HEGEL E LO SCETTICISMO
3
l’Empirismo britannico di cui il principale esponente è David Hume 1 ,
considerato il principe degli scettici moderni.
In Prussia il rappresentante più illustre fu Gottlob Ernst Schulze,
consigliere di corte e professore a Helmstädt, che aveva pubblicato proprio
in quello stesso anno un voluminoso testo il cui titolo è Critica della
filosofia teoretica.
Hegel col suo scritto dà una recensione del testo di Schulze, ma
contemporaneamente allarga il discorso a tutto “lo Scetticismo moderno”
ed inoltre lo rapporta a quello antico.
Hegel inizia con l’affermare: «Otto anni addietro il Sig. Schulze si era
levato con gran rumore contro la filosofia kantiana, specialmente contro la
forma da essa raggiunta nella teoria della facoltà rappresentativa. Adesso
egli mette le mani sulla filosofia teoretica in genere, per piccicarvi il fuoco
con il suo scetticismo e bruciarla fino alle fondamenta»2.
Schulze prende in considerazione solo la filosofia teoretica speculativa,
escludendo dalla propria critica, ma escludendola totalmente, sia la parte
pratica sia la parte estetica. Ci è da attribuirsi, secondo Hegel, al metodo
usato da Schulze preso in prestito dalla psicologia empirica, esclusa
stranamente, per sua stessa ammissione dalla filosofia stessa. Per questo
motivo non si capisce affatto quale giudizio abbia Schulze della filosofia
pratica ed estetica e ci è segno già di notevole manchevolezza. In questo
modo Schulze si differenzia dallo Scetticismo antico di un Sesto Empirico,
che coerentemente prende in blocco tutta la filosofia (già distinta da
Aristotele in teoretica, pratica e tecnico-poietica) e la sottopone alla sua
critica corrosiva.
riferiscono, è, del resto da ben distinguere dallo scetticismo greco. Quello dell’Hume
pone a fondamento la verità dell’empirico, del sentimento, dell’intuizione; e muovendo
da essa combatte i principi e le leggi generali, per la ragione che non si giustificano
mediante la percezione sensibile. L’antico scetticismo era così lontano dal considerare
il sentimento e l’intuizione come principio di verità, che anzi si rivolgeva in “prima
1
«Lo scetticismo dell’Hume al quale le precedenti osservazioni principalmente si
2
HEGEL, Rapporto dello scetticismo con la filosofia, trad. it. Bari, Universale Laterza,
1984, p. 63.
4
linea” contro il sensibile (sullo scetticismo moderno paragonato all’antico, si veda il
“Giornale critico della filosofia”, pubblicato da Schelling e Hegel, 1802, vol. I, fasc.
1)» (HEGEL, Enciclopedia delle scienze filosofiche, trad. it. Bari, Biblioteca Universale
Laterza, 1994, p. 50).
Ecco, come conseguenza, la definizione di Schulze della filosofia
teoretica: «Scienza delle cause supreme ed incondizionate di tutto il
condizionato, della cui realtà noi già abbiamo certezza per altre vie» 3.
Queste altre vie sono quelle della conoscenza comune propria di quel
“momento” che Hegel nella Fenomenologia dello spirito (1807) denomina
“coscienza”, in cui tratta della certezza sensibile, della percezione e
dell’intelletto (Verstand). Un simile concetto di filosofia teoretica non pu
affatto accontentare Hegel, che non è neppure soddisfatto di quello
kantiano, che dal filosofo di Stoccarda è visto come “filosofia della
riflessione”, cioè del mero intelletto astratto (Verstand) in
contrapposizione alla ragione speculativa (Vernunft).
In proposito afferma: «Non è possibile concepire il razionale e la
speculazione in un modo più crudo; la filosofia speculativa viene
costantemente rappresentata come se insuperabile le giacesse innanzi la
comune esperienza, distesa a modo di ferreo orizzonte, nella forma
inamovibile della sua bassa realtà, e come se dietro ad esso lei volesse
ricercare le cose in sé del proprio orizzonte, sospettandone l’esistenza
quali montagne di una realtà altrettanto triviale che reggerebbe sulle spalle
quella prima realtà; il razionale, l’in sé, il Signor Schulze non riesce a
rappresentarlo se non come una roccia sotto la neve»4.
Hegel poi afferma che accanto alla pars destruens, per cui si tenta una
conoscenza di cose che esisterebbero al di fuori della nostra coscienza,
questo scetticismo vorrebbe proporre come pars costruens una filosofia
che non andrebbe oltre la coscienza. In proposito Hegel afferma: «Quel
che è dato nella e con la coscienza si chiama un fatto della coscienza; e di
conseguenza i fatti della coscienza sono l’innegabile realtà a cui occorre
3
Ibidem, p. 69.
4
Ibidem, p. 69.
5
riferire tutte le speculazioni filosofiche e ci che attraverso siffatte
speculazioni vi è da spiegare o da fare comprendere»5.
