Sei sulla pagina 1di 39

La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte

tedesche: 1911-1914
Leonardo Passarelli

Premessa

Il termine ‘espressionista’ venne utilizzato per la prima volta


esplicitamente dalla critica tedesca per definire le opere di undici gio-
vani artisti francesi che esponevano alla XXII mostra della Secessione
di Berlino, inaugurata nell’aprile del 1911. I pittori in questione, pur
non costituendo un gruppo omogeneo, erano quasi tutti collocabili
nella cerchia di Matisse, ex studenti presso Gustave Moreau e alcuni
di loro avevano partecipato alle mostre dei fauves tra il 1905 e il 1907,
come nel caso di Georges Braque, André Derain, Maurice de Vlamin-
ck, Othon Friesz, Henri Manguin, Albert Marquet, Jean Puy, Kees
van Dongen, ai quali si aggiungevano Alcide Le Beau, Henri Doucet,
Auguste Herbin e Picasso, quest’ultimo presente a Berlino con opere
non cubiste. Tra essi risulta evidente l’assenza di Matisse, il quale,
dopo l’importante e ricca mostra personale nella galleria di Cassirer a
Berlino nel gennaio del 1909, rappresentava per gli artisti e i critici
tedeschi l’esempio più rilevante della pittura fauve in Francia.
Nella prefazione del catalogo della rassegna berlinese, Lovis Co-
rinth, presidente dell’associazione, scrive infatti che i visitatori avreb-
bero visto «un certo numero di lavori di giovani pittori francesi, gli
espressionisti, che abbiamo pensato di non poter negare al pubblico e
soprattutto agli artisti, dato che la Secessione ha sempre ritenuto suo
dovere mostrare ciò che di interessante viene creato fuori dalla Ger-
mania»1. Come ha evidenziato Donald E. Gordon nel 1966, in un sag-

1 
l. corinth, “Vorwort”, in Katalog Der XXII Ausstellung der Berliner Se­
cession. Berlin 1911, Ausstellungshaus Am Kurfürstendamm, Berlino, 1911, p.
11. Tutte le traduzioni sono a cura dell’autore, salvo quelle in cui viene indicato
diversamente.
24 Leonardo Passarelli

gio dedicato proprio alle origini del termine, si è incerti su chi abbia
scelto il nome ‘Espressionisti’2, se cioè gli artisti francesi – dal mo-
mento che Matisse faceva spesso uso della parola expression, è natu-
rale che il termine circolasse anche presso altri artisti a lui vicini3 –
oppure se a proporlo fossero stati gli allievi tedeschi di Matisse, alcuni
dei quali avevano legami con la Secessione4. Tra questi studenti figu-
ravano nel 1908 Hans Purrmann, Rudolph Levy, Oskar e Greta Moll5.
Purrmann era un associato della Secessione di Berlino e si era già
occupato nel 1908 della possibilità di esporre artisti contemporanei
francesi presso l’istituzione tedesca6. Alla scultrice Moll si deve invece
la traduzione in tedesco di Notes d’un peintre di Matisse, pubblicata
nel maggio del 1909 su «Kunst und Künstler»7. È significativo sottoli-
neare come nella traduzione della Moll non ricorra mai la parola
expression o suoi derivati, come invece avviene nel testo originale di
Matisse, avendo preferito renderla in tedesco, per ben tredici volte,
con Ausdruck o con vocaboli che hanno radice in questo sostantivo. Il
fatto che la critica tedesca nel 1911 abbia optato per una versione
germanizzata di expression, piuttosto che dare vita a un neologismo
con Ausdruck come affisso, porta dunque a pensare che il termine sia
stato accolto direttamente dal mondo artistico francese8.

2 
d. e. gordon, On the Origin of the Word ‘Expressionism’, in «Journal of
the Warburg and Courtauld Institutes», a. 29, 1966, p. 372. Gordon evidenzia
(pp. 368-369) che il primo a utilizzare la parola “expression” sarebbe stato Gusta-
ve Moreau nel suo studio con gli allievi all’École des Beaux Art di Parigi, tra il
1891 e il 1898.
3 
Henri Matisse, allievo di Moreau tra il 1892 e il 1897, nelle sue Notes d’un
peintre, uscite su «La Grande Revue» (a. LII, n. 24, 25 dicembre 1908, pp. 731-
745), utilizza spesso il termine ‘expression’ in riferimento alla pratica pittorica.
4 
d. e. gordon, op. cit., p. 372.
5 
a. h. barr Jr., Matisse: His Art and His Public, Museum of Modern Art,
New York 1951, pp. 59-116.
6 
a. h. barr jr., op. cit., p. 108 citato da D. E. Gordon, op. cit., p. 372, n.
21.
7 
h. matisse, Notizen eines Malers, in «Kunst und Künstler», a. VII, n. 8,
pp. 335-347. La notizia che la traduzione sia di Greta Moll è riportata in D. E.
Gordon, op. cit., p. 372, nota 21.
8 
Cfr. s. west, The Visual Arts in Germany 1890-1937: Utopia and De­
spair, Manchester University Press, Manchester 2000, p. 84. Un approfondimen-
to sul rapporto tra Ausdruckskunst e l’utilizzo del termine Expressionismus in
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 25

Expressionistisch non esisteva in tedesco o, per lo meno, non era


mai stato utilizzato fino a quel momento per definire uno stile pittori-
co9. Tra il mese di maggio e quello di luglio del 1911, alcune recensio-
ni della mostra riportarono il termine Expressionisten.
Karl Scheffler, senza mezzi termini dalle colonne di «Kunst und
Künstler», nel giugno del 1911 definisce «incredibilmente stupido il
nome di ‘Espressionisti’» che, presto, sarà sulla bocca di tutti gli inge-
nui e utilizzato in barzellette scadenti. Alla critica del termine segue il
giudizio abbastanza netto sul gruppo, costituito da «pittori, in parte
molto talentuosi e raffinati […], in parte però anche attaccati ostina-
tamente a formule morte»10. Il mese precedente, Max Osborn, nella
parte finale della sua lunga recensione dell’esposizione su «Kunst­
chronik», aveva invece espresso un giudizio largamente positivo.
Dopo avere informato i lettori che il pubblico avrebbe incontrato l’a-
vanguardia (Hochmoderne) nella sala degli «Espressionisti» – come si
fanno chiamare dal pubblico del Salon d’Automne di Parigi per segna-
re il loro allontanamento dal vecchio Impressionismo –, il critico con-
fessa di non riuscire a capire il motivo di tanta indignazione e delle
risate dei visitatori. Osborn riconosce che questa «schiera di giovani
[…] cerca di arrivare a soluzioni originali sulle spalle di Cézanne e
Gauguin. Alcuni un po’ eccentrici. Alcuni un po’ bizzarri. […] Alcuni
però con talento straordinario», tra essi Derain, Doucet, Manguin,
Marquet, Jean Puy, de Vlaminck11. A Osborn, dunque, «risulta del
tutto inspiegabile che cosa dei quadri raffinati e pieni di gusto, dalla
sensibilità coloristica vibrante […] causi lo sdegno», poiché lui riesce
«a contemplare solo un’abbondanza di cose e stimoli nuovi, di atmo-
sfere pittoriche, che [lo] arricchiscono e [lo] affascinano», che sono un
esempio per l’avanguardia artistica di Berlino, e conclude così: «Mi
piace questa gioventù che non si infuria in modo crudo e brutale,

Germania si trova in r. manheim, Expressionismus: Zur Entstehung Eines Kunst­


historischen Stil- Und Periodenbegriffes, in «Zeitschrift Für Kunstgeschichte», a.
49, n. 1, 1986, pp. 73-91.
9 
d. e. gordon, op. cit., pp. 371-372 e n. 21.
10 
k. scheffler, Berliner Sezession: die zweiundzwanzigste Ausstellung,
in «Kunst und Künstler», a. IX, n. 9, June 1911, p. 486.
11 
m. osborn, Berliner Sezession 1911, in «Kunstchronik», a. XXII, n. 25, 5
maggio 1911, p. 390.
26 Leonardo Passarelli

come la nostra, ma, dotata di vera educazione e sensibilità colta, aspi-


ra ad ampliare i limiti dell’arte moderna e in parte inizia davvero ad
ampliarli»12.
Un giudizio positivo, anche se con alcune riserve, è anche quello
di Johannes Sievers che, su «Der Cicerone», scrive che gli «espressio-
nisti», «il cui nome è di per sé un programma», affermano di «non
voler più restituire l’impressione che ricevono dalla natura, quindi in
certa misura dipingere in modo ‘naturalistico’, bensì l’impressione
che la visione esercita sulla loro fantasia artistica»:

è estremamente difficile riconoscere dalle opere esposte come dovreb-


be essere il risultato di questo nuovo processo. Con questo, non si in-
tende dire in nessun modo che questi dipinti non siano interessanti o
siano persino brutti, al contrario; la maggior parte probabilmente non
apparirebbe in nessun modo diversa anche senza la minima conoscenza
del programma. Nella maggior parte dei casi, a un occhio imparziale
sembrano ancora predominare i principi dell’Impressionismo13.

Sievers descrive quindi alcune opere di Marquet, Manguin, Puy,


van Dongen e Picasso che, precisa, non è presente con i suoi ultimi
lavori, alludendo quindi a quelli cubisti. Sievers si sofferma su tre del-
le quattro opere del pittore spagnolo presenti alla rassegna: Jüngling,
che per toni chiari di violetto e grigio gli ricorda Puvis de Chavannes,
Mutter und Kind e Frau bei der Toilette, riprodotta in catalogo14, il
grande dipinto del 1906 ora conservato al Metropolitan Museum di
New York con il titolo di La coiffure. Il critico di «Der Cicerone» con-
clude la recensione della sala degli espressionisti francesi affermando
che, anche se «oggi questa nuova tendenza non si esprime ancora in
modo chiaro», è tuttavia convinto di dover concedere alle loro prove,

12 
Ibidem.
13 
j. sievers, Die XXII Ausstellung der Berliner Sezession, in «Der Cicero-
ne», a. III, n. 10, maggio 1911, p. 383.
14 
Ibidem. L’elenco delle opere di Picasso si trova in Katalog Der XXII Aus­
stellung der Berliner Secession. Berlin 1911, Ausstellungshaus Am Kurfürsten­
damm, Berlino, 1911, p. 36 (nn. 189-192; Frau bei der Toilette ripr. s. n. p). Sie-
vers commenta l’esposizione anche in Die XXII Ausstellung der Berliner
Secession, in «Die Kunst für alle», a. XXVI, n. 20, 15 luglio1911, pp. 457-465,
senza però fare alcun riferimento agli espressionisti francesi.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 27

«quasi senza eccezioni, […] una sincera volontà, gusto e cultura pitto-
rica»15.
Finalmente, a luglio su «Der Sturm» il poeta Walther Heymann
pubblica il suo quarto e ultimo articolo sull’esposizione berlinese, nel
quale descrive la sala dei giovani pittori francesi. È in questa occasio-
ne che il termine ‘espressionisti’ compare per la prima volta sulla rivi-
sta di Walden16. Dopo aver informato che i pittori belgi (riferito forse
a Kees van Dongen, olandese di nascita) e francesi di questo gruppo
si fanno chiamare espressionisti, Heymann precisa che all’opposizio-
ne dichiarata all’Impressionismo si potrebbe controbattere che molto
di espressionista è rintracciabile già in Monet e in Renoir. Per spiega-
re le sintesi di colore e composizione, che coglie nelle opere esposte,
cita le parole di van Gogh: «“Il colore dice qualcosa attraverso se stes-
so e questo non si deve ignorare”»17. A questo punto, Heymann però
solleva per la prima volta una questione piuttosto significativa, cioè si
chiede perché siano stati chiamati gli espressionisti francesi, «tutti ta-
lenti mediamente ben dotati, tutti un po’ imbarbariti (verwildert) dal
fanatismo delle teorie», e «non si siano piuttosto invitati i migliori ar-
tisti nazionali, un Pechstein, un Melzer». Viene da pensare che

la giuria avesse certamente dei secondi fini. […] In generale ci si è ar-


rabbiati per la veemenza selvaggia di questi ‘primitivi’ (Primitiven) – io
però ho visto gente che indossava l’abito delle persone colte comportar-
si qui in modo più barbarico (barbarisch) di quanto avrei potuto aspet-
tarmi dagli zulù. Non si è fatto neanche un tentativo di comprendere18.

Il maniera diretta, dunque, Heymann solleva alcuni punti cen-


trali dell’estetica espressionista così come la intendiamo oggi. Innan-
zitutto, le radici in van Gogh e il primitivismo. In secondo luogo, mi
pare che, accusando la giuria dell’esclusione dalla rassegna dei miglio-
ri pittori tedeschi come Pechstein e Melzer, sia stato il primo a istitu-
ire un confronto tra i giovani pittori francesi e quelli tedeschi.

