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4) Cause della rivoluzione ingleseAlla morte senza eredi di Elisabetta I nel 1603, la corona
inglese passò al nipote della regina Giacomo Stuart (1566-1625), re di Scozia. La forza dello stato
inglese, sopratutto durante il regno di Elisabetta I, era caratterizzato dall'equilibrio instauratosi tra
re e Parlamento. Quest'ultimo, era diviso in due camere: quella dei lord dove siedevano in via
ereditaria i nobili e l'alto clero anglicano, e quella dei comuni formata dal resto della popolazione.
La Chiesa anglicana, di cui il sovrano era il capo supremo, costituiva un fondamentale caposaldo
del potere della corona che aveva il potere di nominare i vescovi. Giacomo I decise di evitare di
aprire un contenzioso in materia religiosa, attuando la scelta di tollerare forme di culto eterodosse.
In quanto ai cattolici, durante il suo regno, la repressione non andava oltre a una severa
riscossione delle multe affibbiate a chi disertava la messa di rito anglicano. Durante il suo regno il
re si fece aiutare da Robert Cecil, ministro prediletto di Elisabetta I, che costituiva una garanzia
per la classe dirigente inglese, che guardava con sospetto alle stravaganze della nuova corte. Infatti
il sovrano inglese tendeva a spendere senza alcuno scrupolo e a retribuire in modo avventato e con
estrema larghezza chiunque lo circondasse. Le maggiori fonti di introito delle finanze della corona
erano costituite dalla rendita delle terre regie, dagli incassi di una serie di tariffe doganali e dai
proventi di diritti di origine feudale. Questi redditi, si riteneva, dovevano essere sufficienti ai
bisogni della corona in tempo di pace. In caso di guerra o di necessità straordinarie il Parlamento
poteva votare nuovi sussidi per coprire le spese, prima però doveva accertarsi dell'orientamento
della politica regia, assumendo una funzione di garanzia e controllo. L'inflazione in quegli anni,
aveva reso insufficienti gli introiti statali: la vendita di uffici, onori e titoli costituivano un rimedio
parziale, in qualche caso temporaneo, al deficit. Giacomo I, trovandosi in questa situazione, fu
costretto a chiedere nuove tasse al Parlamento che tuttavia fu restio a concederle. Questo perchè
nel Parlamento siedevano in maggioranza uomini formatisi durante il regno elisabettiano, propensi
a ulteriori forme della Chiesa anglicana in senso protestante e un più netto impegno anticattolico
in politica estera. Giacomo I invece ambiva a fare dell'Inghilterra un elemento di pacificazione e
mediazione nella scena politica europea. Un altro problema sorse in merito alla pace firmata tra il
re spagnolo Filippo III e Giacomo I. Molti mercanti, navigatori ed esploratori inglesi sognavano
l'espansione coloniale e commerciale britannica e l'attacco al cuore del grande impero spagnolo.
Quindi l'avvicinamento tra il re spagnolo e il re inglese fu anch'esso fonte di grossi contrasti tra il
parlamento e la corona, alimentato anche dalla corruzione e dal clientelismo all'interno del
governo il cui centro era costituito dal favorito di Giacomo, Georges Villiers, duca di Backingham.