Hegel rimprovera a Schulze una scarsissima conoscenza dello
Scetticismo antico, in quanto quest’ultimo, è secondo Hegel, molto più
coerente; infatti gli scettici antichi mettevano “tra parentesi”, sospendendo
il giudizio, tutte le nostre conoscenze: non solo quelle razionali, ma anche
principalmente quelle empiriche. Hegel dimostra ci affermando: «Il fatto
che gli scettici definissero ogni percezione come mera parvenza, invece di
attribuirle certezza innegabile, ed affermassero che si doveva altrettanto
dire il contrario di ci che secondo la sua parvenza si è detto dell’oggetto,
e cioè dire altrettanto che il miele è amaro e che è dolce; – e la circostanza
inoltre, come spiega lo stesso Signor Schulze, che i dieci primi ed effettivi
tropi degli scettici si riferissero solo a questa incertezza delle percezioni
sensibili: tutto ci il Signor Schulze lo giustifica dicendo che già nei
primissimi tempi della filosofia speculativa le sensazioni sarebbero state
definite dai dogmatici come una apparenza, cui farebbe da fondamento una
cosa del tutto diversa, e che al fenomeno sarebbe stata attribuita una
corrispondenza con ci che si sarebbe dovuto trovare dietro ad esso come
cosa effettiva; la conoscenza mediante sensazioni sarebbe anzi stata da essi
affermata come una scienza dell’oggetto che giace nascosto dietro alle
sensazioni. E per quest’unico motivo gli scettici avrebbero attaccato le
dottrine dei dogmatici sulla certezza della conoscenza sensibile e negato
che mediante l’oggetto sensibile qualcosa di ci che dovrebbe trovarsi
dietro questo oggetto, si potesse attendibilmente conoscere come cosa vera
ed effettivamente per sé esistente»6.
Hegel commenta tutto ci , affermando l’assoluta infondatezza di questa
tesi di Schulze, in quanto: «Quando lo scettico diceva che il miele è tanto
amaro quanto dolce e così poco amaro come dolce, non vi si intendeva
nessuna cosa posta dietro al miele»7.
Hegel vuole rendere giustizia allo Scetticismo antico e contrapporlo a
quello “moderno”, che in realtà è altamente dogmatico nel “mettere in
5
Ibidem, p. 70.
6
Ibidem, pp. 74-75.
7
Ibidem, p. 75.
6
discussione” solo le conoscenze razionali e nel riconoscere “toutcourt”
solo la conoscenza sensibile come vera conoscenza, cosa che lo
Scetticismo antico non si è mai sognato di affermare. D’altra parte,
secondo Hegel, «senza la determinazione del vero rapporto dello
scetticismo con la filosofia, e senza la comprensione che lo scetticismo
stesso è unito nel modo più intimo con ogni vera filosofia, e che quindi vi
è una filosofia, la quale non è né scetticismo né dogmatismo, ma l’uno e
l’altro insieme, tutti i racconti e narrazioni e nuove edizioni dello
scetticismo non possono approdare a nulla»8.
Pertanto è compito della filosofia speculativa (col quale termine Hegel
amava definire la propria filosofia piuttosto che idealismo termine più
generico e consono a designare quella dei suoi contemporanei
postkantiani), sussumere in sé ogni posizione, sia dogmatica sia scettica,
nell’elevazione (Aufhebung) di entrambe.
Il Signor Schulze non ha preso in considerazione assolutamente ci : «È
del tutto incomprensibile come al Signor Schulze, specialmente attraverso
il suo occuparsi di Sesto Empirico, non sia venuta nemmeno in via
generale l’idea che oltre allo scetticismo ed al dogmatismo esista ancora
un terzo termine, cioè la filosofia»9.
Inoltre Hegel critica Schulze, perché non ha ben distinto lo Scetticismo
dalla filosofia della Nuova Accademia di Arcesilao e Carneade; in realtà
lo stesso Sesto Empirico distingueva lo Scetticismo e la Nuova
Accademia, che si limitava all’assioma per cui «tutto è incomprensibile».
Il Signor Schulze dà ad intendere che secondo Sesto Empirico la
dottrina di Arcesilao doveva essere distinta dallo Scetticismo, in quanto in
Arcesilao ed in Carneade anche l’assioma stesso, secondo cui «tutto è
incerto», doveva venire a sua volta dichiarato incerto.
In realtà è tutto all’opposto storicamente secondo Hegel; infatti gli
scettici si differenziavano proprio nell’affermare il superamento della
formulazione asseverativa con la “non affermazione” (epochè). In
proposito: «L’unica distinzione che Sesto ritiene ancora possibile, poggia
dunque su un motivo precisamente opposto: secondo il Signor Schulze
8
Ibidem, p. 77.
9
Ibidem, p. 81.
7
questa Accademia sarebbe stata dichiarata da Sesto troppo scettica, mentre
Sesto in effetti, come abbiamo visto, la considera troppo poco scettica»9.
A sostegno di ci Hegel riporta un aneddoto, con cui Sesto Empirico
avrebbe criticato Arcesilao per la sua incongruenza: egli sarebbe stato un
pirroniano soltanto a parole, ma in realtà un dogmatico. Arcesilao, infatti,
avrebbe adoperato il metodo aporematico soltanto per vagliare i propri
discepoli sulle loro attitudini per l’apprendimento della filosofia platonica
ed ai migliori di questi invece avrebbe insegnato la filosofia del grande
discepolo di Socrate.
Il Signor Schulze non ha preso per nulla in considerazione questo
rapporto tra la Nuova Accademia e lo Scetticismo con la filosofia
platonica, dimenticando che Platone era da taluni considerato un
dogmatico, da altri uno scettico, come riporta Diogene Laerzio.
Sesto Empirico considerava Platone un dogmatico in quanto “dicendo
che esistono le idee, una provvidenza, la preferibilità di una vita virtuosa
di fronte ad una viziosa, egli o dogmatizzerebbe, riconoscendole come
esistenti, oppure dando l’assenso alle ipotesi più convincenti
(pizanoterois), egli con il fatto di preferire per la convinzione o per la non
convinzione una qualche cosa ad un’altra si escluderebbe dal novero degli
scettici”10.