15 
Ivi, p. 384.
16 
w. heymann, Berliner Sezession, 1911. IV, in «Der Sturm. Wochen-
schrift für Kultur und die Künste», a. II, n. 68, 15 luglio 1911, p. 543.
17 
Ibidem.
18 
Ibidem.
28 Leonardo Passarelli

È opportuno ricordare ora che, soltanto l’estate precedente,


Friesz, Derain, de Vlaminck, Braque e Matisse erano stati invitati
all’importante esposizione del 1910 del Sonderbund a Düsseldorf, in-
sieme ad autori più maturi come Cross e Signac, Bonnard, Vuillard e
Roussel; Georg Howe, nella sua recensione della mostra su «Die
Kunst für alle»19, definiva i giovani pittori francesi come i «paesaggisti
radicali del Salon d’Automne», autori di dipinti che si distinguevano
per le «loro dense silhouettes riprese dalla natura, troppo ornamenta-
li e coloristiche», e riconosceva al «molto citato Matisse» il ruolo di
vero innovatore, per la capacità di costruire il dipinto attraverso una
linea che diventa superficie20. Proseguendo nella sua recensione,
Howe menziona subito tra gli artisti residenti in Germania i due rap-
presentanti della Neue Künstlervereinigung di Monaco, Alexej Jaw-
lensky e Wassily Kandinsky, in particolare quest’ultimo per le sue «in-
definibili orge di colore»21. Scrivendo sempre su «Die Kunst für alle»
della terza edizione dell’esposizione del Sonderbund a Düsseldorf,
tenutasi nel 1911 successivamente alla XXII della Secessione di Ber-
lino, Howe aveva, questa volta, anche lui a disposizione la parola
Expressionisten22. Per l’occasione, esordisce riportando tra virgolette
quanto scritto nell’introduzione del catalogo, cioè che l’esposizione
intendeva «recuperare il rapporto da lungo perso con il volere artisti-
co (Kunstwille) del nostro tempo; si tratta di rendere comprensibili,
permettendone l’esperienza, i problemi dell’arte contemporanea at-
traverso l’esposizione di lavori moderni a Düsseldorf»23. Questo pro-
mettente inizio è in realtà la premessa per una stoccata decisa contro
l’invasione di arte francese in Germania. E così, ci si trova nuovamen-
te di fronte alle opere di quella che Howe ora definisce una «ricca
selezione dei famosi espressionisti», vale a dire Braque, Friesz, De-

19 
g. howe, Die Sonderbund-Ausstellung in Düsseldorf, in «Die Kunst für
alle», a. XXV, n. 24, 15 settembre 1910, p. 570.
20 
Ibidem.
21 
Ibidem.
22 
g. howe, Ausstellung des Düsseldorfer Sonderbundes, in «Die Kunst für
alle», a. XXVI, n. 20, 15 luglio 1911, p. 475. Sullo stesso numero della rivista com-
pare anche la recensione della XXII esposizione della Secessione di Berlino a
firma di Johannes Sievers, vedi sopra.
23 
Ibidem.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 29

rain, de Vlaminck, van Dongen, Picasso, Camoin, Guérin (era assente


questa volta Matisse), i quali non sarebbero altro che gli artisti che
famosi galleristi parigini terrebbero in magazzino per gli «snob tede-
schi»24. La presenza frequente di opere di artisti francesi nelle esposi-
zioni tedesche ha le caratteristiche di una vera invasione per Howe, il
quale ricorda ai lettori come l’acquerello di Manet La Femme au Tub,
pur misurando solo 40 x 40 cm, costi ben 24.000 franchi25.
Riprendendo il filo delle recensioni della XXII Secessione di
Berlino, Erich Vogeler nel luglio del 1911 su «Der Kunstwart», intro-
duce un aspetto molto importante per comprendere lo scontro di po-
sizioni in atto in quegli anni in Germania nel mondo artistico e della
critica:

A quale indirizzo era rivolta la tanto discussa Protesta degli artisti tede­
schi contro la sopravvalutazione dell’arte francese? In fin dei conti non
si ha nessun diritto di influenzare le inclinazioni del collezionista priva-
to e del mercante d’arte. Tuttavia, per ciò che concerne le collezioni
pubbliche, non so: peggio del fatto che il buon denaro tedesco sia uti-
lizzato per l’acquisizione di buone opere straniere, mi sembra quello di
dilapidare lo stesso buon denaro per quadri tedeschi purtroppo molto
spesso cattivi, e che, per tutti i possibili riguardi – escludendo quelli
estetici – si possa appendere, come se fosse dello stesso valore, accanto
a Böcklin, Marées, Feuerbach, Thoma, Menzel, Leibl, Liebermann e
Trübner un qualsiasi kitsch ussaro (Husarenkitsch).
[…]
Devo ancora parlare dei più giovani parigini, gli ‘Espressionisti’? Loro
non vogliono più l’‘imitazione della natura’, vogliono l’arte assoluta,
cercano l’idea assoluta della forma, dissolta da ogni relatività della real-
tà. In cui un tono, un colore, ha solo la verità come contrappunto nella
polifonia della poesia cromatica. Tuttavia, non si dimentichi mai: una
tale arte, una tale arte totalmente art pour l’art conduce al massimo a
nuovi risultati decorativi. Forse soltanto a un nuovo modello di panta-
loni26.

24 
Ibidem.
25 
Ibidem.
26 
e. vogeler, Berliner Sezession 1911, in «Der Kunstwart», a. XXIV, n.
20, luglio 1911, p. 105.
30 Leonardo Passarelli

Dalla polemica tra Julius Meier-Graefe e Henry Thode (1905) a


Ein Protest deutscher Künstler di Carl Vinnen (1911)

A questo punto, è utile fare un salto cronologico indietro, andare


cioè al 1904, allo scontro tra Henry Thode e Julius Meier-Graefe: il
primo sostenitore di un’arte tipicamente Germanica, l’altro ferma-
mente convinto che, dalla seconda metà dell’Ottocento in avanti, l’arte
francese andasse esprimendo qualità superiori e che quindi i suoi arti-
sti migliori, anche a scopo educativo per gli artisti tedeschi, dovessero
essere presenti nelle collezioni pubbliche. La polemica si accese dopo
la pubblicazione da parte di Meier-Graefe, nel 1904, dei tre volumi
dell’imponente Entwicklungsgeschichte der modernen Kunst (Storia
dello sviluppo dell’arte moderna27) e, l’anno successivo, di Der Fall
Böcklin (Il caso Böcklin28). Il critico e storico dell’arte era stato tra i
fondatori, nel 1896, della rivista «Pan» e nel corso della sua carriera
aveva scritto contributi importanti, a cominciare da quello su Munch
nel 189429, su alcune delle personalità più significative della pittura
europea, dalla metà dell’Ottocento, passando per l’Impressionismo
francese, fino all’Espressionismo tedesco30. Peter Paret nel 1980 scri-

27 
j. meier-graefe, Entwicklungsgeschichte der modernen Kunst: ver-
gleichende Betrachtungen der bildenden Künste, als Beitrag zu einer neuen Aes­
thetik, Jul. Hoffmann, Stuttgart 1904.
28 
j. meier-graefe, Der Fall Böcklin und die Lehre von den Einheiten,
Jul. Hoffmann, Stuttgart 1905.
29 
j. meier-graefe, Das Werk des Edvard Munch: Vier Beiträge, a cura di
Stanislaw Przybyszewski, S. Fischer, Berlino 1894, pp. 75–95.
30 
Qui di seguito si indicano solo alcuni dei molti libri di Meier-Graefe:
Manet und sein Kreis, “Die Kunst: Sammlung illustrierter Monographien”, 7,
Bard, Marquardt, Berlino 1902; Der moderne Impressionismus: mit einer kolo­
rierten Kunstbeilage und 7 Vollbildern in Tonätzung, “Die Kunst: Sammlung illu-
strierter Monographien”, 11, Bard, Berlino 1903; Corot und Courbet: ein Beitrag
zur Entwicklungsgeschichte der modernen Malerei, Insel, Lipsia 1905; Der junge
Menzel: ein Problem der Kunstökonomie Deutschlands. R. Piper & Co., Lipsia
1906; Impressionisten: Guys, Manet, Van Gogh, Pissarro, Cézanne, mit einer Ein­
leitung über den Wert der französischen Kunst und sechzig Abbildungen, R. Pi-
per & Co., Monaco 1907; William Hogarth: mit 47 Abbildungen nach Gemälden,
Zeichnungen und Kupferstichen, R. Piper & Co., Monaco/Lipsia 1907; Hans von
Marées: sein Leben und sein Werk, 3 Bände, R. Piper & Co., Monaco 1909/10;
Vincent van Gogh, R. Piper & Co., Monaco 1910; Paul Cézanne: mit vierund­
fünzig Abbildungen. R. Piper & Co., Monaco 1910; Auguste Renoir: mit hundert
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 31

veva che per Thode, all’epoca professore di storia dell’arte all’Univer-


sità di Heidelberg, Meier-Graefe incarnava la figura dell’intellettuale
tedesco che non aveva a cuore l’integrità della cultura artistica della
nazione. Anteponendo a essa i valori espressi anche da altre culture
artistiche, in primo luogo quella francese, gli scritti di Meier-Graefe
costituivano una delle cause della perdita dell’identità germanica. L’a-
micizia con il mercante ed editore Paul Cassirer, la stima nei confronti
di artisti della Secessione di Berlino, come Lovis Corinth, Max Lieber-
mann e Leo von König, ma soprattutto il suo riconoscimento dell’asso-
luto valore delle ricerche impressioniste e neo-impressioniste, costitu-
ivano dunque i veri e propri capi d’accusa avanzati dal professore di
Heidelberg nei confronti di Meier-Graefe31. Nella sua comparata Ent­
wicklungsgeschichte der modernen Kunst del 1904, l’Impressionismo
francese rappresenta il vertice della cultura pittorica europea dell’Ot-
tocento e non mancano accenti fortemente critici nei confronti di Ar-
nold Böcklin, un campione invece, per Thode, della cultura pittorica
germanica, anche se svizzero di nascita. Il lungo capitolo dedicato da
Meier-Graefe a Böcklin si conclude con le seguenti parole:

Via da Böcklin! Non perché è tedesco! Ci sono Tedeschi più tedeschi !


– Non perché ha anima! Ci sono persone con più anima! – Non perché
scrive poesie! Ci sono poeti più grandi!

Abbildungen, R. Piper & Co., Monaco 1911; Édouard Manet: mit 197 Abbildun­
gen, R. Piper & Co., Monaco 1912; Eugène Delacroix: Beiträge zu einer Analyse,
mit hundertfünfundvierzig Abbildungen, zwei Facsimiles und einer Anzahl un­
veröffentlichter Briefe, R. Piper & Co., Monaco 1913; Camille Corot, R. Piper &
Co., Monaco 1913; Cézanne und sein Kreis: ein Beitrag zur Entwicklungsge­
schichte, R. Piper & Co., Monaco 1918; Vincent van Gogh: mit vierzig Abbildun­
gen und dem Faksimile eines Briefes, R. Piper & Co., Monaco 1918: Degas: ein
Beitrag zur Entwicklungsgeschichte der modernen Malerei. R. Piper & Co., Mo-
naco 1920; Max Beckmann: mit 1 Radierung, 52 Lichtdrucken, 16 Textbildern,
Von Curt Glaser, Julius Meier-Graefe, Wilhelm Fraenger und Wilhelm Hausen-
stein, R. Piper & Co., Monaco 1924. (Bildband); Der Zeichner Hans von Marées,
R. Piper & Co., Monaco 1925; Vincent van Gogh, der Zeichner, O. Wacker, Ber-
lino 1928; Renoir, Klinkhardt & Biermann, Berlino 1929; Corot, Bruno Cassirer,
Berlino; Klinkhardt & Biermann, Berlino 1930.
31 
p. paret, The Berlin secession: modernism and its enemies in imperial
Germany, The Belknap press of Harvard University press, Cambridge Mass.,
London, 1980, pp. 170-171.
32 Leonardo Passarelli

Perché lui, come lo si ha oggi, rinnega il passato, proprio quello tedesco


e il maggiore dei nostri antichi maestri tedeschi, e perché lui inchioda
con le sue assi lucide il futuro che si augurò un Goethe e per cui cadde-
ro i nostri migliori; perché con lui non c’è alcuno sviluppo, a meno che
non ci si autoinganni. […] Soltanto quando tutti gli altri, che portano lo
stretto necessario e quindi hanno la precedenza, saranno accolti come
oggi lo è Böcklin, allora si potrà nuovamente consigliare anche a loro di
non dimenticarsi di lui, che era loro compagno32.

