Sei sulla pagina 1di 79

DIRITTO INTERNAZIONALE

PRIVATO E PROCESSUALE
Bruno Lamaj

Con l’espressione diritto internazionale privato ci si riferisce in senso lato all’insieme delle norme che ciascuno
Stato si dà per disciplinare situazioni e rapporti che, in ogni settore del proprio ordinamento, non sono totalmente
interni all’ordinamento medesimo, nel senso che presentano qualche carattere di estraneità all’ordinamento
statale in questione ovvero presentano connotati di internazionalità o transnazionalità.
Le norme di d.i.pr. fanno dunque parte dell’ordinamento giuridico del singolo Stato e attengono ai vari rami del
diritto, tra cui naturalmente il diritto privato; così si parla di diritto internazionale privato con riferimento ai
profili sia processuali che sostanziali dei rapporti privatistici, ed è a questi ultimi che l’espressione si riferisce
nella sua accezione più propria a ristretta.
Il problema centrale della materia è la coesistenza di distinti e diversi sistemi normativi che aspirano o
tacitamente si candidano a regolare ciascuno a modo suo un medesimo rapporto o situazione giuridica.

Per designare le norma destinate a guidare il giudice nella individuazione del diritto applicabile si parla di norme
di scelta, di norma di conflitto o di collisione; la norma di conflitto richiama un ordinamento nel suo complesso e
la individuazione, all’interno dell’ordinamento richiamato, della norma di legge in concreto applicabile non è
direttamente operata dalla norma di conflitto ma ha luogo sulla base delle norme dello stesso ordinamento
richiamato che definiscono la gerarchia delle fonti normative, i canoni ermeneutica e le regole circa la
successione delle norme nel tempo.
Art. 1 Legge 218/1995 Oggetto della legge: “La presente legge determina l'ambito della giurisdizione italiana,
pone i criteri per l'individuazione del diritto applicabile e disciplina l'efficacia delle sentenze e degli atti
stranieri”

Quindi l’espressione d.i.pr. allude a un complesso di norma giuridiche statali; tuttavia la consapevolezza
dell’opportunità che situazioni non totalmente interne ai singoli stati vengano disciplinate in maniera uniforme,
ho indotto gli stessi stati a dotarsi di regole uniformi attraverso la stipulazione di un crescente numero di trattati
internazionali:
 alcuno pongono norme di diritto materiale uniforme rivolte a sostituire una parte del diritto materiale di cui
ciascuno stato contraente si era unilateralmente dotato (Convezione di Ginevra 1931 sulla legge uniforme sugli
assegni) ovvero ad affiancare al diritto materiale degli stati contraenti norme materiali uniformi da applicare
alle sole fattispecie che presentano elementi di internazionalità (Convenzione di Vienna 1980 sui contratti di
vendita internazionale di merci)
 altri pongono norme uniformi di d.i.pr sia processuale (Convenzione di Bruxelles 1968 sulla competenza
giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale) che privato (Convenzione di
Roma 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali):
- stabiliscono quale fra gli stati contraenti abbia il compito, attraverso decisioni rese dai propri giudici, di
regolare determinati rapporti giuridici o di risolvere determinate controversie
- pongono norme di conflitto uniformi (stabiliscono regole di d.i.pr. per mezzo delle quali i giudici degli stato
contraenti dovranno giungere a identificare il sistema giuridico da cui desumere la norma idonea a regolare
la situazione o il rapporto loro sottoposto)
- regolano le procedura da seguire e determinano le condizioni in presenza delle quali le sentenze rese dai
giudici di uno stato contraente sono suscettibili di essere riconosciute e di produrre effetti negli altri stati
contraenti

Strettamente correlato è il fenomeno della produzione di norme di d.i.pr. ad opera delle organizzazioni
internazionali che affiancano gli stati: Conferenza della Aja di diritto internazionale privato, Istituti per
l’unificazione del diritto privato (UNIDROIT), La Comunità Europea che, dopo la modifica del trattato di
Amsterdam, può adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, che includono tra
l’altro il miglioramento e la semplificazione del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni on materia
civile e commerciale e la promozione delle compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di
leggi e di competenza giurisdizionale; tutto ciò attraverso lo strumento del regolamento ( 2201/2003 – 44/2001).
Art. 2 Legge 218/1995 Convenzioni internazionali: “Le disposizioni della presente legge non pregiudicano
l'applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia.
Nell'interpretazione di tali convenzioni si terrà conto del loro carattere internazionale e dell'esigenza della loro
applicazione uniforme”
La disposizione ricorda al giudice che, per prima cosa, deve accertare se esistano disposizioni convenzionali
applicabili nel caso di specie.
Modalità di introduzione delle norme internazionali nell’ordinamento italiano

La stipulazione di trattati che importano modificazioni di legge deve essere autorizzata dalle Camere, con legge;
quanto all’adattamento per le norme convenzionali il procedimento regolarmente seguito e un procedimento
speciale, che si realizza mediante un ordine de esecuzione relativo ad ogni singolo trattato (c.d. ordine di
esecuzione).
Questo procedimento speciale può però essere seguito solo quando le norme del trattato sono formulate in
maniera tale da essere direttamente applicabili dagli operatori giuridici interni o quando, pur avendo bisogno di
integrazione e completamento, all’interno del nostro ordinamento gia esistono norme idonee a svolgere tale
funzione.
Altrimenti il legislatore deve intervenire con il procedimento normativo ordinario per produrre norme
corrispondenti a determinate norme convenzionali, o suscettibili di completarle.
Il giudice dovrà quindi di volta in volta controllare l’entrata in vigore dei trattati

Quanto alle norme di d.i.pr. contenute in atti comunitari, occorre distinguere:


- i regolamenti sono direttamente applicabili nell’ordinamento statale e le loro norme prevalgono sia su
quelle poste mediante convenzionali internazionali sia su quelle della legge 218/1995
- le direttive necessitano di provvedimenti statali di attuazione sicché le norme di d.i.pr. da esse previste
saranno applicabili da parte dei nostri giudici solo in virtù del relativo provvedimento di attuazione

Prevalenza delle convezioni internazionali e del diritto comunitario sul diritto nazionale

Il rango della norma che contiene l’ordine di esecuzione è il rango della legge ordinaria, ma il procedimento
dell’ordine di esecuzione attribuisce carattere speciale alle norme del trattato, escludendo che possano essere
modificate da successive norme di legge e giustificando cosi la prevalenza rispetto al diritto nazionale,
essenzialmente rappresentato dalla legge 218/1995.
Prevalenza rispetto al diritto nazionale deve essere data anche al diritto comunitario

Interpretazione delle convezioni internazionali

Lo scopo dei trattati è quello di consentire, attraverso l’applicazione di norme di conflitto o di diritto processuale
civile uniformi, il superamento delle posizioni particolaristiche e il raggiungimento della armonia e uniformità
delle soluzioni. Si registra però una divaricazione dei processi interpretativi a causa della tendenza dei giudici
nazionali ad utilizzare le categorie giuridiche più familiari, della diversità delle versioni linguistiche, delle
tecniche di trasposizione delle convenzioni negli ordinamenti nazionali.
Per quanto riguarda la Convenzione di Bruxelles e quella di Roma, gli Stati contraenti che sono membri della UE
si sono assoggettati all’interpretazione delle Corte di Giustizia; rispetto alle altre convenzioni di d.i.pr. il giudice
italiano deve farsi guidare dai canoni ermeneutica che si rinvengono nell’ordinamento internazionale con
riferimento ai trattati (da quelli codificati nella Convenzione di Vienna 1969 la quale sancisce fra l’altro che “i
termini giuridici e le espressioni di un trattato abbiano lo stesso significato nei vari testi autentici”)

Per quanto riguarda il diritto comunitario, è affidata alla Corte di Giustizia la competenza a pronunciarsi in via
pregiudiziale.

Coordinamento tra convezioni di d.i.pr.


LA GIURISDIZIONE INTERNAZIONALE

L’autorità giudiziaria italiana può esercitare il proprio compito di ius dicere solo in ordine ad una serie di
situazioni che presentino un significativo attacco con il nostro ordinamento, attacco che si configura come titolo
di giurisdizione, facendo sì che il giudice italiano abbia il potere di giudicare.
Con l’espressione autorità giudiziaria italiana si ci riferisce a tutti quanti gli organi che hanno il compito di
amministrare la giustizia in materia civile sul territorio del nostro stato; questo compito è ripartito tra una
pluralità di giudici, la cui competenza è determinata in ragione della materia e del territorio.
I regolamento comunitari non si limitano ad individuare le rispettive sfere di giurisdizione degli Stati contraenti,
bensì talvolta determinano anche il singolo giudice nazionale competente.

REGOLAMENTO 44/2001 CONCERNENTE LA COMPETENZA GIURISDIZIONALE E IL


RICONOSCIMENTO DELLE DECISIONI IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE

Questo regolamento disciplina in maniera uniforme rispetto a tutti gli Stati membri dell’UE (tranne la
Danimarca) la determinazione della giurisdizione e il reciproco riconoscimento delle sentenze.

Ambito di Articolo 1
applicazione 1. Il presente regolamento si applica in materia civile e commerciale, indipendente mente
dalla natura dell'organo giurisdizionale. Esso non concerne, in particolare, la materia
fiscale, doganale ed amministrativa.
2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:
a) lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i
testamenti e le successioni;
b) i fallimenti, i concordati e la procedure affini;
c) la sicurezza sociale;
d) l'arbitrato.
3. Nel presente regolamento per "Stato membro" si intendono tutti gli Stati membri ad
eccezione della Danimarca.

La corte di giustizia ha esplicitamente negato che per interpretare la nozione di materia civile e commerciale si
debba avere riguardo al diritto dell’uno o dell’altro degli Stati interessati.
Si devono quindi ricondurre al campo di applicazione del regolamento tutte le controversie e le sentenze aventi
ad oggetto obbligazioni contrattuali o extracontrattuali che non riguardino le materie esplicitamente escluse
(l’esclusione però non vale quando le materie sono sottoposte al giudice in via incidentale).
Quindi l’articolo 1 delimita l’ambito di applicazione ratione materiae di tutte quante le disposizioni del
regolamento stesso; ma per il primo gruppo di disposizioni che dettano norme in tema di esercizio della
competenza giurisdizionale, è stabilita una ulteriore e importantissima limitazione ratione personae: le norme del
Capo II si applicano sempre e soltanto quando il convenuto abbia il proprio domicilio in uno degli stati membri
(l’art. 2 dichiara irrilevante il rapporto di cittadinanza).

Per le persone che hanno domicilio in territorio comunitario è lo stesso regolamento a ripartire la competenza
giurisdizionale fra gli Stati comunitari, individuando i contatti,i collegamenti con l’uno e con l’altro di detti Stati
che appaiono idonei a giustificare l’esercizio della giurisdizione.

FORO GENERALE DEL DOMICILIO DEL CONVENUTO: le persone domiciliate nel territorio di
un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici
di tale Stato membro.
Articolo 2
1. Salve le disposizioni del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di un determinato
Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro.
2. Alle persone che non sono in possesso della cittadinanza dello Stato membro nel quale esse sono
domiciliate si applicano le norme sulla competenza vigenti per i cittadini.

Per quanti viceversa non hanno domicilio nel territorio comunitario restano applicabili le norme sulla
competenza giurisdizionale dei singoli Stato membri, ma con due importanti eccezioni (art 22 e 23).
Articolo 4
1. Se il convenuto non è domiciliato nel territorio di uno Stato membro, la competenza è disciplinata, in ciascuno
Stato membro, dalla legge di tale Stato, salva l'applicazione degli articoli 22 e 23.
2. Chiunque sia domiciliato nel territorio di un determinato Stato membro può, indipendentemente dalla propria
nazionalità ed al pari dei cittadini di questo Stato, addurre nei confronti di tale convenuto le norme sulla
competenza in vigore nello Stato medesimo, in particolare quelle indicate nell'allegato I.
- ove l’art 22 attribuisca competenza esclusiva all’autorità giudiziaria di uno stato membro contraente, tale
attribuzione produce effetto anche qualora il convenuto non sia domiciliato in territorio comunitario
- la clausola con le quale le parti abbiano attribuito competenza al giudice di uno stato membro è
pienamente operante anche quando il solo attore abbia domicilio in territorio comunitario e produce alcuni
effetti anche quando nessuna delle parti sia ivi domiciliata (art. 23).

Determinazione del domicilio

Persone fisiche e enti il regolamento rinuncia a una qualificazione autonoma e si richiama


senza personalità giuridica al diritto degli Stati membri.
Articolo 59
1. Per determinare se una parte ha il domicilio nel territorio dello Stato
membro in cui è pendente il procedimento, il giudice applica la legge
nazionale.
2. Qualora una parte non sia domiciliata nello Stato membro i cui giudici
sono aditi, il giudice, per stabilire se essa ha il domicilio in un altro Stato
membro, applica la legge di quest'ultimo Stato.

Persone giuridiche il regolamento provvede in via autonoma


Articolo 60
1. Ai fini dell'applicazione del presente regolamento una società o altra persona
giuridica è domiciliata nel luogo in cui si trova:
a) la sua sede statutaria, o
b) la sua amministrazione centrale, oppure
c) il suo centro d'attività principale

Nel caso in cui per una singola controversia si configurino più fori generali (ex più stato membri, ciascuno in
base al proprio diritto interno, ritiene quella persona domiciliata entro il rispettivo territorio), sarà l’attore a
scegliere in quale foro agire.

Infine, il momento in cui si deve verificare l’esistenza del domicilio del convenuto, è il momento in cui si
instaura la controversia, da determinare a sua volta sulla base della legge processuale dello Stato membro in
questione.

I FORI SPECIALI ALTERNATIVI (eccezioni alla regola generale del foro del domicilio del convenuto)

Articolo 3: “1. Le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro possono essere convenute davanti ai
giudici di un altro Stato membro solo in base alle norme enunciate nelle sezioni da 2 a 7 del
presente capo.
2. Nei loro confronti non possono essere addotte le norme nazionali sulla competenza riportate
nell'allegato I”

Il regolamento configura anche una serie di competenza giurisdizionali speciali, cioè dei fori alternativi rispetto
a quello generale del domicilio; la scelta tra il foro generale e quello speciale è una facoltà lasciata all’attore: per
questo le competenze speciali sono anche dette competenze facoltative.
Il foro in materia contrattale: il luogo di esecuzione

Articolo 5.1: “La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato
membro:
a) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve
essere eseguita;
b) i fini dell'applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione
dell'obbligazione dedotta in giudizio è:
- nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o
avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto,
- nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o
avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto;
c) la lettera a) si applica nei casi in cui non è applicabile la lettera b)”

Per quanto riguarda il concetto di materia contrattuale, la Corte di Giustizia ritiene che la nozione di materia
contrattuale non implica un rinvio alla qualificazione fornita dal diritto nazionale, ma deve essere considerata
come una nozione autonoma, riferendosi principalmente al sistema e agli scopi della Convezione (di Bruxelles)
stessa al fine di garantire l’applicazione uniforme in tutti gli Stato contraenti. In concreto la Corte ha escluso che
possano ricondursi alla nozione in esame fattispecie in cui non esista alcun obbligo liberamente assunto da una
parte nei confronti di un’altra.

Per determinare il foro speciale, deve aversi riguardo esclusivamente alla specifica obbligazione che si assume
inadempiuta e non una qualsiasi obbligazione pur relativa al rapporto contrattuale controverso; se poi l’attore fa
valere più obbligazioni derivanti dallo stesso contratto, il giudice adito deve decidere della propria competenza
sulla base della localizzazione dell’obbligazione principale tra quelle in causa (in base al principio per cui
l’accessorio segue il principale).

La competenza del giudice adito dipende quindi dalla determinazione del luogo di esecuzione
dell’obbligazione oggetto della controversia; riguardo al modo in cui tale determinazione debba essere operata,
la Corte di Giustizia dice che il giudice adito deve applicare il diritto materiale che disciplina l’obbligazione
controversa secondo il diritto internazionale privato applicabile (cioè secondo la Conv. di Roma del 1980; quella
dell’Aja del 1955 per la vendita internazionale di beni mobili corporali).
La Corte stabilisce anche che se la legge applicabile consente ai contraenti, senza requisiti formali, di designare
il luogo in cui l’obbligazione deve essere adempiuta, l’accordo circa il luogo di adempimento è sufficiente a
radicare nello stesso luogo la competenza giurisdizionale, semprechè questo luogo presenti un collegamento
effettivo con la materia del contratto; altrimenti tale accordo avrebbe il valore di una determinazione di un foro
competente e rimarrebbe soggetto alla disciplina e ai requisiti formali dell’art. 23 in tema di proroga della
competenza.

La regola generale in materia contrattuale del luogo di esecuzione enunciata dall’art. 5.1 lettera a) ha però
carattere residuale, in quanto essa si applica solo se non sono applicabili le due disposizioni della lettera b):
infatti il regolamento ha esso stesso direttamente indicato quello che si deve considerare luogo di
esecuzione per due tipi di contratto:
- contratti di compravendita di beni: il luogo di esecuzione è il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i
beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto
- contratti di prestazione di servizi: il luogo di esecuzione è il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i
servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto.
Per questi due tipi contrattuali quindi si ha una concentrazione della competenza: il foro speciale non riguarda
solo la specifica obbligazione fatta valere in giudizio, ma ogni azione originata dalla difettosa o mancata
esecuzione del contratto, anche le azioni volte all’accertamento della validità o invalidità del contratto
medesimo. Perché avvenga tale concentrazione devono sussistere due requisiti:
- la designazione del luogo (di consegna o di esecuzione) deve risultare dal contratto
- tale luogo deve trovarsi nel territorio comunitario
In assenza di questi due requisiti si torna ad applicare la lettera a).
Il foro in materia di obbligazioni alimentari

Articolo 5.2: “La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato
membro in materia di obbligazioni alimentari, davanti al giudice del luogo in cui il creditore di alimenti ha il
domicilio o la residenza abituale o, qualora si tratti di una domanda accessoria ad un'azione relativa allo stato
delle persone, davanti al giudice competente a conoscere quest'ultima secondo la legge nazionale, salvo che tale
competenza si fondi unicamente sulla cittadinanza di una delle parti”

Alla parte che si presume più debole, cioè quella che vanta il credito alimentare, è consentito di agire:
- davanti al giudice del luogo in cui essa ha il proprio domicilio
- davanti al giudice del luogo in cui essa ha la propria residenza abituale

Questa norma stabilisce giurisdizione e anche competenza (per territorio); inoltre il giudice italiano adito per
affermare o negare la propria competenza, non potrà basarsi sulla definizione di domicilio o residenza del nostro
codice civile, ma dovrà ricostruire tali nozioni alla luce del diritto comunitario e della giurisprudenza della Corte
di Giustizia.

Se il credito alimentare viene fatto valere come domanda accessoria nell’ambito di una azione relativa allo stato
personale, è competente il giudice dell’azione principale (al fine di evitare decisioni contraddittorie).

Il foro in materia di illeciti civili

Articolo 5.3: “La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato
membro in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l'evento dannoso è
avvenuto o può avvenire”

Questa norma ha carattere residuale: i fori alternativi da essa previsti sono utilizzabili per qualsiasi domanda che
miri a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricolleghi alla materia contrattuale, di cui
all’art. 5.1.

Luogo dell’evento dannoso = la Corte di Giustizia considera tale


- sia il luogo di compimento dell’azione
- sia il luogo in cui il danno si è prodotto (in esso non sono però compresi i
luoghi dove si verificano i danni indiretti o consequenziali o i luoghi in cui
la parte lesa sostiene di aver patito un pregiudizio patrimoniale in
conseguenza di un danno iniziale verificatosi e da essa subito in un altro
Stato contraente)
Si riconosce quindi all’attore un’ulteriore facoltà di scelta.

Inoltre con le parole “può avvenire” il regolamento ammette la possibilità di ricondurre alla disposizione in
esame le domande fondate sul pericolo che l’evento dannoso si realizzi e in particolare quelle volte a ottenere un
provvedimento cautelare del giudice idoneo a prevenirne la realizzazione.

Gli altri fori

Art 5.4: si riconosce competenza speciale per l’azione di risarcimento dei danni o di restituzione, nascente da
reato, al giudice dell’azione penale al quale la propria legge consenta di conoscere anche dell’azione civile
conseguente ai comportamenti penalmente rilevanti.
Ma la decisione emessa dal giudice penale nell’azione civile senza che la persona in causa abbia avuto la
possibilità di difendersi potrà non essere riconosciuta né eseguita negli altri Stati membri (art 61).

Art 5.5: nelle controversie concernenti l’esercizio di una succursale, di una agenzia o di qualsiasi altra sede di
attività viene attribuita competenza anche al giudice del luogo in cui è situata la succursale, l’agenzia o la sede di
attività in questione, in alternativa al foro del domicilio della casa madre.
Requisiti affinché si possa individuare la presenza in un certo luogo di un centro operativo:
- deve possedere un’organizzazione dotata di autonomia e idonea a trattare con i terzi per contro
dell’impresa
- deve esserci subordinazione alla direzione e al sindacato della casa madre
- l’attività in ordine alla quale è sorta la controversia dedotta in giudizio deve riguardare l’esercizio del
centro operativo

Art 5.6: nelle azioni promosse nei confronti di un soggetto interessato ad un trust, il soggetto in questione può
essere convenuto in giudizio anche nello Stato membro nel quale è localizzato il domicilio del trust.
Art 5.7: se si tratta di una controversia relativa al pagamento della somma richiesta per l’assistenza o il
salvataggio di una nave in mare, è competente il giudice del luogo nel quale si verifica il sequestro del carico o
del nolo

LA CONCENTRAZIONE DELLE AZIONI IN PRESENZA DI PIÙ FORI COMPETENTI

Nozione di connessione = sono connesse le cause aventi tra di loro un legame così stretto da rendere opportune
una trattazione e decisione uniche per evitare soluzioni tra di loro incompatibili ove
le cause fossero trattate separatamente (art 28.3).

L’articolo 6 prevede quattro eventualità nelle quali una persona (fisica o giuridica) domiciliata in uno Stato
membro può essere convenuta in giudizio in uno Stato non configurabile né come foro generale né come foro
speciale:
La persona di cui all'articolo precedente può inoltre essere convenuta:
1) in caso di pluralità di convenuti, davanti al giudice del luogo in cui uno qualsiasi di essi è domiciliato, sempre
che tra le domande esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica ed una decisione
unica onde evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili;
2) qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, davanti al giudice presso il quale è stata
proposta la domanda principale, sempre che quest'ultima non sia stata proposta solo per distogliere colui che
è stato chiamato in causa dal suo giudice naturale;
3) qualora si tratti di una domanda riconvenzionale nascente dal contratto o dal fatto su cui si fonda la domanda
principale, davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale (cioè è consentito al
convenuto di agire nei confronti dell’attore di fronte allo stesso giudice davanti al quale è stato chiamato in
giudizio, per far valere una propria pretesa avente origine dal medesimo contratto o dal medesimo fatto posto
alla base dell’azione inizialmente promossa contro di lui)
4) in materia contrattuale, qualora l'azione (contrattuale) possa essere riunita con un'azione in materia di diritti
reali immobiliari proposta contro il medesimo convenuto, davanti al giudice dello Stato membro in cui
l'immobile è situato.

Quando la facoltà di sottoporre al medesimo giudice azioni tra loro connesse non sia stata utilizzata e quindi due
o più azioni connesse pendano davanti ai giudici di Stati membri differenti, il giudice successivamente adito può
sospendere il proprio giudizio in attesa che si concluda il procedimento che era stato iniziato per primo in un
latro Stato membro (art 28.1).

Solo se entrambi i procedimenti sono ancora in primo grado e solo se almeno uno dei due litiganti lo richiede, il
secondo giudice può dimettere il processo: il giudice successivamente adito può dichiarare la propria
incompetenza a condizione che il giudice precedentemente adito sia competente a conoscere delle domande
proposte e la sua legge consenta la riunione dei procedimenti (art 28.2).
Alla disciplina della competenza fin qui delineata il regolamento sottrae alcune controversie:
- controversie originate da contratti di assicurazione
- controversie originate da contratti conclusi da consumatori
- controversie originate da contratti individuali di lavoro

Il regolamento si propone di tutelare quella che è ritenuta la parte debole:


 viene ridotta drasticamente la possibilità che siano le stesse parti a designare il giudice competente
 si aumenta il numero dei fori nei quali la parte debole può convenire il giudizio la controparte
 si riduce il numero dei fori nei quali la parte debole potrebbe a sua volta venire convenuta

I FORI ESCLUSIVI E INDEROGABILI DELL’ART 22

L’art 22 determina una serie di competenze esclusive, cioè di titoli di giurisdizione che valgono
indipendentemente dalla localizzazione del domicilio del convenuto; in relazione a queste criteri di competenza
da un lato le parti non hanno nessuna facoltà di deroga convenzionale, dall’altro qualsiasi giudice operante in
uno stato membro che non sia quello individuato dall’articolo 22 dovrà se adito in via principale, dichiarare
anche d’ufficio la propria incompetenza.

1. In materia di diritti reali su beni immobili e di contratti d’affitto su beni immobili hanno competenza
esclusiva i giudici dello Stato membro nel quale si trova l’immobile
La competenza esclusiva ingloba delle azioni che si riferiscono ai diritti reali immobiliari solo quelle che
rientrano nel campo si applicazione del regolamento e tendono a determinare l’estensione, la consistenza, la
proprietà, il possesso di beni immobili o l’esistenza di altri diritti reali su tali beni e ad assicurare ai titolari di
questi diritti la protezione delle prerogative derivanti dal loro titolo.
Per quanto riguarda i contratti di locazione di beni immobili, la disposizione affianca come foro alternativo al
foro di situazione dell’immobile, quello del domicilio del convenuto: in materia di contratti d'affitto di
immobili ad uso privato temporaneo stipulati per un periodo massimo di sei mesi consecutivi, hanno
competenza anche i giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato, purché l'affittuario sia una
persona fisica e il proprietario e l'affittuario siano domiciliati nel medesimo Stato membro.

2. in materia di validità, nullità o scioglimento delle società o persone giuridiche, aventi la sede nel
territorio di uno Stato membro, o riguardo alla validità delle decisioni dei rispettivi organi, hanno
competenza esclusiva i giudici di detto Stato membro.
Per determinare la sede il giudice di ciascuno Stato membro applica le norme del proprio diritto
internazionale privato; c’è quindi il rischio che si pervenga alla identificazione di diversi giudici competenti:
il conflitto può essere risolto in base all’art. 29 che prescrive al giudice successivamente adito di rimettere la
causa a quello che per primo era stato investito della controversia.

3. in materia di validità delle trascrizioni ed iscrizioni nei pubblici registri hanno competenza esclusiva i
giudici dello Stato membro nel cui territorio i registri sono tenuti;

4. in materia di registrazione o di validità di brevetti, marchi, disegni e modelli e di altri diritti analoghi
per i quali è prescritto il deposito ovvero la registrazione, hanno competenza esclusiva i giudici dello
Stato membro nel cui territorio il deposito o la registrazione sono stati richiesti, sono stati effettuati o
sono da considerarsi effettuati a norma di un atto normativo comunitario o di una convenzione
internazionale.
Salva la competenza dell'ufficio europeo dei brevetti in base alla convenzione sul rilascio di brevetti
europei, firmata a Monaco di Baviera il 5 ottobre 1973, i giudici di ciascuno Stato membro hanno
competenza esclusiva, a prescindere dal domicilio, in materia di registrazione o di validità di un
brevetto europeo rilasciato per tale Stato;
5. in materia di esecuzione delle decisioni, i giudici dello Stato membro nel cui territorio ha luogo
l'esecuzione.
IL FORO DESIGNATO DALLE PARTI

Il regolamento consente che siano le stesse parti litiganti a scegliersi il giudice; si parla di proroga di competenza
alludendo al fatto che il potere dovere di decidere del giudice adito viene esteso a comprendere una controversia
rispetto alla quale in principio non avrebbe competenza giurisdizionale.
La scelta può essere espressa o tacita.
Articolo 23
1. Qualora le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato membro, abbiano attribuito la
competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o future,
nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta a questo giudice o ai giudici di
questo Stato membro. Detta competenza è esclusiva salvo diverso accordo tra le parti. La clausola attributiva
di competenza deve essere conclusa:
a) per iscritto o oralmente con conferma scritta, o
b) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro, o
c) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero
dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di
contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato.
2. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione con mezzi elettronici che permetta una registrazione
durevole della clausola attributiva di competenza.
3. Quando nessuna delle parti che stipulano tale clausola è domiciliata nel territorio di uno Stato membro, i
giudici degli altri Stati membri non possono conoscere della controversia fintantoché il giudice o i giudici la
cui competenza è stata convenuta non abbiano declinato la competenza
4. Il giudice o i giudici di uno Stato membro ai quali l'atto costitutivo di un trust ha attribuito competenza a
giudicare, hanno competenza esclusiva per le azioni contro un fondatore, un trustee o un beneficiario di un
trust, ove si tratti di relazioni tra tali persone o di loro diritti od obblighi nell'ambito del trust.
5. Le clausole attributive di competenza e le clausole simili di atti costitutivi di trust non sono valide se in
contrasto con le disposizioni degli articoli 13, 17 o 21 o se derogano alle norme sulla competenza esclusiva
attribuita ai giudici ai sensi dell'articolo 22.

Nella scelta espressa il consenso delle parti in ordina alla identificazione del giudice cui rivolgersi è manifestato
mediante una “clausola compromissoria” o “accordo di proroga della competenza”; esso deve rispettare dei
requisiti formali.
Quello indicato diventa il solo foro al quale le parto possono poi rivolgersi, mettendo fuori gioco il foro generale
del domicilio e quelli speciali dell’art 5; l’accordo inoltre può anche prescindere da qualsiasi legame oggettivo
tra il rapporto giuridico controverso e il giudice designato.
Le parti tuttavia possono prevedere (necessariamente in modo espresso) che il loro accordo sia volto
semplicemente a permettere che la controversia sia portata davanti a un giudice diverso da quello o da quelli che
sarebbero competenti secondo il regolamento, ma non a privare di competenza questi ultimi: le parti conservano
la facoltà di adire al giudice o ai giudici che sarebbero competenti secondo il regolamento in alternativa a quello
da esse stesse designato.

Tutto ciò quando almeno una delle due parti è domiciliata in territorio comunitario; nell’ipotesi in cui nessuna
delle parti è domiciliata in uno Stato membro l’effetto dell’accordo di proroga è che il primo a pronunciarsi deve
essere il giudice dello Stato designato dalle parti: i giudici degli altri Stati membri, che sarebbero competenti in
base alla legge nazionale, possono conoscere della controversia solo dopo che il giudice scelto dalle parti abbia
rifiutato di esercitare la sua competenza.

L’art 23 non è applicabile alle controversie in materia di assicurazioni, di contratti conclusi da consumatori e di
contratti individuali di lavoro; e neanche quando la clausola deroga alle norme sulla competenza esclusiva.
Articolo 24
“Oltre che nei casi in cui la sua competenza risulta da altre disposizioni del presente regolamento, il giudice di
uno Stato membro davanti al quale il convenuto è comparso è competente. Tale norma non è applicabile se la
comparizione avviene per eccepire l'incompetenza o se esiste un altro giudice esclusivamente competente ai
sensi dell'articolo 22”

La proroga tacita si realizza quando la parte convenuta compera e si difende nel merito davanti al giudice di
fronte al quale è stata chiamata in giudizio senza preventivamente contestarne la competenza. Questo
comportamento si configura come adesione alla scelta del foro operata dall’attore ed è idoneo a prevalere anche
rispetto a clausole compromissorie o accordi di proroga in precedenza raggiunti a favore di un giudice diverso.
Inoltre la Corte ha stabilito che, di fronte ad una eventuale azione riconvenzionale, l’attore non può poi a sua
volta eccepire il difetto di giurisdizione del giudice al quale egli stesso si era rivolto.

Spetta al diritto processuale nazionale del giudice adito la determinazione del momento e delle modalità della
comparizione in giudizio del convenuto, ossia del momento entro il quale il convenuto può utilmente far valere il
difetto di competenza.

