IL CANTUS FIRMUS
NELLA POLIFONIA
Atti del convegno internazionale di studi
Arezzo, 27-29 dicembre 2002
Arezzo - 2005
SOMMARIO
IAIN FENLON
Costanzo Festa and the Missa Ducalis ” 15
FRANCESCO FACCHIN
Uso del cantus firmus tra pratiche “fiamminghe” e
“italiane” ” 29
MARCO GOZZI
Cantus firmus per notulas plani cantus:
alcune testimonianze quattrocentesche ” 45
ANTONIO ADDAMIANO
Imitatio, aemulatio e traditio in alcune Missae carminum
tra Quattro e Cinquecento ” 89
ANTONIO DELFINO
Scrittura a tre voci e cantus firmus nel tardo Cinquecento:
note a margine di un Agnus Dei di Pietro Vinci ” 121
RODOBALDO TIBALDI
Reminiscenze Palestriniane? La messa Ecce sacerdos
magnus di Vincenzo Pellegrini ” 141
5
RODOBALDO TIBALDI
Reminiscenze palestriniane?
La messa Ecce sacerdos magnus di Vincenzo Pellegrini
1
Due mottetti sono in due parti; si deve inoltre aggiungere il concerto per Basso e continuo Sub
tuum praesidium di Francesco Lucino, vice maestro di cappella nel duomo di Milano e figura
piuttosto importante nel panorama della vita musicale milanese nei primi decenni del Seicento.
2
Cfr. GIUSEPPE RADICIOTTI, La cappella musicale del duomo di Pesaro (sec. XVII-XIX), «La
cronaca musicale», XVIII, 1914, pp. 43-48 e 65-75: 43-44, con trascrizione completa delle due
lettere conservate nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro, Monumenti Rovereschi, tomo XVII,
pp. 178 e 198. Desidero ringraziare la Biblioteca Oliveriana di Pesaro per avermi fatto avere
una fotocopia del saggio.
3
Parnassus Musicus Ferdinandeus in quo musici nobilissimi, qua suavitate, qua arte prorsus
admirabili er divina ludunt: 1.2.3.4.5. vocum. A Joanne Baptista Bonometti bergomate Sere-
nissimi Ferdinandi Archiducis Austriae etc. musico congestus, eidemque Serenissimo in grati
animi symbolum dicatus et consecratus, Venezia, Giacomo Vincenti, 1615 (RISM 161513).
4
Seconda aggiunta alli concerti raccolti dal Molto Reverendo Don Francesco Lucino, a due,
tre, e quattro voci, di diversi eccellenti autori, novamente raccolta, et data in luce da Filippo
Lomazzo, con una Messa, due Magnificat, le Litanie della Beata Vergine, e dodici canzoni per
sonare, con la partitura per l’organo, Milano, Filippo Lomazzo, 1617 (RISM 16172). La tavo-
la si veda in Sartori 1617d.
141
RO D O BA L D O T I BA L D I
La stampa avvenne a Venezia per i tipi di Vincenti, non a Milano, che pure
poteva vantare diverse botteghe tipografiche (come Rolla, o i Tini, o Lomaz-
zo), a spese dell’autore8. Evidentemente, i contatti già avuti in precedenza per
le altre sue pubblicazioni lo spinsero a proseguire sui binari noti e consolidati.
Gli elementi di interesse sono molti, e vanno dalla mescolanza di stile
concertato e stile a cappella nel genere mottettistico (senza che sia sentita la
necessità di avvertirlo nel frontespizio9) alla presenza di una messa quasi a
5
Una di esse, Plorans ploravi a sei voci, sembra porre la doppia opzione «da concerto e da
capella», ma si tratta, in sostanza, di una composizione in stile osservato più che concertato.
6
«A 5 Da capella octavi toni Quest’è quel chiaro fonte», indicazione presente nei libri parte in
testa al brano ma non nell’indice. Si tratta di un Magnificat basato sul madrigale Questo è quel
chiaro fonte di Ippolito Baccusi, contenuto nell’antologia L’Amorosa Caccia de diversi eccel-
lentissimi musici mantovani nativi a cinque voci: novamente composta & data in luce, Vene-
zia, Angelo Gardano, 1588 (antologia ristampata dal medesimo editore nel 1592; cfr. RISM A
II 158814 e 159212).
7
L’unico esemplare pervenuto dell’opera si trova, fortunatamente completo, nella Biblioteca
Musicale «Santa Cecilia» di Roma (cfr. RISM A I: P 1181). Di questa messa, come di altre
composizioni tratte da questa stampa, esiste una copia manoscritta di pugno dell’abate Santini
ora conservata nella Diözesanbibliothek, Santini-Sammlung, di Münster.
8
Troviamo questa informazione in una lista delle «Opere di Vincenzo Pellegrini stampate a
Venezia a sue spese» posta alla fine di un memoriale presentato nel 1628 ai membri del Capi-
tolo della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Il memoriale è pubblicato in MARINA TOF-
FETTI, La cappella musicale del Duomo di Milano: considerazioni sullo status dei musici e sul-
l’evoluzione dei loro salari dal 1600 al 1630, in Barocco padano 2, atti del X Convegno inter-
nazionale sulla musica sacra nei secoli XVII-XVIII (Como, 16-18 luglio 1999), a cura di Alber-
to Colzani, Andrea Luppi e Maurizio Padoan, Como, AMIS, 2002, pp. 439-556: 487-488. Su
questo importante contributo avremo modo di tornare più avanti.
9
Non compare alcuna indicazione come «parte da capella, e parte da concerto», che, tra l’al-
tro, si trova di solito in rapporto alle messe e non ai mottetti.
142
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Il volume [la stampa del 1619] include una messa sull’antifona Ecce sacer-
dos magnus che forse fu quella eseguita in duomo nel maggio 1598 in
occasione della visita a Pesaro di papa Clemente VIII secondo quanto atte-
sta G.C. Tortorino, Historia dell’antichissima e fedelissima città di Pesaro
(1633), Ms. Oliv. 318, c. 41v (v. anche Ms. Oliv. 381, parte II, p. 120).11
10
Stranamente, l’esatta intitolazione della messa non compare in nessuno dei dizionari di nor-
male consultazione, come anche nella letteratura, e vi è sempre il rimando ad una generica
messa a sei voci; dico stranamente non tanto per la sua presenza sul frontespizio, quanto per-
ché l’intitolazione completa dell’opera è riportata sia nello schedario dell’URFM sia nel cata-
logo in rete dell’ICCU (Istituto Centrale per il Catalogo Unico), l’OPAC dell’indice SBN
(http://opac.sbn.it/index.html) e, una volta tanto, anche sul RISM (sappiamo bene come nella
gran parte dei repertori bibliografici si preferisca indicare il titolo in maniera abbreviata, omet-
tendo informazioni preziose per lo studioso; è cosa risaputa, e non è il caso di polemizzare ulte-
riormente). I soli riferimenti precisi a questa messa si trovano in FRANCO PIPERNO, Musiche e
musicisti attorno ai Della Rovere, in Pesaro nell’età dei Della Rovere, tomo II, Venezia, Mar-
silio, 2001 (Historica Pisauriensa, 3/2), pp. 375-402, e in ROBERT KENDRICK, The Sounds of
Milan, 1585–1650, Oxford, Oxford University Press, 2002, p. 265 e 279-281.