Le pagine dedicate a Böcklin nella Entwicklungsgeschichte der


modernen Kunst sono solo un’anticipazione di Der Fall Böcklin, lo
studio più approfondito dell’anno successivo, che nel titolo ricalca il
celebre saggio di Nietzsche su Richard Wagner del 188833. Meier-Grae­
fe contesta la cifra völkisch, a suo parere spesso presente nei dipinti
del pittore svizzero, che per i fautori di un’arte germanica costituivano
la risposta alle distorsioni dell’Impressionismo. Le sue allegorie ric-
che di riferimenti letterari, le scene con ninfe e tritoni marini, così
come i paesaggi marini, su tutte le cinque versioni della Toteninsel
(1880-1886), indicavano la possibilità di un’arte con salde radici nel
Rinascimento e nel Romanticismo tedesco, «moderna quanto l’Im-
pressionismo ma più profonda e idealistica»34. Le critiche di
Meier-Graefe ricevettero la risposta più significativa proprio da Tho-
de che, sempre nel 1905, diede alle stampe Arnold Böcklin35 e Böcklin
und Thoma, cioè la raccolta delle sue otto lezioni all’Università di
Heidelberg sui due artisti, sottotitolate come Vorträge über neudeut­
sche Malerei (Lezioni sulla pittura tedesca moderna)36. In esse, Thode

32 
j. meier-graefe, Entwicklungsgeschichte der modernen Kunst, cit., p.
452. Il capitolo dedicato a Arnold Böcklin occupa le pp. 443-452.
33 
f. nietzsche, Der Fall Wagner. Ein Musikanten-Problem, C. G. Neu-
mann, Lipsia 1888.
34 
p. paret, op. cit., p. 172.
35 
h. thode, Arnold Böcklin (Gedenkworte), Carl Winter’s Universitäts-
buchhandlung, Heidelberg 1905. Il testo era già pubblicato nel 1901 sui «Bayreu-
ther Blätter» come Gedenkworte (Commemorazioni) in occasione della morte a
Fiesole del pittore svizzero.
36 
h. thode, Böcklin und Thoma. Acht Vorträge über neudeutsche Malerei
gehalten für ein Gesamtpublikum an der Universität zu Heidelberg im Sommer
1905, Carl Winter’s Universitätsbuchhandlung, Heidelberg 1905.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 33

non manca occasione per segnare una netta inconciliabilità tra lo spi-
rito della vera arte tedesca e la pittura francese che faceva riferimento
all’Impressionismo, sostenuta da Meier-Graefe, dagli aderenti alla
Secessione di Berlino e da alcuni direttori di museo e galleristi. Già
nella prima, Protest und Bekenntnis. Ästhetische Grundthatsachen.
Nationale Kunst (Protesta e dichiarazione. Fondamenti estetici. Arte
nazionale), infatti, Thode contesta che una nuova grande epoca arti-
stica sia iniziata con Manet e sia proseguita lungo una linea che giunge
fino a Seurat, e che da Berlino i sostenitori di essa (il riferimento era
alla Secessione) possano imporla a tutta la Germania, disprezzando
artisti come Böcklin e Thoma37.
Le lezioni di Thode, parzialmente riprodotte sulla stampa tede-
sca prima di essere raccolte nel Böcklin und Thoma, suscitarono lo
sdegno di Max Liebermann, che scrisse una lettera di protesta alla
«Frankfurter Zeitung», pubblicata nel luglio del 190538, in cui chiede-
va a quale titolo Thode avrebbe potuto giudicare l’arte moderna, dal
momento che la sua competenza nel proprio settore di specializzazio-
ne, l’arte del Cinquecento, era discutibile (riferendosi alle numerose
attribuzioni da lui avanzate e che erano state contestate o smentite).
Liebermann rifiutava la posizione di Thode, per il quale il successo
dell’Impressionismo in Germania era connesso alle macchinazioni di
una «cricca» di Berlino e concludeva affermando che non fosse all’al-
tezza di un professore di una delle principali università della Germa-
nia attaccare chi si trovava in disaccordo con le sue posizioni artistiche
con insinuazioni come «mancanza di sentimento nazionale», «scim-
miottare l’arte francese», «mancanza di poesia», tutte armi «ormai ab-
bastanza arrugginite proprie di una caserma antisemita, atte a dimo-
strare soltanto che non [si è] in grado di confutare l’avversario con
argomenti validi»39. Al posto di Thode rispose subito Thoma40, in un
susseguirsi di botta e risposta che alla fine spinse Thode a intervenire

37 
Ivi, p. 3.
38 
m. liebermann, Lettera del 28 giugno 1905, in «Frankfurter Zeitung»,
7 luglio 1905, citato in P. Paret, op. cit., p. 177-178.
39 
Ibidem.
40 
h. thoma, Lettera del 10 luglio 1905, in «Frankfurter Zeitung», 13 luglio
1905, citato in P. Paret, op. cit., p. 178.
34 Leonardo Passarelli

direttamente. Nella sua risposta, il professore di Heidelberg rimanda-


va alla pubblicazione in volume delle sue conferenze – non ai reso-
conti comparsi sulla stampa – in cui il lettore avrebbe trovato solidi
argomenti a supporto della sua posizione e aggiungeva anche un rico-
noscimento alla pittura di Liebermann, che aveva dimostrato grande
abilità nello studio di alcuni fenomeni naturali41. Come ha notato Pa-
ret42, in questa occasione Thode faceva un riferimento preciso a un
passaggio della sua quinta lezione, Die Wiederbelebung koloristischer
Ideale und der Impressionismus (La rinascita dell’ideale coloristico e
l’Impressionismo), in cui, dopo aver ammesso che Fritz von Uhde e
Liebermann avevano intrapreso per primi in Germania la strada indi-
cata dalla pittura en plein air francese, affondava un colpo decisivo
contro il pittore di Berlino, domandando retoricamente se le qualità
espresse dalle sue opere incarnassero pienamente il carattere tedesco
(deutscher Eigenart). La risposta era negativa: «Liebermann potreb-
be benissimo lavorare in Olanda o in Francia, dove sarebbe a casa sua,
non c’è nulla di autenticamente tedesco in lui. Nonostante la sua abi-
lità tecnica e la finezza della luce, la sua arte non mostra originalità»43.
Nel corso del primo decennio del Novecento, le posizioni
espresse dai due storici dell’arte continuarono a fronteggiarsi in un
contesto che si apriva sempre più alle novità. L’affacciarsi sul fronte
delle esposizioni di una nuova generazione di artisti veniva vissuta da
alcuni artisti come una minaccia per l’identità culturale della nazione,
che andava difesa. A scontrarsi non erano più solo due diverse visioni
dell’arte contemporanea, una che potremmo definire internazionale e
l’altra ancora nazionale, come si è cercato di mostrare con la polemica
tra Meier-Graefe e Thode; se l’orizzonte estetico su cui si scontravano
i due critici era, restringendolo all’osso, l’accettazione o meno della
pittura impressionista francese, successivamente, negli anni intorno al
1910, la comparsa di nuove correnti artistiche, definite in seguito
avanguardie storiche, non lasciò indifferenti coloro che non riusciva-

41 
h. thode, Lettera del 19 luglio 1905, in «Frankfurter Zeitung», 21 luglio
1905, citato in P. Paret, op. cit., p. 178-179. Tutta la ricostruzione di questa vicen-
da si trova in P. Paret, op. cit., pp. 177-180.
42 
p. paret, op. cit., p. 179.
43 
h. thode, Böcklin und Thoma, cit., pp. 100-101.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 35

no ad accettare queste novità. La stessa Secessione di Berlino che


aveva invitato per la prima volta Emil Nolde nel 1903, Jawlensky nel
1904, Kandinsky nel 1907 e Max Pechstein nel 1909, all’esposizione
annuale del 1910 non aveva accettato gli artisti tedeschi di avanguar-
dia, dopo che scontri interni all’associazione avevano portato all’ele-
zione di Max Beckmann e Leo von König e alle dimissioni dal comita-
to di Liebermann (il quale però le ritirerà), subito seguito da altri
membri, tra cui Slevogt e Cassirer, i quali ritenevano di non poter la-
vorare insieme a chi avrebbe promosso l’arte contemporanea peggio-
re. L’esposizione si aprì con l’esclusione di Heckel, Kirchner, Pech-
stein, Nolde e Schmidt-Rottluff della Brücke44. Fu questa l’occasione
che portò alla nascita della Nuova Secessione di Berlino.
La situazione interna alla Secessione era talmente tesa che all’e-
sposizione del 1911 furono invitati gli Expressionisten francesi ma
non i tedeschi, che, come abbiamo letto nella sua recensione su «Der
Sturm», Heymann aveva messo sullo stesso piano. Alla direzione della
Secessione, abbiamo già visto, stava Corinth, dopo che Liebermann si
era nuovamente allontanato, alla fine del dicembre del 1910, e Sle­
vogt aveva rinunciato a prendere il suo posto. A rappresentare la nuo-
va arte tedesca, accanto agli Expressionisten francesi, c’erano due di-
pinti di Feininger, che per Corinth costituivano un modello di
avanguardia accettabile, accanto a Beckmann, Waldemar Rösler, e
agli scultori Ernst Barlach e Wilhelm Lehmbruck45.
La situazione non era diversa a Monaco, dove Kandinsky, che
alla seconda esposizione della Neue Künstlervereinigung nel settem-
bre 1910 aveva esposto Composition II, nel dicembre del 1911 si era
visto rifiutare dalla giuria, per la terza e ultima esposizione dell’asso-
ciazione, Komposition V, che segnava ormai la sua scelta verso una
pittura non-oggettiva; proprio questo rifiuto spinse Kandinsky, Franz
Marc e Gabriele Münter a uscire dalla Neue Künstlervereinigung e a
organizzare come contromossa Die Erste Ausstellung der Redaktion
Der Blaue Reiter, che segnò di fatto la prima uscita pubblica del grup-
po del Blauer Reiter46.

44 
Cfr. p. paret, op. cit., pp. 209-10.
45 
p. paret, op. cit., p. 217.
46 
Cfr. r. heller, “The Blue Rider”, in Schoenberg, Kandinsky, and the
36 Leonardo Passarelli

La sottolineatura della forte presenza della pittura francese a


discapito di quella tedesca alla mostra di Düsseldorf del 1911, espres-
sa da Howe su «Die Kunst für alle», costituiva dunque anch’essa il
segno di una non troppo velata opposizione alle politiche culturali di
molte istituzioni. Sia Howe in maniera trasversale, sia Vogeler in
modo esplicito su «Der Kunstwart» scrivendo della XXII esposizione
della Secessione di Berlino, facevano riferimento a Ein Protest deut­
scher Künstler (Una protesta degli artisti tedeschi), il volume che pro-
prio nel 1911 Carl Vinnen aveva pubblicato a Jena47.
Membro del gruppo di artisti di Worpswede, tra il 1894 e il 1914
Carl Vinnen espose regolarmente i suoi dipinti di paesaggio alle mo-
stre della Secessione di Monaco, nei cui cataloghi è elencato tra gli
Ordentliche Mitglieder48. Con Ein Protest deutscher Künstler, Vinnen
si rese portavoce di un dissenso che raccolse, tra artisti, scrittori, criti-
ci e direttori di musei, centotrentaquattro firmatari49. Il libro si divide
in due parti: alla prima costituita dal testo di Vinnen, che ha il signifi-
cativo titolo Quousque tandem, segue la seconda che raccoglie gli in-
terventi di alcuni dei firmatari a supporto delle tesi di fondo dell’auto-
re. Vinnen esprimeva essenzialmente il suo dissenso verso l’esterofilia,
in particolare filofrancese, dei critici e dei direttori dei musei tede-
schi, alcuni dei quali, favorevoli alle nuove ricerche che si erano svi-
luppate dall’Impressionismo, avevano promosso l’acquisto da parte di
istituzioni pubbliche di opere di autori stranieri invece che tedeschi.
Inoltre, il rifiuto che gli artisti francesi dell’ultima generazione dimo-
stravano verso la tradizione, proseguendo le loro ricerche nelle dire-
zioni indicate da un lato da Cézanne e dall’altro da Gauguin, a parere
di Vinnen, suscitavano un analogo atteggiamento anche presso i coe-

Blue Rider, catalogo della mostra, a cura di E. da Costa Meyer e F. Wasserman,


New York, Jewish Museum, Scala Arts Publishers, London, New York, Paris
2003, pp. 70-72; r. marchi, October 1912: Understanding Kandinsky’s Art ‘Indi­
rectly’ at Der Sturm, in «Getty Research Journal», n. 1, 2009, p. 67, nota 14.
47 
c. vinnen, Ein Protest deutscher Künstler, Engen Diederichs, Jena
1911.
48 
Su Carl Vinnen si rimanda a a. sayk zu jeddeloh, Carl Vinnen, catalo-
go della mostra, Worpsweder Verlag, Lilienthal 1995.
49 
Tra i nomi degli artisti firmatari, si segnalano quelli di Käthe Kollwitz e
Wilhelm Trübner, entrambi membri della Secessione di Berlino. Per l’elenco
completo dei firmatari in c. vinnen, op. cit., pp. 17-20.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 37

tanei pittori tedeschi che tendevano ad allinearsi alle scelte stilistiche


dei francesi. Vinnen non esita a chiamare subito in causa Gustav Pau-
li, direttore della Kunsthalle di Brema, per l’acquisto del Campo di
papaveri del 1889 di Van Gogh50, a suo avviso sintomo di una prostra-
zione culturale da parte dell’establishment culturale tedesco. Pur ri-
conoscendo la validità dell’influsso dell’arte francese sugli artisti tede-
schi della Secessione berlinese, le cui esposizioni Vinnen giudica
comunque stimolanti51, egli afferma in maniera esplicita che, assecon-
dando questa tendenza, cioè seguendo la linea che attraverso Cour-
bet, Manet, Cézanne, Van Gogh, Gauguin arriva a Matisse, gli artisti
tedeschi avrebbero perso la loro identità culturale francesizzandosi
(Französlinge). Questa evenienza costituiva una disgrazia per l’arte
tedesca, ma anche per il popolo tedesco, come risulta da questa sua
affermazione: «Sia detto ancora e sempre, un popolo può essere ele-
vato ai vertici soltanto attraverso gli artisti della sua carne e del suo
sangue»52.
Per Vinnen erano da biasimare allo stesso modo sia Ludwig Ka-
emmerer, direttore del Kaiser Friedrich Museum di Posen (l’attuale
Poznań, in Polonia, ma fino al 1918 città tedesca), reo di avere speso
l’intero bilancio della neonata istituzione per l’acquisto di uno studio
di Monet, sia Meier-Graefe per avere riscoperto El Greco – non a
caso acclamato da subito dalle giovani generazioni di pittori –, provo-
cando una crescita dei prezzi alla quale i musei tedeschi si erano do-
vuti adeguare e dissipando così le loro risorse economiche, da desti-
narsi invece all’autentica arte tedesca53. Nella sua ‘arringa’ contro

