Ormoni sessuali e GH influenzano pesantemente la crescita dei nostri capelli. In particolare, la loro evoluzione da
pelo folletto a pelo terminale è regolata dall'ormone somatotropo (GH), mentre l'involuzione dipende dall'attività
degli ormoni androgeni. Nell'uomo, sono in particolare i capelli
del vertice e delle zone frontali ad essere maggiormente
sensibili all'azione degli androgeni, mentre nella donna tale
sensibilità è più diffusa. Questi ormoni, tipici del mashio ma
presenti in concentrazioni minori anche nelle femmine, possono
lentamente miniaturizzare il capello, che diventa sempre più
sottile fino a dare l'impressione di essere "caduto". Senza
androgeni, quindi, non può esservi alopecia; tuttavia, non è
detto che a maggiori concentrazioni androgeniche corrisponda
una maggiore "perdita di capelli". Affinché ciò avvenga, di
fatto, gli androgeni devono agire su un terreno geneticamente
predisposto; infatti, sin dalla nascita, una parte dei nostri capelli
risulta geneticamente predisposta a subire l'influenza negativa
degli androgeni. E' in particolare il metabolismo intracellulare
del testosterone ad influenzare pesantemente il ciclo vitale dei
capelli.
Il testosterone è l'ormone androgeno per eccellenza, secreto dai
testicoli e in minor misura dal surrene; quest'ultimo produce
anche altri tipi di androgeni, come androstenedione,
deidroepiandrosterone (DHEA) ed androstenediolo (nella donna si ha una piccolissima sintesi di androgeni anche
a livello ovarico). Giunti agli organi bersaglio, questi ormoni possono essere metabolizzati a testosterone, che a
sua volta subisce l'azione dell'enzima 5-α-reduttasi trasformandosi in diidrotestosterone. Per contro, tutti gli
androgeni, testosterone incluso, possono anche essere trasformati in estrogeni (ormoni sessuali tipicamente
femminili) per intervento dell'enzima aromatasi.
Mentre gli estrogeni hanno un effetto positivo sui capelli (segnale proliferativo), il testosterone, ed in particolare
il suo metabolita diidrotestosterone, hanno un ruolo cruciale nei processi di diradamento (segnale
antiproliferativo).
Il vero androgeno attivo a livello della matrice pilifera e capillifera è quindi il diidrotestosterone. A quest'ormone
dobbiamo sia la crescita dei peli sessuali sul viso, sul petto, sul dorso e sulle spalle, sia la caduta dei capelli in
soggetti ed in aree predisposte. Non sorprende quindi che l'attività 5-α-reduttasica - cui si deve la già citata
conversione del testosterone in diidrotestosterone - risulti particolarmente marcata nella regione frontale dei
soggetti calvi.
Il diidrosterone si lega ad uno specifico recettore citoplasmatico di natura proteica; il complesso così formatosi
migra nel nucleo, dove si lega a specifici recettori regolando la sintesi proteica. In particolare, a livello pilifero, il
legame ai recettori nucleari attiva i processi di trascrizione con sintesi di RNA messaggero, che a livello
ribosomiale reprime (in soggetti predisposti) la sintesi delle proteine strutturali di peli e capelli.
Per quanto detto, tanto più alta è la quantità di androgeni circolanti e tanto maggiore è la possibilità che - dinanzi
ad una predisposizione genetica - si assista ad una caduta precoce dei capelli. A questo punto è doveroso
precisare che gli androgeni circolano nel sangue legati a proteine plasmatiche come l'albumina e le SHBG, e che
soltanto la frazione libera, quindi scorporata da tale legame, è biologicamente attiva. Di conseguenza, nel
dosaggio ematico del testosterone, dal punto di vista clinico è più importante valutare la frazione libera rispetto
alla quantità totale.
Le SHBG, a cui si lega tenacemente il testosterone, aumentano la propria concentrazione in rapporto
all'incremento (fisiologico, patologico o iatrogeno) degli estrogeni e degli ormoni tiroidei. Per contro, i livelli di
SHBG diminuiscono in risposta all'aumento degli androgeni plasmatici; in tal caso, si assiste ad un aumento della
frazione libera di testosterone. Di conseguenza, gli enzimi 5-α-reduttasi avranno a disposizione maggior substrato
(testosterone libero) per la sintesi di diidrotestorene.
IN DEFINITIVA, AFFINCHE' SI MANIFESTI ALOPECIA ANDROGENETICA (responsabile della maggior
parte dei casi di calvizie) DEVE ESISTERE UNA PREDISPOSIZIONE SU BASE GENETICA, CHE PER
REALIZZARSI HA BISOGNO DI UN LIVELLO DI ANDROGENI PIU' O MENO ALTO.
Se è vero che in assenza di androgeni la calvizie non si manifesta, i valori ormonali del calvo sono generalmente
paragonabili a quelli della popolazione generale. Solo nelle donne affette da alopecia androgenetica non è raro il
riscontro di livelli androgenici superiori alla norma.
Probabilmente, ormoni ipofisari come il già ricordato GH e la prolattina, possono regolare il grado di attività
dell'enzima 5-α-reduttasi; basti pensare all'acne puberale che affligge ragazzi di statura particolarmente elevata
(segno dell'ipersecrezione di GH) o al defluvio (perdita di capelli) e alla seborrea delle donne amenorroiche o
iperprolattinemiche.
Attualmente, il farmaco più usato nel trattamento dell'alopecia androgenetica maschile è la finasteride, un
inibitore sintetico della 5-α-reduttasi.
Alopecia androgenetica
Vedi anche: alopecia androgenetica femminile - Alopecia: rimedi naturali
L'alopecia androgenetica è la principale causa di diradamento progressivo del cuoio capelluto. Nel
corso della vita interessa circa l'80% della popolazione maschile ed il 50% di quella femminile. La
diffusione dell'alopecia androgenetica è quindi tale da giustificare l'appellativo di "calvizie comune" e
dal poterla considerare, entro certi limiti, una condizione assolutamente fisiologica. Pur non essendo
una vera e propria malattia, l'alopecia androgenetica viene spesso vissuta come un profondo disagio,
con ripercussioni negative sul piano psicologico e sociale.
La maggior frequenza dell'alopecia androgenetica nell'uomo rispetto alla donna è dovuta alla sua
doppia origine, sottolineata dai termini "andro" e "genetica". Da un lato, infatti, è necessaria la
presenza di ormoni androgeni, tipicamente maschili, mentre dall'altro occorre una predisposizione
genetica dei follicoli piliferi a subirne gli stimoli involutivi. Non a caso, già nel IV secolo a.C Aristotele
notava che né gli eunuchi (maschi castrati), né i bambini, erano interessati da calvizie, intuendo una
correlazione tra secrezione di ormoni maschili e perdita dei capelli. Tali ipotesi furono confermate da
Hamilton nel 1940. Per questo motivo, la calvizie è stata, e viene tutt'oggi messa erroneamente in
relazione ad un maggior grado di virilità e potenza sessuale. Tuttavia, nell'alopecia androgenetica i
livelli di testosterone (l'ormone sessuale maschile per eccellenza) non sono necessariamente elevati;
spesso si registra una diminuzione della quota totale ed un aumento della frazione libera. Ancor più
rilevanti risultano i valori di un suo più potente derivato androgeno, il diidrotestosterone; tale ormone si
forma anche a livello dei follicoli piliferi a partire dal precursore testosterone, grazie all'intervento di un
enzima chiamato 5-alfa-reduttasi di tipo 2. Per effetto di quest'ormone androgeno i capelli divengono
sempre più corti e sottili, fino a non riuscire a coprire adeguatamente il cuoio capelluto; questo perché
la fase anagen (di crescita) si riduce progressivamente a favore di quella di involuzione (catagen) e di
riposo (telogen). I follicoli, inoltre, assumono cicli di crescita sempre più sincronizzati, come quelli della
pelliccia di un animale: per questo si elevano anche le possibilità di telogen effluvium (caduta di capelli
numericamente molto elevata e qualitativamente omogenea). In una fase avanzata, per il tipico
risparmio della nuca e delle tempie (zone ormono-indipendenti), l'alopecia androgenetica determina la
cosiddetta calvizie "a corona". Proprio da queste aree verranno eventualmente prelevati i peli
necessari al "famoso" trapianto di capelli.