Alla morte di Giacomo I, la successione di Carlo I sul trono inglese (1625) avvenne in un
momento molto delicato, nel pieno della guerra dei trent'anni. In occasione dell'invio di rinforzi
militari agli ugonotti francesi, scoppiò il conflitto tra re e parlamento e il terreno di scontro fu
quello fiscale. Il ruolo del duca di Backingham divenne in breve il centro delle polemiche e Carlo
si vide costretto a sciogliere il Parlamento del 1626 a causa degli attacchi al proprio ministro. Nel
1628 poi, la camera dei comuni venne ricovoncata e in cambio dei sussidi richiesti, il parlamento
chiese al sovrano di formare la petion of right (petizione dei diritti) nella quale si proibivano in
futuro prestiti forzosi o altre forme di tassazione non autorizzate dal parlamento, arresti arbitrari e
procedure di emergenza disposte in violazione della legge. La situazione cominciò a precipitare
dopo l'assissinio di Buckingham e Carlo decise a questo punto nel 1629 di sciogliere il parlamento
con la ferma intenzione di non riconvocarlo. Da questo momento il sovrano inglese diede vita a un
governo personale fondato da lui stesso, che aveva la giurisdizione sui reati di lesa maestà e che
divenne un vero tribunale politico per l'eliminazione degli oppositori. In campo religioso venne
nominato arcivescovo di Canterbury William Laud e con lui venne ripristinato il prestigio dei
vescovi, il ruolo dei preti e riformata la proprietà ecclesiastica. In campo economico Carlo,
risoluto nel non voler convocare il parlamento, fu costretto ad affidarsi a gruppi di mercanti-
banchieri che gli assicuravano anticipi e prestiti in cambio della concessione di privilegi e di
monopoli commerciali. Inoltre alle volte, reperiva le risorse necessarie anche attraverso
l'imposizione giuridicamente forzata di dazi e di altre imposte. Ogni atteggiamento di dissendo
venne severamente represso. In tutto ciò la Scozia, calvinista, si oppose subito all'imposizione del
sistema di culto e dell'organizzazione ecclesiastica inglese episcopalista; si oppose all'imposizione
fiscale e dichiarò guerra a re Carlo. Nel 1640 il sovrano inglese decise di riconvocare il
parlamento con la richiesta di stanziamenti finanziari, ma le camere chiesero a loro volta
l'abolizione della ship money (tassa sulle navi) e la conferma della petition of right. Pochi giorno
dopo il parlamento venne nuovamente sciolto e per questo soprannominato corto parlamento. Ne
fu convocato uno nuovo, chiamato lungo parlamento. Tra corto e lungo parlamento le truppe
scozzesi sconfissero varie volte l'esercito inglese e vennero giustiziati vari ministri. Anche in
Irlanda persisteva una crisi sopratutto religiosa tra cattolici e calvinisti, così nel 1641 si proclamò
in rivolta. Il parlamento in questo modo rivendicò i pieni poteri militari e il comando della
repressione. Carlo I reagì e tentò di arrestare i capi dell'opposizione parlamentare ma non ci riuscì,
così decise di fuggire dalla capitale dando inizio alla guerra civile.
6) La rivoluzione Americana
La rivoluzione americana è il conflitto che oppose tra il 1776 e il 1783 le 13 colonie britanniche in
terra nord-americana alla madrepatria, concludendosi con la costituzione delle colonie in uno Stato
interdipendente i cosiddetti Stati Uniti d’America. L’ America settentrionale, ricoperta da foreste
ed abitata da tribù che vivevano in semplicità, diventò territorio di conquista già a partire dalla fine
del 1500. Infatti la necessità per le popolazioni europee di procurarsi delle pellicce spinse molti a
ricercare questa merce pregiata. Così a partire dal XVI secolo, sulle coste atlantiche dell’ America
del Nord si erano insediati coloni olandesi, francesi ed inglesi dediti al commercio delle pellicce.
