15.3.4. Si calcolino le coordinate di (1, 0, 1) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 =
(0, 1, −1), v3 = (0, 0, 1) di (Z/2Z)3 .
Esercizio 15.3.5. Si calcolino le coordinate di (1, 2, 3) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 =
(0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 .
Esercizio 15.3.6. Si calcolino le coordinate di (1, 2, 1) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 =
(0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 .
Esercizio 15.3.7. Si calcolino le coordinate di (3, 2, 3) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 =
(0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 .
Esercizio 15.3.8. Si calcolino le coordinate di (1, 2, 0) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 =
(0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 .
Esercizio 15.3.9. Si calcolino le coordinate di (0, 2, 3) nella base v1 = (1, 1, 0), v2 =
(0, 1, −1), v3 = (−1, 0, 1) di R3 .
Esercizio 15.3.10. Sia v1 = 1 + x + x2 , v2 = (1 + x)2 , v3 = 1 − x. Dopo aver verificato
che B = (v1 , v2 , v3 ) è una base di R≤2 [x] si calcolino le coordinate rispetto alla base B del
polinomio p = 1 + x.
Esercizio 15.3.11. Sia v1 = 1 + x2 , v2 = (1 + x)2 , v3 = 1 + x. Dopo aver verificato che
B = (v1 , v2 , v3 ) è una base di R≤2 [x] si calcolino le coordinate rispetto alla base B del
polinomio p = 1 − x.
Esercizio 15.3.12. Sia v1 = (1 − x)2 , v2 = (1 + x)2 , v3 = 1 + x. Dopo aver verificato
che B = (v1 , v2 , v3 ) è una base di C≤2 [x] si calcolino le coordinate rispetto alla base B del
polinomio p = i + (1 − i)x + x2 .
15.3. ESERCIZI 110

Esercizio 15.3.13. Si dica se le matrici


       
1 1 1 2 1 1 0 0
v1 =  , v2 =  , v3 =  , v4 =  
0 0 3 4 1 1 0 1
formano una base di M2×2 (R).
Esercizio 15.3.14. Si verifichi che le matrici
       
1 0 0 0 1 2 0 1
v1 =  , v2 =  , v3 =  , v4 =  
0 1 −1 1 1 2 0 3
formano una base di M2×2 (R) e si calcolino, in tale base, le coordinate di
       
1 2 0 0 1 2 0 1
w1 =  , w2 =  , w3 =  , w4 =  
3 4 0 1 1 2 0 −1
Esercizio 15.3.15. Sia B la base di M2×2 (R) costituita da
       
1 0 0 1 0 1 1 0
v1 =  , v2 =  , v3 =  , v4 =  .
0 1 1 0 −1 0 0 0
Si calcolino le coordinate rispetto alla base B di
       
1 2 −1 0 −1 −1 0 1
w1 =  , w2 =  , w3 =  , w4 =  
2 1 0 1 −1 0 0 −1
e si dica se tali vettori costituiscano una base di M2×2 (R).
 
1 2
Esercizio 15.3.16. Sia A =  . Si calcolino le coordinate di AB rispetto alla base
2 1
canonica di M2×2 (R) per
             
1 1 1 −1 1 0 1 0 0 1 0 0 0 0
B = A,  , , , , , , ,
1 1 −1 1 0 1 0 0 0 0 1 0 0 1
Si trovi una formula per calcolare le coordinate
  di AX rispetto alla base canonica di
a b
M2×2 (R) per una generica matrice X =  .
c d
SCHEDA 16

Span di sottospazi affini e coordinate baricentriche

16.1. Richiami di teoria


Sia W un sottospazio affine di Kn di equazioni parametriche X0 + t1 v1 + . . . , tk vk ove
v1 , . . . , vk è una base di giac(W ).
Teorema 16.1.1. span(W ) = span(X0 , v1 , . . . , vk ). I vettori (X0 , v1 , . . . , vk ) sono linear-
mente indipendenti (e quindi una base di span(W )) se e solo se 0 ∈ / W.
In particolare span(W ) = W se e solo se X0 ∈ giac(W ) e in tal caso dim(span(W )) =
dim(W ), altrimenti dim(span(W )) = dim(W ) + 1.
Definizione 16.1.2. X0 , . . . , Xk ∈ Kn si dicono affinemente indipendenti se i vettori
X1 − X0 , . . . , Xk − X0 sono linearmente indipendenti tra loro.
Si verifica facilmente che la proprietà di essere affinemente indipendenti non dipende
dall’ordine dei punti (cioè da chi è X0 ).
Teorema 16.1.3. Siano X0 , . . . , Xk punti affinemente indipendenti di Kn allora esiste un
unico sottospazio affine W di dimensione k che contiene i punti X0 , . . . , Xk . Tale spazio
ha equazioni parametriche
X0 + t1 (X1 − X0 ) + t2 (X2 − X0 ) + · · · + tk (Xk − X0 ).
Le equazioni cartesiane di una retta per due punti, P
di un piano per tre punti, etc... si
trovano trasformando le equazioni parametriche X0 + ti (Xi − X0 ) in quelle cartesiane
col metodo usuale.
Teorema 16.1.4. Siano X0 , . . . , Xk punti affinemente indipendenti di Kn e sia W lo spazio
affine k-dimensionale passante per X0 , . . . , Xk allora
k
X
span(W ) = span(X0 , . . . , Xk ) = { λ1 Xi : λi ∈ K}
i=0

k
X X
W ={ λ1 Xi : λi ∈ K, λi = 1}.
i=0
P P
Un punto w ∈ W si esprime in modo unico come w = λi Xi con λi = 1 e i coefficienti
(λ0 , . . . , λk ) si dicono coordinate baricentriche di w rispetto a X0 , . . . , Xk .
111
16.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 112

Se K = R allora l’inviluppo convesso dei punti X0 , . . . , Xk è


k
X X
{ λ1 Xi : λi ∈ K, λi = 1, λ1 ≥ 0}.
i=0

L’inviluppo di due punti è il segmento che li congiunge, l’inviluppo di tre punti non allineati
è il triangolo che ha quei tre punti come vertici, l’inviluppo di 4 punti non complanari è il
tetraedro che essi determinano.
Il baricentro di k + 1 masse di peso mi poste nei punti Xi è
P
mX
P i i
mi
m
P P
cioè, se poniamo λi = P mi si ha bar(m0 X0 , . . . , mk Xk ) =
i
λi Xi . Si noti che λi = 1 e
che se le masse son tutte positive λi ≥ 0.

Data una retta r in R3 di equazioni cartesiane



 EQ1 : a x + b y + c z = d
1 1 1 1
 EQ2 : a2 x + b2 y + c − 2z = d2

Il generico piano passante per r ha come equazione cartesiana la generica combinazione


lineare di EQ1 e EQ2. Il fascio di piani per r è dunque descritto dall’equazione
λ1 EQ1 + λ2 EQ2 : x(λa1 + λ2 a2 ) + y(λ1 b1 + λ2 b2 ) + z(λ1 c1 + λ2 c2 ) = λ1 d1 + λ2 d2
Questo procedimento si generalizza al caso in cui r sia un sottospazio affine di Kn
descritto da k equazioni EQ1, . . . , EQk e si sia interessati a descrivere il fascio degli spazi
m-dimensionali contententi r: si dovranno prendere m−n combinazioni lineari, linearmente
indipendenti tra loro, delle equazioni EQi.

16.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 16.2.1. I punti (1, 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1) ∈ C3 sono affinemente indipendenti.
Esempio 16.2.2. I punti (1, 0, 0), (0, 1, 0), (−1, 0, 0) ∈ R3 non sono linearmente indipen-
denti tra loro ma sono affinemente indipendenti.
Esempio 16.2.3. Due punti di Rn sono affinemente indipendenti se e solo se sono diversi.
Esempio 16.2.4. Tre punti di Rn sono affinemente indipendenti se e solo se non sono
allineati.
Esempio 16.2.5. Quattro punti di Rn sono affinemente indipendenti se e solo se non sono
complanari.
Esercizio 16.2.6. Determinare un’equazione cartesiana del piano W di R3 passante per
i punti X0 = (2, 0, 0), X1 = (0, 1, 0), X2 = (0, 0, −1). Si determini qual’è il punto di
coordinate baricentriche (−1, 1, 1) rispetto a X0 , X1 , X2 .
16.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 113

Soluzione. Prima di tutto si verfica che X0 , X1 , X2 siano affinemente indipendenti. I


vettori v1 = X1 − X0 = (−2, 1, 0) e v1 = −(2, 0, 1) non sono uno multiplo dell’altro, ergo
sono linearmente indipendenti e quindi X0 , X1 , X2 sono affinemente indipendenti.
Il Piano W ha equazioni parametriche X0 + tv1 + sv2 . Un’equazione cartesiana di W è
data quindi da


−2 −2 x − 2


1 0 y =0 2 − x − 2y + 2z = 0 x + 2y − 2z = 2


0 −1 z
Il punto p ∈ W di coordinate baricentriche (−1, 1, 1) è il punto
−X0 + X1 + X2 = (−2, 1, −1)

Esercizio 16.2.7. Scrivere un’equazione cartesiana del piano W il piano passante per
X0 = (2, 0, 0), X1 = (0, 2, 0), X2 = (0, 0, 2) ∈ R3 . Quali sono le coordinate baricentriche del
punto medio del segmento tra X0 e X1 ?
Soluzione. Un’equazione cartesiana è x + y + z = 2 (perché?). Il punto medio tra
X0 e X1 è (1, 1, 0) = 1/2X0 + 1/2X1 + 0X2 . Le sue coordinate baricentriche sono dunque
(1/2, 1/2, 0). 
Esercizio 16.2.8. Si trovino delle equazioni cartesiane della retta passante per i punti
(1, 2, 3) e (2, 0, 0) di R3 .
Soluzione. Un’equazione parametrica di tale retta è
   
1 1
   
   
2 + t −2
   
3 −3
Delle equazioni cartesiane si trovano imponendo che la seguente matrice abbia rango 2
 
1 x−1
 
 
−2 y − 2
 
−3 z − 3
Per il teorema dei minori orlati otteniamo


1 x − 1 1 x − 1
=0 =0

−2 y − 2 −3 z − 3
y − 2 + 2(x − 1) = 0 z − 3 + 3(x − 1) = 0
16.3. ESERCIZI 114

2x + y = 4 3x + z = 6

Esercizio 16.2.9. Si trovi il piano di R3 passante per il punto P = (0, 1, 0) e la retta
r : (1, 0, 1) + t(1, 1, 1).
Soluzione. Prendiamo due punti a caso, ma diversi, della retta r considerando due
valori diversi del parametro t, per esempio 0, −1. Poniamo X0 = P, X1 = r(0) =
(1, 0, 1), X2 = r(−1) = (0, −1, 0). Il piano cercato è il piano per i punti X0 , X1 , X2 ,
che ha equazione cartesiana


1 0 x


−1 −2 y − 1 = 0 z = x.


1 0 z

Esercizio 16.2.10. Si trovi il piano di R3 passante per il punto P = (0, 1, 0) e la retta r
di equazioni 
 x−y =1
 y − z = −1

Soluzione. Il fascio di piani per r è dato da


λx + y(−λ + µ) − µz = λ − µ
Imponendo che il punto P vi appartenga si ottiene
−λ + µ = 0
dunque possiamo prendere λ = µ = 1 e otteniamo l’equazione
x − z = 0.

Esempio 16.2.11. I due esercizi precendenti sono in realtà due modi di risolvere lo stesso
esercizio.

16.3. Esercizi
Esercizio 16.3.1. Dimostrare che se v0 , . . . , vk ∈ Kn sono linearmente indipendenti tra
loro allora sono anche affinemente indipendenti.
Esercizio 16.3.2. Si trovi una formula generale per le equazioni cartesiane di una retta
per due punti distinti in Rn .
Esercizio 16.3.3. Si trovi una formula generale per le equazioni cartesiane di un piano
per tre punti non allineati in Rn .
16.3. ESERCIZI 115

Esercizio 16.3.4. Si trovino delle equazioni cartesiane della retta di R3 passante per
(1, 2, 3), (4, 5, 6).
Esercizio 16.3.5. Si trovino delle equazioni cartesiane del sottospazio affine di C3 passante
per (1, 2, i), (i, i, 0).
Esercizio 16.3.6. Si trovi un’equazione cartesiana del un piano di R3 passante per i punti
(1, 2, 3), (4, 5, 6), (0, 0, 0).
Esercizio 16.3.7. Si dica se i punti (1, 2, 3), (4, 5, 6), (7, 8, 9) sono affinemente indipendenti
tra loro.
Esercizio 16.3.8. Siano X0 = (1/2, 1/2, 0), X1 = (cos t, 0, sin t), X2 = (0, cos t, sin t). Al
variare del parametro t si determini qual’è il sottospazio affine W passante per X0 , X1 , X2 ,
qual’è la dimensione di W e quella di span(W ). Si descriva il moto del baricentro b(t) di
tre masse uguali poste in X0 , X1 , X2 . Si determini span({b(t) : t ∈ R}).
Esercizio 16.3.9. Siano X0 , . . . , Xk punti affinemente indipendenti di Kn , sia W lo spazio
affine che determinano e sia B il punto di W di coordinate baricentriche (m0 , m1 , . . . , mk ).
Dimostrare che X
mi (B − Xi ) = 0.
i
Se ne deduca che il punto di coordinate baricentriche (m0 , m1 , . . . , mk ) è il punto di equili-
brio di (k + 1) masse puntiformi m0 , m1 , . . . , mk poste nei punti Xi .
Esercizio 16.3.10. Siano X0 , . . . , Xk punti affinemente indipendenti di Kn , e sia W lo
spazio affine che determinano. Per ogni t ∈ K sia
X X
Wt = { λi Xi : λi = t}
Dimostrare che, al variare di t ∈ K, Wt descrive la famiglia degli spazi affini k-dimensionali,
paralleli a W e contenuti in span(W ). Dimostrare che i Wt sono a due a due distinti se e
solo se W non passa per l’origine.
SCHEDA 17

Applicazioni lineari 1: Definizione e matrice associata rispetto a


basi in partenza e in arrivo

17.1. Richiami di teoria


Siano V e W due spazi vettoriali su K.
Definizione 17.1.1. Una funzione f : V → W si dice lineare se per ogni v1 , v2 , . . . , vk ∈
V e per ogni λ1 , λ2 , . . . λk ∈ K si ha
X X
f( λi vi ) = λi f (vi ).
i i

A seconda del contesto, una funzione si chiama anche applicazione, trasformazione o


mappa; quindi un’applicazione lineare, una funzione lineare, una trasformazione lineare o
una mappa lineare sono la stessa cosa.
Teorema 17.1.2. Un’applicazione f : V → W è lineare se e solo se valgono le seguenti
due condizioni:
∀v, w ∈ V f (v + w) = f (v) + f (w),

∀v ∈ V, λ ∈ K f (λv) = λf (v).
La dimostrazione di questo teorema è un facile esercizio (fatelo!).
Teorema 17.1.3. Ogni applicazione lineare è unicamente determinata dagli elementi di
una base. Viceversa, se v1 , . . . , vk è una base, dati w1 , . . . , wk ∈ W esiste un’unica appli-
cazione lineare tale che f (vi ) = wi .
La dimostrazione di questo teorema discende direttamente dalla definizione nel caso in
cui i vi siano una base di V .
Teorema 17.1.4. F : Kn → Km definita da
F (x1 , . . . , xn ) = (f1 (x1 , . . . , xn ), . . . , fk (x1 , . . . , xn ))
è lineare se e solo tutte le componenti lo sono, se e soloP
se ogni fi è un polinomio omogeneo
di primo grado se e solo se ogni fi è della forma fi = j aij xj .

Definizione 17.1.5. Se B = (v1 , . . . , vn ) è una base di V , B′ = (w1 , . . . , wm ) è una base


di W e f : V → W è un’applicazione lineare, la matrice associata a f, B, B′ è la matrice
116
17.1. RICHIAMI DI TEORIA 117

che ha come colonne le coordinate, rispetto alla base B′ , dei vettori f (vi ):
      
      

MBB (f ) = f (v1 )
      
f (v2 ) . . . f (vn )
 
      
B′ B′ B′

Si noti che la matrice associata a f è una matrice m × n ove m = dim(W) e n = dim(V).



ATTENZIONE: la convenzione della notazione MBB , di mettere in basso la base dello
spazio di partenza e in alto la base di quello di arrivo, non è assolutamente standard, e
ogni autore fa un po’ come gli pare. In oltre, di solito, per snellire le notazioni si omettono
sia pedice che apice, sempre che le basi in cui si lavora siano chiare e sottintese.
Le basi servono perché una funzione lineare, letta in coordinate, diventa la motliplica-
zione riga per colonna.
Teorema 17.1.6. Sia B = (v1 , . . . , vn ) una base di V , B′ = (w1 , . . . , wm ) una base di W ,

f : V → W lineare e A = MBB . Allora per ogni v ∈ V vale:
   
   
   
f (v) = A v 
   
B′ B

Questo teorema non ha bisogno di dimostrazione se uno ha chiaro come funzionano le


combinazioni lineari e il prodotto riga per colonna.
Teorema 17.1.7. Siano V, W, U tre spazi vettoriali su K, con basi rispettivamente BV , BW , BU .
Siano f : V → W e g : W → U applicazioni lineari. Allora
MBBVU (g ◦ f ) = MBBWU (g)MBBVW (f ).
h i h i h i
Dimostrazione. g(f (v)) = MBBWU (g) f (v) = MBBWU (g)MBBVW (f ) v . 
BU BW BV

Definizione 17.1.8. Siano B = (v1 , . . . , vn ) e B′ = (w1 , . . . , wn ) due basi di V . La ma-


trice del cambio di coordinate1 da B a B′ , cioè la matrice che calcola le coordinate di

un vettore nella base B′ sapendo quelle della base B, non è altro che MBB (Id): Infatti per
il teorema precedente si ha
   
   

= MBB (Id) v 
   
v 
   
B′ B

1detta talvolta matrice del cambio di base


17.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 118

Teorema 17.1.9. Siano B, B′ due basi di V , siano C, C ′ due basi di W e sia f : V → W


lineare. Allora si ha
′ ′
MBC′ (f ) = MCC (IdW ) · MBC (f ) · MBB′ (IdV )
ove · denota il prodotto riga per colonna di matrici.
Le matrici del cambio di base funzionano come dei “traduttori” e il teorema qui sopra
si puó visualizzare come segue: a livello di composizione di funzioni abbiamo:
IdV f IdW
V ✲ V ✲ W ✲ W
Se teniamo conto delle basi abbiamo:

′ MBB′ (IdV ) MBC (f ) MCC (IdW )
V, B ✲ V, B ✲ W, C ✲ W, C
Si noti che la moltiplicazione tra matrici avviene nel “verso opposto” rispetto alle frecce
dei precedenti diagrammi.

17.2. Esempi ed esercizi svolti


Esercizio 17.2.1. Sia f : R3 → R2 la funzione lineare definita da f (x, y, z) = (x + y +
z, x − 2y). Scrivere la matrice di f nelle basi canoniche.
Soluzione. La matrice cercata sará una matrice 2 × 3 perché lo spazio di partenza
ha dimensione 3 e quello di arrivo 2. Le colonne della matrice associata a f sono formate
dalle coordinate delle immagini dei vettori di base. Quindi calcoliamo
f (e1 ) = f (1, 0, 0) = (1, 1) f (e2 ) = f (0, 1, 0) = (1, −2) f (e3 ) = f (0, 0, 1) = (1, 0)
e li mettiamo come colonne, ottenendo la matrice di f nelle basi canoniche:
 
1 1 1
 .
1 −2 0

Esercizio 17.2.2. Sia f : R3 → R2 la funzione lineare definita da f (x, y, z) = (x + y +
z, x − 2y) (la stessa dell’esercizio precedente). Scrivere la matrice di f nella base canonica
in partenza e nella base B formata dai vettori v1 = (1, 1), v2 = (1, 0) in arrivo.
Soluzione. La matrice cercata sará una matrice 2 × 3 perché lo spazio di partenza ha
dimensione 3 e quello di arrivo 2. Le colonne della matrice associata a f sono formate dalle
coordinate, rispetto alla base v1 , v2 , delle immagini dei vettori di base. Quindi calcoliamo
f (e1 ) = f (1, 0, 0) = (1, 1) f (e2 ) = f (0, 1, 0) = (1, −2) f (e3 ) = f (0, 0, 1) = (1, 0)
Adesso dobbiamo trovare le coordinate di (1, 1), (1, −2), (1, 0) rispetto alla base v1 , v2 .
Dobbiamo quindi risolvere i sistemi
λ1 v1 + λ2 v2 = (1, 1) λ1 v1 + λ2 v2 = (1, −2) λ1 v1 + λ2 v2 = (1, 0)
17.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 119

otteniamo
(1, 1) = v1 = 1v1 + 0v2 (1, −2) = −2v1 + 3v2 (1, 0) = v2 = 0v1 + 1v2
Abbiamo dunque    
h i 1 1
f (e1 ) =   =  
B 1 0
 B  
h i 1 −2
f (e2 ) =   =  
B −2 3
 B  
h i 1 0
f (e3 ) =   =  
B 0 1
B
La matrice cercata la si ottiene mettendo tali come colonne:
 
B
1 −2 0
Mcan (f ) =  .
0 3 1

2
Esempio 17.2.3. La  matrice associata alla rotazione antioraria di angolo α in R , rispetto
cos α − sin α
alle basi canoniche è  . Infatti l’immagine di e1 = (1, 0) è (cos α, sin α) e
sin α cos α
l’immagine di e2 = (0, 1) è (− sin α, cos α).
Esempio 17.2.4. Data A ∈ Ms×t (K), l’applicazione fA : Kt → Ks definita da fA (X) =
can
AX è lineare e Mcan (fA ) = A.
Esempio 17.2.5. Data A ∈ Ms×m (K) le applicazioni LA : Mm×k (K) → Ms×k (K) e
RA : Mn×s (K) → Mn×m (K) definite da
LA (X) = AX RA (X) = XA
sono lineari.
 
1 2 3
Esercizio 17.2.6. Si calcolino le matrici associate alle funzioni LA e RA con A =  
4 5 6
e con k = 1, n = 4, rispetto alle basi canoniche.
Soluzione. Per LA abbiamo k = 1 quindi LA : M3×1 (R) → M2×1 (R) è data da
   
x x
   
   
y  7→ A y 
   
z z
17.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 120

can
e quindi A = Mcan (LA ). Per RA abbiamo n = 4 quindi RA : M4×2 (R) → M4×3 (R) è data
da
     
x1 x2 x1 x2 x + 4x2 2x1 + 5x2 3x1 + 6x2
      1 
x x  x x  1 2 3 x + 4x 2x3 + 5x4 3x3 + 6x4 
 3 4  3 4  = 3 4 
  7→    
x5 x6  x5 x6  4 5 6 x5 + 4x6 2x5 + 5x6 3x5 + 6x6 
     
x7 x8 x7 x8 x7 + 4x8 2x7 + 5x8 3x7 + 6x8
Ordiniamo le basi canoniche di M4×2 (R) e M4×3 (R) come segue
v1 = E11 , v2 = E12 , v3 = E21 , v4 = E22 , v5 = E31 , v6 = E32 , v7 = E41 , v8 = E42
w1 = E11 , w2 = E12 , w3 = E13 , w4 = E21 , w5 = E22 , w6 = E23
w7 = E31 , w8 = E32 , w9 = E33 , w10 = E41 , w11 = E42 , w12 = E43
(Si noti che avremmo potuto scrivere Eij = v2(i−1)+j per M4×2 (R) e Eij = w3(i−1)+j
per M4×3 (R).) La matrice associata in tali basi è dunque la matrice 8 × 12:
 
1 4 0 0 0 0 0 0
 
 
2 5 0 0 0 0 0 0
 
 
3 6 0 0 0 0 0 0
 
0 0 1 4 0 0 0 0
 
 
0 0 2 5 0 0 0 0
 
 
0 0 3 6 0 0 0 0
 
A= 
0 0 0 0 1 4 0 0
 
 
0 0 0 0 2 5 0 0
 
 
0 0 0 0 3 6 0 0
 
 
0 0 0 0 0 0 1 4
 
 
0 0 0 0 0 0 2 5
 
0 0 0 0 0 0 3 6

Esempio 17.2.7. La derivata come funzione dello spazio dei polinomi in sé è lineare.
Esercizio 17.2.8. Sia f : R≤3 [x] → R≤2 [x] la derivata. Si calcoli la matrice associata a f
nelle basi canoniche.
Soluzione. Dobbiamo calcolare le immagini dei vettori della base canonica 1, x, x2 , x3
e scriverne le coordinate rispetto alla base canonica 1, x, x2 . Abbiamo 1′ = 0, x′ = 1.
17.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 121

(x2 )′ = 2x, (x3 )′ = 3x2 dunque la matrice sarà


 
0 1 0 0
 
 
0 0 2 0
 
0 0 0 3

Esercizio 17.2.9. Sia f : R≤3 [x] → R≤3 [x] la derivata. Si calcoli la matrice associata a f
nelle basi canoniche.
Soluzione. Dobbiamo calcolare le immagini dei vettori della base canonica 1, x, x2 , x3
e scriverne le coordinate rispetto alla base canonica 1, x, x2 , x3 . Abbiamo 1′ = 0, x′ = 1.
(x2 )′ = 2x, (x3 )′ = 3x2 dunque la matrice sarà
 
0 1 0 0
 
0 0 2 0
 
 
0 0 0 3
 
0 0 0 0

Esercizio 17.2.10. Sia f : R≤3 [x] → R≤4 [x] la derivata. Si calcoli la matrice associata a
f nelle basi canoniche.
Soluzione. Dobbiamo calcolare le immagini dei vettori della base canonica 1, x, x2 , x3
e scriverne le coordinate rispetto alla base canonica 1, x, x2 , x3 , x4 . Abbiamo 1′ = 0, x′ = 1.
(x2 )′ = 2x, (x3 )′ = 3x2 dunque la matrice sarà
 
0 1 0 0
 
0 0 2 0
 
 
0 0 0 3
 
 
0 0 0 0
 
0 0 0 0

Esercizio 17.2.11. Sia F : C2 → C definita da
 
1 2
F (x, y) = det  
x y
Si dimostri che è lineare e se ne scriva la matrice associata rispetto alla base (1, 2), (i, 2)
di C2 in partenza e la base 1 − i di C in arrivo.
17.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 122

Soluzione. Il fatto che F sia lineare discende immediatamente dalle proprietà del
determinante. F (1, 2) = 0, mentre F (i, 2) = 2 − 2i = 2(1 − i). La matrice associata è
dunque
 
0 2

Esercizio 17.2.12. Scrivere la matrice associata a f (x, y, x) = (2x + y, y − z, z + 3x)
rispetto alle basi canoniche di R3 sia in partenza che in arrivo.
Soluzione. Quando una funzione è scritta in coordinate la matrice in basi canoniche
è già li:
 
2 1 0
 
 
0 1 −1
 
3 0 1
perché? 
 