Oltre all'aumento dell'attività follicolare della 5α-reduttasi, l'alopecia androgenetica può essere dovuta
ad un incremento del numero o dell'affinità dei recettori per gli androgeni, ad una diminuzione delle
SHGB (proteine di trasporto degli androgeni nel sangue) o ad una diminuzione delle aromatasi
follicolari (enzimi che convertono il testosterone in estrogeni, con effetto fortificante sul capello).
Tanto più elevate sono le concentrazioni dell'enzima 5-alfa-reduttasi di tipo 2 in seno al follicolo pilifero
e tanto maggiori sono le possibilità di miniaturizzazione. Durante studi sperimentali si è potuta
constatare una maggiore attività di tale enzima nell'uomo rispetto alla donna e, in entrambi i sessi,
nella regione frontale rispetto a quella occipitale. Sono invece ancora misconosciuti i geni che
predispongono alla calvizie; per questo l'alopecia androgenetica è considerata una malattia poligenica,
cioè causata da molti geni diversi. Ad esempio, il gene del recettore degli androgeni è localizzato sul
cromosoma X ed è quindi ereditato nel maschio da parte materna; si è visto chiaramente che un
particolare polimorfismo di tale gene predispone ad un esordio precoce dell'alopecia androgenetica.
Altri geni sono stati scoperti di recente e la ricerca in questo campo continua ad essere
particolarmente attiva. Per ora, dobbiamo limitarci a considerare che le probabilità di sviluppare una
vera e propria alopecia androgenetica sono legate al numero dei parenti di primo o secondo grado che
risultano affetti da questa condizione; stiamo ovviamente parlando di probabilità e non di certezze
assolute.
Le manifestazioni cliniche dell'alopecia androgenetica sono diverse nei due sessi.
Nell'uomo, la malattia determina un progressivo diradamento dell'area fronto-
temporale (la cosiddetta stempiatura) e del vertice, mentre nella donna la "caduta dei
capelli" risparmia le tempie e colpisce soprattutto il vertice e la regione frontale,
appena dietro l'attaccatura. Il termine caduta dei capelli è stato contrassegnato dalle
virgolette poiché l'alopecia androgenetica non determina una vera e propria caduta,
ma una progressiva miniaturizzazione del capello fino a renderlo invisibile ad occhio
nudo. Se esaminiamo con una lente di ingrandimento il cuoio capelluto un soggetto
con alopecia androgenetica in stadio avanzato, possiamo notare che le aree
apparentemente glabre (le zone calve per intenderci) sono in realtà ricoperte da una
sottile peluria.
Spesso, l'alopecia androgenetica si accompagna a seborrea ed a desquamazione
furfuracea; tuttavia tali condizioni non sono sempre associate.
L'alopecia androgenetica, detta anche calvizie androgenetica, può essere contrastata
tramite impiego di specifici farmaci. Attualmente, soltanto due medicinali sono stati
approvati dalla FDA per il trattamento di questa condizione. Il primo, il minoxidil, viene
utilizzato per uso topico, è più efficace nell'area del vertice ed ha un meccanismo
d'azione ancora poco chiaro. Il secondo, chiamato finasteride, viene assunto per os e
combatte l'alopecia androgenetica impedendo l'azione dell'enzima 5-alfa-reduttasi di tipo 2. In
entrambi i casi il trattamento non può dimostrarsi efficace prima di un certo intervallo di tempo (in
genere occorrono almeno 3-6 mesi). Tali farmaci possiedono una certa efficacia quando la calvizie
androgenetica si trova ancora in uno stadio intermedio; in una fase avanzata è possibile intervenire
con successo soltanto mediante la ridistribuzione chirurgica dei bulbi piliferi (autotrapianto di capelli) o
tramite tecniche di infoltimento alternative, possibilmente brevettate e certificate da aziende che
operano nel settore da numerosi anni.
Alopecia areata
L'alopecia areata è una patologia cronica infiammatoria che colpisce i follicoli piliferi del cuoio
capelluto e del resto del corpo. Si caratterizza tipicamente per un'improvvisa caduta dei capelli in
piccole chiazze di forma rotondeggiante od ovulare; le regioni temporali ed occipitali sono le più
comunemente colpite. Nei casi più severi, l'alopecia areata arriva ad interessare tutto il cuoio capelluto
(alopecia areata totale) o tutti i peli del corpo (alopecia areata assoluta).
L'alopecia areata interessa, nel corso della vita, circa il 2% della
popolazione mondiale (il 10% di quella affetta dalla sindrome di Down). Ben
più diffusa risulta invece un'altra forma di alopecia, definita androgenetica o
"comune", che arriva ad interessare in maniera più o meno severa circa
l'80% della popolazione maschile ed il 50% di quella femminile. L'alopecia
areata si presenta invece con uguale frequenza nei due sessi, in tutte le
etnie e ad ogni età, anche se predilige i giovani adulti ed è rara dopo i 60
anni. Anche quest'ultima caratteristica rappresenta un punto di netta
divisione dall'alopecia androgenetica, che risulta invece tipica della
seconda età adulta e della senescenza. Diverse sono anche le origini,
principalmente ormonali e genetiche nell'alopecia comune, multifattoriali
con un'importante componente autoimmune e genetica in quella areata. Non è ancora chiaro perché il
sistema immunitario aggredisca i follicoli piliferi, ma generalmente vengono colpite persone con una
particolare predisposizione genetica che si combina con altri fattori (stress psicologico severo, carenza
di ferro, malnutrizione). Si è visto, ad esempio, che l'alopecia areata è leggermente più comune nei
pazienti con altri disordini immunitari, come dermatite atopica, tiroidite, lupus eritematoso sistemico,
artrite reumatoide, gastrite cronica atrofica, celiachia, vitiligine, diabete mellito di tipo I e varie forme di
allergia. A causa del grave danno determinato dall'aggressione immunitaria, i follicoli piliferi cessano di
replicarsi, causando così la caduta dei peli.
Entrambe le forme di alopecia non sono contagiose.
Le manifestazioni cliniche dell'alopecia areata sono assai variabili, anche se rimane comunque tipica
la comparsa, spesso improvvisa, di una o più chiazze prive di capelli e/o di peli.
Alopecia Areata monolocularis: è si manifesta in un unico punto del cuoio capelluto.
Alopecia Areata multilocularis: si manifesta in zone multiple del cuoio capelluto.
Alopecia Totale: si manifesta su tutta l'area del cuoio capelluto.
Alopecia Universale: si manifesta su tutto il corpo, compreso zone pubiche, ascelle, ciglia, sopraciglia e altre, raramente
risponde alle terapie.
Alopecia Barbae: si manifesta limitatamente alla barba.
Alopecia Areata Ophiasis: è limitata a regioni periferiche del cuoio capelluto, cioè la zona posteriore del capo da
orecchio a orecchio e/o la regione occipitale e temporale. Il termine Ophiasis indica la forma sinuosa di questa tipologia
di AA e deriva dal latino "serpente".
Sebbene la perdita dei capelli sia spesso asintomatica, una lieve sensazione di prurito, formicolio o
bruciore può precedere lo sviluppo della chiazza.