C’erano quindi anche gli inglesi e la loro colonia era cresciuta, poiché si erano aggiunte tutte
quelle persone che erano state perseguitate in Inghilterra per le loro opinioni politiche e religiose,
durante la dittatura di Cromwell, ed ora cercavano un territorio lontano, in cui vivere in pace e
liberamente. Il più famoso gruppo di emigrati sbarcò a Capo Cod nel dicembre 1620. Erano 102
puritani ( “setta” religiosa ) in cerca di una terra dove poter pregare in pace e libertà, giunti da
Plymouth sulla nave Mayflower. Questo fu l’atto di nascita delle colonie Americane. Prima di
toccare la nuova terra giurarono di restare uniti e di sottomettersi alle regole stabilite “per il bene
di tutti”. Quest’accordo conteneva il principio della uguaglianza politica, ecco perché i pellegrini
del Mayflower sono considerati i padri fondatori della democrazia americana. Per questo motivo
gli inglesi occuparono un territorio sempre più vasto. Alla metà del XVIII secolo, le colonie erano
diventate 13, con quasi due milioni di abitanti. La società coloniale somigliava a quella europea,
ma le differenze erano meno profonde. Nelle colonie inglesi del Sud il potere era nelle mani dei
grandi proprietari terrieri, ricchissimi grazie alle loro immense piantagioni di cotone e tabacco in
cui lavoravano schiavi e negri, presi dalle coste africane. Ma nelle altre colonie la popolazione era
formata da piccoli agricoltori indipendenti, che costituivano il 90% del totale dei coloni: gli altri
erano mercanti, marinai, artigiani, armatori etc. Vivevano in piccoli villaggi, dalle case modeste e
in gran parte di legno. Le città erano poche, la più grande era Filadelfia. I coloni erano
religiosissimi, tanto che l’influenza del pastore religioso sulla comunità era molto forte, e la lettura
della Bibbia una delle consuetudini quotidiane. I rapporti fra gli abitanti delle colonie e la
madrepatria (Inghilterra) non erano molto buoni. Ogni colonia, che disponeva di una propria
assemblea elettiva, avrebbe voluto governarsi da sé; e invece i governatori nominati da Londra le
tenevano sotto controllo. Sul piano economico, poi, il contrasto era assoluto. Per il governo
inglese, i territori americani dovevano soltanto fornire materie prime (grano, legname, pellicce,
ferro) ed essere un mercato per la produzione inglese, senza possedere industrie coloniali.
Dovevano insomma vendere le materie prime delle colonie all’ Inghilterra, importare i manufatti
dalla madrepatria stessa e pagarli ad un prezzo fissato dagli inglesi. Una situazione questa, che non
poteva durare nel tempo. Fin quando i coloni ebbero bisogno di essere protetti dall’ Inghilterra,
contro i francesi che li circondavano, sopportarono a malincuore. Dopo le guerre coloniali con la
Francia, la minaccia svanì. La guerra contro la Francia era costata una cifra colossale. Per
raddrizzare il proprio bilancio, il governo inglese introdusse numerose tasse, alcune delle quali
colpivano solo le colonie. I coloni reagirono prontamente, facendosi sentire contro il parlamento di
Londra, non ritenendo giusta la decisioni di sottostare alle tasse da parte dell’Inghilterra. Difatti,
nel parlamento inglese non c’erano deputati che rappresentavano le colonie, per cui non c’era
nessun diritto a tassarli. La protesta impressionò il governo e le tasse furono cancellate, tranne il
dazio (tassa) sulle importazioni del “tea”, mantenuto per affermare che, comunque, il parlamento
inglese aveva il diritto di tassare le colonie americane. Nel 1773, per ribellarsi un gruppo di
americani travestiti da pellirosse gettò in mare il carico di tea di alcune navi giunte nel porto di
Boston. Da qui iniziò il ricorso alle armi da parte dei coloni americani. Il re Giorgio III di
Inghilterra decise di opporre le sue truppe contro i ribelli delle colonie, per riportare l’ordine e
l’obbedienza. Nell’ aprile 1775, truppe inglesi si scontrarono con reparti di coloni a Lexington e a
Concord. Le ostilità erano ormai aperte. Un congresso di delegati delle colonie riunitosi a
Filadelfia organizzò un esercito di volontari, affidandone il comando a George Washington. Ciò
malgrado, le colonie americane esitavano di fronte all’idea di una separazione netta dalla
Inghilterra: il congresso tentò dunque di giungere ad un accordo. Ma re Giorgio III respinse ogni
forma di compromesso, ritenendo i coloni americani dei ribelli. La rottura fu definitiva ed al
congresso non rimase che proclamare il 4 luglio 1776 una solenne Dichiarazione d’ indipendenza
delle colonie. Nasceva così il primo nucleo degli Stati Uniti. Mentre Washington cercò di dare un
assetto militare ai suoi ribelli contro la Gran Bretagna, un grande diplomatico Benjamin Franklin
decise di prendere contatti con le altre potenze europee per avere degli alleati contro l’Inghilterra.