1 2 0
Esercizio 17.2.13. Sia A =   e sia f : R3 → R2 data da f (X) = AX.
0 1 1
Scrivere la matrice di f nelle basi v1 = (1, 1, 0), v2 = (1, 1, 1), v3 = (1, 0, 0) di R3 e
w1 = (−1, 1), w2 = (1, 0) di R2 .
Soluzione. Abbiamo f (v1 ) = (3, 1) = (−1, 1) + 4(1, 0), f (v2 ) = (3, 2) = 2(−1, 1) +
5(1, 0), f (v3 ) = (1, 0) = 0(−1, 1) + 1(1, 0). Quindi
f (v1 ) = w1 + 4w2 f (v2 ) = 2w1 + 5w2 f (v3 ) = w2
La matrice associata a f nelle basi date è quindi
 
1 2 0
 
4 5 2

Esercizio 17.2.14. Sia A ∈ Mm×n (K) e sia f : Kn → Rm data da f (X) = AX. Sia
B = (v1 , . . . , vn ) una base di Kn e sia B′ = (w1 , . . . , wm ) una base di Km . Scrivere la
matrice di f nelle basi B, B′ .
Soluzione. La matrice A altro non è che la matrice associata a f nelle basi canoniche.
B′
Se M = Mcan (IdKm ) e N = MBcan (IdKn ) sono le matrici dei cambi di coordinate avremo

MBB (f ) = MAN
La matrice N è ottenuta semplicemente usando i vettori vi come colonne:
17.3. ESERCIZI 123

 
 
N = MBcan (Id) = v1 v2 . . . vn 
 
 

B ′
mentre la matrice M = Mcan (IdKm ) = (MBcan
′ (IdKm ))
−1
quindi
 −1
 
N = (MBcan −1  
′ (Id)) = w1 w2 . . . wm 
 

In conclusione
 −1  
   

MBB (f )
   
= w1 w2 . . . wm  A v1 v2 . . . vn 
   

17.3. Esercizi
Esercizio 17.3.1. Sia f : C≤1 [x] → C≤3 [x] definita da f (p) = p(x)(i + x)2 . Dimostrare
che f è lineare, scrivere la matrice associata a f nelle basi canoniche. Scrivere la matrice
associata a f nelle basi 1 + x, 1 − x in partenza e 1 + x, (1 + x)2 , 1 + x3 , 1 in arrivo.
Esercizio 17.3.2. Sia f : C4 → C2 definita da f (x, y, z, t) = (x + iy, z + it). Dimostrare
che f è lineare, scrivere la matrice associata a f nelle basi canoniche. Scrivere la matrice
associata a f nelle basi (1, 1, 0, 0), (1, i, 0, 0), (0, 0, i, i), (0, 0, i, 1) in partenza e (1, 1), (1, i)
in arrivo.
Esercizio 17.3.3. Sia f : C → C definita da f (z) = z̄. Dimostrare che f è lineare se
consideriamo C some spazio vettoriale su R. Scrivere la matrice di f nella base 1, i sia in
partenza che in arrivo. Scrivere la matrice di f nella base 1 + i, 1 − i sia in partenza che
in arrivo. Dimostrare che f NON è lineare se consideriamo C come spazio vettoriale su
C.
Esercizio 17.3.4. Sia α ∈ C e sia f : C → C definita da f (x) = αx. Si consideri C
come spazio vettoriale su R, si dimostri che f è lineare e se ne scriva la matrice associata
rispetto alla base 1, i di C su R.
Esercizio 17.3.5. Siano B e B′ due basi di uno spazio vettoriale V . Dimostrare che le
matrici del cambio di base da B a B′ e da B′ a B sono l’una inversa dell’altra.
17.3. ESERCIZI 124
 
1 2
Esercizio 17.3.6. Sia A =   e sia fA : R2 → R2 definita da fA (X) = AX. Sia
1 2
B
B = (1, 2), (2, 1). Scrivere MB (fA ).
Esercizio 17.3.7. Sia A ∈ Mm×m (K) e sia fA : Rm → Rm definita da fA (X) = AX. Sia
B la base formata da e1 , e1 + e2 , . . . , e1 + e2 + . . . , +em . Scrivere MBB (fA ).
Esercizio 17.3.8. Sia A ∈ Mm×m (K) invertibile e sia fA : Rm → Rm definita da fA (X) =
AX. Sia B la base formata dalle colonne di A. Dimostrare che MBB (fA ) = A.
Esercizio 17.3.9. Sia V = span(sin x, cos x) e sia f : V → V la derivata prima. Scrivere
la matrice associata a f nella base cos x, sin x.
Esercizio 17.3.10. Sia V = span(sin x, cos x) e sia f : V → V la derivata prima. Scrivere
la matrice associata a f nella base sin x, cos x in partenza e cos x, − sin x in arrivo.
Esercizio 17.3.11. Sia V = span(sin x, cos x) e sia f : V → V la derivata seconda.
Scrivere la matrice associata a f nella base cos x, sin x.
Esercizio 17.3.12. Sia V = span(sin x, cos x) e sia f : V → V definita da f (u) = u′′ + u.
Scrivere la matrice associata a f nella base sin x, cos x.
Esercizio 17.3.13. Sia f : C3 → C4 definita da f (x, y, z) = (2x + iy, z − x, y + z, z + y + x)
si scriva la matrice di f nelle basi canoniche.
Esercizio 17.3.14. Sia f : C3 → C4 definita da f (x, y, z) = (2x + iy, z − x, y + z, z + y + x)
si scriva la matrice di f nelle basi (1, 1, 1), (1, 2, 1), (1, 2, 3) in partenza e
(1, 0, i, 0), (1, 1, 0, 0), (0, 1, 0, i), (0, 0, 0, i) in arrivo.
Esercizio 17.3.15. Sia f : Z/2Z3 → Z/2Z2 definita da f (x, y, z) = (x + y + z, x + y −
z + x) scrivere la matrice associata a f nelle basi canoniche sia in partenza che in arrivo.
Scrivere la matrice associata a f nella base canonica in partenza e nella base (1, 1), (1, 0)
in arrivo. Scrivere la matrice associata a f nella base (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 0) in partenza
e (1, 1), (1, 0) in arrivo.
Esercizio 17.3.16. Sia f : M3×2 (K) → M2×3 (K) definita come f (X) = X T . Si dimostri
che f è lineare e se ne scrive la matrice associata rispetto a due basi a scelta in partenza
e in arrivo.
Esercizio 17.3.17. Sia f : M3×3 (K) → M3×3 (K) definita come f (X) = X T . Si dimostri
che f è lineare e se ne scrive la matrice associata rispetto alla base canonica di M3×3 (K).
Esercizio 17.3.18. Si scriva la matrice della rotazione di angolo α attorno all’asse X in
R3 , in senso orario secondo la “regola della mano destra”, rispetto alla base canonica.
Esercizio 17.3.19. Si scriva la matrice della rotazione di angolo α attorno all’asse X in
R3 , in senso antiorario secondo la “regola della mano destra”, rispetto alla base canonica.
Esercizio 17.3.20. Si scriva la matrice della riflessione rispetto al piano {y = 0} in R3 ,
rispetto alla base canonica.
17.3. ESERCIZI 125

Esercizio 17.3.21. Si scriva la matrice della riflessione rispetto al piano {y = 0} in R3 ,


rispetto alla base (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 1) in partenza e la canonica in arrivo.
Esercizio 17.3.22. Si scriva la matrice della riflessione rispetto al piano {y = 0} in R3 ,
rispetto alla base canonica in partenza e alla base (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 1) in arrivo.
Esercizio 17.3.23. Si scriva la matrice della riflessione rispetto al piano {y = x} in R3 ,
rispetto alla base canonica.
Esercizio 17.3.24. Siano V, W due spazi vettoriali su K e sia f : V → W un’applicazione
lineare. Siano B = (v1 , . . . , vn ) e B′ = (u1 , . . . , un ) due basi di V e siano D = (w1 , . . . , wm )
e D ′ = (q1 , . . . , qm ) due basi di W . Sia A = MBD (f ). Si trovi la formula per calcolare

MBD′ (f ) a partire da A.
Esercizio 17.3.25. Mettere su google images “trasformazioni lineari” e premere invio.
SCHEDA 18

Applicazioni lineari 2: struttura di spazio vettoriale, Ker e


immagine

18.1. Richiami di teoria


Dati due spazi vettoriali V, W su K, l’insieme delle applicazioni lineari tra V e W
si denota hom(V, W ) oppure L(V, W ) oppure L(V, W ) o con notazioni simili. Ha una
struttura di spazio vettoriale su K con le usuali somma e prodotto
(f + g)(x) = f (x) + g(x) (λf )(x) = λf (x).
Una volta scelte una base B di V e una base B′ di W l’associare matrice la matrice

MBB (f )
alle funzioni f ∈ hom(V, W ) identifica hom(V, W ) con lo spazio delle matrici k × n
ove n = dim(V ) e k = dim(W ).
Definizione 18.1.1. f : V → W si dice iniettiva se per ogni x, y ∈ V si ha f (x) =
f (y) ⇒ x = y; si dice suriettiva se per ogni y ∈ W ∃x ∈ V : f (x) = y; si dice biunivoca se
è iniettiva e suriettiva.
Definizione 18.1.2. Data f : V → W lineare il nucleo di f , detto anche kernel o ker, è
definito da
ker(f ) = {v ∈ V : f (v) = 0}
ed è un sottospazio vettoriale di V .
Definizione 18.1.3. Data f : V → W lineare l’ immagine di f , chiamato anche
codominio, è definita da
Imm(f ) = f (V ) = {f (v) : v ∈ V }
ed è un sottospazio vettoriale di W .
In coordinate, se f (X) = AX, ker(f ) corrisponde alle soluzioni del sistema omogeneo
AX = 0 e l’immagine di f altro non è che lo spazio generato dalle colonne di A. Quindi
in coordinate nucleo e immagine si calcolano come al solito trovandone equazioni
cartesiane e parametriche a seconda del bisogno.
Teorema 18.1.4. f : V → W è iniettiva se e solo se ker(f ) = {0}, è suriettiva se e solo
se Imm(f ) = W .
La prima frase segue dal fatto che f (x) = f (y) è equivalente a f (x−y) = 0. La seconda
è tautologica.
126
18.1. RICHIAMI DI TEORIA 127

Definizione 18.1.5. f : V → W lineare si dice invertibile se esite g : W → V lineare tale


che f ◦ g = Id : W → W e g ◦ f = Id : V → V . Un’applicazione lineare invertibile si dice
isomorfismo lineare.

Teorema 18.1.6. f : V → W lineare è invertibile se e solo se è iniettiva e suriettiva.


Un’applicazione lineare (tra spazi di dimensione finita) è invertibile se e solo se lo è la sua
matrice (non importa rispetto a quali basi). A basi fissate, la matrice dell’inversa di f è
l’inversa della matrice di f .

Due spazi si dicono isomorfi se esiste un’isomorfismo tra loro. Uno spazio vettoriale V
di dimensione 2 è sempre isomorfo a K2 ma di isomorfismi tra V e K2 ce n’è piú d’uno.
(Infiniti se la K è infinito.)
Due spazi isomorfi hanno le stesse proprietà lineari. Se si è interessati per esempio
a capire le proprietà di un insieme di funzioni in hom(V, W ) (per esempio se un dato
sottoinsieme sia o meno un sottospazio vettoriale), basta tradurre il problema nello spazio
delle matrici fissando basi di V e W .

Teorema 18.1.7. Sia f : V → W lineare. Allora

dim(ker(f )) + dim(Imm(f )) = dim(V )

Questo teorema, una volta passati in coordinate, non è altro che una versione di Rouché-
Capelli. Una dimostrazione alternativa la si ottiene considerando una base v1 , . . . , vk di
ker(f ) e estendendola a base di V , BV : v1 , . . . , vk , vk+1, . . . , vn . Adesso basta verificare che
i vettori wi = f (vk−i ) sono una base di Imm(f ). Si noti che se si estendono i wi a base di
W , BW = w1 , . . . , wn−k , u1 , . . . , us la matrice associata a f nelle basi BV e BW è

 
0 Id(n−k)×(n−k)
MBBVW (f ) =  
0 0

ove gli 0 rappresentano blocchi di matrice nulli: lo zero in alto a sinistra rappresenta la
matrice nulla di M(n−k)×k , quello in basso a sinistra lo zero di Ms×k e quello in basso a
18.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 128

destra lo zero di Ms×(n−k) . Cioè


k n−k
z }| { z }| {
 


 0 ... 0 1 0 0 ... 0

  



 0 ... 0 0 1 0 ... 0



n−k  0 ... 0 0 0 1 ... 0 

  .. . . .. .. .. . . .. 
MBBVW (f ) = 




 . . . . . . .


 
 0 ... 0 0 0 0 ... 1






 0 ... 0 0 0 ... 0 0
 
 .. . . .. .. .. . . .. .. 
s  . . . . . . . . 



 0 ... 0 0 0 ... 0 0

Corollario 18.1.8. Se V e W sono due spazi vettoriali su K con la stessa dimensione,


allora un’applicazione lineare f : V → W è iniettiva se e solo se è suriettiva se e solo se è
un isomorfismo.

18.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 18.2.1. Siano f : R2 → R3 e g : R3 → R2 definite da f (x, y) = (x, y, z),
g(x, y, z) = (x, y). Si ha g(f (x, y)) = (x, y) e quindi si potrebbe pensare che g è l’inversa
di f , ma f (g(x, y, z)) = (x, y, 0). In realtà né f che g sono invertibili (perché?).
Esercizio 18.2.2. Sia V : {f ∈ hom(R2 , R3 ) : f (1, 2) = 0, Imm(f ) ⊂ span(e1 , e2 + e3 )}.
Si calcoli la dimensione di V .
Soluzione. Consideriamo il vettore (1, 2) ed estendiamolo a base di R2 . Similmente
estendiamo i vettori e1 e e2 + e3 a base di R3 :
     
    1 0 0
1 1      
B′ : v1 = 0 v2 = 1 v3 = 1
     
B : v1 =   v2 =  
2 0      
0 1 0

Usando tali basi, l’insieme V corrisponde allo spazio delle matrici della forma
 
0 a
 
 
0 b 
 
0 b
18.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 129
   
0 1 0 0
   
   
che ha dimensione 2 in quanto una base è data da 0 0 , 0 1 . 
   
0 0 0 1

Esercizio 18.2.3. Sia V : {f ∈ hom(R2 , R3 ) : f (1, 2) = (1, 2, 3), Imm(f ) ⊂ span(e1 , e2 +


e3 )}. Si dica se V è uno spazio vettoriale.
Soluzione. No. Infatti se f, g ∈ V si ha f (1, 2) = (1, 2, 3), g(1, 2) = (1, 2, 3) ma
(f + g)(1, 2) = f (1, 2 = +g(1, 2) = (2, 6, 8) e dunque (f + g)(1, 2) 6= (1, 2, 3) quindi V non è
chiuso per somma. Se uno avesse voluto tradurre il problema nello spazio di matrici, come
nell’esercizio precedente, avrebbe ottenuto che le matrici degli elementi di V , nelle basi B
e B′ definite come prima, sono della forma
 
1 a
 
 
2 b 
 
3 b
e tale insieme di matrici non è uno spazio vettoriale perché lo zero non vi appartiene. 
Esercizio 18.2.4. Sia V : {f ∈ hom(R2 , R2 ) : f 2 (1, 2) = (0, 0), Imm(f ) ⊂ span(e2 )}.
Si descrivano le matrici associate a elementi di V in basi a piacere (meglio se opportune
scelte) e si dica se V sia uno spazio vettoriale.
Soluzione. Sia v = (1, 2). Siccome f (f (v)) = 0 si ha ker(f ) 6= {0} perchè o v
oppure f (v) sono vettori di ker(f ). Se v non appartiene a ker(f ) allora f (v) genera ker(f )
(perché?). Ma avendo Imm(f ) ⊂ span(e2 ), si ha ker(f ) = span(e2 ). Scegliendo v, e2 come
base di R2 sia in partenza che in arrivo la matrice di f è del tipo
 
0 0
 
a 0
se invece v ∈ ker(f ) allora, sempre nella base v, e2 in partenza e in arrivo, la matrice di f
è del tipo  
0 0
 
0 b
Se ne deduce che V , con la base v, e2 sia in partenza che in arrivo, corrisponde all’insieme
di matrici      
 0 0 [ 0 0 
 :a∈R  :b∈R
 a 0   0 b 
che non è un sottospazio vettoriale di M2×2 (R) in quanto non è chiuso per somma. Quindi
V non è un sottospazio vettoriale di hom(R2 , R2 ). 
18.3. ESERCIZI 130

18.3. Esercizi
Esercizio 18.3.1. Dimostrare che, scelta una base, le coordinate su uno spazio V di
dimensione n forniscono un’isomorfismo lineare tra V e Kn .
Esercizio 18.3.2. Dimostrare che, scelte una base di V e una di W , la matrice associata
a f : V → W lineare fornisce un’isomorfismo lineare tra hom(V, W ) e Mm×n (K), ove
n = dim(V ) e m = dim(W ).
Esercizio 18.3.3. Siano V, W due spazi vettoriali su K. Dimostrare che se dim(V ) >
dim(W ) non esistono f ∈ hom(V, W ) iniettive. Dimostrare che se dim(V ) < dim(W ) non
esistono f ∈ hom(V, W ) suriettive.
Esercizio 18.3.4. Sia V = {f ∈ hom(C2 , C3 ) : f (1, 1) = f (i, i)}. Si dica se V sia un
sottospazio vettoriale di hom(C2 , C3 ) e se ne calcoli la dimensione.
Esercizio 18.3.5. Sia V = {f ∈ hom(R≤2 [x], R2 ) : Imm(f ) ⊂ span(1, 1), f (1 + x2 ) =
f (x)}. Si dica se V sia un sottospazio vettoriale di hom(R≤2 , R2 ) e se ne calcoli la
dimensione.
 
1 2
Esercizio 18.3.6. Sia A =   e sia V = {f ∈ hom(R2 , R3 ) : f (AX) = 0}. Si dica
1 2
se V sia un sottospazio vettoriale di hom(R2 , R3 ) e se ne calcoli la dimensione.
 
1 2
Esercizio 18.3.7. Sia A =   e sia V = {f ∈ hom(R4 , R2 ) : Af (x) = 0}. Si dica
1 2
se V sia un sottospazio vettoriale di hom(R4 , R2 ) e se ne calcoli la dimensione.
Esercizio 18.3.8. Sia f (x, y, z) = (x − y − z, y − 2x, z + x). Si calcolino le dimensioni di
ker(f ) e Imm(f ). Si dica se R3 = ker(f ) ⊕ Imm(f ).
Esercizio 18.3.9. Sia f : R≤2 [x] → R≤2 [x] la derivata. Si calcolino le dimensioni di
ker(f ) e Imm(f ). Si dica se R≤2 [x] = ker(f ) ⊕ Imm(f ).
 
1 −1
Esercizio 18.3.10. Sia A =   e sia f : M3×2 (R) → M3×2 (R) definita da
−1 1
f (X) = XA. Si calcolino le dimensioni di ker(f ) e Imm(f ). Si dica se M3×2 (R) =
ker(f ) ⊕ Imm(f ).
 
1 1
Esercizio 18.3.11. Sia A =   e sia f : M2×3 (R) → M2×3 (R) definita da f (X) =
1 2
AX. Si calcolino le dimensioni di ker(f ) e Imm(f ). Si dica se M2×3 (R) = ker(f ) ⊕
Imm(f ).
18.3. ESERCIZI 131

Esercizio 18.3.12. Sia f ∈ hom(V, W ). Sia v1 , . . . , vk una base di ker(f ). Dimostrare che,
data una qualsiasi estensione v1 , . . . , vk , vk+1 , . . . , vn a base di V , i vettori f (vk−1 ), . . . , f (vn )
sono una base di Imm(f ).
Esercizio 18.3.13. Sia V lo spazio delle funzioni C ∞ su R. Siano a, b, c ∈ R e sia
f (u) = au′′ + bu′ + cu. Si dimostri che f ∈ hom(V, V ). Al variare di (a, b, c) ∈ R3 Si calcoli
la dimensione di ker(f ) (si noti che dim(V ) = ∞). Dimostrare che W = {(a, b, c) ∈ R3 :
dim(ker(f )) 6= 2} è un sottospazio vettoriale di R3 e se ne calcoli la dimensione. Si dica
se U = {(a, b, c) ∈ R3 : dim(ker(f )) ≤ 1} sia un sottospazio vettoriale di R3 .
SCHEDA 19

Trasformazioni lineari e affini

19.1. Richiami di teoria


Siano V, W spazi vettoriali su K. Dati v1 , . . . , vn vettori di V e w1 , . . . , wn vettori di
W . Se i vi sono una base di V allora esiste unica f : V → W tale che per ogni i si abbia
f (vi ) = wi . Scelte basi BV di V e BW di W , in coordinate, la matrice associata a f si
costruisce esplicitamente come segue: sia
      
      
      
A = w1   w2  . . . wn  
      
BW BW BW

la matrice che ha le coordinate dei wi come colonne e sia


      
      
      
M = v1  v2  . . . vn  
      
BV BV BV

la matrice che ha le coordinate dei vi come colonne. La matrice associata a f nelle basi
date è dunque
AM −1 .
Infatti A è la matrice associata a f nelle basi v1 , . . . , vn in partenza e BW in arrivo e M −1
altro non è che la matrice del cambio delle coordinate dalla base BV alla base v1 , . . . , vn .
Definizione 19.1.1. Un’applicazione f : Kn → Km si dice trasformazione affine se è del
tipo
f (X) = AX + b
(si noti che b = f (0)) equivalentemente f è affine se esite b tale che f (x) −b è lineare. Una
trasformazione affine si dice affinità se n = m e A è invertibile. L’applicazione lineare
f (x) − b si dice parte lineare di f . Il termine b = f (0) si dice vettore di traslazione di f .
Si noti che questa definizione si puó dare anche per applicazioni tra spazi vettoriali
qualsiasi. L’immagine di una trasformazione affine è un sottospazio affine di Km mentre
non ha senso parlare del nucleo di una applicazione affine in quanto lo zero non è piú un
elemento privilegiato (se b non appartiene allo span delle colonne di A allora {x : f (x) = 0}
132
19.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 133

è l’insieme vuoto). D’altra parte, se c ∈ Imm(f ) allora {v : f (v) = c} è un sottospazio


affine di Kn .
Teorema 19.1.2. Siano X0 , . . . , Xn n + 1 punti affinemente indipendenti di Kn . Per
ogni scelta di Y0 , . . . , Yn ∈ Kn esiste una unica trasformazione affine f : Kn → Kn tale che
f (Xi ) = Yi . Tale trasformazione affine è un’affinità se e solo se Y0 , . . . , Yn sono affinemente
indipendenti.
La trasformazione che manda Xi in Yi si costruisce cosı́: detti vi = Xi −X0 e wi = Yi −Y0
sia A l’unica applicazione lineare tale che Avi = wi . Allora definendo
f (X) = A(X − X0 ) + Y0 = A(X) − A(X0 ) + Y0
(se vogliamo scriverla in forma f (X) = AX + b basta porre b = Y0 − AX0 ) si ha:
f (Xi ) = A(Xi − X0 ) + Y0 = Avi + Y0 = wi + Y0 = Yi − Y0 + Y0 = Yi

19.2. Esempi ed esercizi svolti


Esercizio 19.2.1. Siano X0 = (1, 0), X1 = (1, −1), X2 = (0, 0) e Y0 = (1, 1), Y1 =
(−1, 2), Y2 = (2, 1). Scrivere l’affinità di R2 che manda Xi in Yi .
Soluzione. Poniamo
       
0 −1 −2 1
v1 = X1 −X0 =   , v2 = X2 −X0 =   , w1 = Y1 −Y0 =   , w2 = Y2 −Y0 =  
−1 0 1 0
La parte lineare è data da
  −1     
−2 1 0 −1 −2 1 0 −1 −1 2
A=   =  = 
1 0 −1 0 1 0 −1 0 0 −1
il termine di traslazione è dato da
      
1 −1 2 1 2
b= −   =  
1 0 −1 0 1
L’affinità cercata è dunque
   
−1 2 2
f (X) =  X +  
0 −1 1

(si noti che in questo caso particolare il termine noto si poteva calcolare sapendo che
f (X2 ) = Y2 . Essendo infatti X2 = 0 si ha Y2 = f (X2 ) = f (0) = b.) Verifichiamo adesso
di non aver fatto errori di calcolo e controlliamo che la funzione f cosı́ definita mandi
effettivamente gli Xi negli Yi .
19.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 134

      
−1 2 1 2 1
f (X0 ) =     +   =   = Y0 ok!
0 −1 0 1 1
      
−1 2 1 2 −1
f (X1 ) =     +   =   = Y1 ok!
0 −1 −1 1 2
      
−1 2 0 2 2
f (X2 ) =     +   =   = Y2 ok!
0 −1 0 1 1

Esercizio 19.2.2. Si scriva una trasformazione lineare f : R3 → R4 che manda (1, 0, 1)
in (1, 0, 0, 0) e (1, 1, 0) in (0, 2, 0, 0).
Soluzione. Poniamo v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 1, 0), w1 = (1, 0, 0, 0), w2 = (0, 2, 0, 0).
Siccome i vi sono solo due, non possono essere una base di R3 . Ma sono linearmente
indipendenti. Li estendiamo quindi a base di R3 ponendo v3 = e1 . Scegliamo w3 come
ci pare, per esempio w3 = 0. Adesso possiamo scrivere l’unica applicazione lineare f che
manda i vi nei wi ponendo f (X) = AX con
     
1 0 0  −1 1 0 0   0 0 1
  1 1 1   0 0 1  
 0 2 0   0 2 0   0 2 0
       
A=  0 1 0 =   0 1 0 = 
 0 0 0   0 0 0   0 0 0
     
1 0 0 1 −1 −1
0 0 0 0 0 0 0 0 0

Esercizio 19.2.3. Si caratterizzino tutte le trasformazioni lineari f : R3 → R4 che
mandano (1, 0, 1) in (1, 0, 0, 0) e (1, 1, 0) in (0, 2, 0, 0).
Soluzione. Poniamo v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 1, 0), w1 = (1, 0, 0, 0), w2 = (0, 2, 0, 0).
Siccome i vi sono solo due, non possono essere una base di R3 . Ma sono linearmente indi-
pendenti. Li estendiamo quindi a base di R3 ponendo v3 = e1 . Adesso possiamo scegliamo
w3 in qualsiasi modo. Lo lasciamo indicato in modo generico ponendo w3 = (a, b, c, d) La
generica applicazione lineare f che manda i vi nei wi si ottiene in basi canoniche ponendo
f (X) = AX con
     
1 0 a  −1 1 0 a   a −a 1 − a
  1 1 1   0 0 1  
0 2 b    0 2 b     b 2 − b −b 
       
A=   0 1 0 =   0 1 0 = 
0 0 c    0 0 c     c −c −c 
     
1 0 0 1 −1 −1
0 0 d 0 0 d d −d −d
19.3. ESERCIZI 135


Esercizio 19.2.4. Siano v1 = (1, 0), v2 = (1, 1), v3 = (1, 2) e siano w1 = (2, 1, 0), w2 =
(0, 1, 0), w3 = (1, 0, 1). Si dica se esiste un’applicazione lineare f : R2 → R3 tale che
f (vi ) = wi .
Soluzione. I vi non sono linearmente indipendenti tra loro perché sono tre vettori in
uno spazio bidimensionale. Una loro combinazione lineare nulla è per esempio v3 = 2v2 −v1 .
Se esistesse un’applicazione lineare che manda vi in wi avremmo w3 = f (v3 ) = f (2v2 −v1 ) =
2f (v2 ) − f (v1 ) = 2w2 − w1 ma 2w2 − w1 = (−2, 1, 0) 6= (1, 0, 1) = w3 . Quindi una tale f
non puó esistere. 
Esercizio 19.2.5. Siano v1 = (1, 2, 2), v2 = (0, 1, 1), v3 = (1, 1, 1) e siano w1 = (2, 1), w2 =
(0, 1), w3 = (2, 0). Si dica se esiste un’applicazione lineare f : R2 → R3 tale che f (vi ) = wi
e nel caso si dica se è unica. Se non è unica si caratterizzino tutte le f ∈ hom(R3 , R2 ) tali
che f (vi ) = wi .
Soluzione. I vi non sono linearmente indipendenti tra loro perché v3 = v1 − v2 . Sic-
come anche w3 = w1 − w2 , allora ogni applicazione lineare che manda v1 in w1 e v2 in
w2 manda automaticamente v3 in w3 . Possiamo quindi scordarci di v3 e w3 . Ora, v1 , v2
sono linearmente indipendenti tra loro ma non sono una base di R3 . Li estendiamo a base
aggiungendo v = (0, 1, 0) (se avessimo aggiunto (1, 0, 0) non veniva una base, perché?).
Adesso abbiamo piena scelta sull’immagine di v. Chiamiamo w = (a, b) un vettore gene-
rico di R2 . La generica applicazione lineare che manda v1 in w1 , v2 in w2 e v in w, in
coordinate canoniche si scrive come f (X) = AX con
 −1  
  1 0 0   1 0 0  
2 0 a   2 0 a   2 a −a
A=  
2 1 1 =   
−2 0 1  =  
1 1 b   1 1 b   −1 b 1 − b
2 1 0 0 1 −1

Quindi f non è unica e l’insieme delle f : hom(R3 , R2 ) tali che f (vi ) = wi , i = 1, 2, 3 è


descritto da due parametri. Si noti che
       
2 a −a 2 0 0 0 1 −1 0 0 0
A= = + a  + b 
−1 b 1 − b −1 0 1 0 0 0 0 1 −1

(Somiglianze con gli spazi affini?) 