Cura e terapia
Nella maggior parte dei casi (90% circa) i capelli caduti a causa dell'alopecia areata tendono a
ricrescere SPONTANEAMENTE (50% circa entro un anno). Nonostante ciò la malattia può recidivare.
Nell'alopecia androgenetica, invece, il bulbo pilifero subisce un lento processo involutivo fino alla
completa ed irreversibile atrofizzazione (quando questa è completa non esiste alcun trattamento
capace di far "ricrescere" il capello).
Quando l'alopecia areata si ripresenta, diventa una malattia particolarmente invalidante dal punto di
vista psicologico, specie quando i fenomeni di ricrescita sono particolarmente lenti e/o caratterizzati da
temporaneo incanutimento (i capelli possono essere bianchi per poi riprendere gradualmente il colore
originario). La prognosi è condizionata da numerosi fattori quali: età d'insorgenza, presenza di
familiarità, durata della malattia, estensione delle chiazze, risposta a precedenti trattamenti e
associazione conatopia o malattie autoimmuni.
Gli adulti che hanno solo una o due chiazze di alopecia hanno la prognosi migliore. Al contrario,
l'alopecia areata è più ostica e resistente quando insorge nei bambini, è presente da più di un anno, ha
colpito la regione occipitale ed è rapidamente progredita verso una forma totale o universale.
La terapia dell'alopecia areata prevede l'impiego di vari presidi farmacologici, come i corticosteroidi
che contrastano l'attacco del sistema immunitario sul capello. Considerati gli effetti collaterali derivanti
dall'utilizzo prolungato di questi medicinali, si preferisce la somministrazione locale (creme o lozioni)
rispetto a quella sistemica (pillole o iniezioni). Tali farmaci, come il Fluocinonide ed il Clobetasolo, non
vengono utilizzati nel trattamento dell'alopecia androgenetica, mentre il minoxidil lozione 5% viene
efficacemente impiegato in entrambe le forme. Tale strategia terapeutica, basata su una doppia
applicazione per almeno quattro mesi può stimolare la ricrescita dei capelli. Nelle forme di alopecia
areata più gravi o estese possono essere utilizzati farmaci più potenti e specifici, che però - essendo
tali - presentano inevitabilmente anche maggiori effetti collaterali. Si tratta, ad esempio, delle terapie
sistemiche a base di immunodepressori come la Ciclopsorina A ed i già citati cortisoniciper via
intramuscolare. Anche la fototerapia con raggi UVA associati all'assunzione difotosensibilizzanti
(psoraleni) viene comunemente impiegata nel trattamento dell'alopecia areata, così come il laser ad
eccimeri. Nessun intervento terapeutico, comunque, garantisce con certezza la rapida risoluzione dei
casi più severi di alopecia.
Comunemente nota come calvizie, l'alopecia indica una condizione caratterizzata dalla progressiva perdita di
capelli, sia in termini quantitativi (numero di capelli), che qualitativi (riduzione dello spessore e dell'elasticità del
capello). La forma più diffusa è l'alopecia androgenetica, condizione ereditaria tipicamente maschile, fortemente
influenzata dalla variazione ormonale; tra le altre forme, si ricordano anche l'alopecia areata e l'alopecia da
distiroidismi.
Alopecia: cause
L'alopecia è pesantemente influenzata dalla componente genetica, ma anche lo stress psico-fisico e gli eventi
traumatici influiscono nella comparsa della condizione; inoltre, si è osservato che il calo delle difese immunitarie e
le patologie autoimmuni (tiroidite di Hashimoto) favoriscono la patogenesi. Gli uomini sono più colpiti dall'alopecia
rispetto alle donne.
o Per manifestarsi, l'alopecia androgenetica necessita di una componente
androgenetica → un bambino non può esserne affetto per questo motivo
Alopecia: sintomi
Il più delle volte, la perdita quantitativa e qualitativa del capello costituisce l'unico sintomo che caratterizza
l'alopecia, nonostante alcuni soggetti affetti lamentino spesso fastidio e/o prurito a livello del cuoio capelluto.
L'alopecia può colpire anche la barba, le sopracciglia o la peluria che ricopre gli arti. La perdita dei capelli può
essere anche totale: l'alopecia androgenetica è irreversibile, mentre quella telogenica (in risposta a forte stress) è
generalmente reversibile.
Le informazioni sui Farmaci per la cura dell'Alopecia non intendono sostituire il rapporto diretto tra professionista
della salute e paziente. Consultare sempre il proprio medico curante e/o lo specialista prima di assumere Farmaci
per la cura dell'Alopecia.
Alopecia: farmaci
Manifestandosi nell'80% degli uomini, l'alopecia è un problema estetico particolarmente sentito, al
punto da sfociare in ripercussioni psicologiche anche importanti; a tal proposito - sebbene si tratti di
una condizione pressoché fisiologica del mondo maschile - i farmaci per arrestare ed invertire il
diradamento dei capelli vengono sempre più richiesti. L'alopecia, infatti, è spesso vissuta come un
profondo imbarazzo, tanto da ripercuotersi in modo più o meno negativo nella psicologia della
persona.
Di seguito sono riportate le classi di farmaci maggiormente impiegate nella terapia contro l'alopecia, ed alcuni esempi di
specialità farmacologiche; spetta poi al medico scegliere il principio attivo più indicato per il paziente, in base alla gravità
della malattia, allo stato di salute del malato ed alla sua risposta alla cura:
Per il trattamento dell'alopecia androgenetica, sono utilizzati essenzialmente due farmaci:
Finasteride (es. Prostide, Proscar, Propecia, Sitas, Finerid): questo farmaco è autorizzato per la
cura dell'alopecia androgenetica nel maschio. Il farmaco agisce inibendo l'enzima 5-alfa-
reduttasi (di tipo 2), implicato nella miniaturizzazione del capello (che diventa sottile e fragile).
La dose raccomandata è di 1 mg per via orale, da assumere una volta al dì. È doveroso
sottolineare che l'efficacia terapeutica del principio attivo non è immediata: l'effetto è
osservabile generalmente dopo 3-6 mesi dalla prima assunzione, e al termine della terapia il
problema ricompare dopo 6-12 mesi. Come già analizzato, l'alopecia androgenetica è
irreversibile.
Minoxidil (es. Loniten, Minoximen, Carexidil, Aloxidil, Regaine, Minovital): questo farmaco va
applicato direttamente sulla cute affetta da alopecia (cuoio capelluto), stimolando la crescita del
capello. Il farmaco esplica la propria attività esclusivamente durante il periodo di impiego.
Osservare la seguente modalità di somministrazione: 1 ml due volte al dì, su cuoio capelluto e
capelli asciutti. Non superare i 2 ml al giorno.
In caso di alopecia avanzata, il trattamento farmacologico è sconsigliato perché inefficace nella maggior
parte dei casi; in tal caso, sono raccomandate pratiche alternative di infoltimento o l'auto-trapianto di
capelli (ridistribuzione chirurgica dei bulbi piliferi).
Tra i farmaci di seconda linea utilizzati in terapia per il trattamento dell'alopecia, si ricordano:
Triamcinolone (es. Kenakort): appartenente alla classe dei glucocorticoidi; si raccomanda di
applicare 25-30 mg di attivo per via sub-cutanea, due volte a settimana (concentrazione di 10
mg/ml). La dose massima di farmaco non deve superare i 75 mg a settimana. Indicato per il
trattamento dell'alopecia areata.
Sulfasalazina (es. Salazopyrin): farmaco antinfiammatorio-immunomodulatore di seconda scelta
per trattare la calvizie. La dose raccomandata va da 500 mg a 3 grammi di farmaco per os al dì,
per 6 mesi. Indicata per il trattamento dell'alopecia areata, specie su base autoimmune.
