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Riprendo in questa relazione molti elementi del mio libro L’avenir du célibat sacerdotal et
sa logique sacramentelle, Parole et Silence-Lethielleux, Paris 2009.
2
Cfr. ad esempio Le célibat pour Dieu dans l’enseignement des Papes. Introduction, choix et
ordonnance des textes, index par les moines de Solesmes, Abbaye Saint-Pierre, Solesmes 1984.
3
Allocuzione al Concistoro segreto (16 dicembre 1920).
4
Cfr. Pio XII, Ordinations sacerdotales de pasteurs protestants mariés, «La documentation
catholique» 49 (1952) 146-151.
5
Si vedrà propriamente qui che il celibato non è soltanto una disciplina, nell’accezione
usata dagli addetti più o meno consapevoli del positivismo giuridico, per i quali la legge
nasce dall’arbitrarietà dell’autorità, senza fondamento nella verità delle cose, senza vincolo
con la giustizia intesa come virtù. Al capriccio celibatario di ieri risponderebbe oggi la scelta
possibile della condizione matrimoniale per il ministro, con il vantaggio di rispondere agli
imperativi liberali della cultura contemporanea. Sul realismo giuridico, cfr. C.J. Errázuriz
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M., Corso fondamentale sul diritto nella Chiesa, t. 1, A. Giuffrè, Milano 2009, 15-22 e in
generale tutto il primo capitolo.
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Parlerò qui del presbitero e del vescovo, non del diacono, e specialmente non del diacono
permanente.
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“La volontà della Chiesa trova la sua ultima motivazione nel legame che il celibato ha
con l’Ordinazione sacra, che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa”:
Pastores dabo vobis, n. 29d: AAS 84 (1992) 704.
8
Cfr. B. Petrà, Preti sposati per volontà di Dio?, Dehoniane, Bologna 2004, 126-136.
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Mentre il Signore dormiva sulla croce, gli fu trapassato il fianco dalla lancia
e ne scaturirono i sacramenti con i quali s’è costituita la Chiesa. Anche la
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Cfr. Benedetto XVI, Es. ap. Sacramentum caritatis, tutta la terza parte e specialmente
il n. 80 sul sacerdote.
14
Cfr. Touze, L’avenir du célibat, 75-113.
15
M.-F. Lacan, Époux-Épouse, in X. Léon-Dufour (ed.), Vocabulaire de théologie
biblique, Cerf, Paris 1970, col. 366-370, qui col. 369.
16
H. Schlier, Der Brief an die Epheser. Ein Kommentar, Patmos, Düsseldorf 1957, 256.
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Il celibato è vincolato al sacramento dell’ordine?
Chiesa infatti, sposa del Signore, trae origine dal suo fianco, come Eva
era stata presa dal fianco [di Adamo]. E come questa fu tratta dal fianco
dell’uomo addormentato, così anche la Chiesa non ebbe altra origine che il
fianco di Cristo morto.17
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Non credo di cedere qui alla tentazione anacronistica di ingabbiare le formule patristiche
in teorie teologiche più recenti, né di interpretare « trop facilement des textes de la période
primitive à partir d’une synthèse sacramentaire postérieure » : M. Jourjon, Quatre conseils pour
un bon usage des Pères en sacramentaire, «Maison Dieu» 119 (1974) 74-84, qui 74.
Non condivido dunque l’opinione di chi considera la rappresentazione di Cristo sposo
nel ministro come puramente morale (cfr. H. Legrand, ‘Traditio perpetuo servata’. La non
ordinazione delle donne: tradizione o semplice fatto storico? Alcune osservazioni metodologiche, in C.
Militello (ed.), Donne e ministero: un dibattito ecumenico, Dehoniane, Roma 1991, 205-244,
qui 238). Molte tra le prime espressioni storiche della nuzialità cercano di assicurare la fedeltà
del ministro e soprattutto del vescovo alla sua Chiesa locale, ma questo non riduce la sponsalità
ad un incoraggiamento per un comportamento esemplare.
