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5/9/2018 La fine della fisica teorica, per come la conosciamo - Le Scienze

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03 settembre 2018

La fine della fisica teorica, per come la conosciamo


Simulazioni al computer e analoghi quantistici stanno cambiando lo studio della realtà da parte dei fisici e anche il significato stesso
della ricerca delle leggi della natura di Sabine Hossenfelder/Quanta Magazine

La fisica teorica ha fama di essere complicata. Mi permetto di dissentire. Essere in grado di scrivere le leggi naturali in forma matematica significa che le leggi
che trattiamo sono semplici, molto più semplici di quelle di altre discipline scientifiche. Sfortunatamente, la soluzione di queste equazioni spesso non è
altrettanto semplice. Per esempio, abbiamo una teoria assolutamente precisa che descrive le particelle elementari chiamate quark e gluoni, ma nessuno può
calcolare come esse si uniscono per formare un protone. Le equazioni non possono essere risolte con metodi noti. Allo stesso modo, una fusione di buchi neri
o anche il flusso di un ruscello di montagna può essere descritto in termini ingannevolmente semplici, ma è terribilmente difficile prevedere che cosa succederà
in ogni caso particolare. Certo, stiamo spingendo i limiti costantemente in avanti, alla ricerca di nuove strategie matematiche. Ma negli ultimi anni gran parte
della spinta è venuta non da una matematica più sofisticata, ma da una maggiore potenza di calcolo.

Quando il primo software matematico divenne disponibile negli anni ottanta, non faceva molto di più che evitare la ricerca in enormi elenchi stampati di integrali
risolti. Ma una volta avuti a disposizione i computer, i fisici si sono resi conto di non aver più bisogno di risolvere gli integrali, perché potevano limitarsi a
tracciare il grafico della soluzione. Negli anni novanta, molti fisici si sono opposti a questo approccio per cui “basta il grafico”. Pochi erano addestrati alle analisi
al computer e talvolta non riuscivano distinguere gli effetti fisici dagli artefatti del codice. Forse è per questo che ricordo molti seminari in cui un risultato veniva
definito, in modo svalutante, come “puramente numerico”. Ma negli ultimi due decenni, questo atteggiamento si è notevolmente trasformato, non da ultimo
grazie a una nuova generazione di fisici, per i quali la scrittura di codici di programmazione (coding) è un’estensione naturale della loro competenza
matematica.

Di conseguenza, la fisica teorica ha ora molte sottodiscipline dedicate alle simulazioni al computer di sistemi reali e studi che non sarebbero possibili in alcun
altro modo. Le simulazioni al computer sono ciò che ora usiamo per studiare la formazione di galassie e strutture supergalattiche, per calcolare le masse di
particelle composte da diversi quark, per scoprire che cosa succede nella collisione di grandi nuclei atomici e per capire i cicli solari, per citare solo alcune aree
di ricerca che sono principalmente basate sul computer.

Il prossimo passo di questo allontanamento dalla modellizzazione puramente matematica è già in corso: i fisici ora progettano sistemi di laboratorio ad hoc che
sostituiscono altri sistemi che vogliono capire meglio. Osservano il sistema simulato in laboratorio per trarre conclusioni su, e fare previsioni per, il sistema
rappresentato.

Il miglior esempio potrebbe essere l’area di ricerca che va sotto il nome di


“simulazioni quantistiche”. Si tratta di sistemi formati da oggetti interagenti e
compositi, come nubi di atomi. I fisici manipolano le interazioni tra questi oggetti in
modo che il sistema somigli a un’interazione tra particelle più fondamentali. Per
esempio, nell’elettrodinamica quantistica circuitale, i ricercatori usano piccoli circuiti
superconduttori per simulare gli atomi e quindi studiare come questi atomi artificiali
interagiscono con i fotoni. Oppure, come avviene in un laboratorio di Monaco di
Baviera, in Germania, i fisici usano un superfluido di atomi ultrafreddi per risolvere il
dibattito sulla possibilità che particelle di tipo Higgs possano esistere in due
dimensioni dello spazio (la risposta è affermativa).