Note: anche la fitoterapia interviene nel trattamento dell'alopecia: le piante ad azione astringente, le
droghe eudermiche e gli oli essenziali stimolanti il microcircolo possono attenuare – seppur
temporaneamente – l'ineluttabile processo di caduta del capello.
Le piante più utilizzate sono: Quillaja saponaria, Ortica, Rosmarino, Capsico, Olmo, Timo, Bardana e
Noce. Le piante appena descritte rappresentano efficaci rimedi naturali per l'alopecia, da frizionare
energicamente sul cuoio capelluto, dopo averli applicati direttamente.
1. Azione astringente: i principi attivi che promuovono quest'attività diminuiscono le secrezioni dei
bulbi, agendo come sebo-regolatori (ricordiamo che la crescita del capello può essere
"soffocata", o comunque appesantita, dall'eccesso di sebo, che favorisce anche i fenomeni
infiammatori locali).
2. Attività eudermica: le droghe oleaginose conferiscono elasticità alla cute.
3. Stimolazione del microcircolo: gli oli essenziali potenziano l'irrorazione sanguigna a livelle del
bulbo pilifero. Inoltre, i principi attivi volatili esercitano proprietà disinfettanti (antisettiche).
Tutti i rimedi naturali ad azione topica dovrebbero essere accompagnati dal massaggio del cuoio
capelluto, utile per favorire l'irrorazione ematica; nonostante i trattamenti naturali attenuino soltanto il
processo dell'inarrestabile perdita dei capelli, sono in grado comunque di rallentare la velocità di
metabolizzazione dell'enzima 5-alfa reduttasi, e di esplicare un discreto effetto sull'alopecia
androgenetica.
Rimedio naturale contro l'alopecia con noce, olmo, timo e bardana: soluzione
alcolica da frizionare
Come abbiamo accennato, il massaggio risulta fondamentale per la buona riuscita del prodotto
erboristico: infatti, la frizione favorisce l'irrorazione del sangue. Si propone una soluzione alcolica, il
che significa che i principi attivi sono sciolti in alcol: sono sufficienti poche gocce di prodotto, che
dovranno essere distribuite sui capelli e frizionate fino all'assorbimento.
Quillaja saponaria, pianta nota anche come Saponaria, il cui appellativo rimanda alle saponine
triterpeniche presenti nel fitocomplesso, in particolare acido quillaico e sapotossine.
Contrariamente a ciò che si pensa, applicata sul capello, la Saponaria non produce molta
schiuma; è usata come veicolante ed umettante, nonostante il termine “umettante” sia improprio
poiché le saponine (tensioattivi) diminuiscono il sebo superficiale.
Ortica (Urtica dioica): ricca di componenti azotati, aminoacidi, tannini, sali minerali ed acidi
organici; l'ortica è nutriente e promuove l'azione esfoliante.
Rosmarino (Rosmarinus officinalis): il suo olio essenziale, costituito soprattutto da monoterpeni
a basso peso molecolare, conferisce un'immediata sensazione di freschezza. Inoltre, rallenta la
degenerazione del tessuto perché, paradossalmente, esercita un'infiammazione, seppur
blanda, del tessuto: in questo modo è favorito il richiamo del sangue, di conseguenza
l'irrorazione ai capillari sarà facilitata.
Capsico (Capsicum frutescens): il peperoncino è ricco di alcaloidi e vitamine. Come il
rosmarino migliora l'irrorazione del cuoio capelluto provocando un'infiammazione
potenzialmente utile in presenza di alopecia.
La Calvizie Androgenetica costituisce la più diffusa forma di alopecia, sia nell'uomo che nella
donna. Per manifestarsi, come suggerisce il nome stesso, la calvizie androgenetica ha bisogno
di due elementi chiave: gli ormoni androgeni da un lato (è assente negli eunuchi) ed una
predisposizione genetica dall'altro.
La terapia farmacologica verte principalmente sull'utilizzo di antiandrogeni e/o estrogeni e
progestinici nella donna, e di inibitori dell'enzima 5-alfa reduttasi, come la finasteride, nell'uomo
(questo enzima potenzia nettamente l'attività alopecizzante del testosterone).
Piante medicinali ed Integratori utili contro la Calvizie Androgenetica
Serenoa Repens, Pigeo Africano, Beta-sitosterolo e semi di zucca sono in grado di ridurre
l'attività dell'enzima 5-alfa-reduttasi.
Integratori a base di amminoacidi solforati e vitamine forniscono al capello gli elementi
essenziali per la sua crescita. Analogo discorso per lievito di birra, Equiseto, Erba medica e
fieno greco.
Bioflavonoidi, estratti di peperoncino (capsaicina), senape, eucalipto (eucaliptolo), acido
nicotinico, applicati sul cuoio capelluto, ne stimolano la circolazione.
Oli essenziali come quello di rosmarino, bergamotto, geranio, limone, salvia, applicati sul cuoio
capelluto, hanno azione dermopurificante, antiforfora e seboregolatrice.
Calvizie e bodybuilding
CALVIZIE ANDROGENETICA
La predisposizione alla calvizie è determinata da fattori genetici. I principali imputati nella
perdita dei capelli sono infatti gli ormoni maschili ad effetto mascolinizzante, gli androgeni.
Già Aristotele (IV secolo a.C) osservò che gli eunuchi non diventavano mai calvi e i successivi
studi di Hamilton (1940) dimostrarono il ruolo fondamentale degli androgeni nella comparsa
delle calvizie.
Il testosterone è il capostipite di questa famiglia. Esso viene secreto dalle cellule di Leydig dei
testicoli, sotto l'influenza dell'ormone luteinizzante (LH) liberato dall'iisi anteriore (vedi: Il
testosterone )
Come tutti gli ormoni steroidei, il testosterone circola legato ad una proteina plasmatica, la
SHBG (sex hormon binding globulin), mentre solo una minima quota (2%) si trova nella forma
libera.
Per espletare la loro funzione gli androgeni hanno bisogno di specifici recettori intracellulari.
Legandosi a questi recettori sono in grado di regolare il messaggio genetico contenuto nel
DNA e di modulare la sintesi proteica.
L'azione androgena del testosterone in diversi organi, è dipendente dalla sua conversione in
diidrotestosterone (DHT) per opera dell'enzima 5-alpha reduttasi. Il DHT (diidrotestosterone), è
l'androgeno più potente e attivo a livello recettoriale.
Ciò che in realtà risulta importante non è la quantità di testosterone presente nel sangue ma la
quantità di diidrotestosterone e dei rispettivi recettori. La presenza di eccessiva peluria
associata alla calvizie, da sempre sinonimo di virilità, non indica necessariamente un aumento
dei livelli plasmatici di testosterone.
Come abbiamo detto l'enzima chiave che regola la conversione del testosterone in
diidrotestosterone (DHT) è il 5-ALFA REDUTTASI. Esistono due isoforme di questo enzima: il
tipo 1 ed il tipo 2. Non è ancora stato completamente chiarito il ruolo di queste due forme nella
comparsa della calvizie genetica anche se sembra che il tipo 2 abbia un ruolo più importante.
La finasteride, il farmaco più efficace per il trattamento della calvizie maschile, blocca proprio
l'azione dell'enzima 5alfa-reduttasi di tipo II.
Vi sono alcune aree dello scalpo maggiormente sensibili all'effetto degli androgeni. Queste
zone prendono il nome di aree androgeno-dipendenti. Il DHT è infatti tossico solo per alcuni
follicoli piliferi geneticamente predisposti. La sua presenza porta al rimpicciolimento del capello
che appare sempre più piccolo e fragile. Il capello che in questa fase, si presenta anche
depigmentato, viene definito capello vellus, molto simile a quello dei nenonati. Se non si
interviene con appositi trattamenti la progressiva atrofizzazione procede fino alla morte del
capello.