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Il celibato è vincolato al sacramento dell’ordine?
perfezione per tutti i fedeli, anche per i laici e i ministri. Quando infatti il
pensiero passa da una costatazione dogmatica alle sue conseguenze spiri-
tuali, il linguaggio che s’impone quasi sempre è quello della vita consacra-
ta. Si rende così un omaggio meritato ad uno stato di vita che ha aperto
un ammirevole solco di santità nella storia, ma si rischia anche di ingab-
biare il Vangelo nel vocabolario di una singola vocazione, impedendo di
distinguere ciò che lo dovrebbe essere, obbligando tra l’altro a confondere
ordine e vita consacrata.
Balthasar, dal canto suo, non soccombe alla tentazione di questa con-
fusione. La sua eccezionale conoscenza della tradizione teologica gli for-
nisce una definizione della nuzialità chiaramente sacramentale, ma a causa
delle sue opzioni spirituali, descrive questa nuzialità col lessico dei consa-
crati. Il vocabolario della vita religiosa non entra nel suo pensiero come per
effrazione. Per Balthasar di fatto, la santità ministeriale in quanto tale ha
bisogno dei consigli evangelici, e non può non essere detta senza il voca-
bolario della vita consacrata. È un’opzione che non condivido, e presento
qui i miei dubbi, riassumendo il pensiero di Balthasar su tale concetto.
I riferimenti alla consacrazione religiosa e specialmente ai tre consigli
evangelici classici di castità, povertà e obbedienza stanno di fatto al cuore
del sistema teologico e spirituale di Balthasar.20 Per lui, santità, nuzialità e
consigli sono in un certo qual modo sinonimi. Come un riflesso nel tempo
dell’eterna kenosi del Verbo nel seno della Trinità, la vita terrestre di Gesù
si organizzerebbe intorno ai consigli, in un annientamento di obbedienza
al Padre, di dono totale alla Chiesa, che il sacerdote dovrebbe riprodurre
con gli stessi consigli.21 Il considerare l’obbedienza come cuore della san-
20
Cfr. P. O’Callaghan, ‘Gli stati di vita del cristiano’. Riflessioni su un’opera di Hans Urs
von Balthasar, «Annales Theologici» 21 (2007) 61-100. Un sistema che non intendo riassumere
qui. Mi fermerò soltanto sulla nuzialità sacerdotale, come lo richiede la complessità del pensiero
balthasariano e della sua antropologia sessuale, legata alla sua teologia ministeriale. Cfr.: “Il
ministero sacerdotale e il sacramento sono le forme di comunicazione del seme. Appartengono
alla mascolinità, e la loro funzione è di guidare la Sposa alla sua funzione femminile”: H. U.
von Balthasar, Wer ist die Kirche? Vier Skizzen, Herder, Freiburg 1965, 24. Cfr. anche Idem,
Theodramatik II: Die Personen des Spiels 2: Die Personen in Christus, Johannes Verlag, Einsiedeln
1978, 326. Su questi punti, cfr. R.A. Pesarchick, The Trinitarian Foundation of Human Sexuality
as Revealed by Christ according to Hans Urs von Balthasar. The Revelatory Significance of the Male
Christ and the Male Ministerial Priesthood, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 2000.