11
FRANCO PIPERNO, Musiche e musicisti attorno ai Della Rovere, in Pesaro nell’età dei Della
Rovere, tomo II, Venezia, Marsilio, 2001 (Historica Pisauriensa, 3/2), pp. 375-402: 396 nota 91.
Su questo importante avvenimento cfr. GIAN GALEAZZO SFORZA, Pesaro fine secolo XVI. Cle-
mente VIII e Francesco Maria II della Rovere, Venezia, Marsilio, 1980.
143
RO D O BA L D O T I BA L D I
12
La maggior parte delle edizioni pervenute hanno il 1604 come data indicata sul frontespi-
zio, e corrispondono al numero RISM P 1179. Al n. P 1178 sono poi indicati altri tre esem-
plari che avrebbero 1603, dei quali però uno (quello di Berkeley) privo del frontespizio, ed
uno, conservato presso la British Library, il quale, sempre secondo il RISM, avrebbe la data
corretta a mano in 1604; in realtà, è stato ricalcato a penna l’ultima I, evidentemente scarsa-
mente visibile nell’originale, di M DC IIII. Rimarrebbe da verificare l’esemplare bolognese
dell’archivio di San Petronio, ma è probabile che si tratti di un errore del catalogo di Bono-
ra. Al n. P 1177 vengono poi indicate delle Missae octo partim quatuor partim quinque voci-
bus concinendae conservate nel Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna; si tratta
sempre, in realtà, della medesima opera, a cui, in sostituzione del frontespizio originale per-
duto, è stato aggiunto un foglio con la suddetta intitolazione posticcia.
13
Sono le messe a quattro voci Ave Regina coelorum, Osanna Filio David, Estote Fortes in
Bello, Paribus vocibus e Brevis, e quelle a cinque Sine nomine, Quam pulchri sunt e Defunc-
torum.
14
Anche in questo caso colgo l’occasione per ringraziare la Biblioteca Oliveriana di Pesaro
per avermi inviato copia delle pagine della Historia di Tortorino relative all’avvenimento.
Quasi del tutto identico a quello riportato nel ms. 318 è il passo presente nel ms. 1997 della
Historia medesima pubblicato in SFORZA, Pesaro cit., doc. 7, pp. 88-95: 90 («[…] et ivi fece
un poco d’oratione cantandosi fra questo tempo dalla musica con l’organo «Ecce Sacerdos
magnus» […]»).
144
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Ms. Oliv. 318, 41r-v Mis. Oliv. 381, parte II, pp. 119-120
Giunta poi sua Beatitudine alla Porta del Giunto Sua Santità alla Porta del
Vescovato, discese da cavallo, et inginoc- Vescovato discesa da cavallo, et ingi-
chiata sopra un scabello, fece alquanto nocchiato sopra un / scabello fece
oratione, poi li Cardinali, et Ser:mo entran- alquanto oratione, poi con li Cardinali,
do in Chiesa, alla Porta di quella eravi il e Ser.mo entrando in Chiesa alla Porta di
Vescovo della Città, che presentando con quella vi si trovò il Vescovo della
la destra mano il spergolo al Papa, et con Città, che presentando al Papa il spar-
la sinistra tenendo l’acqua santa, il Pon- golo, che tenea nella destra mano, e
tefice diede l’acqua benedetta a tutti li con la sinistra il vaso dell’acqua santa;
Cardinali, et al Ser:mo /ch’era ivi con lui, il Pontefice diede l’acqua benedetta a
poi mise l’incenso nel turibolo, che li tutti li Cardinali, et Ser.mo, poi mise
presentò il Vescovo pluvialato, et andò l’incenso nel turribulo, che li presentò
alli gradi dell’Altar Maggiore, et ivi fece il Vescovo che era vestito col Pluviale,
un poco di oratione, cantandosi fra que- andando alli gradini dell’altar Maggio-
sto tempo dalla [sic] Musica con l’Orga- re ivi fece breve orazione, cantandosi
no Ecce Sacerdos Magnus la qual finita, in questo mentre su l’Organo da Musi-
il Vescovo dalla sinistra dell’Altare sotto ci l’antifona Ecce Sacerdos Magnus,
San Terenzo Protettore di Pesaro, disse terminata la quale, il Vescovo dalla
un oratione, che finita sua Beatitudine si sinistra dell’Altare sotto S. Terenzo
partì con li Cardinali, et Ser:mo, et alquan- Protettore di Pesaro disse una Oratio-
to Popolo, in poco numero entratovi per ne, che finita sua Beatitudine partì con
rispetto delle Guardie, che chinsero la li Cardinali, e Ser.mo, e quella poca
Chiesa, hornatissima in simile occasione gente entrata in poco nummero a causa
di un bello, et vago parato. delle guardine alla Porta, che chiusero.
Nei due passi viene descritta la solenne entrata del Papa nel duomo di
Pesaro, accolto dal Vescovo. Furono pronunciate delle orazioni, ma non si
celebrò la Messa, e fu eseguita soltanto l’antifona (così espressamente men-
zionata dal Ms. Oliv. 381) del Commune pontificum Ecce sacerdos magnus
dai musici che cantavano «su l’organo» forse in polifonia, forse no, come
saluto e acclamazione al pontefice che si era recato all’altare maggiore per
una breve orazione. La messa ebbe luogo soltanto l’indomani mattina, verso
mezzogiorno; fu però una liturgia del tutto privata, celebrata nella cappella di
corte alla presenza dei duchi e di alcuni pochi privilegiati15. Tra questi vi era
il Tortorino, che descrive puntualmente l’avvenimento, senza menzionare la
15
SFORZA, Pesaro cit., p. 34.
145
RO D O BA L D O T I BA L D I
presenza di una qualche musica; questa probabilmente non vi fu del tutto, dal
momento che la messa dovette essere assai breve:
Finita la messa Sua Santità diede il buongiorno alla Serenissima con bel-
lissima cortesia et a Sua Altezza, cioè la Serenissima, pigliò la mano et con
grandissima cortesia si licentiò da lei et subito si ritirò alla sue stanze ed
indi, a un quarto d’hora, andò a montare a cavallo, che fu alli 4 di maggio
a hore 13 del 1598, partendo con lo stesso ordine col quale arrivò […]16
16
SFORZA, Pesaro cit., doc. 7 p. 93.
17
Cfr. PIER PAOLO SCATTOLIN/AUSILIA MAGAUDDA-DANILO COSTANTINI, voce «Pellegrini» in
The New Grove’s Dictionary of Music and Musicians, second edition, ed. by Stanley Sadie, 29
voll., London, Macmillan, 2001, vol. 19, pp. 209-210: 209.