Solitamente la calvizie androgenetica colpisce in primo luogo la parte alta delle tempie,
manifestandosi nella cosiddetta recessione bitemporale; successivamente il diradamento
colpisce anche la porzione superiore della testa ed avanza sino ad interessare tutto il capo. Le
zone meno sensibili all'azione degli androgeni sono la nuca e la parte bassa delle tempie;
queste aree vengono solitamente risparmiate dall'avanzare della calvizie.
Gravidanza e allattamento
L'uso della finasteride sia da 1 mg che da 5 mg non è indicato nelle donne in gravidanza. A causa
della grande capacità del farmaco di inibire l'enzima 5-alfa reduttasi, di conseguenza di inibire la
conversione del testosterone in diidrotestosterone, la finasteride è controindicata nelle donne gravide
perché può causare degli effetti collaterali gravi nei genitali esterni del feto maschio. Per questo motivo
alle donne in gravidanza si sconsiglia anche di maneggiare le compresse di finasteride, specialmente
se sono danneggiate: tali compresse sono rivestite da un film protettivo che impedisce al personale
che le maneggia di entrare in contatto con il principio attivo; tuttavia in caso di danneggiamento della
compressa si può avere una possibile perdita del principio attivo, che può in tal modo inquinare la pelle
di chi tocca le compresse, portando cosi ad un assorbimento involontario della finasteride col rischio
che si sviluppino gli effetti indesiderati sopracitati sul feto maschio.
In uomini in trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna con finasteride 5 mg si sono trovate piccole
quantità di finasteride nello sperma. Ancora non è noto, anche per mancanza di studi specifici, se
queste piccole quantità di finasteride possano causare degli effetti negativi sul feto maschio qualora la
madre venga in contatto con lo sperma contaminato; tuttavia, per evitare qualsiasi tipo di rischio, in
questi casi si raccomanda di usare le precauzioni necessarie durante l'atto sessuale, così da poter
evitare qualsiasi contatto con lo sperma contaminato.
Non è noto se la finasteride venga escreta o meno nel latte materno; tuttavia l'uso della finasteride
durante l'allattamento è assolutamente controindicato.
Aromatasi
L'aromatasi è un sistema enzimatico deputato alla conversione degli androgeni, ormoni sessuali
tipicamente maschili, in estrogeni, che sono invece caratteristici dell'organismo femminile. Come il
nome stesso ci ricorda, l'aromatasi ha la capacità di aromatizzare il primo anello di carbonio
dell'androgeno (anello A) attraverso l'ossidazione e la successiva eliminazione di un gruppo metilico.
Sia gli estrogeni che gli androgeni si riscontrano - seppur in concentrazioni e proporzioni decisamente
differenti - in entrambi i sessi, dove ricoprono ruoli fisiologici di primo piano. Sono quindi tipici ma non
esclusivi di un sesso rispetto all'altro.
Nei mammiferi tutti gli ormoni steroidei, inclusi gli androgeni e gli estrogeni, sono sintetizzati a partire
dal colesterolo. Esaminando le varie tappe della steroidogenesi si può notare come la secrezione degli
androgeni e degli estrogeni sia interdipendente; questi ultimi sono infatti sintetizzati a partire dagli
androgeni.
Gli androgeni possono quindi essere considerati i pro-ormoni degli estrogeni.
I vari step della steroidogenesi sono regolati da una serie di enzimi, la cui concentrazione ed attività
costituisce lo step limitante dei vari passaggi biochimici. Abbiamo già visto come l'enzima aromatasi,
codificato dal gene CYP19, sia in grado di operare la conversione di androgeni a 19 atomi di carbonio
(androstenedione e testosterone) in estrogeni a 18 atomi di carbonio (rispettivamente in estrone ed
estradiolo).
Localizzato nel reticolo endoplasmatico delle
cellule in cui è espresso, l'aromatasi è un
complesso enzimatico costituito da due
componenti: l'aromatasi citocromo P450
(aromatasi P450) e la flavoproteina (NADPH)-
citocromo P450 reduttasi.
Il citocromo P450 reduttasi contiene il gruppo
eme e il sito di legame degli steroidi; in
presenza di ossigeno molecolare e NADPH,
catalizza la serie di reazioni concentrate che
portano alla formazione dell'anello A-fenolico
degli estrogeni, mentre il NADPH-citocromo
P450 reduttasi è responsabile del
trasferimento di equivalenti riducenti dal
NADPH al citocromo P450.
Per ogni mole di androgeno sintetizzata sono
necessarie 3 moli di O2 e 3 moli di NADPH.
La trascrizione del gene per l'aromatasi, così come l'espressione dell'enzima stesso, avviene in un
ampio numero di tessuti, come quelli gonadici (testicoli ed ovaio), endometriali, adiposi, muscolari,
epatici, cerebrali, piliferi (l'aromatasi si oppone alla caduta dei capelli e alla crescita dei peli), connettivi
e placentari.
Inibitori dell'aromatasi
Nella donna in età fertile l'ovaio è il maggior produttore di estrogeni. Nell'uomo e nella post-
menopausa, invece, questi ormoni sono prodotti in gran parte dalla conversione periferica degli
androgeni ad opera dell'aromatasi. Trattandosi di un enzima caratteristico del tessuto adiposo, i livelli
più bassi di testosterone nell'uomo obeso rispetto al normopeso vengono messi in relazione proprio
alla maggiore attività delle aromatasi. Non a caso, elevate concentrazioni di estrogeni nel maschio si
accompagnano tipicamente ad una riduzione della fertilità, a ginecomastia e disfunzione erettile. Livelli
troppo alti di estrogeni sono però pericolosi anche nella donna, essendo questo un noto e
documentato fattore di rischio per numerose forme di cancro al seno. Dal momento che le cellule
tumorali necessitano di estrogeni per la propria proliferazione, uno degli approcci terapeutici più diffusi
è quello di privarle di tale sostegno. Per questo, nelle donne in menopausa, tale risultato può essere
raggiunto attraverso farmaci inibitori dell'aromatasi (Anastrozolo - Arimidex ®, Letrozolo - Femara
®, Exemestano - Aromasin ®). Questi medicinali vengono illegalmente impiegati anche in campo
sportivo, soprattutto nel body building, per impedire che gli steroidi anabolizzanti assunti a scopo
dopante siano rapidamente convertiti in estrogeni per mantenere l'omeostasi; tale conversione è un
evento indesiderato, poiché favorisce la ritenzione idrica, tende ad aumentare le riserve adipose e può
provocare ginecomastia. Sempre allo scopo di aumentare i livelli plasmatici di testosterone endogeno,
o eventualmente esogeno, gli inibitori dell'aromatasi possono essere utilizzati anche nella prevenzione
e nel trattamento dell'andropausa.
Acido azelaico
L'acido azelaico è un acido dicarbossilico saturo, presente in natura nel frumento, nell'orzo, nella
segale e nell'olio d'oliva (specie in quello irrancidito). L'interesse verso questa sostanza - prodotta in
quantità importanti dal fungo Malassezia furfur, che alberga normalmente sulla cute umana - deriva da
alcune caratteristiche particolarmente utili in dermatologia; l'acido azelaico, infatti, è dotato di attività
depigmentante ed inibitoria nei confronti della 5-alfa-riduzione. Come tale, viene impiegato per via
topica - alla concentrazione del 20% - in prodotti destinati al trattamento di acne, melasma e caduta
dei capelli su base androgenetica.
Fitoestrogeni
Pubblicità: Integratore alimentare a base di Isoflavoni della Soia e del Trifoglio Rosso: con Vit. C, Vit. E, Selenio
Introduzione Fitoestrogeni e dieta
(*) Il contenuto di fitoestrogeni e la loro qualità varia molto in rapporto al luogo di coltivazione, al clima,
alle caratteristiche del terreno e alle modalità di raccolta, estrazione e conservazione.
