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PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

ISPIRAZIONE E VERITÀ DELLA SACRA SCRITTURA

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aith_doc_20140222_ispirazione-verita-sacra-scrittura_it.html

La formazione del Canone del Nuovo Testamento

61. Passando alla costituzione dei libri del Nuovo Testamento, notiamo il fatto che il
contenuto di questi libri fu recepito prima di essere messo per iscritto, poiché i credenti
accolsero la predicazione di Cristo e degli apostoli prima della composizione dei nostri
libri sacri. Basti pensare al prologo di Luca, dove si afferma che il suo scritto evangelico
non vuole fare altro che fornire, mediante il racconto della storia di Gesù, un “solido
fondamento” agli insegnamenti che Teofilo aveva ricevuto. Benché molti fossero scritti
occasionali, essi esprimevano un’interna necessità delle comunità cristiane di aggiungere
una didaché (insegnamento scritto) alkerygma (annuncio). Inizialmente letti per le
assemblee alle quali erano indirizzati, tali scritti vennero gradualmente trasmessi ad altre
chiese a ragione della loro autorità apostolica. L’accettazione di questi documenti –
perché parlavano con l’autorità di Gesù e degli apostoli –, non va però identificata con la
loro recezione come ”Scrittura” al pari dell’Antico Testamento. Abbiamo menzionato gli
accenni in 2 Pt 3,2.15–16, ma dobbiamo aspettare la fine del secondo secolo perché tale
convinzione della parità sia generalizzata, e si mettano allo stesso livello i libri chiamati
“Antico Testamento” e quelli denominati “Nuovo Testamento”.

Durante il primo secolo dopo Cristo, si passò dal “volume” (che aveva la forma di
rotolo) al “codice” (costituito da pagine rilegate, come è abituale oggi per un libro); ciò
contribuì notevolmente alla costituzione di piccoli insiemi letterari che potevano essere
contenuti in un solo tomo, prima di tutto i vangeli e le lettere di Paolo. Più tardivi sono
gli accenni alla costituzione di un corpus johanneum e di quello delle lettere cattoliche.

La necessità di delimitare la collezione di scritti autorevoli sorse quando, all’inizio del


secondo secolo, gli gnostici cominciarono a comporre opere con gli stessi generi letterari
della grande Chiesa (vangeli, atti, epistole e apocalissi) per divulgare le loro dottrine. Si
avvertì allora il bisogno di criteri certi per distinguere i testi ortodossi da quelli
eterodossi. Alcuni gruppi estremisti giudeo-cristiani, come gli Ebioniti, avrebbero voluto
ladamnatio memoriae di Paolo, mentre i Montanisti conferivano un’eccessiva
importanza ai doni carismatici. Chi ebbe una decisiva influenza nel sostenere la dottrina
di Paolo fu Luca con i suoi Atti degli Apostoli, che in gran parte descrivono l’attività di
questo apostolo e il successo della sua missione. Anche Marcione contribuì, a suo modo,
al processo di recezione dei testi neo-testamentari con la sua scelta di Paolo e di Luca
come unici ”canonici”, poiché produsse una reazione che servì ad esplicitare quali scritti
erano già venerati dai cristiani. Si affermarono gradualmente dei criteri di discernimento,
fra cui la lettura pubblica e universale, l’apostolicità intesa come la tradizione autentica
di un apostolo, e specialmente la regula fidei (Ireneo), cioè la non contraddizione di uno
scritto con la tradizione apostolica trasmessa dai vescovi in tutte le chiese. Rispetto a
questa catholicitas mancò Marcione, limitando la tradizione apostolica solo a quella
paolina e trascurando quella petrina, giovannea e giudeocristiana.

Dalla fine del secolo secondo in avanti cominciano ad apparire liste di libri del Nuovo
Testamento. Ebbero universale accettazione i quattro vangeli, gli Atti, tredici epistole
paoline, mentre si manifestarono esitazioni sulla Lettera agli Ebrei, sulle lettere
cattoliche e anche sull’Apocalisse. In alcune liste venivano aggiunti anche la prima
Lettera di Clemente, Il Pastore di Erma e qualche altro scritto. Questi però, non essendo
letti universalmente, non furono assunti nel Canone. Sulla base di un generale consenso
delle Chiese, espresso in numerose dichiarazioni del Magistero e attestato in importanti
pronunciamenti di vari sinodi locali, il Concilio di Ippona (alla fine del 4° secolo) fissò il
Canone del Nuovo Testamento, confermato dalla definizione dogmatica del Concilio di
Trento.

A differenza del Canone veterotestamentario, i ventisette libri del Nuovo Testamento


vengono ritenuti canonici da cattolici, ortodossi e protestanti. La recezione di questi libri
da parte della comunità credente esprime il riconoscimento della loro ispirazione divina
e della loro qualità di libri sacri e normativi.

Come già detto, per la Chiesa Cattolica il riconoscimento definitivo e ufficiale sia del
Canone ‘lungo’ dell’Antico Testamento sia dei ventisette scritti del Nuovo Testamento
avvenne nel Concilio di Trento (D-S 1501-1503). La definizione era stata resa necessaria
dal fatto che i riformatori escludevano i libri deuterocanonici dal Canone tradizionale.

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