Così Francia, Spagna e Olanda decisero di scendere in campo contro gli inglesi per via di vecchi
conti da regolare con essi. E l’esercito inglese venne sconfitto a Yorktown in Virginia, nel 1781.
L’Inghilterra si decise allora a firmare la pace e, col trattato di Parigi del 1783 riconobbe
l’indipendenza delle colonie americane. Quando la guerra ebbe fine, gli americani si trovarono a
discutere un problema importantissimo: che tipo di Stato dovevano organizzare? La costituzione
approvata nel 1787 da un’assemblea composta da rappresentanti di tutte le colonie, stabilì che il
nuovo Stato fosse di tipo federale. Ogni Stato, cioè, avrebbe deciso da solo, con un proprio
governatore ed una propria assemblea, i propri problemi interni. Un solido governo centrale
avrebbe invece provveduto ai problemi comuni a tutti gli stati che avrebbero dato vita agli Stati
Uniti d’America. La costituzione, in vigore ancora oggi con poche modifiche, è molto agile: il
capo dello Stato e del governo è un presidente eletto dal popolo. Il potere legislativo spetta a due
assemblee composte da rappresentanti di tutti gli stati, la camera dei rappresentanti ed il senato. Il
potere giudiziario è affidato ad una magistratura indipendente. Primo presidente americano fu
George Washington. La Dichiarazione d’ indipendenza diceva con chiarezza che tutti gli uomini, e
quindi anche tutti gli abitanti degli Stati Uniti erano liberi ed uguali. Ma era così per tutti? Gli
indiani, per esempio che occupavano enormi territori sui quali potevano estendersi milioni di
coloni, come venivano considerati? E la schiavitù dei negri? I quali erano costretti a sottostare ai
padroni e lavorare duramente nelle piantagioni. Proclamare la libertà politica come diritto di tutti e
perseguitare gli indiani o schiavizzare i negri era certo una contraddizione profonda. Questioni
sociali che tormentarono duramente la nascita degli Stati Uniti e l’avvento della democrazia.
Federazione: lega di Stati, di cui ciascuno ha le proprie leggi, ma sono poi retti tutti da una
Costituzione comune.
Confederazione: unione politica di più Stati con degli interessi comuni a livello internazionale.
Alcuni articoli costituzionali americani: art.1: tutti i poteri legislativi sono conferiti ad un Congresso
degli Stati Uniti composto da un senato e da una camera dei rappresentanti. Art.2: Il presidente degli
Stati Uniti sarà investito del potere esecutivo. Art.3: Il potere giudiziario viene affidato ad una corte
suprema ed a quelle corti che il congresso può istituire. Il giudizio per tutti i crimini dovrà avvenire
mediante giuria.