Sesto Empirico si avvale dell’autorità delle affermazioni di Enesidemo
e di Menodoto nell’asserire la dogmaticità di Platone. Inoltre Sesto
Empirico nel suo scritto Contro i dogmatici criticherebbe il dogmatismo
anche platonico come filosofia dell’intelletto, ma non toccherebbe
secondo Hegel la ragione.
Sesto Empirico in ci è lontano assai dallo scetticismo di Schulze, che
è dogmatico, come è dogmatico il suo contemporaneo Krug 11 , filosofo
9
Ibidem, p. 84. Sulla Nuova Accademia di Arcesilao e Carneade ed il possibile
rapporto con lo “Scetticismo moderno” di Hume vedi: Nicolao MERKER, Introduzione
al “Rapporto dello scetticismo con la filosofia” (op. cit., nota 29, p. 22).
10
Ibidem, pp. 85-86.
11
In una famosa nota dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche Hegel sarcasticamente
dice: «Il Signor Krug, in questo senso del tutto ingenuo – ed ingenuo anche per altri
rispetti –, ha sfidato una volta la Filosofia della natura a fare il giuoco di destrezza di
dedurre nient’altro che la sua penna da scrivere. – Gli si sarebbe potuto forse dare la
8
kantiano: «Lo scetticismo schulziano si allea con il più crudo dogmatismo,
e nello stesso tempo il dogmatismo di Krug porta in sé quello
scetticismo»12.
Si prospetta una linea di continuità tra lo Scetticismo moderno di
Schulze e il kantismo di Krug, ma in realtà i “bersagli grossi” che Hegel
vuole colpire sono Hume e Kant, che nell’Enciclopedia delle scienze
filosofiche saranno collocati all’interno della stessa posizione del pensiero
rispetto all’oggettività, cioè la seconda (suddivisa in Empirismo e filosofia
critica); la prima è per Hegel rappresentata dal pensiero ingenuo e dalla
vecchia metafisica propria di tutta la filosofia prekantiana (tranne
l’Empirismo) e la terza rappresentata, invece, da Jacobi: filosofo fideista,
sostenitore del “sapere immediato”.
Lo scetticismo di Sesto Empirico colpisce in realtà proprio la filosofia
dell’intelletto ed anche l’Empirismo, di cui la prima è il logico
compimento. Sesto espone le massime dello Scetticismo in 17 tropi di cui
dieci appartenevano già agli scettici precedenti.
Tutti questi argomenti sono rivolti contro il dogmatismo della
coscienza comune. I primi dieci sono rivolti verso l’incertezza di tutte le
cose e suggeriscono la necessità della sospensione del giudizio (epochè)
su ogni nostra conoscenza; l’incertezza deriva dalla diversità:
1. Degli animali
2. Degli uomini
3. Della costituzione dei sensi
4. Delle circostanze
5. Delle posizioni, distanze e luoghi
6. Delle mescolanze (per cui ai sensi non si manifesta nulla
in manierapura)
7. Delle diverse grandezze e composizioni degli oggetti
9
8. Del rapporto di ogni cosa ad un’altra
9. Della frequenza o rarità per cui qualcosa accade
10. Della cultura, dei costumi, delle leggi, delle credenze
mitiche edei pregiudizi
Il tratto comune che caratterizza tutti questi tropi secondo Sesto è il
fatto che essi si riducono, secondo un triplice ordine, a:
a) Diversità del soggetto conoscente
b) Diversità dell’oggetto conosciuto
c) Confluenza del soggetto conoscente con l’oggetto conosciuto.
Questi dieci tropi sono propri della scepsi più antica (Pirrone).
Agrippa vissuto cinquecento anni dopo Pirrone ne ha aggiunti altri
cinque; i due restanti sono ancora posteriori.
Prendendo in considerazione i dieci tropi fondamentali che abbiamo
enumerato, essi sono rivolti secondo Hegel contro il dogmatismo della
coscienza comune, ma anche dell’Empirismo britannico e della filosofia
dell’intelletto di Kant, perché questi tropi mettono in dubbio l’apparenza
e l’intelletto legato ad essa, che è reso vacillante e deve sospendere il
giudizio (epochè) affinché, attraverso la ragione, l’uomo possa acquisire
l’imperturbabilità (atarassia).
In proposito Hegel porta l’esempio di Pirrone: «È l’imperturbabilità
che Pirrone, trovandosi a bordo di una nave scossa da violenta tempesta,
ebbe ad esemplificare ai suoi compagni impauriti, con l’indicare loro un
maiale che mangiava tranquillamente, e dal momento che l’uomo saggio
doveva appunto riuscire a trovare un siffatto stato di atarassia. Questo
scetticismo ha dunque il suo lato positivo esclusivamente nel carattere, e
nella sua perfetta imperturbabilità nei confronti della necessità della
natura»13.
L’atarassia, cioè l’imperturbabilità a cui lo scettico si educava,
consisteva nel fatto che nessun turbamento (tarachè) nemmeno il più
grande pu essere temibile per l’uomo perché l’effetto non cade mai su di
lui, che soffre senza volere, ma cade o sulla natura, alla quale nulla importa
dell’uomo e di ci che stabilisce, o su quell’uomo che si attira il male con
le sue proprie opinioni e volontà. Per questo motivo lo scetticismo non pu
13
Ibidem, pp. 90-91.