Queste simulazioni non sono solo utili per superare ostacoli matematici nelle teorie
(James O’Brien per Quanta Magazine)
che già conosciamo. Possiamo anche usarle per esplorare le conseguenze di
nuove teorie che non sono state studiate prima e di cui non conosciamo ancora la
rilevanza.

Ciò è particolarmente interessante quando si tratta del comportamento quantistico dello spazio e del tempo stessi, un ambito in cui ancora non abbiamo una
buona teoria. In un recente esperimento, per esempio, Raymond Laflamme, fisico dell’Istitute for the Quantum Computing dell’Università di Waterloo in Ontario,
Canada, e il suo gruppo hanno usato una simulazione quantistica per studiare le cosiddette reti di spin, strutture che, in alcune teorie, costituiscono il tessuto
fondamentale dello spazio-tempo. E Gia Dvali, fisico dell’Università di Monaco di Baviera, ha proposto un metodo per simulare l’elaborazione delle informazioni
dei buchi neri con gas atomici ultrafreddi.

Un’idea simile viene perseguita nel campo della gravità analoga, in cui i fisici usano fluidi per imitare il comportamento delle particelle nei campi gravitazionali. I
buchi neri hanno attirato la maggior parte dell’attenzione, come nel caso (ancora un po’ controverso) di Jeff Steinhauer, che ha annunciato di aver misurato la
radiazione di Hawking in un analogo di un buco nero. Ma i ricercatori hanno anche studiato la rapida espansione dell’universo primordiale, chiamata
“inflazione”, con analoghi fluidi della gravità.

Inoltre, i fisici hanno studiato ipotetiche particelle fondamentali osservando le controparti chiamate quasiparticelle. Queste quasiparticelle si comportano come
particelle fondamentali, ma emergono dal movimento collettivo di molte altre particelle. Capire le loro proprietà permette di imparare di più sul loro
comportamento, e quindi anche di trovare modi di osservare il fenomeno reale.

http://www.lescienze.it/news/2018/09/03/news/fine_fisica_teorica-4095350/?refresh_ce 1/2
5/9/2018 La fine della fisica teorica, per come la conosciamo - Le Scienze
Questa linea di ricerca solleva grandi domande. Innanzitutto, se siamo in grado di
simulare ciò che ora riteniamo fondamentale usando quasiparticelle composte,
allora forse anche quello che attualmente riteniamo fondamentale – lo spazio e il
tempo e le 25 particelle che costituiscono il modello standard della fisica delle
particelle – è costituito da una struttura sottostante. Anche le simulazioni
quantistiche ci inducono a interrogarci su che cosa significhi spiegare il
comportamento di un sistema. Osservare, misurare e fare una previsione usando
una versione semplificata di un sistema equivale a una spiegazione?

Ma a mio avviso, l’aspetto più interessante di questo sviluppo è che alla fine
trasforma il nostro modo di fare fisica. Con le simulazioni quantistiche, il modello
matematico ha una rilevanza secondaria. Attualmente usiamo la matematica per
identificare un sistema adatto perché la matematica ci dice quali proprietà
dovremmo cercare. Ma non è strettamente necessario. Forse, con il passare del
tempo, i fisici sperimentali impareranno semplicemente quale sistema viene
mappato da quale altro sistema, in quanto hanno appreso quale sistema viene
Dagli atomi alla formazione delle galassie, le simulazioni stanno trasformando profondamente
il significato della ricerca in fisica teorica. (© Science Photo Library / AGF) mappato da quale matematica. Forse un giorno invece di fare calcoli useremo solo
osservazioni di sistemi semplificati per fare previsioni.

Al momento, ne sono sicuro, la maggior parte dei miei colleghi rimarrebbe inorridita da questa visione futura. Ma nella mia mente, costruire un modello
semplificato di un sistema in laboratorio non è concettualmente diverso da quello che i fisici hanno fatto per secoli: elaborare modelli semplificati di sistemi fisici
nel linguaggio della matematica.

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2018 da QuantaMagazine.org, una pubblicazione editoriale indipendente on line promossa dalla
Fondazione Simons per migliorare la comprensione pubblica della scienza. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti
riservati)

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