9) La rivoluzione Francese
Alla vigilia della Rivoluzione la società francese era organizzata secondo criteri medievali. C’erano i
famosi 3 ordini: clero, nobiltà e terzo stato che componevano gli stati generali. Il clero era distinto in
due rami. C’era l’alto clero composto da figure di origine aristocratica (vescovi, cardinali, abati) che
avevano grandi privilegi: le terre, la riscossione delle decime (la decima parte del raccolto dei
contadini andava alla chiesa). C'era poi il basso clero, di cui facevano parte uomini di origine umile,
contadina, basso-borghese. A loro spettava il minimo dei proventi che si ricavavano dalle decime. La
nobiltà francese era in decadenza, non era più il nervo dello stato, ma rimaneva comunque la classe
dominante della società per ricchezza e prestigio. Il nobile non aveva doveri ma solo diritti. C’erano
delle distinzioni all’interno di questa classe sociale: l’aristocrazia di corte, parassitaria e passiva;
l’aristocrazia di provincia, più aggressiva, reazionaria, vuole mantenere i suoi privilegi e diventa
violenta verso chi vuole toglierli; l’aristocrazia di toga, che ha acquistato i titoli dai sovrani e
svolgono un ruolo amministrativo, è gelosa del proprio ruolo e dei propri privilegi. Il terzo stato è la
classe maggiore. È composito, variegato. Infatti, si va dalle classi popolari, urbane e rurali di
campagna (braccianti, affittuari, garzoni, operai: il proletariato) fino alla piccola, media, alta
borghesia. La parte dinamica del terzo stato era composta dalla medio-alta borghesia (attiva
politicamente e culturalmente) composta da banchieri, commercianti, che detenevano una buona
parte della vita economica, sociale, burocratica dello stato. Però questa borghesia non era padrona
dello stato. Era sul terzo stato che gravava il peso fiscale dello stato, i diritti e privilegi della nobiltà e
del clero. Erano sottomessi ai poteri. Quando re Luigi XVI si decise a convocare gli Stati generali,
che non venivano chiamati dal 1614, non si immaginava quello che sarebbe successo. Li aveva
convocati per far uscire dalla grave crisi finanziaria in cui la Francia era incappata. Il ministro delle
finanze, Necker, pensava che questo poteva essere risolto con grandi riforme importanti, toccando la
struttura dello stato. L’idea era quella di rivedere i privilegi della nobiltà e del clero che erano
largamente parassitari nell’economia. Il problema finanziario non era l’unico, infatti, il problema più
profondo era quello che riguardava la struttura dello stato (corona, leggi, stati generali) che era ormai
lontana e inadeguata rispetto ai problemi della società che era cresciuta. Questa distanza tra lo stato e
la società era stata resa più evidente dall’Illuminismo. In quegli anni si era sviluppato l’Illuminismo
che parlava anche di politica e difendeva i diritti degli uomini. Gli Stati generali, come abbiamo
detto, vennero convocati nel maggio del 1789. I ceti borghesi e le masse contadine ebbero così
l’occasione di presentare le proprie rimostranze contro i privilegi aristocratici e signorili. Grande
risonanza ebbero le riflessioni espresse dall’abate Sieyés che si era schierato, insieme ad altri nobili
liberali, dalla parte dei borghesi. In un opuscolo intitolato “Che cos’è il terzo stato?” Sieyés rigettava
la tradizionale divisione in tre ordini, sostenendo che la sovranità spettasse alla nazione intesa come
insieme omogeneo dei tre ceti. La borghesia chiese quindi da un lato che il numero dei proprio
rappresentanti fosse uguale alla somma dei deputati del clero e della aristocrazia, dall’altro che le
votazioni venissero per testa e non per ordine. Però il re, che doveva apparire nelle vesti da
mediatore, fu del tutto inetto a questo scopo. Furono allora i deputati del terzo stato a prendere
l’iniziativa, proponendo che i rappresentanti dei tre ordini lavorassero in comune e che le
deliberazioni fossero prese a maggioranza e non più conteggiando i voti della nobiltà del clero e del
terzo stato. E poiché i rappresentanti della nobiltà e del clero si opposero a votare per testa i
rappresentanti del terzo stato decisero di abbandonare l’aula e si proclamarono Assemblea
Nazionale. Con il giuramento della Pallacorda il terzo stato giurò di restare unito fino a quando la
nazione non avesse avuto una costituzione. Il re invitò allora il clero e la nobiltà a sedere
nell’Assemblea Nazionale Costituente. Finisce con questo fatto la monarchia assoluta e quindi anche
l’Antico Regime. Il re non era disposto di accettare senza reagire la sconfitta dell’assolutismo e
ordinò ad alcuni reggimenti di raggiungere Versailles per riprendere il controllo del potere. La paura
di una dura repressione spinse il popolo ad assalire la Bastiglia, che venne presa il 4 luglio 1789: con
questo fatto inizia la Rivoluzione Francese. La popolazione contadina per paura della vendetta
aristocratica saccheggio le ville dei nobili e bruciò le carte su cui erano enunciati i diritti feudatari. Il
4 agosto con due decreti vennero aboliti i diritti feudali nobiliari ed ecclesiastici e abolirono i diritti
esercitati dai nobili feudatari (come le corvees) sulle persone. Il 26 agosto venne approvata la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, redatta sulla Dichiarazione d’indipendenza
americana, in cui si enunciavano i diritti inviolabili e inalienabili dell’uomo affermando il principio
della divisione dei poteri dello stato e mettendo fine all’Ancien Regime. I diritti erano i seguenti:
1:Lo Stato assicura i diritti dei suoi cittadini. 2:Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente
nella nazione. 3:Se lo stato viene meno ai suoi doveri il cittadino ha il diritto di resistere alla sua
oppressione.