LITISPENDENZA E CONNESSIONE

Articolo 25
“Il giudice di uno Stato membro, investito a titolo principale di una controversia per la quale l'articolo 22
stabilisce la competenza esclusiva di un giudice di un altro Stato membro, dichiara d'ufficio la propria
incompetenza”

Articolo 26
“1. Se il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato membro è citato davanti ad un giudice di un altro
Stato membro e non compare, il giudice, se non è competente in base al presente regolamento, dichiara
d'ufficio la propria incompetenza.
2. Il giudice è tenuto a sospendere il processo fin quando non si sarà accertato che al convenuto è stata data la
possibilità di ricevere la domanda giudiziale o un atto equivalente in tempo utile per poter presentare le
proprie difese, ovvero che è stato fatto tutto il possibile in tal senso”
(ci sono altri due commi).

Articolo 27
“1. Qualora davanti a giudici di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi
il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento
finché sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza.
2. Se la competenza del giudice precedentemente adito è stata accertata, il giudice successivamente adito
dichiara la propria incompetenza a favore del primo”

Questa norma deve essere oggetto di interpretazione ampia e quindi


- la norma deve operare indipendentemente dal fondamento della competenza del giudice successivamente
adito, cioè la disposizione si deve applicare senza tener conto del domicilio delle parti nelle due cause.
- il giudice adito per secondo deve sospendere il procedimento anche se la sua competenza si basa su un
accordo di proroga intercorso tra le parti

La nozione di litispendenza accolta dal regolamento è autonoma rispetto a quella accolta dai sistemi giuridici
nazionali e comporta, sul piano oggettivo identità del titolo e di oggetto in senso ampio.

Il regolamento provvede in via autonoma a definire anche il momento in cui una causa si considera pendente (art
30), stabilendo che un giudice deve considerarsi adito.
1) quando la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso il giudice, purché successivamente
l'attore non abbia omesso di prendere tutte le misure che era tenuto a prendere affinché fosse effettuata la
notificazione o comunicazione al convenuto, o
2) se l'atto deve essere notificato o comunicato prima di essere depositato presso il giudice, quando l'autorità
competente per la notificazione o comunicazione lo riceve, purché successivamente l'attore non abbia omesso
di prendere tutte le misure che era tenuto a prendere affinché l'atto fosse depositato presso il giudice
La priorità cronologica opera anche nel caso in cui siano promosse davanti a giudici di Stati comunitari diversi
cause fra loro connesse.

La priorità cronologica opera anche quando una medesima causa sia stata avviata davanti a giudici di Stati
diversi a cui favore operano distinti titoli di giurisdizione esclusiva.
Articolo 29: “Qualora la competenza esclusiva a conoscere delle domande spetti a più giudici, quello
successivamente adito deve rimettere la causa al giudice adito in precedenza”

Invece se a favore del giudice adito per primo gioca un titolo non esclusivo di giurisdizione, spetta a lui declinare
la giurisdizione a favore del secondo giudice dotato di competenza esclusiva.

PROVVEDIMENTI CAUTELARI

Per provvedimenti cautelari o provvisori devono intendersi i provvedimenti volti alla conservazione di una
situazione di fatto o di diritto onde preservare diritti dei quali spetterà poi al giudice del merito accertarne
l’esistenza.

Anche se il regolamento non lo precisa, il giudice al quale è affidata la competenza di decidere nel merito una
controversia è anche competente ad adottare quei provvedimenti che il suo diritto nazionale prevede possano
venire adottai ove si presenti il pericolo che la decisione di merito, quando alla fine sarà emessa, risulti in pratica
inutile.

Il regolamento lascia però anche in vigore le normative dei singoli Stati comunitari, stabilendo che i
provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono venire richiesti
all’autorità giudiziaria di uno Stato membro anche se la competenza sulla giurisdizione di merito è affidata ai
giudici di un altro Stato membro (deve ovviamente esistere un effettivo nesso di collegamento fra l’oggetto del
provvedimento richiesto e la competenza territoriale dello Stato membro del giudice dito).
Articolo 31: “I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere
richiesti al giudice di detto Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel
merito è riconosciuta al giudice di un altro Stato membro”

Si rimette quindi in gioco la previsione dell’art. 10 legge 218/1995 secondo cui il giudice italiano è competente
ad adottare provvedimenti di natura cautelare quando:
- ha giurisdizione sul merito della controversia
- il provvedimento richiesto deve essere eseguito in Italia
IL REGOLAMENTO 2201/2003 RELATIVO ALLA COMPETENZA, AL RICONOSCIMENTO E
ALL’ESECUZIONE DELLE DECISIONI IN MATERIA MATRIMONIALE E
IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ GENITORIALE

Articolo 1: Ambito d'applicazione (ratione materiae)


1. Il presente regolamento si applica, indipendentemente dal tipo di autorità giurisdizionale, alle materie civili
relative:
a) al divorzio, alla separazione personale e all'annullamento del matrimonio;
b) all'attribuzione, all'esercizio, alla delega, alla revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale.
2. Le materie di cui al paragrafo 1, lettera b), riguardano in particolare:
a) il diritto di affidamento e il diritto di visita;
b) la tutela, la curatela ed altri istituti analoghi;
c) la designazione e le funzioni di qualsiasi persona o ente aventi la responsabilità della persona o dei beni del
minore o che lo rappresentino o assistano;
d) la collocazione del minore in una famiglia affidataria o in un istituto;
e) le misure di protezione del minore legate all'amministrazione, alla conservazione o all'alienazione dei beni
del minore.
3. Il presente regolamento non si applica:
a) alla determinazione o all'impugnazione della filiazione;
b) alla decisione relativa all'adozione, alle misure che la preparano o all'annullamento o alla revoca
dell'adozione;
c) ai nomi e ai cognomi del minore;
d) all'emancipazione;
e) alle obbligazioni alimentari;
f) ai trust e alle successioni;
g) ai provvedimenti derivanti da illeciti penali commessi da minori.

Dei procedimenti rientranti nel suo ambito di applicazione, il regolamento considera esclusivamente gli effetti
sul vincolo matrimoniale e non gli eventuali e frequenti altri effetti, di natura patrimoniale e di carattere
personale (ex diritto al nome).
Di conseguenza, per le azioni relative alle obbligazioni alimentari e per il riconoscimento delle relative decisioni
valgono per tutti gli Stati membri le disposizioni del regolamento 44/2001 e delle Convenzione dell’Aja del 1973
sul riconoscimento e sull’esecuzione delle decisioni relative alle obbligazioni alimentari.

LA DISCIPLINA IN MATERIA MATRIMONIALE

Ambito di applicazione ratione personae (art 6): le norme del regolamento si applicano se il coniuge
convenuto:
 risiede abitualmente nel territorio di uno Stato membro o
 ha la cittadinanza di uno Stato membro o, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, ha il proprio "domicile" nel
territorio di uno di questi Stati membri

Articolo 7: Competenza residua


1. Qualora nessun giudice di uno Stato membro sia competente ai sensi degli articoli 3, 4 e 5, la competenza,
in ciascuno Stato membro, è determinata dalla legge di tale Stato.
2. Il cittadino di uno Stato membro che ha la residenza abituale nel territorio di un altro Stato membro può, al
pari dei cittadini di quest'ultimo, invocare le norme sulla competenza qui in vigore contro un convenuto che
non ha la residenza abituale nel territorio di uno Stato membro né ha la cittadinanza di uno Stato membro o
che, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, non ha il proprio "domicile" nel territorio di uno di questi Stati
membri.
Titoli di giurisdizione

Anche questo regolamento si basa sul principio che l’autorità giudiziaria di uno Stato comunitario può esercitare
il proprio compito di ius dicere solo in ordine ad una serie di situazione che presentino un significativo attacco
con il rispettivo ordinamento: tra l’interessato e lo stato membro che esercita la competenza giurisdizionale deve
sussistere un reale collegamento.

L’art 3 stabilisce una serie di titoli di giurisdizione tutti quanti esclusivi, nel senso che rendono inoperante, entro
l’ambito di applicazione del regolamento, l’attribuzione di giurisdizione alle autorità italiane effettuata dagli
articoli 3, 4, 32, 37 della legge 218/1995.
Differenza con il regolamento 44/2001:
- il regolamento 2201/2003 non riconosce alla volontà delle parti che uno spazio assolutamente marginale
(art 3.1 lettera a quarto trattino), cosicché la comparizione in giudizio del convenuto non è atta a sanare il
difetto di giurisdizione del giudice adito
- tra i titoli di giurisdizione non è affatto contemplato il domicilio (esso è contemplato solo nella particolare
accezione anglosassone)

Articolo 3: Competenza generale


1. Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e
all'annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello Stato membro:
a) nel cui territorio si trova:
 la residenza abituale dei coniugi, o
 l'ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o
 la residenza abituale del convenuto, o
 in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o
 la residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima
della domanda, o
 la residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima
della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, ha
ivi il proprio "domicile";
b) di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, del "domicile" di entrambi
i coniugi.
2. Ai fini del presente regolamento la nozione di "domicile" cui è fatto riferimento è quella utilizzata negli
ordinamenti giuridici del Regno Unito e dell'Irlanda.

I titoli di giurisdizione alternativamente operanti sono:


 la residenza abituale di uno o di entrambi i coniugi (a seconda della situazione concreta)
 la cittadinanza comune ovvero il “domicile” comune per il Regno unito e l’Irlanda

Il regolamento ha accolto una definizione autonoma della nozione di residenza abituale, intesa come luogo in
cui l’interessato ha fissato, con voluto carattere si stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi,
fermo restando che occorre tener conto di tutti gli elementi di fatto che contribuiscono alla su costituzione.

Per quanto riguarda la cittadinanza ciascuno stato può conferire o negare la propria cittadinanza; se il giudice
chiamato ad applicare il regolamento si trova di fronte persone in possesso di più di una cittadinanza, alle diverse
cittadinanze si attribuisce pari rilevanza: nell’ipotesi di due coniugi con più cittadinanze comuni hanno
competenza sia i giudici dell’uno che dell’altro stato di cittadinanza.

Il regolamento non incide sulla competenza territoriale e funzionale all’interno degli Stati, a differenza di quanto
accade con le competenze speciale del 44/2001; un’eccezione si trova però nell’art. 4 dove la competenza del
giudice individuato secondo l’art 3 si estende alla domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, sempre se
anche tale domanda rientri nel campo di applicazione del regolamento.

Esame della propria competenza giurisdizionale e della procedibilità da parte del giudice adito

Il regolamento non fa spazio alla volontà delle parti come titolo di giurisdizione, né alla volontà espressa né a
quella tacita.

Articolo 17: Verifica della competenza


“L'autorità giurisdizionale di uno Stato membro, investita di una controversia per la quale il presente
regolamento non prevede la sua competenza e per la quale, in base al presente regolamento, è competente
un'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, dichiara d'ufficio la propria incompetenza”

Articolo 18: Esame della procedibilità


1. Se la persona che ha la residenza abituale in uno Stato diverso dallo Stato membro in cui l'azione è stata
proposta non compare, l'autorità giurisdizionale competente è tenuta a sospendere il procedimento fin
quando non si sarà accertato che al convenuto è stata data la possibilità di ricevere la domanda giudiziale o
un atto equivalente in tempo utile perché questi possa presentare le proprie difese, ovvero che è stato fatto
tutto il possibile a tal fine.
2. In luogo delle disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo, si applica l'articolo 19 del regolamento
(CE) n. 1348/2000 qualora sia stato necessario trasmettere la domanda giudiziale o un atto equivalente da
uno Stato membro a un altro a norma di tale regolamento.
3. Ove non si applichino le disposizioni del regolamento (CE) n. 1348/2000, si applica l'articolo 15 della
convenzione dell'Aia del 15 novembre 1965 relativa alla notificazione e alla comunicazione all'estero di atti
giudiziari ed extragiudiziari in materia civile o commerciale, qualora sia stato necessario trasmettere la
domanda giudiziale o un atto equivalente all'estero a norma di tale convenzione.

L’art. 18.1 trova riscontro nell’art. 22 lettera b) relativa alle decisioni rese in contumacia

Litispendenza e connessione

Articolo 19: Litispendenza e connessione


1. Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diverse e tra le stesse parti siano state proposte
domande di divorzio, separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio, l'autorità
giurisdizionale successivamente adita sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la
competenza dall'autorità giurisdizionale preventivamente adita.
2. Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diversi siano state proposte domande sulla
responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l'autorità
giurisdizionale successivamente adita sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la
competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita.
3. Quando la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata accertata, l'autorità
giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria incompetenza a favore dell'autorità
giurisdizionale preventivamente adita. In tal caso la parte che ha proposto la domanda davanti all'autorità
giurisdizionale successivamente adita può promuovere l'azione dinanzi all'autorità giurisdizionale
preventivamente adita.

L’art. 19.1 esprime la regole base e disciplina sia i casi di vera e propria litispendenza (identità soggettiva e
oggettiva della domanda) sia i casi di falsa litispendenza ( es. azione di divorzio intentata in Francia e azione di
separazione intentata in Italia)

L’incompetenza del secondo giudice a favore di quello preventivamente adito è dichiarata dopo che questi, in
base agli articoli 17 e 18 ha accertato di avere giurisdizione e di poter procedere; la parte che ha promosso il
processo sospeso può proporre la propria domanda al primo giudice (19.3)

Il regolamento si preoccupa di determinare esso stesso quello che deve essere considerato come momento
iniziale dei procedimenti da confrontare.
Articolo 16: Adizione di un'autorità giurisdizionale
1. L'autorità giurisdizionale si considera adita:
a) alla data in cui la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso l'autorità
giurisdizionale, purché successivamente l'attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era
tenuto affinché fosse effettuata la notificazione al convenuto; o
b) se l'atto deve essere notificato prima di essere depositato presso l'autorità giurisdizionale, alla data in
cui l'autorità competente ai fini della notificazione lo riceve, purché successivamente l'attore non abbia
omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché l'atto fosse depositato presso l'autorità
giurisdizionale.

Provvedimenti provvisori e cautelari


Una competenza residuale è riconosciuta agli Stato membri in ordina all’assunzione di provvedimenti provvisori
e cautelari (20.1); detti provvedimenti, che ciascuno Stato comunitario conserva il potere di adottare secondo il
proprio diritto, possono riguardare anche questioni (in particolare quelle patrimoniali) che esulano dall’ambito di
applicazione del regolamento.
Gli effetti delle misure provvisorie adottate dai giudici nazionali in virtù della propria legge sono destinati a
cessare solo quando sia stata adottata una decisione dal giudice dello Stato membro a cui il regolamento
attribuisce competenza giurisdizionale per il merito (20.2)

Articolo 20: Provvedimenti provvisori e cautelari


1. In casi d'urgenza, le disposizioni del presente regolamento non ostano a che le autorità giurisdizionali di
uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente
alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del presente regolamento, è
competente a conoscere nel merito l'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro.
2. I provvedimenti adottati in esecuzione del paragrafo 1 cessano di essere applicabili quando l'autorità
giurisdizionale dello Stato membro competente in virtù del presente regolamento a conoscere del merito
abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati.

DISCIPLINA IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ GENITORIALE

Ambito di applicazione ratione materiae

L’ambito di applicazione delle nome del regolamento è circoscritto “…all'attribuzione, all'esercizio, alla delega,
alla revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale” e precisamente alle seguenti materie:
a) il diritto di affidamento e il diritto di visita;
b) la tutela, la curatela ed altri istituti analoghi;
c) la designazione e le funzioni di qualsiasi persona o ente aventi la responsabilità della persona o dei beni del
minore o che lo rappresentino o assistano;
d) la collocazione del minore in una famiglia affidataria o in un istituto;
e) le misure di protezione del minore legate all'amministrazione, alla conservazione o all'alienazione dei beni
del minore.

L’art. 2 precisa che ai fini del regolamento per responsabilità genitoriale si intendono i diritti e doveri di cui è
investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore
riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare:
 il diritto di affidamento inteso come l’insieme dei diritto e doveri concernenti la cura della persona di un
minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza
 il diritto di visita inteso come in particolare il diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua
residenza abituale per un periodo limitato di tempo.

Titoli di giurisdizione

Hanno competenza generale le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente
alla data di presentazione della domanda.
L’individuazione della residenza abituale rimane una questione di fatto che il giudice deve valutare caso per
caso; qualora la residenza abituale del minore non possa essere stabilita è automaticamente competente il giudice
dello Stato membro in cui il minore si trova (la regola vale anche in presenza di minori rifugiati o sfollati)(art
13).

E’ prevista la possibilità di prorogare la giurisdizione (art. 12); i titolari della responsabilità genitoriale
possono prorogare la competenza:
 al giudice che si è pronunciato sul loro matrimonio (divorzio, separazione personale, annullamento) in modo
che provveda anche in ordine alla responsabilità nei confronti dei figli comuni, solo se ciò risponde ad un
interesse superiore dei minori stessi
 a favore dei giudici di uno Stato membro con cui il minore abbia un legame sostanziale, in particolare perché
uno dei titolari della responsabilità genitoriale vi risiede abitualmente o perché è egli stesso cittadino di
quello Stato, semprechè la proroga risponda ad un interesse superiore del minore
Competenza residua: quando non sussiste la competenza di alcuna autorità di uno stato membro ai sensi degli
articoli 8-13, è previsto che ciascuno Stato membro possa affermare o declinare la giurisdizione alla luce del
proprio diritto nazionale (art 14)

E’ prevista infine la possibilità di trasferimento del procedimento da uno Stato membro ad un altro qualora
l’autorità giurisdizionale del secondo Stato membro sia più adatta a trattare il caso o un suo aspetto specifico,
ossia qualora il trasferimento risponda all’interesse superiore del minore.
Il trasferimento opera solo in casi eccezionali e a fronte di un particolare legame tra il minore (o uno dei titolari
della responsabilità genitoriale) o il secondo Stato membro; tale legame è rappresentato:
 la residenza abituale del minore (precedente o posteriore all’inizio del procedimento)
 la cittadinanza del minore
 la residenza abituale di uno dei titolari della responsabilità genitoriale
 la situazione del beni del minore della cui amministrazione, conservazione e alienazione si discute

Ai fini del trasferimento è necessaria la specifica richiesta di uno dei soggetti interessati (di una parte) o
l’accettazione di almeno uno delle parte se il trasferimento è disposto d’ufficio o su richiesta del giudice di un
altro Stato membro.

In tema di sottrazione dei minori il regolamento riconosce alle autorità dello Stato in cui il minore è trattenuto
(solo) la facoltà di adottare un provvedimento meramente provvisorio contro il ritorno del bambino, al quale
deve seguire una decisione sull’affidamento resa dai giudici dello Stato membro in cui il minore aveva la
residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato ritorno.
LA LEGGE ITALIANA

Titoli di giurisdizione

Art. 3: Ambito della giurisdizione


1. La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un
rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'art. 77 Cod. Proc. Civ. e negli altri casi in
cui è prevista dalla legge.
2. La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle Sezioni 2, 3 e 4 del Titolo II della
Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la L. 21 giugno 1971, n.
804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel
territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione
della Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la
competenza per territorio.

Titoli generali di giurisdizione sono nell’ordine:


 Domicilio del convenuto
 Residenza in Italia del convenuto
 Il fatto che il convenuto abbia in Italia un rappresentante autorizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77
cod. proc. civ.

Quando il convenuto non è domiciliato in uno Stato comunitario, la giurisdizione italiana sussiste:
 in base ai criteri del Regolamento 44/2001 racchiusi nelle sezioni 2, 3, 4 del Capo II (quelli relativi alle
competenze speciali, quelli concernenti la competenza in materia di assicurazioni e quelli concernenti la
competenza in materia di contratti conclusi dai consumatori) quando la controversia riguarda la materia civile
e commerciale
 in base ai criteri stabiliti dalla legge per la competenza per territorio, quando la controversia riguarda una
materia che è esclusa dal campo di applicazione del regolamento.
Nel nostro sistema processuale operano come criteri di competenza per territorio il domicilio e la residenza: si
determina quindi una sovrapposizione parziale con l’art 3.1. Inoltre questa norma comporta l’utilizzo dell’art
18.2 cod. proc. civ. per cui nel caso in cui il convenuto non abbia né residenza né domicilio né dimora in
Italia, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore.

Proroga o Deroga convenzionale della giurisdizione

Art. 4: Accettazione e deroga della giurisdizione


1. Quando non vi sia giurisdizione in base all'art. 3, essa nondimeno sussiste se le parti l'abbiano
convenzionalmente accettata e tale accettazione sia provata per iscritto, ovvero il convenuto compaia nel
processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo.
2. La giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di un giudice straniero o di un
arbitrato estero se la deroga e provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili.
3. La deroga è inefficace se il giudice o gli arbitri indicati declinano la giurisdizione o comunque non possono
conoscere della causa.

L’accordo delle parti è idoneo sia ad attribuire all’autorità giudiziaria italiana il potere di conoscere una
controversia in principio non soggetta alla sua giurisdizione (accordo che può essere espresso o tacito), sia ad
escludere la giurisdizione italiana (accordo che può essere solo espresso, nel senso che l’accettazione tacita della
giurisdizione straniera non vale accordo di deroga)

Requisiti dell’accordo di proroga e dell’accordo di deroga:


 capacità della parti
 prova scritta (è quindi sufficiente un documento ricognitivo dell’accordo)
 la causa deve riguardare diritti disponibili (solo per l’accordo di deroga)
Azioni reali relative ad immobili siti all'estero

Art. 5 : Azioni reali relative ad immobili siti all'estero


La giurisdizione italiana non sussiste rispetto ad azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero.

In base a questo articolo tutti i titoli di giurisdizione fin ora esaminati (domicilio in Italia, proroga convenzionale
espressa o tacita) sono inoperanti rispetto alle azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all’estero.
Ratio: rilevante probabilità che il giudicato risulti ineseguibile.

Altre ipotesi di esclusione della giurisdizione: il trattamento degli Stati esteri

Art. 11: Rilevabilità del difetto di giurisdizione


Il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto
costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana. E' rilevato dal giudice
d'ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto e contumace, se ricorre l'ipotesi di cui
all'art. 5, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale.

Queste ipotesi riguardano particolari categorie di convenuti: Stati stranieri, i loro agenti diplomatici e altri loro
organi, le Organizzazioni internazionali. Ci sono infatti norme di diritto internazionale che sottraggono questi
enti e queste persone all’esercizio della giurisdizione civile da parte degli Stati.

La motivazione tradizionale dell’esenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione consiste nell’affermare
l’immunità in base al principio del rispetto della loro sovranità (par in rem non habet iurisdictionem); parte della
dottrina e della giurisprudenza tende a ridurre la portata del principio distinguendo due tipi di atti dello Stato
straniero:
 Atti iure imperi: atti posti in essere nel compimento di una pubblica funzione, cioè nell’esercizio del potere
sovrano
 Atti iure gestionis: atti posti in essere nell’esercizio di attività privatistiche
L’immunità sussiste solo relativamente agli atti del primo tipo

Ma la giustificazione di questa prassi più che nel principio sopra enunciato, trova fondamento nel principio
generale per cui i membri della Comunità internazionale non sono autorizzati ad intervenire, l’uno nei confronti
dell’altro, in tutto ciò che riguarda la loro organizzazione interna; nell’ambito invece delle attività dello Stato
estero non attinenti alla propria organizzazione (compravendite, affitti) la giurisdizione sussiste.

Quanto alle organizzazioni internazionali, la misura di esenzione della giurisdizione italiana di cui esse godono è
determinata da appositi accordi in materia, venuti a fare parte del nostro ordinamento a seguito dell’ordine di
esecuzione. Ove le Convenzioni non provvedano, vale il principio del limite della giurisdizione dei giudici in
connessione a ciò che riguarda l’organizzazione in rena degli enti, che in quanto forniti di personalità giuridica
internazionale, appaiono assimilabili agli Stati.

Gli agenti diplomatici non rispondono personalmente degli atti posti in essere nell’esercizio delle loro funzioni,
in quanto si tratta di atti del loro Stato; per gli altri atti essi sono esentati dalla giurisdizione civile e penale dello
Stato presso il quale sono accreditati (godono quindi di immunità).

Gli organo degli Stati esteri (Capo dello Stato, capi di Governo, ministri degli affari esteri) godono di immunità
dalla giurisdizione civile in modo analogo agli agenti diplomatici; mentre più limitate immunità sono concesse
agli agenti e funzionari di Organizzazioni internazionali.
Connessione e pregiudizialità

Nel caso di connessione:


 se si tratta di una materia civile e commerciale si applicano gli art. 6 e 7 del regolamento 44/2001
 se si tratta di altre materie (che non rientrano neanche nell’applicazione del regolamento 2201/2003) a
fondare l’attrazione sotto la giurisdizione italiana è il ricorrere di un’ipotesi che implica attrazione nella
competenza per territorio di un giudice italiano di una domanda che in principio non vi rientrerebbe

Art. 6: Questioni preliminari


Il giudice italiano conosce, incidentalmente, le questioni che non rientrano nella giurisdizione italiana e la cui
soluzione è necessaria per decidere sulla domanda proposta.

Incidentalmente = le decisioni del giudice italiano non hanno valore di giudicato ma hanno effetto circoscritto
alla definizione della domanda principale

Litispendenza

Art. 7 : Pendenza di un processo straniero


1. Quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti di domanda avente il
medesimo oggetto e il medesimo titolo dinanzi a un giudice straniero, il giudice italiano, se ritiene che il
provvedimento straniero possa produrre effetto per l'ordinamento italiano, sospende il giudizio. Se il giudice
straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento straniero non è riconosciuto
nell'ordinamento italiano, il giudizio in Italia prosegue, previa riassunzione ad istanza della parte
interessata.
2. La pendenza della causa innanzi al giudice straniero si determina secondo la legge dello Stato in cui il
processo si svolge.
3. Nel caso di pregiudizialità di una causa straniera, il giudice italiano può sospendere il processo se ritiene
che il provvedimento straniero possa produrre effetti per l'ordinamento italiano.

Art. 8: Momento determinante della giurisdizione


Per la determinazione della giurisdizione italiana si applica l'art. 5 Cod. Proc. Civ. Tuttavia la giurisdizione
sussiste se i fatti e le norme che la determinano sopravvengono nel corso del processo.

Poiché l’impedimento alla procedibilità dell’azione in Italia deriva dal fatto che il giudice straniero è stato
preventivamente adito, è determinante stabilire la prevenzione, cioè accertare il momento iniziale dei due
processi:
 il giudice italiano dovrà attenersi al proprio diritto (art 8)
 la pendenza della causa innanzi al giudice straniero si determina secondo la legge dello Stato in cui il
processo si svolge (art 7.2)

Quindi è con riferimento al momento nel quale la domanda è stata proposta che si devono valutare i dati di fatto
e quelli normativi idonei a fondare o escludere la giurisdizione italiana, mentre i mutamenti successivi sono, in
principio, privi di effetti (perpetuatio iurisdictionis). Questo significa che:
 il convenuto non può sottrarsi alla giurisdizione italiana nemmeno facendo venir meno l’attacco con
l’ordinamento italiano assunto come titolo di giurisdizione (trasferendo all’estero la residenza)
 la pattuizione con cui la giurisdizione italiana viene derogata a favore del giudice straniero è produttiva di
effetti solo se precede l’inizio del procedimento in Italia

Ma l’art. 8 precisa che si tenga conto di fatti e norme sopravvenuti nel corso del processo se e solo se idonei a
fondare la giurisdizione
Giurisdizione in materia volontaria

Art. 9: Giurisdizione volontaria


In materia di giurisdizione volontaria, la giurisdizione sussiste, oltre che nei casi specificamente contemplati
dalla presente legge e in quelli in cui è prevista la competenza per territorio di un giudice italiano quando il
provvedimento richiesto concerne un cittadino italiano o una persona residente in Italia o quando esso riguarda
situazioni o rapporti ai quali è applicabile la legge italiana.

Riguardo la giurisdizione nei procedimenti non contenziosi, cioè nei quali l’intervento del giudice è richiesto al
di fuori della dialettica processuale che contrappone attore e convenuto, essa sussiste:
 in base alle norme di competenza per territorio
 se la persona cui il provvedimento si riferisce è cittadina italiana o è residente in Italia
 se i provvedimenti riguardano situazioni o rapporti ai quali sia applicabile la legge italiana

Giurisdizione in materia cautelare e nei procedimenti esecutivi

Art. 10: Materia cautelare


In materia cautelare, la giurisdizione italiana sussiste quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia o
quando il giudice italiano ha giurisdizione nel merito.

Nessuna disposizione invece è dettata riguardo ai procedimenti esecutivi, ma è ovvio che il potere di esecuzione
su di un bene presuppone la presenza del bene nell’ambito dell’ordinamento del giudice: quindi è possibile
l’esercizio da parte dell’autorità italiana del potere coercitivo in cui consiste l’esecuzione forzata solo sui beni
che sono situati all’interno del nostro ordinamento giuridico.

Rilevabilità del difetto di giurisdizione

Art. 11: Rilevabilità del difetto di giurisdizione


Il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto
costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana. E' rilevato dal giudice
d'ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto e contumace, se ricorre l'ipotesi di cui
all'art. 5, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale.

Nei casi in cui è ammessa la proroga della giurisdizione, il difetto di giurisdizione non è rilevabile d’ufficio e a
farlo valere deve essere il convenuto, benché ovviamente si sia costituito in giudizio e non abbia espressamente o
tacitamente (cioè difendendosi nel merito senza eccepire il difetto di giurisdizione) accettato di sottoporsi alla
giurisdizione italiana.

Solo in tre ipotesi spetta al giudice verificare d’ufficio la propria giurisdizione:


 contumacia del convenuto: egli in quanto assente dal processo è impossibilitato a eccepire il difetto di
giurisdizione né può dirsi che con il proprio comportamento l’abbia tacitamente accettata
 azioni reali su beni immobili situati all’estero
 il difetto di giurisdizione dipende da una norma di diritto internazionale pubblico
IL RICONOSCIMENTO E L’ESECUZIONE
DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE STRANIERE

REGOLAMENTO 44/2001 CONCERNENTE LA COMPETENZA GIURISDIZIONALE E IL


RICONOSCIMENTO DELLE DECISIONI IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE

Il legislatore comunitario assume l’esistenza di una reciproca (piena) fiducia tra gli ordinamenti e i giudici dei
diversi stati membri e da tale assunto fa derivare l’impostazione e la soluzione dei problemi relativi alla
circolazione delle sentenza. Nel preambolo del regolamento si legge:
(16) La reciproca fiducia nella giustizia in seno alla Comunità implica che le decisioni emesse in un altro Stato
membro siano riconosciute di pieno diritto, ossia senza che sia necessario esperire alcun procedimento, salvo che
vi siano contestazioni
(17) La reciproca fiducia implica altresì che il procedimento inteso a rendere esecutiva, in un determinato Stato
membro, una decisione emessa in un altro Stato membro si svolga in modo efficace e rapido. A tal fine la
dichiarazione di esecutività di una decisione dovrebbe essere rilasciata in modo pressoché automatico, a seguito
di un controllo meramente formale dei documenti prodotti e senza che il giudice possa rilevare d'ufficio i motivi
di diniego dell'esecuzione indicati nel presente regolamento.

Articolo 33
1. Le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario
il ricorso ad alcun procedimento.
2. In caso di contestazione, ogni parte interessata che chieda il riconoscimento in via principale può far
constatare, secondo il procedimento di cui alle sezioni 2 e 3 del presente capo, che la decisione deve essere
riconosciuta.
3. Se il riconoscimento è richiesto in via incidentale davanti ad un giudice di uno Stato membro, tale giudice è
competente al riguardo.

A fruire del regime privilegiato, quasi automatico, di riconoscimento ed esecuzione sono tutte e soltanto le
decisioni rese da autorità giudiziarie degli Stato membri, incluse quindi le decisioni rese in procedimenti intentati
a persone non domiciliate nella Comunità in virtù di una competenza nazionale residua ai sensi dell’art. 4.1, cioè
sulla base di titoli di competenza giurisdizionale previsti non dal regolamento ma dalla legge del singolo stato.