10
rimanere estraneo a nessuna filosofia: «Alla luce di questo lato positivo
diventa ugualmente chiaro che questo scetticismo non rimane estraneo ad
alcuna filosofia»14.
Hegel nota poi come l’apatia dello Stoicismo e l’atarassia dello
Scetticismo siano in sintonia tra loro e che l’opposizione, che in seguito vi
sarà fra le due scuole, sia data più dal fraintendimento reciproco.
I successivi cinque tropi16 (e gli ulteriori due) che vorrebbero affinare le
armi dello scetticismo contro la conoscenza filosofica in realtà “colpiscono
a morte” il dogmatismo e la filosofia dell’intelletto (Verstand), ma non la
filosofia speculativa fondata sulla ragione (Vernunft): «Questi tropi,
insuperabili per il dogmatismo, Sesto li ha con molta fortuna utilizzati
contro di esso, specialmente contro la fisica, una scienza
16
«Il primo di questi tropi dell’epoca è quello della diversità, ma ormai non più degli
animali o degli uomini, come nei primi dieci, – bensì delle opinioni comuni e delle
dottrine dei filosofi, viste nel loro contrasto interno e reciproco, è un tropo su cui gli
scettici si mostrano sempre molto prolissi, continuando essi ad individuare e ad
introdurre diversità dove farebbero meglio a vedere delle identità. Il secondo è quello
dell’infinito. Sesto lo adopera con la stessa frequenza con cui in tempi più moderni esso
è comparso come tendenza alle dimostrazioni fondanti; si tratta del noto argomento
secondo il quale per dare una dimostrazione fondante di una cosa si richiede sempre
una prova ulteriore e poi per questa un altro fondamento ancora, e così via all’infinito.
Il terzo tropo, enumerato già nei dieci tropi arcaici, è quello del rapporto. Il quarto
riguarda invece le ipotesi, ed è rivolto contro i dogmatici i quali, per non essere spinti
all’infinito, presuppongono semplicemente qualcosa come elemento primo ed
indimostrato; gli scettici imitano subito questo procedimento, ponendo con il
medesimo diritto, e senza dimostrazione, il contrario di quel presupposto. Il quinto è il
diallele, che entra in vigore quando ci che deve servire come dimostrazione di qualche
altra cosa richiede poi a propria prova appunto ci che attraverso esso si sarebbe dovuto
provare. – Due altri tropi ancora, del cui uso Sesto riferisce, mentre Diogene non li
menziona, e dei quali si vede chiaramente che non rappresentano nulla di nuovo, ma
sono soltanto argomenti precedenti messi in una forma più universale, contengono
l’avvertimento che ci che viene compreso mediante concetti, lo si comprende o di per
sé oppure in base ad altro, e concludono che non lo si comprende di per sé poiché c’è
discordia circa la fonte e l’organo della conoscenza, vale a dire che non v’è accordo se
siano i sensi o l’intelletto a costituire quella fonte e quell’organo, mentre non lo si pu
14
Ibidem, p. 94.
11
nemmeno comprendere in base ad altro poiché in questo caso si ricadrebbe nel tropo
dell’infinito oppure in quello del diallele» (ibidem, pp. 96-97). Poco più avanti Hegel
afferma: «Contro il dogmatismo delle finitezze non esistono armi più adatte, ma contro
la filosofia sono completamente inutili» (ibidem, p. 97). Il dogmatismo viene poi
definito dal filosofo tedesco: «…l’essenza del dogmatismo consiste nel porre come
assoluto un finito, affetto da opposizione (per esempio il primo soggetto, o il primo
oggetto oppure, nel dualismo, la dualità di fronte all’identità)» (ibidem, p. 97).
Si desume pertanto che anche la “filosofia dell’intelletto” di Kant (e di Krug) è, secondo
Hegel, una forma di dogmatismo.
la quale alla pari della matematica applicata, è il vero punto di partenza
della riflessione, dei concetti limitati e del finito, – mentre ovviamente lo
scettico moderno la ritiene una scienza che resiste ad ogni ragionevole
dubbio; e si potrebbe anzi affermare che la fisica antica era più scientifica
di quella moderna ed ha quindi offerto meno punti deboli allo scetticismo.
Applicabili contro il dogmatismo questi tropi hanno una natura razionale
perché contro il finito di esso mettono in campo l’opposto dal quale quello
astraeva, e ristabiliscono quindi l’autonomia; rivolti invece contro la
ragione, hanno come loro elemento peculiare la differenza pura da cui sono
affetti; ma ci che quest’ultima ha di razionale è già di per sé contenuto
nella ragione»15.
Hegel, infatti, intende la ragione come ragione dialettica, cioè che si
impadronisce della contraddizione presente nella realtà, ed in virtù del
principio di contraddizione, pu dominarla in quanto «ci che è razionale è
reale e ci che è reale è razionale», che è il principio primo della sua
filosofia.
Dopo avere ribadito la distinzione fra lo Scetticismo antico e quello
moderno16 Hegel prende in considerazione le critiche di Schulze a Locke,
Leibniz e Kant; infatti Schulze non ha preso in considerazione il pensiero
idealistico post-kantiano, a cui avrebbe riservato in futuro una critica
adeguata.
Hegel crede che la critica più interessante sia quella che Schulze rivolge
alla filosofia di Leibniz, in quanto il sistema di Locke ed anche quello di
Kant sono in linea di massima vicini alla posizione schulziana, che è
15
Ibidem, pp. 98-99.