19.3. Esercizi
Esercizio 19.3.1. Siano V, W spazi vettoriali su K. Siano v1 , . . . , vk ∈ V vettori linear-
mente indipendenti e siano w1 , . . . , wk ∈ W . Dimostrare che esiste f ∈ hom(V, W ) tale
che f (vi ) = wi per ogni i. Dimostrare che tale f è unica se e solo se v1 , . . . , vk generano
V.
19.3. ESERCIZI 136

Esercizio 19.3.2. Siano V, W spazi vettoriali su K. Siano v1 , . . . , vk ∈ V e w1 , . . . , wk ∈


W . Dimostrare che esiste f ∈ hom(V, W ) tale che f (vi ) = wi per ogni i = 1, . . . , k se e
solo se vale la seguente condizione
X X
λi vi = 0 ⇒ λi wi = 0.
Dimostrare che tale f è unica se e solo se v1 , . . . , vk generano V .
Esercizio 19.3.3. Siano X0 , . . . , Xk ∈ Kn e siano Y0 , . . . , Yk ∈ Km . Dimostrare che esiste
una trasformazione affine f : Kn → Km tale che f (Xi ) = Yi se e solo se vale la seguente
condizione X X
λi (Xi − X0 ) = 0 ⇒ λi (Yi − Y0 ) = 0.
Dimostrare che tale trasformazione è unica se e solo se l’unico spazio affine passante per
Xo , . . . , Xk è Kn . Sotto che condizioni f è un’affinità?
     
1 i 1
     
     
Esercizio 19.3.4. Siano v1 = 0 , v2 = 0 , v3 = −1 elementi di C3 w1 =
     
1 0 0
     
1 1 1+i
     
1 i  0 
     
  , w2 =   , w3 =   vettori di C4 . Scrivere, in coordinate canoniche, un’ap-
i 0  0 
     
i 0 1
plicazione lineare f : C → C4 tale che f (vi ) = wi . Si dica se tale f è unica.
3
     
1
   i 1
     
Esercizio 19.3.5. Siano v1 = 0 , v2 = 0 , v3 = −1 elementi di C3 w1 =
     
1 0 0
     
1 1 1+i
     
1 i  0 
     
  , w2 =   , w3 =   vettori di C4 . Scrivere, in coordinate canoniche, un’ap-
i 0  0 
     
i 0 1
plicazione lineare f : C → C3 tale che f (wi ) = vi . Si caratterizzino tutte le f con tale
4

proprietà.
Esercizio 19.3.6. In R2 consideriamo i punti
           
1 1 2 1 0 −1
X0 =   , X1 =   , X2 =   Y0 =   , Y1 =   , Y2 =  
−1 0 2 1 1 2
19.3. ESERCIZI 137

Scrivere, in coordinate canoniche, un’trasformazione affine di R2 tale che f (Xi ) = Yi . Si


dica se tale f è unica e se è un’affinità.
Esercizio 19.3.7. In C2 consideriamo i punti
           
1 i 1 1 0 1+i
X0 =   , X1 =   , X2 =   Y0 =   , Y1 =   , Y2 =  
0 0 −1 1 1−i 0
Scrivere, in coordinate canoniche, un’trasformazione affine di C2 tale che f (Xi ) = Yi . Si
dica se tale f è unica e se è un’affinità.
2 2
Esercizio
 19.3.8.
 Siano
 p1  = (1 + x)  (1 + x)(x − 2), p3 = 1 + x + x e siano
, p2 =
1 2 0 2 1 1
M1 =   , M2 =   , M3 =  . Si caratterizzino tutti le aplicazioni f ∈
3 4 3 0 1 1
hom(R≤3 [x], M2×2 (R)) tali che f (pi ) = Mi e si dica se ne esitono di invertibili.
2 2
Esercizio
 19.3.9.
 Siano
 p1  = (1 + x)  (1 + x)(x − 2), p3 = 1 + x + x e siano
, p2 =
1 2 0 2 1 1
M1 =   , M2 =   , M3 =  . Si caratterizzino tutti le aplicazioni f ∈
3 4 3 0 1 1
hom(R≤2 [x], M2×2 (R)) tali che f (pi ) = Mi e si dica se ne esitono di invertibili.
SCHEDA 20

Endomorfismi

20.1. Richiami di teoria


D’ora in poi, salvo diversamente specificato, ci restringiamo a spazi vettoriali di dimen-
sione finita.
Un’applicazione lineare da uno spazio in sé si dice endomorfismo. Lo spazio delle
applicazioni lineari da uno spazio in sé si denota con End(V )
End(V ) = hom(V, V ) = {f : V → V t.c. f è lineare }
La matrice associata a un endomorfismo rispetto a una base B è per definizione la
matrice associata a f usando la base B sia in partenza che in arrivo:
f ∈ End(V ) MB (f ) = MBB (f )
La matrice di un endomorfismo è sempre una matrice quadrata. Viceversa, data una
matrice quadrata A ∈ Mn×n (K), si identifica tacitamente A con l’endomorfismo fA :
Kn → Kn che ha A come matrice associata rispetto alla base canonica. Quindi quando si
parla di ker(A), Imm(A), etc... si intende ker(fA ), Imm(fA ) etc...
Definizione 20.1.1. Due matrici A, B ∈ Mn×n (K) si dicono simili se esite una matrice
invertibile M ∈ Mn×n (K) tale che
B = M −1 AM
Teorema 20.1.2. Le di uno stesso endomorfismo rispetto a due basi diverse sono matrici
simili. Viceversa, due matrici sono simili se e solo se rappresentano lo stesso endomorfismo
in basi diverse.
La dimostrazione di questo teorema discende immediatamente dalla formula del cambio
di base per applicazioni lineari.
Definizione 20.1.3. Sia f ∈ End(V ). Un vettore non nullo v ∈ V si dice autovettore
di f se esiste λ ∈ K tale che
f (v) = λv.
Definizione 20.1.4. Sia f ∈ End(V ). Un numero λ ∈ K si dice autovalore di f se
esite un vettore non nullo v tale che
f (v) = λv.
Se v 6= 0 e f (v) = λv allora v si dice autovettore relativo all’autovalore λ. Quando si
parla di autovalori e atuovettori di una matrice quadrata A si sottintende che ci si riferisce
agli autovalori e autovettori di fA .
138
20.1. RICHIAMI DI TEORIA 139

Teorema 20.1.5. Sia f ∈ End(V ) e sia λ ∈ K. Allora λ è autovalore per f se e solo se


ker(f − λId) 6= {0}.
Se A è una matrice associata a f in una qualsiasi base di V , allora la condizione precedente
è equivalente a
det(A − λI) = 0.
La dimostrazione di questo teorema discende immediatamente dal fatto che l’esistenza
di un autovettore relativo a λ è equivalente a chiedere che ker(f − λId) non sia formato
dal solo 0; infine, siccome f − λId è un endomorfismo si ha ker(f − λId) 6= {0} se e solo
se det(A − λI) = 0.
Definizione 20.1.6. Sia f ∈ End(V ) e sia A una matrice associata a f . Il polinomio
caratteristico di f è definito come
p(x) = det(A − xId)
Quando si parla di polinomio caratteristico di una matrice A si intende quello di fA .
Teorema 20.1.7. Il polinomio caratteristico di f ha sempre grado uguale alla dimensione
di V e non dipende dalla base scelta per scrivere la matrice associata.
La dimostrazione discende immediatamente dalla formula del cambio di base per ap-
plicazioni lineari e dalle proprietà del determinante.
Teorema 20.1.8. Sia f ∈ End(V ) e sia p il polinomio caratteristico di f . Allora λ ∈ K
è autovalore di f se e solo se p(λ) = 0 se e solo se p(x) = (x − λ)m q(x) con q(λ) 6= 0.
Questo teorema è tautologico, date le definizioni e i teoremi precedenti.
Teorema 20.1.9. Sia f ∈ End(v) e sia λ un autovalore di f . Gli autovettori di f relativi
all’autovalore λ sono tutti gli elementi non nulli di
ker(f − λId)
Anche questo teorema è tautologico, date le definizioni e i teoremi precedenti.
Definizione 20.1.10. Sia f ∈ End(V ) e sia p il polinomio caratteristico di f . Sia λ ∈ K
un autovalore di f e sia p(x) = (x − λ)m q(x) con q(λ) 6= 0. L’intero m > 0 si chiama
molteplicità algebrica di λ e si indica di solito con ma (λ).
Teorema 20.1.11. Sia f ∈ End(V ). La somma delle molteplicità algebriche degli autova-
lori di f è minore o uguale alla dimensione di V :
X
ma (λi ) ≤ dim(V ).

La dimostrazione di questo teorema discende direttamente dal fatto che un polinomio


di grado n ha al massimo n radici.
20.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 140

20.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 20.2.1. Per ogni f ∈ End(V ) si ha f (0) = 0 = 2 · 0 = 3 · 0 = λ0 per qualsiasi λ.
Quindi se volessimo considerare 0 un autovettore non potremmo associargli univocamenre
il suo autovalore. Per questo motivo (e non solo) lo zero non si considera un autovettore.
Esercizio 20.2.2. Sia f ∈ End(V ) e sia v un autovettore. Dimostrare che se v è
autovettore relativo a due autovalori, allora questi conicidono.
Soluzione. Se f (v) = λv e f (v) = µv allora λv = µv da cui (λ − µ)v = 0 e siccome
v 6= 0 si ha λ = µ. 
Esercizio 20.2.3. Sia f ∈ End(V ) e sia v un autovettore relativo all’autovalore µ. Dimo-
strare che ogni multiplo non nullo di v è autovettore relativo a µ.
Soluzione. Per linearità si ha f (λv) = λ(f (v)) = λ(µv) = µ(λv). 
Esempio 20.2.4. Gli autovettori relativi allo zero non sono altro che gli elementi non
nulli di ker(f ).
Esercizio 20.2.5. Dimostrare che ogni f ∈ End(R3 ) ammette un autovettore.
Soluzione. La matrice di un f ∈ End(R3 ) è 3 × 3, quindi il polinomio caratteristico
di f è di grado 3. Ogni polinomio di grado 3 a coefficienti reali ha almeno una radice
(perché?) e quindi f ha un autovalore, ergo un autovettore non nullo. 
Esercizio 20.2.6. Sia f (x, y, z) = (x − y + z, y − x − z, 2z) calcolare gli autovalori di f e
la loro molteplicità algebrica.
Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica è
 
 1 −1 1 
 
A = −1 1 −1
 
0 0 2
per cui il polinomio caratteristico di f è


1 − x −1 1






1 − x −1
det(A − xI) = −1 1 − x −1 = (2 − x)





−1 1 − x
0 0 2 − x

= (2 − x)[(1 − x)2 − 1] = (2 − x)(x2 − 2x) = −x(x − 2)2


Gli autovalori di f sono quindi 0 con molteplicità 1 e 2 con molteplicità 2. 
Esercizio 20.2.7. Sia f (x, y, z) = (x − y + z, y − x − z, 2z). Si trovino tutti gli autovettori
relativi all’autovalore 2.
20.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 141

Soluzione. In coordinate canoniche la matrice associata a f è la matrice A dell’eser-


cizio precedente. Gli autovettori di f relativi all’autovalore 2 sono gli elementi non nulli
del ker(f − 2Id) si deve quindi risolvere il sistema (A − 2I)X = 0 ossia
   
1 − 2 −1 1  −1 −1 1 
   
 −1 1 − 2 −1  X = 0 −1 −1 −1 X = 0
   
0 0 2−2 0 0 0

Il sistema da risolvere è quindi


  
 −x − y + z = 0  z =x+y  z=0
 −x − y − z = 0  x+y =0  x = −y

da cui
     
x x 1
     
     
y  = −x = x −1
     
z 0 0

Quindi gli atuovettori relativi all’autovalore 2 sono i multipli non nulli di (1, −1, 0). 

Esercizio 20.2.8. Sia f (x, y, z) = (x − y − z, y − x − z, 2z). Si trovino autovalori,


calcolandone la molteplicità algebrica, e gli autovettori di f .

Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica è


 
1 −1 −1
 
 
A = −1 1 −1
 
0 0 2

per cui il polinomio caratteristico di f è




1 − x −1 −1






1 − x −1
det(A − xI) = −1 1 − x −1 = (2 − x)





−1 1 − x
0 0 2 − x

= (2 − x)[(1 − x)2 − 1] = (2 − x)(x2 − 2x) = −x(x − 2)2


Gli autovalori di f sono quindi 0 con molteplicità 1 e 2 con molteplicità 2.
20.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 142

Calcoliamo gli autovettori relativi all’autovalore zero. Questi sono gli elementi non nulli
di ker(f ) dobbiamo quindi risolvere il sistema AX = 0 che è

 x−y−z =0



  x=y
−x + y − z = 0

  z=0

 2z = 0

da cui      
x x 1
     
     
y  = x = x 1
     
z 0 0
Quindi gli atuovettori di f relativi all’autovalore 0 sono i multipli non nulli di (1, 1, 0).
Calcoliamo gli autovettori di f relativi all’autovalore 2. Questi sono gli elementi non nulli
del ker(f − 2Id) si deve quindi risolvere il sistema (A − 2I)X = 0 ossia
   
1 − 2 −1 −1 −1 −1 −1
   
   
 −1 1 − 2 −1  X = 0 −1 −1 −1 X = 0
   
0 0 2−2 0 0 0

Il sistema da risolvere è quindi


n
−x − y − z = 0 z = −x − y

da cui        
x  x  1 0
       
y  =  y  = x  0  + y  1 
       
z −x − y −1 −1
Quindi gli atuovettori relativi all’autovalore 2 sono i vettori non nulli dello span di
(1, 0, −1) e (0, 1, −1). 
Esercizio 20.2.9. Sia f (x, y) = (3x + 5y, −5x − 3y). Si trovino gli autovalori di f
considerato come endomorfismo di R2 . Si trovino gli autovalori di f considerato come
endomorfismo di C2 . Si trovino gli autovettori di f come endomorfismo di C2 .
Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica è
 
3 5
 
−5 −3
20.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 143

Quindi il polinomio caratteristico di f è




3 − x 5
p(x) =
= x2 − 9 + 25 = x2 + 16

−5 −3 − x

Per cui p(x) = 0 non ha radici reali e quindi f non ha autovalori reali. Le radici complesse
di p(x) sono ±4i. Cerchiamo gli autovettori relativi a 4i. Questi sono gli elementi non
nulli di ker(f − 4iId). Impostiamo quindi il sistema
        
3 5 3 5 4i 0 3 − 4i 5
  − 4iId X = 0  −  X = 0  X = 0
−5 −3 −5 −3 0 4i −5 −3 − 4i
si noti che la seconda riga è −(3 + 4i)/5 volte la prima.
  
3 − 4i 5 x
   = 0 (3 − 4i)x + 5y = 0 y = (4i − 3)x/5
−5 −3 − 4i y
Gli autovettori relativi a 4i sono quindi del tipo
     
x x 5
 = = x 
y (4i − 3)x/5 5 4i − 3
e sono quindi tutti i multipli non nulli di (5, 4i − 3).
Cerchiamo gli autovettori relativi a −4i.
Questi sono gli elementi non nulli di ker(f + 4iId). Impostiamo quindi il sistema
        
3 5 3 5 4i 0 3 + 4i 5
  + 4iId X = 0  +  X = 0  X = 0
−5 −3 −5 −3 0 4i −5 −3 + 4i
si noti che la seconda riga è (4i − 3)/5 volte la prima.
  
3 + 4i 5 x
   = 0 (3 + 4i)x + 5y = 0 y = (−3 − 4i)x/5
−5 −3 + 4i y
Gli autovettori relativi a −4i sono quindi del tipo
     
x x 5
 = = x 
y (−3 − 4i)x/5 5 −3 − 4i

e sono quindi tutti i multipli non nulli di (5, −3 − 4i). 


Esercizio 20.2.10. Dimostrare che il polinomio caratteristico di un endomorfismo f non
dipende dalla base scelta per scrivere la matrice associata ad f .
20.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 144

Soluzione. Sia A la matrice associata a f nella base B e sia B la matrice associata


a f in un’altra base B′ . Dunque A e B sono simili, cioè esiste una matrice invertibile M
(quella del cambio di base) tale che B = M −1 AM. A questo punto basta calcolare:
B − xI = M −1 AM − xI = M −1 AM − xM −1 M = M −1 (A − xI)M
e quindi
1
det(B − xI) = det(M −1 ) det(A − xI) det(M) = det(A − xI) det(M) = det(A − xI)
det(M)
 
1 0
Esercizio 20.2.11. Si dica quali delle seguenti matrici sono simili tra loro A1 =  ,
0 1
         
2 1 1 2 3 0 1 1 1 2
A2 =   , A3 =   , A4 =   , A5 =   , A6 =   , A7 =
1 2 0 3 0 1 0 1 0 1
 
1 2
 
3 4
Soluzione. Matrici simili hanno lo stesso polinomio caratteristico. I polinomi carat-
teristici sono (chiamiamo pi il polinomio caratteristico di Ai )
p1 = p5 = p6 = (x − 1)2 p2 = p3 = p4 = (x − 3)(x − 1) p7 = x2 − 5x − 2
Quindi la matrice A7 non è simile a nessuna delle altre e le matrici A1 , A5 , A6 non
sono simili alle A2 , A3 , A4 . In oltre, l’unica matrice simile all’identità è l’identità perchè
M −1 IM = I. Dunque A1 non è simile a nessuna delle altre.
Resta da vedere se A5 , A6 sono simili tra loro o no e se A2 , A3 , A4 sono o meno simili
tra loro.
Le matrici A2 , A3 , A4 . A2 ha due autovalori: λ = 1, 3. Quindi esistono due autovettori
v1 , v2 relativi a λ = 1, 3 rispetivamente. Sicuramente v1 non è multiplo di v2 perchè
altrimenti v1 sarebbe autovettore relativo a 3. Quindi v1 , v2formauna base di R2 . In tale
1 0
base l’endomorfismo f2 (X) = A2 (X) ha matrice associata  . Quindi A2 è simile a
0 3
 
1 0
 . Lo stesso identico discorso vale per A3 e A4 che quindi sono anch’esse simili a
0 3
 
1 0
 . Ne segue che A2 , A3 , A4 sono tutte simili tra loro.
0 3
Veniamo adesso a A5 , A6 . Entrambe hanno un solo autovalore λ = 1 e quindi non
possiedono una base di autovettori (altrimenti sarebbero l’identità). Quindi l’argomento
di prima non funziona.
20.3. ESERCIZI 145

Scriviamo l’endomorfismo f6 (X) = A6 X nella base v1 = (1, 0), v2 = (0, 1/2). Abbiamo
f6 (v1 ) = v1 e f6 (v2 ) = (1, 1/2) = v1 + v2 , quindi nella base v1 , v2 l’endomorfismo f6 ha A5
come matrice associata. Quindi A5 e A6 sono simili. 
20.3. Esercizi
Esercizio 20.3.1. Dimostrare che la matrice associata all’endomorfismo identità è sempre
Id, in qualsiasi base.
Esercizio 20.3.2. Dimostrare che la matrice associata all’endomorfismo f (x) = 2x è
sempre 2Id, in qualsiasi base.
Esercizio 20.3.3. Dimostrare che se f ∈ End(V ) è un endomorfismo tale che la matrice
ad esso associata non dipende dalla base scelta, allora f è un multiplo dell’identità.
Esercizio 20.3.4. Dimostrare che λ è autovalore di un endomorfismo f se e solo se ker(f −
λId) 6= {0}.
Esercizio 20.3.5. Sia f ∈ End(V ) e sia λ un suo autovalore. Dimostrare che se esistono
m autovettori relativi a λ, linearmente indipendenti tra loro, allora la molteplicità algebrica
di λ è almeno m.
Esercizio 20.3.6. Sia f ∈ End(V ) e sia λ un suo autovalore. Dimostrare che l’insieme
Vλ costituito dai vettori v tali che f (v) = λv, incluso lo zero, è un sottospazio vettoriale di
V , la cui dimensione non eccede la molteplicità algebrica di λ.
Esercizio 20.3.7. Sia p ∈ K[x] e sia A ∈ Mn×n (K). Dimostrare che se p(A) = 0 allora
ogni autovalore di A è radice di p.
Esercizio 20.3.8. Calcolare autovalori (con molteplicità algebrica) e autovettori di f (x, y, z) =
(x + 2y, 2x + y, −z).
Esercizio 20.3.9. Calcolare autovalori (con molteplicità algebrica) e autovettori di f (x, y, z) =
(x + 2y + 3z, 2x + y, 3x + z).
Esercizio 20.3.10. Calcolare autovalori (con molteplicità algebrica) e autovettori di f (x, y, z) =
(x + y − z, x + y, −x + z).
Esercizio 20.3.11. Calcolare autovalori (con molteplicità algebrica) e autovettori di f (x, y, z) =
(x − y − z, x + y, −x + z).
Esercizio 20.3.12. Sia f ∈ End(R≤2 [x]) definito da f (p) = (1 − x)p′ + p′′ . Calcolare
autovalori e autovettori di f .
Esercizio 20.3.13. Al variare del parametro k calcolare autovalori (con molteplicità alge-
brica) e autovettori di f (x, y, z) = (x + ky + kz, x + k 2 y, −x + k 2 z).
Esercizio 20.3.14. Si calcolino autovalori (con molteplicitá algebrica) e autovettori di
               
2 1 2 0 2 1 1 1 1 0 2 0 2 2 2 2
               
0 2 0 2 1 2 0 2 0 2 0 1 0 0 0 2
20.3. ESERCIZI 146

Esercizio 20.3.15. Si calcolino autovalori (con molteplicitá algebrica) e autovettori di


           
2 1 1 2 1 1 2 1 0 2 1 0 2 1 0 0 1 1
           
           
0 2 2 0 2 2 0 2 1 0 2 1 0 2 0 1 0 1
           
0 0 1 0 0 3 0 0 1 0 0 2 0 0 2 1 1 0
Esercizio 20.3.16. Si dica quali delle seguenti matrici sono simili tra loro
           
1 1 0 1 1 0 1 2 0 1 1 0 1 1 0 2 1 0
           
           
0 1 1 0 1 0 0 1 0 0 1 0 0 2 1 0 2 0
           
0 0 1 0 0 1 0 0 1 0 0 2 0 0 1 0 0 1
SCHEDA 21

Sottospazi invarianti e diagonalizzabilità

21.1. Richiami di teoria


Definizione 21.1.1. Sia f ∈ End(V ) e sia W < V un sottospazio vettoriale. W si dice
invariante per f , o f -invariante, se f (W ) ⊂ W . La restrizione di f a W è l’elemento
f |W ∈ End(W ) definito semplicemente da f |W (w) = f (w).
Sia f ∈ End(V ). Sia V = V1 ⊕ V2 una decomposizione di V in somma diretta di
sottospazi invarianti. Siano f1 : V1 → V1 e f2 : V2 → V2 le restrizioni di f . Siano B1 e B2
basi di V1 e V2 rispettivamente. Sia B la base di V ottenuta unendo B1 e B2 ordinata in
modo che gli elementi di B1 vengano prima di quelli di B2 . Allora
 
MB1 (f1 ) 0
MB (f ) =  
0 MB2 (f2 )
Teorema 21.1.2. Sia V = V1 ⊕ V2 e sia f : V → V tale che f (V1 ) ⊂ V1 e f (V2 ) ⊂ V2 .
Allora, dette f1 e f2 le restrizioni di f rispettivamente a V1 e V2 , detto p il polinomio
caratteristico di f , p1 quello di f1 e p2 quello di f2 si ha
p(x) = p1 (x)p2 (x)
Definizione 21.1.3. Sia f ∈ End(V ) e sia λ un autovalore di f . L’autospazio relativo
a λ è
Vλ = ker(f − λI) = {v : f (v) = λv} = {0} ∪ {autovettori relativi a λ}
Teorema 21.1.4. Sia f ∈ End(V ). Ogni autospazio relativo ad ogni autovalore è un
sottospazio vettoriale f -invariante di V .
Definizione 21.1.5. Sia f ∈ End(V ) e sia λ un autovalore di f . La molteplicità
geometrica di λ è per definizione
mg (λ) = dim(Vλ ) = dim(ker(f − λI)).
Teorema 21.1.6. Sia f ∈ End(V ) e sia λ un autovalore di f . Allora
1 ≤ mg (λ) ≤ ma (λ).
Definizione 21.1.7. Un endomorfismo f ∈ End(V ) si dice diagonalizzabile se V am-
mette una base di autovettori di f .
Definizione 21.1.8. Una matrice A ∈ Mn×n (K) si dice diagonalizzabile se è simile a una
matrice diagonale.
147
21.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 148

Teorema 21.1.9. f ∈ End(V ) è diagonalizzabile se e solo se la sua matrice, in una base


qualsiasi, è diagonalizzabile.
Questo teorema deriva dalla formula del cambio di base e dal fatto che la matrice
associata a f in una base di autovettori è diagonale.
Teorema 21.1.10. Sia f ∈ End(V ). Se λ 6= µ allora Vλ ∩ Vµ = {0}. In altre parole,
autospazi relativi ad autovalori diversi sono in somma diretta.
Teorema 21.1.11. Un endomorfismo f ∈ End(V ) è diagonalizzabile se e solo se V è
somma diretta degli autospazi relativi agli autovalori di f .
Teorema 21.1.12. Un endomorfismo f ∈ End(V ) è diagonalizzabile se e solo se la somma
delle molteplicità geometriche degli autovalori di f è uguale alla dimensione di V :
X
mg (λi ) = dim(V ).
Tale condizione è equivalente alla seguenti due (che nella pratica son spesso più semplici
da controllare) 
 P m (λ ) = dim(V )
a i
 mg (λi ) = ma (λi ) per ogni autovalore λi
La prima delle due condizioni è sempre vera su C. Se si lavora in R la prima condizione
è equivalente a chiedere che il polinomio caratteristico abbia tutte le radici reali (e non
complesse coniugate).
Corollario 21.1.13. Sia n = dim(V ). Se f ∈ End(V ) ha n autovalori distinti allora f è
diagonalizzabile.
Definizione 21.1.14. Una matrice A ∈ Mn×n (K) si dice simmetrica se AT = A (e si
dice antisimmetrica se AT = −A).
Teorema 21.1.15. Ogni matrice A ∈ Mn×n (R) che sia simmetrica è diagonalizzabile.
Occhio che questo teorema non vale su tutti i campi, per esempio non vale su Z/2Z.