50 
c. vinnen, op. cit., p. 7. Dopo quella di Brema, Pauli dirigerà la Kunst­
halle di Amburgo. Utile fonte di notizie sull’attività di Pauli è la biografia di c.
ring, Gustav Pauli und die Hamburger Kunsthalle, Band I.2: Biografie und
Samm­lungspolitik, Deutscher Kunstverlag, Berlino 2010.
51 
Ivi, pp. 9-10.
52 
Ivi, p. 12.
53 
Cfr. c. vinnen, op. cit., pp. 14-15. Riguardo a El Greco, bastino queste
parole di Franz Marc: «Meier-Graefe ebbe un giorno l’idea di donare ai suoi
compatrioti il mirabile mondo spirituale rappresentato da un grande maestro al-
lora assolutamente ignoto: El Greco. Ebbene, la grande maggioranza, anche fra
gli artisti, non solo restò indifferente, ma attacco il donatore con furia e autentico
sdegno. Con questo semplice e nobile gesto Meier-Graefe si è resa praticamente
impossibile la vita in Germania», in f. marc, “Beni spirituali” (Geistige Güter), in
38 Leonardo Passarelli

quelli che lui indicava come i poteri forti del sistema artistico tedesco,
Vinnen sottolineava come negativo anche il fatto che l’esportazione di
arte tedesca risultasse inferiore all’importazione di quella straniera e
concludeva:

un tale irrispettoso disprezzo dei caratteri nazionali, così come noi oggi
lo incontriamo molto diffusamente nelle cerchie dei nostri esteti, non
può portare a niente di grande […] un grande popolo civile così forte-
mente anelante verso l’alto, come il nostro, non può tollerare a lungo
un’entità straniera che si arroga il potere sopra gli spiriti. – E poiché
essa deve essere imposta su di noi da una grande organizzazione inter-
nazionale e con grossi capitali, si tratta di un serio avvertimento: biso-
gna fermarsi su questa strada e renderci conto di cosa rischiamo di
perdere, ossia niente di meno che la nostra stessa essenza e la trasmis-
sione di solide capacità54.

La Protesta di Vinnen suscitò nello stesso 1911 un’articolata ri-


sposta con Die Antwort auf den ‘Protest deutscher Künstler’, un volu-
me di centottantadue pagine pubblicato da Piper di Monaco, di cui si
era fatto promotore lo scrittore, editore e collezionista Alfred Walter
Heymel55. Scorrendo l’elenco di coloro che inviarono il loro contribu-
to per la risposta, risulta immediatamente chiaro come molte delle
personalità più in vista del mondo artistico tedesco si opposero all’of-
fensiva di Vinnen.
La prima risposta a essere presentata è quella di Pauli56, il quale
in apertura del suo pezzo fa subito riferimento alla sua diretta chiama-

W. Kandinsky e F. Marc, Il cavaliere azzurro, (1912), traduzione di G. Gozzini


Calzecchi Onesti, SE editore, Milano 1988, p. 15. L’edizione italiana da cui cito è
condotta sulla nuova edizione tedesca riveduta e corretta del 1984 (R. Piper &
Co., Monaco).
54 
c. vinnen, op. cit., p. 16.
55 
a. w. heymel, Im Kampf um die Kunst: Die Antwort auf den ‘Protest
deutscher Künstler’. Mit Beiträgen deutscher Künstler, Galerieleiter, Sammler
und Schriftsteller, R. Piper & Co., Monaco, 1911. Come si legge sul frontespizio,
erano raccolte le opinioni di artisti, direttori di musei, collezionisti e scrittori di
lingua tedesca. Si evidenzia che nell’indice analitico, diversamene che nel fronte-
spizio, insieme ai collezionisti (Sammler) sono indicati anche i mercanti d’arte
(Kunsthändler).
56 
g. pauli, Die Antwort auf den ‘Protest deutscher Künstler’, cit., pp. 1-6.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 39

ta in causa da parte di Vinnen per l’acquisto per la Kunsthalle di Bre-


ma del Campo di papaveri di Van Gogh, che era stata la causa scate-
nante della Protesta. Il direttore esordisce infatti dicendo che
l’opuscolo di Vinnen, contestando l’acquisizione del Van Gogh, voleva
prima mettere sotto accusa la politica di acquisizioni della Kunsthalle
di Brema e quindi la situazione generale dell’arte in Germania. Pauli
evidenzia come Vinnen, nel suo testo, da un lato riconosca l’importan-
za della cultura pittorica francese e dall’altro ne lamenti l’eccessiva
considerazione dimostrata dai direttori di museo tedeschi57. Non ha
paura pertanto di affermare che anche Cézanne, Van Gogh e Gauguin
risultino essenziali allo sviluppo e progresso della pittura tedesca58.
Tra gli altri interventi, dopo quello di Pauli, sono presenti quello
del già citato Ludwig Kaemmerer, di Walter Riezler, direttore dello
Städtisches Museum Stettin (oggi Szczecin in Polonia); di Alfred Ha-
gelstange, direttore del Wallraf-Richartz-Museum di Colonia; di Karl
Ernst Osthaus, fondatore nel 1902 e direttore del Folkwang Museum
a Hagen fino al 192159; di Theodor Volbehr, direttore del Kaiser Fried­
rich Museum di Magdeburgo; di Alfred Lichtwark, direttore della
Kunsthalle di Amburgo; di Georg Swarzenski, che da direttore aveva
acquistato il Ritratto del dottor Gachet di Van Gogh del 1890 per lo
Städelsches Institut di Francoforte60; di Friedrich Fries, direttore del-

57 
Ivi, p. 1.
58 
Ivi, p. 3. Un profilo della fortuna di Cézanne in Germania, la cui prima
opera a entrare in una collezione statale fu Le Moulin sur la Couleuvre à Pontoise
del 1881, acquistata per la Nationalgalerie di Berlino nel 1897 dall’allora direttore
Hugo von Tschudi, si trova in a. negri, “Classico moderno (e gotico). Alle fonti
dell’arte del Novecento”, in G. Cianci, E. Franzini, A. Negri (a cura di), Il Cé­
zanne degli scrittori dei poeti e dei filosofi, Bocca, Milano 2001, pp. 15-19, e in s.
bignami, “Julius Meier-Graefe e Wilhelm Worringer. Appunti per un Cézanne
‘gotico’”, in Ivi, pp. 75-80.
59 
Osthaus nel 1912 fu il presidente della quarta esposizione del Sonder­
bund, che si tenne a Colonia e si distinse, come le edizioni precedenti, per il suo
carattere internazionale. Dopo la morte di Osthaus nel 1921 la collezione, raccol-
ta nella sede di Hagen, fu acquistata dalla città di Essen e collocata nella sede
attuale del Folkwang Museum. A testimonianza dell’attenzione da parte di
Osthaus per l’arte francese si ricorda qui che nel 1906 era andato a Aix-en-Pro-
vence per incontrare direttamente Paul Cézanne (cfr. a. negri, Classico moder­
no (e gotico), cit., p. 16).
60 
Negli Stati Uniti, dove si trasferì nel 1938, Swarzenski terrà lezioni all’In­
40 Leonardo Passarelli

lo Städtisches Museum für Kunst und Kunstgewerbe di Elberfeld.


Tutti loro sottolineano come il valore prezioso di un museo consista
nell’offrire alla comunità la possibilità di accedere ai valori più alti e
significativi della cultura artistica, indipendentemente dalla nazionali-
tà dell’artista, e concordano che per quanto riguarda la pittura del XIX
secolo e dei primi del XX, l’Inghilterra con John Constable, ma so-
prattutto la Francia, con autori come Corot, Courbet, Manet, Monet,
Sisley, Cézanne, Gauguin, Seurat, Signac, Matisse, Picasso abbiano
espresso i frutti più maturi61.
La lista degli artisti, e non solo tedeschi, presenti con i loro testi in
risposta a Vinnen è piuttosto lunga e comprende: Max Liebermann,
Max Slevogt, Lovis Corinth, August Gaul, Georg Kolbe, Max Beck-
mann, Walter Rösler, Leo von König, Konrad von Kardorff, Ulrich
Hübner, Emil Rudolf Weiss, Curt Herrmann, Paul Baum, Otto Hett-
ner, Robert Breyer, Hermann Struck, Theo von Brockhusen, Max Pech­
stein, Gustav Klimt, Carl Moll, Otto Modersohn, Richard Winckel,
Rudolf Bosselt, Wilhelm Trübner, Walther Püttner, Hermann Schlitt-
gen, Max Arthur Stremel, Fritz Behn, Alfred Feiks, Eugen Feiks, Chris­
tian Rohlfs, Kandinsky, Franz Marc, August Deusser, Max Clajenbach,
Heinrich Nauen, August Macke, Walter Bondy, Eugen Spiro, Julius
Pascin, Kari Hofer, Wilhelm Uhde, Cuno Amiet, Ernst Bischof-Culm,
Erich Hancke, Emil Orlik, Richard Goetz, Hermann Haller62.
Molti anche gli scrittori, gli storici dell’arte e accademici:
Wilhelm Worringer, Wilhelm Niemeyer, Richard Reiche, Wilhelm
Schäfer, Wilhehn Hausenstein, Harry Graf Kessler, Henry van de Vel-
de, Otto Grautoff, Hans Tietze, Georg Biermann, Walter Cohen, Carl
Gebhardt, Karl Voll, Hermann Esswein, Moeller van den Brück63. Gli
ultimi interventi sono quelli dei due galleristi, mercanti d’arte e colle-

stitute for Advance Studies di Princeton (1938-1939), e verrà chiamato dal diret-
tore del Museum of Fine Arts di Boston, G. H. Edgell, a istituire e curare la se-
zione di arte medievale del museo, che trovò una prima concretizzazione nel
1940 nell’esposizione, e nel catalogo, Arts of the Middle Ages: 1000-1400.
61 
Gli interventi dei direttori di musei si trovano alle pp. 1-28 di Die Ant­
wort auf den “Protest deutscher Künstler”.
62 
I testi degli artisti si trovano alle pp. 29-91.
63 
Ivi, pp. 92-154.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 41

zionisti Paul Cassirer di Berlino e Alfred Flechtheim di Düsseldorf, e


dello scrittore, editore e collezionista Alfred Walter Heymel64.
Lo storico dell’arte Hans Tietze, che in apertura del suo lungo
intervento65 si rallegra che fortunatamente la protesta di Vinnen non
era stata firmata quasi da nessuno storico dell’arte, dopo aver smonta-
to punto per punto le accuse di Vinnen, nella parte finale gioisce
dell’assenza sotto la Protesta della firma di artisti come Hodler, Klimt,
Klinger, Kalckreuth e Liebermann66.
Molto articolato il testo di Worringer, allora trentenne e di un
anno più giovane di Tietze. Proprio in quegli anni, il suo Abstraktion
und Einfühlung: ein Beitrag zur Stilpsychologie (Astrazione e empa­
tia. Un contributo alla psicologia dello stile), la sua tesi di dottorato
discussa nel 1907 all’Università di Berna e pubblicata l’anno successi-
vo presso Piper di Monaco, aveva suscitato l’interesse di Marc e Kan-
dinsky per l’attenzione che lo storico dimostrava verso aspetti della
spiritualità connessi alla creatività artistica, superando quegli schemi
evolutivi che tendevano a esprimere giudizi di valore sulla base di
superficiali osservazioni stilistiche. Proprio nel 1911, tra l’altro, usciva
il suo secondo lavoro, Formprobleme der Gotik (Problemi formali del
Gotico). Questo interesse da parte degli artisti del Blauer Reiter e, in
generale, di altri esponenti del mondo artistico tedesco potrebbe es-
sere stato il motivo che spinse Walden a ripubblicare, nel mese di
settembre del 1911 su «Der Sturm», Entwicklungsgeschichtliches zur
modernsten Kunst (Inquadramento storico-evolutivo delle più recenti
tendenze artistiche), il testo della risposta di Worringer alla protesta di
Vinnen67. Lo storico dell’arte fa presente a Vinnen come le sue accuse