21
Cfr. ad esempio: H. U. von Balthasar, Christlicher Stand, Johannes Verlag, Einsiedeln
1977, passim ; per una raccolta di citazioni e un’analisi: D. Power, A Spiritual Theology of the
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tità, della nuzialità e del sacerdozio è dettato per lui sempre da riferimen-
ti alla vita religiosa e ai consigli, specialmente nella loro comprensione
ignaziana. Nella contemplazione balthasariana, Cristo è innanzitutto il
perfetto obbediente, modello di santa subordinazione per il battezzato e
specialmente per il consacrato. Ma Cristo è anche la fonte di un’autorità
divina e dunque irrifiutabile, partecipata nei ministri. Balthasar è stato
giustamente criticato, credo, quando sceglie l’obbedienza come principale
strumento ermeneutico per capire il rapporto sacerdozio comune/sacerdo-
zio ministeriale e conclude che l’autorità avrebbe l’obbedienza come uni-
co obiettivo, creando un circolo dove il ministero è lì per comandare e il
sacerdozio comune per obbedire.22
La grandezza di tale accezione della nuzialità e l’esigente oblazione di
sé che impone spiegano forse la fecondità intellettuale e spirituale di questo
pensiero balthasariano. Il ministro è inteso sacramentalmente come sposo,
come specifico rappresentante di Cristo. Ma secondo uno schema nato nel-
la vita religiosa, e tenendo dunque conto più del battesimo – che struttura
la vita consacrata – che dell’ordine.23 Si traslata cioè l’obbedienza religiosa
alla struttura ministeriale della Chiesa, incrementando la forza del voto
– che sottomette un battezzato all’altro, il consacrato al suo superiore – con
l’autorità cristica dell’ordine. Balthasar supera certamente le letture esclu-
sivamente moralizzanti della nuzialità. Ma, appoggiandosi sul battesimo
più che sul sacerdozio, rischia di far dimenticare all’autorità la sua funzione
ministeriale, e d’incoraggiarla ad una clericalizzante mistica del capo.
Questi paragrafi su Balthasar sono forse troppo brevi,24 ma mostrano, a
mio parere, l’utilità di ricercare una teologia più direttamente sacramentale
Priesthood: the Mystery of Christ and the Mission of the Priest, Catholic University of America
Press-T & T Clark, Washington-Edinburgh 1998, 88-112.
22
Cfr. S. Dianich, Teologia del ministero ordinato. Una interpretazione ecclesiologica,
Paoline, Roma 1984, 85-87. Sull’obbedienza in Balthasar, cfr. P. Ide, L’amour comme obéissance
dans la Trilogie de Hans Urs von Balthasar, «Annales Theologici» 22 (2008) 35-77.
23
Non voglio evidentemente dire qui che la vita religiosa sia il solo modo di vivere il
battesimo. Anche il sacerdote ha una vita radicalmente battesimale (cfr. B.D. de la Soujeole,
Prêtre du Seigneur dans son Église, Parole et Silence, Paris 2009). Intendo sottolineare soltanto
che il battesimo è il riferimento sacramentale essenziale della vita consacrata.
24
Questa relazione utilizzerà un concetto tradizionale che Balthasar riprende, ossia il
concetto dell’associazione del sacerdote al sacrificio che celebra. Balthasar lo sviluppa con il
vocabolario dei consigli (cfr. Christlicher Stand, la fine della seconda parte; Power, A Spiritual
Theology, 29-48) ma vi è un’intuizione che condivido.
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e ministeriale, senza influsso della vita consacrata, che possa dire con esat-
tezza il ruolo del sacerdote. Utilizzeremo successivamente due strumenti:
le teologie dell’ordine tomista e contemporanea, che daranno un risultato
analogo. La persona e la vita del ministro entrano cioè nella significazione
della nuzialità, o più esattamente nella significazione del sacramento. Ed
è qui il posto del celibato, perché esprime questo dono di servizio per la
Chiesa. Quando il Magistero usa il motivo nuziale o eucaristico del celi-
bato, indica secondo me la logica dell’ordine in quanto deve essere vissuta
dal ministro, incorporata alla sua esistenza tramite il celibato.
25
Su Tommaso e l’ordine, cfr. J. Périnelle, La doctrine de saint Thomas sur le sacrement
de l’ordre, «Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques» 14 (1930) 236-250. Per una
visione d’insieme sul tema del sacerdozio: Saint Thomas d’Aquin et le sacerdoce. Actes du Colloque
organisé par l’Institut Saint-Thomas d’Aquin les 5 et 6 juin 1998 à Toulouse, «Revue Thomiste»
99 (1999) 5-295, specialmente 59-74, 181-210 e 245-279 sul tema dell’ordine.