21.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 21.2.1. Un vettore v ∈ V è autovettore per f ∈ End(V ) se e solo se span(v) è
invariante per f .
Esempio 21.2.2. Sia V = {f : R → R} lo spazio delle funzioni da R in sé. Sia L ∈
End(V ) definita da (L(f ))(x) = f (−x). Sia W1 lo spazio delle funzioni pari e W2 lo spazio
delle funzioni dispari. Entrambi sono sottospazi L-invarianti e si ha V = W1 ⊕ W2 (infatti
ogni f si scrive come f = (f + L(f ))/2 + (f − L(f ))/2 e f + L(f ) è pari mentre f − L(f )
è dispari).
Esercizio 21.2.3. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x+y+z, x−y, z)
è diagonalizzabile.
21.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 149

Soluzione. La matrice di f nella base cannonica è


 
 1 1 1
 
1 −1 0
 
0 0 1
√ √
Il polinomio caratterstico è (1 − x)(x2 − 2) = (1 − x)(x − 2)(x + 2) quindi f è un
endomorfismo di R3 con tre autovalori distinti ed è dunque diagonalizzabile. 
Esercizio 21.2.4. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x + y, x − y, z)
è diagonalizzabile.
Soluzione. La matrice di f nella base cannonica è
 
1 1 0
 
 
1 −1 0
 
0 0 1
Tale matrice è simmetrica e quindi diagonalizzabile, quindi anche f è diagonalizzabile. 
Esercizio 21.2.5. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x+y, −x−y, z)
è diagonalizzabile.
Soluzione. La matrice di f nella base cannonica è
 
1 1 0
 
A = −1 −1 0
 
0 0 1
Il polinomio caratterstico è (1 − x)x2 quindi gli autovalori sono 1, 0 con ma (1) = 1 e
ma (0) = 2. La somma delle moltelpicità algebriche è 3 = dim(R3 ) e la prima condizione
per la diagonalizzabilità è verificata. Siccome 1 ≤ mg ≤ ma si ha mg (1) = 1. Dobbiamo
controllare se ma (0) = mg (0).
mg (0) = dim(ker(f − 0Id)) = dim(ker(f )) = 3 − rango(A) = 1
quindi mg (0) 6= ma (0) e dunque f non è diagonalizzabile. 
Esercizio 21.2.6. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x+2y, −x−y, z)
è diagonalizzabile.
Soluzione. La matrice di f nella base cannonica è
 
1 2 0
 
 
A = −1 −1 0
 
0 0 1
21.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 150

Il polinomio caratterstico è (1 − x)(x2 + 1) quindi l’unico autovalore è 1 con ma (1) =


1. La somma delle moltelpicità algebriche è 1 6= dim(R3 ) e la prima condizione per la
diagonalizzabilità non è verificata. Quindi f non è diagonalizzabile. 
Esercizio 21.2.7. Si dica se l’endomorfismo di C3 definito da f (x, y, z) = (x+2y, −x−y, z)
è diagonalizzabile.
Soluzione. La matrice di f nella base cannonica è
 
1 2 0
 
A = −1 −1 0
 
0 0 1
Il polinomio caratterstico è (1 − x)(x2 + 1) = (1 − x)(x − i)(x + i) quindi gli autovalori
sono 1, i, −i. Quindi f è un endomorfismo di C3 con 3 autovalori distinti ed è dunque
diagonalizzabile. 
 
0 1
Esercizio 21.2.8. Si dica se la matrice A =   è diagonalizzabile in M2×2 (R).
1 0
Soluzione. A è simmetrica ed è quindi diagonalizzabile. 
 
0 1
Esercizio 21.2.9. Si dica se la matrice A =   è diagonalizzabile in M2×2 (Z/2Z).
1 0
Soluzione. A è simmetrica, ma non stiamo lavorando su R bensı́ su Z/2Z, quindi il
criterio di simmetria non si può applicare. Controlliamo a mano. Il polinomio carattaristico
è x2 − 1 = (x + 1)2 (ricordate che in Z/2Z si ha 1 = −1). Quindi l’unico autovalore è 1,
con ma (1) = 2. Calcoliamo la molteplicità geometrica di 1
 
−1 1
mg (1) = dim(ker(f − Id)) = 2 − rango  =1
1 −1
quindi mg (1) 6= ma (1) e f non è diagonalizzabile. 
Esercizio 21.2.10. Sia V = Mn×n (K) e sia L ∈ End(V ) la trasposizione: L(M) = M T .
Si dica se L è diagonalizzabile.
Soluzione. Sia S lo spazio delle matrici simmetriche, cioè quelle tali che M = M T , e
sia A lo spazio delle matrici antisimmetriche, cioè quelle tali che M T = −M. Chiaramente
ogni matrice simmetrica non nulla è autovettore di L relativo all’autovalore 1 (e viceversa),
mentre ogni matrice antisimmetrica è autovettore di L relativo all’autovalore −1 (e vicever-
sa). Quindi S = V1 e A = V−1 . Sappiamo già che gli autospazi sono in somma diretta. Se
dimostriamo che S + A = V allora L risulterà diagonalizzabile. Per ogni M ∈ V scriviamo
M + MT M − MT
M= +
2 2
21.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 151

T M −M T
chiaramente M +M2
∈ S e 2
∈ A quindi S e A insieme generano V . Quindi L è
diagonalizzabile. 
Esercizio 21.2.11. Si trovino tutti i sottospazi invarianti dell’endomorfismo di R3 definito
da f (x, y, z) = (x + 2z, y, 2z + x).
Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica è
 
1 0 2
 
 
0 1 0
 
2 0 1

il polinomio caratteristico è (1−x)[(1−x)2 −4]) = (1−x)(x2 −2x−3) = (1−x)(x−3)(x+1)


quindi f ha tre autovalori distinti ed è diagonalizzabile. Sia v1 , v2 , v3 una base di R3 di
autovettori per f , tali che f (v1 ) = v1 , f (v2 ) = −v2 , f (v3 ) = 3v3 . La matrice di f in tale
base diventa  
1 0 0
 
 
0 −1 0 .
 
0 0 3
Sia W un sottospazio invariante. Se dim(W ) = 0 allora W = {0} e se dim(W ) = 3
allora W = R3 . Se dim(W ) = 1 allora W è lo span di un vettore non nullo, che deve essere
un autovettore perché W f -invariante. Quindi i sottospazi invarianti di dimensione 1 sono
span(v1 ), span(v2 ), span(v3 ). Resta il caso dim(W ) = 2. Siano BW = w1 , w2 una base di
W e B = w1 , w2 , v una sua estensione a base di R3 . In tale base la matrice associata a f è
della forma  
a
MBW (f |W ) 
 
 b
 
0 0 c
ove (a, b, c) è il vettore delle coordinate di f (v) nella base B. In particolare, il polinomio
caratteristico di f |W è un fattore di grado due del polinomio caratteristico di f . Quindi
f |W ha due autovalori distinti ed è quindi diagonalizzabile. Ne segue che W deve essere lo
span di due autovettori di f . Le possibilità sono
span(v1 , v2 ), span(v1 , v3 ), span(v2 , v3 )
che sono dunque i sottospazi bidimensionali f -invarianti. In totale ci sono esattamente 8
sottospazi f -invarianti:
0, span(v1 ), span(v2 ), span(v3 ), span(v1 , v2 ), span(v1 , v3 ), span(v2 , v3 ), R3 .

21.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 152

Esercizio 21.2.12. Si trovino tutti i sottospazi invarianti dell’endomorfismo di R3 definito


da f (x, y, z) = (x + y, y, 2z).
Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica è:
 
1 1 0
 
 
0 1 0
 
0 0 2
il polinomio caratteristico di f è (1−x)2 (2−x) e gli autovalori di f sono 1, 2, con molteplicità
mg (2) = ma (2) = 1 e ma (1) = 2, mg (1) = 1 (quindi f non è diagonalizzabile). Sia W un
sottospazio f -invariante. Se dim(W ) = 0 allora W = {0} e se dim(W ) = 3 allora W = R3 .
Se dim(W ) = 1 allora W è lo span di un autovettore. Le sole possibilità sono
W = span(e1 ) W = span(e3 )
Manca il caso dim(W ) = 2. Siano BW = w1 , w2 una base di W e B = w1 , w2 , v una sua
estensione a base di R3 . In tale base la matrice associata a f è della forma
 
a
MBW (f |W ) 
 
 b
 
0 0 c
ove (a, b, c) è il vettore delle coordinate di f (v) nella base B. In particolare, il polinomio
caratteristico di f |W è un fattore di grado due del polinomio caratteristico di f , per cui
può essere (a parte il segno)
(1 − x)(2 − x) (1 − x)2
nel primo caso f |W ha due autovalori distinti ed è quindi diagonalizzabile, ergo W è lo
span di due autovettori e l’unica possibilità è W = span(e1 , e3 ). Nel secondo caso l’unico
autovalore di f |W è 1. La molteplicità geometrica di 1 come autovalore di f |W è minore o
uguale a quella come autovalore di f , che è è 1. Quindi anche quella come autovalore di
f |W è 1. Ne segue che W = span(e1 , w) per un certo w. Vediamo adesso come può essere
fatto w. Nella base e1 , w di W la matrice di f |W è
 
1 α
 
0 β
ove (α, β) sono le coordinate di f (w) rispetto alla base e1 , w. Siccome il polinomio carat-
teristico di f |W = (1 − x)2 si deve avere β = 1 e siccome mg (1) = 1 si deve avere α 6= 0.
Quindi la matrice è  
1 α
 
0 1
21.3. ESERCIZI 153

e f (w) = w + αe1 , cioè w è un vettore tale che (f − Id)w = αe1 , ossia è una soluzione del
sistema     
0 1 0 α 

 y=α
    
   
0 0 0 X =  0  0=0
    


0 0 1 0  z=0

quindi w = (x, α, 0) per un certo x, quindi w ∈ span(e1 , e2 ) e dunque


W = span(e1 , w) = span(e1 , e2 )
In totale ci sono esattamente 6 sottospazi f -invarianti:
0, span(e1 ), span(e3 ), span(e1 , e3 ), span(e1 , e2 ), R3 .


21.3. Esercizi
Esercizio 21.3.1. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x + y + z, −x −
y − z, z) è diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.2. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = (x + y + z, −x −
y − z, x + y + z) è diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.3. Si dica se l’endomorfismo di C3 definito da f (x, y, z) = (y, −x, iz) è
diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.4. Si dica se l’endomorfismo di C4 definito da f (x, y, z, t) = (y + z −it, x−
y − iz + t, it, −iz) è diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.5. Si dica se la derivata come endomorfismo di R≤5 [x] è diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.6. Si dica se la derivata come endomorfismo di C≤5 [x] è diagonalizzabile.
 
1 2
Esercizio 21.3.7. Sia A =   e sia L ∈ End(M2×2 (R)) definita da L(M) = AM.
3 4
Si dica se L è diagonalizzabile.
 
1 2
Esercizio 21.3.8. Sia A =   e sia L ∈ End(M2×2 (R)) definita da L(M) = MA.
3 4
Si dica se L è diagonalizzabile.
 
1 2
Esercizio 21.3.9. Sia A =   e sia L ∈ End(M2×2 (R)) definita da L(M) = AM.
−2 1
Si dica se L è diagonalizzabile.
21.3. ESERCIZI 154

Esercizio 21.3.10. Sia f : R3 ∈ R3 la rotazione di π intorno all’asse z. Si dica se f è


diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.11. Sia f : R3 ∈ R3 la rotazione di π intorno alla retta r = span(1, 1, 1).
Si dica se f è diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.12. In R3 , sia r = span(1, −1, 1) e sia f : R3 ∈ R3 la rotazione di angolo
α intorno alla retta r. Si dica per quali α f risulta diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.13. Si dica se l’endomorfismo di R4 definito da f (x, y, z, t) = (x + 2y +
z + t, 2x + y − z − t, 3z + t, 3t) è diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.14. Si dica se l’endomorfismo di R4 definito da f (x, y, z, t) = (x + 2y +
z + t, 2x + y − z − t, 3z + t, −t) è diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.15. Si dica se l’endomorfismo di R4 definito da f (x, y, z, t) = (x + 2y +
3z − 57t, 2x + y − 5z − 28t, 3z + t, 3t) è diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.16. Si dica se l’endomorfismo di R3 definito da f (x, y, z) = x + 2y +
3z, 2x + 4y + 5z, 3x + 5y + 6z) è diagonalizzabile.
Esercizio 21.3.17. Sia f ∈ End(R4 ) definita da f (x, y, z, t) = (2x + y + z + t, 2y + z −
2t, 3z + t, 3t). Si trovino tutti i sottospazi f -invarianti di R4 .
Esercizio 21.3.18. Sia f ∈ End(R4 ) definita da f (x, y, z, t) = (x+y +z +t, y +z −2t, z, t).
Si caratterizzino tutti i sottospazi f -invarianti di R4 .
SCHEDA 22

Triangolabilità e forma canonica di Jordan

22.1. Richiami di teoria


Definizione 22.1.1. f ∈ End(V ) si dice triangolabile se esiste una base B di V tale
che MB (f ) sia triangolare. Una matrice si dice triangolabile se è simile a una matrice
triangolare.
Teorema 22.1.2. f ∈ End(V ) è triangolabile se e solo se la somma delle molteplicità
algebriche degli autovalori è uguale a dim(V )
X
ma (λi ) = dim(V ).
P
La dimostrazione che se f è triangolabile allora ma (λi ) = dim(V ) è un facile esercizio
(fatelo) l’altra implicazione è più complicata e non è programma d’esame.
Definizione 22.1.3. Un blocco di Jordan di ordine n, relativo a λ, è una matrice quadrata
n × n che ha λ sulla diagonale principale, 1 immediatamente sopra e 0 altrove:
 
λ 1 0 ... 0
 
0 λ 1 . . . 0
 
. . . . . .. 
 .. . . .
 
 
0 . . . λ 1
 
0 ... 0 λ
Definizione 22.1.4. Una matrice si dice di Jordan se è diagonale a blocchi con blocchi di
Jordan sulla diagonale.
Teorema 22.1.5. Sia f ∈ End(V ) triangolabile. Allora esiste una base B di V , detta
base di Jordan, tale che MB (f ) sia una matrice di Jordan. Viceversa, se f ha una base
di Jordan allora è triangolabile. In oltre la matrice di Jordan di f è unica a meno di
permutazioni dei blocchi e si chiama forma canonica di Jordan.
Corollario 22.1.6. Due matrici triangolabili sono simili (e quindi rappresentano lo stesso
endomorfismo in basi diverse) se e solo se hanno la stessa forma di Jordan.
Algoritmo per la forma di Jordan
Nonostante la dimostrazione dell’esistenza di una base di Jordan sia piuttosto com-
plicata, c’è un algoritmo semplicissimo che permette di calcolare la forma di Jordan. Sia
155
22.1. RICHIAMI DI TEORIA 156

f ∈ End(V ) triangolabile. La forma di Jordan di f è una matrice diagonale a blocchi,


uno per ogni autovalore. Ogni blocco è a sua volta una matrice di Jordan (con un solo
autovalore). Per ogni autovalore λ di f , il blocco relativo a λ si calcola cosı̀. Si definiscono
le quantità:
hk (λ) = dim(ker(f − λI)k ) − dim(ker(f − λI)k−1 ).
Tali numeri si calcolano facilmente tramite il teorema di Rouchè Capelli: se A è la matrice
associata a f in una qualsiasi base e M = (A − λI) allora

dim(ker(f − λI)k ) = dim(V ) − rango(M k )


per cui
hk = rango(M k−1 ) − rango(M k )
Si noti che h1 = mg (λ) ≥ 1. I numeri hk formano una successione monotona debolmente
decrescente che arriva a zero in un numero finito di passi. In oltre la somma degli hk è
uguale alla molteplicità algebrica di λ quindi la successione arriva a zero sicuramente in
meno di ma (λ).
X
h1 (λ) ≥ h2 (λ) ≥ · · · ≥ hm (λ) = 0 hk (λ) = ma (λ)
In pratica si calcolano i numeri hk (λ), fermandosi quando la loro somma è uguale a
ma (λ).
A questo punto si forma un diagramma di quadratini fatto di tante colonne, ognuna
alte hk (λ), ordinate da sinistra a destra, tipo questo:



 
 
   
   
   
    
     

In questo esempio abbiamo h1 = 9, h2 = 7, h3 = 5, h4 = 5, h5 = 2, h6 = 1. Quindi in


questo esempio abbiamo ma (λ) = 29.
Adesso si contano quanti quadratini ci sono in ogni riga e questo ci fornisce esattamente
la dimensione di tutti i blocchi di Jordan relativi a λ nella forma di Jordan di f .
22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 157

1 
1 
2  
2  
4    
4    
4    
5     
6      

La prima colonna, cioè h1 (λ) = mg (λ) ci dice quanti blocchi abbiamo, e le somme ci
dicono la dimensione. Nel nostro esempio avremmo
• 2 blocchi di ordine 1
• 2 blocchi di ordine 2
• nessun blocco di ordine 3
• 3 blocchi di ordine 4
• un blocco di ordine 5
• un blocco di ordine 6

22.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 22.2.1. Sono matrici di Jordan:
    
    0 1 0 0 1 1 0 0 1 0 0 0
1 1 0 2 0 0     
 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0
     
     
0 1 1 0 2 1 , 
,  , 
    0 0 0 1 0 0 2 1 0 0 0 1
    
0 0 1 0 0 2
0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0

       
2 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0
       
0 3 0 0 0 0 0 0  0 0 0 0 0 0 0 0
  
 
 , , , 
0 0 1 1 0 0 2 0  0 0 2 0 0 0 0 1
  
 
0 0 0 1 0 0 0 −1 0 0 0 1 0 0 0 0
22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 158

Esempio 22.2.2. NON sono matrici di Jordan:


    
    0 0 1 0 1 1 0 0 1 0 0 0
1 1 1 2 0 0     
 0 0 0 1 0 2 0 0 0 1 0 0
   
      
0 1 1 , 1 2 1 ,   , 
    0 0 0 0 0
  0 1 1 0
 0 0 −1
0 0 1 0 0 2
0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0
       
2 1 0 0 1 0 0 0 1 2 0 0 0 0 0 1
       
0 3 0 0 0 0 0 0  0 1 0 0 0 0 1 0

     
 , , , 
0 0 1 1 0 0 2 1  0 0 2 0 0 1 0 0

     
0 0 0 1 0 0 0 −1 0 0 0 1 1 0 0 0
Esercizio 22.2.3. Qual’è la forma di Jordan associata al seguente diagramma?
   
Soluzione. Si tratta di una matrice con un solo blocco di ordine 4:
 
λ 1 0 0
 
0 λ 1 0
 
 
0 0 λ 1
 
0 0 0 λ

Esercizio 22.2.4. Qual’è la forma di Jordan associata al seguente diagramma?





Soluzione. Abbiamo 4 blocchi di ordine 1: la matrice è diagonale
 
λ 0 0 0
 
0 λ 0 0
 
 
0 0 λ 0
 
0 0 0 λ
22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 159

Esercizio 22.2.5. Qual’è la forma di Jordan associata al seguente diagramma?


  

Soluzione. Due blocchi, uno di ordine 1 e uno di ordine 3:


 
λ 0 0 0
 
0 λ 1 0
 
 
0 0 λ 1
 
0 0 0 λ

Esercizio 22.2.6. Qual’è la forma di Jordan associata al seguente diagramma?

 
 

Soluzione. Due blocchi di ordine due


 
λ 1 0 0
 
0 λ 0 0
 
 
0 0 λ 1
 
0 0 0 λ

Esercizio 22.2.7. Qual’è la forma di Jordan associata al seguente diagramma?


 
  
22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 160

Soluzione. Tre blocchi: uno di ordine 1, uno di ordine 2 e uno di ordine 3


 
λ 0 0 0 0 0
 
0 λ 1 0 0 0
 
 
0 0 λ 0 0 0
 
 
0 0 0 λ 1 0
 
 
0 0 0 0 λ 1
 
0 0 0 0 0 λ

Esercizio 22.2.8. Trovare la forma di Jordan della derivata come elemnto di End(R≤3 [x]).

Soluzione. La matrice della derivata, nella base canonica di R≤3 [x] è


 
0 1 0 0
 
0 0 2 0
 
 
0 0 0 3
 
0 0 0 0

il polinomio caratteristico è x4 e l’unico autovalore è 0, che ha molteplicità algebrica 4 e


geometrica 1 (perché la matrice ha rango 3). Quindi h1 = 1, e siccome i numeri hi non
possono crescere, ne segue che h2 = h3 = h4 = 1 e ci fermiamo perchè h1 + h2 + h2 + h4 = 4.
Il diagramma è quindi

   

e la forma di Jordan
 
0 1 0 0
 
0 0 1 0
 
 
0 0 0 1
 
0 0 0 0

(e una base di Jordan è formata da 1, x, x2 /2, x3 /3). 

Esercizio 22.2.9. Sia f ∈ End(R3 ) definito da f (x, y, z) = (y, x, x − y + z) si verifichi che


è triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan.
22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 161

Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica è


 
0 1 0
 
 
1 0 0
 
1 −1 1

il polinomio caratteristico è (1 − x)(x2 − 1) = −(x − 1)2 (x + 1) che è completamente


fattorizzato e dunque f è triangolabile. Gli autovalori sono 1, −1 con ma (1) = 2 e ma (−1) =
1. Siccome per ogni autovalore vale 1 ≤ mg ≤ ma , si ha mg (−1) = 1. La molteplicità
geometrica di 1 è data dalla dimensione di ker(f − Id). La matrice associata a f − Id è
 
−1 1 0
 
 
 1 −1 0
 
1 −1 0
ed ha rango 1. Quindi mg (1) = 3 − 1 = 2 e dunque f è diagonalizzabile. La sua forma di
Jordan è dunque  
1 0 0
 
 
0 1 0 
 
0 0 −1

Esercizio 22.2.10. Sia f ∈ End(R3 ) definito da f (x, y, z) = (y, x, x + y + z) si verifichi
che è triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan.
Soluzione. La matrice associata a f nella base canonica è
 
0 1 0
 
 
1 0 0
 
1 1 1

il polinomio caratteristico è (1 − x)(x2 − 1) = −(x − 1)2 (x + 1) che è completamente


fattorizzato e dunque f è triangolabile. Gli autovalori sono 1, −1 con ma (1) = 2 e ma (−1) =
1. Siccome per ogni autovalore vale 1 ≤ mg ≤ ma , si ha mg (−1) = 1. La molteplicità
geometrica di 1 è data dalla dimensione di ker(f − Id). La matrice associata a f − Id è
 
−1 1 0
 
 
 1 −1 0
 
1 1 0
22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 162

ed ha rango 2. Quindi mg (1) = 3 − 2 = 1 e dunque h1 (1) = mg (1) = 1. Per cui il


diagramma del blocco relativo all’autovalore 1 è



e quindi c’è un solo blocco di ordine 2 relativo all’autovalore 1. La sua forma di Jordan è
dunque
 
1 1 0 
 
0 1 0 
 
0 0 −1

Esercizio 22.2.11. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice


 
1 0 1 −1 1
 
 0 2 0 1 −1
 
 
−1 0 3 −1 1 
 
 
0 1 0 2 0 
 
0 1 0 0 2

Soluzione. Il polinomio caratteristico è (2 − x)5 quindi l’unico autovalore è 2 con


ma (2) = 5. Calcoliamo i numeri hi . h1 (2) = mg (2) = dim(ker(f − 2Id)). La matrice
associata a f − 2Id è:
 
−1 0 1 −1 1
 
 0 0 0 1 −1
 
 
−1 0 1 −1 1 
 
 
0 1 0 0 0
 
0 1 0 0 0

Che ha rango 3, quindi mg (2) = 5 − 3 = 2. Ci sono dunque due blocchi di Jordan e i


diagrammi possibili sono

  
      
h2 = 2 h2 = 1
22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 163

Quindi dobbiamo calcolare h2 (2) = dim(ker(f −2Id)2 ) −dim(ker(f −2Id)). La matrice


associata a (f − 2Id)2 è:
 
0 0 0 0 0
 
0 0 0 0 0
 
 
0 0 0 0 0
 
 
0
 0 0 1 −1
0 0 0 1 −1

Che ha rango 1, quindi h2 (2) = 4 − 2 = 2. La forma di Jordan cercata è dunque

 
2 1 0 0 0
 
0 2 0 0 0
 
 
0 0 2 1 0
 
 
0 0 0 2 1
 
0 0 0 0 2

Esercizio 22.2.12. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice

 
−1 1 0 0 0 0 0 0
 
 0 −1 1 0 0 0 0 0 
 
 
0
 0 −1 0 0 0 0 0 

 
0
 0 0 −1 1 0 0 0
A= 
0
 0 0 0 −1 1 0 0 

 
0
 0 0 0 0 −2 1 0 

 
1
 0 0 1 0 −1 0 1 

0 −1 0 0 −1 0 0 −1

Soluzione. Il polinomio caratteristico è (1 + x)8 quindi l’unico autovalore è −1 con


22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 164

ma = 8. Poniamo

 
0 1 0 0 0 0 0 0
 
0 0 1 0 0 0 0 0
 
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
 
0 0 0 0 1 0 0 0
 
M = (A − (−1)Id) = A + Id =  
0 0 0 0 0 1 0 0
 
 
0 0
 0 0 0 −1 1 0

 
1 0
 0 1 0 −1 1 1

0 −1 0 0 −1 0 0 0

Calcoliamo i numeri h1 = mg (−1) = 8−rango(M) e hk = rango(M k )−rango(M k−1 ). M


ha tre colonne uguali, e si verifica che M ha effettivamente rango 6. Quindi h1 = 8 − 6 = 2.
Le possibilità per il diagramma “a quadratini” sono:

         
                     

Dobbiamo quindi calcolare h2 , h3 , h4 per cui ci servono M 2 , M 3 , M 4 .

 
0 0 1 0 0 0 0 0
 
0 0 0 0 0 0 0
0
 
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
 
0 0 0 0 0 1 0 0
2
rango(M 2 ) = 4
 
M = 
0
 0 0 0 0 −1 1 0

 
1 0 0 1 0 0 0 1
 
 
1 0 0 1 0 0 0 1
 
0 0 −1 0 0 −1 0 0
22.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 165
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
 
3
0 0 0 0 0 1 −1 0
rango(M 3 ) = 2
 
M = 
1 0 0 1 0 0 0 1
 
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
0 0 0 0 0 −1 1 0
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
 
1 0 0 1 0 0 0 1
M4 =  rango(M 4 ) = 1
 

0 0 0 0 0 0 0 0
 
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
 
0 0 0 0 0 0 0 0
 
−1 0 0 −1 0 0 0 −1
quindi h2 = 2, h3 = 3, h4 = 1, il diagramma è

  
    
e la forma di jordan
 
−1 1 0 0 0 0 0 0
 
 0 −1 1 0 0 0 0 0
 
 
0
 0 −1 0 0 0 0 0 

 
0
 0 0 −1 1 0 0 0
 
0
 0 0 0 −1 1 0 0
 
0
 0 0 0 0 −1 1 0 

 
0
 0 0 0 0 0 −1 1 

0 0 0 0 0 0 0 −1
22.3. ESERCIZI 166

22.3. Esercizi
Esercizio 22.3.1. Sia f ∈ End(R2 ) definito da f (x, y) = (x, x + y) si verifichi che è
triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan.

Esercizio 22.3.2. Sia f ∈ End(R2 ) definito da f (x, y) = (x + 2y, y) si verifichi che è


triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan.

Esercizio 22.3.3. Sia f ∈ End(R2 ) definito da f (x, y) = (x + y, x + y) si verifichi che è


triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan.

Esercizio 22.3.4. Sia f ∈ End(R2 ) definito da f (x, y) = (x − y, x − y) si verifichi che è


triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan.

Esercizio 22.3.5. Sia f ∈ End(R3 ) definito da f (x, y, z) = (y + z, x + z, x − y + 2z) si


verifichi che è triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan.

Esercizio 22.3.6. Sia f ∈ End(R3 ) definito da f (x, y, z) = (y, x, x − y + 2z) si verifichi


che è triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan.

Esercizio 22.3.7. Sia f ∈ End(R3 ) definito da f (x, y, z) = (x − 2y + z, 2x + y + 2z, 3z) si


verifichi che è triangolabile e se ne trovi la forma di Jordan.