Il rifiuto di Luigi XVI di firmare le carte provocò un moto popolare. Il 5 ottobre il popolo marciò su
Versailles, seguito dalla Guardia Nazionale guidata dal generale La Fayette, e costrinse la famiglia
reale a trasferirsi a Parigi, nel palazzo della Tuileries. La costituente si trasferì a Parigi e creò una
democrazia parlamentare sotto l’egida del re e della legge. Il punto di arrivo fu la Costituzione del
1791. ma prima dovette affrontare le questioni finanziarie. Il 2 novembre 1789 i beni della chiesa
divennero proprietà della nazione. La riforma agraria fu attuata con la soppressione di tutti i privilegi
connessi al feudalesimo: furono soppresse decime e gerarchie feudali, i diritti di primogenitura e tutti
gli obblighi di natura personale. La costituente attribuì larghi poteri alle municipalità e riorganizzò il
territorio in dipartimenti, distretti e cantoni. Con la riforma giudiziaria fu abolita la venalità degli
uffici, la giustizia fu separata dall’amministrazione secondo il principio della divisione dei poteri,
furono istituiti due tribunali nazionali, l’Alta Corte e il Tribunale di cassazione. Nel 1790 fu
approvata la costituzione civile del clero. Tutte le cariche dal vescovo al parroco furono elettive. Il
clero venne sottoposto al controllo dello stato. 98 La reazione di Roma e del pontefice Pio VI fu
durissima. In Francia il clero si divise: alcuni accettarono il nuovo ordinamento, altri rimasero fedeli
alla gerarchia di Roma. L’attività legislativa e le scelte politiche dell’assemblea nazionale furono
coronate nella costituzione del 1791: 1.Conferma di tutti gli articoli riguardanti le libertà
fondamentali del cittadino della dichiarazione dei diritti del '89 2. La divisione dei 3 poteri
legislativo, esecutivo e giudiziario in tre differenti autonomi organismi politici 3. La concentrazione
del potere legislativo in un’assemblea legislativa 4. L’attribuzione al sovrano del potere esecutivo 5.
L’attribuzione del potere giudiziario a giudici eletti dal popolo 6. Il carattere gratuito dell’istruzione
primaria Nella costituzione del 1791 erano realizzate le idee ispiratrici dell’Illuminismo come la
separazione dei poteri e la nuova concezione della rappresentanza fondata sulla democrazia
parlamentare. Inoltre viene definita liberal-democratica, perché di liberale c’è la divisone dei poteri e
l’idea che lo stato riconosce e difende i diritti dei cittadini e perché di democratico c’è l’idea che lo
stato e quindi le leggi si fondano sul popolo, sulla sovranità popolare. Il re non si rassegnò alla
perdita dei suoi poteri e scappò quindi da Parigi il 20 giugno 1791(fuga di Varennes), ma viene
riconosciuto e ricondotto a Parigi, dove viene momentaneamente sospeso dal trono per circa due
mesi.