26
Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Ordinatio sacerdotalis (22 maggio 1994).
27
Per una riflessione più ampia e sistematica sul sacerdozio ministeriale e la donna, cfr.
M. Hauke, Die Problematik um das Frauenpriestertum vor dem Hintergrund der Schöpfungs- und
Erlösungsordnung, Bonifatius, Paderborn 1986.
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28
Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione circa la questione
dell’ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale Inter insigniores (15 ottobre 1976), AAS
69 (1977) 98-116, qui 110.
29
Inter insigniores, AAS 69 (1977) 110-111.
72
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30
A. Bandera, Redención, mujer y sacerdocio, Palabra, Madrid 1996, 272-273.
73
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31
Cfr. G. Narcisse, Convient-il à l’homme et à la femme d’être ordonnés prêtres ?, «Revue
Thomiste» 99 (1999) 191-210, qui 201.
32
Cfr. S. Butler, Quaestio disputata: ‘In persona Christi’, «Theological Studies» 56 (1995)
61-80, qui 79.
33
Per officium, l’edizione Vivès (t. 11 (1874) 95) segnala di fatto la variante effectum del
sacramento, particolarmente illuminante.
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34
A. del Portillo, Escritos sobre el sacerdocio, Palabra, Madrid 1970, 58 ; cfr. anche 44.
35
Cfr. P.J. Cordes, Inviati a servire. Presbyterorum Ordinis: storia, esegesi, temi, sistematica,
Piemme, Casale Monferrato 1990, 243.
36
È il paragone di Jacques Maritain in À propos de l’École Française, «Revue Thomiste» 71
(1971) 463-479, qui 476.
37
F. Frost, Ministère, Catholicisme 9 (1982) col. 185-226, qui col. 216.
75
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38
Cfr. A. Michel, Ordre, ordination, DTC 11/2 (1932) col. 1193-1405, qui 1305.
39
Che parla di “sacerdotium visibile et externum”: XXIIIa sessione, canone 1: DH 1771.
40
Cfr. PO, 2 o ASC IV/VII, 119.
41
Cfr. Cordes, Inviati a servire, 217.
42
È l’ottica di J. Ratzinger, L. Scheffczyk, H.U. von Balthasar, J. Galot, G. Greshake,
J.-M. R. Tillard, J. Saraiva Martins, G. Gozzelino o A. Favale: cfr. G. Gozzelino, Nel nome
del Signore. Teologia del ministero ordinato, Elle Di Ci, Torino-Leumann 1992, 35.
43
Cfr. A. Miralles, Ecclesialità del presbitero, «Annales Theologici» 2 (1988) 121-139,
qui 131.
44
L.F. Mateo-Seco, El ministerio, fuente de la espiritualidad del sacerdote, in L.F. Mateo-
Seco (ed.) La formación de los sacerdotes en las circunstancias actuales. XI Simposio Internacional de
Teología de la Universidad de Navarra, Servicio de Publicaciones de la Universidad de Navarra,
Pamplona 1990, 383-427, qui 399.
45
Cfr. ibidem, 412-414.
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46
Sulla “logica eucaristica dell’esistenza cristiana”, cfr. Benedetto XVI, Es. ap.
Sacramentum caritatis, tutta la terza parte e specialmente il n. 80 sul sacerdote.
47
Cfr. G. Greshake, Priester sein in dieser Zeit, Herder, Freiburg-Basel-Wien 2000,
286-287.
48
Congregazione per l’Educazione Cattolica, Orientamenti educativi per il celibato
sacerdotale (2 aprile 1974), n. 13.
49
Ibidem, n. 9.