18
Pesaro, Archivio del Duomo, Libro de’ Risoluzioni capitolari 1594-1614, foglio inserito
prima del f. 1; l’interessante documento è citato in KENDRICK, The Sounds of Milan cit., p. 424
nota 62.
19
Cfr. KENDRICK, The Sounds of Milan cit., p. 265.
146
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
più importante (se ne erano già andati musicisti come Donati o Barbarino,
mentre Zacconi poteva vantare solo un’opera teorica e nessuna stampa musi-
cale) e certamente prediletto dalla famiglia ducale;20 poteva quindi risultare
ovvia e scontata la scelta di rivolgersi a lui come compositore in occasioni
importanti. Al di là dei confini rovereschi, però, era probabilmente un illustre
sconosciuto, almeno come musicista; eppure, a seguito della morte di Giulio
Cesare Gabussi, il 19 dicembre 1611 venne nominato maestro di cappella del
duomo di Milano per intervento diretto di Federico Borromeo presso i cano-
nici milanesi.21 La cosa dovette parere assai strana, anche perché non si hanno
notizie sicure di suoi precedenti incarichi di tal genere, i canonici milanesi
cedettero solo per le pressioni del loro vescovo,22 e in qualche modo gliela
fecero scontare; Pellegrini, come è noto, non ebbe mai vita facile a Milano, e
fu anche sul punto di essere licenziato nel 1625 (ma non lo fu) per le condi-
zioni in cui era precipitata la cappella musicale e di cui era ritenuto, a torto o
a ragione, il principale responsabile.23 Non si può certo escludere che la Missa
Ecce sacerdos magnus, svincolata da una qualsiasi occasione reale, avesse
voluto essere una sorta di biglietto da visita delle capacità del compositore
pesarese, magari in previsione di una chiamata da un’altra istituzione musi-
cale dietro ‘sollecitazione’ di Francesco Maria della Rovere; ma, anche qui,
siamo solo e soltanto nel campo delle ipotesi. È senza dubbio vero che una
messa Ecce sacerdos magnus è solitamente collegata con un papa, ma non
20
A Livia, la seconda giovanissima moglie di Francesco Maria II, dedicò la sua prima opera a
stampa, le notevoli Canzoni de intavolatura d’organo fatte alla francese di Vincenzo Pellegri-
ni canonico di Pesaro novamente da lui date in luce, & con ogni diligenza corrette. Libro
primo, Venezia, Vincenti, 1599. Nel maggio 1621 fu poi presente alle celebrazioni per le nozze
di Federico Ubaldo della Rovere con Claudia de’ Medici (cfr. SCATTOLIN/MAGAUDDA-COSTAN-
TINI, voce «Pellegrini» cit., p. 209; per la musica utilizzata durante quei festeggiamenti cfr.
PIPERNO, Musiche e musicisti cit., pp. 389-392).
21
Sulla cappella del Duomo di Milano rimandiamo soltanto al recentissimo e documentatissi-
mo contributo di Marina Toffetti già citato alla nota 8; sulla bibliografia già esistente, per altro
non sempre aggiornata e soddisfacente dal punto di vista metodologico, mi limito a rimandare
a quanto dice la studiosa alle pp. 442-443, essendo sostanzialmente d’accordo.
22
Secondo una lettera scritta da Pellegrini stesso il 7 gennaio 1612, e pubblicata da Kendrick,
vi fu un intervento diretto del cardinale Bonifacio Caetani, da poco nominato legato per la
Romagna, a raccomandarlo presso Federico, anche se di tale intervento non sembra esserci
traccia nella corrispondenza del cardinale milanese proveniente da Caetani (cfr. KENDRICK, The
Sounds of Milan cit., p. 388 doc. 11/c). In quella medesima data Pellegrini scrisse al canonico
Ottaviano Scotto una lettera di contenuto assai simile, in cui però non compare il nome di Cae-
tani, letta ed approvata nella riunione del Capitolo milanese del 23 gennaio; la lettera è edita
integralmente in TOFFETTI, La cappella musicale cit., pp. 482-483.
23
Sulle vicende della cappella musicale milanese durante la direzione di Pellegrini cfr. TOF-
FETTI, La cappella musicale cit., pp. 482-488; alle pp. 464-465 si dà conto dei motivi di con-
trasto che opposero il maestro di cappella all’organista Guglielmo Arnone.
147
RO D O BA L D O T I BA L D I
***
24
Laurentii Vecchii bononiensis in Metropolitanae bonon. mansionarij ac musicae praefecti.
Missarum octonis vocibus. Liber primus. Missa Ecce Sacerdos. Missa Sine nomine. Missa de
Apostolis. Missa pro Defunctis, Venezia, Angelo Gardano, 1605. Sul frontespizio è presente
una vignetta xilografica raffigurante San Pietro con la tiara e le chiavi in mano. Secondo Oscar
Mischiati (sub voce in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, 17 voll., hrsg. von Friedrich
Blume, Kassel, Bärenreiter, 1949-1986, vol. 13, coll. 1345-1346; sostanzialmente ripresa da
Anne Schnoebelen in The New Grove, vol. 26, pp. 365-366), si tratterebbe di una messa basa-
ta sulla melodia dell’antifona gregoriana; quest’ultima, però, è adoperata sostanzialmente solo
nella sua prima sezione. Non escludo che possa trattarsi piuttosto di una parodia di un model-
lo non ancora identificato.
25
Constantii Portae Almae Ecclesiae Deiparae Virginis Lauretanae magistri musices. Missa-
rum liber primus, Venezia, Gardano, 1578; edizione moderna a cura di Siro Cisilino e Giovan-
ni M. Luisetto in Opera omnia, vol. 9, Padova, Biblioteca Antoniana, 1971.
26
Mi riferisco, ovviamente, da un lato alla mancanza di strumenti bibliografici specifici, dal-
l’altro ad una certa mancanza di interesse verso la musica sacra seicentesca non concertata. Da
quel poco che ho potuto vedere mi sembrerebbe di poter dire che, nel corso del primo Seicen-
to, abbiamo da un lato l’uso di quattro o cinque voci per messe scritte «a cappella» (nella sua
accezione più ampia possibile, includente quindi contrappunto rigoroso, omoritmia, soluzioni
intermedie etc.), dall’altro l’impiego di otto voci suddivise in due cori, secondo modalità di
scrittura diverse ma tutte da indagare.