Esercizio 22.3.8. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice


 
0 0 1 −1 1
 
0 0 1 0 0
 
 
0 0 0 1 0
 
 
−1 1 −1 1 1
 
0 0 0 0 1

Esercizio 22.3.9. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice


 
1 1 1 1 1
 
0 1 1 0 0
 
 
0 0 1 1 1
 
 
0 0 0 1 0
 
0 0 0 0 1
22.3. ESERCIZI 167

Esercizio 22.3.10. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice


 
1 1 1 1 1
 
0 1 0 0 0
 
 
0 0 1 1 1
 
 
0 0 0 1 0
 
0 0 0 0 1
Esercizio 22.3.11. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice
 
2 0 1 −1 1
 
 0 2 0 1 −1
 
 
−1 0 4 −2 2 
 
 
0 1 0 2 0 
 
0 1 0 0 2
Esercizio 22.3.12. Si trovi la forma di Jordan dell’endomorfismo associato alla matrice
 
1 0 1 0 0 0
 
−1 1 0 0 0 1
 
 
0 0 1 0 0 0 
 
 
−1 0 0 1 0 1
 
 
 0 −1 0 1 1 1
 
1 −1 1 0 1 1
SCHEDA 23

Forme bilineari

23.1. Richiami di teoria


Definizione 23.1.1. Sia V uno spazio vettoriale su K. Una forma bilineare su V è
un’applicazione
b:V ×V →K
che sia lineare in entrambi gli argomenti. Cioè tale che ∀v, w, vi , wi ∈ V e λi ∈ K si abbia
X X X X
b( λi vi , w) = λi b(vi , w) b(v, λi w i ) = λi b(v, wi )

Come al solito, per controllare la linearità bastano le condizioni semplificate: b(v, w) è


bilineare se e solo se per ogni v, w, v ′, w ′ ∈ V e λ ∈ K valgono

b(v + v ′ , w) = b(v, w) + b(v ′ , w)


b(v, w + w ′ ) = b(v, w) + b(v, w ′)
b(λv, w) = λb(v, w) = b(v, λw)

In coordinate un’applicazione b(X, Y ) è bilineare se e solo se, considerate le Y come


parametri, è lineare nelle X e viceversa. In altre parole b è bilineare se e solo se è della
forma    
 x1   y1 
   
 x2   y2  X
b(  ,  ) =
 ..   ..  aij xi yj
. .
   
xn yn
ossia se è un polinomio omogeneo di secondo grado i cui monomi contengono una “variabile
x” e una “variabile y”.
L’insieme delle forme bilineari V × V → K si denota bil(V ).
Teorema 23.1.2. Sia V uno spazio vettoriale su K e B : v1 , . . . , vn una base di V . Allora
ogni forma bilineare b ∈ bil(V ) è univocamente determinata dai valori b(vi , vj ).
Dimostrazione.
P PSiano v, w ∈ V . Siccome B è una P base esistono numeri αi e βi tali
che v = αi vi , w = βi vi . Per bilinearità b(v, w) = i,j αi βj b(vi , vj ). 
168
23.1. RICHIAMI DI TEORIA 169

Definizione 23.1.3. Sia V uno spazio vettoriale su K e B : v1 , . . . , vn una base di V . Sia


b ∈ bil(V ). La matrice associata a b nella base B è la matrice Aij = b(vi , vj ) cioè
 
b(v1 , v1 ) b(v1 , v2 ) b(v1 , v3 ) . . . b(v1 , vn )
 
 b(v , v ) b(v , v ) b(v , v ) . . . b(v , v ) 
 2 1 2 2 2 3 2 n 
 
A=  b(v3 , v1 ) b(v3 , v2 ) b(v3 , v3 ) . . . b(v3 , vn ) 

 .. .. .. .. .. 

 . . . . . 

b(vn , v1 ) b(vn , v2 ) b(vn , v3 ) . . . b(vn , vn )
In coordinate, la matrice associata a una forma del tipo
   
x y
 1  1
   
 x2   y2  X
b(  ,  ) =
 ..   ..  aij xi yj
. .
   
xn yn
non è altro che A = (aij ).    
   
   
Se A è la matrice associata a b nella base B, X = v  e Y = w , allora b(v, w) si
   
B B
calcola con la formula
b(v, w) = X T AY.
P P
Cioè se v = αi vi , w = βi vi allora:
 
 β1 
   
 β2 
b(v, w) = α1 α2 . . . αn A  . 

 .. 

 
βn
Se B′ è un’altra base di V e M = MBB′ (Id) è la matrice del cambio di coordinate dalla
base B′ alla base B, la matrice associata a b nella base B′ è:
M T AM
Definizione 23.1.4. Una forma b ∈ bil(V ) si dice simmetrica se b(v, w) = b(w, v) per
ogni v, w ∈ V ; si dice antisimmetrica se b(v, w) = −b(w, v).
Teorema 23.1.5. Una forma b ∈ bil(V ) è simmetrica se e solo se la sua matrice in una
base qualsiasi lo è; è antisimmetrica se e solo se la sua matrice in una base qualsiasi lo è.
23.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 170

Definizione 23.1.6. La forma quadratica associata a una forma bilineare b ∈ bil(V ) è la


funzione qb : V → K definita da qb (X) = b(X, X).
Teorema 23.1.7. Sia V uno spazio vetoriale su R. Allora
bil(V ) = Simmetriche ⊕ Antisimmetriche
Teorema 23.1.8. La forma quadratica associata a una antisimmetrica è nulla. Una forma
simmetrica su uno spazio reale è univocamente determinata dalla sua forma quadratica:
b(v + w, v + w) − b(v, v) − b(w, w)
b(v, w) =
2
(si noti che questa formula non vale in un campo ove 1 + 1 = 0, per esempio su Z/2Z.)

23.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 23.2.1. L’applicazione da R2 × R2 → R definita da
     
x1 y1 x1 y1
b(  ,  ) = det  
x2 y2 x2 y2
è una forma bilineare.
Esempio 23.2.2. L’applicazione b : R[x] × R[x] → R definita da
Z 1
b(p, q) = p(x)q(x)dx
0
è una forma bilineare. (La cosa rimane vera anche se si cambiano gli estremi di integra-
zione.)
Esempio 23.2.3. L’applicazione b : Rn × Rn → R definita da
 
y
   1
 .. 
b((x1 , . . . , xn ), (y1, . . . , yn )) = x1 . . . xn  .  = x1 y1 + x2 y2 + . . . xn yn
 
yn
è bilineare.
 
1 2 3
 
 
Esempio 23.2.4. Sia A = 4 5 6. L’applicazione b : R3 → R3 definita da
 
7 8 9

b(X, Y ) = X T AY
è una forma bilineare.
Esempio 23.2.5. L’applicazione nulla b : V × V → K definita da b(v, w) = 0 è bilineare.
23.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 171

Esercizio 23.2.6. Si dica se l’applicazione b : R2 → R2 definita da b((x1 , x2 ), (y1 , y2)) =


x1 x2 + y1 y2 sia bilineare.
Soluzione. La risopsta è no. Infatti b((2, 2), (0, 0)) = 4 6= 2b((1, 1), (0, 0)) = 2. 
Esercizio 23.2.7. Si dica se l’applicazione b : R2 → R2 definita da b((x1 , y1), (x2 , y2)) =
x1 x2 + y1 y2 sia bilineare.
Soluzione. La risopsta è si. Infatti
 
  x
b((x1 , y1 ), (x2 , y2 )) = x1 y1  2
y2
che è bilineare. 
Esercizio 23.2.8. Scrivere la matrice della forma b ∈ bil(R2 ) definita da b(X, Y ) =
det(XY ), nella base canonica.
Soluzione.
 

1 1 1 0
 
  
 0

0

0 1   
b(e1 , e1 ) b(e1 , e2 ) 
  0 1

A= =
 =
b(e2 , e1 ) b(e2 , e2 ) 






 −1 0
 0 1 0 0 
 

1 0 1 1

Esercizio 23.2.9. Scrivere la matrice associata, nella base canonica, a b ∈ bil(R≤2 [x])
definita da
Z 1
b(f, g) = f (x)g(x)dx.
0
R R
Soluzione. La forma b è simmetrica perché f g = gf .
  R R1 R 1 2  
1
b(1, 1) b(1, x) b(1, x2 ) 1 x x 1 1/2 1/3
   R0 0 0
R 1 2 R 1 3  
 2   1   
A =  b(x, 1) b(x, x) =
b(x, x )   0 x 0
x 0
=
x  1/2 1/3 1/4
  R   
1 2 R1 3 R1 4
b(x2 , 1) b(x2 , x) 2 2
b(x , x ) 0
x 0
x 0
x 1/3 1/4 1/5

Esercizio 23.2.10. La traccia di una matrice quadrata è per definizione la somma degli
elementi sulla diagonale. Dimostrare che per ogni A, B ∈ Mn×n (K) si ha tr(AB) =
tr(BA).
23.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 172

Soluzione. L’applicazione tr : Mn×n (K) → K definita da tr(A) = traccia di A è


un’applicazione lineare. Quindi la forma b : Mn×n (K) × Mn×n (K) → K definita da
b(A, B) = tr(AB) è bilineare. In oltre, dati due elementi qualsiasi Eij e Est della base
canonica di Mn×n (K) si ha
Eij Esk = 0 se s 6= j Eij Ejk = Eik .
Siccome Eik ha traccia nulla se i 6= k e tr(Eii ) = 1, gli unici casi in cui la traccia è diversa
da zero sono tr(Eij Eji ) = tr(Eji Eij ) = 1. Ne segue che la matrice associata a b nella base
canonica è simmetrica. Dunque b è simmetrica e per ogni A, B si ha tr(AB) = b(A, B) =
b(B, A) = tr(BA). 
Esercizio 23.2.11. Scrivere la matrice associata alla forma bilineare
b((x1 , x2 , x3 ), (y1, y2 , y3 )) = x1 y1 + 2x1 y3 + 3x2 y1 − x2 y2 + x2 y3 − 2x3 y1 + x3 y2
prima nella base canonica e poi nella base B : v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 0, −1), v2 = (1, 2, 0).
Soluzione. Quando una forma è data in coordinate, la matrice associata è facile:
 
1 0 2
 
A= 3 −1 1
 
−2 1 0
La matrice del cambio di coordinate da B alle coordinate canoniche non è altro che M =
(v1 v2 v3 ) quindi la matrice associata a b nella base B è
     
1 0 1 1 0 2 1 1 1 1 −3 1
     
M T AM = 1 0 −1  3 −1 1 0 0
       
2 =  5 1 1
     
1 2 0 −2 1 0 1 −1 0 11 3 3

Esercizio 23.2.12. Sia b((x1 , x2 , x3 ), (y1, y2 , y3 )) = (x2 − x3 )(2y1 + y2 + 3y3 ). Si verifichi
che b sia una forma bilineare di R3 e se ne scriva la matrice associata, prima nella base
canonica e poi nella base B : v1 = (1, 0, 1), v2 = (1, 1, 0), v3 = (0, 1, 0).
Soluzione. Svolgendo i calcoli si ha
b((x1 , x2 , x3 ), (y1, y2 , y3 )) = 2x2 y1 + x2 y2 + 3x2 y3 − 2x3 y1 − x3 y2 − 3x3 y3
P
quindi b(X, Y ) è della forma aij xi yj e dunque è bilineare. Avendola scritta in coordinate,
la matrice nella base canonica non è altro che A = (aij ):
 
0 0 0
 
 
A= 2 1 3
 
−2 −1 −3
23.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 173

e la matrice nella base B è


        
1 0 1 0 0 0 1 1 0 1 0 1 0 0 0 −5 −3 −1
        
        
1 1 0  2 1 3  0 1 1 = 1 1 0  5 3 1 = 5 3 1
        
0 1 0 −2 −1 −3 1 0 0 0 1 0 −5 −3 −1 5 3 1

Esercizio 23.2.13. Sia b ∈ bil(R3 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica
q(x, y, z) = x2 + 2xy − y 2 − 4xz + yz. Si scriva la matrice associata a b nella base canonica.

Soluzione. Quando la forma quadratica è data in coordinate, la matrice associata è


facile. La regola generale è che il coefficiente di x2i va nel posto i, i, mentre nel posto i, j ci
va la metà del coefficiente di xi xj . Nel caso in questione si ottiene
 
1 1 −2
 
 
 1 −1 1/2 .
 
−2 1/2 0

Esercizio 23.2.14. Sia b ∈ bil(R3 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica
q(x, y, z) = 2xy − 4xz + 6yz. Si scriva la matrice associata a b nella base canonica.
 
0 1 −2
 
 
Soluzione.  1 0 3  . 
 
−2 3 0

Esercizio 23.2.15. Sia b ∈ bil(R3 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica
q(x, y, z) = (x + y + z)2 . Si scriva la matrice associata a b nella base canonica.

Soluzione. Essendo (x + y + z)2 = x2 + y 2 + z 2 + 2xy + 2xz + 2yz, la matrice è:


 
1 1 1
 
 
1 1 1 .
 
1 1 1


23.3. ESERCIZI 174

23.3. Esercizi
Esercizio 23.3.1. Si dica quali delle seguenti formule per b((x1 , x2 ), (y1 , y2 )) determina
una forma bilineare su R2


x1 − y2 x2



(x1 +y1 )2 (x1 +x2 )(y1 +y2 ) (x1 +y1 )(x2 +y2 ) (x1 +1)y2 +x2 y2
y1 y2

Esercizio 23.3.2. Sia b : R≤2 [x] × R≤2 [x] → R definita da


Z 1
b(p, q) = 2p(x)q(x)dx.
−1

Si dimostri che b è bilineare, se ne scriva la matrice rispetto alla base canonica di R≤2 [x]
e rispetto alla base v1 = 1 + x, v2 = (1 + x)2 , v3 = 1. Si determini la parte simmetrica e
quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b.
Esercizio 23.3.3. Sia b : R≤2 [x] × R≤2 [x] → R definita da
Z 1
b(p, q) = p′ (x)q(0)dx.
−1

Si dimostri che b è bilineare, se ne scriva la matrice rispetto alla base canonica di R≤2 [x]
e rispetto alla base v1 = 1 + x, v2 = (1 + x)2 , v3 = x. Si determini la parte simmetrica e
quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b.
Esercizio 23.3.4. Sia b : R≤3 [x] × R≤3 [x] → R definita da
Z 1
b(p, q) = p′ (x)q ′′ (x)dx.
−1

Si dimostri che b è bilineare, se ne scriva la matrice rispetto alla base canonica di R≤3 [x] e
rispetto alla base v1 = 1+x, v2 = (1+x)2 , v3 = x, v4 = x3 . Si determini la parte simmetrica
e quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b.
Esercizio 23.3.5. Sia b : R≤2 [x] × R≤2 [x] → R definita da
Z
1 1 ′
b(p, q) = p (x)q ′ (0)dx.
2 −1
Si dimostri che b è bilineare, se ne scriva la matrice rispetto alla base canonica di R≤2 [x]
e rispetto alla base v1 = 1 + x, v2 = (1 + x)2 , v3 = x. Si determini la parte simmetrica e
quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b.
Esercizio 23.3.6. Sia b : R≤2 [x] × R≤2 [x] → R definita da
b(p, q) = p(1)q ′ (2).
Si dimostri che b è bilineare, se ne scriva la matrice rispetto alla base canonica di R≤2 [x]
e rispetto alla base v1 = 1 + x2 , v2 = (1 + x)2 , v3 = 1. Si determini la parte simmetrica e
quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b.
23.3. ESERCIZI 175

Esercizio 23.3.7. Sia b = ((x, y, z), (x′ , y ′, z ′ )) = xx′ + yy ′ + 2zz ′ + (y + z)(x′ − y ′ − z ′ ).


Dimostrare che b è una forma bilineare di R3 e scriverne la matrice associata nella base
e1 + e2 , e3 , e1 − e2 + e3 . Si dica se b è simmetrica. Si calcoli la parte simmetrica e quella
antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b.
Esercizio 23.3.8. Sia b = ((x, y), (x′, y ′)) = (x+y ′ )(y −x′ ). Dimostrare che b è una forma
bilineare di R2 e scriverne la matrice associata nella base v1 = (1, 1), v2 = (1, 2). Si dica
se b è simmetrica. Si calcoli la parte simmetrica e quella antisimmetrica di b. Si scriva la
forma quadratica associata a b.
Esercizio 23.3.9. Sia b = ((x, y, z), (x′ , y ′, z ′ )) = x2 x′ − 2zy ′ + yz ′ − x(xx′ + y ′ + z ′ ).
Dimostrare che b è una forma bilineare di R3 e scriverne la matrice associata nella base
e1 + 2e2 , e3 + e1 , e1 + e2 + e3 . Si dica se b è simmetrica. Si calcoli la parte simmetrica e
quella antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b.
 
x1 − y1 x2 − y2
Esercizio 23.3.10. Sia b = ((x1 , x2 ), (y1 , y2 )) = det  . Dimostrare che
2y1 2y2
2
b è una forma bilineare di R e scriverne la matrice associata nella base v1 = (2, 1), v2 =
(1, 0). Si dica se b è simmetrica. Si calcoli la parte simmetrica e quella antisimmetrica di
b. Si scriva la forma quadratica associata a b.
Esercizio 23.3.11. Sia b = ((x1 , x2 , x3 ), (y1 , y2, y3 )) = (x1 +2x2 )(y3 −2y1 +y2 )+x3 (y1 −y2 ).
Dimostrare che b è una forma bilineare di R3 e scriverne la matrice associata nella base
e2 , e3 , e1 + e2 + e3 . Si dica se b è simmetrica. Si calcoli la parte simmetrica e quella
antisimmetrica di b. Si scriva la forma quadratica associata a b.
Esercizio 23.3.12. Siano f, g ∈ End(V ) e sia b ∈ bil(V ). Dimostrare che F (v, w) =
b(f (v), g(w)) è una forma bilineare su V . Data una base B di V , trovare una formula
che fornisca la matrice associata a F conoscendo quelle associate a f, g, b. Trovare una
formula per il cambio di base.
Esercizio 23.3.13. Esiste una forma bilineare b su R2 non nulla tale che ci sia una base
v1 , v2 per cui b(v1 , v1 ) = b(v2 , v2 ) = 0? Se si esibirne una, altrimenti provare che non
esiste.
Esercizio 23.3.14. Esiste una forma bilineare simmetrica b su R2 non nulla tale che ci
sia una base v1 , v2 per cui b(v1 , v1 ) = b(v2 , v2 ) = 0? Se si esibirne una, altrimenti provare
che non esiste.
Esercizio 23.3.15. Sia f ∈ End(Rn ) e sia b ∈ bil(Rn ) una forma bilineare simmetrica
con forma quadratica associata q(x1 , . . . , xn ) = x21 + · · · + x2n . Dimostrare che F (v, w) =
b(v, f (w)) è una forma bilineare. Trovare delle condizioni per cui F sia simmetrica.
Esercizio 23.3.16. Sia b ∈ bil(R4 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica
q(x, y, z, t) = (x + y)2 − (x − t)2 + zt. Scrivere la matrice associata a b nella base canonica.
Esercizio 23.3.17. Sia b ∈ bil(R4 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica
q(x, y, z, t) = (x + y + z)2 . Scrivere la matrice associata a b nella base canonica.
23.3. ESERCIZI 176

Esercizio 23.3.18. Sia b ∈ bil(R4 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica
q(x, y, z, t) = (x + y + z)(2y − t). Scrivere la matrice associata a b nella base canonica.
Esercizio 23.3.19. Sia b ∈ bil(R4 ) una forma bilineare simmetrica con forma quadratica
q(x, y, z, t) = (x + y)2 − (x − t)2 + zt + 3(x − y + z)2 − (z + t)2 . Scrivere la matrice associata
a b nella base canonica.
SCHEDA 24

Prodotti scalari e segnatura

24.1. Richiami di teoria


Da ora in poi lavoreremo sempre con K = R.
Definizione 24.1.1. Una forma bilineare b ∈ bil(V ) si dice definita positiva se
(1) b(v, v) ≥ 0 per ogni v;
(2) b(v, v) = 0 solo se v = 0.
Definizione 24.1.2. Sia V uno spazio vettoriale su R. Un prodotto scalare su V è
una forma bilineare simmetrica definita positiva. Se b è un prodotto scalare, le notazioni
standard per indicare b(v, w) = sono
(v, w) hv, wi hv|wi v·w
Data A ∈ Mn×n (R) i determinanti principali di A sono i minori ottenuti dalle prime
k righe e colonne, con k = 1, . . . , n. In altre parole sono i determinanti delle sottomatrici
quadrate “in alto a sinistra”.
Teorema 24.1.3 (Criterio di Sylvester). Sia V uno spazio vettoriale su R e sia B una
base di V . Sia b ∈ bil(V ) una forma bilineare simmetrica con matrice associata A rispetto
alla base B. Allora b è definita positiva se e solo se tutti i determinanti principali sono
positivi.
Teorema 24.1.4. Sia V uno spazio vettoriale su R e sia B una base di V . Sia b ∈ bil(V )
una forma bilineare simmetrica con matrice associata A rispetto alla base B. Allora b è
definita positiva se e solo se tutti gli autovalori di A sono positivi.
Teorema 24.1.5. Sia V uno spazio vettoriale su R e sia B una base di V . Sia b ∈ bil(V )
una forma bilineare simmetrica con matrice associata A rispetto alla base B. Detti
• n0 = dim ker(A);
• n+ =somma delle molteplicità geometriche degli autovalori positivi di A;
• n− =somma delle molteplicità geometriche degli autovalori negativi di A;
Allora n0 , n+ , n− non dipendono dalla base B ma solo dalla forma b. La tripla (n0 , n+ , n− )
si dice segnatura di b. Vale n0 + n+ + n− = dim(V ).
Notare che i due teoremi precedenti valgono qualsiasi sia la base B considerata.
Definizione 24.1.6. Sia V uno spazio vettoriale su R e b ∈ bil(V ) una forma simmetrica.
Il radicale di b è l’insieme dei vettori {v ∈ V : b(w, v) = 0 ∀w ∈ V }. In coordinate
coincide con il nucleo della matrice associata.
177
24.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 178

Definizione 24.1.7. Una forma bilineare simmetrica b si dice non degenere se n0 = 0. In


coordinate b è non degenere se e solo se il determinante della matrice associata è diverso
da zero.
Definizione 24.1.8. Il prodotto scalare standard su Rn è dato da
   
x1 y1
   
x  x 
 2  2
h  ,  i = x1 y1 + x2 y2 + . . . , xn yn
. . . . . .
   
xn yn
La matrice associata al prodotto scalare standard nella base canonica è l’identità.
Su spazi di funzioni il prodotto scalare standard è dato da
Z
hf, gi = f (x)g(x)dx
D

ove il dominio di integrazione D dipende di solito dal problema che stiamo studiando.
Diversi domini definiscono prodotti scalari diversi.
n
Definizione 24.1.9. Il prodotto di Minkowski sullo P spazio tempo R × R è la forma di
segnatura (0, n, 1) b((x1 , . . . , x, t), (y1 , . . . , yn , s)) = xi yi − ts.
Questo è un esempio di forma bilineare simmetrica non degenere ove però sono presenti
dei vettori (non nulli) tali che b(v, v) = 0. Tali vettori si dicono isotropi.

24.2. Esempi ed esercizi svolti


Esercizio 24.2.1. Calcolare
 la segnatura della forma bilineare di R2 associata in basi

0 1
canoniche alla matrice  .
1 0

Soluzione. Non è un prodotto scalare perchè b(e1 , e1 ) = 0. Il polinomio caratteristico


della matrice è x2 − 1 quindi √ 1, −1. La segnatura è dunque (0, 1, 1).
√ gli autovalori sono
Nella base v1 = (e1 + e2 )/ 2, v2 = (e1 − e2 )/ 2 la nostra forma diventa il prodotto di
Minkowski. 
Esercizio 24.2.2. Si dica quali delle seguenti matrici rappresentano prodotti scalari di R3
nella base canonica
         
0 0 1 1 0 1 1 0 2 2 0 1 1 0 1
         
         
1) 0 1 0 2) 0 1 0 3) 0 1 0 4) 0 1 0 5) 0 1 0
         
1 0 0 1 0 1 2 0 1 1 0 2 1 0 0
24.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 179

Soluzione. Usiamo per 1 − 4 il criterio di Sylvester. 1) non è un prodotto scalare


perchè b(e1 , e1 ) = 0. 2) non è un prodotto scalare perchè la prima e ultima colonna sono
uguali, dunque il determinante della matrice è nullo. 3) no perchè il determinante della
matrice è negativo. 4) è un prodotto scalare perchè tutti i determinanti principali sono
positivi:





2 0 1
2 0



1>0

=2>0
0 1 0 = 4 − 1 = 3 > 0
0 1



1 0 2

5) non è un prodotto scalare perchè b(e3 , e3 ) = 0 e quindi non è definita positiva. 


Esercizio 24.2.3. Calcolare la segnatura di
         
0 0 1 1 0 1 1 0 2 2 0 1 1 0 1
         
1) 0 1 0 2) 0 1 0 3) 0 1 0 4) 0 1 0 5) 0 1 0
         
1 0 0 1 0 1 2 0 1 1 0 2 1 0 0

Soluzione. 1). Il polinomio caratteristico è (1 − x)(x2 − 1) dunque gli autovalori sono


1, −1 con ma (1) = 2, ma (−1) = 1 la segnatura è quindi (0, 2, 1).
2). Il polinomio caratteristico è x(1 − x)(x − 2). Gli autovalori sono 0, 1, 2 tutti con
molteplicità 1. Quindi n0 = ma (0) = 1, n+ = ma (1) + ma (2) = 2, n− = 0. La segnatura è
(1, 2, 0).
3). Il polinomio caratteristico è (1 − x)(x − 3)(x + 1). Gli autovalori sono −1, 1, 3 tutti
con molteplicità 1. Quindi n0 = ma (0) = 0, n+ = ma (1) + ma (3) = 2, n− = ma (−1) = 1.
La segnatura è (0, 2, 1).
4) per l’esercizio precedente è un prodotto scalare quindi è definito positivo e la segna-
tura è (0, 3, 0). √
5). Il polinomio caratteristico è (1−x)(x2 −x−1). Gli autovalori sono 1 e 1±2 5 tutti con
√ √
molteplicità 1. Quindi n0 = 0, n+ = ma (1)+ma ((1+ 5)/2) = 2, n− = ma ((1− 5)/2) = 1.
La segnatura è (0, 2, 1). 
Esercizio 24.2.4. Si dica quali delle seguenti matrici rappresentano forme bilineari di R3
non degeneri
         
0 0 1 1 0 1 1 0 2 2 0 1 1 0 1
         
         
1) 0 1 0 2) 0 1 0 3) 0 1 0 4) 0 1 0 5) 0 1 0
         
1 0 0 1 0 1 2 0 1 1 0 2 1 0 0

Soluzione. Le forme non degeneri sono quelle con n0 = 0. Le segnature le abbiamo


calcolate nell’esercizio precedente. Quindi le forme non degeneri sono 1, 3, 4, 5. 
24.3. ESERCIZI 180

Esercizio 24.2.5. Sia b ∈ bil(R≤2 [x]) definita da


b(p, q) = p(1)q(1)
Si dica se b è simmetrica, se è un prodotto scalare, se è degenere e se ne calcoli la segnatura.
Soluzione. b è simmetrica perchè p(1)q(1) = q(1)p(1). La forma quadratica associata
a b è q(p) = p(1)2 ≥ 0 e la prima condizione per essere definita positiva è soddisfatta.
Ma q(x2 − 1) = 0 quindi b non è definita positiva e non è quindi un prodotto scalare. La
matrice associata a b nella base canonica 1, x, x2 è
 
1 1 1
 
 
1 1 1
 
1 1 1

che ha rango 1 quindi n0 = 2. In oltre si vede subito che (1, 1, 1) è un autovettore relativo
all’autovalore 3 > 0 quindi n+ ≥ 1. Sicccome n0 = 2 e dim(R≤2 [x]) = 3 l’unica possibilità
è che la segnatura sia (2, 1, 0). 
Esercizio 24.2.6. Si calcoli la segnatura della forma bilineare simmetrica b di R3 con
forma quadratica associata q(x, y, z) = 2xy − x2 − 3y 2 + 4yz − 2z 2 .
Soluzione. La matrice associata a b in base canonica è
 
−1 1 0
 
 
 1 −3 2 
 
0 2 −2

Il polinomio caratteristico è x(x2 + 6x + 6) e gli autovalori
√ sono 0, −3 ± √ 3 tutti con
molteplicità 1. Quindi n0 = 1, n+ = 0, n− = mg (−3 + 3) + mg (−3 − 3) = 2. La
segnatura è quindi (1, 0, 2). 

24.3. Esercizi
Esercizio 24.3.1. Si dica quali delle seguenti matrici rappresentano prodotti scalari di R3
nella base canonica
         
0 0 −1 2 1 1 3 2 1 3 2 1 3 −2 3
         
         
0 1 0 1 1 0 2 1 0 2 4 0 −2 4 0
         
−1 0 0 1 0 1 1 0 1 1 0 2 3 0 3

e calcolarne la segnatura. Si dica quali sono non degeneri.