Perché operi il regime privilegiato occorre naturalmente che si tratti di decisioni pertinenti a materie comprese
nel campo di applicazione del regolamento stesso; su tale pertinenza esiste un certo margine di controllo in capo
al giudice del riconoscimento.
Egli è competente anche a verificare che il provvedimento rientri nella nozione di decisione data dal
regolamento, all’art. 32: “Ai sensi del presente regolamento, per decisione si intende, a prescindere dalla
denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, quale ad esempio decreto,
sentenza, ordinanza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del
cancelliere”
Questa comprende, oltre alle decisioni di merito che concludono un procedimento contenzioso con autorità di
giudicato, anche le decisioni prive di autorità di giudicato perché ancora soggette ad impugnazione ordinaria, le
decisioni interlocutorie (quella con cui il giudice straniero abbia affermato la propria competenza in caso di
litispendenza internazionale) e quelle rese nei procedimenti di volontaria giurisdizione; la Corte ha ritenuto poi
che vi rientrassero anche i provvedimenti cautelari, escludendo invece le transazioni anche se avvenute davanti
ad un giudice.

Il regime di circolazione delle decisioni giudiziarie configurato dal regolamento ha carattere assoluto: chi intende
chiedere il riconoscimento o l’esecuzione di una sentenza straniera non può scegliere se avvalersi della procedura
prevista dal diritto comune piuttosto che di quella del regolamento.

L’intervento dell’autorità giudiziaria locale è escluso per il riconoscimento ed è previsto solo ai fini
dell’esecuzione; qui i poteri di controllo, assai ridotti, possono essere esercitati solo dopo la dichiarazione di
esecutività e solo se il debitore si è opposto.
Effetti del riconoscimento

Il regolamento non fornisce modelli utili per l’identificazione di un modello teorico di riferimento; in materia e
esistono due modelli:
 assimilazione di effetti: si conferiscono alla decisione straniera gli stessi effetti di cui gode una decisione
nazionale analoga
 estensione di effetti: la decisione straniera viene accettata con gli effetti di cui gode nello stato di origine
La Corte di giustizia si mostra favorevole alla estensione di effetti, ma cmq sul piano pratico non ci sono
differenza significative.
Infatti gli effetti che la decisione è idonea a produrre nello Stato d’origine non possono di fatto prodursi
nell’ordinamento richiesto qualora siano ulteriori o addirittura sconosciuti rispetto a quelli che sono attribuiti ai
provvedimenti dei giudici locali: la decisione straniera non può avere in Italia effetti maggiori che nello Stato
d’origine, né effetti maggiori di una corrispondente pronuncia italiana.

L’autorità e l’efficacia delle sentenze straniere non sono limitate agli effetti conseguenti all’autorità di giudicato,
ma riguardano tutti gli effetti che l’ordinamento d’origine riconnette a tali sentenze e risalgono alla data in cui
hanno iniziato ad esplicarsi nello Stato di origine. Il regolamento specifica che soltanto in relazione alle sentenze
che siano esecutive nello Stato membro d’origine è possibile domandare che siano rese esecutive anche in un
diverso Stato comunitario.
Comunque la nozione di res judicata non è desumibile dal regolamento e va ricostruita sulla base del diritto dello
Stato richiesto: la nostra Corte di Cassazione ha precisato che è necessario che nello Stato d’origine la sentenza
sia esecutiva in via di principio, non essendo invece necessario che essa sia stata concretamente resa esecutiva e
neppure che essa sia passata in giudicato.

Nella nozione di riconoscimento è inclusa quindi anche la nozione di autorità di cosa giudicata, sia in positivo
che in negativo. In positivo l’autorità di cosa giudicata si traduce nella forza obbligatoria, negli effetti sostanziali,
nell’efficacia di quanto deciso all’estero; in negativo l’autorità di cosa giudicata rappresenta un ostacolo alla
riproposizione di una contestazione su cui il giudice si è gia pronunciato (la decisione straniera può essere messa
alla base dell’eccezione di cosa giudicata)

Poiché però risultano suscettibili di riconoscimento sentenza non passate in giudicato, potrebbe verificarsi il caso
che la sentenza straniera, gia riconosciuta, cessi di essere efficace nell’ordinamento d’origine a seguito
dell’emanazione di una successiva sentenza.
E’ da ritenere che essa cessi automaticamente di avere effetto anche nello Stato del riconoscimento, posto che
nello Stato richiesto gli effetti sono soltanto quelli attribuiti alla sentenza nell’ordinamento d’origine; la sentenza
straniera di riforma deve invece a sua volta essere riconosciuta allorché si voglia farle spiegare gli effetti.

Il riconoscimento può essere parziale, qualora la decisione straniera verta anche su pretese non rientranti
nell’ambito di applicazione del regolamento, ma anche nel caso in cui taluni suoi capi non rispondano i requisiti
necessari per il riconoscimento

Il regolamento tace circa la forza probatoria e gli effetti di fatto delle sentenze straniere, poiché questi effetti
esulano dal campo di applicazione del regolamento e discendono invece dal diritto nazionale comune del singolo
Stato; una decisione potrà quindi servire a provare ciò che è stato constatato anche qualora non soddisfi i
requisiti previsti per la sua riconoscibilità.

Nel caso in cui il riconoscimento della decisione straniera venga negato (perché sussiste almeno uno dei motivi
di diniego previsti) e che in base alle norme sulla competenza giurisdizionale il caso non possa essere portato in
via diretta davanti al giudice dello Stato richiesto, né davanti a giudici di altri stati membri, la dottrina per evitare
un diniego di giustizia prospetta la possibilità che l’azione sia comunque proponibile al giudice dello Stato
richiesto, cioè al giudice che ha negato la riconoscibilità.
Riconoscimento in via principale e in via incidentale

Ex art. 33.1 il riconoscimento ha luogo automaticamente, senza necessità di alcun intervento dell’autorità
giudiziaria locale.
In caso di contestazione, cioè nel caso in cui in ordine al riconoscimento insorge una controversia, si deve
distinguere:

 riconoscimento richiesto a titolo principale: si fa ricorso alla procedura che il regolamento disciplina
primariamente ai fini dell’esecuzione negli artt. 38-58. Infatti il regolamento da alla parte che ha interesse a
che una decisione straniera venga dichiarata riconoscibile (o esecutiva), la possibilità di avvalersi di questo
procedimento semplificato; viceversa alla parte che contesta la riconoscibilità e ad altri soggetti
eventualmente interessati a un chiarimento della situazione resta soltanto la possibilità di utilizzare il
procedimento ordinario configurato dal diritto locale.

Il procedimento abbreviato inoltre non può essere utilizzato in via puramente preventiva, cioè dal parte del
creditore interessato, prima ancora che all’esecuzione, ad ottenere una certificazione immediata della
situazione giuridica nello Stato locale; esso è praticabile soltanto in caso di contestazione.

L’azione di riconoscimento in via principale è prevista per qualsiasi sentenza, quali che siano gli effetti e
quindi tanto per le sentenza dichiarative quanto per quelle suscettibili di esecuzione; di regola comunque, si
ricorrerà a questa procedura proprio per le decisioni non suscettibili di esecuzione.

 riconoscimento richiesto in via incidentale: la parte che vuole avvalersi della sentano straniera può avere
interesse ad invocare semplicemente la sentenza in via incidentale, come eccezione di cosa giudicata nel
corso di un altro procedimento ovvero a fondamento di un rapporto pregiudiziale di cui giovarsi come
elemento costitutivo, impeditivi, modificativo o estintivo di un ulteriore e diverso rapporto nel cui ambito
grava il diritto che si intende far valere; in questo caso l’art. 33.3 ammette che la verifica della regolarità della
sentenza straniera sia compiuta dal giudice cui è stata proposta la domanda sulla questione principale
(ovviamente gli effetti della sentenza straniera riconosciuta in via incidentale si esauriscono all’interno del
procedimento in cui sono invocati)

Poiché la eventuale successiva richiesta di esecuzione può essere respinta solo per i motivi per i quali può
essere rifiutato il riconoscimento, la decisione del giudice competente per l’esecuzione non dovrebbe in
principio discostarsi dalla decisione del giudice che ha controllato la regolarità internazionale della decisione
in via incidentale.

Il procedimento delineato dal regolamento ha natura meramente dichiarativa: se l’efficacia delle sentenza
straniera è in via di principio automatica, quando è chiamato a intervenire il giudice non può che constatare e
dichiarare che la sentenza è efficace.

Procedimento da seguire:
 in caso di contestazione circa la riconoscibilità della sentenza straniera
 per ottenere la dichiarazione di esecutività

Il legislatore comunitario si è sforzato di rendere il più semplice e spedita possibili l’esecuzione, o meglio,
l’attribuzione alla sentenza straniera dell’idoneità a dare luogo ad esecuzione forzata.
Il regolamento disciplina infatti, anche nei dettagli in modo da renderla uniforme, la procedura volta a consentire
l’esecuzione forzata in ciascuna stato membro delle decisioni emesse negli altri Stati comunitari ed esecutive
nello Stato d’origine.
Tale procedura deve essere utilizzata da ogni parte interessata ad ottenere
 il riconoscimento, nel caso in cui la riconoscibilità formi oggetto di contestazione
 la dichiarazione di esecutività della sentenza straniera
La parte che si rivolge al giudice per ottenere il riconoscimento o il rilascio della dichiarazione di esecutività
della decisione straniera deve presentare copia autentica della sentenza straniera nella lingua originale (art. 53)(la
presentazione della traduzione potrà eventualmente essere richiesta dal giudice).
Se l’istanza è volta ad ottenere la dichiarazione di esecutività, deve essere prodotto un attestato rilasciato dal
giudice che ha emesso la sentenza in base ad un formulario stabilito dal regolamento (art. 53), nel quale il
giudice deve dare atto che la decisione è esecutiva nello Stato membro in cui è stata pronunciata (il giudice può
dispensare l’istante dalla presentazione di questo attestato se reputa di essere informato a sufficienza).
L’istanza deve essere presentata al giudice indicato, Stato per Stato, dall’allegato II: per l’Italia si tratta della
Corte d’Appello; riguardo all’individuazione delle Corte d’Appello competente per territorio, essa è determinata
dal domicilio della parte cui viene richiesta l’esecuzione, oppure dal luogo di esecuzione. I due criteri non sono
posti in successione ma in concorso alternativo, quindi la parte richiedente può scegliere.

I fase: essa è costruita come unilaterale, nel senso che è esclusa la parte che subisce l’iniziativa.
Il giudice in questa fase può soltanto verificare l’espletamento delle formalità di cui all’art. 53, senza
poter controllare né la sussistenza dei motivi di diniego del riconoscimento dell’art. 34, né il rispetto
delle prescrizioni relative alle competenze esclusive e alle materie speciali delle assicurazioni e dei
contratti dei consumatori dell’art 35: la verifica attiene solo alla regolarità formale della documentazione
relativa alla decisione straniera.
Sempre però plausibile che il giudice possa comunque verificare se la decisione da riconoscere sia
pertinente a materia comprese nel regolamento, senza essere in ciò vincolato dalle valutazioni operate
dal giudice a quo

II fase: essa deve svolgersi in contraddittorio; infatti il provvedimento del primo giudice può essere impugnato
(sempre davanti alla Corte d’Appello)
Termine per la presentazione dell’opposizione:
 se il ricorrente è la parte che contrasta la circolazione della decisione straniera, il ricorso deve essere
presentato entro un mese dalla notifica della decisione sulla riconoscibilità, ovvero entro due mesi se
la parte che si oppone è domiciliata in uno Stato membro diverso dallo Stato richiesto. Il ricorrente
può far valere i motivi di diniego e il giudice non può rilevare d’ufficio motivi di diniego che non
siano fatti valere dalla parte interessata
 se il ricorrente è la parte interessata alla circolazione della decisione, nessun termine è previsto per
l’opposizione (alla decisione che ha negato la riconoscibilità o esecutività)

Sospensione del procedimento

Articolo 37
1. Il giudice di uno Stato membro, davanti al quale è chiesto il riconoscimento di una decisione emessa in un
altro Stato membro, può sospendere il procedimento se la decisione in questione è stata impugnata.

Articolo 46 (in sede di opposizione alla dichiarazione di esecutività)


1. Il giudice davanti al quale è proposto un ricorso ai sensi dell'articolo 43 o dell'articolo 44 può, su istanza
della parte contro la quale è chiesta l'esecuzione, sospendere il procedimento se la decisione straniera è stata
impugnata, nello Stato membro d'origine, con un mezzo ordinario o se il termine per proporre l'impugnazione
non è scaduto; in quest'ultimo caso il giudice può fissare un termine per proporre tale impugnazione.

Poiché sono suscettibili di riconoscimento anche sentenza non passate in giudicato, al fine di evitare gli
inconvenienti derivanti dalla precarietà di una tale sentenza (riconoscere una sentenza straniera quando ancora
esiste la possibilità che essa venga annullata o modificata nello Stato d’origine), è possibile sospendere il
procedimento finché la sentenza stessa sia passata in giudicato nello Stato d’origine; in altre parole si riserva al
giudice dello Stato richiesto la facoltà di sospendere il procedimento quando, nello Stato di origine, la sentenza è
stata impugnata o può esserlo entro un preciso termine.
Nel procedimenti di riconoscimento la sospensione è una mera facoltà, sulla quale il giudice dovrebbe decidere
d’ufficio; mente in sede di opposizione all’esecuzione, il giudice si pronuncia su istanza di parte.

Il procedimento di sospensione è regolato dal diritto processuale del foro: la sospensione cessa nel momento in
cui si pervenga all’estero alla pronuncia sull’impugnazione

I motivi di rifiuto del riconoscimento


Articolo 34
Le decisioni non sono riconosciute:
1) se il riconoscimento è manifestamente contrario all'ordine pubblico dello Stato membro richiesto;
2) se la domanda giudiziale od un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace
in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese eccetto qualora, pur avendone avuto la
possibilità, egli non abbia impugnato la decisione;
3) se sono in contrasto con una decisione emessa tra le medesime parti nello Stato membro richiesto;
4) se sono in contrasto con una decisione emessa precedentemente tra le medesime parti in un altro Stato
membro o in un paese terzo, in una controversia avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, allorché
tale decisione presenta le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato membro richiesto.

Articolo 35
1. Parimenti, le decisioni non sono riconosciute se le disposizioni delle sezioni 3, 4, e 6 del capo II sono state
violate, oltreché nel caso contemplato dall'articolo 72.
2. Nell'accertamento delle competenze di cui al paragrafo 1, l'autorità richiesta è vincolata dalle constatazioni
di fatto sulle quali il giudice dello Stato membro d'origine ha fondato la propria competenza.
3. Salva l'applicazione delle disposizioni del paragrafo 1, non si può procedere al controllo della competenza
dei giudici dello Stato membro d'origine. Le norme sulla competenza non riguardano l'ordine pubblico
contemplato dall'articolo 34, punto 1.

I motivi per i quali il riconoscimento e l’esecuzione di una sentenza resa in un altro Stato comunitario possono
venire rifiutati sono stabiliti dagli articoli 34 e 35.
L’elencazione è tassativa ma ovviamente il riconoscimento va anche e in primis negato se la decisione esula
dall’ambito di applicazione del regolamento, per la materia trattata.

1. La contrarietà all’ordine pubblico dello Stato richiesto

Si tratta di una condizione di “regolarità internazionale” della decisione straniera; sicuramente in ambito
comunitario il limite dell’ordine pubblico va interpretato restrittivamente e si può ricorrere ad esso soltanto in
casi eccezionali, dato che le sentenza suscettibili di usufruire del regime privilegiato di riconoscimento
riguardano rapporti di natura prevalentemente economica la cui disciplina si fonda in tutti gli Stati membri su
medesimi principi di diritto comunitario.

La nozione di ordina pubblico è una nozione prettamente nazionale, nel senso che è da ricercare nel singolo
ordinamento statale, arricchito però dei principi che derivano dall’adattamento al diritto internazionale in
generale e al diritto comunitario.
In questo senso è utile l’apporto della Corte di Giustizia; essa ha infatti affermato la propria competenza ad
orientare i giudici nazionali al fine di prevenire il rischio di abusi: “sebbene non spetti alla Corte definire il
contenuto dell’ordine pubblico di uno Stato contraente, essa è però tenuta a controllare i limiti entro i quali il
giudice di uno Stato contraente può ricorrere a tale nozione per non riconoscere una decisione emanata da un
giudice di un altro Stato contraente”
Il limite dell’ordine pubblico non può essere invocato:
 per sanzionare la divergenza tra la legge straniera applicata all’estero e la legge locale
 per il fatto che la legge applicata dal giudice straniero per rendere la propria decisione si diversa da quella che
sarebbe stata applicata dal giudice dello stato richiesto, in base alle proprie norme di conflitto, se l’azione
fosse stata promossa davanti a lui
 per un errore del giudice dello Stato di origine nell’interpretare e applicare il suo proprio diritto nazionale o
anche il diritto comunitario; infatti in queste ipotesi secondo la Corte il sistema dei rimedi giurisdizionali
istituito in ciascuno Stato membro, integrato dal meccanismo del rinvio pregiudiziale ex art. 234 del Trattato
fornisce sufficienti garanzia.
Il limite dell’ordine pubblico può invece essere invocato per negare il riconoscimento della sentenza emanata
dal giudice straniero che, dopo aver adito in via pregiudicale la Corte di Giustizia, non si sia attenuto alla
decisione di quest’ultima.
 per incompetenza del giudice straniero alla luce delle norme del regolamento; questa ipotesi è infatti
contemplata dall’art. 35

La nozione di ordine pubblico sembra ricomprendere anche il c.d. ordine pubblico processuale.
Sicuramente non si può ricorrere all’ordine pubblico processuale nelle ipotesi di decisioni straniere emesse in
contumacia, in quanto tale ipotesi è coperta dal punto 2 dell’articolo 34. Ma al di fuori di questa ipotesi, è
possibile invocare il limite dell’ordine pubblico processuale per bloccare il riconoscimento delle sentenza che
siano state emanate all’estero a seguito di un procedimento in cui non siano state rispettate alcune fondamentali
garanzie relative allo svolgimento del procedimento stesso e che non presentino i contenuti che devono
caratterizzare le decisioni giudiziarie.

La Corte ha infatti affermato che: “il ricorso alla clausola dell’ordine pubblico deve essere considerato possibile
nei casi eccezionali in cui le garanzie previste dall’ordinamento dello Stato d’origine e del Regolamento stesso
non sono bastate a proteggere il convenuto da una violazione manifesta del suo diritto a difendersi dinanzi al
giudice d’origine, come sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani (del 1950)”. Si esige quindi un
ampio rispetto dei diritti della difesa, integrando la previsione del punto 2 dell’articolo 34; in particolare, i
principi del contraddittorio e dell’imparzialità del giudice, rientranti nel più generale principio dell’equo
processo, dovrebbero essere sempre rispettati e alla decisione emessa a seguito di un procedimento non equo non
potrebbe riconoscersi natura giurisdizionale.
La corte di Cassazione invece afferma che il limite dell’ordine pubblico non si riferisce solo al contenuto della
decisione, ma anche al suo procedimento formativo; infatti lart. 35.3 esclude che possano essere fatte rientrare
nell’ordine pubblico unicamente le norme sulla competenza, con la conseguenza che può rientrarvi ogni altro
aspetto della normativa processuale.

Bisogna per precisare che il limite dell’ordine pubblico processuale, anche se suscettibile di scattare in presenza
di vizi procedurali particolarmente gravi (tali da rendere il processo non equo), si disattiva se il convenuto, pur
potendolo fare, non si sia premurato di impugnare la sentenza nello Stato d’origine, contando sulla possibilità di
far valere eventualmente detti vizi in sede di contestazione del riconoscimento della sentenza in un altro Stato
comunitario.
In altre parole, se il debitore con la sua inerzia ha contribuito a rendere irrevocabile nell’ordinamento d’origine
una sentenza viziata dal punto di vista procedurale, è costretto a subirne tutte le conseguenze anche in tutti gli
Stati membri.

Nonostante il regolamento non precisi che la decisione straniera non deve essere il risultato di una frode, le
nozioni di frode in senso lato e di dolo, della parte o del giudice, possono ritenersi comprese in quella di ordine
pubblico.

Qualora il riconoscimento sia negato per contrarietà all’ordine pubblico, il giudice dello Stato richiesto è
competente a conoscere del merito della controversia, anche laddove non sussistano i titoli di giurisdizione
previsti dal regolamento, in modo da non lasciare il caso irrisolto.
2. La violazione dei diritti di difesa

La sentenza straniera non può essere riconosciuta se “se la domanda giudiziale od un atto equivalente non è
stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le
proprie difese eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, egli non abbia impugnato la decisione”

L’art. 34.2 riguarda quindi l’eventualità che la decisione straniera sia stata resa in contumacia; la Corte ha fornito
un’interpretazione estensiva della norma, ritenendola applicabile anche nell’ipotesi in cui il procedimento
davanti al giudice d’origine si sia svolto apparentemente in contraddittorio: il convenuto che ignora il giudizio
instaurato nei suoi confronti e per il quale compaia davanti al giudice d’origine un avvocato cui egli non ha
conferito mandato, si trova infatti nell’impossibilità assoluta di difendersi, e deve essere quindi considerato di
fatto contumace.
Ovviamente la norma non si applica in relazione alle decisioni che, ai sensi del diritto nazionale di uno Stato
membro, debbano essere rese inaudita altera parte ed eseguite a prescindere da qualsiasi comunicazione
all’interessato (procedimenti di tipo monitorio).

Nozione di domanda giudiziale: atto la cui notifica consente all’attore, secondo il diritto del giudice d’origine,
di ottenere, in caso di contumacia del convenuto, un provvedimento suscettibile di essere riconosciuto ed
eseguito secondo il procedimento semplificato; la Corte ha precisato che deve considerarsi domanda giudiziale
anche il decreto ingiuntivo.

La norma non parla di “regolarità” della notifica o della comunicazione della domanda, a differenza della
Convenzione di Bruxelles; l’eliminazione del controllo di regolarità è probabilmente dovuta al timore che tale
controllo potesse estendersi al modo in cui il giudice straniero ha condotto il processo e quindi potesse apparire
come potere di revisione. In base alla norma attuale il giudice deve svolgere una attività conoscitiva circa le
modalità di notifica, modalità che devono essere tali da poter permettere al convenuto di difendersi.
Quindi non è più richiesta la verifica della regolarità della notifica o comunicazione, sul presupposto che il
convenuto-debitore si dovrebbe attivare nello Stato d’origine della sentenza per eccepire una qualsivoglia
irregolarità; se il convenuto contumace è stato messo in grado di difendersi, l’eventuale violazione di regole
procedurali (formale o sostanziale) non ha rilevanza alcuna.
Cmq la sostituzione dell’avverbio regolarmente con l’espressione in modo tale non preclude il controllo sulla
sussistenza di vizi formali essenziali della notifica o comunicazione (vizi relativi a requisiti indispensabili per il
raggiungimento dello scopo dell’atto, ovvero vizi espressamente previsti dalla legge dello Stato d’origine come
causa di nullità).

Oltre alle modalità di notifica o comunicazione, il giudice dello Stato richiesto deve anche valutare la congruità
del tempo lasciato al convenuto per provvedere ad una difesa adeguata.
Vige la presunzione che debitore abbia ricevuto la domanda e l’invito a comparire in tempo utile per una
adeguata difesa, ma tale presunzione è confutabile dal debitore, dimostrando il contrario.
La nozione di tempo utile è determinata nel singolo caso dal giudice dello Stato richiesto e la valutazione circa la
congruità del tempo deve essere operata dal giudice in concreto, con ampia discrezionalità ed autonomia di
giudizio rispetto alle determinazioni che risultano dal provvedimento straniero (in particolare non occorre
riferirsi ai termini di legge né dell’ordinamento dello Stato d’origine né di quello dello Stato richiesto). La Corte
ha ritenuto che il giudice dello Stato richiesto possa tenere conto di diversi fattori, includi anche fatti o
circostanze eccezionali intervenuti dopo la regolare notifica, tali da far ritenere insufficiente il termine decorrente
delle notifica stessa; i fattori da considerare sono:
- la distanza tra il domicilio del convenuto e il luogo del processo
- la facoltà di comparire personalmente
- l’attività svolta dal convenuto
- la frequenza dei rapporti con lo Stato del giudice adito
- la disponibilità di tecniche che facilitano i contatti tra le persone
Circa il momento da cui decorre il tempo utile ai fini della difesa, se la notifica è pervenuta e nota al convenuto,
il tempo decorre dal momento della notifica; quando il diritto dello stato d’origine considera la notifica all’estero
perfetta con il compimento di formalità interne, disinteressandosi invece dell’effettiva consegna dell’atto al
destinatario, la Corte sostiene che il giudice richiesto può in generale ritenere che, in presenza di una regolare
notifica, il convenuto possa cominciare a operare per la difesa dei propri interessi dal momento in cui l’atto è
stato notificato o comunicato al suo domicilio o altrove.

Se la sentenza straniera è stata impugnata nello Stato d’origine dal convenuto contumace, il giudice dello Stato
richiesto può sospendere il procedimento (art 37). Se invece il convenuto contumace non ha utilizzato la via
formale per far valere il proprio diritto, cioè non ha presentato ricorso nello Stato d’origine, allo scopo di trarre
vantaggio dalla non riconoscibilità della decisione emanata in contumacia negli altri Stati membri, si sanziona
questo comportamento non rendendo applicabile l’art. 34.2
Ovviamente la sentenza emanata in contumacia deve essere stata comunicata regolarmente e in tempo utile
affinché il convenuto potesse presentare ricorso nello stato d’origine.
La Corte cmq sostiene l’applicabilità dell’art. 34.2 nell’ipotesi in cui la domanda introduttiva del giudizio non è
stata regolarmente notificata al convenuto contumace, anche se questi ha in seguito avuto cognizione della
decisione pronunciata e non ha esperito i rimedi giurisdizionali predisposti dal diritto dello Stato d’origine.

3. Il contrasto tra sentenze

Il riconoscimento della decisione straniera viene infine negato quando essa è in contrasto:

 con una decisione emessa tra le medesime parti nello Stato membro richiesto
L’esistenza in concreto della contraddizione tra le due sentenze è lasciata all’apprezzamento del giudice
(infatti non necessariamente due sentenze emanate tra le medesime parti sul medesimo oggetto sono in
conflitto; inoltre il regolamento non richiede che le sentenze in contrasto riguardino la medesima
controversia, fondata sulla medesima causa pretendi ); per stabilire se vi è inconciliabilità occorre ricercare se
le decisioni, pur essendo relative ad oggetti differenti, producano effetti giuridici che si escludono
reciprocamente o si fondano su opposte valutazioni relative all’esistenza o agli effetti di un determinato
rapporto.

Non è richiesto che la sentenza nazionale abbia autorità di cosa giudicata; ma non sembra costituire ostacolo
al riconoscimento il contrasto con:
- una sentenza nazionale di primo grado sottoposta ad impugnazione e nemmeno munita di provvisoria
esecuzione (gli effetti delle sentenza sono infatti suscettibili di modifica in sede di appello)
- con una sentenza nazionale di mero rito
- con una transazione suscettibile di esecuzione conclusa dinanzi a un giudice dello Stato richiesto con la
funzione di definire una lite pendente (xché le transazioni giudiziarie hanno carattere essenzialmente
contrattuale, nel senso che il loro contenuto dipende anzitutto dalla volontà delle parti)

La norma non esige che il processo nazionale sia iniziato prima di quello straniero (la regola prior tempore
prior iure, fondamentale nella litispendenza, qui non opera): l’anteriorità di una decisione rispetto all’altra è
ininfluente e quindi il riconoscimento va negato tanto se la sentenza nazionale sia stata emanata prima di
quella straniera, quanto se sia stata emanata dopo.

Non è disciplinata l’ipotesi di conflitto tra una decisione straniera e una causa pendente nello Stato richiesto e
quindi in questo caso il riconoscimento può sempre avvenire, anche quando il giudice straniero ha violato le
regola sulla litispendenze e sulla connessione.
In questo modo si prevengono tecniche dilatoria miranti a ritardare il riconoscimento della sentenza straniera
(chi ha perso, instaura un procedimento nello Stato richiesto per paralizzare gli effetti della sentenza
straniera); la legge italiana a questo fine, pone come requisito per il riconoscimento di una sentenza straniera
la non pendenza di un processo davanti al giudice italiano per il medesimo oggetto tra le stesse parti che abbia
avuto inizio prima del processo straniero.
 con una decisione emessa precedentemente tra le medesime parti in un altro Stato membro o in un
paese terzo, in una controversia avente medesimo oggetto e il medesimo titolo, quando tale decisione
presenta le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato membro richiesto
La portata di questa norma è più ristretta perché deve trattarsi della medesima controversia: occorre identità di
parti, di oggetto e di titolo.
Inoltre, poiché si tratta di contrasto tra decisioni entrambe estranee allo Stato richiesto, vale la regola prior
tempore prio iure: per costituire ostacolo al riconoscimento la decisione resa nell’altro Stato membro e nello
Stato terzo deve essere anteriore a quella di cui si chiede il riconoscimento (non si confrontano le date di
inizio, ma quelle delle due contrastanti sentenze)

Il giudice dello Stato richiesto dovrà valutare la riconoscibilità della sentenza precedentemente alla luce del
regolamento se essa proviene da uno Stato comunitario, se invece proviene da uno Stato che non fa parte della
comunità dovrà operare tale valutazione alla luce degli accordi in vigore con quello Stato o, in mancanza, alla
luce del proprio diritto nazionale.

Il divieto di controllare la competenza del giudice d’origine

Articolo 35
1. Parimenti, le decisioni non sono riconosciute se le disposizioni delle sezioni 3, 4, e 6 del capo II sono state
violate, oltreché nel caso contemplato dall'articolo 72.
2. Nell'accertamento delle competenze di cui al paragrafo 1, l'autorità richiesta è vincolata dalle constatazioni
di fatto sulle quali il giudice dello Stato membro d'origine ha fondato la propria competenza.
3. Salva l'applicazione delle disposizioni del paragrafo 1, non si può procedere al controllo della competenza
dei giudici dello Stato membro d'origine. Le norme sulla competenza non riguardano l'ordine pubblico
contemplato dall'articolo 34, punto 1.

Poiché il regolamento da un lato è doppio (pone sia regola sul riconoscimento delle sentenze sia regole di
competenza diretta aventi carattere imperativo e soggette al controllo delle corti supreme nazionali) e dall’altro
vieta il riesame del merito, il mantenimento di un controllo della competenza risulta superfluo.
La fiducia circa il rispetto delle norme sulla competenza si giustifica ala luce degli obblighi che il regolamento
addossa al giudice d’origine, il quale deve:
- applicare d’ufficio il regolamento stesso
- dichiararsi d’ufficio incompetente nei casi di competenza esclusiva di un altro Stato membro (art. 25)
- in caso di contumacia del convenuto domiciliato in un altro Stato membro, dichiararsi d’ufficio
incompetente se la sua competenza non è fondata a norma del regolamento e sospendere il processo fin
quando non sia accertato che al convenuto è stata data la possibilità di ricevere la domanda in tempo utile
per difendersi (art. 26)
- in caso di litispendenza, dichiarare anche d’ufficio la propria incompetenza a favore del giudice
preventivamente adito (art. 27)
- in caso di litispendenza tra giurisdizioni competenti in via esclusiva, spogliarsi a favore della
giurisdizione preventivamente adita (art. 29)
- seguire rigide regole in caso di connessione (art. 28)
Ma la fiducia reciproca non riguarda solo il rispetto delle prescrizioni del regolamento in tema di giurisdizione;
essa è spinta fino a comprendere il divieto di controllo della competenza a che allorché il giudice straniero si sia
riconosciuto competente non già in base al regolamento, ma al diritto comune ovvero a una convenzione
internazionale.
Specificatamente all’ipotesi in cui il giudice si sia pronunciato nei confronti di un convenuto domiciliato fuori
dalla comunità, ritenendosi competente in base al proprio diritto nazionale, il divieto di controllo vale anche
quando si tratta di regole di competenza c.d. esorbitante (elencate nell’allegato I del regolamento e richiamate
dagli articoli 3.2 e 4.2 del regolamento stesso).
Eccezioni al divieto di controllare la competenza del giudice d’origine

Quando al giudice di uno Stato membro sia richiesto di riconoscere una sentenza straniera resa nelle materie
contemplate dalle sezioni 3, 4 o 6 del regolamento (materia di assicurazioni, materia di contratti conclusi dai
consumatori, materia per la quali l’art. 22 stabilisce delle competenza esclusive), la competenza del giudice
straniero è suscettibile di controllo alla luce delle norme del regolamento; anche in questo caso comunque il
giudice dello Stato richiesto può pronunciarsi unicamente su espressa richiesta della parte e nella sola fase
dell’opposizione.