148
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
capolavori dello stile osservato del primo Seicento, ovvero (è quasi superfluo
ricordarlo) la Missa in illo tempore, nella quale, tra l’altro, Monteverdi organiz-
za le parti nel medesimo modo (due Canti, Alto, due Tenori, Basso). La struttu-
ra generale della messa è così riassumibile:
Organico Finalis
Kyrie 6 voci ¢ Sol
Christe 4 voci CCAT ¢ Do
Kyrie 6 voci ¢ Sol
¢
Et in terra 6 voci ¢ Sol
¢
Patrem omnipotentem 6 voci ¢ Sol
Et incarnatus est 6 voci ¢ Sol
Crucifixus 3 voci CAB ¢ Sol
Et iterum venturus est 6 voci ¢ Sol
¢
Sanctus 6 voci ¢ Sol
Benedictus 4 voci CCAT ¢ Sol
Osanna 6 voci O 32 Sol
¢
Agnus Dei I 6 voci ¢ Sol
27
«[…] Il Sanctus, et l’Agnus Dei si sono posti così semplici, et brevi alla Venetiana, per sbri-
garsi presto, et dar loco al Concerto per l’Elevazione; et a qualche Sinfonia alla Communione
[…]»: sesto degli avvertimenti preposti ai Salmi Boscarecci concertati a sei voci, con aggiun-
ta, se piace, di altre sei voci, che servono per concerto, et per rippieno doppio, per cantare a
più chori; con una Messa similmente concertata, et con il ripieno, d’un’altra simile a sei, già
149
RO D O BA L D O T I BA L D I
no e per lo più breves (e la Ecce sacerdos magnus non appartiene certo a que-
sta categoria), e senza considerare possibili particolarità liturgiche tipiche di un
luogo o di una chiesa, come il ben noto caso dell’arcibasilica di San Giovanni
in Laterano a Roma.28 Eppure, come vedremo più avanti, quest’ultimo Agnus
non è tirato via in qualche modo tanto per finire.
Composizione di ampio respiro, senza dubbio ambiziosa nell’uso intenso e
continuato della scrittura contrappuntistica, la messa di Pellegrini riprende ele-
menti costruttivi della musica cinquecentesca non a fini antiquari (che credo
nessun compositore avesse, almeno nei primi decenni del Seicento), ma come
continuità reale di una maniera di scrivere musica sacra salda, sicura, solenne,
e non soggetta a mode più o meno passeggere (il che, naturalmente, non signi-
fica il rifiuto aprioristico e preconcetto dello stile concertato e del basso conti-
nuo). So di toccare un argomento assai delicato e di portata assai ampia, che
merita ben altra trattazione e che rischia di portarmi fuori dal tema della rela-
zione; e senza ulteriori indugi, torno immediatamente in argomento. Una pic-
cola osservazione di carattere generale: non è mia intenzione un’analisi com-
pleta ed esauriente della messa, che richiederebbe molto tempo e, soprattutto,
risulterebbe eccessivamente astratta in mancanza di un’edizione moderna a cui
fare riferimento. Mi concentrerò pertanto sul materiale melodico e sui rapporti
esistenti con il cantus prius factus.
Elemento basilare dell’intera costruzione contrappuntistica è l’antifona
Ecce sacerdos magnus, che fornisce il materiale melodico in tutti i movimenti
attraverso la divisione della melodia gregoriana in tre sezioni:
Es. 1
stampata; et con il basso principale per sonar nell’organo. D’Ignatio Donati mastro di capella
nella terra di Casalmaggiore; L’Auriga nella Academia de Filomeni. Dedicati alli moto illustri
signori del Consiglio della medesima terra. Opera nona, Venezia, Alessandro Vincenti, 1623.
28
Anche nella messa Ecce sacerdos magnus di Vecchi il Gloria è senza ripartizioni interne e vi
è un’unica intonazione per l’Agnus Dei; inoltre manca il Benedictus.
150
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Es. 2
29
In tutti gli esempi tratti dalla messa Ecce sacerdos magnus è stata omessa la parte per l’or-
gano, che funge da mero basso seguente di accompagnamento; questa riporta nel relativo libro-
parte fascicolo la sola linea inferiore per la gran parte delle sezioni a sei voci, e la partitura per
le sezioni a organico ridotto (Christe, Crucifixus e Benedictus). Anche due sezioni a organico
pieno sono riprodotte in partitura completa, ovvero il Kyrie ultimo e l’Agnus Dei, non saprei
dire per quali motivi (potrei solo azzardare un’ipotesi per l’Agnus; ma lo farò più avanti). Tale
scelta trova anche il sostegno dell’Autore stesso, che negli avvertimenti «Alli signori lettori»
presenti in tutti i libri-parte precisa: «in questi miei concerti spirituali alcune compositioni si
dovranno concertar con l’organo mediante il basso continuato, secondo lo stile moderno, &
altre sono da capella, che si possono cantar senza il sostegno dell’organo». Sulla legittimità (o
addirittura sull’opportunità) di omettere la parte per l’organo in sede editoriale quando mero
segnale di una prassi e non elemento strutturalmente portante cfr. la premessa a CLAUDIO MON-
TEVERDI, Missa «In illo tempore» a 6 (7) voci miste (1610), trascrizione e premessa a cura di
Francesco Luisi, Arezzo-Roma, Fondazione Guido d’Arezzo - Pro Musica Studium, 1984
(Musica Rinascimentale in Italia, 10), pp. 5-6.
151
RO D O BA L D O T I BA L D I
Es. 3
152
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Es. 4
Es. 5
30
Cito dalla recentissima edizione critica curata da Francesco Luisi Missarum liber primus
(Roma, Valerio e Luigi Dorico 1554), 2 voll., Roma, Editalia, 2003 (Edizione nazionale delle
opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, 1).
153
RO D O BA L D O T I BA L D I
Es. 6
Palestrina, per così dire, estremizza questa idea di Josquin, oltre che con-
testualizzarla in un ambito modale diverso (VII anziché I modo), mentre Pel-
legrini la riprende e la amplifica in un contesto diverso, ispirandosi ora all’u-
154
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Es. 7
31
Si veda, ad esempio, la Missa Estote fortes a quattro voci dello stesso Pellegrini, tratta dal
libro di messe del 1603-1604, in cui il Christe vede l’impiego di una cantus firmus a semibre-
vi nel Tenor, o il Kyrie ultimo del Requiem a cinque voci di Viadana presente nell’Officium ac
missa defunctorum op. XV (Venezia, Vincenti, 1604), con la melodia gregoriana pure nel Tenor
quasi completamente in brevi.
155
RO D O BA L D O T I BA L D I
Es. 8
156
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Il canto fermo, relativo sempre alla sezione A trasposta alla quarta superio-
re, si trova questa volta nell’Altus, mentre le altre voci riprendono in imitazio-
ne un controsoggetto già presentato nel Kyrie I con funzione analoga; allora era
esposto inizialmente sul Re, poi sul Sol, e serviva per evidenziare una struttura
duplice: mentre il cantus firmus è in tono nel Canto, Tenore II e Alto impiega-
no in imitazione il controsoggetto su Re, quando il cantus firmus passa al Basso
trasposto alla dodicesima inferiore entrano progressivamente le altre voci in
imitazione con il controsoggetto su Sol. Nel Sanctus l’entrata delle voci è più
‘regolare’, anche se sotto forma di coppie Tenore I-Tenore II, poi Canto II-
Canto I, e successivamente Basso, e sempre con il controsoggetto su Sol. Anche
se limitatamente a Kyrie I e Sanctus, che iniziano in maniera assai simile, que-
sto controsoggetto sembra giocare un ruolo piuttosto importante, o per lo meno
evocativo; con neanche troppa fantasia si potrebbe vedere una rielaborazione
dell’analoga struttura presente nelle sopra citate messe Ecce sacerdos magnus
di Palestrina e Hercules dux Ferrariae di Josquin.