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50
Anche qui, per altre informazioni, cfr. L’avenir du célibat sacerdotal, 23-38.
51
Cfr. Y. Congar, Sainte Église, (Unam Sanctam, 41) Cerf, Paris 1964, 297-298.
52
Cfr. Ibidem.
53
Cfr. Ibidem, 295.
54
Ibidem, 297.
55
Cfr. ad esempio J. Ratzinger, Église, œcuménisme et politique, Fayard, Paris 1987, 110.
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56
Bonaventura, De reductione artium, n. 26, in Opera omnia, t. V, 325.
57
Cfr. B. de La Combe, Le mariage de Talleyrand, «Le Correspondant» 220 (1905) 658-
687 e 853-887.
58
Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sulla ‘Chiesa
clandestina’ nella Repubblica Ceca, «Il Regno Documenti» 5 (2000) 166-167.
59
Cfr. E. Castellucci, A trent’anni dal decreto “Presbyterorum Ordinis”. La discussione teologica
postconciliare sul ministero presbiterale, in «La Scuola Cattolica» 124 (1996) 3-68 e 195-261, qui 30.
60
Cfr. P. McPartlan, Presbyteral Ministry in the Roman Catholic Church, «Ecclesiology»
1 (2005) 11-24; P. Goyret, Chiamati, consacrati, inviati: il sacramento dell’ordine, Libreria
Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2003, 120-122.
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monio (se si può dire senza pleonasmi) si enuncia con un vocabolario simila-
re a quello dell’oblazione eucaristica del celibato. Tutto parte evidentemente
dalla Lettera agli Efesini: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre
e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero
è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!” (Ef 5,31-32).
Questo senso della Scrittura, la teologia dei due ultimi secoli l’ha risco-
perto, nel solco tra l’altro di Matthias-Joseph Scheeben, che contempla il
matrimonio come la continuazione, la copia e l’organo delle nozze di Cristo
e della Chiesa.63 Tale messaggio deve essere ascoltato soprattutto perché
le sue espressioni più ardite si riferiscono sovente all’Eucaristia, in termini
dunque similari a quelli che ci hanno fatto concludere che il celibato esprime
bene la nuzialità, l’oblazione del Salvatore per la salvezza del nuovo Israele.
L’abbinamento del matrimonio all’Eucarestia si ritrova nella Bibbia, quando
viene descritta la nuova Alleanza stabilita nel sangue di Cristo.
Il matrimonio, dono mutuo dei coniugi orientato alla trasmissio-
ne della vita, incontra il suo esemplare nell’oblazione di Cristo sposo,
che rivela ad ogni Eucaristia e permette di vivere per grazia che l’amore
nuziale esige un sacrificio di sé che passa per il corpo. “A partire dall’idea
di alleanza, si scopre l’aspetto nuziale dell’Eucaristia nel gesto eminen-
temente espressivo d’amore per il quale Gesù, nell’ultima cena, presenta
il suo corpo affinché sia mangiato (“Prendete e mangiate il mio corpo”)
come in un’offerta nuziale, alla quale deve corrispondere, per la Chiesa
e per ogni cristiano, l’oblazione del proprio corpo”.64 Così il matrimonio
umano e l’unione di Cristo con l’anima mediante l’Eucaristia esprimono
le nozze del Signore con la sua Chiesa.65
Una volta ricordato che il matrimonio sacramentale significa le nozze
di Cristo, e di più secondo il modello dell’unione eucaristica, sembrerebbe
che la conclusione del ragionamento dovesse essere di scartare il celibato
per affermare invece che il matrimonio del ministro è una giusta espres-
63
Cfr. M.J. Scheeben, I misteri del cristianesimo, Morcelliana, Brescia 1960.
64
A. Ambrosiano, Mariage et eucharistie, «Nouvelle Revue Théologique» 98 (1976) 289-
305, qui 298.