EFFETTI COLLATERALI: non sono noti gravi effetti collaterali dei fitoestrogeni nell'uomo. A scopo
cautelativo se ne sconsiglia l'utilizzo in gravidanza (potrebbero indurre alterazioni nello sviluppo
dell'apparato riproduttivo maschile) ed in associazione a terapie ormonali.
Alcol e bodybuilding
A cura di Antonio Rubbino
Alcol ed estrogeni
Vi sono forti possibilità che l'etanolo aumenti l'aromatizzazione degli androgeni. Un consumo di circa
0,9-2,1 g/kg di alcol porta un aumento significativo del beta-estradiolo in uomini adulti sani. Uno studio
sui ratti riporta un aumento del 60% dell'estradiolo con il contorno di un calo del 55% del livello di
testosterone, ma la quantità di alcol che assumevano era pari a farsi circa 12 drinks al giorno per uno
o 2 mesi, spero quindi non sia il vostro caso. Comunque, il consumo di etanolo porta un aumento della
densità dei recettori degli estrogeni, diminuisce la proteina legante l'estradiolo e diminuisce il numero
dei recettori per gli androgeni; tutto questo porta uno squilibrio sul nostro piano ormonale, ma, tenete
bene in mente, questi sono studi su alcolisti o cavie a cui vengono date altissime dosi di alcol, noi,
bevitori saltuari, non dobbiamo farci troppo intimorire.
Altra possibilità del legame etanolo-estrogeni la troviamo nel contenuto in fitoestrogeni di molte
bevande alcoliche. Il luppolo, ad esempio, contiene vari e potenti estrogeni vegetali, tra i quali figurano
la genisteina e la daidzeina. Liquori e whisky contengono biocianina A e beta-sitosterolo.
Riguardo le donne
La produzione ed il rilascio di ormoni androgeni nelle donne avviene al di fuori delle gonadi, quindi
l'azione dell'alcol sul livello di LH è del tutto irrilevante, come anche il suo effetto sulle cellule di Leydig.
La produzione di testosterone avviene nei surreni come intermedio nella sintesi del cortisolo. Come
detto in precedenza, l'etanolo stimola l'attività surrenale , quindi, nel sesso femminile, avremo un
aumento degli ormoni androgeni. Consumo di 1,2 g/kg e di 2 g/kg di alcol danno, nelle donne, un
aumento del testosterone di circa il 25% ed il 50% rispettivamente.
Sintesi proteica
Vi starete già riempiendo di paranoie pensando a quando uscirete e vi ritroverete in qualche pub con
davanti una pinta di dolcissima bionda... ed io vi butto adesso anche un bel carico da 90.
L'alcol ed il sottoprodotto del suo metabolismo, l'acetaldeide, affliggono direttamente la sintesi proteica
nel tessuto muscolare scheletrico. Le fibre muscolari maggiormente colpite sono le "tipo II" (quella a
rapida contrazione o bianche) ed in particolar modo le "IIb". Questo è di grande rilevanza sia per i
bodybuilders che per gli atleti di potenza; sono proprio questo tipo di fibre infatti che vanno
maggiormente incontro ad ipertrofia.
Prendiamo un paio di studi con "realmente possibili" quantità di alcol assunte. Tra i 0,8-2,0 g/kg di
etanolo la riduzione della sintesi proteica raggiunge circa il 20 o 30% nell'arco di una o 2 ore e questo
prima che le alterazioni ormonali abbiano luogo. Nell'arco di 24 ore si riscontra una riduzione
dell'anabolismo del 63% ed è proprio adesso che ci si aggiunge l'effetto sugli assi ormonali.
Le cause di questa diretta azione dell'alcol sulla sintesi proteica non sono del tutto chiare; si nota una
riduzione dell' mRNA e dell'efficienza nella traduzione, ma sembra che il maggiore responsabile sia
l'aumento dei radicali liberi indotto dal consumo di etanolo. Negli alcolisti affetti da miopatia
(catabolismo muscolare) difatti, si registrano bassi livelli di selenio e alfa-tocoferolo (vitamina E), due
markers di "stress ossidativo".
Famiglia
Cannabaceae
Origine
Centro Europa, paesi nordici
Costituenti chimici
Flavonoidi;
Olio essenziale (terpeni e sostanze resinose e amare, quali il lumulone e il lupulone);
Tannini;
Fitoestrogeni.
Avvertenze
Tra i costituenti sono presenti fitoestrogeni, tra i quali la 8-prenilnaringenina, ma ancora non esistono
dati sul suo impiego nei disturbi della menopausa, né esistono estratti di luppolo standardizzati in
fitoestrogeni.
Luppolo: controindicazioni
Evitare l'uso di luppolo in caso di ipersensibilità accertata verso uno o più componenti.
Interazioni farmacologiche
possibile interazione con psicofarmaci e con alcool per l'effetto sedativo;
terapie ormonali: possibile interazione per l'effetto estrogenico;
nell'animale il luppolo interagisce con i barbiturici aumentando il tempo di sonno.
Quindi, l'avvento della soia nella nostra dieta è stato indotto - oltre che da fattori prettamente
nutrizionali - anche dalle spiccate doti dietoterapiche, che vanno oltre il suo ottimo contenuto proteico.
1. Azione dimagrante: determinata da una sensibile riduzione del tessuto adiposo sottocutaneo ed
addominale;
2. Azione antinfiammatoria: esplicata attraverso una sensibile riduzione dei livelli di citochine
infiammatorie, anche in seguito ad esercizio fisico intenso;
3. Azione metabolica: garantita da un'aumentata produzione di ormoni tiroidei, e da una riduzione
della secrezione urinaria di metaboliti derivati dalla degenerazione tessutale.
Questi effetti potrebbero essere associati sia ad un profilo aminoacidico particolarmente ricco in
arginina e glutammina, sia alla presenza di antiossidanti naturali.
Bromelina: enzimi proteolitici noti per i loro effetti antinfiammatori ed antiedematosi. La loro principale
applicazione in questo prodotto è legata al dichiarato effetto proteolitico, che garantisce una miglior
digestione delle proteine con relativa idrolisi enzimatica in aminoacidi liberi.
Modo d'uso consigliato dalla ditta - 90% Protein Soy - Weider Integratori
Disciogliere 32 grammi di proteina in una tazza di acqua, latte scremato o succo di frutta. Agitare bene
e servire subito. Per facilitare la miscelazione si può ricorrere all'uso di un frullatore.
Modo d'uso nella pratica sportiva - 90% Protein Soy - Weider Integratori
Per definire un dosaggio ottimale, è necessario considerare che la quota utile da integrare dev'essere
rapportata all'apporto proteico totale quotidiano, e che questo dev'essere calcolato in base alle
caratteristiche costituzionali e fisiologiche, nonché alle esigenze atletiche dello sportivo.
In linea di massima sarebbe utile assumere le proteine della soia lontano dai pasti principali, ed
abbinarle a carboidrati di varia natura, al fine di ottimizzare i vari risultati. Più precisamente sarebbe
utile:
1. Nel pre allenamento: associare le proteine a carboidrati a medio - basso indice glicemico, al
fine di sostenere energeticamente la performance atletica;
2. Nel post-allenamento: associare l'integratore a carboidrati a medio-alto indice glicemico, al fine
di ottimizzare la risintesi di glicogeno e stimolare l'anabolismo proteico.
In ogni caso, sarebbe ottimale alternare alle proteine di origine vegetale - che comunque
rappresentano un'importantissima fonte nutrizionale per individui allergici o vegani - anche proteine di
diversa origine.