Es. 9
Pellegrini
Palestrina
Josquin
Es. 10
157
RO D O BA L D O T I BA L D I
Es. 11
32
Cfr. WILLI APEL, Il canto gregoriano (ed. orig. Gregorian Chant, Bloomington, Indiana Uni-
versity Press, 1958), ed. italiana a cura di Marco Della Sciucca, Lucca, LIM 1998, pp. 511-513.
158
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Nel secondo Osanna, infine, unica parte della messa in ritmo ternario,
abbiamo nuovamente un inizio a canto fermo nel Canto I, ancora sulla sezio-
ne A della melodia gregoriana.
Es. 12
Gli esempi proposti mettono in rilievo l’impiego della melodia con fun-
zione di cantus firmus certo non strutturale, poiché nessuna sezione della
messa utilizza esclusivamente questa tecnica; ma essa si mescola sapiente-
mente con quello che è il trattamento base del materiale melodico originario,
ovvero il suo uso intensivo nel corso dell’intera composizione nella costru-
zione dei soggetti sia nel caso di strutture imitative sia in assenza di queste,
ovvero come ‘citazione’ isolata su imitazioni melodico-ritmiche del tutto
diverse. Quasi del tutto assente la parafrasi o una qualche forma di elabora-
zione motivica, semmai limitata al solo elemento cadenzale, nel chiaro inten-
to di lasciare la melodia quanto più riconoscibile possibile, è l’elemento rit-
mico ad essere impiegato come elemento di variazione. Due sono le soluzio-
ni base impiegate, e riguardano la funzione che l’antifona viene ad assumere
nella costruzione dell’impalcatura polifonica.
Prima possibilità. La porzione melodica deputata ad essere impiegata
come soggetto di imitazione si presenta normalmente secondo due schemi rit-
mici, ovvero come un seguito regolare di minime preceduto da una semibre-
ve di apertura e la sua aumentazione, ovvero un seguito di semibrevi prece-
duti da una breve.
Es. 13
159
RO D O BA L D O T I BA L D I
Es. 14
Palestrina
Credo
Agnus Dei
Porta
Victoria
33
Constantii Portae Cremonensis Min. Conven. Musica Sex canenda vocibus in nonnulla ex
Sacris Litteris collecta verba. Ad Sanctiss. D. N. Sixtum, V. Pont. Max. et Opt. Liber Tertius,
Venezia, Gardano, 1585; ed. moderna a cura di Siro Cisilino e Giovanni M. Luisetto in Opera
Omnia, vol. 6, Padova, Biblioteca Antoniana, 1967. Thomae Ludovici a Victoria abulensis
Motecta festorum totius anni cum Communi Sanctorum. Quae partim senis, partim quinis, par-
tim quaternis, alia octonis vocibus concinuntur ad serenissimum Sabaudiae ducem Carolum
Emmanuelem, Roma, Domenico Basa, 1585; ed. moderna a cura di Felipe Pedrell in Opera
omnia, vol. 1, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1902, e a cura di Higinio Anglés in Opera omnia.
Nueva edicíon corregida y aumentada, vol. 4, Barcelona, Consejo Superior de Investigaciones
Cientificas, 1968.
160
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Es. 15
161
RO D O BA L D O T I BA L D I
Es. 16
162
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Es. 17
Oltre che in voce interna, il cantus può essere collocato nel Basso e costi-
tuire il fondamento sonoro della struttura accordale.
Es. 18
***
Pur avendo affermato in precedenza che mi sarei limitato ad indagare l’a-
163
RO D O BA L D O T I BA L D I
spetto melodico, penso che sia comunque utile dare una qualche indicazione
più generale sulla scrittura e su qualche particolarità della struttura globale.
Base del suo stile è l’uso di una polifonia di tipo per così dire ‘tradizionale’,
adoperata con maggiore ricchezza soprattutto nel Kyrie, nel Sanctus e nell’A-
gnus Dei, mentre nel Gloria e nel Credo, ben lungi comunque dall’adoperare
una più semplice scrittura di stampo accordale, che sarebbe per altro risultata
assurda in una composizione a sei voci, tende a mescolare soluzioni diverse
rese possibile proprio da un organico ampio. Questo avviene soprattutto nel
Gloria, che, lo ricordo ancora, è serrato in un unico movimento senza la tra-
dizionale bipartizione al «Qui tollis»; vi sono alcuni blocchi accordali a sei
voci, di lunghezza variabile, collegati tra loro da episodi in cui predomina,
soprattutto nella prima parte del movimento, la scrittura a tre voci contro tre,
ovvero il dialogo bicorale (cfr. esempio già proposto). Il tutto potrebbe esse-
re schematizzato nel seguente modo:
164
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Es. 19
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RO D O BA L D O T I BA L D I
Es. 20
166
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
tralpe, o soluzioni più seicentesche. Il fatto di avere due voci acute, ad esem-
pio, provoca talvolta quegli scontri, limitati però a passi ornamentali di semi-
minime, che non riscontriamo in un maestro della polifonia tardo cinquecen-
tesca come Porta, ma che Monteverdi adopera con una certa frequenza.
Es. 21
Es. 22
I due Tenori eseguono per moto contrario lo stesso disegno melodico, per
cui il primo, arrivato sul Re semibreve, scende di quinta sul Sol in risposta all’a-
nalogo salto ascendente Sol-Re del secondo; così facendo, però, si crea una
quarta rispetto al Basso, sul secondo movimento del tactus, ma presa per salto.
La coerenza melodica spiega questo modo di procedere; ma c’è anche da dire
che Pellegrini si era messo in un vicolo cieco. Il Re non poteva scende né a Do
(nota di passaggio che avrebbe creato ottave con il Canto II) né a Si (nota reale
167
RO D O BA L D O T I BA L D I
Es. 23
34
Cfr. i passi commentati in HELLMUT FEDERHOFER, Die Dissonanzbehandlung in Monteverdis
Kirchenmusikalischen Werken und die Figurenlehre von Christoph Bernhard, in Claudio Mon-
teverdi e il suo tempo. Relazioni e comunicazioni, congresso internazionale, Venezia-Mantova-
Cremona, 3-7 maggio 1968, a cura di Raffaello Monterosso, Verona, Valdonega, 1969, pp. 435-
478: 443-450.
168
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
mento deriva ancora una volta dall’assumere Palestrina e Lasso come metri di
paragone; ma come ha scritto assai opportunamente Reinhold Schlöetterer
Es. 24
35
REINHOLD SCHLÖETTERER, Palestrina compositore, Palestrina, Fondazione Giovanni Pierluigi
da Palestrina, 2001 (Musica e musicisti nel Lazio, 5), p. 323; ma si veda tutto il capitolo «Con-
temporaneità: Palestrina e Lasso», pp. 313-323.