Tali sezioni del regolamento vanno rispettate anche in relazione al riconoscimento ed eseguibilità di sentenze
emesse in Stati che non fanno parte della comunità; pertanto l’art. 35.1 incide anche sul diritto nazionale comune
del singoli Stati membri.
In pratica il giudice italiano non potrà dichiarare riconoscibile ed eseguibile in forza dell’art. 64 della nostra
legge una sentenza peruviana resa in una controversia rispetto alla quale, secondo le sezioni 3, 4, 6 del
regolamento, avrebbero avuto competenza esclusiva giudici di uno Stato membro.

E’ fatto salvo infine l’art 72, relativo ai trattati stipulati prima del 1° Marzo 2002 con cui gli Stati membri si
siano impegnati verso uno Stato non comunitario a riconoscere le sentenze emesse, sulla base di una competenza
esorbitante, contro un convenuto colà domiciliato o abitualmente residente.
Se lo Stato richiesto ha concluso un trattato con uno Stato terzo, può rifiutarsi di riconoscere una sentenza di un
altro Stato membro se la competenza del giudice straniero sia fondata, in relazione al convenuto domiciliato
nello Stato terzo, su una regola nazionale inclusa nell’elenco dell’Allegato I.

Vincolatività degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice d’origine

In occasione del controllo circa la competenza del giudice a quo, il giudice dello Stato richiesto dovrà attenersi
agli accertamenti di fatto compiuti all’estero e dovrà quindi limitarsi a verificare l’applicazione delle norme del
regolamento ai fatti accertati (dovrà verificare se la fattispecie rientri nelle nozioni comunitarie di assicurazione,
di contratto concluso da un consumatore ovvero nelle ipotesi di competenza esclusiva). Questo al fine di evitare
il rischio che i giudici dello Stato richiesto si spingano fino a riesaminare il merito, in violazione dell’art. 36.
Al contrario le considerazioni di diritto del giudice straniero non sono vincolanti.

Il divieto del riesame del merito

Articolo 36: “In nessun caso la decisione straniera può formare oggetto di un riesame del merito”

Il giudice dello Stato richiesto non può valutare la fondatezza della sentenza estera e quindi sostituire la propria
volontà a quella del collega straniero, neppure ove ritenga che un elemento di fatto o di diritto sia stato mal
giudicato. In altre parole è vietato negare il riconoscimento a motivo di una divergenza qualunque, di diritto o di
fatto, tra le valutazioni sul merito della controversia compiute dal giudice d’origine e le valutazioni che della
medesima fattispecie avrebbe compiuto il giudice dello Stato richiesto, nell’ipotesi in cui fosse spettato al lui
decidere il caso.
Irrilevante è anche la eventuale difformità tra le norme di conflitto dello Stato d’origine e quelle dello Stato
richiesto e quindi che il giudice d’origine sia pervenuto alla propria decisione in base ad un diritto materiale
diverso da quello che avrebbe applicato il giudice richiesti se la causa avesse potute essere davanti a lui.

Ciò non significa che sia puramente formale il controllo delle condizioni di regolarità della sentenza previste
dagli art. 34 e 35; il giudice richiesto, limitatamente ai fini del controllo, ha un certo potere di riesame del merito:
in ordine all’applicabilità ratione materiae del regolamento e in ordine al controllo sulla competenza dove deve
verificare i criteri di competenza applicati e la qualificazione dell’oggetto della controversia.
Il divieto ovviamente non opera in ordina all’accoglimento di istanze relative a circostanze successive alla
sentenza straniera e di domande nuove, addizionali a quella di riconoscimento o esecuzione.
Gli atti pubblici stranieri

Anche gli atti pubblici e le transazioni giudiziarie sono ammessi a godere del medesimo sistema agevolato di
circolazione previsto per le decisioni giudiziarie.

Gli atti pubblici stranieri sono dichiarati esecutivi, su istanza di parte, secondo la procedura di esecuzione
prevista dagli artt. 38 ss., sempre che abbiano efficacia esecutiva nello Stato membro do’rigine e presentino le
condizioni di autenticità in esso previste.

L’autenticità deve essere attestata da una autorità pubblica o da qualsiasi


altra autorità a ciò autorizzata dallo Stato in cui si è formato l’atto; inoltre
detto attestato attiene non solo alla autenticità della firma ma anche alla
effettiva consapevolezza delle parti circa il contenuto dell’atto, e alle altre
circostanze in cui l’atto si è formato.

La dichiarazione di esecutività può essere rifiutata o revocata solo se l’esecuzione dell’atto pubblico è
manifestamente contraria all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto; ovviamente anche qui è necessarie
verificare la regolarità e la completezza della documentazione allegata all’istanza e l’attinenza dell’oggetto
dell’atto pubblico alla materia civile e commerciale.
Agli atti pubblici sono equiparate le convenzioni in materia di obbligazioni alimentari se conclude di fronte ad
autorità amministrative o da queste autenticate.

Alle condizioni appena illustrate sono dichiarate esecutive nello Stato richiesto anche le transazioni concluse
davanti ad un giudice straniero in corso di giudizio e d aventi efficacia esecutiva nello Stato d’origine.

Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati

Il regolamento 805/2004 che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati fornisce al creditore
una alternativa alla richiesta di esecuzione secondo il procedimento previsto dal reg. 44/2001, rappresentata dalla
presentazione della domanda per ottenere la certificazione della decisione come titolo esecutivo europeo,
operante in tutti gli Stati membri.

Articolo 1: Oggetto
“Il presente regolamento istituisce un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati al fine di consentire,
grazie alla definizione di norme minime, la libera circolazione delle decisioni giudiziarie, delle transazioni
giudiziarie e degli atti pubblici in tutti gli Stati membri senza che siano necessari, nello Stato membro
dell'esecuzione, procedimenti intermedi per il riconoscimento e l'esecuzione”

Il regolamento riguarda la materia civile e commerciale, con le stesse esclusioni previste dal regolamento
44/2001

Articolo 2: Campo d'applicazione


1. Il presente regolamento si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura
dell'organo giurisdizionale. Esso non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale o amministrativa
o la responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell'esercizio di pubblici poteri (acta jure imperii).
2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:
a) lo stato o la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le
successioni;
b) i fallimenti, i concordati e le procedure affini;
c) la sicurezza sociale;
d) l'arbitrato.
La domanda va presentata dal creditore al giudice d’origine, il quale è tenuto a verificare la sussistenza di alcuni
requisiti (art 6)
- la decisione deve essere esecutiva nello Stato membro in cui è stata pronunciata
- la decisione non deve essere in contrasto con le norme del regolamento 44/2001 sulla competenza
giurisdizionale in materia di assicurazioni e sulle competenze esclusive
- devono essere rispettate alcune norme minime a garanzia dei diritti di difesa del debitore: in pratica il
debitore deve essere stato in qualche modo posto in grado di conoscere la natura e la consistenza delle
pretese del creditore, e dunque di difendersi

A questo procedimento si può ricorrere solo quando il credito non è contestato, cioè quando il debitore:
- lo ha espressamente riconosciuto con una dichiarazione o una transazione approvata dal giudice o in una atto
pubblico
- non lo ha mai contestato nel corso del procedimento giudiziario, in accordo con le procedure previste dalla
normativa dello Stato d’origine
- non è comparso non si è fatto rappresentare nel corso di una udienza relativa a un determinato credito che
pure era stato inizialmente contestato

Se è certificata come titolo esecutivo europeo nello Stato d’origine, la decisione è riconosciuta ed eseguita
negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile
opporsi al suo riconoscimento (art 5).

Il procedimento di esecuzione è disciplinato dalle norme nazionali dello Stato membro dell’esecuzione; il
creditore deve fornire alle autorità competenti una copia della decisione e una copia del certificato di titolo
esecutivo europeo che presentino le condizioni di autenticità prescritte.

Opposizione all’esecuzione il debitore può opporsi all’esecuzione, la quale è rifiutata solo se la


decisione straniera certificata come titolo esecutivo è incompatibile con una
decisione anteriore pronunciata in uno Stato membro o in Paese terzo, a
condizione che:
- il debitore non abbia potuto far valere l’incompatibilità nel procedimento
svoltosi nello Stato d’origine
- la decisione anteriore riguardi lo stesso oggetto e le medesime parti e sia
stata pronunciata nello Stato membro dell’esecuzione o soddisfi i
requisiti previsti per il suo riconoscimento nello Stato stesso

Sono suscettibili di essere certificati come titolo esecutivo europeo anche le transazioni giudiziarie e gli atti
pubblici aventi ad oggetto crediti non contestati.
IL REGOLAMENTO 2201/2003 RELATIVO ALLA COMPETENZA, AL RICONOSCIMENTO E
ALL’ESECUZIONE DELLE DECISIONI IN MATERIA MATRIMONIALE E
IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ GENITORIALE

LA DISCIPLINA IN MATERIA MATRIMONIALE

Disciplina del riconoscimento

Il regime privilegiato di circolazione non riguarda tutte le decisioni in materia matrimoniale, ma soltanto quelle
che, accogliendo la domanda proposta da uno dei coniugi o congiuntamente da entrambi, incidono
negativamente sul vincolo, annullandolo o sciogliendolo ovvero pronunciando la separazione personale (restano
comunque escluse le determinazioni concernenti questioni patrimoniali).
Art 2, punto 4: "decisione": una decisione di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del
matrimonio emessa dal giudice di uno Stato membro, nonché una decisione relativa alla responsabilità
genitoriale, a prescindere dalla denominazione usata per la decisione, quale ad esempio decreto, sentenza o
ordinanza.

Il regime di circolazione prescinde dalla circostanza che la competenza giurisdizionale del giudice che ha emesso
la decisione fosse o non fosse fondata sui titoli previsti dal regolamento medesimo, ed è assicurato anche alle
decisioni assunte sulla base delle competenze nazionali residue.

Articolo 21: Riconoscimento delle decisioni


1. Le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia
necessario il ricorso ad alcun procedimento.
2. In particolare, e fatto salvo il paragrafo 3, non è necessario alcun procedimento per l'aggiornamento delle
iscrizioni nello stato civile di uno Stato membro a seguito di una decisione di divorzio, separazione
personale dei coniugi o annullamento del matrimonio pronunciata in un altro Stato membro, contro la quale
non sia più possibile proporre impugnazione secondo la legge di detto Stato membro.
3. Fatta salva la sezione 4 del presente capo, ogni parte interessata può far dichiarare, secondo il
procedimento di cui alla sezione 2, che la decisione deve essere o non può essere riconosciuta.La
competenza territoriale degli organi giurisdizionali indicati nell'elenco, comunicato da ciascuno Stato
membro alla Commissione conformemente all'articolo 68, è determinata dal diritto interno dello Stato
membro nel quale è proposta l'istanza di riconoscimento o di non riconoscimento.
4. Se il riconoscimento di una decisione è richiesto in via incidentale dinanzi ad una autorità giurisdizionale di
uno Stato membro, questa può decidere al riguardo.

Secondo l’art. 21.2 spetta all’ufficiale di stato civile al quale la sentenza di annullamento o scioglimento del
matrimonio è presentata, accertare che ricorre o meno uno dei motivi di diniego del riconoscimento stabiliti
dall’art. 22.
Ovviamente la decisione dell’ufficiale di stato civile non è insindacabile: l’art. 21.3 stabilisce infatti che ogni
parte interessata può far dichiarare, secondo il procedimento di cui alla sezione 2 (che disciplina l’esecuzione
delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale) che la decisione deve essere o non può essere riconosciuta
quindi per le decisioni che riguardano il vincolo matrimoniale la
necessità di intervento del giudice sorge solo quando il riconoscimento è
oggetto di contestazione. L’interessato può chiedere sia un accertamento
positivo (l’ufficiale sarà obbligato ad iscrivere la decisione che ha rifiutato di
iscrivere) sia un accertamento negativo (l’ufficiale sarà obbligato a
ripristinare il registro)

L’espressione “fatto salvo il paragrafo 3” comporta anche la possibilità che prima ancora che la decisione
straniera sia sottoposta all’ufficiale di stato civile, uno degli interessati chieda al giudice di dichiarare che essa
deve essere ovvero non può essere riconosciuta.
Procedura che ogni parte interessata può attivare in caso di contestazione

L’art. 21.3 rimanda alle regole che riguardano le modalità da seguire ai fini dell’esecuzione delle decisioni
relative alla responsabilità genitoriale.
Competenza territoriale: per le contestazioni riguardanti il riconoscimento di decisioni matrimoniale la
competenza territoriale degli organi giurisdizionali è determinata dal diritto interno
dello Stato membro nel quale è proposta l’istanza di riconoscimento o di non
riconoscimento.

Assume quindi rilevo l’art. 67.1 della legge 218/1995 che per l’attuazione delle
decisioni di separazione, divorzio e annullamento del matrimonio conferisce
competenza alla Corte d’Appello nel cui distretto si trova l’ufficio di Stato civile dei
cui registri la decisione straniera comporta l’aggiornamento.

Significato dell’espressione “ogni parte interessata”:


- essa va riferita ai portatori di entrambi i contrapposti interessi, cioè tanto al coniuge che vuole il
riconoscimenti, quando al coniuge che contesta il riconoscimento
- deve essere letta alla luce della lex fori, nel senso che la legittimazione ad attivare il procedimento va
riconosciuta anche al P.M. o a una autorità analoga se cosi prevede il diritto dello Stato nel cui ambito si
pone il problema del riconoscimento
- essa va intesa in senso lato, in modo da ricomprendervi anche gli eredi; infatti l’art 21. 4 stabilisce che se il
riconoscimento è richiesto in via incidentale, è competente il giudice principale; poste che le cause nel corso
delle quali più frequentemente si discute al titolo pregiudiziale e in via incidentale della validità o dello
scioglimento di un matrimonio sono indubbiamente appunto quelle ereditaria, nelle quali proprio gli eredi
sono interessati al riconoscimento o al mancato riconoscimento di una sentenza stranieri, una lettura
restrittiva dell’espressione sembra illogica.

I motivi del rifiuto del riconoscimento

I motivi del rifiuto del riconoscimento sono elencati negli articoli 22 e 23 distintamente per le decisioni
matrimoniali e per le decisioni concernenti la responsabilità genitoriale.
Si tratta di elenchi tassativi, nel senso che:
- oltre ai motivi indicati in dette norme non è possibile farne valere altri
- non è possibile prescinderne: il regime privilegiato di circolazione delle decisioni ha carattere assoluto, cioè
agli interessati non è consentito optare per il regime previsto da trattati internazionali o dal diritto comune

La presenza di uno dei motivi di diniego del riconoscimento rende legittimo che ci si rifiuti di conformare il
proprio comportamento ad una decisione assunta in un altro Stato membro; la sussistenza di esso deve poi essere
verificata d’ufficio dal giudice qualora adito da chi ha interesse a fare accertare la riconoscibilità o la non
riconoscibilità della decisione ovvero da chi ha interesse alla sua esecuzione se si tratta di una decisione relativa
alla responsabilità genitoriale (occorre una richiesta di parte solo per uno dei motivi per i quali può essere negato
il riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale art. 23, lett. d).

Usando una formulazione al negativo, piuttosto che porre delle condizioni che la decisione straniera deve
soddisfare ai fini del riconoscimento, il regolamento vuole indicare che la presunzione è appunto nel senso de
riconoscimento.
Anche la Corte di Giustizia sostiene che l’articolo deve essere interpretato restrittivamente in quanto costituisce
un ostacolo alla realizzazione di uno degli obbiettivi fondamentali della Convezione di Bruxelles (ora
regolamento)
Articolo 22: Motivi di non riconoscimento delle decisioni di divorzio, separazione personale o
annullamento del matrimonio
La decisione di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio non è riconosciuta nei casi
seguenti:
a) se il riconoscimento è manifestamente contrario all'ordine pubblico dello Stato membro richiesto;
b) quando è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o
comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese,
salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione;
c) se la decisione è incompatibile con una decisione resa in un procedimento tra le medesime parti nello Stato
membro richiesto; o
d) se la decisione è incompatibile con una decisione anteriore avente le stesse parti, resa in un altro Stato
membro o in un paese terzo, purché la decisione anteriore soddisfi le condizioni prescritte per il
riconoscimento nello Stato membro richiesto.

Riguardi al limite dell’ordine pubblico, la valutazione riguarda non la decisione straniera in sé e tanto meno il
diritto materiale su cui si fonda, ma il suo riconoscimento; l’avverbio manifestamente viole indicare che il
ricorso al limite dell’ordine pubblico deve essere eccezionale e venire adeguatamente motivato
Non si può invocare l’eccezione di ordine pubblico:
- per il fatto di un difetto della competenza del giudice d’origine; infatti al giudice del riconoscimento è
vietato di sottoporre a controllo la competenza giurisdizionale dello Stato membro d’origine (art 24 Divieto
di riesame della competenza giurisdizionale dell'autorità giurisdizionale d'origine: “Non si può procedere al
riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d'origine. Il criterio dell'ordine
pubblico di cui agli articoli 22, lettera a), e 23, lettera a), non può essere applicato alle norme sulla
competenza di cui agli articoli da 3 a 14”)
- per il solo fatto che la legge dello Stato membro richiesto sia diversa (art 25 Divergenze fra le leggi: “Il
riconoscimento di una decisione non può essere negato perché la legge dello Stato membro richiesto non
prevede per i medesimi fatti il divorzio, la separazione personale o l'annullamento del matrimonio”)
- per il fatto che la sentenza straniera sia stata emessa sulla base di un diritto materiale diverso da quello che
avrebbe applicato il giudice dello Stato richiesto se la domanda fosse stata a lui sottoposta; infatti l’art 26
pone il divieto del riesame del merito

Per quanto concerne il secondo punto, che riguarda le decisione prese in contumacia, l’onere di provare il
mancato rispetto del proprio diritto a difendersi in giudizio grava sulla parte che contesta la riconoscibilità della
decisione emessa nel procedimento in cui è rimasta contumace. Si potrà tuttavia riconoscere la decisione se
l’altra parte riesce a provare che, nonostante la irregolarità del procedimento, il convenuto ha accettato
inequivocabilmente la decisione (ex il contumace ha contratto un nuovo matrimonio dopo la sentenza estera che
ha annullato o sciolto quello precedente).

Il riconoscimento può poi essere negato se la decisione estera risulta incompatibile con una decisione resa in
un procedimento tra le medesime parti nello Stato membro richiesto.
Il regolamento quindi rispetta la coerenza dell’ordinamento dello Stato richiesto, senza dare rilievo alla priorità
nel tempo dell’una o dell’altra decisione.

Il riconoscimento può infine essere negato se la decisione resa in uno Stato membro risulta incompatibile
con una decisione anteriore tra le medesime parti, resa in un altro Stato membro o in un paese terzo,
purché la decisone anteriore soddisfi le condizioni prescritte per il riconoscimento nello Stato membro richiesto
(a differenza che nel regolamento 44/2001 non è richiesta identità di titolo e di oggetto).
Qui entra in gioco il fattore tempo: non si può procedere al riconoscimento solo se la sentenza resa in un altro
Stato, comunitario o non comunitario, è anteriore a quella del cui riconoscimento si discute.
Tempi e modi dell’intervento del giudice

L’intervento del giudice è sollecitato dall’interessato con un’istanza alla quale devono essere allegati:
- un certificato contenente indicazioni sintetiche, rilasciato dalle autorità dello Stato in cui la decisione è stata
resa
- una copia della decisione che presenti tutte le condizioni di autenticità
Se si tratta di decisione contumaciale, la parte che ne chiede il riconoscimento o l'esecuzione deve inoltre
produrre:
- l'originale o una copia autenticata del documento comprovante che la domanda giudiziale o l'atto equivalente è
stato notificato o comunicato al contumace; o
- un documento comprovante che il convenuto ha inequivocabilmente accettato la decisione.

Se i documenti non vengono prodotti il giudice può fissare un termine per la loro presentazione o accettare
documenti equivalenti e può anche, qualora ritenga di essere informato a sufficienza, dispensare dalla
produzione.
Quanto alla traduzione della decisione e degli altri documenti, essa è necessaria solo se il giudice la richiede.

Il giudice decide sull’istanza sena indugi e senza che la parte controinteressata possa presentare
osservazioni; se contro il provvedimento straniero pende un’impugnazione ordinaria, il giudice ha il potere di
ritardare la propria decisone sospendendo il procedimento.
Se la decisione è articolata in più capi (in quanto riguarda distinte domande e distinte materie), il
provvedimento che ne dichiara o rifiuta il riconoscimento può essere anche parziale, cioè riguardare solo
uno o alcuni capi; la limitazione può essere stabilita di propria iniziativa dal giudice del riconoscimento, ma può
anche riflettere una corrispondente limitazione presente nell’istanza che ha avviato il procedimento, come pure
può essere la conseguenza della dialettica processuale della fase di opposizione.
La pronuncia del giudice sull’istanza di riconoscimento è senza indugio comunicata alla parte che si era rivolta al
giudice, a cura del cancelliere, secondo le modalità previste dalla legge dello Stato membro richiesto.

La fase in contraddittorio dell’opposizione (art. 33)

Dopo che la decisione del giudice è stata comunicata alla parte che ne aveva sollecitato l’intervento può aprirsi la
fase in contraddittorio del procedimento: ciascuna della parti può proporre opposizione contro la decisione
resa sull’istanza intesa ad ottenere una dichiarazione secondo cui un provvedimento straniero di divorzio,
separazione personale o annullamento deve essere ovvero non può essere riconosciuto. Il ricorso è
esaminato secondo le norme sul procedimento in contraddittorio, quindi gli Stati devono utilizzare una delle
procedura previste dal proprio diritto che sia atta ad assicurare che ogni interessato possa dialetticamente fare
valere dinanzi al giudice la propria posizione

Tempi dell’opposizione:
- se il giudice ha accolto anche solo parzialmente l’istanza e l’opposizione è proposta dal controinteressato,
questi deve presentare il ricorso entro un mese dalla notificazione del provvedimento oggetto dell’opposizione
(entro due mesi se ha la residenza abituale in uno Stato membro diverso)
- se il giudice ha respinto anche solo parzialmente l’istanza e ad attivarsi è la parte che aveva dato avvio alla
prima fase del procedimento, non è previsto nessuno termine

La pronuncia con la quale si conclude la fase eventuale di opposizione è soggetta unicamente ai mezzi di
impugnazione previsti nell’elenco comunicato da ciascuno Stato alla Commissione in base al art. 68.
Il giudice dell’opposizione può, su istanza di, sospendere il procedimento se la decisione è stata impugnata nello
Stato membro d'origine con un mezzo ordinario o se il termine per proporre l'impugnazione non è ancora
scaduto. In quest'ultimo caso l'autorità giurisdizionale può fissare un termine per proporre tale impugnazione (art
35).
DISCIPLINA IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ GENITORIALE

Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni

Anche per le decisioni relative all’esercizio della responsabilità genitoriale vale il principio che essere devono
essere riconosciute senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento; sussiste inoltre anche qui la
possibilità per ogni parte interessata di richiedere al giudice di uno Stato membro di dichiarare che una decisione
adottata in un altro Stato membro deve o non può essere riconosciuta; la procedura da seguire a tal fine è quella
che il regolamento stesso prevede in relazione alla dichiarazione di esecutività delle decisioni medesime.

Competenza territoriale a differenza del procedimento di riconoscimento delle decisioni in materia


matrimoniale, la determinazione della competenza territoriale non è rimessa
alla lex fori, ma:
- è fatta dipendere dalla residenza abituale della parte contro cui è richiesta
l’esecuzione oppure dalla residenza abituale del minore cui l’istanza si
riferisce
- è determinata dal luogo di esecuzione nel caso in cui né il genitore contro il
quale è chiesta l’esecuzione né il minore abbiano residenza abituale nello
Stato membro in cui occorre provvedere all’esecuzione

Il procedimento inizia con l’istanza dell’interessato (al giudice indicato nell’elenco fornito alla Commissione da
ciascuno Stato membro in base all’art 68) a cui vanno allegati:
- un certificato contenente indicazioni sintetiche, rilasciato dalle autorità dello Stato in cui la decisione è stata
resa
- una copia della decisione che presenti tutte le condizioni di autenticità

Per talune decisioni in materia di diritto della difesa e talune decisioni che prescrivono il ritorno del minore (art.
40-45) viene abolito l’exequatur nello Stato membro dell’esecuzione quando la decisione è stata oggetto di
certificazione, su istanza di un titolare del diritto di visita. Tale certificato però può essere rilasciato solo se la
decisione è stata resa nel pieno rispetto del diritto di difesa del convenuto contumace e del diritto di tutte le parti
di essere ascoltate.

I motivi del rifiuto del riconoscimento e dell’esecuzione

Articolo 23: Motivi di non riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale
Le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute nei casi seguenti:
a) se, tenuto conto dell'interesse superiore del minore, il riconoscimento è manifestamente contrario all'ordine
pubblico dello Stato membro richiesto;
b) se, salvo i casi d'urgenza, la decisione è stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere
ascoltato, in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto;
c) quando è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o
comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese,
salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione;
d) su richiesta di colui che ritiene che la decisione sia lesiva della propria responsabilità genitoriale, se è stata
emessa senza dargli la possibilità di essere ascoltato;
e) se la decisione è incompatibile con una decisione successiva sulla responsabilità genitoriale emessa nello
Stato membro richiesto;
f) se la decisione è incompatibile con una decisione successiva sulla responsabilità genitoriale emessa in un
altro Stato membro o nel paese terzo in cui il minore risieda, la quale soddisfi le condizioni prescritte per il
riconoscimento nello Stato membro richiesto; o
g) se la procedura prevista dall'articolo 56 non è stata rispettata.
Ai fini del rifiuto in base al limite dell’ordine pubblico non è sufficiente che il riconoscimento comporti effetti
manifestamente contrari ai principi fondamentali dello Stato richiesto, in quanto il giudice dello Stato richiesto
deve anche operare una valutazione che tenga conto dell’interesse superiore del figlio.

Si consente allo Stato membro richiesto di negare il riconoscimento quando la decisione è stata adottata
senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, ma solo quando lo Stato richiesto a sua volta
questa esigenza e né ha fatto uno dei principi fondamentali di procedura.

Quello contemplato nella lettera d) è l’unico motivo di diniego per il quale si indica come necessaria la richiesta
dell’interessato; esso potrà quindi essere fatto valere solo nella fase di opposizione alla decisione di esecuzione
disciplinata dall’art 33.
Se il giudice ritiene che avvero non sia stata data alla parte in questione la possibilità di venire ascoltata, egli è
tenuto a dichiarare non riconoscibile o non eseguibile la decisone estera, ma senza poter in alcun modo verificare
se essa sia davvero lesiva della responsabilità genitoriale della parte in questione (è infatti esclusa in modo
assoluto ogni possibilità di riesame del merito della decisione straniera art. 31.3)
LA LEGGE ITALIANA

Distinte disposizioni della nostra legge riguardano le sentenza e i provvedimenti di volontaria giurisdizione
stranieri, nonché gli atti pubblici ricevuti all’estero

Provvedimenti stranieri = provvedimento che proviene da una autorità giudiziaria non italiana o da un organo
comune a due o più Stati stranieri, pronunciato fuori dal territorio della repubblica,
oppure nel territorio italiano se emanato da autorità straniere in materia loro
riservate o consentite dalle convenzioni o consuetudini internazionali
(essenzialmente sono quelli emanati da autorità consolari in materia di giurisdizione
volontaria)

Sentenza = atto che ha deciso un processo, il quale, per il suo contenuto, se si fose svolto in Italia, si sarebbe
concluso appunto con una sentenza. Più in generale si considera sentenza il provvedimento
straniero che ha per effetto l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un
diritto soggettivo, di una capacità o di una situazione personale.
Si devono inoltre assoggettare alle norme che disciplinano il riconoscimento e l’attuazione in Italia
delle sentenze straniere anche le decisioni amministrative o comunque rese da una pubblica
autorità, non identificabile con quella giudiziaria, in materie che in Italia sono trattate dal giudice e
decise con sentenza.

Sul modello della Convenzione di Bruxelles, è presente la distinzione tra riconoscimento ed esecuzione coattiva
delle sentenze straniere: solo per quest’ultima è sempre richiesto l’intervento dell’autorità giudiziaria italiana,
mentre ai fini del riconoscimento esso non è necessario se non in caso di contestazione.

Condizioni di riconoscimento e dell’esecuzione

Art. 64: Riconoscimento di sentenze straniere


La sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quando:
a) il giudice che l'ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza
giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano;
b) l'atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto
dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa;
c) le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia
è stata dichiarata in conformità a tale legge;
d) essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata;
e) essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato;
f) non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia
avuto inizio prima del processo straniero;
g) le sue disposizioni non producono effetti contrari all'ordine pubblico.

La lettera a) si riferisce alle ipotesi di foro esorbitatane, cioè alle ipotesi in cui l’ordinamento italiano considera il
criterio di collegamento usato per affermare la competenza del giudice straniero blando, leggero, insufficiente e
quindi non riconosciuto dal nostro sistema (la sentenza non sarà quindi riconoscibile in questi casi).

Poiché la limitazione ai diritti disponibili per la deroga alla giurisdizione italiana (art 4.2) non è prevista per
l’accettazione della stessa (art. 4.1), la circostanza che il convenuto compaia nel processo senza eccepire il
difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo di per se e senza limitazione ai diritti disponibili fonda la
giurisdizione del giudice italiano e anche quella del giudice straniero, ai sensi del 64 lett a)
Il riconoscimento di sentenze e atti stranieri sulla base delle norme di conflitto

Art. 65: Riconoscimento di provvedimenti stranieri


Hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all'esistenza di
rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando essi sono stati pronunciati dalle autorità dello Stato la
cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato,
anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purché non siano contrari all'ordine pubblico e siano stati
rispettati i diritti essenziali della difesa.
Questo articolo stabilisce che le sentenze in materia di capacità delle persone, di rapporti di famiglia e di diritti
della personalità sono riconosciute automaticamente, in virtù del richiamo operato dalle nostre norme di conflitto
all’ordinamento nel quale dette sentenze sono di per sé produttive di effetti:
- per essere state emanate dai giudici di quell’ordinamento o
- per essere ivi riconosciute ove emanate dai giudici di uno Stato terzo
Il riconoscimento è subordinato a sole due condizioni: nel procedimento straniero devono essere stati rispettati i
diritti essenziali della difesa e dalla sentenza straniera non devono conseguire nel nostro ordinamento effetti
contrastanti con i suoi principi fondamentali (limite dell’ordine pubblico)

La corte d’Appello di Milano ha erroneamente affermato che la disciplina prevista da questo articolo configura
una deroga ratione materiae rispetto a quella dell’articolo precedente; non si potrebbe quindi ricorrere all’articolo
64 nelle materia contemplate dall’art, 65. Di conseguenza, poiché l’operatività dell’art. 65 p circoscritta ai
provvedimento adottati nello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della legge 218/1995, si dovrebbe e
escludere la riconoscibilità dei divorzi esteri fra italiani.

In realtà l’art. 65 mira a configurare un percorso ulteriormente semplificato rispetto all’art 64 prevalentemente
con riferimento a situazioni quasi totalmente interne ad un ordinamento straniero (ex divorzio tra due cittadini
svizzeri pronunciato in Svizzera, anche se il loro matrimonio fosse stato celebrato in Italia)

Art. 66: Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria


I provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad
alcun procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all'art. 65, in quanto applicabili, quando
sono pronunziati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della presente legge, o
producono effetti nell'ordinamento di quello Stato ancorché emanati da autorità di altro Stato, ovvero sono
pronunciati da un'autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell'ordinamento
italiano.