16
Ibidem, pp. 102-103.
12
sostanzialmente quella di Hume. Hume, infatti, ha portato alle estreme
conseguenze la critica di Locke al concetto di sostanza, e, criticando il
principio di causalità, ritenendolo una semplice credenza (belief) fondata
sul sentimento (e non sulla ragione), ne ha fatto un principio puramente
soggettivo: il valore di questo principio è unicamente probabile, relativo e
contingente. In questo modo si sono potute mostrare le incongruenze di
Locke relative alla dimostrazione dell’immortalità dell’anima e
dell’esistenza di Dio (fondata su una prova cosmologica).
Per quanto riguarda Kant, la sua filosofia “dell’intelletto astratto” ha
limitato la conoscenza dell’uomo al campo dell’esperienza possibile, cioè
l’empiria, salvaguardando, per , il carattere di universalità e necessità dei
principi della conoscenza all’interno di essa.
Molto diversa è la posizione di Leibniz, che non si limita alla
conoscenza fenomenica, cioè sensibile, ma attraverso idee innate (virtuali)
permette la conoscenza intelligibile, cioè reale, del mondo. Questo nella
sua essenza è composto da monadi (centri di forza), sostanze semplici, che
non possono essere distrutte se non per annichilimento da parte di Dio.
Dio è poi, da Leibniz, provato attraverso rigorose dimostrazioni a priori
e a posteriori.
Ecco perché Leibniz viene criticato più aspramente da Schulze, in
quanto (pur in maniera ancora intellettualistica agli occhi di Hegel)
garantisce una metafisica che permette la conoscenza del mondo
(cosmologia razionale), dell’uomo (psicologia razionale) e di Dio
(teodicea).
In proposito Hegel afferma: «Un esempio di come questi argomenti
scettici vengono applicati a quei sistemi, lo ricaviamo dal modo in cui il
nostro autore combatte i concetti innati di Leibniz: dove la confutazione di
Leibniz si sviluppa come segue (vol. II, p. 100). “Dopo il generale avvio
che Leibniz ha dato al discorso con il suo affermare che il fondamento dei
giudizi necessari sta solamente nell’animo stesso, e l’intelletto quindi già
in maniera ‘a priori’ contiene conoscenze, si è certo ripetuto innumerevoli
volte che giudizi necessari possono derivare soltanto dallo stesso soggetto
conoscente; ma finora non è stata implicata nemmeno una delle qualità di
questo soggetto, mediante cui esso in modo speciale si qualificherebbe ad
essere la fonte di giudizi necessari, ed il fondamento di una tale
13
qualificazione non lo si è trovato nella semplicità, né nella sostanzialità, e
neppure nella facoltà conoscitiva di esso soggetto”.
Ma la semplicità e sostanzialità dell’anima sono forse qualità che
questo scetticismo ammette?»17.
Hegel dà sfoggio delle sue conoscenze, ma anche del suo sarcasmo,
criticando Schulze impietosamente: «Il nostro autore, come si vede,
prende i concetti innati nel loro senso più crudo possibile; secondo ci che
egli si immagina, un soggetto nasce con un bel pacco di cambiali in testa,
le quali sono riscuotibili in un mondo esistente all’esterno di quella testa:
ma resterebbe da vedere se questa banca poi le accetti o non le dichiari
invece tutte false; – oppure, altrimenti detto il soggetto nasce con un
mucchio di polizze del lotto nell’anima, delle quali non si saprà mai se
magari non siano tutte nulle, poiché non v’è alcuna estrazione di lotteria
che le possa realizzare»18.
Hegel dimostra, poi, che la posizione di Schulze è “a parole” critica
della filosofia di Locke e di Kant, ma in realtà è legatissima a Locke (pur
nel superamento attraverso Hume) e rispettosissima anche di Kant 19.
Concludendo, lo “Scetticismo moderno” è molto dogmatico rispetto a
quello antico (che è altamente speculativo, come si è detto), poiché si serve
in ultima istanza della psicologia empirica per criticare la filosofia 20. Ci è
inammissibile perché la psicologia empirica è solo una scienza probabile
e contingente, che ha bisogno come fondamento della stessa filosofia.
Hegel darà questo fondamento sicuro, attraverso le sue opere maggiori, in
particolare modo nella Enciclopedia delle scienze filosofiche (1817) ci
fornirà una nuova psicologia filosofica, all’interno della sezione dedicata
alla filosofia dello spirito, come spirito soggettivo2122.
17
Ibidem, pp. 114-115.
18
Ibidem, p. 116.
19
Ibidem, pp. 125-126.
20
Ibidem, pp. 126-127.
21
HEGEL, Enciclopedia delle scienze filosofiche, op. cit., pp. 429-474.
22
Cfr. HEGEL, Fenomenologia dello spirito, trad. it. Firenze, Nuova Italia, 1979, pp.
14
Il filosofo di Stoccarda dopo avere trattato dello Scetticismo in questa
opera giovanile (e averlo distinto da quello moderno) ritornerà più volte
su questo tema anche nelle opere della maturità come la Fenomenologia
dello spirito (1807), la Scienza della logica (1812-1816), l’Enciclopedia
delle scienze filosofiche (1817) e naturalmente nelle Lezioni sulla storia
della filosofia, pubblicate postume.