24.3. ESERCIZI 181

Esercizio 24.3.2. Si dica quali delle seguenti forme bilineari è un prodotto scalare su
R≤2 [x]
Z −1
p(0)q(0) p(x)q(x)dx p(0)q(0) + p(1)q(1) p(0)q(0) + p(1)q(1) + p(−1)q(−1)
−2
e calcolarne la segnatura. Si dica quali sono non degeneri.
Esercizio 24.3.3. Per ognuna delle seguenti forme quadratiche si consideri la corrispon-
dente forma bilineare simmetrica su R3 . Si dica se è un prodotto scalare e se ne calcoli la
segnatura.
q(x, y, z) = 2xy + x2 + 3y 2 + 4yz − 2z 2
q(x, y, z) = (x − y)2 − (y − z)2 + (x − z)2
q(x, y, z) = 10(x + y + z)2 − x2 − 3z 2
q(x, y, z) = (x − y − z)2 + (x − y)2 + z 2
SCHEDA 25

Norma e ortogonalità

25.1. Richiami di teoria


Per tutta questa scheda, V sarà uno spazio vettoriale su R di dimensione finita e h·, ·i
un prodotto scalare su V .
Definizione 25.1.1. La norma di un vettore v si indica con ||v|| ed è definita da
p
||v|| = hv, vi.
A scanzo di equivoci, precisiamo che per definizione la norma è la radice quadrata
positiva di hv, vi. Quindi la norma di un vettore è sempre un numero positivo.
Teorema 25.1.2. Per ogni v ∈ V e λ ∈ R si ha
||λv|| = |λ| ||v||.
In particolare, ||v|| = || − v|| e ||0|| = 0.
La dimostrazione discende immediatamente dalla bilinearità del prodotto scalare.
Teorema 25.1.3. Per ogni v, w ∈ V si ha |hv, wi| ≤ ||v||||w||.
Dimostrazione. Sia f (x) = ||v+xw||2 = hv+xw, v+xwi = x2 ||w||2 +2xhv, wi+||v||2.
Come fuzione di x la f è un polinomio di secondo grado che è sempre positivo, quindi il
suo discrinante è minore o uguale a zero:
hv, wi2 − ||v||2||w||2 ≤ 0 |hv, wi| ≤ ||v||||w||.

Il coseno dell’angolo tra due vettori è definito dalla formula
hv, wi
cos α = .
||v||||w||
Definizione 25.1.4. L’ortogonale di un vettore v ∈ V è definito come
v ⊥ = {w ∈ V : hv, wi = 0}.
Definizione 25.1.5. L’ortogonale di un sottoinsieme I ⊂ V è definito come
\
I ⊥ = {w ∈ V : hv, wi = 0 ∀v ∈ I} = v⊥.
v∈I

Teorema 25.1.6. Per ogni vettore v, v ⊥ è un sottospazio vettoriale di V .


182
25.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 183

Corollario 25.1.7. Per ogni sottoinsieme I di V , I ⊥ è un sottospazio vettoriale di V .


Corollario 25.1.8. Per ogni sottoinsieme I di V , I ⊥ = (span(I))⊥ .
Teorema 25.1.9. Se W < V allora (W ⊥ )⊥ = W .
Corollario 25.1.10. Per ogni sottoinsieme I di V , (I ⊥ )⊥ = span(I).
Definizione 25.1.11. Dato v ∈ V la proiezione di un vettore w lungo v è data da
hw, vi
πv (w) = v
hv, vi
Fissato v, la funzione πv (w) è un’applicazione lineare V → span(v).
Teorema 25.1.12. Per ogni v ∈ V si ha V = v ⊥ ⊕ span(v)
La dimostrazione discende immediatamente dal fatto che
w = w − πv (w) + πv (w)

e che w − πv (w) ∈ v mentre πv (w) ∈ span(v).
Teorema 25.1.13. Per ogni W < V si ha V = W ⊕ W ⊥ .
In Rn (e quindi in coordinate) c’è corrispondenza tra equazioni cartesiane di un sotto-
spazio W ed equazioni parametriche di W ⊥ data dal fatto che
AX = 0 ⇔ X ∈ (span(righe di A))⊥ .

25.2. Esempi ed esercizi svolti



Esempio 25.2.1. La norma di (1, 2, −3) rispetto al prodotto scalare standard di R3 è 14.
R1
Esempio 25.2.2. La norma di x + 1 rispetto al prodotto scalare hp, qi = −1 p(x)q(x)dx
dello spazio R≤2 [x] è
sZ sZ r r
1 1
2 2
2 2
(x + 1) = 1 + 2x + x = 2 + = 2 .
−1 −1 3 3
R1
Esempio 25.2.3. La norma di x + 1 rispetto al prodotto scalare hp, qi = 0 p(x)q(x)dx
dello spazio R≤2 [x] è
s s r
Z 1 Z 1 p 7
(x + 1)2 = 1 + 2x + x2 = 1 + 1 + 1/3 = .
0 0 3
R1
Esempio 25.2.4. L’angolo tra x e 1 rispetto al prodotto scalare hp, qi = −1 p(x)q(x)dx
dello spazio R≤2 [x] è
R1
1·x
cos α = −1 =0
||1|| · ||x||
dunque 1 e x sono ortogonali rispetto al prodotto scalar scelto.
25.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 184

REsempio 25.2.5. Il coseno dell’angolo tra x e 1 rispetto al prodotto scalare hp, qi =


1
0
p(x)q(x)dx dello spazio R≤2 [x] è
R1 √
0
1·x 1/2 3
cos α = qR qR =p =
1 1 1/3 2
0
1 0 x2
e quindi l’angolo, calcolato col prodotto scalare scelto, è π/6.
Esempio 25.2.6. L’ortogonale a (1, 2, −3) rispetto al prodotto scalare standard di R3 è il
piano di equazione x + 2y − 3z = 0.
Esercizio 25.2.7. Si determini l’ortogonale di (1 + x)2 rispetto al prototto scalare hp, qi =
R1
−1
p(x)q(x)dx dello spazio R≤2 [x].
Soluzione. In coordinate canoniche, sia p(x) = ax2 +bx+c. L’equazione h(1+x)2 , pi =
0 diventa: Z 1
(ax2 + bx + c)(1 + 2x + x2 ) = 0
−1
Z 1
2a 2c 2b 2a
0= ax4 + bx3 + cx2 + ax3 + bx2 + cx + ax2 + bx + c = + + + + 2c
−1 5 3 3 3
1 1 b 1
a( + ) + + c( + 1) = 0
5 3 3 3
8 5 20
a +b +c =0
15 15 15
8a + 5b + 20c = 0.

Esempio 25.2.8. L’ortogonale all’insieme I = {(x, y) ∈ R2 : xy = 1} rispetto a qualsiasi
prodotto scalare, è {0} perché span(I) = R2 .
Esempio 25.2.9. L’ortogonale all’insieme I = {(x, y, z) ∈ R3 : (xy −1)2 +z 2 = 0} rispetto
al prodotto scalare standard di R3 è il piano di equazione z = 0.
Esercizio 25.2.10. Siano v = (1, 0, 1) e w = (1, 2, −3). Si calcoli πv (w) rispetto al
prodotto scalare standard di R3 .
Soluzione. Si ha
hv, wi −2
πv (w) = v= v = −v = (−1, 0, −1).
hv, vi 2

Esercizio 25.2.11. Siano v = (1, 0, 1) e w = (1, 2, −3). Si calcoli πv (w) rispetto al
prodotto scalare di R3 associato alla forma quadratica 3x2 + 2y 2 + z 2 .
25.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 185
 
3 0 0
 
 
Soluzione. La matrice del prodotto scalare è 0 2 0. Si ha
 
0 0 1

  
3 0 0 1
  
  
(1, 0, 1) 0 2 0  2 
  
hv, wi 0 0 1 −3 0
πv (w) = v=     = v = 0.
hv, vi 4
3 0 0 1
  
  
(1, 0, 1) 0 2 0 0
  
0 0 1 1


R1
Esercizio 25.2.12. Sia hp, qi = b(p, q) = −1
p(x)q(x) un prodotto scalare su R≤2 [x]. Sia
v = 1 − x2 . Si calcoli πv (w) con

w=1 w=x w = x2

Soluzione. In coordinate canoniche la matrice associata al prodotto scalare è


  R R1 R1   
2 1 2
b(1, 1) b(1, x) b(1, x ) −1
1 −1
x −1
x 2 0 2/3
  R R1 R 1 3  
   1   
A =  b(x, 1) b(x, x) b(x, x2 )  =  −1 x −1
x2 −1
x  =  0 2/3 0 
  R R1 R 1 4  
2 2 2 2 1
b(x , 1) b(x , x) b(x , x ) −1
x2 −1
x3 −1
x 2/3 0 2/5

e v ha coordinate (1, 0, −1). I tre vettori 1, x, x2 sono i vettori della base canonica quindi
 
1
 
 
(1, 0, −1)A 0
 
0 4/3 4/3 1 5
πv (1) = v=  v = v= v = (1 − x2 )
||v||2 16/15 4/5 4
1
 
 
(1, 0, −1)A  0 
 
−1
25.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 186

 
0
 
(1, 0, −1)A 1
 
0 0
πv (x) = v= v=0
||v||2 16/15
 
0
 
 
(1, 0, −1)A 0
 
1 4/15 1 1 − x2
πv (x2 ) = v= v= v=
||v||2 16/15 4 4

Esercizio 25.2.13. Si trovi la retta r di R3 ortogonale al piano di equazione x + y + z = 2
e passante per (1, 0, 1).
Soluzione. La giacitura della retta r è (1, 1, 1). Quindi le equazioni parametriche di
r sono
(1, 0, 1) + t(1, 1, 1).

Esercizio 25.2.14. Si trovi la retta r di R3 passante per (1, 2, 3) e ortogonale al piano π
passante per (1, 1, 1), (1, 0, 1), (1, 1, 0).
Soluzione. La giacitura del piano π è generata dai vettori (1, 0, 1)−(1, 1, 1) e (1, 1, 0)−
(1, 1, 1). Quindi una base della giacitura di π è e2 , e3 . Un’equazione cartesiana della
giacitura di π è dunque x = 0. Ne segue che la giacitura di r è span(1, 0, 0). Equazioni
parametriche di r sono quindi
   
1 1
   
2 + t 0
   
3 0
Se uno volesse delle equazioni cartesiane di r basta imporre che il determinante della
seguente matrice sia 2
 
1 x−1 
   y=2
 
0 y − 2 da cui
   z=3
0 z−3

25.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 187

3
Esercizio 25.2.15. Si trovi
 il piano π di R passante per (1, 2, 3) e ortogonale alla retta
 y+x=2
r di equazioni cartesiane
 z − x − y = −1

Soluzione. Una base per la giacitura di π è formata dai vettori riga della matrice di un
sistema omogeneo che definisce la giacitura di r, e dunque da v1 = (1, 1, 0) e v2 = (0, 0, 1)1.
Le equazioni parametriche di π sono dunque

(1, 2, 3) + tv1 + sv2

e un’equazione cartiesiana si trova imponendo che il determinante della seguente matrice


sia nullo


1 0 x − 1


1 0 y − 2 = 0 y−x=1


0 1 z − 3

Esercizio 25.2.16. Si trovi il piano π di R3 passante per (2, 1, −3) e ortogonale alla retta
r di equazioni parametriche (5, 6, 7) + t(3, 4, 5).

Soluzione. La giacitura di π ha equazione cartesiane 3x + 4y + 5z = 0 e quindi π ha


equazione 3(x − 2) + 4(y − 1) + 5(z + 3) = 0 e cioè

3x + y4 + 5z = −5

e delle equazioni parametriche si trovano risolvendo il sistema omogeneo e tenedo conto


che π passa per (2, 1, −3):
     
2 5 0
     
     
 1  + λ1  0  + λ2  5 
     
−3 −3 −4


 y+x=2
1Si noti che il sistema che definisce r è equivalente al sistema
 z=1
25.3. ESERCIZI 188

25.3. Esercizi
Esercizio 25.3.1. Si calcoli la norma dei seguenti vettori di R4
         
1 2 1 0 2
         
2 3 1 1  1 
         
v1 =   , v2 =   , v3 =   , v4 =   , v5 =  √ 
3 4 −1 −1 − 3
         
4 1 −1 0 0
rispetto al prodotto scalare standard di R4 , rispetto ai prodotti scalari associati alle seguenti
matrici (in base canonica)
     
1 0 0 0 3 1 0 0 2 0 0 0
     
0 2 0 0 1 3 0 0 0 3 0 0
     
A1 =  , A2 =  , A3 =  
0 0 3 0 0 0 2 1 0 0 4 0
     
0 0 0 4 0 0 1 2 0 0 0 1
e rispetto ai prodotti scalari con forma quadratica
q1 (x, y, z, t) = (x+y+z+t)2 +(x−z)2 +y 2 +t2 , q2 (x, y, z, t) = (t−y)2 +(t−z)2 +z 2 +x2 .
Per ogni i, j si calcoli l’ortogonale di span(vi , vj ), il coseno dell’angolo tra vi e vj e la
proiezione πvi (vj ), rispetto ad ognuno dei prodotti scalari dati.
Esercizio 25.3.2. Si calcoli la norma dei seguenti polinomi di R≤3 [x]
p1 = 1 p2 = 1 + x p3 = (1 + x)2 p4 = (1 + x)3 p5 = p1 + 3p3 p6 = p4 − p2
rispetto ai prodotti scalari
Z 1 Z 1 Z 2
p(x)q(x) p(x)q(x) p(x)q(x).
−1 0 0
Per ogni i, j si calcoli l’ortogonale di span(pi , pj ), il coseno dell’angolo tra pi e pj e la
proiezione πpi (pj ) rispetto ad ognuno dei prodotti scalari dati.
Esercizio 25.3.3. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R3 passante
per (0, −1, 3) ed ortogonale al piano di equazione x + y − 3x = 4.
Esercizio 25.3.4. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R3 passante
per (2, −1, 1) ed ortogonale al piano di equazione parametrica (1, 2, 3)+t(1, 0, 1)+s(1, 1, 1).
Esercizio 25.3.5. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane del piano di R3 passante
per (0, −1, 3) ed ortogonale alla retta di equazione parametrica (10, 100, 1000) + t(1, 2, −5).
3
Esercizio 25.3.6. Si trovino equazioni parametriche  e cartesiane del piano di R passante
 y+z =1
per (3, 6, 9) ed ortogonale alla retta di equazioni .
 x − 4y + 3z = 7
25.3. ESERCIZI 189

Esercizio 25.3.7. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R4 passante


per (1, 0, −1, 3) ed ortogonale al sottospazio di equazione x + z − 3x = 4.
Esercizio 25.3.8. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R4 pas-
sante per (0, 2, −1, 1) ed ortogonale al sottospazio di equazione parametrica (0, 1, 2, 3) +
t(1, 0, 1, 0) + s(1, 1, 1, 0) + u(0, 1, 0, 0).
Esercizio 25.3.9. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane del sottospazio affi-
ne tridimensionale di R3 passante per (0, −1, 1, 1) ed ortogonale alla retta di equazione
parametrica (10, 10, 100, 100) + t(1, 2, 0, 1).
Esercizio 25.3.10. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane del sottospazio af-
4
 tridimensionale di R passante per (1, 3, 6, 9) ed ortogonale alla retta di equazioni
fine


 t−y+z =1

x − 4t + 3z = 3 .



 x=t

Esercizio 25.3.11. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R2 pas-


sante per (1, 2) e ortogonale alla retta y = 3x + 3.
Esercizio 25.3.12. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane della retta di R2 pas-
sante per (2, 1) e ortogonale alla retta di equazioni parametriche (1, 2) + t(1, 1).
Esercizio 25.3.13. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane
 del piano di R4 passante
 t−z =x−y
per (1, 0, 0, 1) ed ortogonale al piano di equazioni cartesiane
 y = 3z − 2

Esercizio 25.3.14. Si trovino equazioni parametriche e cartesiane del piano di R4 passante


per (0, 1, 0, −1) ed ortogonale al piano di equazioni parametriche (5, 6, 7, 8) + t(1, 1, 1, 1) +
s(0, 0, 2, −3).
SCHEDA 26

Basi ortonormali e matrici ortogonali

26.1. Richiami di teoria


Per tutta questa scheda, V sarà uno spazio vettoriale su R di dimensione finita e h·, ·i
un prodotto scalare su V .
Definizione 26.1.1. Una base v1 , . . . , vn di V si dice ortogonale se
hvi , vj i = 0 ∀i 6= j
e si dice ortonormale se è ortogonale e in più vale
||vi || = 1 ∀i
Una base B è ortogonale se la matrice associata al prodotto scalare nella base B è
diagonale, è ortonormale se la matrice associata è l’indentità.
Definizione 26.1.2. Una matrice M ∈ Mn×n (R) si dice ortogonale se vale
M T M = Id o equivalentemente M T = M −1
Si noti che il cambio di base tramite matrici ortogonali fornisce la stessa formula per
cambio di base sia per endomorfismi che per forme bilineari in quanto
M T AM = M −1 AM.
Una matrice M ∈ Mn×n (R) è ortogonale se e solo se le sue colonne formano una base
ortonormale di Rn rispetto al prodotto scalare standard.
In generale data una base ortonormale B di V , un’altra base B′ di V è ortonormale
se e solo se la matrice di cambio di coordinate tra B′ e B è una matrice ortogonale. Ciò
discende immediatamente dalla formula del cambio di base per matrici associate a forme
bilineari. P
Se v1 , . . . , vn è una base ortonormale di V e v = λi vi si ha
λi = hv, vi i
per cui le coordinate di v nella base ortonormale v1 , . . . , vn non sono altro che
(hv, v1 i, . . . , hv, vn i).
Teorema 26.1.3. Sia v1 , . . . , vn una base qualsiasi di V . Allora esiste una base ortonor-
male w1 , . . . , wn di V tale che wk ∈ span(v1 , . . . , vk ) per ogni k = 1, . . . , n.
190
26.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 191

Dimostrazione. La dimostrazione risiede nel cosiddetto processo di ortogonalizza-


zione di Gram-Schmidt riassunto nel seguente schema

w1 = v1
w2 = v2 − πw1 (v2 )
w3 = v3 − πw1 (v3 ) − πw2 (v3 )
..
.
wn = vn − πw1 (vn ) − πw2 (vn ) − πw3 (vn ) · · · − πwn−1 (vn )
Si verifica facilmente che wi e wj sono ortogonali tra loro. 
Si noti che la matrice del cambio di coordinate dalla base v1 , . . . , vn e la base w1 , . . . , wn
è triangolare.
Teorema 26.1.4. Ogni base ortogonale di V si può normalizzare. In particolare V am-
mette sempre una base ortonormale.
Dimostrazione. Basta considerare wi′ = wi /||wi ||. 
Teorema 26.1.5. Sia A ∈ Mn×n (R) una matrice simmetrica e siano v, w due autovettori
di A relativi ad autovalori differenti. Allora v e w sono ortogonali rispetto al prodotto
scalare standard di Rn .
Dimostrazione. Se Av = λv e Aw = µw allora, siccome AT = A si ha
λv T w = (λv T )w = (λv)T w = (AV )T w = v T AT w = v T Aw = v T (Aw) = v T µw = µv T w
per cui (λ − µ)v T w = 0 siccome λ 6= µ si ha v T w = 0. 
Teorema 26.1.6 (Teorema spettrale per Rn standard). Sia A ∈ Mn×n una matrice sim-
metrica. Allora esite una base ortonormale di Rn (rispetto al prodotto scalare standard)
fatta di autovettori di A.
Per il teorema precedente questa si trova algoritmicamente applicando il procedimento
di Gram-Schmidt su ogni autospazio separatamente e poi normalizzando.
Siccome i cambi di basi tra basi ortonormali sono matrici ortogonali, il teorema spet-
trale dice che A si diagonalizza simultaneamente sia come endomorfismo che come forma
bilineare.
Corollario 26.1.7. Sia h, i il prodotto scalare standard su Rn e sia b un altro prodotto
scalare su Rn . Allora esiste una base di Rn che sia ortogonale sia per h, i che per b.

26.2. Esempi ed esercizi svolti


Esempio 26.2.1. La base canonica di Rn è ortonormale rispetto al prodotto scalare stan-
dard.
26.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 192

2
Esempio 26.2.2. La base canonica di R  nonè ortogonale rispetto al prodotto scalare
2 1
associato, in base canonica, alla matrice  .
1 2

Esempio 26.2.3. La base di R2 formata dai vettori v1 = (1, 1) e v2 = (1, −1) è ortogonale
sia rispetto al prodotto scalarestandard che rispetto al prodotto scalare associato, in base
2 1 √ √
canonica, alla matrice  . La base formata dai vettori v1 / 2, v2 / 2 è ortonormale
1 2
√ √
per il prodotto scalare standard ma non per il secondo. La base v1 / 6, v2 / 2 è ortonormale
per il secondo prodotto scalare ma non per quello standard.
Esempio 26.2.4. Sia v1 , . . . , vn una base ortonormale di V . Allora ogni riordinamento
dei vi è una base ortonormale in quanto la condizione di ortogonalità hvi , vj i = 0 e quella
di normalità hvi , vi i = 1 non dipendono dall’ordine dei vi .
Esercizio 26.2.5. Si dica quali delle seguenti matrici sono ortogonali.
   √ √   
1 1 1   1/ 2 0 1/ 2 cos θ − sin θ 0



 1 −1 







1 0 −1 ,   ,  0 1 0 ,  sin θ cos θ 0
  1 1  √ √   
1 −1 1 1/ 2 0 −1/ 2 0 0 1

Soluzione. La prima non è ortogonale perchè la norma della prima colonna è 3. La
seconda non è ortogonale perchè, nonostante le sue colonne siano ortogonali tra loro, esse
non hanno norma unitaria. La terza e la quarta sono ortogonali in quanto le loro colonne
formano basi ortonormali di R3 . 
Esercizio 26.2.6. Ortogonalizzare la base (1, 1, 1), (1, 1, 0), (1, 0, 0) rispetto al prodotto
scalare standard di R3 .
Soluzione. Applichiamo il procedimento di Gram-Schmidt
v1 = (1, 1, 1), v2 = (1, 1, 0), v3 = (1, 0, 0)

w1 = v1 w2 = v2 − πw1 (v2 ) w3 = v3 − πw1 (v3 ) − πw2 (v3 )


       
1 1 1/3 1
hv2 , v1 i   2    1 
       
w2 = v2 − v1 = 1 − 1 =  1/3  =  1 
hv1 , v1 i   3    3 
0 1 −2/3 −2

hv3 , v1 i hw2 , v3 i 1 1/3


w3 = v3 − v1 − w2 = v3 − v1 − w2
hv1 , v1 i hw2 , w2 i 3 2/3
26.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 193
             
1 1 1/3 6 2 1 1/2
  1  1  1        
             
w3 = 0 − 1 −  1/3  = 0 − 2 −  1  = −1/2
  3  2  6        
0 1 −2/3 0 2 −2 0

Esercizio 26.2.7. Ortonormalizzare la base canonica di R≤2 [x] rispetto al prodotto scalare
R1
hp, qi = −1 p(x)q(x).
Soluzione. Procediamo prima con l’ortogonalizzazione.
v1 = 1 v2 = x v3 = x2
w1 = v1 w2 = v2 − πw1 (v2 ) w3 = v3 − πw1 (v3 ) − πw2 (v3 )
w1 = v1 = 1
R1
hv2 , v1 i x
w2 = v2 − v1 = x − R−1
1 =x
hv1 , v1 i 1
−1
R1 2 R1 3
hv3 , v1 i hw2, v3 i x x 1
w3 = v3 − v1 − w2 = x2 − R−11 − x R−1
1 = x2 −
hv1 , v1 i hw2 , w2 i 1 x2 3
−1 −1
e adesso procediamo con la normalizzazione
w1 1 1
w1′ = = qR =√
||w1|| 1
1 2
−1
r
w 2 x x 3
w2′ = = qR =p =x
||w2|| 1
x2 2/3 2
−1

w3 x2 − 1/3 x2 − 1/3 x2 − 1/3


w3′ = = qR =p = p .
||w3 || 1
(x2 − 1/3)2 2/5 + 2/9 − 4/9 2 2/45
−1

Esercizio 26.2.8. Sia h, i il prodotto scalare associato alla forma quadratica 2(x + y)2 −
2xy + 3z 2 . Ortonormalizzare la base canonica e calcolare le coordinate di (1, 2, 3) rispetto
alla base ottuenuta.
Soluzione. La matrice associata al prodotto scalare dato è
 
2 1 0
 
 
A = 1 2 0
 
0 0 3
26.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 194

Procediamo direttamente con l’ortonormalizzazione:


v1 = e1 = (1, 0, 0) v2 = e2 = (0, 1, 0) v2 = e3 = (0, 0, 1)
v1 v2 − hw1 , v2 iw1 v3 − hw1, v3 iw1 − hw2 , v3 iw2
w1 = w2 = w3 =
||v1|| ||v2 − hw1 , v2 iw1 || ||v3 − hw1, v3 iw1 − hw2 , v3 iw2 ||
 √ 
1/ 2
v1 1  
 
w1 = = v1 √ =  0 
||v1 || 2  
0
 

v2 − hw1 , v2 iw1 v2 − v1 /2 1 −1/2


 
w2 = = =v  1 
||v2 − hw1 , v2 iw1 || ||v2 − v1 /2|| u
u −1/2
    
u −1/2 0
u   
uh 1  
  1 i
,

u   
t
0 0
   

1 −1/2 r 2 −1/2
   
w2 = p  1 =  1 
2/4 + 2 − 1   3 
0 0
 
0
v3 − hw1 , v3 iw1 − hw2 , v3 iw2 v3 √ 



w3 = = = v3 / 3 =  0 
||v3 − hw1 , v3 iw1 − hw2 , v3 iw2 || ||v3||  √ 
1/ 3
Riepilogando
√ √ √ √
w1 = (1/ 2, 0, 0) w2 = (−1/ 6, 2/ 6, 0) w3 = (0, 0, 1/ 3)
Le coordinate di v = (1, 2, 3) rispetto alla base ortonormale w1 , w2 , w3 sono
     
hw1 , vi w1T Av wT
     1
     
hw2 , vi = w2T Av  = w2T  Av
     
T
hw3 , vi w3 Av w3T
   √   
T
w 1/ 2 0 0 2 1 0 1
 1  √ √   
 T    
w2  Av = −1/ 6 2/ 6 0  1 2 0 2
   √   
w3T 0 0 1/ 3 0 0 3 3
26.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 195
√ √    √ 
2 1/ 2 0 1 2 2
 p    √ 
    
= 0 3/2 0  2 =  6 
 √    √ 
0 0 3 3 3 3
√ √ √
Dunque le coordinate di (1, 2, 3) rispetto alla base w1 , w2 , w3 sono (2 2, 6, 3 3).
Per finire, per essere
√ sicuri√ di non aver
√ fatto errori di calcolo, verifichiamo che effetti-
vamente (1, 2, 3) = 2 2w1 + 6w2 + 3 3w3 :
 √   √     
1/ 2 −1/ 6 0 1
√ 
 √  √ 
   √  
  
  
2 2  0  + 6  2/ 6  + 3 3  0  = 2 .
     √   
0 0 1/ 3 3


Esercizio 26.2.9. Si trovi una base ortonormale di autovettori di
 
3 −1 2
 
 
A = −1 3 2
 
2 2 0

Soluzione. La matrice è simmetrica quindi il teorema spettrale si applica. Siccome


sappiamo che gli autospazi relativi ad autovalori distinti sono ortogonali tra loro, applichia-
mo l’ortonormalizzazione separatamente su ogni autospazio. Il polinomio caratteristico di
A è p(x) = (x − 4)2 (x + 2). L’autospazio relativo all’autovalore 4 è dato da
     
−1 −1 2  1 2
     
ker −1 −1 2  = span 1 , 0
     
2 2 −4 1 1

Mentre l’autospazio relativo a −2 è generato da (1, 1, −2).