Lo stesso percorso ulteriormente semplificato opera nei confronti dei provvedimenti di volontaria giurisdizione
emanati dalle autorità della Stato il cui diritto è richiamato dalle nostre norme di conflitto o comunque produttivi
di effetti in tale Stato, nonché per i provvedimenti adottati dalle autorità di uno Stato che si attribuisca
giurisdizione sulla base di titoli corrispondenti a quelli utilizzati dal nostro ordinamento (cioè il giudice che ha
adottato il provvedimento di giurisdizione volontaria ha competenza internazionale)

Procedimento da seguire in caso di contestazione circa la riconoscibilità della sentenza straniera e per
ottenere l’apposizione della “formula esecutiva”

Il riconoscimento di sentenza e provvedimenti di volontaria giurisdizione ha luogo senza che sia necessario il
ricorso al alcun procedimento; solo per il caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento
della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione l’art. 67 configura un’azione di
accertamento che può essere tanto positiva quanto negativa.

L’intervento della autorità giudiziaria è invece sempre necessario quando si tratta di procedere all’esecuzione
forzata della sentenza o del provvedimento di volontaria giurisdizione straniero
Art. 67: Attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del
riconoscimento
1. In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del
provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione
forzata, chiunque vi abbia interesse può chiedere alla Corte d'Appello del luogo di attuazione l'accertamento
dei requisiti del riconoscimento.
2. La sentenza straniera o il provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, unitamente al provvedimento
che accoglie la domanda di cui al comma 1, costituiscono titolo per l'attuazione e l'esecuzione forzata.
3. Se la contestazione ha luogo nel corso di un processo, il giudice adito pronuncia con efficacia limitata al
giudizio.

Le modalità del procedimento che viene avviato con la domanda prevista dall’art. 67.1 non sono disciplinate e
quindi si ritiene che per essere ci si debba rifare al codice di procedura civile:
- alle norme che disciplinano il procedimento di cognizione se si tratta di una sentenza straniera
- alle norme che disciplinano i procedimenti speciali in materia di famiglia e di stato delle persone se si tratta
di un provvedimento di volontaria giurisdizione in questa materia

Quanto al rito, la giurisprudenza ritiene che debba essere seguito il rito ordinario

L’espressione chiunque vi abbia interesse comprende:


- la persona per la quale deriverebbero effetti favorevoli
- le persona per la quale deriverebbero effetti sfavorevoli
- i successori dei soggetti che hanno partecipato al giudizio estero

Se occorre dare seguito alla decisione straniera mediante trascrizione o iscrizione in pubblici uffici è necessario
o no utilizzare il meccanismo dell’art 67 e quindi ricorrere all’autorità giudiziaria?

Il provvedimento straniero viene direttamente presentato, per essere trascritto, iscritto o annotato nei registri,
all’ufficiale di stato civile il quale:
- se ritiene che sussistono i requisito degli art. 64, 65 e 66 provvede di conseguenza
- se ritiene che il provvedimento manca dei requisiti ai fini del riconoscimento ovvero nutre ragionevolmente
dei dubbi in ordine alla sussistenza degli stessi, rimette la questione al Prefetto al quale compete la vigilanza
sulla tenuta dei registri di stato civile

Il prefetto a sua volta:


- se ritiene che sussistono le condizioni invita l’ufficiale di stato civile a procedere alla trascrizione, iscrizione
o annotazione richiesta
- se ritiene che non sussistono i requisiti invita l’ufficiale di stato civile a comunicare al richiedente che
mancano i requisiti necessari ai fini del riconoscimento

Ed è a questo punto che il richiedente può e deve rivolgersi alla Corte d’Appello affinché sia l’autorità
giudiziaria a pronunciarsi in ordine alla riconoscibilità

Contestazione in un giudizio pendente (art. 67.3)


Se la riconoscibilità di un provvedimento straniero è contestata in un processo nel quale quel provvedimento sia
fatto valere in vista delle conseguenza che ne derivano sulla questione oggetto della domanda principale, in
deroga all’art. 67.1 è competente il giudice davanti al quale è in corso il processo, al cui ambito tralaltro restano
circoscritte le conseguenze della decisione sulla contestazione.

Essendo il riconoscimento delle decisioni straniere in principio automatico, a sollevare la questione circa la
riconoscibilità, ponendola come questione preliminare rispetto alla domanda principale, non potrà essere che ò
aperte che tende a escludere la riconoscibilità stessa.
Atti pubblici stranieri

Art. 68: Attuazione ed esecuzione di atti pubblici ricevuti all'estero


Le norme di cui all'art. 67 si applicano anche rispetto all'attuazione e all'esecuzione forzata in Italia di atti
pubblici ricevuti in uno Stato estero e ivi muniti di forza esecutiva.

Questo articolo disciplina l’attuazione e l’efficacia esecutiva in Italia degli atti pubblici ricevuti da pubblici
ufficiali di uno Stato estero.

La nozione di atto pubblica si qualifica in base alla lex fori, e quindi in generale è da considerarsi atto pubblico
l’atto che risponde ai requisiti previsti dall’art. 2699 cod. civ., ovvero il documento redatto, con le formalità
richieste, da un notaio o d un altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo in cui si è
formato.
Sarà invece sulla base della legge dello Stato in cui l’atto è ricevuto che si dovrà valutare la qualità di pubblico
ufficiale del soggetto che ha ricevuto detto atto.

Anche per questi atti la regola base è quella del riconoscimento automatico, mentre solo in caso di mancata
ottemperanza o di contestazione la parte interessata deve seguire la procedura dell’art. 67, che è altresì necessaria
ai fini dell’esecuzione forzata.

In questa sede dei requisiti previsti dall’art. 64 vale solo quello relativo al limite dell’ordine pubblico (ex non è
trascrivibile il matrimonio calibrato all’estero tra omosessuali, di cui uno italiano).
LE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

Coordinamento, armonia delle soluzioni e armonia interna

Le norme di diritto processuale civile internazionale hanno diverse funzioni:


- delimitare la giurisdizione
- definire i casi nei quali e le procedura secondo cui sentenze e atti stranieri sono suscettibili di produrre effetti
nel nostro ordinamento
- porre i criteri per l’individuazione del diritto applicabile da parte del giudice italiano

Riguardo all’ultima funzione, ci possono essere due soluzione estreme:


a) porre direttamente apposite norme di diritto materiale idonee a regolare le fattispecie con elementi di
internazionalità in modo diverso dalle fattispecie esclusivamente interne
b) ignorare la transnazionalità e prevedere che il giudice applichi sempre e soltanto il diritto materiale del
foro

Ma queste due soluzioni estreme non sono integralmente seguite e vengono solo raramente utilizzate: di regola
gli ordinamenti statali fanno spazio a valori giuridici stranieri.
Per operare questa apertura e il necessario coordinamento con il proprio ordinamento, il legislatore impiega una
pluralità di metodi:
- localizzazione della fattispecie da regolare all’interno di un dato stato, in base a connessioni di tipo spaziale:
questo metodo avviene per mezzo di norme che, con riguardo a date categorie di situazioni giuridiche, di
diritti soggettivi, di rapporti, di fatti o di atti si servono di un criterio di collegamento per designare la legge
applicabile, cioè si servono di una circostanza inerente alla fattispecie da regolare idonea a dimostrare una
connessione con l’ordinamento giuridico di un dato stato, verso il quale il giudice italiano viene indirizzato
perché ne desuma la norma idonea a regolare il caso sottopostogli (vedi ad esempio l’art. 29.1 e l’art. 51.1)
- principio di prossimità, per arrivare a riferire all’ordinamento richiamato dalla norma di conflitto la
disciplina di situazioni giuridiche di carattere permanente, al fine di evitare la creazione di situazioni
giuridiche esistenti in un ordinamento e non invece in un altro, nel quale pure sono destinate a svolgersi e
localizzarsi (vedi art. 65 legge 218/1995)
- metodo delle considerazioni materiali: per la regolazione delle singole fattispecie si valutano gli interessi in
causa in vista di considerazioni e finalità di indole concreta, materiale appunto, in modo che risulti
applicabile quel diritto che assicura il risultato preferito dal legislatore (vedi norme di applicazione
necessaria e norme che usano più criteri di collegamento in concorso alternativo tra loro)

La scelta del metodo e delle soluzioni specifiche ai fini del coordinamento risente non solo della prospettiva
particolare del singolo ordinamento ma anche della particolare ottica, delle conoscenze, della formazione e delle
convinzioni scientifiche di chi opera modo legislatoris. Per contro è anche vero che l’elevato numero di
convenzioni internazionali di d.i.pr., l’effetto trascinante che hanno sulle legislazioni nazionali e il fatto che la
tendenza all’uniformità internazionale delle soluzioni sia propugnata dalla dottrina finiscono per riflettersi nel
modo di essere delle singole legislazioni positive.
Ma anche se la ricerca dell’uniformità internazionale delle soluzioni è uno dei valori in gioco, non è corretta la
sua mitizzazione, l’assolutizzazione, fino a vedere in essa l’unico fine delle norme di d.i.pr. e quindi l’obbiettivo
del legislatore e del giudice nazionale; ci sono altri valori specifici di d.i.pr. che si collocano con almeno pari
dignità:
- coerenza e armonia interna del proprio ordinamento: accanto a regole che tendono a realizzare l’apertura
dell’ordinamento verso l’esterno ve ne sono altre che dirette invece per ostacolare il coordinamento e
l’apertura verso l’esterno (eccezione di ordine pubblico)
- prevedibilità delle soluzioni e quindi certezza del diritto
- linearità e quindi semplicità delle soluzioni
Oggetto e funzione delle norme di conflitto

Ci sono diverse opinioni riguardo alla funzione delle norme di conflitto:


- funzione unilaterale introversa: la funzione delle norme di conflitto è solo quella di delimitare l’ambito di
applicazione della lex fori, cioè di indicare al giudice se può o non può applicare il diritto materiale de foro,
senza direttamente orientarlo verso l’applicazione dell’uno piuttosto che dell’altro diritto straniero
- funzione unilaterale estroversa: la funzione delle norme di conflitto è solo quella di rendere applicabile il
diritto straniero quando il collegamento assunto come rilevante dalla norma di conflitto non conduce verso il
nostro ordinamento
- funzione bilaterale: le norme di conflitto rendono applicabile di volta in volta il diritto materiale italiano,
cioè la lex fori, o il diritto straniero. Questa soluzione è quella preferibile anche perché trova riscontro nella
formulazione delle nostre norme di conflitto (non mancano comunque eccezioni, cioè norme formulate in
modo da disporre unicamente l’applicazione del diritto italiano

Per quanto riguarda l’oggetto, le norme di conflitto intervengono solo in ordine a situazioni e rapporti che
presentano connotati di internazionalità. Esse guidano il giudice nella scelta del diritto da applicare per decidere
di situazioni e rapporti che hanno contatti sia con il nostro ordinamento sia con uno o più ordinamenti stranieri,
cioè sono collegati con un ordinamenti straniero da almeno uno degli elementi assunti come criterio di
collegamento da una qualsiasi delle nostre norme di conflitto.

Applicabilità d’ufficio delle norme di conflitto

Anche per le norme di conflitto vale il principio iura novit curia e le parti non possono sottrarsi alla loro
applicazione; in altri termini le norme di conflitto sono ricompresse nella scienza del giudice, il quale è tenuto a
conoscerle a ad applicarle d’ufficio, senza che vi sia bisogno che le parti le invochino.
La facoltatività dell’applicazione vige solo se la legge stessa la prevede: esempio art. 62.1 e norme che
conferiscono alle parti la facoltà di designare la legge destinata a regolare il negozio.
Questo principio deriva dall’art. 14.1 “L'accertamento della legge straniera e compiuto d'ufficio dal giudice”;
infatti non avrebbe senso stabilire che il giudice deve conoscere d’ufficio e comunque attivarsi per conoscere il
diritti straniero richiamato dalla norma e consentire poi che le parti tacitamente (omettendo di invocarla)
precludano l’applicazione della norma che opera il richiamo.

Conseguenza logica è che il giudice, sempre d’ufficio, deve verificare i presupposti per l’applicazione delle
norme di conflitto, cioè deve verificare che il caso sottopostogli non sia totalmente interno all’ordinamento
giuridico italiano e la presenza in concreto di quella circostanza che la norma di conflitto assume come idonea a
determinare l’applicazione di un diritto straniero.

I CRITERI DI COLLEGAMENTO e TITOLI DI GIURISDIZIONE

Ciascuna norma di conflitto contempla una categoria più o meno ampia di fattispecie per la quale, per mezzo di
un criterio di collegamento, provvede a determinare il diritto che il giudice dovrà applicare. L’espressione
criterio di collegamento designa quella circostanza, quell’elemento che il legislatore considera idoneo a
esprimere un attacco, una connessione, un collegamento, appunto, di una data fattispecie con un dato
ordinamento.
Alcuni di quegli stessi elementi operano anche come titoli di giurisdizione, cioè sono impiegati dal legislatore in
quelle norme che delimitano l’ambito di applicazione delle giurisdizione italiana: rivelano una connessione con
il nostro ordinamento e fanno si che il giudice italiano abbia il dovere-potere di giudicare.
Tali elementi possono riguardare tanto i soggetti interessati (cittadinanza, domicilio, residenza) quanto la
situazione o la relazione in ordine alla quale viene chiesto l’intervento del giudice (luogo in cui si trova un bene,
in cui è stato celebrato il matrimonio, in cui è sorta o deve essere eseguita un’obbligazione)
Cittadinanza, domicilio e residenza

La volontà delle parti

La volontà privata non si esplica più soltanto col porre in essere il fatto obbiettivo dal quale necessariamente
discende l’applicazione al contratto di una certa legge, ma si esplica in maniera immediata dichiarando
applicabile al contratto una certa legge, qualunque sia o non sia il collegamento del contratto con l’ordinamento
scelto dalle parti.

In materia contrattuale gli spazi lasciati all’autonomia privata in relazione al medesimo tipo contrattuale sono
diversi da ordinamento a ordinamento, poiché è variabile il numero di norme inderogabili; a dottrina e
giurisprudenza non è sfuggita la preoccupazione che non si abusasse dell’autonomia della volontà scegliendo di
sottoporre il contratto a una data legge straniera al fine principale di sottrarlo a certe norme inderogabili.

Quindi in presenza di una clausola si scelta della legge (straniera) applicabile in un contratto tuttavia
puramente interno, si è riconosciuto da un lato che possa intervenire il limite dell’ordine pubblico, dall’altro
che la scelta di una legge regolatrice straniera non sottrae il contratto alla presa delle norme inderogabili
dell’ordinamento al quale unicamente si riferiscono tutti gli altri dati di fatto al momento in cui i contraenti
hanno compiuto la loro scelta.

Il principio della volontà delle parti ha di recente trovato spazio rispetto a negozi diversi dai contratti, ma qui la
possibilità di optio legis è assai limitata: si riconosce alla volontà individuale il potere di scegliere fra due o al
massimo tra una rosa ristretta di leggi ad altro titolo gia di per se collegate al negozio o al rapporti giuridico in
questione (esempio art. 30, 46.2, 46.3, 56.2, 62.1).

Si parla di volontà delle parti come titolo di giurisdizione e criterio di collegamento in modo improprio:
mediante le norme che affidano ai privati interessati il potere di scegliere il foro e la legge applicabile, il
legislatore non determina la connessione idonea a funzionare come attributiva di giurisdizione e come criterio di
individuazione della legge applicabile, ma rinuncia a svolgere questo compito demandando ad una volontà
diversa dalla sua, la volontà dei privati interessati. Siamo quindi in presenza di atti negoziali con i quali la parti
incidono sulla delimitazione della giurisdizione ovvero scelgono il diritto che il giudice dovrà applicare.
Si pone quindi il problema dell’ordinamento secondo cui si dovranno valutare i requisiti di validità del negozio
con il quale viene prorogata o derogata la giurisdizione (electio fori) ovvero viene scelto il diritto applicabile
(optio legis o pactum del lege utenda)
 scelta legge applicabile: in materia contrattuale la Convenzione di Roma estende al negozio di scelta le
soluzioni previste per il contratto; in materia non contrattuale le norme nazionali:
- l’art. 30.2 in materia di rapporti patrimoniali tra coniugi dispone che l’accordo di questi sul diritto
applicabile è valido se considerato tale dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l’accordo è stato
stipulato
- l’art. 46.2 in materia di successioni mortis causa dà rilievo alla scelta a favore dello stato di residenza
operata dal de cuius in forma testamentaria
- l’art. 56.2 richiede che il donante effettua la sua scelta con dichiarazione espressa contestuale alla
donazione
- l’art. 62 colloca la richiesta del danneggiato direttamente entro la cornice del processo
o scelta del foro: in materia contrattuale per gli aspetti non direttamente regolati dagli art. 23 e 24 del reg.
44/2001 ci si deve rifare alla Convenzione di Roma; in materia non contrattuale, per gli aspetti non
direttamente regolati dall’art. 4 delle legge 218/1995 sembra ragionevole seguire la stessa soluzione
Si ha quindi la medesima soluzione per il negozio di scelta della legge applicabile e per la clausola
compromissoria
La prevalente localizzazione della vita matrimoniale

Questo criterio è usato sempre come criterio sussidiario:


- dall’art. 29.2 a proposito dei rapporti personali fra coniugi
- dell’art. 31.1 a proposito della separazione personale e dello scioglimento del matrimonio
- dall’art. 38.1 a proposito dell’adozione
- dall’art. 39 a proposito dei rapporti tra adottato e famiglia adottiva

La prevalente localizzazione della vita matrimoniale o familiare configura una sintesi di criteri, una sommatoria
di indizi che deve essere operata e valutata dal giudice per arrivare alla individuazione della legge competente.
Tra i fattori di contatto di natura personale vengono ricompresi la residenza, la cittadinanza o le cittadinanze di
ciascuno dei soggetti interessati, il domicilio e la dimora di quanti compongono il nucleo familiare; mentre tra
quelli di natura territoriale vanno annoverati il luogo di celebrazione del matrimonio, quello di nascita dei figli,
quello in cui è stato assunto il provvedimento di adozione, la localizzazione dei beni di proprietà dei coniugi
quando siano in gioco in particolare i profili patrimoniali.
Non può comunque escludersi la rilevanza di fattori meno ovvi e meno immediati, ad esempio della lingua per
mezzo della quale i coniugi comunicano tra loro e con i figli.

Occorre non solo proceder ad una ricognizione numerica, meramente quantitativa, dei fattori di connessione che
connotano il caso di specie, ma anche una loro ponderazione, una valutazione qualitativa.

Criteri giuridici e criteri di fatto, soggettivi e oggettivi, costanti e variabili

Ciò che il legislatore prende in considerazione è sempre un contatto d’ordine materiale fra il rapporto o la
situazione giuridica da regolare, ovvero la controversia da decidere, e un dato Stato; per indicare tale attacco
possono essere usati:
- criteri di fatto: espressioni per accertare in cui significato e la cui portata nel caso di specie può non essere
necessario ricorrere ad operazioni interpretative (esempio luogo di situazione di una cosa)
- criteri giuridici: nozioni giuridiche, come la cittadinanza, il domicilio o la residenza, circostanze di ordine
materiale dalle quali apposite norme fanno derivare la conseguenza che un soggetto abbia il domicilio o la
residenza in un certo luogo

Altra distinzione è quella fra:


- criteri soggettivi: l’attacco che i criteri di collegamento rivelano tra il rapporto o la situazione da regola e
un dato stato riguarda i soggetti interessati (cittadinanza, domicilio, residenza)
- criteri oggettivi: l’attacco che i criteri di collegamento rivelano tra il rapporto o la situazione da regola e
un dato riguarda altri elementi del rapporto (luogo di celebrazione del matrimonio, luogo di situazione dei
beni)

Ulteriore distinzione si ha tra criteri costanti e criteri variabili a seconda della possibilità che la circostanza in cui
il criterio di collegamento si concreta non sia suscettibile di modificarsi nel tempo, ovvero lo sia. Nella maggior
parte dei casi le norme che fanno uso dei criteri variabili provvedono ad ancorarli a un momento dato
esplicitamente o implicitamente (per i titoli di giurisdizione è il momento in cui ha avuto inizio il processo)

Concorso alternativo e concorso successivo di criteri di collegamento

Quanto ai titoli di giurisdizione, nella legge 218/1995 accanto a quelli generali del domicilio e della residenza in
Italia del convenuto, vengono presi in considerazione in via sussidiaria altri attacchi con il nostro ordinamento
per fondare la giurisdizione italiana nei confronti del convenuto non domiciliato ne residente in Italia
(matrimonio celebrato all’estero); o anche per escludere la giurisdizione italiana quando sussisterebbe (la volontà
derogatoria delle parti, la situazione all’estero del bene immobile).
Il regolamento 44/2001 utilizza un titolo di giurisdizione come principale e primario, titoli sussidiari idonei a
identificare fori speciali concorrenti, titoli alternativi idonei a identificare fori dotati di giurisdizione in via
esclusiva e attribuisce rilevanza alla volontà delle parti riconosciuta idonea a derogare ovvero a prorogare la
giurisdizione.
Il regolamento 2201/2003 si limita a prevedere titoli di giurisdizione alternativi fra loro.
Quanto all’individuazione delle legge applicabile, la legge 218/1995 impiega assai spesso una pluralità di criteri
di collegamento che vengono a concorrere tra loro secondo due modalità diverse che identificano due tipi di
concorso:
 concorso alternativo: la norma di conflitto considera vari aspetti della categoria di fattispecie da regolare,
suscettibili di collegare la fattispecie stessa simultaneamente con più ordinamenti giuridici; il legislatore ha
un fine ben preciso (ad esempio la validità del negozio negli artt. 28, 35.5, 48, 56.3, 60.2: la parte che volesse
far valere la invalidità formale del negozio dovrebbe dimostrare che esso non soddisfa i requisiti formali
previsti da alcuna delle leggi richiamate)
 concorso successivo: la norma di conflitto impiega in sequenza, a cascata, due o più criteri di collegamento
ciascuno dei quali è destinato a subentrare a quello (o quelli) che lo precede quando quest’ultimo non si
riveli in grado di funzionare in relazione al caso singolo di cui è questione (come esempio vedi art. 19).
Quando il collegamento usato al primo posto è in grado di funzionare, la legge a cui esso rimanda trova
applicazione qualunque possa essere il risultato cui essa conduce nel caso di specie (ad esempio anche se
conducesse all’invalidità del negozio)

LA QUALIFICAZIONE

Dopo aver accertato di avere giurisdizione il giudice deve innanzitutto decidere quale norma di conflitto (di
origine nazionale, comunitaria o convenzionale) si adatti al caso sottopostogli, cioè deve decidere a quale norma
di conflitto sia riconducibile la fattispecie portata al suo esame e per fare questo compie un’operazione di
qualificazione

Tale operazione consiste nella determinazione del significato delle espressioni, delle formule
giuridiche mediante le quali ciascuna norma di conflitto delimita il proprio ambito materiale di
applicazione, definendo le categorie di fattispecie che intende regolare.

Si tratta quindi di un problema di interpretazione della norma di conflitto, che dovrà svolgersi alla luce del
sistema normativo cui la norma in questione appartiene, cioè secondo i canoni interpretativi proprio
dell’ordinamento nel quale la norma è inquadrata:
- le norme di conflitto poste in essere autonomamente dal nostro legislatore devono essere interpretate in
base al diritto italiano, cioè sulla base della lex fori
- le norme di conflitto poste in essere da atti comunitari devono essere interpretate in base al diritto
comunitario
- le norme di conflitto di origine convenzionale devono essere interpretate tenendo conto di loro tale natura

Precisazioni:
 al fine di delimitare l’ambito di applicazione delle norme di conflitto il giudice è chiamato a valutare i fatti
non nella loro stretta materialità ma in relazione agli effetti che se ne vogliono trarre mediante la domanda
giudiziale di cui egli è investito (il fatto materiale della morte di una persona in un incidente può essere alla
basa di una azione per risarcimento o di una azione successoria)
 la qualificazione deve essere autonoma: si deve tenere conto della lex fori, ma bisogna anche dare alle
espressioni giuridiche e ai termini impiegati un significato più ampio ed elastico di quello che essi hanno
nei corrispondenti precetti di diritto materiale (questo perché la norme di conflitto comunque sono dirette a
regolare fattispecie con elementi di internazionalità)
Un problema di qualificazione non si pone solo in ordine alla determinazione dell’ambito di applicazione
materiale delle norme sulla giurisdizione e delle norme di conflitto, ma anche riguardo le connessioni assunte
come rilevanti dalle norme sulla giurisdizione (titoli di giurisdizione) e dalle norme di conflitto (criteri di
collegamento): valgono le soluzioni sopra esposte.

Il criterio di collegamento della cittadinanza però non è suscettibile di essere qualificato lege fori: la legge sulla
cittadinanza permette esclusivamente di stabilire se una persona possiede o no la cittadinanza italiana, ma non
può funzionare verso altri stati, nel senso che in base alla legge italiana non è possibile stabilire di quale stato,
diverso dal nostro, un individuo sia cittadino. Quindi la cittadinanza di una persona rispetto a uno stato deve
essere determinata secondo il diritto del medesimo.

Ne deriva che il giudice italiano può trovarsi di fronte a individua che nessuna stato considera propri cittadini
(apolidi), individui che possiedono più cittadinanze, individui che hanno abbandonato il territorio del proprio
stati perché perseguitati per ragioni politiche
Art. 19 : Apolidi, rifugiati e persone con più cittadinanze
1. Nei casi in cui le disposizioni della presente legge richiamano la legge nazionale di una persona, se questa è
apolide o rifugiata si applica la legge dello Stato del domicilio, o in mancanza, la legge dello Stato di
residenza.
2. Se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa
ha il collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale.

QUESTIONI PRELIMINARI

La legge 218/1995 all’art. 6 fonda la giurisdizione del giudice italiano anche in ordine alle questioni preliminari
(questioni la cui soluzione è necessaria per decidere sulla domanda proposta), conferendogli il potere-dovere di
pronunciarsi su di esse anche se di per se non rientrerebbero nella sua giurisdizione, nulla dispone circa la legge
da applicare a dette questioni.

Dottrina e giurisprudenza propongono diverse soluzioni:


- soluzione disgiunta: sottoporre la questione preliminare alla legge richiamata dalla norma di conflitto del
foro che la contempla specificatamente, come se la questione preliminare si ponesse in via principale
(soluzione preferibile per armonia interna)
- soluzione per assorbimento: sottoporre la questione preliminare alla stessa legge applicabile alla questione
principale
- soluzione congiunta: sottoporre la questione preliminare alla legge richiamata dalla specifica norma di
conflitto dell’ordinamento richiamato dalla norma di conflitto del foro per la questione principale
- sottoporre la questione preliminare al diritto materiale del foro
IL DIRITTO APPLICABILE

Il problema del rinvio

Il problema del rinvio consiste nel domandarsi se il richiamo di un ordinamento straniero da parte delle norme di
conflitto si riferisca solo alle norme materiali di detto ordinamento, oppure includa le norme di d.i.pr. del
medesimo, e quindi se queste ultime possano produrre un rinvio dall’ordinamento straniero individuato come
applicabile dalla norma di conflitto del foro a quello di un altro stato:
- se è lo stato di partenza, cioè del foro si parla di rinvio indietro
- se è un terzo stato si parla di rinvio oltre o altrove

Art. 13 Rinvio
1. Quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera, si tiene conto del rinvio operato dal diritto
internazionale privato straniero alla legge di un altro Stato:
a) se il diritto di tale Stato accetta il rinvio;
b) se si tratta di rinvio alla legge italiana.
2. L'applicazione del comma 1 è tuttavia esclusa:
a) nei casi in cui le disposizioni della presente legge rendono applicabile la legge straniera sulla base della
scelta effettuata in tal senso dalle parti interessate;
b) riguardo alle disposizioni concernenti la forma degli atti;
c) in relazione alle disposizioni del Capo XI del presente Titolo.
3. Nei casi di cui agli artt. 33, 34 e 35 si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce all'applicazione di una
legge che consente lo stabilimento della filiazione.
4. Quando la presente legge dichiara in ogni caso applicabile una convenzione internazionale si segue sempre,
in materia di rinvio, la soluzione adottata dalla convenzione.

Il I comma circoscrive le ipotesi del rinvio, evitando, pragmaticamente la inestricabile circolarità del rinvio
indietro; altre limitazioni sono introdotte dal II e III comma.
Risulta in definitiva che le materie nelle quali l’art. 13 prevede il ricorso al congegno del rinvio sono quelle che
attengono:
- alla capacità e ai diritti delle persone fisiche
- alle persone giuridiche
- ai rapporti di famiglia
- alle successioni per causa di morte
- ai diritti reali

Interferenze con Art. 15 Interpretazione e applicazione della legge straniera: “La legge straniera
la qualificazione è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo”. Il
diritto straniero non deve essere letto in maniera puramente formale ma deve tenersi
conto della qualificazione che della fattispecie verrebbe data nell’ordinamento
straniero richiamato. Il giudice italiano dovrebbe applicare quella tra le norme di
conflitto dell’ordinamento richiamato nel cui ambito d’applicazione la fattispecie
rientra secondo la qualificazione operata dal giudice alla luce dello stesso ordinamento
richiamato.

Conoscenza e applicazione del diritto straniero richiamato

Sul problema del trattamento processuale del diritto straniero ci sono due tesi contrastanti: la prima considera
come mero fatto il diritto straniero e conduce a far gravare sulle parti l’onere di provare al giudice il contenuto
del diritto straniero e esclude che si possa impugnare per cassazione la sentenza di un giudice di merito per far
valere la violazione o l’errore di interpretazione del diritto straniero; la seconda ritiene invece il richiamo ad
diritto straniero operato dalla nostra norma di conflitto idoneo a integrarlo con valenza giuridica nel nostro
ordinamento e conduce quindi a soluzioni opposte.
Art. 14 Conoscenza della legge straniera applicabile
1. L'accertamento della legge straniera e compiuto d'ufficio dal giudice. A tal fine questi può avvalersi,
oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite
del Ministero di grazia e giustizia; può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate.
2. Qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti,
applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la
medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.

Per quanto riguarda il diritto straniero richiamato dalla norma di conflitto, è necessario stabilire se esso sia un
fatto (e quindi spetta alle parti provarlo) o un diritto (e quindi spetta al giudice conoscerlo). Viene scelta una via
di mezzo: collaborazione delle parti con il giudice e non onere di prova.
Al primo comma l’art 14 afferma il principio iura aliena novit curia e indica gli strumenti di aiuto al giudice (il
giudice non è solo abilitato, ma è tenuto ad utilizzare gli strumenti):
- Strumenti previsti dalle convezioni internazionali
- Acquisizione di informazioni tramite il Ministero dello Giustizia
- Consulenze tecniche
Nel secondo comma, nell’ipotesi in cui gli strumenti siano risultati insufficienti, si nomina l’aiuto delle parti, che
è però uno strumento residuale ed eventuale.

Nel caso di inconoscibilità della legge straniera richiamata, si deve applicare la legge richiamata mediante altri
criteri di collegamento impiegati in successione dalla medesima norma di conflitto e solo come ultima ratio si
procede ad applicare, in deroga alle norme di conflitto, la legge italiana.

Quando però entra in gioco il meccanismo del rinvio, qualora il giudice italiano non sia in grado di accertare
quanto previsto dalla competente norma di conflitto dell’ordinamento straniero richiamato da una norma di
conflitto italiana, egli deve ripiegare gradatamente sui criteri di collegamento successivi della propria norma di
conflitto; se nessuno di questi conduce ad un risultato utile o se la norma di conflitto italiana impiega un solo
criterio di collegamento, egli deve applicare il diritto materiale straniero richiamato dal primo (o unico) criterio
di collegamento (si applica la legge italiana significa vuol dire in questo caso che si applica la norma di conflitto
italiana).