Nella Fenomenologia dello spirito (1807) ritroviamo lo Scetticismo
nella sezione sull’autocoscienza, in cui si presenta come una figura posta
fra l’autocoscienza stoica e la figura (celeberrima) della “coscienza
infelice”. A cospetto dello Stoicismo, in cui la libertà propria del pensiero
è meramente astratta, lo Scetticismo realizza la libertà, invece, come
qualcosa che pu sempre dileguarsi, essendo soggettiva 24.
Lo Scetticismo, infatti, mostra come l’autocoscienza, sia in preda ad
antitesi “spietate” il cui risultato è la figura della “coscienza infelice”, in
cui vi è lo sdoppiamento della coscienza, in un’altra ipostatizzata, che deve
essere riunificata dalla ragione23. Solo la ragione (Vernunft) pu sanare ogni
scissione, che l’intelletto (Verstand) lascia aperta e irrisolta.
Nella Scienza della logica (1812-1816) nella Logica dell’essere, ma
soprattutto nella Logica dell’essenza (nella sezione sulla parvenza) viene
trattato lo Scetticismo anche in rapporto all’Idealismo post-kantiano.
Questa trattazione mostra l’apprezzamento di Hegel per le antinomie
scettiche, come propedeutica alla ragione dialettica. Solo questa, dà e
conferisce l’unità “a cui aspirano” le antinomie. Nella Logica dell’essere il
rapporto preso in considerazione da Hegel è quello fra finito, “cattivo
infinito” e infinito: «L’infinito (nel senso ordinario della cattiva infinità) e
il progresso all’infinito, come il dover essere, sono l’espressione di una
contraddizione, che si dà come la soluzione e il supremo.
Questo infinito è un primo sollevamento della rappresentazione
sensibile sopra il finito nel pensiero, il quale, per , ha soltanto il contenuto
del nulla, di ci che è espressamente posto come non essere. È una fuga al
di sopra del limitato, una fuga che non si raccoglie in sé, e non sa riportare
23
Ibidem, pp. 184-185.
15
il negativo al positivo. Questa riflessione incompiuta ha intieramente
dinanzi a sé ambedue le determinazioni del vero infinito: l’op-
24
«Così la parvenza è il fenomeno dello scetticismo, ovvero anche l’apparenza
dell’idealismo è una tale immediatezza, la quale non è un qualcosa o una cosa, né in
alcun modo un essere indifferente che sia fuor della sua determinatezza e della sua
relazione al soggetto. Lo scetticismo non si permetteva di dire: è. Il moderno idealismo
non si permise di riguardare le cognizioni come sapere della cosa in sé» (ibidem, p.
440). Sul rapporto tra filosofia scettica e la filosofia di Leibniz, di Kant, ma anche di
Fichte e degli altri idealisti post-kantiani cfr. ibidem, pp. 440-441.
16
Nell’Enciclopedia, infatti, Hegel afferma decisamente che i tropi
scettici sono speculativi, nel senso che possono essere il vade mecum per
pervenire alla ragione (Vernunft). Questa pu sussumerli e giustificarli,
attraverso la logica della contraddizione (fondata sul principio di
contraddizione): la dialettica.
La dialettica è superiore sia alla logica tradizionale (logica generale),
sia anche a quella trascendentale kantiana, in quanto non è legata ad una
concezione meramente formale propria dell’intelletto astratto (Verstand).
La ragione non si ferma alla dialettica dello scetticismo 25 , perché
quest’ultima non è altro che un esercizio, appunto, dell’intellet-
HEGEL, Scienza della logica, trad. it. Bari, Biblioteca Universale Laterza, 1994, pp.
26
154-155.
to astratto. Le antinomie scettiche sono solo il lato negativo della vera
dialettica speculativa, che le risolve compiutamente26.
Sullo Scetticismo antico Hegel ritorna nelle sue Lezioni di storia della
filosofia pubblicate dai suoi discepoli. La trattazione di questa corrente di
pensiero è piuttosto estesa, anche se la posizione di Hegel non è cambiata:
ogni filosofia intellettualistica ha in sé in nuce questo lato negativo, che è
rappresentato dallo Scetticismo antico, invece un sistema filosofico
speculativo (come Hegel riteneva il proprio) non è per nulla inficiato dallo
Scetticismo e dalle sue antitesi corrosive; infatti secondo Hegel il razionale
non pu avere contrario, perché sussume esso stesso i contrari, cioè le
antinomie prodotte dalla riflessione intellettualistica formale ed astratta
25
«Lo scetticismo, in quanto scienza negativa applicata a tutte le forme del conoscere,
ci offrirebbe come un’introduzione per esporre la nullità di siffatti presupposti. Ma
sarebbe una via non solo inamena, ma anche superflua, perché quello dialettico è anche
un momento essenziale della scienza affermativa, come presto sarà notato» (H EGEL,
Enciclopedia delle scienze filosofiche, op. cit, paragrafo 78, p. 95).
26
«La dialettica forma, dunque, l’anima motrice del progresso scientifico; ed è il
principio solo per cui la connessione immanente e la necessità entrano nel contenuto
della scienza: in essa soprattutto è la vera, e non estrinseca, elevazione sul finito»
(HEGEL, ibidem, paragrafo 81, p. 97).
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ma, che da quest’ultima, non possono essere risolti né superati
(Aufhebung).