64 
Ivi, pp. 155-182.
65 
Cfr. h. tietze, Die Antwort auf den “Protest deutscher Künstler”, cit.,
pp. 129-138. Il testo di Tietze era già stato pubblicato, con il titolo Ein Protest
deutscher Künstler, in apertura del numero del 19 maggio di «Kunstchronik» (a.
XXII, n. 26/27, 1911, pp. 401-407).
66 
Ivi, pp. 129, 137. Un’analisi dettagliata di Ein Protest deutscher Künstler
e di alcune risposte presenti in Die Antwort auf den “Protest deutscher Künstler”
si trova p. paret, op. cit., pp. 182-199.
67 
w. worringer, “Zur Entwicklungsgeschichte der modernen Malerei”,
in Die Antwort auf den “Protest deutscher Künstler”, cit., pp. 92-99; quindi con lo
stesso titolo in «Der Sturm. Wochenschrift für Kultur und die Künste», a. II, n.
75, 2 settembre 1911, pp. 597-598. Una articolata lettura del pensiero di Worrin-
42 Leonardo Passarelli

colpiscano artisti che umilmente fanno ricerca con onestà e teorici


seri che in ogni loro presa di posizione dimostrano consapevolezza
storica, e infine mercanti d’arte che, anche se «con tutti i loro ovvi ri-
guardi commerciali, promuovono davvero con intima convinzione e
comprensione un movimento per cui il rischio economico è molto più
alto che nella distribuzione dei beni di largo consumo, sicuri e cono-
sciuti»68.
Worringer risponde a Vinnen, ansioso di proteggere l’arte tede-
sca dall’influsso «non [de]i grandi classici dell’Impressionismo, come
Manet, Monet, Renoir etc., […], quanto piuttosto [da]i giovani pari-
gini, che muovono da Cézanne, van Gogh e Matisse per trovare una
nuova forma della creazione artistica»69, che dove «il pubblico impre-
parato e indolente vede e deve vedere solo prodotti dell’arbitrio sog-
gettivo e dello stupido sensazionalismo, lì avvertiamo lo sviluppo ne-
cessario della storia»70. La nuova arte, che tende alla semplificazione
della forma, «a un’elementare mancanza di pregiudizio nella restitu-
zione artistica», non merita di essere resa «ridicola come un’inutile
commedia primitiva o infantile di fronte all’Europa adulta». Questo
atteggiamento lo si riscontra in coloro che

non hanno ancora imparato a comprendere l’arte primitiva e vedono in


essa solo un sapere artistico non sviluppato, di cui si ride con la superio-
rità dell’adulto. Questa presunzione adulta dell’europeo di cultura
dell’individuo oggi inizia però a barcollare per far posto alla crescente
comprensione della grandiosità elementare dell’espressione primitiva
di vita e arte. Guidati dalla stessa necessità, per la quale dimostriamo
una volenterosa comprensione verso i giovani Sintetisti ed Espressioni-
sti parigini, in noi è nato un nuovo organo all’arte primitiva. Come ci

ger è in w. haxthausen, “Modern art after “the end of Expressionism”: Worrin-


ger in the 1920s, in N. H. Donahue (a cura di) Invisible Cathedrals: The Expres­
sionist Art History of Wilhelm Worringer”, Penn State University Press,
University Park 1995, pp. 119-134. Un cenno alla posizione di Worringer nei con-
fronti della “protesta” di Vinnen si trova in a. pinotti, “Tra astrazione ed empa-
tia. Cézanne, Worringer e il Blaue Reiter”, in G. Cianci, E. Franzini, A. Negri (a
cura di), Il Cézanne degli scrittori dei poeti e dei filosofi, cit., p. 82.
68 
Ivi, p. 93.
69 
Ibidem.
70 
Ivi, p. 94
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 43

sembra ovvio oggi che il carattere stilistico di questa arte primitiva non
sia determinato attraverso un potenziale non sviluppato, bensì attraver-
so una volontà orientata altrove, attraverso una volontà che si fonda su
grandi presupposti elementari, che noi con la nostra odierna sensibilità
ben temperata riusciamo appena a immaginare71.

Worringer, che meno di dieci anni dopo prenderà le distanze


dall’Espressionismo, nel 1911 forniva dunque alcuni strumenti teorici
per la difesa della nuova arte. Ne metteva in evidenza i caratteri anti-
naturalistici e di semplificazione, gli stessi di quell’arte primitiva cari-
ca di spiritualità che aveva provato a spiegare in Astrazione e empatia,
e i cui lineamenti essenziali si ritrovavano nel Gotico e appunto
nell’Espressionismo72.

Le radici germaniche dell’Espressionismo

Come abbiamo visto, il primo a mettere in campo un confronto


esplicito tra l’arte degli Espressionisti francesi e quella dei pittori te-
deschi (citando Pechstein e Melzer) era stato Heymann nel luglio del
1911 su «Der Sturm»; in qualche modo anche Worringer, il cui testo
per Die Antwort auf den ‘Protest deutscher Künstler’, lo ricordiamo,
venne ripubblicato in settembre, anch’esso sulla rivista di Walden,
mentre riconosceva nell’arte dei «sintetisti ed espressionisti parigini»
un carattere di profonda semplificazione e sintesi, rimandava a un
orizzonte più ampio della storia dell’arte, ne scorgeva, pur non facen-
do esplicitamente alcun nome nel suo testo, la portata generazionale
e non limitata geograficamente.
Queste sono le prime due volte che sulla rivista compare il ter-

71 
Ivi, pp. 94-95.
72 
Tra il 1919 e il 1920 Worringer tenne delle conferenze in cui definì l’E-
spressionismo “un guscio vuoto” capace di esprimere solo un’“emozione superfi-
ciale”, degenerando spesso in decorazione e “calligrafia artistica alla moda”, w.
worringer, Künstlerische Zeitfragen, Hugo Bruckmann, Monaco 1921, pp. 19-
20, presentato prima come conferenza a Monaco nell’ottobre del 1920, citato in
R.-C. Washton Long, Scholarship: Past, Present, and Future Directions, in Ger­
man Expressionist Prints and Drawings, vol. 1, Prestel, New York, 1989, p. 185,
p. 203, n. 14.
44 Leonardo Passarelli

mine ‘espressionista’, il cui accoglimento definitivo avverrà con il pri-


mo numero di gennaio del 1912 con la pubblicazione Die Expressio­
nisten di Paul Ferdinand Schmidt73, per il quale ci si trova a un punto
di svolta dello sviluppo della pittura simile a quello provocato dalle
prime opere di Manet. Il pubblico si infuria, gli artisti hanno paura e
protestano, così come parte della critica, la cui fetta migliore però,
insieme ai giovani e ai galleristi aggiornati, ha seguito il nuovo. Ma
cosa si può dire degli espressionisti seguendo quelli che sono i loro
desideri? Perché sono insoddisfatti dell’Impressionismo e cercano
strade nuove? Schmidt prova, allora, a spiegarlo, affermando che il
loro scopo non è né una restituzione sulla tela di una realtà luminosa
e atmosferica senza operare scelte, né la falsificazione idealistica:

la loro attività significa invece, per loro, la ricerca di toni forti e puri
nella natura e la loro rappresentazione espressiva. Vogliono vedere il
mondo in puri toni ininterrotti; e questo loro mondo diventa bello at-
traverso il colore. E in un senso nuovo, sconosciuto all’Impressionismo,
esso si riempie ancora di poesia74.

I maestri a cui guardano sono Cézanne per la semplificazione


dei toni, Gauguin per le campiture delle superfici, ai quali va affianca-
to «van Gogh [che] ci ha aggiunto la fiammante forza luminosa del
colore». Ma mentre i francesi Maurice Denis, Édouard Vuillard e
Pierre Bonnard mancano di una forza di espressione, questa è ben
presente invece in due «Germani del nord (Germanen des Nordens) e
dell’estremo sud, Munch e Hodler»75. La chiamata in causa dei due
artisti, uno norvegese l’altro svizzero, costituisce dunque il loro rico-
noscimento come padri dell’Espressionismo tedesco. Dai lavori dei
giovani pittori francesi e tedeschi non emergono, per Schmidt, né uno
«Schema» comune, né dei principi stilistici universali, perché la loro
visione «si estrinseca in modo puro rispetto a tutte le componenti».
Pertanto, quale

73 
p. f. schmidt, Die Expressionisten, in «Der Sturm. Wochenschrift für
Kultur und die Künste», a. 2, n. 92, 6 gennaio 1912, pp. 734-736.
74 
Ivi, p. 734.
75 
Ibidem.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 45

parentela ha Pechstein con Puy o quale schema dovrebbe accomunare


de Vlaminck e Herbin a Nolde? Il respiro di sollievo dalla costrizione
della “correttezza” li unisce; ma mentre uno dipinge superfici forte-
mente delimitate, l’altro deposita sui suoi quadri un gioco pirotecnico
di colori, e il terzo compenetra vaporosamente toni sfumati o pone in
contrasto colori scuri e sgargianti. Il loro nome comune è un prodotto
imbarazzante perché significa ben poco. Al posto di una verosimiglian-
za esteriore, possiedono la forma forte della verità interiore.76

È a questo punto che Schmidt, dopo il rapido accenno a Munch


e Hodler, «Germanen des Nordens und äußersten Südens», porta in
superficie un aspetto che sarà fondamentale per la creazione di una
genealogia nordica per l’Espressionismo tedesco. Egli ricorda che lo
scrittore Wilhelm Schäfer, recensendo sulla «Frankfurter Zeitung» la
mostra del Sonderbund, presumibilmente dell’anno precedente
(1911), aveva evidenziato per l’uso atonale del colore una vicinanza
dei giovani artisti con gli antichi maestri nederlandesi. La medesima
intensità degli effetti ottenuti dagli antichi maestri nordici, che perce-
piamo come naif e poetici, perché non dovrebbero usarla i giovani
artisti «i quali riescono a scoprire nella natura ben più che un gioco di
luci sparse»77, come facevano invece gli impressionisti? Nelle loro
opere «le superfici cromatiche […] sono assolte dallo scopo, sono
pura creazione dell’arte e, come tali, il più prezioso prodotto di questo
intero movimento»78. È ancora in un nordico che si trovano le radici
più prossime, in un olandese come Van Gogh, il quale ha avviato le
ricerche che i francesi più giovani hanno accolto, portando quella
grande tradizione pittorica nella modernità. Come i quadri degli
espressionisti francesi sono ancora ricchi dei riflessi di quella antica
tradizione (fiamminga), così lo spirito dello Sturm und Drang, che
fermenta ancora nei giovani tedeschi, insieme al crescente allarga-
mento del movimento in Germania, che non è circoscrivibile alle te-
ste calde (Nolde e Rohlfs e Deußer), sembrano profetizzare che la
Germania dovrebbe «essere il paese del destino»79.

76 
Ivi, p. 735.
77 
Ibidem.
78 
Ivi, p. 736.
79 
Ibidem.
46 Leonardo Passarelli

Nel marzo del 1912, Walden apre la Galleria Sturm, inauguran-


do la sua attività espositiva con una mostra che raccoglie opere di
molti degli artisti francesi che avevano partecipato alla XXII Secessio-
ne di Berlino della primavera del 1911, presentati come jungfranzös­
ische Maler. Gordon segnala come gli annunci che compaiono nel
mese di marzo sulla rivista tendano sempre più a semplificarsi80, dal
primo di essi del 2 marzo, che annuncia la presenza di lavori di «Hod­
ler, Kokoschka, Munch, jungfranzösischen Malern, Kokoschka Zeich-
nungen, Skulpturen Franz Flaum», a quello del 9, «Der Blaue Reiter,
Franz Flaum, Oskar Kokoschka, Expressionisten», fino all’ultimo del
30 marzo estremamente sintetico, «Der Blaue Reiter / Flaum / Koko-
schka / Expressionisten»81. Proprio quest’ultima comunicazione, tra
l’altro, è collocata appena sotto la pubblicazione del Manifest des Fu­
turismus di Filippo Tommaso Marinetti, il manifesto fondativo del
1909, nella traduzione di Jean-Jacques, che altri non è, come ha dimo-
strato Michele Dantini nel 1996, che Franz Marc.82
Dagli annunci sopra riportati si deduce che, almeno a quella
data, artisti come Marc e Kandinsky ci tenessero a mantenere il nome
del loro gruppo Der Blaue Reiter distinto da quello generico di
‘Expressionisten’. Marc, ad esempio, nell’Almanacco del Blauer Rei­
ter del 1912, intitola un suo scritto Die Wilden Deutschlands, riferen-
dosi ai giovani pittori di Dresda, Berlino e Monaco83.
L’evento espositivo che invece estese l’etichetta ‘Espressioni-

80 
d. e. gordon, op. cit., p. 373.
81 
«Der Sturm», a. II, n. 100, 2 marzo 1912, p. 801; «Der Sturm», a. II, n.
101, 9 marzo 1912, p. 808; «Der Sturm», a. II, n. 104, 30 marzo 1912, p. 829.
Nella mostra furono esposte opere di A. Bloch, G. Braque, D. D. Burljuk, W. D.
Burljuk, H. Campendonk, R. Delaunay, A. Derain, R. Dufy, E. Epstein, F. Flaum,
O. Friesz, P. P. Girieud, N. Gončarova, A. Herbin, E. von Kahler, W. Kandinsky,
E. L. Kirchner, O. Kokoschka, A. Macke, F. Marc, G. Münter, M. Pechstein, H.
Rousseau, M. de Vlaminck, cfr. Der Sturm, 1. Ausstellung. Der Blaue Reiter,
Franz Flaum, Oskar Kokoschka, Expressionisten, catalogo della mostra, Galerie
Der Sturm, Berlino 1912.
82 
m. dantini, La cameretta dei bambini. Paul Klee critico d’arte (1912-
13), in «Prospettiva», n. 81, gennaio 1996, pp. 62-63 (pp. 56-63). Il Manifest des
Futurismus è alle pp. 828-829 del n. 104 di «Der Sturm».
83 
w. kandinsky - f. marc, Der Blaue Reiter, R. Piper & Co., Monaco
1912, p. 5.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 47

smo’ da indicazione della pittura di alcuni artisti francesi a un venta-


glio più ampio di rappresentanti europei fu la quarta esposizione del
Sonderbund tedesco, che si aprì a Colonia nel maggio del 1912.
Nell’introduzione al catalogo, Richard Reiche scrive infatti che la mo-
stra:

intende offrire una panoramica sullo stato del più recente movimento
in pittura, che è sorto dopo il Naturalismo atmosferico e l’Impressioni-
smo e tende verso una semplificazione e un accrescimento delle forme
espressive, una nuova ritmica e cromaticità, verso la creazione decora-
tiva o monumentale, una panoramica [dunque] su quel movimento che
è stato chiamato Espressionismo84.