65
Alcuni esempi classici: Tommaso d’Aquino, S.Th., IIIa, q. 65, a. 3; M.-J. Scheeben,
Handbuch der katholische Dogmatik, III, Herder, Freiburg 1961, n. 442; H. Doms, Vom Sinn
und Zweck der Ehe, Ostdeutsche Verlagsanstalt, Breslau 1935, 111.
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sione della nuzialità.66 Una vita coniugale del chierico non costituirebbe di
fatto per la comunità un segno visibile dell’oblazione di Cristo? Se si vuole
nuzialità, perché non prendere semplicemente il matrimonio? Orbene, se
ogni matrimonio manifesta la sponsalità del Signore – incluso e special-
mente il suo aspetto eucaristico – le nozze del sacerdote non indicherebbe-
ro adeguatamente secondo me la nuzialità specifica del ministro, specifica
tra l’altro nelle sue relazioni con l’Eucaristia. Cercherò di spiegarmi.
Il ministero e il matrimonio sono due espressioni del sacrificio della
croce, e i loro momenti chiavi, ambedue vissuti in riferimento all’Eucari-
stia, si escludono per così dire mutuamente. Questi momenti sono – per il
sacramento dell’ordine e nel suo cuore – la celebrazione eucaristica e l’o-
blazione del sacerdote che essa richiede, affinché sia veramente un segno
di Cristo vittima per la Chiesa; mentre per il sacramento del matrimonio,
la donazione reciproca degli sposi, ad immagine dell’olocausto del Golgo-
ta, incoronata dagli atti coniugali. Più si ha una visione alta del matrimo-
nio e dell’ordine (cioè più il matrimonio è concepito come una vocazione
alla santità e a un dono di totalità, e più l’ordine è inteso come un’alleanza
eucaristica), più le consumazioni di queste due oblazioni saranno capite
come stentatamente conciliabili.
Il carattere pubblico del celibato-continenza, richiesto anche giuridica-
mente, risponde alla natura pubblica del ministero e della rappresentazio-
ne di Cristo-Capo. Il ministro, infatti, è conosciuto dalla comunità come
portatore della consacrazione ministeriale e della sua fecondità eucaristi-
ca, è correlativamente conosciuto pubblicamente come avendo promesso
davanti alla Chiesa di vivere il celibato per il Regno. All’immagine del suo
Signore, sacerdote e vittima, il ministro non sale soltanto all’altare come
sacrificatore, ma vi offre anche il suo corpo, non distribuisce unicamente le
grazie eucaristiche, ma vi associa la sua vita e la sua carne.67 Grazie al celi-
bato, la nuzialità non è un simbolo vuoto, ma si vincola alla rappresentazio-
66
Cfr. l’opinione di un Padre del Vaticano II in R. Wasselynck, Les prêtres. Elaboration
du décret de Vatican II. Histoire et genèse des textes conciliaires, t. II, Desclée, Tournai 1968, 149:
fondare « la convenance du célibat sacerdotal sur l’argument des noces du Christ » è un argomento
che potrebbe « conduire davantage à une conclusion contraire » cioè al matrimonio clericale.
67
Cfr. Stafford, Il fondamento eucaristico, 190; St. Heid, Zölibat in der frühen Kirche,
Schöningh, Paderborn 1997, 313-314.
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“Just as Christ, and his priests, have a spousal relationship with the Church, so the
Church as virginal spouse of Christ has in a very real sense exclusive nuptial rights over the
priest as icon of Christ”: T. McGovern, Priestly Celibacy Today, Scepter – Four Courts Press
– Midwest Theological Forum, Princeton – Dublin – Chicago 1998, 85.
69
« Seul le célibat explique naturellement en plénitude la représentation sacramentelle de
Jésus crucifié dans l’acte de sa Médiation sacerdotale et de son Alliance virginale avec l’Église
son Épouse » : A. Chapelle, Pour la vie du monde. Le sacrement de l’ordre, Institut d’Études
Théologiques, Bruxelles 1978, 367.
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