Il presente articolo, elaborato sulla rilettura critica di articoli scientifici, testi universitari e pratica
comune, ha solo scopo informativo e non ha pertanto valore di prescrizione medica. Si è quindi
sempre tenuti a consultare il proprio medico, nutrizionista o farmacista prima di intraprendere l'uso di
un qualsivoglia integratore. Ulteriori informazioni sull'analisi critica di 90% Protein Soy - Weider
Integratori.
Il testosterone
Come viene prodotto, come agisce, come controllarne la secrezione
Il Testosterone è un ormone appartenente alla categoria degli androgeni (ormoni sessuali tipicamente
maschili, ma importanti anche nelle donne). Il testosterone viene prodotto soprattutto nelle cellule di
Leydig dei testicoli, sotto l'influenza dell'ormone luteinizzante (LH) liberato dall'ipofisi anteriore.
Di tutto il testosterone prodotto dal corpo umano soltanto una piccola quota circola nel sangue in una
forma libera. All'interno del torrente circolatorio, così come succede per molti altri ormoni, il
testosterone si trova legato in gran parte (c.a. 98% negli uomini, 99% nelle donne) a specifiche
proteine plasmatiche (Sex Hormon Binding Protein 45% e Albumina 53%) che lo inattivano
temporaneamente. In base alle richieste metaboliche una piccola quota di questi legami può rompersi,
lasciando il testosterone libero di migrare nelle cellule e regolare la trascrizione genica.
Nel caso vi sia un eccesso di testosterone libero il corpo ha la capacità di neutralizzarlo trasformandolo
in estradiolo (ormone tipicamente femminile) tramite una reazione di aromatizzazione che avviene
soprattutto a livello del tessuto adiposo e del sistema nervoso centrale. L'estradiolo funziona a sua
volta da inibitore della produzione di testosterone riducendo la secrezione ipotalamica di GnRH
(ormone di rilascio delle gonadotropine LH e FSH). Tale ormone riduce la quota di LH prodotto e di
conseguenza la sintesi di testosterone nei testicoli.
Da questa breve premessa emergono già due concentti chiave:
gli esami di laboratorio tradizionali rilevano soltanto la quota di testosterone totale, senza darci
informazioni sulla quota di testosterone libero. Per ricavare tale dato occorrono esami specifici e molto
più costosi. Ne deriva che le classiche analisi del sangue possono darci soltanto una stima del
metabolismo corporeo degli androgeni.
Un abuso di testosterone, dei suoi precursori o derivati, potrebbe in un certo senso avere effetti
contrari a quelli sperati. L'eccesso di testosterone verrebbe infatti trasformato in estradiolo, un ormone
tipicamente femminile che aumenta il deposito di grasso in specifiche regioni corporee (vedi
ginecomastia).
IN ETÀ PUBERALE:
> sviluppo e maturazione dei genitali esterni
> acquisizione dei caratteri sessuali secondari (comparsa di barba, baffi, peli, recessione temporale,
abbassamento del tono della voce)
> crescita lineare scatto di crescita puberale (interazione con GH e IGF-1)
> psiche: attitudini più aggressive e sviluppo della libido > aumento della massa muscolare
IN ETÀ ADULTA:
il testosterone favorisce la crescita dei peli, il mantenimento delle caratteristiche sessuali secondarie e
l'eventuale comparsa di calvizie
>psiche: mantenimento delle attitudini comportamentali e della libido
>stimolo della spermatogenesi
>ematopoiesi: aumentata produzione di eritropoietina (EPO)
Come scegliere lo shampoo più adatto al proprio tipo di capello? questa rapida guida ha lo scopo di descrivere le
principali caratteristiche da ricercare in ogni specifica tipologia di shampoo.
-> gli shampoo per "capelli secchi" donano dolcezza e facilità alle pettinature;
-> gli shampoo per "capelli grassi" tendono a ritardare gli effetti di appesantimento legati al grasso dei capelli;
-> gli shampoo per "capelli sottili" intendono garantire volume e mantenimento;
-> gli shampoo per "capelli fragili" danno brillantezza e morbidezza.
3) Gli shampoo trattanti specifici e gli shampoo "anticaduta"
Cercano di adattarsi ad un cuoio capelluto alterato, mediante aggiunta di molecole che hanno un azione
"farmacologica" riconosciuta.
Gli shampoo antiforfora
L'eziopatogenesi della forfora fa intervenire una proliferazione eccessiva di microrganismi residenti, per cui uno
shampoo antiforfora dovrà avere due qualità principali:
- una reale attività battericida ed antimicotica;
- una base lavante con potere lavante sufficiente per eliminare la forfora presente ma con dolcezza indispensabile per
non aggredire ulteriormente l'epidermide già irritata.
Gli additivi hanno reali virtù antiforfora:
gli shampoo contenenti catrami (ad esempio l'ottimo Neutrogena T-GEL), come l'olio di cade (catrame di legno di
ginepro) o il catrame di carbone fossile vengono utilizzati per la psoriasi e la forfora del cuoio capelluto in quanto
hanno una certa efficacia cheratolitica ed antipruriginosa. L'inconveniente del loro odore e del loro colore scompare
dopo il risciacquo,
Gli shampoo antiforfora classici contengono amidi dell'acido undecilenico, sali di zinco o derivati di piridintione.
L'octopyrox ha un attività paragonabile. Sono attualmente in commercio anche shampoo contenenti imidazolici (di cui
la più famosa e commercialmente fortunata contiene ketoconazolo: Nizoral 2% e Triatop 1% ) veicolati da eccipienti
schiumogeni ma molto aggressivi per la cheratina.
Gli shampoo antiseborroici
Schematicamente, possono essere classificati in tre categorie
Gli shampoo contenenti legno di Panama, detergente non ionico dolce, possono essere utilizzati dai soggetti aventi
cuoio capelluto grasso. Hanno la fama di non danneggiare la cheratina pilare né di provocare seborrea reattiva.
Tuttavia, il loro carattere poco schiumogeno determina il rifiuto da parte dell'utente,
Alcuni shampoo per "capelli grassi", contengono agenti che tendono a rallentare la secrezione sebacea: abitualmente
derivati dello zolfo e olio di cade.
Uno shampoo che merita senz'altro menzione in questo senso è il Kmax clear gel volumizing shampoo.
Questo shampoo è stato formulato quasi per "sfida" nel 2004 con la collaborazione degli utenti della comunità
anticalvizie di www.ieson.com
L'obiettivo era di avere disponibile uno shampoo che contenesse le più pregiate e delicate basi lavanti disponibili sul
mercato, e che quindi potesse essere usato quotidianamente, e che avesse nel contempo un ottimo potere
condizionante e una azione voluminizzante, caratteristiche importanti per chi soffre di capelli fini e diradati causa
calvizie androgenetica.
Inoltre, caratteristica non necessariamente indicativa della qualità di uno shampoo, ma decisamente apprezzata, una
schiuma densa e abbondante, sempre piacevole durante il lavaggio.
Tutte queste caratteristiche unite in un unico prodotto si scontrano con le regole del mercato comune, che tendono ad
abbassare al massimo il costo di produzione per aumentare le marginalità di guadagno.
Con Kmax shampoo questo problema non si verifica inq uanto la vendita avviene direttamente dalla produzione al
consumatore, pertanto a fronte di un costo di produzione decisamente elevato se paragonato con prodotti affini, il
prezzo di vendita all'utilizzatore finale è decisamente contenuto.
Il prezzo di un prodotto non è sempre indice di qualità del prodotto stesso.
Conclusioni.
In definitiva, a meno che ci si trovi a dover affrontare una problematica o una patologia molto specifica, invitiamo a
effettuare la scelta dello shampoo con molta cura, provando e alternando differenti shampoo, individuando quello che
si adatta nel modo migliore ai nostri capelli, che lascia il nostro cuoio capelluto pulito senza aggredirlo, soprattutto
dopo un uso prolungato.