Interpretazione del diritto straniero e controllo della sua legittimità costituzionale

Art. 15 Interpretazione e applicazione della legge straniera


“La legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo”

Il giudice per applicare la legge straniera richiamata deve individuare le regole che lo stesso ordinamento
straniero richiamato ritiene specificamente idonee a disciplinare la fattispecie e deve accertare il significato che
esse hanno nel loro proprio contesto normativo.

All’art. 15 ci si deve riferire anche per risolvere eventuali dubbi circa la conformità alla Costituzione dello stato
cui appartiene della norma straniera che risulta applicabile.
 Se nell’ordinamento straniero opera il controllo diffuso, per cui il sindacato di costituzionalità è operato
direttamente da ciascun giudice, è consentito anche al giudice italiano, chiamato ad applicare una norma di
quell’ordinamento, verificare la conformità ai precetti costituzionali cui è subordinata.
 Se nell’ordinamento straniero il controllo di costituzionalità è accentrato, cioè demandata ad un apposito
organo, il giudice italiano dovrà tener conto delle decisioni gia adottate da tale organo ma non sarà in grado di
attivarlo

Se infine si tratta di un problema di compatibilità con la Costituzione italiana, si deve ricorrere al limite
dell’ordine pubblico, cioè non si deve applicare la norma straniera se le conseguenze che dalla sua applicazione
deriverebbero nel nostro ordinamento risultassero in conflitto con i principi sanciti dalla nostra Costituzione.
Richiamo ad ordinamenti plurilegislativi

Il problema dei c.d. conflitti di leggi interne si pone quando una delle nostre norme di conflitto richiama il diritto
di uno Stato plurilegislativo, cioè di uno Stato in cui vigono più legislazioni civilistiche:
- conflitti interlocali: nello Stato richiamato vigono più legislazioni civilistiche su base territoriale, cioè nelle
varie zone in cui lo stato è suddiviso vigono normative differenti
- conflitti interpersonali: nello stato richiamato vigono più legislazioni su base personale, cioè nel territorio
dello Stato vigono contemporaneamente più legislazioni, ciascuna delle quali è applicabile soltanto ad una
determinata categoria di persone

Art. 18 Ordinamenti plurilegislativi


1. Se nell'ordinamento dello Stato richiamato dalle disposizioni della presente legge coesistono più sistemi
normativi a base territoriale o personale, la legge applicabile si determina secondo i criteri utilizzati da
quell'ordinamento.
2. Se tali criteri non possono essere individuati, si applica il sistema normativo con il quale il caso di specie
presenta il collegamento più stretto. (principio di effettività)

Ma l’art. 18 si applica in relazione a tutte le norme di conflitto oppure si può prescinderne in relazione a quelle
norme di conflitto che impiegano criteri di collegamento di per se idonei a localizzare le fattispecie contemplate
nell’ambito di un sotto-ordinamento a base territoriale??? O a quelle che conferiscono il potere di determinare la
legge applicabile ai diretti interessati o al giudice stesso (attraverso la ponderazione di una pluralità di fattori,
esempio prevalente localizzazione della vita matrimoniale)???

La risposta deve essere nel senso di una applicazione generalizzata considerando:


- la collocazione sistematica dell’art. 18 nel Capo I tra le “Disposizioni Generali”
- la correlazione con l’art. 15
- la formulazione testuale delle norme di conflitto che appaiono formulate in modo da richiamare gli
ordinamenti di altri soggetti di diritto internazionale (pubblico), ossia Stati con la s maiuscola
Comunque , nell’eventualità del secondo comma, è ragionevole che il giudice valorizzi il
collegamento territoriale utilizzato dalla nostra norma di conflitto ed anche la scelta dei diretti
interessati indirizzata ad un dato sotto-ordinamento.

Ordine pubblico: funzione e natura

Art. 16 Ordine pubblico


1. La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico.
2. In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti
per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.

Anche il nostro come tutti gli ordinamenti, mentre si apre verso i valori giuridici esterni per mezzo delle norme
di d.i.pr, si munisce di strumenti idonei ad operare nella direzione opposta, a consentirgli cioè di rinchiudersi in
se stesso. Tra questi il principale è la clausola o eccezione di ordine pubblico.
Il suo fine principale è quello di preservare l’armonia interna dell’ordinamento, precludendo l’applicazione da
parte del giudice italiano di norme straniere suscettibili di produrre effetti inaccettabili, cioè non compatibili con
i principi etici, economici, politici e sociali che condizionano il modo di essere del nostro ordinamento giuridico.
Si distinguono:
- l’ordine pubblico interno: insieme delle norme inderogabili dai privati; esso comprende l’ordine pubblico
internazionale in quanto non tutte le norme inderogabili sanciscono principi fondamentali.
- l’ordine pubblico internazionale: esso è l’insieme dei principi etici, economici, politici e sociali che
determinano i caratteri essenziali degli istituti del nostro ordinamento giuridico
Il limite dell’ordine pubblico è relativo nel tempo e nello spazio:
- la relatività nel tempo discende dalla possibilità che mutino i caratteri dell’ordinamento del foro
- la relatività nello spazio discende dai differenti valori che improntano i vari sistemi giuridici, alcuni dei
quali impediscono l’apertura a soluzioni che sono invece del tutto corrette per altri

La giurisprudenza ha distinto due nozioni: quella di ordine pubblico interno, utilizzata rispetto a situazioni e
rapporti che avevano connessioni molto significative con l’ordinamento italiano, e quella di ordine pubblico
internazionale (principi condivisi da più ordinamenti), utilizzata rispetto a situazioni e rapporti che presentavano
lievi connessioni con il nostro ordinamento.
Ma questo orientamento è sbagliato. Il giudice deve si tener conto delle regole e dei principi entrati nel nostro
ordinamento in virtù del suo conformarsi ai precetti dei diritto internazionale, e del diritto comunitario, ma non
soltanto questi principi individuano valori protetti dall’eccezione di ordine pubblico (l’ordine pubblico italiano
può essere più ampio o meno ampio) e non si deve fare differenza a seconda del grado di connessione con
l’ordinamento italiano (nel senso che i principi peculiari del nostro ordinamento sarebbero applicabili solo a
fattispecie particolarmente connesse con il nostro ordinamento)

Per quanto riguarda il ruolo del giudice, il legislatore ha rinunciato a offrire criteri rivolti a consentire la
determinazione dei valori tutelati dall’eccezione di ordine pubblico, riconoscendo il ruolo decisivo e
indispensabile del giudice: come metro di valutazione egli deve adottare non una singola norma isolatamente
presa, ma i principi di fondamentale importanza per il nostro ordinamento, considerandolo nella sua interezza e
tenendo presenti i connotati economici, sociali, morali e anche politici che lo caratterizzano (la singola norma
potrà essere invocata in quanto particolarmente espressiva di una valore che rientra nell’area protetta dal limite
dell’ordine pubblico).
Il giudice poi deve esprimere una valutazione concreta degli effetti che deriverebbero nel nostro ordinamento
dall’applicazione della norma straniera (individuata dal giudice all’interno dell’ordinamento richiamato dalla
nostra norma di conflitto); tali effetti sono l’altro polo di raffronto.
Se il giudice reputa che detti effetti urtino contro uno dei principi cardine del nostro ordinamento non applica la
disposizione straniera (il limite dell’ordine pubblico è un limite successivo rispetto al funzionamento della norma
di conflitto)

Il giudice allora deve esplorare la possibilità di applicare in sequenza le leggi richiamate dagli altri criteri di
collegamento in via subordinata eventualmente contemplati dalla competente norma di conflitto. In mancanza si
applica la legge italiana.

Le norme di applicazione necessaria

Art. 17 Norme di applicazione necessaria


E' fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro
oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.

Nel nostro ordinamento ci sono norme di applicazione necessaria propriamente dette che sono norme materiali
che, in ragione del loro oggetto e dello specifico fine cui tendono, si applicano, oltre che alle situazioni e ai
rapporti totalmente interni, anche a quelli che presentano qualche elemento di estraneità rispetto al foro e che, in
base alle nostre norme di conflitto, potrebbero essere sottoposti ad una legge straniera. Alcune di queste norme si
basano sui principi fondamentali del nostro ordinamento, altre rispondono a esigenze meno alte, di carattere
pratico od organizzativo. E’ compito del giudice riconoscerle.
Ci sono poi anche delle norme dette autolimitate o spazialmente condizionate che provvedono essere stesse, in
modo esplicito o diretto, a determinare il proprio ambito di applicazione; anche queste devono essere applicate
nonostante il richiamo alla legge straniera (ex art. 115 116 cod. civ.)

A differenze dell’ordine pubblico, che disattiva la norma di conflitto a posteriori, queste norme hanno la
funzione di limite preventivo all’operare delle norme di conflitto: esigono di essere applicate dal giudice gia
prima che questi possa determinare quale diritto straniero sarebbe richiamato dalla norma di conflitto del foro.
In linea di massima può dirsi che le norme di applicazione necessaria esprimono l’esigenza che tutte le situazioni
e relazioni in qualche modo collegate con il nostro ordinamento giuridico siano assoggettate a una disciplina
uniforme che sono le stesse norme e fornire.

Norme di applicazione necessaria di altri ordinamenti: l’art. 17 si occupa soltanto delle norme di applicazione
necessaria italiane e non delle norme di applicazione necessarie che si trovano:
a) nell’ordinamento straniero richiamato dalla nostra norme di conflitto: secondo la relazione ministeriale
la loro imperatività può venire agevolmente riconosciuta in base al principio secondo cui la legge
straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione (art. 15)
b) ovvero in un altro ordinamento straniero col quale pure la fattispecie da regolare presenti qualche
connessione: la relazione ministeriale suggerisce ai giudici di riferirsi all’art. 7.1 della Convezione di
Roma che autorizza il giudice a dare efficacia alle norme di applicazione necessarie (imperative) di un
terzo Stato sulla base di concrete valutazioni attinenti al caso di specie.

Richiamo di norme straniere di diritto pubblico

Dal punto di vista qualitativo le norme straniere che disciplinano i rapporti tra privato e lo Stato e gli enti
pubblici sono escluse dal richiamo internazionalprivatistico e ciò perché le norme di conflitto non si occupano di
simili rapporti; con la conseguenze che, la quantità di diritto pubblico straniero che viene applicato dai giudici
italiani è scarsa.

Il richiamo di un ordinamento straniero operato da una norma di conflitto è in buona sostanza indifferente alla
natura pubblicistica o privatistica delle norme di quell’ordinamento deputate a regolare la fattispecie; ciò
significa che:
- il fatto che nel nostro sistema giuridico nella disciplina di un particolare istituto giochino un ruolo norme
di diritto pubblico non significa di per se che si debba escludere l’applicazione di un diritto straniero se
l’istituto in questione è contemplato da una norma di conflitto
- il fatto che nell’ordinamento straniero richiamato, norme di diritto pubblico concorrano a disciplinare un
dato istituto, non significa di per se che il richiamo operato dalla norma di conflitto a quell’ordinamento
non possa operare

LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI: IL REGOLAMENTO (CE) ROMA I

GENESI DEL REG ROMA 1

o Il primo risultato raggiunto è stato la Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la competenza
giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
o Ad essa è seguita la Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.
o Nel 2008 il parlamento europeo e il consiglio dell’Ue hanno adottato il Reg 593/2008, Roma 1. Qst nn
vincola la Danimarca, per la quale la materia continua a essere regolata dalla Convenzione di Roma 1980.

Attraverso l’art. 57 l. 218/1995, la convenzione di Roma del 1980 in materia di obbligazioni contrattuali, veniva
incorporata nella legge  ora il richiamo dell’art 57 va riferito al Reg Roma 1.

Il Reg Roma 1:
 fa salve solo le Convenzioni di cui uno o + stati membri sono contraenti al momento dell’adozione del
Regolamento: “Il presente regolamento non osta all’applicazione delle convenzioni internazionali di cui
uno o più Stati membri sono parti contraenti al momento dell’adozione del presente regolamento e che
disciplinano i conflitti di leggi inerenti ad obbligazioni contrattuali” (25.1)
 sancisce la propria prevalenza in situazioni di conflitto di leggi intracomunitarie: “il presente regolamento
prevale, tra Stati membri, sulle convenzioni concluse esclusivamente tra due o più di essi nella misura in
cui esse riguardano materie disciplinate dal presente regolamento” (25.2).

AMBITO DI APPLICAZIONE
Art 1.1, AMBITO DI APPLICAZIONE: “Il presente regolamento si applica, in circostanze che comportino un
conflitto di leggi, alle obbligazioni contrattuali in materia civile e commerciale”. Si tratta di 3 indicazioni
distinte:
 tutt’e 3 devono ess congiuntamente soddisfatte in vista dell’applicabilità del Regolamento
 per tutt’e 3 vale il principio della qualificazione autonoma  il loro significato va ricercato all’interno del
regolam stesso, tenendo conto del Trattato sul Funzionamento dell’UE, di Roma 2 e di Bruxelles 1.

1. obbligazione contrattuale: la giurisprudenza della Corte di Giustizia esclude che la nozione comporti un
rinvio alla qualificazione fornita dal diritto internazionale al rapporto giuridico dedotto davanti al giudice
nazionale  è una nozione autonoma (sent 1998)  = obbligazione liberamente assunta da una parte nei
confronti dell’altra.
2. in materia civile e commerciale: la Corte di Giustizia ha negato che si debba guardare il diritto dell’uno o
dell’altro Stato interessato  è una nozione autonoma. V art 1.1 Bruxelles 1 e sent Tiard (2003).
3. in circostanze che comportino un conflitto di leggi: siamo cioè nel campo del dir internaz privato inteso nella
sua accezione + stretta. Ad imporre l’applicazione del Reg è sufficiente che,
- nel momento in cui è portata all’esame del giudice, la situazione presenti un collegamento con uno
Stato diverso da quello del foro, oppure che
- il contratto contenga una clausola che indica come applicabile la legge di uno Stato diverso da quello
al quale risultava collegato per tutti i restanti profili al momento della stipulazione. In qst ultima
ipotesi a far nascere un conflitto di leggi è suff che i contraenti abbiano scelto un diritto straniero
destinato a regolare il loro contratto.

Art 2, CARATTERE UNIVERSALE: “La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove
non sia quella di uno Stato membro”. Il legislatore dell’UE non distingue a seconda che il conflitto di leggi sia
interno all’unione o abbia invece una proiezione esterna, ma il regolamento copre entrambe le situazioni con una
medesima disciplina di conflitto che prende il posto di quella dei singoli Stati membri. Il regolam è una
normativa erga omnes (art 2), una legge uniforme di d.i.pr. idonea a sostituire le norme di d.i.pr. in vigore nei
singoli Stati, nelle materie da essa contemplate e fatte salve le convenzioni di singoli Stati membri con Stati terzi
già in vigore all’emanazione del Reg. Quindi il giudice italiano, una volta accertato di avere giurisdizione, è
tenuto all’applicazione del Reg anche se la fattispecie contrattuale sottopostagli presenti contatti solo con Stati
estranei all’UE, senza essere connessa ad altri Stati membri.

Art 1.2, FATTISPECIE ESCLUSE DALL’AMBITO DI APPLICAZIONE: “Sono esclusi dal campo d’applicazione del
presente regolamento:
a) le questioni di stato e di capacità delle persone fisiche, fatto salvo l’articolo 13;
b) le obbligazioni derivanti dai rapporti di famiglia, comprese le obbligazioni alimentari;
c) le obbligazioni derivanti da regimi patrimoniali tra coniugi, da regimi patrimoniali relativi a rapporti che
secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili al
matrimonio (es unioni non matrimoniali registrate  cmq discipline diverse idonee a fornire alla coppia uno
statuto intermedio tra qll del matrimonio e qll dell’unione libera), nonché dalle successioni;
d) le obbligazioni derivanti da cambiali, assegni, vaglia cambiari e da altri strumenti negoziabili;
e) i compromessi, le clausole compromissorie e le convenzioni sul foro competente;
f) le questioni inerenti al diritto delle società, associazioni e persone giuridiche, su aspetti quali la costituzione, la
capacità giuridica, l’organizzazione interna, lo scioglimento e la responsabilità personale dei soci;
g) la questione di stabilire se l’atto compiuto da un intermediario valga ad obbligare di fronte ai terzi il
mandante, o se l’atto compiuto da un organo di una società valga ad obbligare di fronte ai terzi la società;
h) la costituzione di «trust» e i rapporti che ne derivano tra i costituenti, i «trustee» e i beneficiari;
i) le obbligazioni derivanti da trattative precontrattuali (fanno parte di Roma 2, culpa in contraendo);
j) i contratti di assicurazione che derivano da operazioni effettuate da soggetti diversi dalle imprese di cui all’art
2 della direttiva 2002/83/CE relativa all’assicurazione sulla vita (1), aventi lo scopo di erogare ai lavoratori,
dipendenti o non, riuniti nell’ambito di un’impresa o di un settore professionale, prestazioni in caso di decesso,
in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione d’attività, o in caso di malattia professionale o di infortunio sul
lavoro.”

Art 1.3: “Il presente regolamento non si applica alla prova e alla procedura, fatto salvo l’art 18”. La limitazione
ha lo scopo di eliminare possibili dubbi sulla libertà degli Stati membri di applicare le proprie normative alle
questioni in materia di prove non sottoposte a disciplina uniforme.

LA CAPACITÀ DEI CONTRAENTI

Le questioni di capacità sono escluse dal campo di applicazione del Reg Roma 1. Dunque nei tribunali italiani,
fatto salvo l’art 13 Reg, la capacità dei contraenti andrà valutata:
- se persone fisiche, secondo la loro legge nazionale
- se persone giuridiche, secondo la legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento
di costituzione.

L’art 13 Reg prevede un’eccezione orientata a ridurre il + poss il rischio che il contratto debba essere considerato
invalido a causa dell’incapacità di uno dei contraenti-persona fisica: preoccupazione che la sicurezza delle
relazioni commerciali transnazionali possa risultare compromessa ove si consenta alla persona fisica, incapace
secondo la propria legge nazionale, di trarre vantaggio dalla propria situazione di incapacità, per nuocere alla
controparte ignara di aver avuto a che fare con un incapace.

L’art 13 tutela chi contrae in buona fede con un incapace: “Incapacità: In un contratto concluso tra due persone
che si trovano in uno stesso paese, una persona fisica, capace secondo la legge di tale paese, può invocare la sua
incapacità risultante da un’altra legge soltanto se, al momento della conclusione del contratto, l’altra parte
contraente era a conoscenza di tale incapacità o l’ha colpevolmente ignorata”.

La disposizione è applicabile soltanto rispetto a un contratto riconducibile a uno dei tipi contrattuali disciplinati
dal regolamento.

Presupposti di applicazione dell’art 13:


1. contratto tra persone che si trovano nello stesso paese
2. presenza di un conflitto di leggi. La situazione deve configurare un conflitto di leggi nel senso che la
norma di d.i.pr. del foro deve indicare come legge regolatrice della capacità della persona
apparentemente incapace una legge diversa da quella dello Stato di conclusione del contratto. La
disposizione è quindi destinata a venire applicata dal giudice italiano soltanto se il contratto non si sia
perfezionato nello Stato di cui il contraente incapace ha cittadinanza.
3. capacità secondo la lex loci actus della parte che invoca la propria incapacità. L’art 13 presuppone che il
contraente che invoca la propria incapacità sia considerato capace dalla legge dello Stato ne quale si
trova qnd compie l’atto negoziale.
La parte incapace deve essere in grado di dimostrare, che al momento della conclusione del contratto, la
controparte era a conoscenza dell’incapacità o l’ha ignorata per propria colpa.

IL CRITERIO DELLA VOLONTÀ DELLE PARTI

LA LIBERTÀ DI SCELTA
Nel Reg vengono utilizzati molti criteri di collegamento, con preferenza per qll della localizzazione spaziale
della fattispecie. I criteri di collegamento sono quasi sempre posti in concorso successivo tra loro. Il criterio
prioritario è quello della volontà delle parti.

Art 3.1: “Il contratto è disciplinato dalla legge scelta dalle parti. La scelta è espressa o risulta chiaramente dalle
disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso. Le parti possono designare la legge applicabile a tutto il
contratto ovvero a una parte soltanto di esso”.

È prevista la possibilità di frazionamento del contratto quanto alla legge applicabile. È naturalmente necessaria la
coerenza, nel senso che la scelta deve riguardare quegli elementi del contratto suscettibili di essere sottoposti a
una legge diversa da quella che regola il resto senza dare luogo a risultati contraddittori. Altrimenti è imposs
tenere conto della volontà delle parti e bisogna ricorrere all’art 4 o ad altre disposizioni che del reg che indichino
la legge applicabile in mancanza di scelta. Sempre all’art 4 si ricorre nel caso in cui le parti designano una certa
legge per regolare una parte del contratto, nulla disponendo per la parte residua.

Ma l’art 3 permette alle parti di sottoporre il loro contratto a norme di diritto non statale? Le parti possono
includere nel contratto un diritto non statale solo a integrazione dei concreti contenuti contrattuali, quindi tramite
meri riferimenti al diritto non statale. Ciò è previsto in virtù dell’autonomia privata (considerando 13).

Art 3.2 “Le parti possono convenire, in qualsiasi momento, di sottoporre il contratto ad una legge diversa da
quella che lo disciplinava in precedenza per effetto di una scelta anteriore. Qualsiasi modifica relativa alla
determinazione della legge applicabile, intervenuta posteriormente alla conclusione del contratto, non ne inficia
la validità formale ai sensi dell’art 11 e non pregiudica i diritti dei terzi”.

LA LEGGE REGOLATRICE DEL NEGOZIO DI SCELTA DELLA LEGGE APPLICABILE


Art 3.5 “L’esistenza e la validità del consenso delle parti sulla legge applicabile sono disciplinate dagli articoli
10, 11 e 13”.

Attraverso il rimando a questi 3 artt vengono distinte:


la questione dell’esistenza e della validità sostanziale dell’optio legis, ossia della clausola contrattuale o
del negozio a sé stante con il quale le parti consensualmente identificano la legge regolatrice del
contratto
la questione della validità formale della clausola/negozio
la questione della capacità delle parti medesime in ordine alla stipulazione.
(per la spiegazione artt 10 e 11 vedi dopo)

LE LIMITAZIONI ALL’APPLICABILITÀ DELLA LEGGE SCELTA DALLE PARTI


Il regolamento assicura ai privati contraenti la libertà totale nella determinazione della legge applicabile, che può
anche essere quella di uno Stato totalmente estraneo al contratto da regolare.
La frode alla legge: la scelta di una legge straniera in presenza di un contratto interno a un paese  il limite
del rispetto delle norme inderogabili di quel paese.

Art 3.3: “Qualora tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento in cui si opera la
scelta, in un paese diverso da quello la cui legge è stata scelta, la scelta effettuata dalle parti fa salva
l’applicazione delle disposizioni alle quali la legge di tale diverso paese non permette di derogare
convenzionalmente”.

La nozione di norme inderogabili ai fini dell’art 3.3 include le norme che l’ordinamento cui appartengono
considera indisponibili, ossia non ne consente la deroga contrattuale. Quindi non solo le norme di applicazione
necessaria.

La frode al diritto comunitario: la scelta della legge di un paese extracomunitario in presenza di un contratto
intracomunitario  il limite del rispetto delle norme comunitarie inderogabili.

Art 3.4: “Qualora tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento in cui si opera la
scelta, in uno o più Stati membri, la scelta di una legge applicabile diversa da quella
di uno Stato membro ad opera delle parti fa salva l’applicazione delle disposizioni di diritto comunitario, se del
caso, come applicate nello Stato membro del foro, alle quali non è permesso
derogare convenzionalmente”.

LA LEGGE APPLICABILE IN MANCANZA DI SCELTA

LA TIPIZZAZIONE DEI CONTRATTI E DEI CRITERI DI COLLEGAMENTO


La questione della legge applicabile al contratto qualora le parti non abbiano operato al riguardo nessuna scelta è
disciplinata dall’art 4, salvo che per i contratti di trasporto, per i contratti conclusi da consumatori, per i contratti
d’assicurazione e per i contratti individuali di lavoro. Per questi contatti il reg delinea una disciplina autonoma
negli art 5, 6, 7 e 8.
Il reg non indica un solo criterio di collegamento che deve portare alla individuazione della legge applicabile,
qualora le parti non abbiano manifestato la loro volontà al riguardo, ma indica un particolare criterio di
collegamento per ciascun tipo contrattuale.
N.b. Mentre il reg Bruxelles 1 utilizza il domicilio del convenuto come titolo generale di giurisdizione, il reg
Roma 1 utilizza come criterio di collegamento la residenza abituale dei contraenti.

Art 4.1: In mancanza di scelta esercitata ai sensi dell’art 3 e fatti salvi gli artt da 5 a 8, la legge che disciplina il
contratto è determinata come segue:
a) il contratto di vendita di beni è disciplinato dalla legge del paese nel quale il venditore ha la residenza abituale
(anche diritti su beni mobili);
b) il contratto di prestazione di servizi è disciplinato dalla legge del paese nel quale il prestatore di servizi ha la
residenza abituale;
c) il contratto avente per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un immobile è disciplinato dalla
legge del paese in cui l’immobile è situato;
d) in deroga alla lettera c), la locazione di un immobile concluso per uso privato temporaneo per un periodo di
non oltre 6 mesi consecutivi è disciplinata dalla legge del paese nel quale il proprietario ha la residenza abituale,
purché il locatario sia una persona fisica e abbia la sua residenza abituale nello stesso paese;
e) il contratto di affiliazione (franchising) è disciplinato dalla legge del paese nel quale l’affiliato ha la residenza
abituale;
f) il contratto di distribuzione è disciplinato dalla legge del paese nel quale il distributore ha la residenza
abituale;
g) il contratto di vendita di beni all’asta è disciplinato dalla legge del paese nel quale ha luogo la vendita all’asta,
se si può determinare tale luogo;
h) il contratto concluso in un sistema multilaterale che consente o facilita l’incontro di interessi multipli di
acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, quali definiti all’articolo 4, paragrafo 1, punto 17,
della direttiva 2004/39/CE, conformemente a regole non discrezionali e
disciplinato da un’unica legge, è disciplinato da tale legge”.

IL CRITERIO DELLA RESIDENZA ABITUALE DELLA PARTE TENUTA ALLA PRESTAZIONE CARATTERISTICA
Art 4.2: “Se il contratto non è coperto dal paragrafo 1 o se gli elementi del contratto sono contemplati da più di
una delle lettere da a) ad h), del paragrafo 1, il contratto è disciplinato dalla
legge del paese nel quale la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto ha la residenza
abituale.”

Nozione di prestazione caratteristica: va identificata nella funzione che il rapporto giuridico in oggetto svolge
nella vita economica e sociale. La difficoltà di stabilire quale sia la prestazione caratteristica comporta per il
giudice un certo margine di discrezionalità cui potrebbe seguire il radicarsi di difformità tra le giurisprudenze
nazionali.

LA CLAUSOLA D’ECCEZIONE
Art 4.3: “Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il contratto presenta collegamenti
manifestamente più stretti con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di tale
diverso paese”.

Conferisce al giudice una significativa discrezionalità per qnt concerne l’identificazione degli elementi della
fattispecie da prendere in considerazione e da pesare ai fini della comparazione del grado di intensità del
collegamento.

IL CRITERIO DELCOLLEGAMENTO PIÙ STRETTO


Art 4.4: “Se la legge applicabile non può essere determinata a norma dei paragrafi 1 o 2, il contratto è
disciplinato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto”.

Non potendosi lasciare senza risposta la domanda di giustizia, in casi collegati con un gran numero di Stati, la
comparazione sarà tra collegamenti deboli, sicché la valutazione dovrà partire dal basso per stabilire quale sarà il
collegamento meno debole.

CONTRATTI DI TRASPORTO
Artt 58 sono norme speciali e quindi applicabili solo se e in quanto la fattispecie sia sicuramente riconducibile
ad esse. In caso di dubbio si dee ricorrere alla norma + generale, ossia all’art 4.

Art 5: distingue il trasporto di merci dal trasporto di persone.


Quanto al trasporto di merci si fa salvo l’art 3, quindi le parti contraenti (mittente e vettore) hanno ampia libertà
di scelta del diritto applicabile. Ovviamente per la forma del negozio di scelta vale l’art 11 concernente la
validità formale del contratto.

3 sono i criteri di collegamento impiegati dall’art 5 in concorso successivo tra di loro:


1. la volontà dei contraenti
2. se la legge applicabile non è stata det dai contraenti, si richiama la legge dello Stato di residenza abituale
del vettore, alla condizione che nel medesimo Stato sia anche la residenza abituale del mittente
3. il luogo di consegna della merce trasportata.

Quanto al trasporto di passeggeri, è stabilito un concorso successivo di criteri di collegamento:


1. la volontà delle parti, ma qui le parti contraenti hanno una limitata libertà di scelta, in quanto possono
scegliere solo la legge di uno Stato con il quale la fattispecie già presenti un contatto obiettivo, cioè
quindi scelgono la legge dello Stato di residenza abituale del vettore/passeggero, o quella dello Stato in
cui il vettore ha la propria amministrazione centrale, o quella dello Stato in cui si trova il luogo di
partenza/destinazione.
2. qualora l’optio legis non sia stata effettuata o non possa essere tenuta in considerazione, subentra il
richiamo alla legge dello Stato di residenza abituale del passeggero, alla condizione che nello stesso
Stato è anche il luogo di partenza/arrivo.
3. in assenza di tali circostanze è infine indicata la legge dello Stato di residenza abituale del vettore.

Clausola di eccezione/salvaguardia (par 3): qualora, in mancanza di optio legis, dal complesso delle circostanze
del caso risulti chiaramente che il contratto presenta collegamenti manifestamente + stretti con uno Stato diverso
da quello al quale rimandano le disposizioni, sarà la legge di qst diverso Stato a regolare il contratto.

CONTRATTI CONCLUSI DA CONSUMATORI, CONTRATTI DI ASSICURAZIONE E CONTRATTI INDIVIDUALI DI LAVORO


Protezione della parte debole del contratto: artt 6  8. Considerando 13: “per quanto riguarda i contratti conclusi
da soggetti considerati deboli, è opportuno proteggere tali soggetti tramite regole di conflitto di leggi +
favorevoli ai loro interessi di qnt siano le norme generali”.

Per i contratti di assicurazione l’art 7 fornisce un elenco di Stati con i quali il rapporto contrattuale presenta un
collegamento obiettivo e stabilisce che la scelta può cadere soltanto sulla legge di uno di questi Stati. Per i
contratti di assicurazione non relativi a grandi rischi, è richiamata la legge dello Stato membro nel quale il
rischio è situato al momento della conclusione del contratto. L’art 7 distingue i contratti di assicurazione relativi
ai grandi rischi dagli altri contratti assicurativi, alla cui disciplina provvede solo se la legge che in base al reg
sarebbe applicabile risulta essere quella di uno Stato comunitario: ove ciò non avvenga spetta al d.i.pr. dello
Stato del foro indicare la legge regolatrice (è questa una deviazione rispetto al carattere universale del regolam,
art 2).

Per i contratti dei consumatori (art 6) e per i contratti di lavoro (art 8), qualunque sia la legge scelta come
applicabile, tale scelta non vale a privare il consumatore e il lavoratore della protezione assicurata dalle
disposizioni alle quali la legge che in mancanza di scelta regolerebbe il contratto non consente ai privati
contraenti di pattuire deroghe. Se i contraenti non scelgono, si impiega il criterio della residenza abituale del
consumatore o del lavoratore.

IL CRITERIO DI COLLEGAMENTO DELLA RESIDENZA ABITUALE


L’art 19 dà la definizione di residenza abituale, che non è tuttavia esauriente, perché trascura le persone fisiche
comuni e fa riferimento solo alle persone fisiche che agiscono nell’ambito di un’attività professionale. Sembra
che per le persone fisiche comuni, la nozione di residenza abituale vada ricostruita non secondo la lex fori, ma in
modo autonomo alla luce del diritto comunitario e quindi sarebbe il luogo in cui l’interessato ha fissato, con
voluto carattere di stabilità, il centro dei propri interessi.