Nell’apertura alle Lezioni il giudizio di Hegel sullo Scetticismo antico
è molto positivo: «Lo scetticismo port a compimento la concezione della
soggettività d’ogni sapere, col sostituire in generale nel sapere in luogo
dell’“essere” l’espressione “parere”. Questo scetticismo appare
certamente come un che veramente imponente, di fronte al quale gli
uomini provano grande rispetto. In tutti i tempi, ed oggi ancora, esso è
stato considerato il più pericoloso, anzi l’invincibile avversario della
filosofia, essendo esso l’arte di dissolvere tutto ci che è determinato e di
mostrarne la nullità. Sembra quasi ch’esso venga considerato in sé
insuperabile e agli individui non rimanga se non scegliere fra esso e una
filosofia positiva, dogmatica»27.
Hegel poi dimostra, come in realtà, lo Scetticismo antico si rivolga
contro il pensiero astratto dell’intelletto finito: «Più precisamente, tra
scetticismo e filosofia c’è questo rapporto, che il primo è la dialettica
d’ogni determinato. Di ogni rappresentazione del vero si pu dimostrare la
finitezza, giacché essa contiene in se stessa una negazione, quindi una
contraddizione. Quello che comunemente vien chiamato universale,
infinito, non si sottrae a questa sorte; infatti l’universale, che si
contrappone al determinato e l’infinito, che si contrappone al finito, non
sono che un lato, quindi soltanto un che determinato. Lo scetticismo si
volge adunque contro il pensiero intellettualistico, che fa delle differenze
determinate un ultimo, un essere. Invece il concetto logico è esso
medesimo questa dialettica dello scetticismo: infatti questa negatività,
insita nello scetticismo, è necessaria anch’essa alla vera conoscenza
dell’idea»28.
La filosofia speculativa, cioè il pensiero di Hegel, riconosce in sé come
necessario momento il “travaglio del negativo” a cui lo Scetticismo antico
per si arresta, ma che è pur sempre speculativo. La differenza fra la
27
HEGEL, Lezioni sulla storia della filosofia, trad. it. Firenze, Nuova Italia, 1992, 2, p.
502.
28
Ibidem, pp. 503-504.
32
Ibidem, p. 504.
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filosofia speculativa di Hegel e lo Scetticismo antico sta dunque in ci : «…
che gli scettici s’arrestano al risultato come a un negativo: “questo o
quest’altro reca in sé una contradizione, quindi si scioglie, e non c’è nulla
da fare con esso”. Senonché questo risultato, in quanto puramente
negativo, è anch’esso a sua volta, una determinazione unilaterale, di contro
al positivo; cioè, lo scetticismo si comporta soltanto come intelletto
astratto. Esso misconosce che questa negazione è a un tempo in se stessa
un determinato contenuto affermativo; infatti essa, come negazione della
negazione, la negatività riferentesi a se medesima, è, più precisamente,
l’affermazione infinita. Questo è, del tutto astrattamente, il rapporto della
filosofia con lo scetticismo. L’idea, come idea astratta, è la quiete,
l’inerzia; è vera idea solo in quanto si comprende come viva. Il che accade
in quanto è in sé dialettica, affin di superare quella pigra quiete e andare
incontro al mutamento»32.
Solo la dialettica, pertanto, pu superare, secondo il filosofo di
Stoccarda, le istanze pur forti dello Scetticismo antico.
Hegel ritorna, anche nelle Lezioni, sul rapporto tra lo Scetticismo antico
e quello moderno, “quasi” senza modifiche rispetto allo scritto del 1802,
anzi ribadendo sinteticamente le tesi esposte in quello scritto giovanile 29.
Ritornando allo Scetticismo classico, dopo avere esposto il pensiero
degli scettici, soffermandosi prima sui tropi antichi, poi su quelli più
recenti di Sesto Empirico, Hegel dà di Sesto un giudizio particolarmente
positivo: «Uno dei più celebri Scettici, del quale possediamo ancora in
massima parte le opere e lo scrittore per noi di gran lunga il più importante
intorno allo Scetticismo, in quanto ci porge ampie esposizioni di questo
modo di filosofare, è per Sesto Empirico, circa la vita del quale
disgraziatamente sappiamo poco o nulla»30.
Precedentemente ho detto “quasi” senza modifiche, perché la forza
degli argomenti di Sesto è ritenuta da Hegel tale da mettere in crisi tutti i
sistemi filosofici, compresi quello kantiano e fichtiano, e (novità rispetto
29
Ibidem, pp. 504-506.
30
Ibidem, p. 512.
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allo scritto giovanile del 1802)31 tutti quelli idealistici, compreso (anche se
non è citato testualmente) quello dell’ex amico e collaboratore, ma ormai
nemico ed avversario Schelling, oltre a quelli dei vari Reinhold, Beck, e
Maimon: «Contro tutte queste filosofie dogmatiche, non esclusi il
criticismo e l’idealismo, i tropi scettici hanno la forza negativa di
dimostrare che non è in sé ci che esse affermano essere l’in sé. Infatti
questo in sé è un determinato e non pu resistere alla negatività, al suo
proprio superamento. Fa onore allo Scetticismo, l’aver avuto codesta
coscienza del negativo, l’aver pensato in maniera così determinata le
forme del negativo»32.
Importante per è il fatto che lo Scetticismo antico di Sesto oltre a non
inficiare la filosofia speculativa di Hegel, secondo il filosofo di Stoccarda,
non colpisca nemmeno la filosofia di Aristotele, già considerato da Hegel
come «… un uomo a cui nessuna età pu porre a fianco l’uguale»33.