Poniamo
v1 = (1, 1, 1) v2 = (2, 0, 1) v3 = (1, 1, −2)
Adesso procediamo con l’ortogonalizzazione di v1 , v2 :
     
2 1 1
hv1 , v2 i   3   
′      
v2 = v2 − πv1 (v2 ) = v2 − v1 = 0 − 1 = −1
hv1 , v1 i   3   
1 1 0
26.3. ESERCIZI 196

Quindi v1 , v2′ , v3 è una base ortogonale di autovettori di A. Procediamo infine alla


normalizzazione:  
1
v1 1 
 

w1 = = √ 1
||v1 || 3 
1
 
1
v2′ 1 
 

w2 = ′ = √ −1
||v2 || 2 
0
 
1
v3 1 
 

w3 = =√ 1
||v3 || 6 
−2
La base w1 , w2 , w3 è dunque una base ortonormale di autovettori di A. 

26.3. Esercizi
Esercizio 26.3.1. Sia v1 , . . . , vn−1 un insieme di vettori di Rn che siano ortogonali fra loro
e ciascuno di norma unitaria. Dimostrare che esistono solo due vettori che completano
v1 , . . . , vn−1 ad una base ortonormale di Rn .
Esercizio 26.3.2. Sia v = e1 il primo vettore della base canonica di Rn . Si esibisca un
endomorfismo f ∈ End(Rn ) tale che v, f (v), . . . , f n−1(v) sia una base ortonormale di Rn .
Esercizio 26.3.3. Si dica quali delle seguenti matrici sono ortogonali.
     √ 
1 1 1 1 1 1 cos θ cos θ −√ 2 sin θ
 
  1 1 1   1  
0 0 −1 ,  , √ 0 −1 0  , √  sin θ sin θ 2 cos θ 
  0 1 2  2 
1 −1 1 1 0 −1 −1 1 0

Esercizio 26.3.4. Si dimostri che i possibili autovalori reali di una matrice ortogonale
sono ±1.
Esercizio 26.3.5. Sia v1 = (1, 2, 1), v2 = (0, 1, 1), v3 = (2, 1, 2). Ortonormalizzare la base
v1 , v2 , v3 rispetto al prodotto scalare standard di R3 . Calcolare le coordinate dei vettore
(2, 1, 2) e (1, 0, 0) rispetto a tale base.
Esercizio 26.3.6. Sia v1 = (1, 2, 1), v2 = (0, 1, 1), v3 = (2, 1, 2). Ortonormalizzare la base
v1 , v2 , v3 rispetto al prodotto scalare di R3 con forma quadratica (x + y + z)2 + y 2 + 2z 2 .
Calcolare le coordinate dei vettore (2, 1, 2) e (1, 0, 0) rispetto a tale base.
26.3. ESERCIZI 197

Esercizio 26.3.7. Sia v1 = (1, 2, 3, 4), v2 = (4, 3, 2, 1), v3 = (0, 0, 1, 0), v4 = (0, 0, 0, 1).
Ortonormalizzare la base v1 , . . . v4 rispetto al prodotto scalare standard di R4 . Calcolare le
coordinate dei vettore (0, 1, 1, 0) e (0, 0, 0, 1) rispetto a tale base.
Esercizio 26.3.8. Sia v1 = (1, 2, 3, 4), v2 = (4, 3, 2, 1), v3 = (0, 0, 1, 0), v4 = (0, 0, 0, 1).
Ortonormalizzare la base v1 , . . . v4 rispetto al prodotto scalare di R4 con forma quadratica
(x + y)2 + (x − y)2 + z 2 + t2 . Calcolare le coordinate dei vettore (2, 1, 1, 1) e (1, 0, 0, 2)
rispetto a tale base.
Esercizio 26.3.9. Ortonormalizzare la base canonica di R≤2 [x] rispetto ai seguenti prodotti
scalari Z Z Z
1 0 2
p(x)q(x)dx p(x)q(x)dx q(x)p(x)dx
0 −1 −2
Calcolare le coordinate di (2 + x)2 rispetto a tali basi.
Esercizio 26.3.10. Si trovi una base ortonormale di autovettori di
 
1 −2 4
 
 
A = −2 1 4
 
4 4 −5
Si calcolino le coordinate di (1, 1, 1), (1, 1, 2) e (1, 1, −2) rispetto a tale base.
Esercizio 26.3.11. Si trovi una base ortonormale di autovettori di
 
a −b 2b
 
 
A = −b a 2b 
 
2b 2b a − 3b
Si calcolino le coordinate di (1, 1, 1), (1, 1, 2) e (1, 1, −2) rispetto a tale base.
Esercizio 26.3.12. Si trovi una base ortonormale di autovettori di
 
−2 1 −2 −6
 
 1 −2 −2 −6
 
A= 
−2 −2 1 12 
 
−6 −6 12 33
Si calcolino le coordinate di (1, 1, 1, 1), (1, 0, 0, 0) e (1, 1, −2, 1) rispetto a tale base.
SCHEDA 27

Distanza indotta da prodotto scalare, isometrie

27.1. Richiami di teoria


Definizione 27.1.1. Sia X un insieme. Una distanza su X è una funzione
d:X ×X →R
tale che per ogni x, y, z ∈ X si ha
(1) d(x, y) ≥ 0
(2) d(x, y) = d(y, x) (simmetria)
(3) d(x, x) = 0 e d(x, y) = 0 solo se y = x.
(4) d(x, y) ≤ d(x, z) + d(z, y) (disugualianza triangolare)
Uno spazio metrico (X, d) è un insieme X munito di una distanza d.
Esempio 27.1.2. Le seguenti sono tutte distanze su R (perché?)

p  0 x=y
d(x, y) = |x − y| d(x, y) = |x − y| d(x, y) =
 1 x 6= y

Esempio 27.1.3. La distanza Euclidea su Rn è


   
x y
 1  1
. . p
d( ..  ,  .. ) = (x1 − y1 )2 + · · · + (xn − yn )2
   
xn yn

Definizione 27.1.4. Se V è uno spazio vettoriale su R e h , i è un prodotto scalare su V .


La distanza indotta da h , i è definita come
p
d(v, w) = ||v − w|| = hv − w, v − wi
p
Se q è la forma quadratica associata a h , i allora abbiamo d(v, w) = q(v − w).
Verifichiamo che quella appena definita è effettivamente una distanza, cioè che soddisfa
le quattro condizioni richieste nella definizione di distanza.
(1) d(v, w) = ||v − w|| ≥ 0 per definizione.
(2) d(v, w) = ||v − w|| = || − (v − w)|| = ||w − v|| = d(w, v).
(3) d(v, v) = ||v − v|| = ||0|| = 0 e ||v − w|| = 0 se e solo se v − w = 0 se e solo se
v = w.
198
27.1. RICHIAMI DI TEORIA 199

(4) Usando il fatto che hx, yi ≤ ||x|| ||y|| si ottiene


p
d(v, w) = ||v − w|| = ||v − u + u − w|| = hv − u + u − w, v − u + u − wi
p p
= ||v − u||2 + ||u − w||2 + 2hv − u, u − wi ≤ ||v − u||2 + ||u − w||2 + 2||v − u|| ||u − w||
p
= (||v − u|| + ||u − w||)2 = ||v − u|| + ||u − w|| = d(v, u) + d(u, w).
Esempio 27.1.5. La distanza indotta su Rn dal prodotto scalare standard è la distanza
Euclidea.
Definizione 27.1.6. Dati due spazi metrici (X, dX ) e (Y, dY ), una funzione f : X → Y
si dice isometria se per ogni x1 , x2 ∈ X si ha
dY (f (x1 ), f (x2 )) = dX (x1 , x2 )
Teorema 27.1.7. Un’isometria è sempre iniettiva.
Dimostrazione. Se f (x1 ) = f (x2 ) allora dY (f (x1 ), f (x2 ) = 0 ma allora dX (x1 , x2 ) = 0
e quindi x1 = x2 . 
NOTA: Spesso si include nella definizione di isometria la condizione che f sia surgettiva.
Dipende dal contesto. Per come le abbiamo definite noi, le isometrie possono essere anche
non surgettive. Vedremo però che nel caso di isometrie tra spazi vettoriali della stessa
dimensione, la surgettività sarà automatica.
Esempio 27.1.8. La funzione f (x) = x2 non è un’isometria di R rispetto alla distanza
Euclidea.
Esempio 27.1.9. La funzione f (x) = −x + 2 è un’isometria di R rispetto alla distanza
Euclidea.
Teorema 27.1.10. Siano V e W due spazi vettoriali reali, muniti di prodotti scalari h , iV
e h , iW rispettivamente. Sia f : V → W un’isometria. Allora f è affine, cioè del tipo
f (v) = L(v) + w0 con L ∈ hom(V, W ) e w0 ∈ W .
Dimostrazione. Dividiamo la dimostrazione in vari passi.
(1) f è iniettiva (per il teorema qui sopra) e continua.
(2) Definiamo L(X) = f (X) − f (0) e w0 = f (0). Abbiamo f (v) = L(v) + w0 e
L(0) = 0. In oltre L è anch’essa un isometria perchè
dW (L(X), L(Y )) = ||L(X) − L(Y )||W = ||f (X) − f (0) − f (Y ) + f (0)||W
= ||f (X) − f (Y )||W = dW (f (X), f (Y )) = dV (X, Y ).
(3) L preserva la norma: ||L(X)||W = ||L(X)−L(0)||W = dW (L(X), L(0)) = dv (X, 0) =
||X||V .
(4) L preserva il prodotto scalare, cioè hL(X), L(Y )iW = hX, Y iV :
||X||2V + ||Y ||2V − 2hX, Y iV = hX − Y, X − Y iV = ||X − Y ||2V = (dV (X, Y ))2
= (dW (f (X), f (Y )))2 = ||f (X) − f (Y )||2W = ||L(X) − L(Y )||2W
= ||L(X)||2W − ||L(Y )||2W − 2hL(X), L(Y )iW = ||X||2V − ||Y ||2V − 2hL(X), L(Y )iW
quindi −2hX, Y iV = −2hL(X), L(Y )iW e dunque hX, Y iV = hL(X), L(Y )iW .
27.1. RICHIAMI DI TEORIA 200

(5) Vediamo infine la linearità di L. Per ogni X, Y, Z ∈ V e a, b ∈ R si ha


hL(aX + bY ), L(Z)iW = haX + bY, ZiV = ahX, ZiV + bhY, ZiV

= ahL(X), L(Z)iW + bhL(Y ), L(Z)iW = haL(X) + bL(Y ), L(Z)iW


quindi hL(aX +bY )−(aL(X)+bL(Y )), L(Z)iW = 0. Cioè L(aX +bY )−(aL(X)+
bL(Y )) è ortogonale a L(Z) per ongi Z. Quindi il vettore w = L(aX + bY ) −
(aL(X) + bL(Y )) è ortogonale all’immagine di L. Sia U lo span dell’immagine di
L. Chiaramente w ∈ U. Quindi w ∈ U ∩ U ⊥ . Ne segue che w = 0 e quindi
L(aX + bY ) = aL(X) + bL(Y ).

Corollario 27.1.11. Un’isometria tra spazi della stessa dimensione è sempre surgettiva.
Corollario 27.1.12. Sia V uno spazio vettoriale su R di dimensione finita, munito di un
prodotto scalare h , i e sia f ∈ End(V ). Le seguenti condizioni sono equivalenti:
(1) f è un’isometria.
(2) f preserva il prodotto scalare: hf (v), f (w)i = hv, wi.
(3) f preserva la norma: ||f (v)|| = ||v||.
(4) f manda basi ortonormali in basi ortonormali.
(5) Esiste una base ortonormale v1 , . . . , vn tale che f (v1 ), . . . , f (vn ) sia una base or-
tonormale.
(6) La matrice associata a f in una base ortonormale è ortogonale.
In coordinate, la condizione (2) del teorema precedente fornisce delle condizioni sulle
matrici associate al prodotto scalare e all’endomorfismo.
Corollario 27.1.13. Sia V uno spazio vettoriale su R di dimensione finita, munito di un
prodotto scalare h , i e sia f ∈ End(V ). Sia B una base di V e siano A la matrice associata
a h , i e M la matrice associata a f , entrambe nella base B. Allora f è un’isometria per
h , i se e solo se
M T AM = A.
Quindi un’isometria di Rn in coordinate canoniche è sempre della forma
f (X) = MX + X0
con M matrice ortogonale.
In generale se b ∈ bil(V ) è una forma bilineare si puó essere interessati agli endomorfismi
che preservano b. Per esempio nella teoria della relatività le trasformazioni di Lorentz sono
“isometrie” dello spazio-tempo R4 munito del prodotto di Minkowski. In generale, in
coordinate, se A è la matrice associata a b e M la matrice associata a f , allora f preserva
la forma b se e solo se M T AM = A.
27.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 201

27.2. Esempi ed esercizi svolti


Esercizio 27.2.1. Calcolare la distanza tra P = (1, 2, 3) e Q = (1, 0, 1) rispetto al prodotto
scalare standard di R3 .
Soluzione. Applicando direttamente la formula si ottiene
p √ √
d(P, Q) = ||P − Q|| = 02 + 22 + 22 = 2 2.

Esercizio 27.2.2. Calcolare la distanza tra P = (1, 2, 3) e Q = (1, 0, 1) rispetto al prodotto
scalare di R3 con forma quadratica q(x, y, z) = x2 + 2xy + 4y 2 + 6z 2 .
Soluzione. Applicando direttamente la formula si ottiene
p p √ √
d(P, Q) = ||P − Q|| = q(0, 2, 2) = 422 + 622 = 2 10.

Esercizio 27.2.3. Calcolare la distanza tra x e x2 rispetto al prodotto scalare di R≤2 [x]
R1
dato da −1 p(x)q(x)dx.
Soluzione. Applicando direttamente la formula si ottiene
sZ
p 1 p √
d(x, x2 ) = ||x − x2 || = (x − x2 )2 = 2/3 + 2/5 = 4/ 15.
−1


Esercizio 27.2.4. Calcolare la distanza tra x e x2 rispetto al prodotto scalare di R≤2 [x]
R1
dato da 0 p(x)q(x)dx.
Soluzione. Applicando direttamente la formula si ottiene
s
p Z 1 p √
2 2
d(x, x ) = ||x − x || = (x − x2 )2 = 1/3 − 1/2 + 1/5 = 1/ 30.
0


Esercizio 27.2.5. Classificare tutte le isometrie lineari di R2 col prodotto scalare standard.
Soluzione. In coordinate canoniche si 
devonotrovare tutte le matrici M che siano
a b
ortogonali, cioè M T M = Id. Posto M =   L’equazione M T M = Id diventa il
c d
sistema 


 a2 + c2 = 1

ab + cd = 0



 b2 + d2 = 1
27.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 202
 
a b
quindi ponendo a = cosθ, c = sinθ e d = cos α, b = sin α abbiamo che   =
c d
 
cos θ sin α
 . La seconda equazione ci dice tan α = − tan θ quindi, modulo 2π si ha
sin θ cos α
α = θ e α = −θ + π. Quindi abbiao due possibilità
   
cos θ − sin θ cos θ sin θ
   
sin θ cos θ sin θ − cos θ

La prima è una rotazione di angolo θ. Vediamo


 adesso che la seconda è una riflessione. Il
cos θ sin θ
polinomio caratteristico di   è − cos θ2 +x2 −sin θ2 = x2 −1 = (x−1)(x+1).
sin θ − cos θ
Quindi esiste una base ortonormale di autovettori, uno relativo a 1 (l’asse di di riflessione)
ed uno relativo a −1 (l’ortogonale all’asse di riflessione). 

Esercizio 27.2.6. Si dica quali delle seguenti funzioni f : R2 → R2 sono isometrie rispetto
al prodotto scalare standard.

1)f (x, y) = (x + 1, 2y − x) 2)f (x, y) = (2xy, x2 − y 2 ) 3)f (x, y) = (y − 1, x + 1)

Soluzione. La 2) non è affine e quindi non è un’isometria. La 1) e la 3) sono affini.


Calcoliamo le matrici della parte lineare
 e controlliamo
 se siano o meno matrici ortogonali.
1 0
1) la matrice della parte lineare è   che non è ortogonale, quindi la 1) non è
−1 2
 
0 1
un’isometria. 3) la matrice della parte lineare è   che è ortogonale, quindi la 3) è
1 0
un’isometria. 

Esercizio 27.2.7. Si trovi, se esiste, un’isometria di R2 standard che mandi (1, 2) in (2, 2)
e (1, 1) in (0, 0).

Soluzione. La distanza√ tra (1, 2) e (1, 1) è ||(0, 1)|| = 1 mentre la distanza tra (2, 2)
e (0, 0) è ||(2, 2)|| = 2 2 6= 1. Quindi una tale isometria non esiste. 

Esercizio 27.2.8. Si trovino, se ne esistono, tutte le isometrie di R2 standard che mandano


v1 = (1, 2) in w1 = (−1, 0) e v2 = (1, 1) in w2 = (0, 0).

Soluzione. Sia f una tale isometria e sia L la sua parte lineare. Allora (−1, 0) =
w1 − w2 = f (v1 ) − f (v2 ) = L(v1 − v2 ) = L(0, 1). La matrice della parte lineare è dunque
27.3. ESERCIZI 203

della forma  
a −1
M = 
c 0
Affinchè M sia ortogonale è necessario che a = 0 e c = ±1. Ci sono quindi due possibilità
per M
   
0 −1 0 −1
M =  M = 
1 0 −1 0
Cerchiamo adesso il termine di traslazione X0 imponendo che f (v1 ) = w1
   
−1 1
  = M   + X0
0 2
le due possibilità sono quindi
           
−1 −2 1 −1 −2 1
X0 =   −   =   X0 =   −   =  
0 1 −1 0 −1 1
in totale abbiamo due isometrie con la proprietà richiesta:
       
0 −1 1 0 −1 1
f (X) =  X +   f (X) =  X +  
1 0 −1 −1 0 1


27.3. Esercizi
Esercizio 27.3.1. Calcolare la distanza tra P e Q con
P = (1, 2, 3, 4), (1, 0, 1, 2), (−1, −2, −3, −4), (4, 3, 2, 1), (0, 0, 0, 0), (0, 1, 0, 1), (1, 0, 1, 0)
Q = (1, 3, 3, 2), (1, 2, 1, 0), (−2, −3, −4, −5), (4, 3, 2, 1), (0, 0, 0, 0), (1, 1, 1, 1), (0, 0, 1, 0)
rispetto al prodotto scalare standard di R4 e rispetto ai prodotti scalari di R4 con forma
quadratica q(x, y, z, t) =
x2 + 2y 2 + 3z 4 + z 2 x2 + y 2 + (z + 2y)2 + (t + x)2 2x2 + 2xy + 2y 2 + z 2 + 2zt + t2 .
Esercizio 27.3.2. Calcolare la distanza tra d(p, q) al variare di p e q in
1 x x2 1+x (1 − x)2 x2 + x − 5 (2 − x)(x + 3) − 1
rispetto ai prodotti scalari di R≤2 [x] definiti da
Z 1 Z 0 Z 2
p(x)q(x) p(x)q(x) p(x)q(x) p(0)q(0) + p(1)q(1) + p(−1)q(−1)
0 −1 −2
27.3. ESERCIZI 204

Esercizio 27.3.3. Classificare tutte le “isometrie” lineari dello spazio tempo R2 con il
prodotto di Minkowski.
Esercizio 27.3.4. Classificare tutte le isometrie lineari di R3 col prodotto scalare standard.
Esercizio 27.3.5. Dimostrare che tutte le isometrie di R2 sono prodotto di riflessioni
rispetto a rette.
Esercizio 27.3.6. Dimostrare che i possibili autovalori delle isometrie sono solo ±1.
Esercizio 27.3.7. Dimostrare che per ogni isometria f ∈ End(R3 ) il numero 1 è autovalore
di f 2 . Fornire un esempio di isometria f di R3 per cui 1 non sia un autovalore di f .
Esercizio 27.3.8. Trovare, se esistono, tutte le isometrie di R2 standard che mandano
(1, 1) in (3, 3) e (2, 2) in (2, 2).
Esercizio 27.3.9. Trovare, se esistono, tutte le isometrie di R2 standard che mandano
(1, 1) in (3, 3) e (2, 2) in (1, 1).
Esercizio 27.3.10. Trovare, se esistono, tutte le isometrie di R3 standard che mandano
(1, 1, 1) in (1, 0, 0), (1, 0, 1) in (1, 0, 1) e (0, 1, 1) in (0, 0, 0).
SCHEDA 28

Distanze tra sottospazi affini

28.1. Richiami di teoria


In questa scheda descriveremo dei metodi generali per calcolare le distanze di un punto
da sottospazi affini di Rn , munito del prodotto scalare standard. Daremo in particolare
semplici formule nei casi unidimensionali. Quello che diremo si generalizza facilmente
in un contesto più ampio.

28.1.1. Proiezione ortogonale su sottospazi vettoriali. Sia V un sottospazio vet-


toriale di Rn . Siccome Rn = V ⊕ V ⊥ , ogni vettore si scompone in due componenti: quella
lungo V e quella ortogonale. Se πV (X) denota la proiezione ortogonale di X su V , si ha
X = X − πV (X) + πV (X)
per cui X − πV (X) è la componente ortogonale. Se v1 , . . . , vk è una base ortogonale di V ,
la proiezione su V si calcola facilmente tramite la formula
hX, v1 i hX, vk i
πV (X) = v1 + · · · + vk
hv1 , v1 i hvk , vk i
Se v1 , . . . , vk è una base ortonormale di V , la proiezione su V si calcola facilmente tramite
la formula
πV (X) = hX, v1 iv1 + · · · + hX, vk ivk

28.1.2. Distanza tra un punto e un sottopazio. Sia P un punto qualsiasi di Rn


e sia W un sottospazio affine di Rn . Possiamo descrivere W tramite equazioni cartesiane
W : {AX = b}
ove W0 = {AX = 0} è la giacitura di W e le righe di A sono una base di W0⊥ ; oppure
tramite equazioni parametriche
X
W ={ ti vi + X0 }

ove v1 , . . . , vk è una base di W0 e X0 è un qualsiasi punto di W . Per calcolare la distanza


d(P, W ) si possono usare sia le equazioni cartesiane che quelle parametriche.

205
28.1. RICHIAMI DI TEORIA 206

28.1.2.1. Distanza tra P e W usando le equazioni cartesiane. Si noti che qualsiasi


punto di W si proietta sullo stesso vettore di W0⊥ . In particolare, per calcolare la proiezione
di W su W0⊥ si può usare un qualsiasi punto X0 di W . La distanza tra P e W si calcola
proiettanto sia P che W su W0 ⊥ e calcolando la distanza delle proiezioni.

d(P, W ) = d(πW0⊥ (P ), πW0⊥ (X0 )) = ||πW0⊥ (P ) − πW0⊥ (X0 )||


Se le righe di A costituiscono un’insieme ortonormale di vettori, esse sono una base
ortonormale di W0⊥ . Quindi la proiezione su W0⊥ si calcola facilmente come
πW0⊥ (X) = AX
e la proiezione di W su W0⊥ non è altro che b. Dunque, se le righe di A sono ortonormali
tra loro, vale la formula
d(P, W ) = ||A(P ) − b||
Dunque, in generale, se le righe di A non sono ortonormali, si usa il processo di orto-
normalizzazione di Gram-Schmidt, applicando le trasformazioni sulle righe di A anche al
termine noto b e poi si usa la formula qui sopra.
Esempio 28.1.1. Si calcoli la distanza tra P = (1, 2, −1) e W di equazioni AX = b con
 √ √   
1/ 2 0 1/ 2 1
A=  b= 
0 1 0 2
Soluzione. In questo caso le righe di A sono ortonormali tra loro quindi si ha
     
0 1 −1
d(P, W ) = ||AP − b|| = ||   −   || = ||   || = 1.
2 2 0

Esempio 28.1.2. Si calcoli la distanza tra P = (1, 2, −1, 1) e W di equazioni AX = b con
   
1 0 1 0 1
A=  b= 
0 0 1 0 1/2
Soluzione. In questo caso le righe di A non sono ortonormali tra loro. Cominciamo
con l’ortonormalizzazione, ricordando di lavorare anche sulla matrice completa:
   
1 0 1 0 1 0 1 0 | 1
   
0 0 1 0 0 0 1 0 | 1/2

La prima riga si deve dividere per la norma di (1, 0, 1, 0), che è 2.
 √ √   √ √ √ 
1/ 2 0 1/ 2 0 1/ 2 0 1/ 2 0 | 1/ 2
   
0 0 1 0 0 0 1 0 | 1/2
28.1. RICHIAMI DI TEORIA 207

Adesso si deve togliere alla seconda riga di √ A la componente lungo la prima: R2 →


R2 − πR1 (R2 )R1 . πR1 (R2 ) = hR1 , R2 iR1 = R1 / 2, operando questa operazione anche sulla
matrice completa:
 √ √   √ √ √ 
1/ 2 0 1/ 2 0 1/ 2 0 1/ 2 0 | 1/ 2
   
−1/2 0 1/2 0 −1/2 0 1/2 0 | 0

Adesso dobbiamo dividere la seconda riga per la norma di (−1/2, 0, 1/2, 0) che è 1/ 2
 √ √   √ √ √ 
1/ 2 0 1/ 2 0 1/ 2 0 1/ 2 0 | 1/ 2
 √ √   √ √ 
−1/ 2 0 1/ 2 0 −1/ 2 0 1/ 2 0 | 0
Ora le righe della matrice delle equazioni cartesiane di W sono ortonormali tra loro e quindi
 
1
 √ √    √ 
1/ 2 0 1/ 2 0   2  1/ 2

d(P, W ) = ||  √ √   − ||
−1/ 2 0 1/ 2 0  −1
 0
1
  √ 
  √ 
0 1/ 2 −1/ 2 p
= ||  √  −   || = ||  √  || = 5/2
− 2 0 2

28.1.2.2. Distanza tra P e W usando le equazioni parametriche. Abbiamo visto
che
d(P, W ) = d(πW0⊥ (P ), πW0⊥ (X0 )) = ||πW0⊥ (P ) − πW0⊥ (X0 )||
ma per linearità della proiezione
πW0⊥ (P ) − πW0⊥ (X0 ) = πW0⊥ (P − X0 )
in oltre, siccome Rn = W0 ⊕ W0⊥ , si ha
πW0⊥ (P − X0 ) = P − X0 − πW0 (P − X0 )
e quindi
d(P, W ) = ||P − X0 − πW0 (P − X0 )||.
In altre parole, se X0 è un qualsiasi punto di W si considera il vettore V = P − X0 ,
se ne calcola la componente ortogonale a W0 tramite la formula V − πW0 (V ) e poi se ne
calcola la norma.
Se W è dato in equazioni parametriche e v1 , . . . , vk è una base ortonormale di W0 , allora
πW0 (V ) = hv1 , V iv1 + · · · + hvk , V ivk
Se v1 , . . . , vk non è ortonormale allora prima si ortonormalizza usando Gram-Schmidt e poi
si procede come sopra.
28.1. RICHIAMI DI TEORIA 208

Esempio 28.1.3. Calcolare la distanza tra P = (1, 2, 3, 4) ed il piano passante per X0 e


di giacitura span(v1 , v2 ) con
√ √ √ √
X0 = (1, 0, 1, 2) v1 = (1/ 2, 0, 1/ 2, 0) v2 = (0, 1/ 2, 0, 1/ 2)
Soluzione. In questo caso v1 e v2 sono ortonormali. Procediamo quindi ponendo
V = P − X0 = (0, 2, 2, 2)
d(P, W ) = ||V − πW0 (V )|| = ||V − hV, v1 iv1 − hV, v2 iv2 ||
   √         
0 1/ 2 0 0 1 −1
     √       
2 √  0  √  √
1/ 2
 2 2 0
         
= ||   − 2  √  − 2 2   || = ||   −   || = ||   || = 2
2 1/ 2  0  2 1 1
           

2 0 1/ 2 2 2 0

Esempio 28.1.4. Calcolare la distanza tra P = (0, 1, 0) ed il piano passante per X0 e di
giacitura span(v1 , v2 ) con
X0 = (1, 0, 1) v1 = (1, 1, 1) v2 = (1, 1, −1)
Soluzione. In questo caso v1 e v2 non sono ortonormali. Usiamo Gram-Schmidt
 
1
1 
 

w1 = v1 /||v1|| = √ 1
3 
1
     
1 1 2
  1  1 
w2′ = v2 − πw1 (v2 ) =  1  − 1 =  2 
     
  3  3 
−1 1 −4
 

1 1
w2 = w2′ /||w2′ || = √  1 
 
6 
−2
Adesso possiamo procedere come prima:
V = P − X0 = (−1, 1, −1)
       
−1 1 1 −1
  1  1   
       
V − πW0 (V ) = V − hw1 , V iw1 − hw2 , V iw2 =  1  + 1 −  1  =  1 
  3  3   
−1 1 −2 0
28.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 209

d(P, W ) = ||V − πW0 (V )|| = 2


28.1.3. Formula distanza punto-Piano in R3 . In questo caso W è definito da


un’unica equazione cartesiana:
W : ax + by + cz + d = 0
Applicando l’algoritmo sopra descritto otteniamo la formula per la distanza di un punto
P = (x0 , y0 , z0 ) dal piano W
|ax0 + by0 + cz0 + d|
d(P, W ) = √
a2 + b2 + c2

28.1.4. Formula distanza punto-iperpiano in Rn . Se la dimensione di W è n−1 (e


quindi W0⊥ è unidimensionale) si dice iperpiano. In questo caso W è definito da un’unica
equazione cartesiana:
X
W : ai xi = b
Applicando l’algoritmo sopra descritto otteniamo la formula per la distanza di un punto
P = (p1 , . . . , pn ) dal piano W
|a1 p1 + a2 p2 + · · · + an pn − b|
d(P, W ) = p
a21 + · · · + a2n

28.1.5. Formula distanza punto-retta. In questo caso è W a essere unidimensio-


nale e le equazioni parametriche di W sono
W = X0 + tV
applicando il procedimento descritto usando le equazioni parametriche si ottiene
hP − X0 , V i
d(P, W ) = ||P − X0 − V ||
hV, V i
Si noti che nel caso di R2 una retta ha sia unidimensionale che un iperpiano, quindi
entrambe le formule vanno bene.