“1. Ai fini del presente regolamento, per residenza abituale di società, associazioni e persone giuridiche si
intende il luogo in cui si trova la loro amministrazione centrale.
Per residenza abituale di una persona fisica che agisce nell’esercizio della sua attività professionale si intende la
sua sede di attività principale.
2. Quando il contratto è concluso nel quadro dell’esercizio dell’attività di una filiale, di un’agenzia o di
qualunque altra sede di attività, o se, secondo il contratto, la prestazione deve essere
fornita da una siffatta filiale, agenzia o sede di attività, il luogo in cui è ubicata la filiale, l’agenzia o altra sede di
attività è considerato residenza abituale.
3. Al fine di determinare la residenza abituale il momento rilevante è quello della conclusione del contratto”.
Quando la residenza abituale è utilizzata come titolo di giurisdizione, il momento rilevante è quello della
proposizione della domanda.

LE NORME DI APPLICAZIONE NECESSARIA

Art 9.1, definizione: “Le norme di applicazione necessaria sono disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da
un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica,
sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo
d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo il presente
regolamento”. Tale definizione contempla solo la fascia alta delle norme di applicazione necessaria, quelle che
riflettono i caratteri di fondo dell’ordinamento cui appartengono. Ma esistono anche norme autolimitate che
rispondono a esigenze meno alte e che provvedono esse stesse a delimitare l’ambito spaziale della propria
applicazione.

art 9.2: “Le disposizioni del presente regolamento non ostano all’applicazione delle norme di applicazione
necessaria della legge del foro.”

 non incorre in un’infrazione del diritto comunitario uno Stato membro i cui giudici applichino una propria
norma di applicazione necessaria che escluda o limiti l’operare di una disposizione del regolamento che richiama
il diritto di un altro Stato.

Inoltre la Corte di Giustizia ha ritenuto che, in virtù del principio che assicura la preminenza e la uniformità di
interpretazione del diritto comunitario, le norme di applicazione necessaria del foro non sono sottratte al rispetto
delle disposizioni del Trattato sul Funzionamento dell’UE.

Art 9.3: “Può essere data efficacia anche alle norme di applicazione necessaria del paese in cui gli obblighi
derivanti dal contratto devono essere o sono stati eseguiti, nella misura in cui tali norme
di applicazione necessaria rendono illecito l’adempimento del contratto. Per decidere se vada data efficacia a
queste norme, si deve tenere conto della loro natura e della loro finalità nonché
delle conseguenze derivanti dal fatto che siano applicate, o meno.”
Es norme che vietano l’importazione o il commercio di dati prodotti. Il par conferisce al giudice un margine di
discrezionalità ampio e un compito delicato, perché dare efficacia alle norme di applicazione necessaria dello
Stato di esecuzione del contratto implica combinarle con la legge che in base al regolamento è competente a
regolare il contratto medesimo.

Questo par è correlato all’art 12, il quale:


- sottopone l’esecuzione delle obbligazioni che discendono dal conestratto alla legge applicabile al
contratto stesso (par 1) e
- prescrive che, in ordine alle modalità di esecuzione e alle misure utilizzabili dal creditore in caso di
esecuzione difettosa, si avrà riguardo alla legge del paese in cui ha luogo l’esecuzione.
L’ESISTENZA E LA VALIDITÀ SOSTANZIALE DEL CONTRATTO

L’art 10, rubricato Consenso e validità sostanziale, disciplina tutti gli aspetti della formazione del contratto, ad
esclusione di quelli attinenti alla forma. Ovviamente non si riconduce a qst art la capacità dei contraenti, dato che
il regolamento la esclude dal proprio campo di azione, fatto salvo l’art 13.

L’esistenza e la validità dl contratto dipendono dalla legge che sarebbe applicabile se il contratto fosse valido
(par1), quindi da un quadro di riferimento uniforme non suscettibile di mutare se la controversia è portata in
giudizio nell’uno o nell’altro Stato membro.

VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO DELLA PARTE CHE INVOCA LA MANCANZA DEL PROPRIO CONSENSO
Il par 2 introduce un temperamento e si riferisce soltanto alla formazione del contratto e non anche alla validità
del consenso (quindi è speciale rispetto al par 1): “Tuttavia, un contraente, al fine di dimostrare che non ha dato
il suo consenso, può riferirsi alla legge del paese in cui ha la
residenza abituale, se dalle circostanze risulta che non sarebbe ragionevole stabilire l’effetto del comportamento
di questo contraente secondo la legge prevista nel par 1”.

Tra le altre cose, il par 2 mira a risolvere il problema della rilevanza del silenzio di una parte in merito alla
formazione del contratto. Ma non si riferisce soltanto a ciò, posto che il termine comportamento è comprensivo
tanto dell’atteggiamento attivo, quanto di quello passivo.

La disposizione in esame risulta per analogia applicabile anche agli atti giuridici unilaterali che intervengono
nell’iter formativo del contratto.

I REQUISITI DI FORMA

Se ne occupa l’art 11 senza definire la nozione di forma. La relazione alla convenzione di Roma 1980 considera
la forma come “qualsiasi comportamento esterno imposto all’autore di una manifestazione di volontà giuridica,
comportamento in mancanza del quale la manifestazione di volontà non può essere considerata pienamente
efficace”.

L’art non definisce nemmeno la nozione di intermediario. Si può cmq dire che con il termine intermediario l’art
11 intenda coprire non solo tutti i tipi di rappresentanza (legale, volontaria e organica), ma anche i casi della
gestione di affari altrui e del falsus procurator.
Al pari dell’art 10 concernente la validità sostanziale, l’art 11 è suscettibile di applicazione anche alla clausola di
scelta della legge regolatrice e di quella di elezione del foro.

CONTRATTI CONCLUSI TRA PERSONE CHE SI TROVANO NELLO STESSO PAESE


Qualora entrambi i contraenti si trovino nel medesimo Stato, mentre l’intermediario che agisce per conto di uno
di loro si trova in uno Stato diverso, la fattispecie va ricondotta la par 2.
11.1: “Un contratto concluso tra persone che si trovano, o i cui intermediari si trovano, nello stesso paese al
momento della conclusione è valido quanto alla forma se soddisfa i requisiti di forma della legge che ne
disciplina la sostanza ai sensi del presente regolamento (cioè la legge richiamata dagli art 3 e 4) o della legge del
paese in cui è concluso”.

Il legislatore ha l’obbiettivo di favorire la validità formale del contratto onde snellire le relazioni commerciali
internazionali e lo fa con la tecnica del concorso alternativo tra:
- lex contractus
- lex loci actus
 il legislatore comunitario mette infatti le 2 leggi sul medesimo piano e indica che l’accertamento della
rispondenza del contratto ai requisiti di forma previsti da una qualsiasi delle 2 è sufficiente ad escludere la
possibilità che siano fatti valere difetti di forma eventualmente riscontrabili rispetto all’altra legge. In altre
parole, un contratto potrà essere dichiarato invalido qnt alla forma se né la lex contractus né la lex loci actus
consentano di ritenerlo valido.

CONTRATTI CONCLUSI TRA PERSONE CHE SI TROVANO IN PAESI DIVERSI


Art 11.2: “Un contratto concluso tra persone che si trovano, o i cui intermediari si trovano, in paesi diversi al
momento della conclusione è valido quanto alla forma se soddisfa i requisiti di forma della legge che ne
disciplina la sostanza ai sensi del presente regolamento o della legge del paese in cui si trova una delle parti, o il
loro intermediario, al momento della conclusione oppure della legge del paese in cui una delle parti risiedeva
abitualmente in quel momento”.

Ps. Sia per par 1 che per par 2, il momento della stipulazione del contratto va determinato sulla base della lex
contractus.

ATTI GIURIDICI UNILATERALI RELATIVI A CONTRATTI DA CONCLUDERE O GIÀ CONCLUSI (Art 11.3)
Sono riconducibili a questa disposizione:
- le manifestazioni di volontà che si inseriscono nell’iter formativo del contratto (es l’offerta contrattuale e
la sua accettazione)
- la dichiarazione di recesso e la remissione di debito.

Anche ai fini dell’accertamento della validità formale di questi atti il regolamento richiama in alternativa tra
loro:
1. lex contractus, ossia quella che in forza del regolamento stesso disciplina o disciplinerebbe la
sostanza del contratto
2. lex loci actus, ossia la legge dello Stato in cui l’atto in questione è compiuto
3. legge della residenza abituale dell’autore dell’atto al momento del compimento dell’atto stesso.

PROBLEMI DI CONFLITTO MOBILE E DI FRAZIONAMENTO


In forza degli artt 3.1 e 3.2 le stesse parti contraenti possono scegliere la legge applicabile al contratto e possono
farlo in qualsiasi momento e anche per una parte soltanto del contratto.
L’art 3.2 prevede che una modifica, intervenuta successivamente alla conclusione del contratto, relativa alla
determinazione della legge applicabile al contratto medesimo, non ne inficiala validità formale ai sensi dell’art
11. Quindi il conflitto mobile, provocato dalla volontà dei contraenti di sostituire con un’altra legge quella che
regolava la sostanza del contratto, va risolto nel senso che è suff che il contratto soddisfi le prescrizioni formali
di una qualsiasi delle più leggi che ne hanno in successione tra loro disciplinato la sostanza.

In caso di frazionamento, sembra ragionevole che il frazionamento si rifletta anche sulla disciplina formale, nel
senso che in un’eventuale controversia relativa a un requisito formale venga in linea di conto la legge che regola
quel segmento del contratto cui + specificamente la controversia attiene.

RAPPORTO TRA GLI ARTT 11 E 9 ROMA 1


C’è la possibilità che il giudice ravvisi nel proprio ordinamento una norma di applicazione necessaria che
stabilisce un requisito formale che i contraenti non hanno soddisfatto e che non trova riscontro anche soltanto in
una delle leggi che l’art 11 richiama in concorso alternativo tra loro. Quindi un contratto che alla luce dell’art 11
è valido, può essere dichiarato invalido dal giudice alla luce dell’art 9.

REQUISITI DI FORMA DEI CONTRATTI DEI CONSUMATORI


Art 11.4: “4. I paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo non si applicano ai contratti che rientrano nel campo
d’applicazione dell’art 6. La forma di questi contratti è disciplinata dalla legge del paese in
cui il consumatore ha la residenza abituale.”

Rispetto ai contratti dei consumatori l’esigenza di tutelare la parte debole prende il sopravvento rispetto al favor
validitatis dei par 13.

REQUISITI DI FORMA DEI CONTRATTI RELATIVI A DIRITTI IMMOBILIARI O LOCAZIONI IMMOBILIARI


11.5 Per la forma si applica la legge dello stato nel quale è situato l’immobile (lex rei sitae), sia che le parti non
abbiano provveduto a designare la legge regolatrice del contratto (scatta in qst modo l’art 4 che prevede come
lex contractus la lex rei sitae), sia che le parti abbiano designato una legge regolatrice del contratto (in qst caso se
è diversa dalla lex rei sitae, devono cmq essere rispettate le prescrizioni di forma della lex rei sitae  non è
consentita la deroga per volontà dei privati interessati e deve essere rispettata quale che sia la legge regolatrice
del contratto).

AMBITO DELLA LEGGE APPLICABILE AL CONTRATTO

Alla legge applicabile al contratto (lex contractus) sono sottoposti l’atto negoziale generatore del rapporto e il
rapporto medesimo.

Art 12.1: “La legge applicabile al contratto ai sensi del presente regolamento disciplina in particolare (elenco non
tassativo):
a) la sua interpretazione;
Comprende anche la qualificazione del contratto, ossia la sua riconduzione all’uno o all’altro dei tipi contrattuali
previsti dall’ordinamento richiamato.

b) l’esecuzione delle obbligazioni che ne discendono,


Tieni conto del par 2: <<Per quanto concerne le modalità di esecuzione -e le misure che il creditore dovrà
prendere in caso di esecuzione difettosa-, si avrà riguardo alla legge del paese in cui ha luogo l’esecuzione>>. Il
par 2 dà al giudice il compito di valutare se vi sia motivo di applicare la legge dello Stato di esecuzione operando
un’integrazione tra le disposizioni di tale legge, lex executionis, e quelle della legge regolatrice del contratto, lex
contrctus;

c) entro i limiti dei poteri attribuiti al giudice dalla sua legge processuale, le conseguenze dell’inadempimento
totale o parziale di quelle obbligazioni, compresa la liquidazione del
danno in quanto sia disciplinata da norme giuridiche;

Anche qui tieni conto del par 2: per quanto concerne le misure che il creditore dovrà prendere in caso di
esecuzione difettosa, si avrà riguardo alla legge del paese in cui ha luogo l’esecuzione.
Nell’applicazione della lex contractus il giudice deve mantenersi entro i limiti dei poteri che gli sono conferiti
dalla propria legge processuale (lex fori).
Tra le conseguenze dell’inesecuzione, ossia dell’inadempimento, è compreso quanto attiene all’accertamento e
alla graduazione della responsabilità della parte inadempiente, alla possibilità che l’inadempimento sia fatto
valere in via d’eccezione come pure ai fini della risoluzione del contratto.

d) i diversi modi di estinzione delle obbligazioni nonché le prescrizioni e decadenze;

Quanto alla compensazione, l’estinzione totale o parziale dei crediti reciprocamente vantati da 2 persone può
essere da loro stesse contrattualmente pattuita. In qst caso ci troviamo di fronte a una compensazione contrattuale
e l’estinzione delle obbligazioni contrapposte è disciplinata dalla lex contractus. Nel caso in cui l’ordinamento
prevede che la compensazione possa avvenire anche ope legis, questa è regolata dalla stessa legge
dell’obbligazione rispetto alla quale la compensazione è fatta valere.

e) le conseguenze della nullità del contratto.

Fa riferimento sptt alle restituzioni cui le parti devono procedere inseguito alla pronuncia di invalidità.

LE DISPISIZIONI IN MATERIA DI PROVE

Come si legge nell’art 1.3, il reg non si applica alla prova e alla procedura, fatto salvo l’art 18.
Art 18.1, “onere della prova: La legge che disciplina un’obbligazione contrattuale ai sensi del presente
regolamento si applica nella misura in cui, in materia di obbligazioni contrattuali, stabilisca presunzioni legali o
ripartisca l’onere della prova”.

Le norme che dettano presunzioni legali, esimendo dalla prova la parte contrattuale che ne beneficia, hanno in
effetti carattere sostanziale, dato che contribuiscono a precisare le obbligaizioni dei contraenti (è qnt dice la
relazione alla convenzione di Roma 1980). Sarebbe pertanto illogico escluderne l’applicazione ove siano
presenti nella legge richiamata a regolare il contratto.

Il dubbio è se possa dirsi che il nostro art 2697 c.c. (chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provarne i fatti
che ne costituiscono il fondamento) sia da considerare ai fini dell’art 18.1 come una disposizione che ripartisce
l’onere della prova in materia di obbligazioni contrattuali, così che essa debba attenersi in luogo di una diversa
previsione di una lex fori, il giudice di qualsiasi altro Stato comunitario di fronte al quale venisse richiesto
l’adempimento di un’obbligazione contrattuale regolata dal diritto italiano. A questo interrogativo sembrerebbe
che si possa rispondere di sì. (?)

Art 18.2 “Il contratto o un atto giuridico possono essere provati con ogni mezzo di prova ammesso tanto dalla
legge del foro quanto da una delle leggi di cui all’art 11 secondo la quale il contratto o l’atto è valido quanto alla
forma, sempreché il mezzo di prova di cui si tratta possa essere impiegato davanti al giudice adito”.

Il par riguarda l’ammissibilità dei mezzi di prova del contratto. Ispirandosi al principio del favor negotii, l’art
consente che siano usati in aggiunta ai mezzi di prova previsti dalla lex fori, anche i mezzi previsti dalla legge
(tra quelle richiamate dalla lex fori) alla luce della quale l’atto risulta valido qnt alla forma, purché si tratti di un
mezzo di prova utilizzabile davanti al giudice adito (ossia nn escluso dalla lex fori). Questa clausola permette al
giudice di negare senz’altro l’ammissibilità di mezzi di prova che la sua legge processuale esclude in via
generale.

CESSIONE DI CREDITO, SURROGAZIONE, OBBLIGAZIONI SOLIDALI

CESSIONE DI CREDITO E SURROGAZIONE CONVENZIONALE


Art 14: “1. I rapporti tra cedente e cessionario o tra surrogante e surrogato nell’ambito di una cessione o di una
surrogazione convenzionale di credito nei confronti di un altro soggetto («il
debitore») sono disciplinati dalla legge che, in forza del presente regolamento, si applica al contratto che li
vincola”.

La disposizione non riguarda solo i crediti di carattere pecuniario. Il par 3 riconduce alla nozione di cessione
anche trasferimenti definitivi di crediti, i trasferimenti di crediti a titolo di garanzia nonché gli impegni e altri
diritti di garanzia sui crediti.

Per qnt riguarda l’Italia appaiono dunque riconducibili all’art 14 reg oltre alla cessione del credito (1260 cc),
anche il contratto di cessione dei crediti d’impresa (factoring) e la cartolarizzazione dei crediti.
Ai fini della disciplina del conflitto rileva il coinvolgimento di 3 soggetti:
o cessione di credito: il creditore cedente (A) trasferisce al cessionario (B) il credito che vanta nei cfr del
debitore (C).
 art 14.1: i rapporti tra A e B sono disciplinati dalla legge che si applica al contratto che li vincola,
cioè quello con cui viene disposta la cessione.
 art 14.2: I rapporti tra B e C sono disciplinati dalla legge che regolava il contratto e il rapporto tra A
e C.
o surrogazione: il terzo (B) paga al creditore (A) il debito del debitore (C). B a seguito del pagamento
subentra ad A nelle pretese verso C e assume così la posizione di surrogato. L’art 14 prevede il caso in cui
la surrogazione avvenga in forza di una convenzione tra B e A che assume il ruolo di surrogante: i rapporti
tra B e A sono disciplinati dalla legge che si applica a questo contratto

SURROGAZIONE LEGALE
Art 15: “Qualora, in virtù di un’obbligazione contrattuale, un soggetto, il creditore, vanti diritti nei confronti di
un altro soggetto, il debitore, e un terzo sia tenuto (ex lege) a soddisfare il creditore, ovvero il terzo abbia
soddisfatto il creditore in esecuzione di questo obbligo, la legge applicabile a tale obbligo (ex lege) determina se
e in quale misura questi possa esercitare nei confronti del debitore i diritti vantati dal creditore nei confronti del
debitore in base alla legge che disciplina i loro rapporti”. Quindi siamo in presenza di 2 leggi:
1. quella applicabile al rapporto tra debitore e creditore
2. quella che prevede l’obbligo del 3° di soddisfare il creditore, legge che regola poi il rapporto tra 3° e
debitore.

OBBLIGAZIONI SOLIDALI
L’art 16 si occupa delle obbligazioni solidali passive e in particolare dell’azione di regresso nei cfr degli altri
debitori: azione che spetta al solvens, cioè a qll dei coobbligati che ha provveduto a soddisfare il creditore.

La legge regolatrice del rapporto tra il solvens e il creditore deve regolare il diritto di regresso, MA i debitori
coobbligati possono far valere nei cfr del solvens che esercita l’azione di regresso le eccezioni che avrebbero
potuto opporre al creditore originario nella misura consentita dalla legge regolatrice del loro rispettivo rapporto
col creditore.

LE NORME DI FUNZIONAMENTO (RINVIO, ORDINE PUBBLICO...)

Le previsioni della legge italiana 218/1995 in tema di rinvio (art 13) e di richiamo di ordinamenti plurilegislativi
(art 18) cedono il passo di fronte a difformi previsioni del regolamento.

NON ACCOGLIMENTO DEL MECCANSMO DI RINVIO


Art 20, “Esclusione del rinvio: Qualora il presente regolamento prescriva l’applicazione della
legge di un paese, esso si riferisce all’applicazione delle norme giuridiche in vigore in quel paese, ad esclusione
delle norme di diritto internazionale privato, salvo che il presente regolamento
disponga altrimenti”.

Una soluzione al qnt diversa da qll accolta dal legislatore italiano. Conviene peraltro notare che la divergenza
risulta meno radicale di quello che sembra, dato che il nostro art 13 esclude il rinvio laddove la legge applicabile
sia stata scelta dai contraenti, e il reg fa larghissimo spazio all’autonomia dei contraenti nella determinazione
della legge applicabile.

“Salvo che il presente regolamento disponga altrimenti”  fa riferimento all’art 7, che in alcune ipotesi di
contratti di assicurazione circoscrive l’ambito dell’optio legis consentita alle parti contraenti, prevedendo
peraltro che, ove la legge prescelta ammetta un + ampio ventaglio di opzioni, di ciò le parti possano avvalersi: in
pratica se le parti, cui è consentito di scegliere solo la legge di A o di B, scelgono la legge di B e questa consenta
che la scelta cada anche su altre leggi, per es quella di C o di D, le parti avvalendosi di questa più ampia libertà
di scelta possono validamente optare per la legge di D.

RICHIAMO DIRETTO DEL SOTTO-ORDINAMENTO IN CASO DI ORDINAMENTI PLURISOGGETTIVI A BASE


TERRITORIALE
Quanto al richiamo di ordinamenti plurisoggettivi, a differenza di quella accolta nel nostro art 18, la soluzione
dell’art 22 del Reg stabilisce che se uno Stato si compone di + unità territoriali ciascuna delle quali possiede
proprie norme in materia di obbligazioni contrattuali, il richiamo operato dalle norme del Reg è da intendersi
come direttamente rivolto a ognuna di tali unità.

IL LIMITE DELL’ORDINE PUBBLICO


Art 21: “Ordine pubblico del foro: L’applicazione di una norma della legge di un paese designata dal presente
regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine
pubblico del foro”.

La soluzione risulta omogenea a quella accolta dall’art 16.1 l. 218/1995, ma il nostro 2° comma prevede qcs di
ignoto al Reg, stabilendo che, se la legge straniera non è applicabile perché i suoi effetti sarebbero contrari
all’ordine pubblico, i nostri giudici applichino la legge richiamato mediante altro criterio di collegamento
eventualmente previsto per la medesima ipotesi normativa e, solo ove ciò non sia concretamente possibile,
ricorrano alla legge italiana. Il reg nn prevede ciò ma nemmeno dispone in maniera difforme. Di fronte a qst
silenzio ci si deve chiedere se, in una controversia in materia di obbligazioni contrattuali, constata la
inapplicabilità del diritto straniero scelto dalle parti, il giudice italiano debba decidere in base al nostro diritto
materiale o debba applicare il diritto straniero richiamato in sequenza dal Reg mediante l’art 4 del reg. Questa
seconda soluzione sembra preferibile ed è anche stata adottata dalla Cassazione in una sentenza del 2002.

LE OBBLIGAZIONI NON CONTRATTUALI


La disciplina delle obbligazioni non contrattuali tra diritto UE e diritto nazionale
L 218/1995 (Capo XI, Titolo III)  obbligazioni da fatto illecito e negozi giudici unilaterali.
Regolamento 864/2007 (Roma II): non sono molte le fattispecie che ne restano al di fuori dell’ambito di
applicazione. A differenza del Reg Roma I, non è incorporato nella nostra legge e dunque è applicabile solo
nella misura in cui lo è proprio vigore.

SEZIONE I: IL REGOLAMENTO (CE) SULLA LEGGE APPLICABILE ALLE OBBLIGAZIONI EXTRACONTRATTUALI


(ROMA II)
Genesi del regolamento Roma II
I lavori in materia iniziano negli anni ’70 sulla scia dell’opera uniformatrice del diritto internazionale privato (ric
Convenzione Bruxelles è del 1968), ma solo nel 2003 la Commissione presenta la proposta di regolamento c.d.
Roma II (in qnt atto II, volto a completare le norme di conflitto racchiuse nella convenzione di Roma del 1980).
In tale proposta si tiene conto del fatto che quasi tutti i membri applicano di regola la lex loci delicti commissi, e
incontrano difficoltà nel caso di illeciti complessi (in cui il fatto generatore della resp e il danno si verificano in
Stati diversi).
Se in passato si dava maggior peso al luogo in cui era avvenuto il fatto, oggi se ne dà a quello in cui il danno si è
prodotto e molti Stati consentono al danneggiato la facoltà di scegliere la legge più favorevole. Qst soluzione
peraltro è conforme alla CG che nell’interpretazione dell’art 5 Buxelles I ha stabilito che il danneggiato-attore
può convenire il responsabile dav al giudice dello Stato in cui il fatto si è verificato o il danno si è prodotto. Nel
2005 il Parlamento europeo propone emendamenti drastici e nel 2006 la Commissione presenta nuova proposta,
che sfocia nel Reg (CE) 864/2007, Roma II. Ex art. 297 TFUE è entrato in vigore dp 20 giorni dalla
pubblicazione in G.U e si applica (artt. 31,32) ai fatti verificatisi dp.
COMPLEMENTARIETÀ REG ROMA I E II E BRUXELLES  “il corretto funzionamento del mercato interno esige
che le regole di conflitto di leggi in vigore negli Stati membri designino la medesima legge nazionale quale che
sia il Paese del giudice adito onde favorire la prevedibilità dell’esito delle controversie giudiziarie, la certezza
circa la legge applicabile e la libera circolazione delle sentenze” (considerando 6 di Roma II).
CARATTERE UNIVERSALE (art 3): “ la legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia
quella di uno Stato membro”. Non si distingue tra fattispecie totalmente interne all’UE ed extracomunitarie,
salvo in relazione ai limiti posti alla libertà di scelta della legge applicabile (art 14.3). Implicazioni: sostituzione
in toto delle pertinenti norme di conflitto dei singoli Stati membri (meno Danimarca); impox per gli Stati di
contrarre obblighi internazionali in qst campo.
Ambito di applicazione
Art 1 par 1: “Il presente reg si applica, in circostanze che comportino un conflitto di leggi, alle obbligazioni
extracontrattuali in materia civile e commerciale. Non si applica in particolare, alle materie fiscali, doganali o
amministrative né alla responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure
imperii)”.
1) conflitto di leggi: sia intracomunitario che non (es il giudice italiano investito della controversia lo dovrà
applicare nel caso di obbligazione derivante da atti di concorrenza sleale ai danni di un’impresa italiana
posti in essere da un’altra impresa italiana all’estero). NB Risulta applicabile anche nelle ipotesi di
obbligazioni interne, ma in relazione alle quali le parti hanno scelto come legge regolatrice quella di un
altro Stato (art 14.2).

2) materia civile e commerciale: l’esclusione delle questioni attinenti alla responsabilità amministrativa
deriva dalla volontà di non sottoporle alla legge di un altro Stato. La stessa precisazione si trova nel reg.
805/2004.

Art 1 par 2: contiene un elenco di esclusioni in via di eccezione (la loro interpretazione deve quindi essere
restrittiva)  obbligazioni extracontrattuali che derivano da:
a) rapporti di famiglia o da rapporti che secondo la legge applicabile a tali rapporti hanno effetti comparabili,
comprese le obbligazioni alimentari;
b) regimi patrimoniali tra coniugi, da regimi patrimoniali relativi a rapporti che secondo la legge applicabile a
questi ultimi hanno effetti comparabili al matrimonio, nonché dalle successioni;
c) cambiali,assegni, vaglia cambiari ed altri strumenti negoziabili, nella misura in cui le obbligazioni derivanti
da tali altri strumenti risultano dal loro carattere negoziabile;
d) diritto delle società, associazioni e persone giuridiche, su aspetti quali la costituzione, tramite registrazione o
altrimenti, la capacità giuridica…
e) rapporti tra i costituenti, i fiduciari e i beneficiari di un trust costituito per iniziativa volontaria;
f) danno nucleare: esclusione che si giustifica per l’entità degli interessi in gioco.
g) violazioni della vita privata e dei diritti della personalità, compresa la diffamazione: si applica L 218, in
particolare l’art 24 che sottopone le conseguenze della violazione dei diritti della personalità alla legge
applicabile alla resp per fatto illecito  art 62.

Art 1 par 3: “Il presente reg non si applica alla prova e alla procedura, fatti salvi gli artt. 21 e 22”.
NOZIONE DI OBBLIGAZIONE EXTRACONTRATTUALE:

Art 2: ai fini del presente reg, il danno comprende ogni conseguenza derivante da fatto illecito, arricchimento
senza causa, negotiorum gestio o culpa in contraendo. Si applica e anche alle obbligazioni extracontrattuali che
possono sorgere, nonché qualsiasi riferimento nel reg, a:
a) un fatto che dà origine al danno comprende i fatti che possono verificarsi che danno origine a danni;
b) un danno comprende i danni che possono verificarsi.

Tale articolo nella sua formulazione non chiarissima vuole ricondurre nell’ambito della nozione i “quasi delitti”.
Grazie anche alla giurisprudenza della Corte alla nozione sono da ricondurre tutti quei rapporti sorti a seguito
della lesione di un bene (diritto o interesse) protetto dalla legge, sorti non sulla base volontaria, tra soggetti x lo
più indeterminati,anche eventualmente legati da una preesistente relazione, contrattuale o meno.
Per quanto ci riguarda non sono riconducibili alcune fattispecie che il nostro ordinamento qualifica come
obbligazioni extracontrattuali (art 1173 c.c.): es promesse unilaterali espressamente escluse dall’art 1 par 2 a cui
rimane applicabile la legge 218. Il Reg Roma II quindi: sostituisce in toto l’art 63 (responsabilità
extracontrattuale per danno da prodotto) e in parte artt. 61 e 62.
Principi-cardine per la determinazione della legge applicabile
1) Localizzazione spaziale: collegamento della residenza abituale (artt. 19 Roma I e 23 Roma II) a differenza di
qnt fa Bruxelles che dà rilievo al domicilio come titolo di giurisdizione.

2) Principio di prossimità:

o LA CLAUSOLA D’ECCEZIONE: introduce flessibilità, consentendo di applicare la legge di uno Stato


diverso da quello in principio indicato ove risulta dal complesso di circostanze del caso che
l’obbligazione presenta con quello Stato collegamenti manifestamente più stretti.
o IL C.D. COLLEGAMENTO ACCESSORIO: l’obbligazione extracontrattuale che risulti collegata a un relazione
preesistente tra le parti (di solito contratto) viene attratta dalla legge regolatrice di tale relazione.
Es. artt. 4,5 che contengono la c.d. clausola di salvaguardia  “un collegamento manifestamente più
stretto potrebbe fondarsi su una relazione preesistente tra le parti quale un contratto che presenti stretto
collegamento con fatto illecito”.
NB il collegamento accessorio in qst ipotesi (come anche negli artt. 10-12) è subordinato al criterio del
collegamento più stretto.
L’impiego di tale criterio permette di assoggettare tutte le pretese delle parti a una stessa legge 
semplificazione e nessun problema di qualificazione come contrattuale o meno degli elementi della
fattispecie.
o AUTONOMIA PRIVATA: (artt. 3 Roma I e 14 Roma II). Previsione di collegamenti in concorso successivo
(vedi paragrafo successivo).

3) Considerazioni materiali: ad esse sono ispirate norme che disciplinano profili formali o processuali delle
fattispecie obbligatorie. Raramente è manifestato favor per la parte debole quanto piuttosto equilibrio tra gli
interessi.

Segue: la libertà di scelta


Art 14 par 1: le parti pox convenire di sottoporre l’obbligazione extracon ad una lex di loro scelta
PARTI: non solo presunto responsabile e vittima, ma altri quali assicuratore del responsabile, terzo in qualità di
surrogato.
DIVIETO ECCEZIONALE DI DEROGA ALLA LEGGE APPLICABILE ATTR UN ACCORDO per obbligazioni derivanti da
atti di concorrenza sleale e da violazione dei diritti di proprietà intellettuale (artt.6,8).

a) con un accordo posteriore al verificarsi del fatto che ha determinato il danno;o


La SCELTA può ricadere sulla legge di qualsiasi Stato (art 3) e deve essere fatta ex post. L’ultimo
momento per effettuare la scelta va valutato alla luce della lex fori (secondo il diritto processuale italiano
è l’udienza di precisazione delle conclusioni del proc 1° grado).

b) se tutte le parti esercitano un’attività commerciale, anche mediante un accordo liberamente negoziato
prima del verificarsi del fatto che ha determinato il danno.
Le parti sono reciprocamente legate da vincoli contrattuali. La previsione consente di sottoporre a
un’unica disciplina obbligazioni contrattuali e non. In teoria non dovrebbe essere possibile inserire
l’indicazione tra le condizioni generali del contratto (vedi dizione “accordo liberamente negoziato”)
unilateralmente predisposte. La scelta può essere non solo espressa ma anche implicita laddove risulti in
modo non equivoco dalle circostanze.