169
RO D O BA L D O T I BA L D I
Ciò che mi interessa sottolineare è però l’inizio, che vede il materiale melo-
dico tratto dalla sezione A dell’antifona gregoriana essere usato per costruire un
soggetto, in maniera tale che l’esordio non sia accordale ma imitativo.
Es. 25
Es. 26
170
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Es. 27
36
Cfr. nota 33. Il testo musicato è quello del secondo responsorio del Mattutino del Commune
confessoris pontificis, come anche la forma del mottetto, ma la melodia utilizzata da Porta per
il primo episodio è quella, assai più nota, dell’antifona.
171
RO D O BA L D O T I BA L D I
tetto di Gombert, ma anche secondo quanto aveva già fatto proprio Porta nella
messa Audi filia con il mottetto ancora di Gombert.37 Certo, non siamo a quei
punti, anche perché a Pellegrini interessa che l’Ecce sacerdos magnus di Porta
sia comunque riconoscibile anche nel contesto polifonico; ma penso che il
caso sia ugualmente interessante, e proprio alla fine della messa.38
L’importanza di Porta come autore e come didatta è ben nota; ma non si
deve dimenticare che, per ragioni biografiche, il grande polifonista cremone-
se si trovò ad operare per diverso tempo nei dintorni di Pesaro: fu maestro di
cappella a Osimo dal 1552 al 1565 (il suo primo incarico professionale) e
nella Santa Casa di Loreto dal 1574 al 1580; ma soprattutto, entrò nelle gra-
zie della famiglia ducale fin dal suo primo incarico. Giulio Della Rovere, oltre
a proteggerlo durante il suo primo soggiorno presso il Santo di Padova (1565-
1567) e a spingerlo verso Loreto, lo volle come maestro di cappella nella cat-
tedrale di Ravenna una volta divenuto arcivescovo della città romagnola. A
Giulio Porta dedicò il suo primo libro di messe a cinque voci (appena una set-
timana prima della morte dell’arcivescovo), nella cui lettera prefatoria è con-
tenuto quel celebre passo di sostanziale ricusazione dello stile accordale di
stampo ‘conciliare’, nonostante le esplicite richieste del della Rovere.39 La
figura di Porta e la sua arte compositiva fu quindi strettamente legata alla
famiglia della Rovere, almeno per un lasso di tempo considerevole; e un
omaggio a tale compositore, di cui viene scelto un mottetto contenuto in una
raccolta dedicata ad un pontefice pure marchigiano (Felice Peretti era nativo
di Grottammare, vicino a Fermo) mi sembra assuma un significato particola-
re in una messa scritta da un autore pesarese e contenuta in una raccolta dedi-
cata ad un della Rovere.
***
37
Cfr. il denso e illuminante ANTHONY NEWCOMB, A new context for Monteverdi’s Mass of
1610, in Studien zur Musikgeschichte. Eine Festschrift für Ludwig Finscher, hrsg. von Anne-
grit Laubenthal und Kara Kusan-Windweh, Kassel, Bärenreiter, 1995, pp. 163-173.
38
Forse proprio per questo suo carattere particolare e per l’importanza che viene ad assumere
nell’economia della composizione l’Agnus si trova messo in partitura nella parte dell’organo.
39
Cfr. Oscar Mischiati, Il concilio di Trento e la polifonia. Una diversa proposta di lettura e di
prospettiva bibliografica, in Musica e liturgia nella riforma tridentina, catalogo della mostra
(Trento, Castello del Buonconsiglio, 23 settembre - 26 novembre 1995), a cura di Danilo Curti
e Marco Gozzi, Trento, Provincia Autonoma di Trento – Servizio Beni Librari e Archivistici,
1995, pp. 19-29: 21.
172
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
Benedictus si placet. Contraponto, che a doi & tre voci si può cantare in
dodici varij modi come di può vedere per la sua resolutione nel Basso del-
l’Organo.
Segue poi nel Quinto una «Tertia pars si placet. Altus secundus» in chiave
di Do2, nel Basso un «Altus primus» notato in Do2 e una seconda sezione con
una doppia chiave (Fa3 e Do4) con la didascalia «Bassus & Tenor si placet».
La risoluzione completa dell’enigma si ha nella parte per l’organo, in cui le
parti sono messe in partitura e sono descritte le dodici diverse modalità di ese-
cuzione. Tutti i dodici contrappunti che si creano sono su un cantus firmus
costituito dalla melodia completa dell’Ecce sacerdos magnus tutta in semibre-
vi (e quindi con come indicazione mensurale anziché ) e con il relativo testo.
Partendo da questo e da due melodie, una principale (Altus primus, che chia-
merò contrappunto principale) ed una considerata secondaria, non strettamen-
te necessaria (ovvero la tertia pars si placet, o Altus secundus, che chiamerò
contrappunto secondario), vengono individuate quattro modi di procedere di
base; ognuno di questi (o quasi) offre più di una soluzione a due o a tre voci,
il che porta al totale di dodici contrappunti, secondo il seguente schema rias-
suntivo (in Appendice diamo la trascrizione completa di tutte le possibilità):
II. Si parte dalla situazione base, ma tutte le voci sono per moto contrario;
Canto fermo all’acuto
Soluzioni a due voci
173
RO D O BA L D O T I BA L D I
IV. Si parte dallo schema precedente, ma ancora per moto contrario; canto
fermo al grave.
Soluzione a due voci
12. Contrappunto principale e canto fermo
174
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
giustifica solo in unione con tutte le altre due; quando canta da sola sul canto
fermo, le cadenze sono alquanto indebolite per la mancanza della clausula
cantizans. A toglierci da ogni imbarazzo interviene Pellegrini stesso che, alla
fine delle avvertenze riguardanti l’ultima possibilità (situazione IV), precisa:
Questo Benedictus sia messo da me solo per veder l’artificio del Contra-
punto, & acciò li virtuosi con l’inventione di questo, possino inventar altri
Capricci simili, poiche facile est inventis addere. Che per ciò si serviranno,
in Capella del seguente: Benedictus a quattro voci.
40
Introdutione facilissima, & nouissima, di canto fermo, figurato, contraponto semplice &
inconcerto, con regole generali per far fughe differenti sopra il canto fermo, à 2. 3. & 4. voci,
& compositioni, proportioni, generi. s. diatonico, cromatico, enarmonico, composta per Vin-
centio Lusitano, Roma, Antonio Blado, 1553; ed. anast. Lucca, LIM, 1995.
41
Il compendio della musica nel quale brevemente si tratta dell’arte del contrapunto, diviso in
quatro libri. Del R. M. Oratio Tigrini Canonico Aretino. Nouamente composto, et dato in luce,
Venezia, Ricciardo Amadino, 1588.