La venerazione di Hegel per Aristotele è tale da ritenere lo Stagirita
l’unico vero filosofo suo precursore34.
Sull’inefficienza degli strumenti dialettici di Sesto nei confronti della
filosofia aristotelica, Hegel afferma: «Sesto Empirico (Adv. Math II, pp.
310-312), per esempio, arriva così all’idea speculativa circa la ragione, la
quale, come pensiero del pensiero, concepisce se stessa e nella sua libertà
è quindi presso di sé. Abbiamo incontrato questa idea in Aristotele (pp.
308, 312) per confutarla, Sesto argomenta nel modo seguente: «La
ragione, che concepisce, è o il tutto, oppure soltanto una parte». Ma è
proprio del modo di saper lo speculativo, che oltre l’“ooppure”, ci sia un
terzo: esso è un “tanto-quanto” e un “né-né”. Se la ragione, in quanto
31
Hegel aveva già preso in considerazione nella Scienza della logica (HEGEL, op. cit.,
pp. 440-441) questo rapporto, anche se il senso del suo discorso era tale da
“apparentare” lo Scetticismo antico e le filosofie moderne come “due facce opposte
della stessa medaglia”. Nelle Lezioni il fine del Filosofo è, dunque, diverso.
32
HEGEL, Lezioni sulla storia della filosofia, op. cit., p. 541.
33
Ibidem, p. 275.
34
Cfr. supra L’interpretazione hegeliana di Aristotele, cap. II. Hegel ambiva a diventare
“l’Aristotele dei tempi moderni” ma per qualcuno (Ludwig Feuerbach) è stato soltanto
il Proclo tedesco” (cfr. FEURBACH, La Filosofia dell’avvenire, trad. it. Bari, Biblioteca
Filosofica Laterza, 1994, p. 186).
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concepisce, è il tutto, non resta nulla per il concepito. Se la ragione che
concepisce è soltanto una parte, che concepisce se stessa, questa parte in
quanto concepisce o è a sua volta il tutto, e allora di bel nuovo non resta
nulla per il concepito, o ci che concepisce è una parte nel senso che il
concepito sia l’altra, e allora esso non concepisce più se stesso”, ecc. Ma
appare evidente, in primo luogo, che in quest’argomentazione non si ha
altro se non che lo Scetticismo qui, nel rapporto del pensarsi in sé del
pensiero, introduce la banale categoria del rapporto tra tutto e parti,
secondo il comune modo di vedere intellettualistico, che non c’è in
quell’idea sebbene già nelle cose finite il tutto sia formato per l’appunto
da tutte le parti, e queste parti costituiscano il tutto, cosicché parti e tutto
sono identici»35.
La risposta di Hegel è perentoria e categorica, e dimostra come la
filosofia speculativa non sia toccata affatto dallo Scetticismo antico, né
tantomeno da quello moderno, ma che supera le istanze di entrambi,
riunendole in un’unità qualitativa dinamica, già apparsa in nuce nel solo
Aristotele: «La ragione comprende se stessa per l’appunto come il tutto
comprende le sue parti, se lo si prende nel suo esatto significato
speculativo, e solo in codesto senso potrebbe parlarsi qui di questo
rapporto. Invece dato il modo con cui s’esprime Sesto, che non c’è niente
all’infuori del tutto, i due lati, il tutto e le parti, persistono l’uno di fronte
all’altro come diversi; anche nello speculativo i due sono, per vero direi
diversi, ma sono insieme anche non diversi: l’esser altro, ossia diverso, è
ideale. Fuori dunque del tutto esiste certamente anche altro, e cioè esso
medesimo come molteplicità delle sue parti»36.
Pertanto Hegel riesce anche nell’arduo compito di superare lo
Scetticismo antico (e naturalmente anche il cosiddetto Scetticismo
moderno, meno profondo dell’altro) e di sussumerlo nella propria filosofia
speculativa, in cui sono compresi tutti i sistemi filosofici precedenti in
un’unità totalizzante ed organica.
35
HEGEL, Lezioni sulla storia della filosofia, op. cit., pp. 545-546.
36
Ibidem, pp. 546-547.
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Questa filosofia è assai difficile da scalfire37 e rappresenta il punto più
alto del Logos dell’Occidente, cioè della ragione raziocinante, che come
“spirito apollineo” sarà criticata da Nietzsche e da Heidegger, i quali
invece intenderanno “il logos” nel senso presocratico di linguaggio.
37
Contro questo sistema “perfetto” l’unica “arma” possibile è quella di rifiutarne i
presupposti, cioè i principi, perché come ogni filosofia ne possiede anch’essa. Questi
sono: 1. Ci che è razionale è reale e ci che è reale è razionale; 2. Il principio di
contraddizione; 3. L’Assoluto è l’unica e vera realtà.
Inoltre bisognerebbe mettere in discussione la categoria portante del sistema hegeliano:
quella di necessità; si potrebbe fare ci sostituendola con quella di possibilità come farà
storicamente il “padre” dell’Esistenzialismo contemporaneo, ma vissuto nel periodo
del massimo fulgore dell’Hegelismo ottocentesco: Sören Kierkegaard. Sulle sue orme
si muoverà soprattutto Martin Heidegger, che in particolar modo nella sua prima fase
di pensiero (Essere e tempo del 1927 e Kant e il problema della metafisica, 1929, opere
che rappresentano il culmine di questa fase) si rifarà anche e soprattutto a Kant, “il
filosofo della finitezza”, tanto criticato da Hegel.
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