28.2. Esempi ed esercizi svolti


Esercizio 28.2.1. Si calcoli la distanza tra P = (1, 2, −1) e W di equazioni AX = b con
 √ √   
1/ 2 0 1/ 2 1
A=  b= 
0 1 0 2
28.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 210

Soluzione. Questo esercizio lo abbiamo giá risolto usando le equazioni cartesiane,


risolviamolo adesso usando le equazioni parametriche. Risolvendo il sistema AX = b
troviamo che W è la retta    √ 
1 1/ 2
   
   
W = t 0 +  2 
   √ 
−1 1/ 2
abbiamo quindi
   √   √ 
1
  1/ 2  1 − 1/ 2
     
V = 0  X0 =  2  P − X0 =  0 
   √   √ 
−1 1/ 2 −1 − 1/ 2
 √     √ 
1 − 1/ 2 1 −1/ 2
hP − X0 , V i      
     
d(P, W ) = ||P −X0 − V || = ||  0 −
 0 || = ||  0  || = 1
hV, V i  √     √ 
−1 − 1/ 2 −1 −1/ 2

Esercizio 28.2.2. Si calcoli la distanza tra P = (1, 2, −1, 1) e W di equazioni AX = b con
   
1 0 1 0 1
A=  b= 
0 0 1 0 1/2

Soluzione. Questo esercizio lo abbiamo giá risolto col metodo delle equazioni carte-
siane, risolviamolo adesso usando le equazioni parametriche. Risolvendo il sistema AX = b
troviamo che
     
0 0 1/2
     
1 0  0 
     
W = t + s +  
0 0 1/2
     
0 1 0
i vettori
   
0 0
   
1 0
   
v1 = t   v2 =  
0 0
   
0 1
28.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 211

sono una base ortonormale della giacitura di W . Abbiamo


   
1/2 1/2
   
 0   2 
   
X0 =   P − X0 =   hP − X0 , v1 i = 2 hP − X0 , v2 i = 1
1/2 −3/2
   
0 1
 
1/2
 
 0  p
 
d(P, W ) = ||P − X0 − hP − X0 , v1 iv1 − hP − X0 , v2 iv2 || = ||   || = 5/2
−3/2
 
0

Esercizio 28.2.3. Calcolare la distanza tra P = (1, 2, 3, 4) ed il piano passante per X0 e
di giacitura span(v1 , v2 ) con
√ √ √ √
X0 = (1, 0, 1, 2) v1 = (1/ 2, 0, 1/ 2, 0) v2 = (0, 1/ 2, 0, 1/ 2)
Soluzione. Questo esercizio lo abbiamo già risolto col metodo delle equazioni para-
metriche, risolviamolo adesso usando le equazioni cartesiane. Delle equazioni cartesiane
per W sono 
 x−z =0
 t−y = 2
La matrice associata è  
1 0 −1 0 | 0
 
0 −1 0 1 | 2
le righe sono ortogonali, basta normalizzarle
 √ √ 
1/ 2 0 −1/ 2 0 | 0
 √ √ √ 
0 −1/ 2 0 1/ 2 | 2
 
1
 √ √      √ 
1/ 2 0 −1/ 2 0 2
  0 − 2 √
d(P, W ) = ||  √ √    − √  || = ||   || = 2
0 −1/ 2 0 1/ 2 3
 2 0
4

28.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 212

Esercizio 28.2.4. Calcolare la distanza tra P = (0, 1, 0) ed il piano passante per X0 e di


giacitura span(v1 , v2 ) con
X0 = (1, 0, 1) v1 = (1, 1, 1) v2 = (1, 1, −1)
Soluzione. Questo esercizio lo abbiamo già risolto usando le equazioni parametriche,
risolviamolo adesso usando le equazioni cartesiane. Un’equazione cartesiana di W è
y−x+1 =0
Usando la formula si ha
|1 + 1| √
d(P, W ) = √ = 2
2

Esercizio 28.2.5. Calcolare la distanza tra il punto P = (1, 3) e la retta r di equazione
y = 2x + 1.
Soluzione. Visto che la retta è data in equazioni cartesiane usiamo quelle. Applicando
la formula otteniamo
|2 − 3 + 1|
d(P, r) = √ =0
5
infatti P appartiene alla retta r. 
Esercizio 28.2.6. Calcolare la distanza tra il punto P = (1, 3) e la retta r di equazione
(t − 1, 2t − 1).
Soluzione. Visto che la retta è data in equazioni parametriche usiamo quelle. (t −
1, t2 − 1) = t(1, 2) + (−1, −1) quindi V = (1, 2) e X0 = (−1, −1)
hP − X0 , V i
d(P, r) = ||P − X0 − V || = ||(2, 4) − (2, 4)|| = 0
hV, V i
infatti P appartiene alla retta r. 
Esercizio 28.2.7. Cacolare la distanza tra P = (1, 0, 2) ed il piano π : x + y + z = 2.
Soluzione. Usando la formula si ottiene
|1 + 2 − 2| √
d(P, π) = √ = 1/ 3
3

Esercizio 28.2.8. Cacolare la distanza tra P = (1, 3, 5) ed il piano π : x + 2y − 3z = 4.
Soluzione. Usando la formula si ottiene
|1 + 6 − 15 − 4| √
d(P, π) = √ = 12/ 14
1+4+9

28.3. ESERCIZI 213

28.3. Esercizi
Esercizio 28.3.1. Calcolare la distanza tra il punto P ed il piano π, con
         
1 1 1 1 0
         
         
P = 2 , P = −2 , P =  2 , P = 1 , P = 2
         
3 3 −3 1 1

e π dato dalle seguenti equazioni parametriche


                 
1  2  0 0 1 1 −1 1  2 
                 
t 2 + s −1 + 0 t −2 + s 1 + 2 t −1 + s 0 +  0 
                 
3 1 1 1 1 3 3 2 −2

Esercizio 28.3.2. Calcolare la distanza tra P ed il piano π con


         
1 1 −1 0 0
  √       
         
P = 2 , P =  2 , P = −1 , P = 0 , P = −1
         
0 1 −1 1 0

e π dato dalle seguenti equazioni cartesiane



1) x + y + z = 2 2) x + y + z = 2 + 2 3) y − x + 2z − 2 = 0 4) y − z = 2
Esercizio 28.3.3. Calcolare la distanza tra P ed la retta r con
         
2 1 −1 0 0
P =  , P = √  , P =  , P =  , P = 
2 2 −1 0 −1

e r data dalle equazioni cartesiane



1) y = 2x−1 x+y = 2 2) x+y +x = 2+ 2 3) y −x+−3 = 0 4) y −2x = 2
Esercizio 28.3.4. Calcolare la distanza tra P ed la retta r con
         
1 1 1 1 0
P =  , P =  , P =  , P =  , P = 
3 1 2 −1 2

e r data dalle equazioni parametriche


               
1 0 0 2 3 2 −1 0
1) t  +  2) t  +  3) t  +  4) t  + 
2 1 −2 3 −2 1 −1 −2
28.3. ESERCIZI 214

Esercizio 28.3.5. Calcolare la distanza tra P ed la retta r con P


                   
1 1 1 1 0 1 1 −1 0 0
            √       
                   
2 , −2 ,  2  , 1 , 2 , 2 ,  2 , −1 , 0 , −1
                   
3 3 −3 1 1 0 1 −1 1 0
la retta r data dalle equazioni parametriche
               
1 0  2  1  1  1 −1  1 
               
t 2 + 1 t  0  + 2 t  1  + 2 t 0 +  0 
               
0 1 −2 3 −2 1 −1 −2
e la retta r data dale equazioni cartesiane
  
 x+y+z+1=0  z−y = 1+x  y−z =2
 x−y =2  x − y + 3z = 5  2x − y = 1

Esercizio 28.3.6. Calcolare la distanza tra P ed il sottospazio W con P


                   
0 1 1 1 0 −1 1 −1 0 0
                   
1  1   2  1 2  1  0 −1 0 −1
                   
 , , , , , , , , , 
2 −2  2  0 0  2  0  1  1  0 
                   
3 3 −3 0 1 0 1 −1 2 0
con W dato dalle equazioni parametriche
                 
1 0 1 0 0 1 −1 0 0
                 
2  2  0 −2 1 2 0 1  2 
                 
t  + s +   t  + s +   t + s  +  
3 −1 0 1 1 3 −1 0  0 
                 
0 1 1 0 1 0 3 2 −2
e con W dato dalle equazioni cartesiane
  
 x+t+z+1=0  z−y =t+x  y−z =2
 x−y−t= 2  x − t + 3z = 5  2t − y = 1
SCHEDA 29

Quadriche e coniche

29.1. Richiami di teoria


Diamo qui un breve accenno alla teoria delle quadriche in generale per poi soffermarci
sul caso n = 2 (coniche). Una quadrica in Rn è il luogo di zeri di un’equazione di secondo
grado.

Esempio 29.1.1. L’equazione x2 + xy − yz + z − 3 = 0 definisce una quadrica in R3 .

Esempio 29.1.2. L’equazione x − y + z − 3 = 0 non definisce una quadrica in R3 .

Esempio 29.1.3. L’equazione x3 + xy − yz 2 = 0 non definisce una quadrica in R3 .

Si noti che, anche se il luogo di zeri delle equazioni x2 = 0 e x = 0 è lo stesso, per


convenzione la prima definisce una quadrica (degenere) mentre la seconda no.
La forma generale dell’equazione di una conica è dunque
X X
αij xi xj + βi xi + c = 0
i,j i

ponendo bi = βi /2 e aij = (αij + αji )/2 (il perchè sarà chiaro tra poco) l’equazione diventa
X X
aij xi xj + 2 bi xi + c = 0
i,j i

che si può scrivere in termini matriciali definendo la matriceA =


 (aij ) (che è simmetrica
 
b x
 1  1
 ..   .. 
per come sono stati definiti i coefficienti aij ) ed il vettore b =  . . Ponendo X =  . 
   
bn xn
L’equazione diventa

X T AX + 2B T X + c = 0 oppure X T (AX + 2B) + c = 0


oppure
X T AX + B T X + X T B + c = 0
215
29.1. RICHIAMI DI TEORIA 216

Affinché si abbia una quadrica, la matrice A non deve essere nulla. Inoltre introducendo
la matrice simmetrica M ∈ M(n+1)×(n+1) definita come
 
a . . . a1n b1 
   11
 .. .. .. .. 
A b  . . . .
M = = 



T
b c an1 . . . ann bn 
 
b1 . . . bn c

l’equazione diventa
 
 x1 
.
  .. 
 
x1 . . . xn  =0
1 M 
xn 
 
1

In sostanza si stanno cercando i vettori isotropi della forma bilineare simmetrica asso-
ciata a M.

A meno di cambi di coordinate affini le quadriche possono essere messe in una forma
canonica affine, che ne determina la “forma” e le proprietà algebriche. Si noti che una
traslazione X 7→ X + b della variabile X = (x1 , .. . , xn ) si può scrivere in termini della
Id b
variabile (x1 , . . . , xn , 1) tramite la matrice   come segue:
0 1
    
 x1 + b1  1 . . . 0 b1   x1 
 ..   .. . . .. ..   .. 
 .  . . . .  . 
 =  
    
xn + bn  0 . . . 1 bn  xn 
    
1 0 ... 0 1 1

Il procedimento generale per trovare la forma canonica di una quadrica, che esamine-
remo in dettaglio solo nel caso n = 2, consiste nei seguenti passi:
(1) Riduzione di A in forma diagonale, con solo 0, 1, −1 sulla diagonale. Ciò è possibile
usando una forma modificata del procedimento di Gram-Schmidt. La segnatura
di A ci dirà quanti 0, 1, −1 troveremo sulla diagonale.
(2) Se possibile, eliminazione dei termini di primo grado tramite una traslazione. Ciò
sarà possibile solo se l’equazione AX = b ha soluzione. In particolare sarà sempre
possibile se det A 6= 0.
(3) Normalizzazione del termine noto.
29.1. RICHIAMI DI TEORIA 217

Alla fine la quadrica sarà ridotta in una di queste tre forme


X X X
ǫi x2i = 1 x1 = ǫi x2i ǫi x2i = 0 con ǫi ∈ {0, 1, −1}.
i i>1 i

Esempio 29.1.4. Le forme canoniche delle quadriche di R2 sono:


±x2 ± y 2 = 1 ± x2 = 1 y = x2 x2 ± y 2 = 0 x2 = 0
Esempio 29.1.5. Le forme canoniche delle quadriche in R3 sono le seguenti:
(1) Sfera: x2 + y 2 + z 2 = 1
(2) Iperboloide a due falde: x2 + y 2 − z 2 = 1
(3) Iperoboloide a una falda: x2 − y 2 − z 2 = 1
(4) Cono: x2 + y 2 − z 2 = 0
(5) Paraboloide sferico: z = x2 + y 2
(6) Paraboloide iperbolico: z = x2 − y 2
(7) Cilindro sferico: x2 + y 2 = 1
(8) Cilindro parabolico: y = x2
(9) Cilindro iperbolico: x2 − y 2 = 1
(10) Punto: x2 + y 2 + z 2 = 0
(11) Insieme vuoto: x2 + y 2 + z 2 = −1 (Che non è vuoto su C)
(12) Retta: x2 + y 2 = 0
(13) Cilindro conico o coppia di piani incidenti: x2 − y 2 = 0
(14) Insieme vuoto x2 + y 2 = −1 (Che non è vuoto su C e diverso dal precedente)
(15) Coppia di piani paralleli: x2 = 1
(16) Piano: x2 = 0
(17) Insieme vuoto: x2 = −1 (Che non è vuoto su C e diverso dai precedenti due)
Spesso, quando ci si riferisce a quadriche di R3 si considerano solo le prime nove, che
sono effettivamente superfici, o addirittura le prime sei. Le quadriche 7), 8), 9), 12), 13),
14), 15), 16), 17) sono “cilindri” che hanno per base una conica su R2 , questo perchè le
loro equazioni non contengono la variabile z.

29.1.1. Le coniche (quadriche di R2 ). Le quadriche di R2 si chiamano coniche


perchè si possono vedere come intersezione di un cono di R3 con un piano.
Le quadriche di R2 , ridotte in forma canonica affine, sono le seguenti:
(1) Ellisse (o circonferenza): x2 + y 2 = 1 (oppure x2 + y 2 − 1 = 0)
(2) Parabole: y = x2 (oppure x2 − y = 0)
(3) Iperbole: x2 − y 2 = 1 (oppure x2 − y 2 − 1 = 0)
(4) Coppia di rette incidenti: x2 − y 2 = 0
(5) Coppia di rette parallele: x2 = 1 (oppure x2 − 1 = 0)
(6) Retta: x2 = 0
(7) Punto: x2 + y 2 = 0
(8) Insieme vuoto: x2 + y 2 = −1 (non vuoto su C)
(9) Insieme vuoto: x2 = −1 (non vuoto su C e diverso dal precedente)
29.1. RICHIAMI DI TEORIA 218

Per riconoscere una conica avendo la scrittura in termini matriciali, è utile la Tabella 1,
che fornisce il tipo di conica in relazione a determinante e segnatura di A e M.

Segnatura det A Segnatura det(M) Equazione Descrizione


di A di M
(0, 3, 0) x2 + y 2 + 1 = 0
6= 0 Insieme vuoto
(0, 0, 3) −x2 −y 2 −1 = 0
(0, 2, 0) (0, 2, 1) x2 + y 2 − 1 = 0
>0 6= 0 Ellisse
(0, 0, 2) (0, 1, 2) −x2 −y 2 + 1 = 0
(1, 2, 0) x2 + y 2 = 0
0 Punto
(1, 0, 2) −x2 − y 2 = 0
(0, 1, 2) x2 − y 2 − 1 = 0
6= 0 Iperbole
(0, 2, 1) −x2 + y 2 + 1 = 0
(0, 1, 1) <0
x2 − y 2 = 0 Coppia di
(1, 1, 1) 0
2
(−x + y = 0)2 rette incidenti

(0, 2, 1) y = x2 Parabola
6= 0
(0, 1, 2) (−y = −x2 ) (b ∈
/ Imm(A))

(1, 2, 0) x2 + 1 = 0
0 Insieme vuoto
(1, 1, 0) (1, 0, 2) −x2 − 1 = 0
0
(1, 0, 1) x2 − 1 = 0 Coppia di
(1, 1, 1) 0
(−x2 + 1 = 0) rette parallele

(2, 1, 0) x2 = 0 Retta
0
(2, 0, 1) 2
−x = 0 (rango(M) = 1)

Tabella 1. Tipi di coniche. Siccome un’equazione e la sua opposta defini-


scono la stessa conica (per esempio x2 + y 2 − 1 = 0 e −x2 − y 2 + 1 = 0) c’è
una piccola ambiguità per le segnature delle matrici. Nella tabella riportia-
mo entrambe le equazioni per ogni conica, corrispondenti alle segnature di
±A e ±M.

29.1.2. Riconoscimento del tipo di una conica a mano. Una conica su può ridur-
re in forma canonica manualmente, usando il metodo del completamento dei quadrati:
29.1. RICHIAMI DI TEORIA 219

Sia
ax2 + 2bxy + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0
l’equazione di una conica.
• Riduzione al caso b = 0. Se b 6= 0 allora abbiamo due casi:
(1) Se a 6= 0 (oppure se c 6= 0) a meno di cambiare segno all’equazione possiamo
supporre a > 0. In questo caso il termine in xy si fa sparire usando la relazione
√ b b2
ax2 + 2bxy = ( ax + y √ )2 − √ y 2 (completamento del quadrato)
a a
e cambiando variabili come segue
√ b √ b
X = ax + y √ Y =y (oppure Y = cy + x √ X=x)
a c
(2) Se a = c = 0 allora si usa il cambio di variabili
X = (x + y) Y = (x − y)
ed avremo 2bxy = b(X 2 − Y 2 )/2.
• Riduzione al caso d = 0. Adesso che abbiamo b = 0 l’equazione è della forma
ax2 + cy 2 + 2dx + 2ey + f = 0.
I coefficienti a e c non possono essere entrambi nulli altrimenti l’equazione sarebbe
lineare e non quadratica. A meno di scambiare la x con la y possiamo supporre
a 6= 0. A meno di cambiare segno a tutta l’equazione possiamo supporre a > 0.
Procediamo completando ax2 + 2dx a quadrato tramite
√ d d2
ax2 + 2dx = ( ax + √ )2 −
a a
e cambiamo variabili come segue
√ d
X = ax + √ Y =y
a
• Adesso l’equazione è della forma
ax2 + cy 2 + 2ey + f = 0.
e possiamo distinguere i vari casi:
(1) Se c = 0 e e 6= 0 allora la conica è una parabola e si può mettere in forma
canonica prima divindendo per a e riducendosi a x2 + 2ey + f = 0 e poi
tramite il cambio di variabile Y = −(2ey + f ).
(2) Se c = 0 ed e = 0 allora l’equazione è del tipo ax2 + f = 0.
(a) Se f = 0 la conica è una retta e si porta in forma canonica dividendo
l’equazione per a.
(b) Se f e a sono dello stesso segno allora la conica è l’insieme vuoto.
(L’equazione si porta
√ in forma canonica prima dividendo per f e poi
col cambio X = ax.)
29.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 220

(c) Se f e a hanno segni diversi allora la conica è una coppia di rette


parallele. (L’equazione si porta
√ in forma canonica prima dividendo
per −f e poi col cambio X = ax.)
(3) Se c 6= 0 allora a meno di cambiare segno a tutta l’equazione possiamo
supporre c > 0, procedere completando cy 2 + 2ey a quadrato tramite
√ e e2
cy 2 + 2ey = ( cx + √ )2 −
c c
e cambiare variabili come segue
√ e
Y = cy + √ X = x.
c
L’equazione diventa del tipo ax2 +cy 2 +f = 0. Se f 6= 0 dividendo l’equazione
per |f | ci riduciamo al caso ax2 + cy 2 + f = 0 con f ∈ {0, 1, −1} e cambiando
variabili p p
X = |a|x Y = |c|y
otteniamo un’equazione del tipo
±x2 ± y 2 + f = 0.
A meno di cambiare segno possiamo supporre che il segno di x sia positivo
ed avremo:
(a) x2 + y 2 + 1 = 0 che è l’insieme vuoto;
(b) x2 + y 2 = 1 che è una circonferenza;
(c) x2 − y 2 + 1 = 0 e x2 − y 2 − 1 = 0 che sono iperboli;
(d) x2 + y 2 = 0 che è un punto;
(e) x2 − y 2 = 0 che è una coppia di rette incidenti.

29.2. Esempi ed esercizi svolti


Esercizio 29.2.1. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
x2 + 2xy + y 2 + x + y + 1 = 0.
Soluzione. L’equazione si può riscrivere come (x + y)2 + (x + y) + 1 = 0. Quindi
tramite il cambio X = x + y, Y = y l’equazione diventa
X2 + X + 1 = 0
che riscriviamo come
x2 + x + 1 = 0
(tanto il nome che diamo alle variabili non conta). Completiamo adesso x2 + x a quadrato:
x2 + x = (x + 1/2)2 − 1/4 quindi
x2 + x + 1 = (x + 1/2)2 + 3/4
ponendo
X = x + 1/2
29.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 221

otteniamo l’equazione
X 2 + 3/4 = 0
che definisce l’insieme vuoto. 
Esercizio 29.2.2. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
2xy + y 2 + 2x + 2y + 1 = 0.
Soluzione. Completiamo 2xy + y 2 a quadrato ponendo 2xy + y 2 = (x + y)2 − x2 . Ora
cambiamo variabili
X =x Y =x+y
L’equazione diventa
Y 2 − X 2 + 2Y + 1 = 0
che riscriviamo come y 2 −x2 +2y+1 = 0, oppure (y+1)2 −x2 = 0. Poniamo Y = y+1, X = x
ed otteniamo
X2 − Y 2 = 0
che definisce una coppia di rette. 
Esercizio 29.2.3. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
2xy + 2x − 4y + 1 = 0.
Soluzione. Scriviamo 2xy = ((x + y)2 − (x − y)2 )/2 e cambiamo variabili
X = x+y Y = x−y
il cambio di variabili inverso è
x = (X + Y )/2 y = (X − Y )/2
L’equazione diventa
X2 Y 2 X2 Y 2
− + X + Y − 2X + 2Y + 1 = 0 − − X + 3Y + 1 = 0
2 2 2 2
moltiplicando il tutto per 2 si ottiene
X 2 − Y 2 − 2X + 6Y + 2 = 0
che riscriviamo come
x2 − y 2 − 2x + 6y + 2 = 0
completiamo x2 − 2x e y 2 − 6y a quadrati
(x − 1)2 − 1 − (y − 3)2 + 9 + 2 = 0 (x − 1)2 − (y − 3)2 + 10 = 0
Ponendo X = x − 1 e Y = y − 3 si ottiene
X 2 − Y 2 + 10 = 0
che definisce un’iperbole. Se la vogliamo in forma canonica dividiamo il tutto per 10
ottenendo
X2 Y 2
− +1=0
10 10
29.2. ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI 222
√ √
e cambiando variabili x = X/ 10, x = Y / 10 ottieniamo

x2 − y 2 + 1 = 0

Esercizio 29.2.4. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione

x2 + 2xy − 2x + 6y + 1 = 0.

Soluzione. Le matrici associate alla conica sono


 
  1 1 −1
1 1 



A=  M = 1 0 3 
1 0  
−1 3 1

Abbiamo det(A) < 0 e det(M) 6= 0 quindi dalla Tabella 1 si deduce che l’equazione definisce
un’iperbole. 

Esercizio 29.2.5. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione

x2 + 2xy + y 2 + 2x + 2y + 1 = 0.

Soluzione. Le matrici associate alla conica sono


 
  1 1 1
1 1 



A=  M = 1 1 1
1 1  
1 1 1

Siccome M ha rango 1, dalla Tabella 1 si deduce che l’equazione descrive una retta. 

Esercizio 29.2.6. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione

x2 + 2xy + y 2 + 2x + 4y + 1 = 0.

Soluzione. Le matrici associate alla conica sono


 
  1 1 1
1 1 



A=  M = 1 1 2
1 1  
1 2 1

Siccome det(A) = 0 e det(M) 6= 0 l’equazione descrive una parabola (vedasi Tabella 1). 
29.3. ESERCIZI 223

29.3. Esercizi
Esercizio 29.3.1. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
3x2 + 2xy + y 2 + 2x + 4y + 1 = 0.
Esercizio 29.3.2. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
x2 + 2xy + 3y 2 + 5x + 5y + 6 = 0.
Esercizio 29.3.3. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
x2 − 2xy + y 2 − x + y − 1 = 0.
Esercizio 29.3.4. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
4xy + 5x + 6y = 0.
Esercizio 29.3.5. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
(x + y)2 + 2(x − y)2 − (x + 2y)2 − (2x + 1)2 = 0.
Esercizio 29.3.6. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
x2 + 2xy + 3y 2 + 12y + 18 = 0.
Esercizio 29.3.7. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
(x + y − 2)2 + (2x − y + 1)2 − 4 = 0.
Esercizio 29.3.8. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
(x + y − 2)2 + (2x − y + 1) − 4 = 0.
Esercizio 29.3.9. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equazione
x2 − 6 + 9 + 2x = 0.
Esercizio 29.3.10. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equa-
zione
2x2 + 8y 4 + 8xy + x + 2y + 4 = 0.
Esercizio 29.3.11. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equa-
zione
3x2 + 5y 2 + 8x − 8xy − 14y − 3 = 0
Esercizio 29.3.12. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equa-
zione
9x2 + 4y 2 − 12xy + 6x − 4y − 2 = 0
Esercizio 29.3.13. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equa-
zione
(x − y)2 + x2 + y 2 + 2 + 4x + 4y + 6xy = 0
Esercizio 29.3.14. Si dica che tipo di conica è quella rappresentata dalla seguente equa-
zione
(x+y)2 +(x−y)2 +(x+2y)2+(x−2y)2 +(x+2y+3)2+(x+2y−3)2 +(x−2y+3)2 +(x−2y−3)2 = 0

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