175
RO D O BA L D O T I BA L D I
42
Prattica di Musica Seconda Parte. Divisa, e distinta in quattro libri. Ne quali primieramen-
te si tratta de gl’elementi musicali; cioè de primi principij come necessarij alla tessitura ò for-
matione delle compositioni armoniali. De contrapunti semplici, et artificiosi da farsi in cartel-
la et alla mente sopra canti fermi: e poi mostrandosi come si faccino i contrapunti doppij d’o-
bligo, e con consequenti. Si mostra finalmente come si contessino più fughe sopra i predetti
canti fermi, et ordischino cantilene à due, tre, quattro e più voci. Composta e fatta dal M. R. P.
Fra Lodovico Zacconi da Pesaro dell’Ord. Eremitano di S. Agostino. Musico già del serenissi-
mo Carlo arciduca d’Austria, e del Serenissimo Guilelmo duca di Baviera. Alla sereniss. arcid.
Maddalena d’Austria gran duchessa di Toscana, Venezia, Alessandro Vincenti, 1622; ed. anast.
Bologna, Forni, 1983.
43
ZACCONI, Prattica di musica, libro secondo cap. 23.
44
Cfr. Il cap. 18 del secondo libro, soprattutto l’esempio in cui si fuga una voce che esegue terza
e sesta su ciascuna nota di un canto fermo per grado ascendente.
176
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
tolo dedicato al «modo di fare il contrapunto alla mente sopra’l Canto fermo»
dicendo che
Nel farli alla mente, perché non si può in tutto e per tutto esser così pron-
to come bisognarebbe nell’osservar le regole, ed ischivarsi dalle cose mal
fatte, e da non farsi; facendo uno in qualche caso due Quinte, o due Otta-
ve, facendo ricantar l’istesso, l’emendi e dichi: hora l’ho fatto bene. Perché
così ancora solea far il grand’Adriano, quando facea la terza parte sopra un
Duo; che la prima volta all’improviso facendove qualche cosa contra le
buone osservate regole, facendolo ricantar un’altra volta, dicea, a chi lo
stava ad ascoltare, hora io l’ho fatta bene; volendo in ciò significare, che
non era maraviglia, s’all’improviso l’huom in simil cose vi fa dell’inde-
cente: ma ben poi è vitio il farvele la seconda volta, e non emendarvele con
la replicatione.46
Pellegrini non fa altro che mostrare sulla carta alcuni di questi esempi,
sostanzialmente a fini didattici, ma non esclusivamente, in maniera che pos-
sano servire come modello di composizione e di pratica esecutiva. A ulterio-
re sostegno della mia ipotesi vorrei citare la soluzione 3, in cui il canto fermo
è raddoppiato alla terza; non è altro che una variante di quella tecnica, di cui
parla Lusitano (e altri fino a Zacconi compreso), che vede il canto fermo al
basso raddoppiato alla decima e l’aggiunta di una terza voce intermedia. Il
raddoppio alla terza anziché alla decima è consigliabile, in questo caso, per
gli incroci e gli unisoni che si creerebbero tra il raddoppio del canto fermo e
il contrappunto principale, il che annullerebbe in qualche modo lo scopo; è
inoltre funzionale a creare un parallelismo con la soluzione 7, in cui è il con-
trappunto principale ad essere raddoppiato alla terza.
Una volta chiarito questo punto possiamo passare alle situazioni II-IV. In
questi casi l’artificio è più evidente, ed ancora più chiaro è l’intendimento teo-
rico-didattico, poiché l’indagare le diverse possibilità su canto fermo richiede la
45
TIGRINI, Il compendio della musica, libro quarto cap. 11.
46
ZACCONI, Prattica di musica, libro secondo cap. 70.
177
RO D O BA L D O T I BA L D I
scrittura delle voci, tanto più che in due casi anche la melodia dell’antifona sub-
isce una modificazione, essendo presentata per moto contrario; ma proprio per
questo, siamo lontani dagli artifici canonici su canto fermo illustrati dai teorici
e utilizzati da diversi compositori provenienti da diverse aree geografiche, senza
dover necessariamente pensare a musicisti di area romana (i primi a cui si
pensa). Come ha giustamente messo in rilievo Giuseppe Gerbino, a cui si deve
un’importante monografia sull’argomento, «l’interesse per l’artificio musicale
non fu comunque prerogativa della ‘scuola romana’, giacché coinvolse anche
musicisti non gravitanti nell’orbita della città pontificia»47. E comunque le solu-
zioni proposte da Pellegrini non permettono ulteriori soluzioni più complesse,
con entrate a canone per moto retto o per moto contrario. L’artificio, evidente
47
GIUSEPPE GERBINO, Canoni ed enigmi. Pier Francesco Valentini e l’artificio canonico nella
prima metà del Seicento, Roma, Torre d’Orfeo, 1995; il passo si trova a p. 18, dove si trovano
elencati autori quali Brunelli, Banchieri, Donati, Valesi e Cima. Non concordo pertanto con l’o-
pinione espressa in KENDRICK, The Sounds of Milan cit., pp. 279-281; secondo lo studioso «the
greatest complexity in contrapuntal ingenuity, combined with a chant cantus doubled at the
third» del Benedictus (di cui descrive brevemente solo le prime otto soluzioni, esemplificate
musicalmente con l’inizio delle prime quattro alle pp. 288-290) «underscores another Milane-
se parallelism with Rome, that of contrapuntal artifice. In the broadest sense, it was a musical
reflection of the «Romanizing» liturgical standardization and cultural emulation typical of the
post-1610 atmosphere», nonostante ipotizzi che «the piece dates from Pellegrini’s years in
Pesaro». A parte una certa forzatura nel far coincidere la possibile retrodatazione al periodo
pesarese con l’ambiente culturale della Milano posteriore al 1610, e senza considerare la tra-
dizione del contrappunto artificioso ben nota e praticata dai compositori milanesi (e descritta
in sede teorica da Angleria con esempi di Cima), oltre al dato oggettivo che l’artificio con-
trappuntistico praticato dai compositori romani è ben diverso e assai più complesso di quello
che ritroviamo in Pellegrini, mi sembra che in tal modo venga riproposto ancora una volta un
luogo comune della storiografia musicale, che tende a collegare Roma con Milano sulla base
di un presunto conservatorismo e attaccamento alla tradizione (che, tra l’altro, andrebbe dis-
cussa più a fondo). Fino a quando non avremo una conoscenza più approfondita della musica
sacra del primo Seicento che non sia limitata al ‘nuovo’ stile concertato ma che sia comprensi-
va dello stile a cappella (uso volutamente questo termine più neutro), con relativa mappa geo-
grafica delle istituzioni, rischiamo di avere una prospettiva troppo parziale e di ricadere in
eccessiva genericità. A Milano, per esempio, la conoscenza delle opere e dello stile di Pale-
strina a Milano tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento rappresenta un momento assai
importante di recupero di una solida scrittura contrappuntistica una volta passati i ‘furori post-
conciliari’, come ho cercato altrove di mostrare (e mi permetto di rimandare al mio I mottetti
a quattro voci (Milano 1599) di Giovanni Paolo Cima e lo stile ‘osservato’ nella Milano di fine
‘500: alcune osservazioni, «Polifonie. Storia e teoria della coralità – History and theory of cho-
ral music», II/1, 2002, pp. 7-69, trad. ingl. alle pp. 71-105; disponibile anche in rete all’indi-
rizzo www.polifonico.org/edizioni/rivista/introduzione.htm), il che non esclude affatto la pre-
senza di altri influssi (in primis Lasso, di cui esistono diverse ristampe milanesi) e tradizioni
locali che andrebbero studiate attentamente in compositori come Guglielmo Arnone, Serafino
Cantone, Antonio Mortaro (per il periodo milanese), o i fratelli Cima, solo per fare qualche
nome.