L’esposizione di Colonia dedicò un’ampia retrospettiva a van


Gogh con centoventicinque opere e, in maniera minore ma comun-
que consistente, a Cézanne e Gauguin, ai due pointillistes Cross e
Signac, a Picasso e a Munch. Per la prima volta, si trovarono esposti
nella stessa rassegna dipinti dei giovani francesi, Braque, Camoin,
Derain, Friesz, Matisse, Manguin, Marquet, de Vlaminck, definiti
fino a quel momento espressionisti, e contemporanei di area germani-
ca, come gli austriaci Kokoschka e Schiele, i tedeschi Melzer, Paula
Modersohn-Becker e lo scultore Barlach, i gruppi del Blauer Reiter,
con Jawlensky, Kandinsky, Klee, Marc, e della Brücke, con Heckel,
Kirchner, August Macke, Otto Mueller, Nolde, Pechstein e Schmidt-
Rottluff. Ma se il nome ‘espressionista’ avesse anche potuto descrive-
re la pittura degli artisti sopra citati, poteva anche risultare eccessiva-
mente vago, se riferito, come avveniva nell’introduzione di Reiche, ai
moltissimi altri lavori presenti nelle sale espositive, stemperandone il
significato.
Da inclusiva alla mostra di Colonia, la parola Expressionisten di-
venta più precisa in occasione dell’esposizione Deutsche Expressionis­

84 
r. reiche, “Vorwort”, in Internationale Kunstausstellung des Sonder­
bundes Westdeutscher Kunstfreunde und Künstler zu Köln, 1912, catalogo della
mostra, Colonia 1912, p. 3. Sull’esposizione si veda: G. Aust, Die Ausstellung des
Sonderbundes 1912 in Köln, in «Wallraf-Richartz-Jahrbuch», n. 22, 1961, pp.
288-290; 1912 Mission Moderne: Die Jahrhundertschau des Sonderbundes, cata-
logo della mostra, a cura di B. Schaefer, Wallraf-Richartz Museum Köln, Wie-
nand, Colonia 2012.
48 Leonardo Passarelli

ten (Zurückgestellte Bilder des Sonderbundes Köln), inaugurata il 16


giugno del 1912 alla Galleria Sturm, con opere di Bloch, Campen-
donk, Jawlensky, Marc e Münter, e della successiva Franzosische
Expressionisten, la quinta rassegna della Galleria Sturm, in agosto,
con opere di Braque, Derain, Friesz, Herbin, Marie Laurencin e de
Vlaminck85.
Intanto, nel mese di agosto Paul Klee recensisce, per il periodico
svizzero «Die Alpen», la seconda esposizione del Moderner Bund
svizzero, aperto all’inizio del mese precedente a Zurigo86. In quell’oc-
casione erano in mostra, tra le altre, opere di Matisse, Robert Delau-
nay, Henri Le Fauconnier, Kandinsky e Marc del Blauer Reiter e suoi
amici espressionisti svizzeri, Hans Arp, Walter Helbig e Oskar Lüthy
che facevano parte dell’associazione organizzatrice. Nel lungo artico-
lo, Klee afferma che Impressionismo ed Espressionismo sono proba-
bilmente i due ‘ismi’ più importanti dell’arte degli ultimi tempi e che
il Cubismo sia un ramo particolare dell’Espressionismo87, di cui cerca
di spiegare più che gli elementi esteriori, che lo renderebbero facil-
mente riconoscibile, quelli più profondi, ricchi di risonanze psicologi-
che e legati alla creazione artistica:

Nell’Espressionismo possono passare anni tra l’ideazione e la realizza-


zione, nella composizione finale parte delle impressioni possono essere
svanite o essere ricomposte, oppure, dopo una lunga latenza, impres-
sioni più antiche possono essere risvegliate da altre più recenti88.

Il 1914 segna un momento importante per la definizione critica


del termine ‘Espressionismo’, ancora oscillante nel definire la pittura
dei fauves francesi, dei pittori d’avanguardia tedeschi o di entrambi i

85 
Così recita la pubblicità dell’evento: “Franzosische Expressionisten Bra-
que Derain / Friesz / Herbin / Marie Laurencin / Vlaminck.”, in «Der Sturm.
Wochenschrift für Kultur und die Künste», a. 2, n. 121-122, 10 agosto 1912, p.
122 e «Der Sturm. Wochenschrift für Kultur und die Künste», vol. 2, n. 123-124,
24 agosto 1912, p. 130.
86 
p. klee, Die Ausstellung des Modernen Bundes im Kunsthaus Zürich, in
«Die Alpen», a. VI, n. 12, agosto 1912, pp. 696-704. m. dantini, op. cit., nel suo
saggio analizza altri aspetti della recensione di Klee, p. 56 e passim.
87 
Ivi, pp. 696, 699.
88 
Ivi, pp. 697.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 49

gruppi. Proprio quell’anno, Paul Fechter pubblica per l’editore Piper


di Monaco Der Expressionismus89. Il volume, che significativamente
ha in copertina un’incisione di Pechstein che raffigura in maniera ar-
caizzante un santo che ricorda Paolo, è il punto di arrivo di una lettu-
ra in chiave primitivistica e spiritualizzante, che aveva lo scopo di fare
emergere i possibili collegamenti della pittura d’avanguardia con epo-
che significative della storia dell’arte tedesca. Fechter pone a premes-
sa della parte in cui affronta l’Espressionismo due capitoli, il primo
dedicato all’Impressionismo (Die impressionistische Situation) e
quello seguente alle prime reazioni a esso, che ha come protagonisti
Cézanne, Gauguin, van Gogh e Munch (Die frühen Gegenbewegun­
gen). Finalmente, nel terzo capitolo, Die späten Gegenbewegungen,
dunque le risposte più recenti all’Impressionismo, si trova il paragrafo
Der Expressionismus90 seguito da altri due dedicati al Cubismo e al
Futurismo. Una delle affermazioni più interessanti del testo è quan-
do, per spiegare ai lettori la presa di distanza dei pittori espressionisti
dall’Impressionismo e in generale da una restituzione attraverso l’o-
pera d’arte di immagini e sensazioni conformi alla realtà, Fechter scri-
ve che «il fenomeno è subordinato all’espressione» perché grazie
all’«influenza della fotografia istantanea e del cinema si è riconosciuto
l’errore che risiedeva nella convinzione che il significato dell’arte po-
tesse trovarsi in una mera rappresentazione del fenomeno» e perciò
«la conformità dell’immagine con la ‘realtà’ è stata eliminata»91. Pari-
menti significativo è il passaggio in cui affronta il rapporto che l’opera
espressionista instaura con lo spettatore, il quale di fronte a essa, per
merito del lavoro di distillazione della percezione operato dall’artista
attraverso la sua intuizione e reso visibile grazie ai mezzi pittorici spe-
cifici, dovrebbe rivivere quella «emozione dalla quale l’opera è cre-
sciuta nell’artista»92. Il principio esposto da Fechter è molto vicino alla
visione dell’opera d’arte come espressione di un’emozione che il filo-
sofo Robin George Collingwood esporrà nel 1938 in The Principles of
Art (I principi dell’arte).

89 
p. fechter, Der Expressionismus, R. Piper & Co., Monaco 1914.
90 
Ivi, pp. 21-34.
91 
Ivi, p. 22.
92 
Ivi, p. 23.
50 Leonardo Passarelli

Come Schmidt e Behne, anche Fechter si richiama insistente-


mente alla spiritualità del periodo dell’arte gotica e cita anche lui Ma-
thias Grünewald, che è diventato «il più potente patrono della lotta
della nuova arte tedesca»93, rappresentata dagli artisti della Brücke, da
quelli del Blauer Reiter, con a fianco Kokoschka, Richard Seewald,
Felix Meseck, Max Neumann, René Beeh, Otto Hettner, Rudolf
Großmann, Ludwig Meidner, gli scultori Lehmbruck, Barlach, le cui
opere riprodotte corredavano il libro, incrociandosi con quelle di
Munch, Matisse, Picasso, Archipenko, e a quelle dei nostri Futuristi,
Boccioni, Carrà, Russolo e Severini. Significativamente, mancavano
riferimenti agli Expressionnistes francesi, a parte Matisse, e non resta-
va alcuna traccia di Derain, Friesz, Manguin, Marquet, van Dongen e
de Vlaminck.
La critica aveva dunque individuato una linea evolutiva che dal
Medioevo, attraverso maestri del rinascimento tedesco come Grüne­
wald, portava direttamente agli espressionisti tedeschi, i quali si ri­
collegavano idealmente a quegli esempi più nello spirito che nelle
forme.
Infine, sul primo numero di dicembre di quello stesso 1914, su
«Der Sturm» esce l’articolo di Adolf Behne Deutsche Expressionisten.
Vortrag zur Eröffnung der neuen Sturm-Ausstellung (Espressionisti
tedeschi. Conferenza in occasione dell’apertura della nuova esposizio­
ne dello Sturm94), che approfondisce e precisa quella lettura dell’arte
dei giovani artisti tedeschi che già Worringer, quindi Schmidt nel suo
pezzo del gennaio del 1912 su «Der Sturm» e Fechter avevano avanza-
to, soffermandosi a lungo su una possibile linea genealogica germanica.
L’articolo si riferisce all’esposizione Campendonk / Jacoba van
Heemskerck, in corso tra novembre e dicembre del 1914 alla Galleria
Sturm e che vedeva la presenza, oltre agli autori che davano il titolo al
catalogo, anche opere di Marc, Kokoschka, Severini, Carrà, Boccioni.
Invitato dallo stesso Walden a scrivere sul tema degli ‘espressionisti
tedeschi’, Behne, in apertura definisce tali proprio Campendonk,

93 
Ivi, p. 33.
94 
a. behne, Deutsche Expressionisten. Vortrag zur Eröffnung der neuen
Sturm-Ausstellung, in «Der Sturm. Halbmonatsschrift für Kultur und die Küns-
te», a. V, n. 17-18, 1 dicembre 1914, pp. 114-115.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 51

Marc, Kokoschka. Non è necessario spiegare nulla riguardo al termi-


ne ‘tedeschi’, a patto però di non affiancarli a Ludwig Knaus and Paul
Thumann (due esempi molto diversi di pittura tedesca accademica
nell’Ottocento) anch’essi nati in Germania. Bisogna invece metterli a
confronto con «i nostri pittori gotici, in particolare il creatore delle
vetrate di Strasburgo, i maestri di Colonia o della Vestfalia, o, per ri-
chiamare un loro successivo grande parente spirituale, Mathias Grüne­
wald»95. Nel caso dei pittori esposti da Sturm:

‘Tedesco’ non significa qui Romanticismo da vetrate (Butzenschei­


ben-Romantik), poesie sul chiaro di luna (Mondscheinpoesie) e pennel-
late-nontiscordardimè (Vergißmeinnicht-Pinselei), bensì passione per
la rappresentazione, impulso della fantasia, dominio dello spirito.
Gli artisti del nostro tempo non vedono negli antichi maestri il modello
della loro creazione. Non vi è alcuna traccia di arcaismo nei loro lavori.
Ma loro riconoscono nei gotici i loro legittimi antenati. Ciò che li unisce
è l’amore per l’espressione. Nient’altro significa ‘Espressionismo’. Gli
architetti, gli scultori, i pittori e i disegnatori del Gotico erano espres-
sionisti, come lo erano gli egizi, i greci del periodo pre-classico. L’arte
espressionista, alla quale si affibbia volentieri lo stigma di lavori alla
moda stagionale, è in realtà il risveglio di inclinazioni che sono sempre
prevalse durante i periodi artistici più felici. Se questo amore per il
Gotico […] fosse onesto, allora quello di Marc, Kokoschka, Heems­
kerck, Mense dovrebbe avere raggiunto l’onore che spetta a loro.96

Il discorso di Behne instaura un forte collegamento tra gli artisti


in mostra e quelli del Gotico, il più glorioso periodo della storia arti-
stica tedesca, cui si aggiunge il grande Grünewald97, in una chiave fi-
nalizzata a rendere ‘domestici’, ‘indigeni’ quei giovani artisti che sino
a pochi anni prima venivano accusati, insieme ai loro sostenitori (cri-
tici, mercanti e direttori di museo), di esterofilia98. Dopo questa im-