Pertanto quello che può essere uno shampoo apprezzatissimo da molti, può rivelarsi inadatto al nostro tipo di capello,
oppure lo stesso shampoo che normalmente idrata e rende morbido sufficientemente i nostri capelli, dopo un
prolungato uso di lozioni topiche alcoliche che hanno danneggiato e seccato il capello potrebbe rivelarsi insufficiente
per reidratarlo in modo adeguato, e diventa quindi necessario uno shampoo con una più profonda azione
ristrutturante, oppure l'uso di un balsamo specifico.
Premesse
Come è noto durante la gioventù la capigliatura è folta e i follicoli piliferi sono lben irrorati dai vasi sanguinei.
Ciononostante, durante l'invecchiamento il processo che rigenera i follicoli piliferi rallenta. Nel maschio, l'azione del
DHT (maggiore responsabile della calvizie androgenetica) aggiunge un ulteriore ostacolo alla crescita dei capelli.
Come noto l'effetto del processo di miniaturizzazione dei follicoli piliferi induce ad un progressivo diradamento ed a
follicoli sempre più superficiali e meno irrorati dal sangue. La conseguenza diretta di questo progressivo
"rimpicciolimento" del bulbo pilifero porta alla crescita di capelli sempre più sottili, deboli e depigmentati.
Quale è l'utilità dei Rame-peptidi nella calvizie?
I rame peptidi, brevettati da Loren Pickart negli anni '80, grazie alle loro molteplici virtù, hanno dimostrato di essere
tra le sostanze che maggiormente contribuiscono al rallentamento ed all'inversione del processo di miniaturizzazione
dei follicoli.
Pickart sostiene che i processi di rinnovamento della pelle e del cuoio capelluto passano attraverso i follicoli piliferi: le
nuove cellule della pelle "risalgono" dal follicolo pilifero e migrano nella pelle appena circostante.
Stando a quanto afferma Pickart, l'azione dei rame-
peptidi sarebbe in grado di invertire il naturale processo
di invecchiamento della pelle e dei follicoli piliferi,
caratterizzati da capelli fini e miniaturizzati, cuoio
capelluto più sottile e fasi telogen più lunghe.
Tra le cause di accelerazione nei processi di invecchiamento di cute e follicoli, vengonomenzionati anche fattori
chimici e/o ambientali quali ad esempio l'azione di colorazioni chimiche e cosmetiche, l'eccessiva esposizione al calore
ed ai raggi ultravioletti, danni al cuoio capelluto di altra natura (cicatriziale) e azioni auto-immuni dell'organismo. Di
contro, l'azione dei rame-peptidi avrebbe dimostrato di invertire questi processi naturali, portando alla generazione di
nuovi capillari intorno al follicolo, all'incremento dei grassi sottocutanei ed alla sintesi della melanina, oltre alla
riparazione dei danni al cuoio capelluto ed alla formazione di capelli più spessi.
Questi effetti furono osservati per la prima volta negli anni '40 durante la seconda guerra mondiale; Si osservò come
in pazienti colpiti da gravi bruciature e cicatrici da ustione, qualora i follicoli piliferi crescessero ai margini della pelle
bruciata, ciò era da interpretare nella prognosi della guarigione: se i follicoli si allargavano, la guarigione sarebbe
stata scarsa e le cicatrici da ustione rimanevano.
Più tardi, nel 1985, Pickart scoprì che i suoi rame-peptidi, gli SRCPs (Skin Remodeling Copper Peptides) non solo
stimolavano la guarigione delle ferite ma incrementavano anche la dimensione dei follicoli piliferi nella zona della
ferita. I rame-peptidi non sono pertanto degli stimolatori della crescita di capelli di per sè, ma ciò risulta essere una
naturale conseguenza delle aumentate vitalità e salute del follicolo pilifero.
Negli ultimi anni, si è giunto a stabilire che alcune modifiche genetiche su cavie da laboratorio che stimolano la
rigenerazione della pelle incrementano anche le dimensioni dei follicoli piliferi (Fuchs 1998).
Geni quali il noto "sonic hedgehog" (Sato et al 2001, Nanba et al 2003, Oro et al 2003. Mill eta al 2003), "catinin"
(Huelsken 2001, Van Mater et al 2003), "Wnt" (Stenn 2001) e "Noggin" (Botchkarev 2001) sono tutti in grado di
ingrossare i follicoli piliferi.
E’ un ottimo detergente sviluppato dal Dottore statunitense Peter H. Proctor, conosciuto in tutto il mondo ed in
internet come uno dei maggiori esperti in calvizie e ricrescita di capelli. La sua attività continua senza sosta dal 1984
nello sviluppo di trattamenti per chiunque abbia fallito in altri trattamenti; basta ricordare che in U.S.A. ha ricevuto 7
brevetti per il trattamento di calvizie e ,oltre ad essere un ricercatore, è anche farmacologo con specializzazione e
costante attività nella ricerca di farmaci per la pelle. Da oltre 25 anni.possiede il dottorato di ricerca attiva per lo
sviluppo di farmaci per la pelle.
Nome Nano Shampoo
commerciale:
Componenti: Acqua, Peg-80 sorbitan laurate, Cocamidopropyl beatine, Sodium laureth sulfate,
Peg-150, Disodium cocamphodiacetate, Sodium chloride, Peg-150 distereate,
Allantoina, Arginina, Pantenolo, Laureth-13 carboxylate, Profumo, Niacin-Oxyde,
Superossidodismutasi, CI 42090
A detta di molti è uno tra i migliori shampoo indicati per la calvizie in quanto possiede 2 particolari principi attivi
molto interessanti:
N.A.N.O.: ossia acido nicotinico N-ossido : questo principio attivo, brevettato dallo stesso Dr. Proctor, stimola la
ricrescita del capello seguendo lo stesso meccanismo proposto da alcuni studiosi per il minoxidil
(diaminopirimidilpiperidin-N-ossido) cioè mima la molecola segnale EDFR responsabile delle stimolazione dei capelli
endogena
Il n.a.n.o. è un metabolita naturale della niacina.
S.O.D. mimetici : sono contenuti diversi tipi di questi agenti di cui il Dr. Proctor possiede molti brevetti.Essi sono dei
principi attivi molto importanti in quanto hanno dimostrato di possedere le seguenti proprietà:
- stimolatano la crescita e ricrescita dei capelli
- sono dei forti agenti anti-infiammatori e antiossidanti
- riparatori della pelle
- promotori della formazione di nuovi vasi sanguinei(angiogenesi)
Inoltre questo shampoo contiene dei componenti atti a rendere il capello maggiormente voluminoso,lucente e
morbido.
Trattamento e modalità di applicazione
Bagnare i capelli ed il cuoio capelluto,applicare una quantità adeguata di Nano Shampoo, massaggiare delicatamente
e lasciare agire per 2-4 minuti. Infine risciacquare abbondantemente con acqua tiepida.
Il Dr Proctor consiglia di utilizzare il Nano Shampoo 2-4 volte a settimana e quindi può essere alternato con altri
shampoo delicati e/o trattanti.
Nano Shampoo e Hair regrowth formula shampoo del Dr.Proctor
Il Nano shampoo è divenuto ormai da tempo indisponibile in Europa in quanto non viene più spedito al di fuori degli
USA.
E' invece in commercio con più facile reperibilità una versione "light", destinata alla commercializzazione su più larga
scala, denominata Hair Regrowth Formula shampoo . Questo shampoo ha formulazione differenente ma contiene gli
stessi principi attivo del Nano shampoo (3-carboxylic acid pyridine N-Oxide e SOD) seppur in percentuali e dosaggi
inferiori, come confermato dallo stesso Dr.Proctor.