178
REMINISCENZE PALESTRINIANE? LA MESSA ECCE SACERDOS MAGNUS DI VICENZO PELLEGRINI
nelle soluzioni 9-12, sta nel combinare delle melodie variate metricamente solo
per la prima nota con lo stesso canto fermo alla duodecima rispetto a prima,
quindi una sorta di interazione con le possibilità offerte dal contrappunto dop-
pio; da qui il termine «capriccio» usato da Pellegrini per definire le sue elabo-
razioni. Potremmo considerarle una via di mezzo tra il contrappunto artificioso
osservato, a cui queste dodici composizioni del Benedictus non appartengono,
e il contrappunto ‘comune’ di cui parla Diruta,48 da cui ugualmente si distin-
guono per l’artificio, comunque funzionali a indicare didatticamente e pratica-
mente come si può cantare ‘alla mente’ in maniera tale da rivelare, comunque,
una solida formazione di musicista.
Al termine del mio intervento vorrei citare le parole del mai abbastanza
compianto Jerome Roche; dopo aver elencato rapidamente quelli che sono i
problemi dell’intonazione musicale delle singole parti, conclude
As a result, both stile antico and concertato Mass setting flourished side by
side in the early years of the seventeenth century. Such composers were not
in the least interested in the old idiom, and derived a new approach to the
text of the Mass from the early concertato motet. But, for a number of gif-
ted composers, Monteverdi included, the writing of ‘a cappella’ Masses (as
they called them) was a demonstration of their competence in the old con-
trapuntal manner. For others, of lesser ability, who failed to grasp the
modern style and lacked the degree of imagination needed to write in it, the
old idiom proved a simple, fail-safe solution to the problem of churches’
liturgical needs; they used as a model the Missa brevis of the 1580s and
‘90s, which required little in the way of contrapuntal ingenuity.
Sottoscrivere quasi tutto il passo, almeno nelle sue linee generali (un po’
meno nei singoli dettagli, che richiederebbero diverse puntualizzazioni); l’uni-
ca vera cosa che mi frena, e che secondo me rappresenta uno dei nodi cruciali
della musica sacra del primo Seicento, ancora tutto da affrontare, è l’uso di ter-
mini come «old idiom» o «old contrapuntal manner», che possono prestarsi ad
equivoci, come il loro equivalente storico «stile antico». Vi è anche un’altra que-
stione non secondaria, e strettamente collegata a questo: supponiamo che la
Missa in illo tempore fu effettivamente una dimostrazione per una qualche fina-
48
Seconda parte del Transilvano, dialogo diviso in quattro libri del R. P. Girolamo Diruta peru-
gino minore conventuale di San Francesco, organista del duomo d’Agobbio, nel quale si con-
tiene il vero modo, & la vera regola d’intavolare ciascun Canto, semplice, et diminuito con ogni
sorte de diminutioni: et nel fin dell’ultimo libro v’è la regola, la qual scopre con brevità e faci-
lità il modo d’imparar presto à cantare. Opera nuovamente dall’istesso composta, utilissima,
& necessaria a’ professori d’organo, Venezia, Giacomo Vincenti, 1610, libro terzo pp. 14-15;
ed. anast. della ristampa Venezia, Alessandro Vincenti, 1622, Bologna, Forni, 1969.
179
RO D O BA L D O T I BA L D I
49
Sull’argomento mi limito a citare CLAUDIO GALLICO, Monteverdi, Torino, Einaudi, 1979,
pp. 112-119, in cui vengono presentate e discusse criticamente le varie ipotesi correnti, insie-
me alla proposta di qualche idea nuova.
50
Su queste questioni mi permetto di rimandare al mio contributo Monodia e stile concertante
a Santa Maria Maggiore di Bergamo nel primo Seicento: il Nuovo giardino di spiritual et har-
moniosa ricreatione (1620) di Giovanni Cavaccio, in Album Amicorum Albert Dunning in
occasione del suo LXV compleanno, a cura di Giacomo Fornari, Turnhout, Brepols, 2002,
pp. 515-574: 524-530.
51
GINO STEFANI, Musica e religione nell’Italia barocca, Flaccovio, Palermo 1975, pp. 78-81.
180
APPENDICE
VINCENZO PELLEGRINI
Tredici contrappunti sull’antifona gregoriana Ecce sacerdos magnus
RO D O BA L D O T I BA L D I
Benedictus si placet. Contrapunto, che doi, & a tre voci si può cantare in
dodeci varij modi come da queste parte se può vedere
Li soprascitti, sono quatro varij modi, cioé sopra il fermo del Basso à 2. se
canta il Contrapunto superiore secondo sopra l’istesso, se canta la terza parte se
place a 2. Terzo si cantano li doi Canti fermi per le due chiavi, & la parte del
Contrapunto superiore a 3 voci. Quarto sopra il fermo del basso si canta il Cont-
trapunto & la terza parte se place che sarà a 3 voci, & quelli che esamineranno
bene la diversità delle consonanze che cadono in questi quattro modi, bisogna-
rà che confessino essere uno dall’altro variato.
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Questi altri quattro modi sono per contrarias notas, cioè a due voci co’l
fermo se canta il Basso delle due chiavi, secondo il Basso della terza parte si
placet, & à 3. Basso, & Tenore sopra il fermo, & di novo à 3. li doi Bassi sopra
il fermo che danno otto modi varij; come per le loro consonanze si può mani-
festamente vedere.
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Questi son tre varij modi, & non e di poco artificio che la prima nota del
Contrappunto qual valeva mezza battuta, farla valere la metta di più, & che tutte
le altre noti accordino col fermo, senza alterarne alcun’altra di quello che sta
scritto nelli altri modi di sopra. Onde si cantara a due voci sopra il fermo con la
parte di Contrapunto, & a doi voci con la terza parte si placet. Sopra il detto
fermo, & a tre come sta scritto, che sono tre varij modi.
190
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Questi sarebbono altri doi modi quando si usasse la quarta come consonan-
ze ne i luoghi segnati con le crocette, che portando la voci giusta non fa tanto
cattivo concento, che l’udito in parte non se compiacci, ma io li pongo sola-
mente per un modo cantando il fermo, & la parte del contrapunto, che così
havremo tutti le dodici variate modi. Questo Benedictus sia messo da me solo
per veder l’artificio del Contrapunto, & acciò li virtuosi con l’inventione di que-
sto, possino inventar altri Capricci simili, poiche facile est inventis addere. Che
per ciò si serviranno, in Capella del seguente: Benedictus a quattro voci.
193
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