95 
Ivi, p. 114.
96 
Ibidem.
97 
Peter Selz nel suo famoso libro sulla pittura espressionista tedesca dedica
un paragrafo (“The admiration for Grünewald”) al rapporto degli espressionisti
con l’opera del pittore di Würzburg: P. Selz, German expressionist painting
(1957), University of California Press, Berkeley, Los Angeles, 1974, pp. 16-19.
98 
È la tesi di fondo esposta nella seconda metà del saggio di D. E. Gor­
don, op. cit., pp. 376-385, il quale però insiste forse eccessivamente sulla dimen-
52 Leonardo Passarelli

portante premessa, Behne passa a considerazioni più pertinenti a un


discorso critico-artistico, provando a rispondere all’incomprensione
del pubblico. Si chiede «perché questi quadri sono così strani?»:

Perché i loro autori prendono l’arte sul serio e con grande precisione.
Perché hanno finalmente riportato al centro della loro creazione consi-
derazioni artistiche, anziché considerazioni scientifiche, letterarie o
economiche. Lo si è biasimato come nudo formalismo e sterile arte da
esteti. […] L’Espressionismo non conosce alcuna forma che sia priva di
ispirazione o di espressione. La forma è al servizio dell’espressione. Ma
questa espressione deve essere puramente artistica – più è pura meglio
è! Chi teme che l’assoluta purezza dell’espressione artistica renda steri-
le l’opera tradisce il fatto che fino a ora nell’arte ha tenuto in considera-
zione soltanto ciò che era non-arte (Nicht-Kunst), intorbidamento, co-
strizione.
L’Espressionismo ha finalmente riportato le considerazioni artistiche al
centro della creazione! Il significato di ciò ci diventa chiaro quando
mentalmente confrontiamo un’opera impressionista con una moderna.
Poiché l’Impressionismo è il prototipo di un’arte che ha perduto il suo
baricentro.
Ogni opera d’arte che può rivendicare diritti su questa denominazione
è un organismo. Un’opera d’arte inorganica è una contraddizione in sé.
Creare organicamente è l’essenza del lavoro artistico, il dono di far cre-
scere organicamente cose spirituali è ciò che distingue l’artista dal
non-artista. La vera opera d’arte è qualcosa di cresciuto, compiuto, e la
frase del biologo Uexküll: “Solo le macchine vengono costruite, gli or-
ganismi nascono”, vale anche per l’arte. Perciò il primo compito dell’ar-
tista è escludere dal processo creativo tutto ciò che potrebbe pregiudi-
care i suoi colori, le forme e le linee99.

Il consueto confronto con la pittura impressionista prosegue, im-


putandole di essersi accontentata di rendere «tangibile un pezzo di na-
tura in modo immediato e corretto, senza che nulla di estraneo vi si in-
sinui», di manifestare l’«impressione di una superficie, di un bagliore»100.

sione mistica e irrazionale che starebbe a fondamento del collegamento con il


Gotico.
99 
a. behne, op. cit., p. 114.
100 
Ibidem.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 53

La mostra vedeva la presenza anche di opere di Severini, Carrà,


Boccioni, e Behne dedica la parte finale del suo articolo anche al Cu-
bismo, inteso come un linguaggio disponibile agli artisti per raggiun-
gere un’espressione compiuta con le loro opere, «lingua della quale si
servono molti espressionisti, non tutti», e al Futurismo anch’esso letto
come un’arte dell’espressione di «correnti di emozioni»101.

Epilogo

Donald E. Gordon, da cui siamo partiti, nel suo scritto postumo


Expressionism: Art and Idea (Espressionismo: Arte e Idea), pubblica-
to nel 1987, segnala che fu Antonín Matějček, lo storico dell’arte ceco,
ma nato a Budapest nel 1889, a utilizzare per primo in un testo il
termine ‘Espressionismo’. Matějček, nell’introduzione del catalogo
dell’esposizione Les Indépendants: XXXI výstava Sp. Vytv. Um.
“Mánes” v Praze (Gli Indipendenti: XXXIa esposizione dell’Associa-
zione di artisti Mánes a Praga), che si inaugurò nel febbraio del 1910,
per definire le opere di Braque, Matisse, de Vlaminck e Derain, espo-
ste insieme a quelle di Bonnard, Maillol e Redon, scriveva:

Un espressionista desidera, soprattutto, esprimere se stesso. […] [Ri-


fiuta] la percezione immediata e compone su strutture psichiche più
complesse. […] Le impressioni e le immagini mentali passano attraver-
so la sua anima come attraverso un filtro che le libera da tutte le con-
crezioni sensibili per produrre/estrarre la loro essenza chiara [… e] ri-

101 
Ivi, pp. 114-115. Sui rapporti tra il Futurismo e «Der Sturm» rimando
solo a: j. white, “Futurismo and German Expressionism”, in G. Berghaus (a cura
di), International Futurism in Arts and Literature, Walter de Gruyter, Berlino
2000, pp. 39-74; m. bressan, Der Sturm e il Futurismo, Edizioni della Laguna,
Gorizia, 2010; m. isgro, “A Futurism of Place”: Futurist Travel and the European
Avant-Garde, 1910-1914, in Italian Futurism, 1909–1944. Reconstructing the
Universe, catalogo della mostra a cura di V. Greene, Solomon R. Guggenheim
Museum, New York 2014, p. 137. m. e. versari, “Futurist canons and the deve-
lopment of avant-garde histography (Futurism - Expressionism - Dadaism)”, in
E. Adamowicz - S. Storichi (a cura di), Back to the Futurist: The avant-garde and
its legacy, Manchester University Press, Manchester-New York, 2013, soprattutto
le pp. 72-85.
54 Leonardo Passarelli

composte le condensa in forme più generali, in tipi, che trascrive


attraverso semplici formule e simboli stenografici102.

Saltando da questi primi anni Dieci alla fine del decennio, cioè
non toccando il periodo in cui l’Espressionismo, associato alla pittura
che si era sviluppata sulla scia degli artisti della Brücke prima e del
Blauer Reiter dopo, era diventato per buona parte della critica tede-
sca e internazionale l’esempio più avanzato della pittura modernista
tedesca, vorrei riferire della polemica che si sviluppò nel 1919103. La
controversia nacque sulle origini dei termini ‘Espressionismo’ ed
‘espressionista’ e vide in campo chi riteneva fossero parole di prove-
nienza francese e chi tedesca. Julius Elias, storico dell’arte, intellet-
tuale e traduttore tedesco, ad esempio, nel 1918 scriveva su «Kunst­
blatt» che nel 1901 il francese Julien-Auguste Hervé aveva esposto,
alla diciassettesima esposizione annuale della Société des Indepén­
dants di Parigi, una serie dipinti alcuni dei quali, Libertaire, Rôdeur e
Soleil couchant, accomunati dalla parola «Expressionnismes»104. La

102 
a. matějček, XXXI výstava Sp. Vytv. Um. “Mánes” v Praze: Les In­
dépendants, Praga 1910, citato in d. e. gordon, Expressionism. Art and Idea,
Yale University Press, New Haven and London 1987, p. 175. Altre informazoni
sull’esposizione in d. sayer, The Coast of Bohemia: A Czech History, Princeton
University Pres, Princeton, 1998, pp. 157-158; Ead, Modernism, Seen from Pra­
gue, March 1937, in «Artl@s Bulletin», a. III, n. 1 (Peripherie), 2014, p. 20, note
8-11; M. A. Cohen, Movement, Manifesto, Melee: The Modernist Group, 1910-
1914, Lexington Book, Oxford 2004, p. 245.
103 
Tra le pubblicazioni successive al 1914 si ricordano almeno: h. bahr,
Expressionism, Delphin, Monaco 1916 e h. walden, Espressionismus: Die Kunst­
wende, Der Sturm, Berlino 1918.
104 
j. elias, in «Das Kunstblatt», a. II, n. 10, ottobre 1918, p. 327. In appog-
gio a quanto scritto da Elias, abbiamo i cataloghi delle esposizioni annuali della
Società degli Indipendenti di Parigi, dove Hervé espose con una certa regolarità
fin dagli anni novanta dell’800. Cfr. Société des artistes indépendants. Catalogue
de la 22e Exposition 1906, l’Emancipatrice, Paris 1906, p. 132 nn. 2338-2340, La
Chouette et le Maître d’Ecole «Ton couteau! ton couteau! fourline…» Mystères de
Paris, Eugène Süe (expressionnisme), Buveur d’eau (expressionnisme), Le choc
en retour (expressionnisme); Société des artistes indépendants. Catalogue de la
24e Exposition 1908, Société des artistes indépendants, Paris 1908, p. 189, nn.
2925-2926, Expressionnisme (budgétivore), Expressionnisme (contribuable).
Altra fonte si trova in un brevissimo commento apparso sulla stampa fran-
cese in cui l’autore elencando alcuni artisti presenti alla 23a esposizione degli In-
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 55

notizia riportata da Elias viene subito ripresa dal poeta e scrittore


Theodor Däubler nel suo Im Kampf um die moderne Kunst (In lotta
per l’arte moderna) del 1919, precisando di esserne venuto a cono-
scenza poco prima che il suo scritto andasse in stampa105. Poco sopra,
Däubler aveva provato a risalire alle origini del termine affermando
che probabilmente era stato Matisse a usare per la prima volta la pa-
rola ‘Espressionismo’, ma che era stato Louis Vauxcelles a pronun-
ciarla pubblicamente per primo. Il poeta prosegue riferendo un aned-
doto con Paul Cassirer come protagonista, mentre era impegnato
nella giuria per scegliere le opere per l’esposizione della Secessione di
Berlino del 1910. Di fronte a un quadro, probabilmente di Pechstein,
alla domanda se si trattasse ancora di Impressionismo, Cassirer avreb-
be risposto: «Nein, aber Expressionismus!»106. Le affermazioni di
Däubler suscitarono immediatamente la risposta di Daniel-Henry
Kahnweiler il quale, nel novembre del 1919, sempre su «Kunstblatt»,
firmandosi con lo pseudonimo Daniel Henry, sottolinea che pur es-
sendo vero quanto affermato da Elias su Hervé, le opinioni divulgate
dal poeta di Trieste erano ‘favole’. La critica d’arte francese non
avrebbe mai utilizzato la parola ‘Espressionismo’, né Matisse, né Vau-
xcelles: «Il termine è completamente estraneo all’arte francese. È te-
desco. Cosa che però non deve essere presa come un elogio»107.
Nel mese successivo, sul numero del 10 dicembre di «Der
Sturm», Walden firma tre articoli, i primi due, Attenzione! Testimoni!
e Indulgenza! Testimoni!, che prendono di mira proprio «Das Kunst­
blatt», nelle persone del fondatore e direttore Paul Westheim e di

dipendenti afferma: «de M. Hervé, l’humoriste, caractérisme, expressionnisme»,


in h. grignet, Les Artistes Indépendants, in «L’Éclat de rire», a. X, n. 115, 1907,
p. 39.
105 
Cfr. t. däubler, Im Kampf um die moderne Kunst, Tribüne der Kunst
und Zeit. Eine Schriftensammlung, n. 3, Erich Reiß, Berlino 1919, p. 41, ora in f.
kemp - f. pfäfflin (a cura di) Theodor Däubler: Im Kampf um die moderne
Kunst und andere Schriften, Luchterhand Literatur-Verlag, Darmstadt 1988, p.
130 (pp. 117-142). Cfr. anche: r. manheim, Expressionismus: Zur Entstehung
Eines Kunsthistorischen Stil- und Periodenbegriffes, in «Zeitschrift für Kunstge-
schichte», a. XLIX, n. 1, 1986, pp. 73-74.
106 
Ibidem.
107 
d.-h. kahnweiler, Expressionismus, in «Das Kunstblatt», a. III, n. 11,
1919, p. 351.
56 Leonardo Passarelli

Kahnweiler108, e il terzo in polemica con Worringer109. I primi due


articoli di Walden costituiscono un vero e proprio attacco contro
West­heim, fondatore nel 1917 e direttore fino al 1933 di «Das Kunst­
blatt», il quale nel 1918 aveva pubblicato la prima monografia su
Kokoschka110 e si era distinto da Walden per una promozione meno
radicale dell’Espressionismo e dell’arte contemporanea, prestando
forte attenzione all’eredità classica o di matrice francese nella pittura
figurativa tedesca, mantenendo un atteggiamento distante sia da Kan-
dinsky e Marc del Blauer Reiter, sia, negli anni della guerra e in quel-
li successivi, dal Dadaismo111. Nei suoi pezzi, il direttore di «Der
Sturm» accusa Westheim di incoerenza nei giudizi artistici e lo fa at-
taccando alcune sue affermazioni citate in un articolo della «Schwäbi­
sche Tagwacht» in cui, dopo averlo definito «il pioniere del tutto inso-
spettato dell’Espressionismo», si scrive che il direttore di «Das
Kunstblatt» «si lamenta di nuovo dei giovani, a cui la scadente lettera-
tura espressionista, così massivamente diffusa, ha apparentemente
confuso le menti e che ora incubistano (nachkubisteln) i fraintesi Kan-
dinsky»112. Proprio su questo punto, il direttore di «Der Sturm» ricor-
da che Westheim

ha designato “ogni memorabile esposizione dello Sturm nel 1913”


come “bluff e imbroglio” e precisamente, in innumerevoli dichiarazioni
stampate, quell’esposizione, sulla quale il Tagwächter si appella contro

h. walden, Vorsicht! Zeugen! e Nachsicht! Zeugen!, in ««Der Sturm.


108 

Monatsschrift für Kultur und die Künste», a. X, n. 9, 10 dicembre 1919, pp.


130-132. Westheim era già stato preso di mira qualche mese prima: h. walden,
Ableger, in «Der Sturm. Monatsschrift für Kultur und die Künste», a. IX, n. 9, 15
dicembre 1918, 114-115.
109 
h. walden, Der Denker, in «Der Sturm. Monatsschrift für Kultur und
die Künste», a. X, n. 9, 10 dicembre 1919, pp. 132-134.
110 
p. westheim, Oskar Kokoschka, Gustav Kiepenheuer, Potsdam-Berlin
1918.
111 
Un buon profilo in italiano di Paul Westheim si trova in f. mazzafer­
ro, Paul Westheim, Confessioni di artisti. Lettere, diari ed osservazioni di artisti
contemporanei, http://letteraturaartistica.blogspot.it/2016/03/paul-westheim.html,
in cui viene ampiamente recensito p. westheim, Künstlerbekenntnisse: Briefe,
Tagebücher, Betrachtungen heutiger Künstler, Propyläen, Berlin 1923.
112 
h. walden, Vorsicht! Zeugen!, cit., p. 130. Tra virgolette alte, i passaggi
dell’articolo della «Schwäbische Tagwacht» citati da Walden.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 57

l’attuale esposizione dello Sturm. Il signore dovrebbe rileggersi. Anco-


ra nel 1918, il signor Paul Westheim contesta a Kandinsky perfino il suo
essere artista. Più piacevole è che lui nel 1919 si lamenti dei giovani che
ora incubistano il travisato Kandinsky113.

Walden quindi, riferendosi alle numerose occasioni in cui aveva


esposto opere del pittore russo, a cominciare da quella inaugurale del-
la sua galleria nel 1912 fino a quelle più recenti114, rimprovera a West­
heim di avere espresso sempre giudizi negativi su Kandinsky, ma allo
stesso tempo di considerare la sua pittura un modello «travisato» dai
più giovani, riconoscendogli dunque un ruolo importante nel panora-
ma della giovane arte tedesca. Walden sottolinea, in Indulgenza! Te­
stimoni!, che segue il primo articolo, come la sua rivista e la galleria
abbiano avuto un ruolo primario nel far conoscere le ricerche artisti-
che più nuove, comprese quelle espresse da opere polimateriche, sot-
tolineando come, invece, esse siano state ignorate o derise da West­
heim, il quale nel 1913, recensendo il Salone d’Autunno dello Sturm
(Erster Deutscher Herbstsalon), aveva scritto:

“Il peggio è però accaduto al cubismo. Non perché in questo modo ci


sono una cinquantina di pezzi sui quali sono mescolati tra loro triangoli,
quadrati, pentagoni ed ettagoni sotto il titolo più insolito, ma perché
qualcuno […] si è divertito a incollare fogli colorati tagliati geometrica-
mente a questa superficie cubista.” […] Si immagina una pittura che
possa essere sostituita da un ritaglio di carta colorata senza perdite al

113 
Ibidem.
114 
Opere di Kandinsky furono esposte dalla Galleria Sturm in molte occa-
sioni: come esponente del Blauer Reiter, in personali e in collettive. Si ricorda che
la prima mostra inaugurale della galleria fu Der Blaue Reiter / Franz Flaum /
Oskar Kokoschka / Expressionisten (cat. 1. Ausstellung, Der Blaue Reiter. Franz
Flaum, Oskar Kokoschka, Expressionisten, Berlin 1912); altre occasioni furono
sempre nel 1912 la mostra 2 (Die Futuristen), la 3 (Graphik), la 7 (personale
Kandinsky); nel 1913 l’Erster Deutscher Herbstsalon; nel 1916 la mostra 43
(Expressionisten / Futuristen / Kubisten) e la 44 (personale Kandinsky); nel 1917
la 50 e la 53 (la medesima mostra in marzo e in giugno, Sturm-Gesamtschau), la
54 (Sammlung Kluxen); nel 1918 la 65 (Marc Chagall / Kandinsky / William Wau­
er); nel 1919 la mostra 74 (Nell Walden / Hans Brass), la 75 (Oswald Herzog /
Oskar Fischer / Heinrich von Boddien) e la 78 (Georg Muche / Hans Sittig). Per i
dati completi, cfr: https://www.arthistoricum.net/themen/portale/sturm/ausstel-
lungskataloge.
58 Leonardo Passarelli

contenuto spirituale e intellettuale, si immagina un Holbein, un Rem-


brandt, un Leonardo sconfitti con forbici e colla e si filosofa serena-
mente su un esercizio artistico”115.

Sulla questione del collage e delle opere realizzate con materiali


diversi, Walden conclude il suo attacco a Westheim riportando quanto
questi aveva affermato nel 1913:

“Se uno dei cinque futuristi originali, Gino Severini, mostra il ritratto di
un uomo a cui ha attaccato due ciuffi di veri peli di baffo alle guance
dipinte, un risvolto di vero velluto alla gonna dipinta, allora neanche il
più istruito del Blauer Reiter avrà qualcosa in contrario se quest’opera
di colla futuristica si designasse come kitsch del tutto banale”116.

Questo passaggio, all’interno dell’articolo, serve a Walden per


indicare il contrasto tra i giudizi espressi nel passato da Westheim e la
pubblicazione su «Das Kunstblatt» nel novembre del 1919 di Merz­
malerei, l’articolo su Kurt Schwitters di Kahnweiler117. Al quale Wal-
den rivolge alcune precisazioni:

Il signor Henry sostiene infatti che “opere-quadro di vari materiali” si-


ano state portate da Parigi a Zurigo nel 1916 e che così si formarono le
cosiddette nuove tendenze dei dadaisti e da Zurigo questo nuovo stile
pittorico sia giunto gradualmente in Germania nell’anno 1919. “Questa
è la storia della nascita dei quadri Merz”. Purtroppo, il signor Henry si
sbaglia notevolmente. Le opere di vari materiali si potevano vedere in
Germania già nell’anno 1913 e più precisamente al Primo Salone d’Au-
tunno dello Sturm (Erster Deutscher Herbstsalon). E cioè, sculture
degli artisti che il signor Henry contrassegna come loro iniziatori. In

115 
P. Westheim cit. in h. walden, Nachsicht! Zeugen!, cit., pp. 131-132.
Tra virgolette alte, i passaggi di Westheim riportati da Walden.
116 
Ivi, p. 132. Sulla questione delle opere polimateriche c’era stata nel 1914
la nota polemica su «Lacerba» tra Giovanni Papini e Umberto Boccioni: g. papi­
ni, Il cerchio si chiude, in «Lacerba», a. II, n. 4, 15 febbraio 1914, pp. 49-50; u.
boccioni, Il cerchio non si chiude!, in «Lacerba», a. II, n. 5, 1 marzo 1914, pp.
67-69; g. papini, Cerchi aperti, in «Lacerba», a. II, n. 6, 15 marzo 1914, pp. 83-
85. Sulla vicenda si rimanda a a. del puppo, Realtà bruta. Una polemica tra Pa­
pini e Boccioni, in «Prospettiva», n. 97, 2000, pp. 82-94.
117 
d.-h. kahnweiler, Merzmalerei, in «Das Kunstblatt», a. 3, n. 11, no-
vembre 1919, p. 351.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 59

ogni caso, Schwitters non ha avuto bisogno di formarsi presso i cosid-


detti dadaisti118.

Ancora una volta, dunque, Walden vuole rivendicare a sé, alla


sua rivista e alla sua galleria il primato nel sostenere l’arte più nuova,
e in questo caso quella espressa dai Merz di Schwitters119.
L’ultimo dei tre articoli del direttore, apparsi sul numero di di-
cembre del 1919, è Il pensatore, indirizzato a Worringer, che in quegli
anni stava precisando la sua posizione nei riguardi dell’Espressioni-
smo120. Walden tenta di evitare che venga trasmessa in chiave negativa
la netta contrapposizione proposta da Worringer tra l’arte antica, che
deriva «“da una visione del mondo unitaria, e così raggiunge una rap-
presentazione calma, che noi ammiriamo tanto”», e l’arte moderna,
nella quale «“si esprime l’incoerenza totale”»121. «Egli ha citato come
esempio un’antica figura di Pietro e l’ha messa in contrapposizione al
cavaliere errante di Kokoschka. Entrambi devono portare alla luce la
stessa idea. Ma mentre uno cerca Dio, perché ce l’ha, l’altro è un cer-
catore di Dio, perché non lo ha ancora!»122. Si tratta di una lettura
mistica dello sviluppo dell’arte che per Walden non era accettabile.
Infine, sempre sul numero di dicembre del 1919 di «Der Sturm»,
a seguire i tre articoli di Walden, viene pubblicato quello dell’attore,
drammaturgo e polemista Rudolf Blümner in risposta a quanto affer-
mato sul numero di novembre di «Das Kunstblatt», nel citato articolo
di Kahnweiler, sull’origine del termine ‘Espressionismo’. L’interven-
to, dal titolo enigmatico Species expressivae. Collofino in Köln zur

118 
h. walden, Nachsicht! Zeugen!, cit., p. 131. Tra virgolette alte, i passag-
gi dell’articolo Merzmalerei di Kahnweiler riportati da Walden.
119 
Nel 1919, Schwitters espose nella Galleria Sturm a luglio e a settembre
alla mostra 75 (Oswald Herzog, Oskar Fischer, Heinrich von Boddien) e alla 78
(Georg Muche, Hans Sittig).
Cfr: https://www.arthistoricum.net/themen/portale/sturm/ausstellungska-
taloge.
120 
h. walden, Der Denker, in «Der Sturm. Monatsschrift für Kultur und
die Künste», vol. X, n. 9, 10 dicembre 1919, pp. 132-134. Sulla revisione del pen-
siero di Worringer sull’Espressionismo si rimanda alla nota 72.
121 
Ivi, pp. 133-134. Tra virgolette alte, i passaggi di Worringer riportati da
Walden.
122 
Ivi, p. 134.
60 Leonardo Passarelli

Freude123 – con riferimento a Collofino, alias Joseph Feinhals, pro-


prietario di una fabbrica di sigari, collezionista e polemista di Colonia
che nel 1939 pubblicherà l’altisonante Non olet oder Die heiteren Tisch­
gespräche des Collofino über den Orbis Cacatus nebst den neuesten
erkenntnistheoretischen Betrachtungen über das Leben in seiner
phantastischen Wirklichkeit erzählt von ihm selbst (Non olet ovvero
Le gaie conversazioni a tavola di Collofino sull’Orbis Cacatus insieme
con le più recenti riflessioni gnoseologiche sulla vita nella sua realtà
fantastica raccontate da egli stesso) –, fa subito presagire il tono quasi
‘patafisico’ della replica a Kahnweiler, rimproverato subito di farsi
chiamare Daniel Henry «per non essere preso per un tedesco». Alla
verità del gallerista, «Il termine ‘Espressionismo’ è completamente
estraneo all’arte francese. È tedesco. Cosa che però non deve essere
presa come un elogio», ne viene opposta un’altra, e cioè che

‘Espressionismo’ non è un ‘concetto’, ma una parola e il concetto di


questa parola è più noto alle arti visive francesi che al signor Kahnwei-
ler. E per il concetto, che il signor Kahnweiler non conosce, è indiffe-
rente come sia nata la parola. Un malinteso e un’assurdità non potreb-
bero cambiare nulla alla realtà del concetto. E se il signor Kahnweiler
non lo capisce, glielo dimostrerò io. È un elogio che in Germania la
parola ‘espressionismo’, poiché noi la comprendiamo, sia stata accolta
non nel corpo ma nell’anima. E ora ascolti, signor Kahnweiler, cosa
aveva compreso il santo Tommaso d’Aquino già settecento anni fa: il
santo Tommaso d’Aquino già settecento anni fa: Il santo Tommaso di-
stingue tre tipi di conoscenza: Dio come la superiore essentia ha diret-
tamente conoscenza di tutte le essentie. Gli angeli e le anime liberate
dal corpo hanno la diretta intuitio delle cose presenti o anche la cono-
scenza delle lontane attraverso species expressivae. Le anime in condi-
zione di peccato conoscono solo quello che a loro è toccato attraverso
species impressivae. “Le espressioni species impressiva ed expressiva
provengono da una psicologia a noi non più comprensibile (afferma
Fritz Mauthner nel suo Dizionario della Filosofia), che interpreta le
specie come quadretti che prima si imprimono ai sensi e dopo si espri-
mono nelle rappresentazioni dell’anima”. Questo è inquietante, non è

123 
r. blümner, Species expressivae. Collofino in Köln zur Freude, in «Der
Sturm. Monatschrift für Kultur und die Künste», a. X, n. 9, 10 dicembre 1919, p.
141.
La definizione critica di Espressionismo sulle riviste d’arte tedesche: 1911-1914 61

vero, signor Kahnweiler? E ora a Lei la scelta, signor Kahnweiler, se


considerare se stesso e tutto il suo clan angeli e affrancati dal corpo
oppure anime nella condizione di peccato. Ma è indubbio che Lei e
tutti i Kahnweiler e i Westheim siate condannati eternamente a vedere
soltanto species impressivae, questo io lo sapevo anche senza il santo
Tommaso d’Aquino124.

124 
Ibidem.

Potrebbero piacerti anche