La scelta è espressa o risulta in modo non equivoco dalle circostanze del caso di specie e non pregiudica i diritti
dei terzi (creditori della parte lesa, l’assicuratore del presunto responsabile).

OPTIO IURIS E COLLEGAMENTO ACCESSORIO: qnd l’obbligazione extracontrattuale è collegata a un contratto


precedentemente stipulato tra le parti e sottoposto a legge da loro scelta? Si ritiene che non debba cmq
contrastare l’art 14.1. Nel caso in cui le parti facciano nel contratto riferimento a norme internazionali uniformi o
diritto non statale si può parlare di recezione negoziale come si fa per le obbligazioni contrattuali.

Non vi è menzione del FRAZIONAMENTO VOLONTARIO DELLA FATTISPECIE, ma va ritenuto possibile anche alla
luce di Roma I. Pur nel silenzio del regolamento l’esistenza o validità del pactum va valutata in base alla legge
applicabile ove qst fosse valido. Per validità formale e capacità delle parti bisogna applicare Roma I proprio
perché di accordo si tratta (artt.11,13).

Par 2 (frode alla legge dello Stato) “qualora tutti gli elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel
momento in cui si verifica il fatto che determina il danno, in un Paese diverso da quello la cui legge è stata
scelta, la scelta effettuata dalle parti non pregiudica l’applicazione delle disposizioni alle quali la legge di tale
diverso paese non permette di derogare convenzionalmente”.

Par 3 (frode al diritto comunitario) “qualora tutti gli elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel
momento in cui si verifica il fatto che determina il danno, in uno o più Stati membri, la scelta di una legge
applicabile diversa da quella di uno Stato membro ad opera delle parti non pregiudica l’applicazione delle
disposizioni del diritto comunitario, se del caso, nella forma in cui sono applicate nello Stato membro del foro,
alle quali non è permesso derogare convenzionalmente”.
Obbligazioni da fatto illecito
Considerando 15: “Se il principio della lex loci delicti commissi rappresenta la soluzione di base in materia di
obbligazioni extracontrattuali in quasi tutti gli Stati membri, questo principio viene applicato in pratica in modo
differenziato in caso di dispersione degli elementi della fattispecie tra vari paesi. Questo stato di cose genera
incertezza circa la legge applicabile”.
Considerando 16: “Norme uniformi dovrebbero migliorare la prevedibilità delle decisioni giudiziarie e
assicurare un ragionevole equilibrio tra gli interessi del presunto responsabile e quelli della parte lesa. Il
collegamento con il paese sul cui territorio il danno diretto si è verificato (lex loci damni) determina un giusto
equilibrio fra gli interessi del presunto responsabile e quelli della parte lesa, oltre a corrispondere alla moderna
concezione del diritto della responsabilità civile e all’evoluzione dei sistemi di responsabilità oggettiva”.
Risulta superata la giurisprudenza in materia di foro dell’illecito che consentiva di agire anche davanti al giudice
del luogo in cui l’evento dannoso era avvenuto. In materia di giurisdizione la Corte di Giustizia accoglieva la
C.D. TEORIA DELL’UBIQUITÀ DELL’ILLECITO, considerato verificato:
 Tanto nel luogo in cui è avvenuto il fatto (locus delicti commissi)
 Quanto in quello in cui si è manifestato l’evento dannoso (locus damni)

Considerando 17: “La legge applicabile dovrebbe essere determinata sulla base del luogo in cui si verifica il
danno, a prescindere dal paese o dai paesi in cui potrebbero verificarsi le conseguenze indirette. Pertanto, in caso
di lesioni alla sfera personale o danni patrimoniali, il paese in cui il danno si verifica dovrebbe essere il paese in
cui è stata rispettivamente subita la lesione alla sfera personale o si è verificato il danno patrimoniale.”
NORMA GENERALE in materia di illeciti è l’art 4:
Par 1: “salvo se diversamente previsto nel presente reg (previsioni specifiche: considerando 17 e art 14), la legge
applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno
si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere
dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze indirette di tale fatto”.
Per gli illeciti complessi, cioè quelli che vengono compiuti in tutto o in parte in uno Stato, ma le cui conseguenze
si verificano in uno o più Stati diversi, sembra corretta un’applicazione distributiva del locus damni. Ove vi siano
danni in Stati diversi, le leggi dei diversi Stati disciplineranno il risarcimento danni che in ciascuno si sono
realizzati  si segue la soluzione del c.d. trattamento a mosaico. Qst teoria è accolta a livello giurisprudenziale
in relazione alla giurisdizione. In relazione alla legge applicabile, ove la legge disciplini anche i presupposti
dell’insorgere della responsabilità, possono esserci problemi e soluzioni contrastanti. C’è quindi chi è favore
dell’applicazione in qst caso del par 3.
Par 2: “tuttavia, qualora il presunto responsabile e la parte lesa risiedano abitualmente nello stesso paese nel
momento in cui il danno si verifica, si applica la legge di tale paese”.
In qst casi è quasi del tutto irrilevante il fatto che l’incidente (es collisione tra sciatori, ma anche incidente
stradale) dal quale deriva la pretesa risarcitoria si sia verificato nel territorio di un altro Stato. NB l’art 17 dà
rilievo a qst aspetto (vedi dopo).
Par 3 “se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto illecito presenta collegamenti
manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui ai par 1 o 2, si applica la legge di quest’altro
paese (clausola derogatoria). Un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese potrebbe fondarsi
segnatamente su una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto, che presenti uno stretto collegamento
con il fatto illecito in questione (collegamento accessorio)”.
La valutazione della “prossimità” va effettuata ex ante, sulla base delle caratteristiche soggettive e oggettive
dell’illecito. La stessa disposizione precisa che l’eventuale esistenza di un legame tra i soggetti coinvolti è
rilevante  consente applicazione di un’unica legge per il complesso di rapporto giuridici esistenti tra le parti.
Segue: obbligazioni da incidente stradale
Manca una disciplina ad hoc. Qst ha portato il Parlamento a presentare un emendamento che lasciasse gli Stati
membri liberi di decidere se applicare il Regolamento o la Convenzione dell’Aja del1971 sulla legge applicabile
agli incidenti stradali: per la quantificazione dei danni fisici sarebbero cmq state applicabili le norme vigenti
nello Stato di residenza abituale della vittima “a meno che ciò non sia iniquo”. La questione è dibattuta e vigono
all’interno dell’UE due discipline internazionalprivatistiche:
 Per i 12 membri che erano parte alla Convenzione al mom dell’adozione del regolamento, qst non osta
all’applicazione della stessa (art 28)
 Per gli altri in assenza di optio legis, la legge applicabile andrà individuata in base all’art 4 del
regolamento, ferma restando la necessità di tenere conto ai fini della quantificazione delle norme sulla
sicurezza vigente nel luogo dell’incidente (art 17). Nel caso in cui si tratti di lesione personale, il
considerando 33 dispone che “è opportuno che, nel quantificare i danni per lesione alla persona qualora
l’incidente abbia luogo in uno Stato diverso da quello di residenza abituale della vittima, il giudice adito
tenga conto di tutte le circostanze di fatto riguardanti la vittima, compreso l’effettivo lucro cessante e le
spese del trattamento medico e riabilitativo”. Qst previsione è tesa ad evitare che la vittima riceva (sulla
base lex delicti commissi) un risarcimento solo parziale, laddove la legge della sua residenza abituale
potrebbe essere più favorevole  non è da escludere che in qst caso il G invochi il limite dell’ordine
pubblico per nn applicare la legge ex art 4.
In tema di risarcimento vedi anche artt. 18,19.

Responsabilità da prodotti (art 5)


Le norme artt. 5-9 non sono speciali rispetto alla norma generale dell’art 4 qnt piuttosto ne costituiscono
integrazioni e complementi  NON sn quindi soggette ad un’interpretazione restrittiva, ma funzionale rispetto
alle finalità perseguite dal legislatore comunitario.
L’art 5 riguarda solo la resp da illecito e non anche la resp contrattuale cui possono dare luogo eventuali vizi
della cosa: è suscettibile di aggiungersi a qst ultima, ma può anche prescinderne e consentire alla vittima di
rivolgersi direttamente al produttore della cosa difettosa. Il VIZIO del prodotto comprende quello delle sue
istruzioni d’uso.
NOZIONE DI PRODOTTO/PRODUTTORE: qualificazione autonoma dalla direttiva 85/374/CEE (1985) in materia
di resp oggettiva per prodotti difettosi:
Art 2: per “prodotto” s’intende ogni bene mobile, ad eccezione dei prodotti agricoli naturali e dei
prodotti della caccia, anche se forma parte di un altro bene mobile o immobile, anche l’elettricità.

Art 3: per “produttore” s’intende il fabbricante di un prodotto finito, il produttore di una


materia prima o il fabbricante di una parte componente, nonché ogni persona che, apponendo il proprio
nome, marchi marchio o altro segno distintivo sul prodotto, si presenta come produttore dello stesso.
Senza pregiudizio della responsabilità del produttore, chiunque importi un prodotto nella UE ai fini della
vendita, della locazione, del « leasing » o di qualsiasi altra forma di distribuzione nell'ambito della sua
attività commerciale, è considerato produttore del medesimo ai sensi della presente direttiva ed è
responsabile allo stesso titolo del produttore. Quando non può essere individuato il produttore del
prodotto si considera tale ogni fornitore a meno che quest'ultimo comunichi al danneggiato, entro un
termine ragionevole, l'identità del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto. Le stesse
disposizioni si applicano ad un prodotto importato, qualora questo non rechi il nome dell'importatore,
anche se è indicato il nome del produttore.

Art 6: per “prodotto difettoso” s’intende: uno che non offre la sicurezza che ci si può legittimamente
attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui:
a) La presentazione del prodotto,
b) b) l'uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato,
c) c) il momento della messa in circolazione del prodotto.
Un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più
perfezionato sia stato messo in circolazione successivamente ad esso.
Il prodotto è considerato messo in circolazione qnd è consegnato all’acquirente,utilizzatore o ausiliario
(anche in visione o in prova); l’onere della prova è ripartito tra danneggiato e produttore.

In via generale l’art 4 richiama la legge dello Stato in cui il danno si verifica, ma in qst caso non è molto utili
data la dispersone dei possibili elem di connessione. Per gli Stati che erano parte alla Conv Aja del 1973 su qst
argomento è in vigore la convenzione in forza dell’art 28 (tra qst nn c’è l’Italia).
CRITERI IN CONCORSO SUCCESSIVO utilizzati dal regolamento sono (par 1):
1) Residenza abituale comune: l’art 5 fa salvo l’art 4 par 2 “..qualora il presunto responsabile e la parte lesa
risiedano abitualmente nello stesso paese nel momento in cui ildanno si verifica, si applica la legge di
tale paese”.

2) Luogo di commercializzazione del prodotto: il fatto che il danneggiato non possa scegliere la legge
applicabile deriva dal fatto dell’UE fanno parte Stati esportatori e quindi vuole tutelare i produttori.
Nozione: Sent della C.G. (2006 O’Byrne vs Pasteur): “un prodotto è stato messo in circolazione qnd è
uscito dal processo di fabbricazione messo in atto dal produttore ed è entrato in un processo di
commercializzazione in cui si trova nello stato offerto al pubblico per essere utilizzato o consumato..” 
escluso xciò il caso di cessione da privato a privato.

a) “la legge del paese in cui la persona che ha subito il danno risiedeva abitualmente quando si è
verificato il danno, se il prodotto è stato commercializzato in tale paese”

b) “la legge del paese in cui è stato acquistato il prodotto, se il prodotto è stato commercializzato in
tale paese”  sottopone i fornitori operanti nello Stato in cui il prodotto è stato venduto al
medesimo regime di resp. La nozione di acquisto va intesa in senso ampio.

c) “la legge del paese in cui il danno si è verificato, se il prodotto è stato commerciato in tale paese”.

CLAUSOLA DI PREVEDIBILITÀ (Par 1 pt II): si applica tuttavia la legge del paese in cui il presunto responsabile
risiede abitualmente qualora tale persona non potesse ragionevolmente prevedere la commercializzazione del
prodotto o di un prodotto dello stesso tipo nel paese la cui legge è applicabile ai sensi delle lettere a,b,c. L’art
63 L 218 è molto esplicito a riguardo, ma anche per il regolamento è pacifico che l’onere della prova grava sul
produttore.

CLAUSOLA D’ECCEZIONE (par 2): se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto
illecito presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui al par 1, si applica
la legge di quest’altro paese. Un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese potrebbe fondarsi
segnatamente su una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto, che presenti uno stretto collegamento
con il fatto illecito in questione.

NB ricorda che le parti hanno libertà di scelta ex art 14.

Concorrenza sleale (art 6)


Due considerazioni:

Art 6 par 4 “non si può derogare alla legge applicabile in virtù del presente articolo con un accordo ai
sensi dell’art 14”.
Negli Stati UE sono presenti autorità antitrust tenute a un controllo sulle attività e pratiche degli
operatori sulla base di normative territoriali e per lo più di applicazione necessaria e pertanto idonee ad
escludere le normative di altri Stati.
L’art 6 distingue tra:
 Concorrenza sleale (par 1,2)
 Atti limitativi della concorrenza (par 3)
Tre funzioni: protezione concorrenti (dimensione orizzontale), consumatori e pubblico ( dimensione verticale),
corretto funzionamento del mercato.
La NOZIONE può essere desunta dalla relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel
mercato interno. La pratica è sleale se (art 5):
a) è contraria alle norme di diligenza professionale,
b) falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del
consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la
pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.

Tale definizione non comprende i comportamenti definiti dal regolamento “atti limitativi della concorrenza”  il
considerando 23 chiarisce che “la nozione di restrizione della concorrenza dovrebbe comprendere divieti di
accordi tra imprese, decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate che abbiano per oggetto o per
effetto di impedire restringere o falsare il gioco della concorrenza in uno Stato membro o nel mercato interno,
nonché il divieto di abusare di una posizione dominante nell’ambito di uno Stato membro o del mercato interno,
quando tali accordi, decisioni, pratiche concordate e abusi di posizione dominante siano vietati dagli artt. 81 e 82
del trattato o dalla legge di uno Stato membro”.
CONCORRENZA SLEALE  CRITERI:
1) La legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale che deriva da un atto di concorrenza sleale è
quella del paese sul cui territorio sono pregiudicati, o rischiano di esserlo, i rapporti di concorrenza o gli
interessi collettivi dei consumatori (par 1). Se l’ambiente economico comprende il territorio di più Stati
la controversia è sottoposta ad un unico giudice, questi applicherà il trattamento a mosaico (applicazione
distributiva delle leggi di due o più Stati). Non vanno considerati gli effetti indiretti ai fini della legge
applicabile.
E’ applicabile ai provvedimenti inibitori richiesti dalle associazioni di consumatori (in linea con la
giurisprudenza della CG che attribuisce giurisdizione per tali richieste anche al foro dell’illecito).

2) Qualora un atto di concorrenza sleale leda esclusivamente gli interessi di un dato concorrente, si applica
l’art 4 (par 2) : nel caso di spionaggio,corruzione,divulgazione di un segreto commerciale, etc sarà
applicabile la legge del locus damni o quella del luogo di residenza abituale comune delle parti, a meno
che non risulti un collegamento manifestamente più stretto con un altro Stato.

ATTI LIMITATIVI DELLA CONCORRENZA  CRITERI


3) Il criterio del mercato interessato (par 3):
a) La legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale che deriva da una restrizione della
concorrenza è quella del paese sul cui mercato la restrizione ha o potrebbe avere effetto.
b) Qualora la restrizione abbia o possa avere effetto sul mercato di più di un paese, chi promuove
un’azione di risarcimento danni dinanzi al giudice del domicilio del convenuto può invece scegliere
di fondare le sue pretese sulla legge del giudice adito, purché il mercato in tale Stato membro sia tra
quelli direttamente e sostanzialmente interessati alla restrizione della concorrenza da cui deriva
l’obbligazione extracontrattuale su cui si basa la pretesa; se l’attore agisce nei confronti di più di un
convenuto dinanzi a detto giudice conformemente alle norme applicabili in materia di competenza
giurisdizionale, può scegliere di fondare la sua pretesa esclusivamente sulla legge di tale giudice (lex
fori) qualora la restrizione della concorrenza su cui si basa la pretesa contro ciascuno di detti
convenuti interessi direttamente e sostanzialmente anche il mercato dello Stato membro di tale
giudice.

Danno ambientale (art 7)


NOZIONE (considerando 24): “dovrebbe intendersi il mutamento negativo di una risorsa naturale, come l’acqua,
il terreno o l’aria, il deterioramento di una funzione svolta da tale risorsa naturale a vantaggio di un’altra risorsa
naturale o del pubblico, oppure il deterioramento della variabilità tra gli organismi viventi”.
Numerose convenzioni sono state stipulate al fine di stabilire un comune standard minimo di protezione
ambientale e di risarcibilità dei danni, ma nella > parte dei casi riguardano specifiche categorie di incidenti.
L’art 7 è l’unica basato sulla c.d. ubiquità dell’illecito, sulla considerazione che come locus delicti vanno intesi:
 Il luogo in cui si è prodotto l’illecito (teoria dell’azione);
 Il luogo in cui si è verificato il danno (teoria dell’evento).

Giurisprudenza comunitaria in termini di giurisdizione: caso MINES DE POTASSE.


Riguardava proprio un danno ambientale. L’azione di risarcimento era stata proposta in Olanda da orticultori
locali, con l’intervento della Fondazione Rainwater avente come fine sociale il miglioramento della qualità
dell’acqua nel Reno, vs impresa che nel territorio francese aveva scaricato rifiuti salini di lavorazione nel fiume.
Luogo d’azione era la Francia, mentre luogo dell’evento era l’Olanda.
L 218 (art 62) fa propria qst teoria però in termini generalizzati (“per fatto illecito”) in termini di legge
applicabile.
CRITERI:
1) Locus damni: “la legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale che deriva da danno ambientale o da
danni arrecati alle persone o ai beni per effetto di un tale danno è quella risultante dall’arti 4 par 1”  si
applica perciò la legge dello Stato in cui il danno si verifica indip dal Paese nel quale è avvenuto il fatto che
ha dato origine al danno.

2) Locus actus: “a meno che la persona che chiede il risarcimento dei danni scelga di fondare le sue pretese
sulla legge del paese in cui il fatto che ha determinato il danno si è verificato”.
Nozione di “actus”:
Resp non oggettiva:
o Azione: ciò che conta è l’attività esecutiva e non quella meramente preparatoria. Se è stata
compiuta in più Stati il danneggiato può optare per l’applicazione della legge di uno qualsiasi;
o Omissione:si applica la legge dello Stato sul cui territorio il resp avrebbe dovuto agire il
responsabile.
Resp oggettiva: a scelta del danneggiato
o legge del luogo in cui la fonte del pericolo è sfuggita al controllo
o o quella del luogo in cui si è concretizzato l’astratto rischio provocato dal responsabile.

Resta da notare che il favor per x il danneggiato, in particolare per l’optio legis che spesso gli è unilateralmente
consentita, trova giustificazione nel fatto che il resp del danno trae in generale un grosso beneficio economico
dalla propria attività dannosa e in linea con il principio “chi inquina paga”. Si applica l’art 14 per qnt riguarda le
formalità. Il termine x l’optio ultimo segue la lex fori.
Art 17: “nel valutare il comportamento del presunto responsabile del danno prodotto si tiene conto, quale dato di
fatto e ove opportuno, delle norme di sicurezza e di condotta in vigore nel luogo e nel momento in cui si verifica
il fatto che determina la responsabilità”.
Il regolamento copre anche il c.d. danno ecologico (qualificato come attinente alla materia civile e non
amministrativa), ma non quello nucleare.
Violazione dei diritti di proprietà intellettuale (art 8)
Considerando 26: “quanto alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, sarebbe opportuno mantenere il
principio della lex loci protectionis, universalmente riconosciuto. Ai fini del presente regolamento, per «diritti di
proprietà intellettuale» si dovrebbero intendere, per esempio, il diritto d’autore, i diritti connessi, il diritto sui
generis alla protezione delle banche dati, nonché i diritti di proprietà industriale”.
Disciplina rigida:si discosta dalla disciplina generale dell’art 4 e non è suscettibile di deroga ad opera della
volontà delle parti.
CRITERIO del locus protectionis:
 Par 1: “la legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale che deriva da una violazione di un diritto
di proprietà intellettuale è quella del paese per il quale la protezione è chiesta”.
Es. La contraffazione di un diritto di pr industriale verrà regolata in base alla legge dello Stato in cui il
brevetto è stato rilasciato, il marchio registrato, il modello depositato,etc.
Questo può portare alla coincidenza tra forum e ius: l’art 5 n° 3 di Bruxelles I consente di agire oltre che
nel foro del domicilio del convenuto, in materia di illeciti civili dolosi o colposi, dav al giudice del luogo
in cui è avvenuto o può avvenire. E probabile che le controversia siano sottoposte proprio a qst giudice
che in base all’art 8 è tenuto ad applicare il proprio diritto materiale.
 Par 2: In caso di obbligazione extracontrattuale che deriva da una violazione di un diritto di proprietà
intellettuale comunitaria a carattere unitario, la legge applicabile è quella del paese in cui è stata
commessa la violazione per le questioni non disciplinate dal relativo strumento comunitario.
Es. marchio comunitario, modelli comunitari, brevetto comunitario. Per qst diritti il locus protectionis è
il territorio comunitario unitariamente inteso e le obbligazioni sono sottoposte alle regole comunitarie
pertinenti = norme materiali e/o di conflitto contenute nei reg che hanno istituito tali diritti.

Attività sindacale (art 9)


La NOZIONE è rinvenibile nel Considerando 27: “ la nozione esatta di attività sindacale, quale lo sciopero o la
serrata, varia da uno Stato membro all’altro ed è definita secondo le norme di diritto interno di ciascuno Stato
membro. Pertanto, il presente regolamento si basa sul principio generale dell’applicazione della legge del paese
in cui l’attività sindacale ha avuto luogo al fine di tutelare i diritti e gli obblighi dei lavoratori e dei datori di
lavoro”.
Si deve tenere anche conto delle norme comunitarie in materia.
CRITERI:
1) criterio della residenza comune: “ fatto salvo l’articolo 4 par 2…”.

2) criterio del luogo: “… la legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale per quanto concerne la
responsabilità di una persona in qualità di lavoratore, datore di lavoro o organizzazione che rappresenta i
loro interessi professionali per danni causati da un’attività sindacale, prevista o conclusa, è quella del
paese in cui tale attività è destinata a svolgersi o si è svolta”.

NB rilievo alla volontà delle parti (art 14), mentre non è applicabile in assenza di un riferimento, il criterio del
collegamento più stretto.
Arricchimento senza causa e negotiorum gestio (artt. 10,11)
Le obbligazioni extracontrattuali da fatto lecito:
ci sono ordinamenti come il nostro che conoscono oltre all’azione generale di arricchimento, il
ragamento dell’indebito, gestione di affari altrui;
altri che conoscono solo l’arricchimento e la negotiorum gestio;
altri (come l’Inghilterra) che contempla l’unico istituto della restitution che ha carattere generale.

Il legislatore comunitario rinuncia alla enunciazione di una norma generale e si crea quindi un vuoto normativo,
nel senso che le eventuali sottocategorie di obbligazioni per fatto diverso dall’illecito, non inquadrabili nelle
tipizzazioni del regolamento, rimangono escluse dalla disciplina di diritto di conflitto uniforme. Es. per qst ci
riguarda, le promesse unilaterali (art 58 L 218).
Questo crea problemi anche in ordine a una qualificazione autonoma delle nozioni di arricchimento senza causa,
ripetizione dell’indebito e negotiorum gestio.
CRITERI:
1) Collegamento accessorio (par 1): la tecnica (a diff che nell’art 4) non è utilizzabile in via d’eccezione,
ma costituisce un autonomo metodo per l’individuazione della legge applicabile, da utilizzare in via di
principio.

 Art 10 e 11: “Ove un’obbligazione extracontrattuale derivante da un arricchimento senza causa


(compresa ripetizione dell’indebito) / negotiorum gestio, si ricolleghi a una relazione esistente
tra le parti, come quella derivante da un contratto o da un fatto illecito, che presenti uno stretto
collegamento con tale arricchimento senza causa, la legge applicabile è quella che disciplina tale
relazione”.
Es. arricchimento senza causa a seguito dell’altrui adempimento di un contratto nullo  la lex
contractus disciplina anche l’obbligo di restituire, in linea con l’art 12 Roma I. Dal momento che
tanto le relazione contrattuali qnt quelle non sono ora disciplinate da norme di conflitto
comunitarie, è assai limitato che il collegamento accessorio pregiudichi l’uniformità delle
soluzioni attraverso norme di conflitto nazionali (qst invece avviene nei rapporti patrimoniali tra
coniugi e successioni).

2) Residenza abituale (par 2):


 Art 10 e 11: “Quando la legge applicabile non può essere determinata in base al par 1 e le parti
hanno la loro residenza abituale nel medesimo paese nel momento in cui si verifica il fatto che
determina l’arricchimento senza causa/danno, si applica la legge di tale paese”.

3) Regola di chiusura (par 3):


 Art 10 e 11: “Quando la legge applicabile non può essere determinata in base ai paragrafi 1 o 2,
si applica la legge del paese in cui l’arricchimento senza causa si è prodotto/svolta la gestione di
affari”.

4) Clausola d’eccezione (par 4):


 art 10 e 11: “Se dal complesso delle circostanze del caso risulta che l’obbligazione
extracontrattuale che deriva da un arricchimento senza causa / negotiorum gestio presenta
collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui ai par 1, 2 e 3, si
applica la legge di quest’altro paese”.

NB Le passi possono accordarsi circa la legge applicabile (art 14).


Culpa in contraendo (art 12)
La qualificazione della responsabilità precontrattuale:
giurisprudenza CG:

CAUSA C 334/00 FONDERIE OFFICINE MECCANICHE TACCONI, la Corte afferma che “in un contesto
come quello della causa principale, caratterizzata dalla mancanza di impegni liberamente assunti da una parte nei
confronti di un'altra in sede di trattative dirette alla formazione di un contratto e dall'eventuale violazione di
norme giuridiche, in particolare di quella che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede nell'ambito di
tali trattative, l'azione con cui si fa valere la responsabilità precontrattuale del convenuto rientra nella materia
dei delitti o quasi delitti, ai sensi dell'art. 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles”. “Peraltro, occorre
rammentare che, ai sensi della giurisprudenza della Corte, la nozione di «materia contrattuale» di cui all'art. 5,
punto 1, della Convenzione di Bruxelles non può ricomprendere le fattispecie in cui non esista alcun obbligo
liberamente assunto da una parte nei confronti di un'altra”.
Infatti Roma I esclude tale resp dal suo ambito di applicazione.
Roma II

Considerando 30: “ è nozione autonoma e non dovrebbe necessariamente essere interpretata ai sensi del diritto
interno. Essa dovrebbe includere la violazione dell’onere di informare e l’ interruzione delle trattative
contrattuali. L’art 12 comprende solo le obbligazioni extracontrattuali che presentano un collegamento diretto
con le trattative precontrattuali. Ciò significa che, se durante le trattative precontrattuali una persona subisce
lesioni alla sfera personale, si dovrebbero applicare l’art 4 o altre disposizioni pertinenti del presente
regolamento”.
Dunque è riconducibile all’art 12 la responsabilità per danni derivanti da violazione dovere di correttezza,
lealtà,diligenza di un negoziato finalizzato alla conclusione di un contratto a prescindere dalla sua effettiva
conclusione.
Ferma restando la possibilità dell’optio legis ex art 14, secondo l’art 12
Par 1 (collegamento accessorio)  “la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali derivanti dalle
trattative precontrattuali … è la legge che si applica al contratto o che sarebbe stata applicabile al contratto se lo
stesso fosse stato concluso”.
Par 2 (regola di chiusura): quando la legge applicabile non può essere determinata in base al par 1, si applica:
a) Locus actus: la legge del paese in cui si verifica il danno, indipendentemente dal paese nel quale si è
verificato il fatto che ha determinato il danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si sono
verificate le conseguenze indirette del fatto; oppure
b) Residenza comune: se le parti hanno la loro residenza abituale nel medesimo paese nel momento in cui si
verifica il fatto che determina il danno, la legge di tale paese; oppure
c) Collegamento più stretto: se dal complesso delle circostanze del caso risulta evidente che l’obbligazione
extracontrattuale che deriva da trattative precontrattuali presenta collegamenti manifestamente più stretti
con un paese diverso da quello di cui alle lett. a,b, la legge di quest’altro paese.

Ambito della legge applicabile


L’art 15 contiene un’elencazione NON tassativa degli aspetti delle fattispecie obbligatorie regolati dalla legge
competente ex artt. 4-14.
a) la base e la portata della responsabilità, compresa la determinazione dei soggetti che possono essere
ritenuti responsabili per i propri atti  la lex obligationis deve guidare la valutazione dell’elem
psicologico in base al quale stab imputabilità e responsabilità,se sia necessario il dolo o sia suff la colpa;
nesso di causalità; eventuali presunzioni d responsabilità o se ricorrano ipotesi di resp oggettiva.
b) i motivi di esonero dalla responsabilità, nonché ogni limitazione e ripartizione della responsabilità;
c) l’esistenza, la natura e la valutazione del danno o l’indennizzo chiesto  si riferisce all’accertamento
dell’antigiuridicità del comportamento e non anche all’esistenza, al contenuto e alla titolarità del diritto
leso che rientrano nelle questioni preliminari che vanno sottoposte alle norme di conflitto del foro
(soluzione c.d. disgiunta).
d) entro i limiti dei poteri attribuiti al giudice dalla sua legge processuale, i provvedimenti che possono
essere presi da un giudice per prevenire o inibire lesioni o danni ovvero per fissare le modalità di
risarcimento;
e) la questione della trasferibilità del diritto alla richiesta di risarcimento o indennizzo, anche per via
successoria; f) e i soggetti aventi diritto al risarcimento del danno personalmente subito  i danni morali
eventualmente subiti dai familiari rientrano nell’ambito della lex loci delicti commissi e NB nel caso di
questione di trasferibilità dell’azione la lex obligationis è competente a stabilire se l’azione può essere
intentata dall’avente causa ma tale qualità è questione preliminare da risolvere alla luce della lex
successionis disgiuntamente.

g) la responsabilità per fatto altrui;

h) il modo di estinzione delle obbligazioni nonché le norme di prescrizione e di decadenza, comprese quelle
relative alla decorrenza, all’interruzione e alla sospensione dei termini di prescrizione o decadenza.

Norme di applicazione necessaria,norme di sicurezza e condotta


NORME DI APPLICAZIONE NECESSARIA (art 16): “le disposizioni del presente regolamento non pregiudicano
l’applicazione delle disposizioni della legge del foro che siano di applicazione necessaria alla situazione, quale
che sia la legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale”.
La nozione manca in tale regolamento, ma è applicabile quella data da Roma I (art 9).
In materia di obbligazioni extracontrattuali è improbabile che norme statali includano nella propria sfera spaziale
fattispecie nelle quali sia il danno che l’evento che l’ha originato si sono verificati altrove, ma l’esig di dare
spazio alle regole di sicurezza e condotta della legge del locus actionis è con cautela riconosciuta dall’art 17.
NORME DI SICUREZZA E DI CONDOTTA (art 17): “ nel valutare il comportamento del presunto responsabile del
danno prodotto si tiene conto, quale dato di fatto e ove opportuno, delle norme di sicurezza e di condotta in
vigore nel luogo e nel momento in cui si verifica il fatto che determina la responsabilità”.
La nozione è predente nel Considerando 34 “dovrebbe essere interpretato come riferito a tutte le disposizioni che
presentano un collegamento con la sicurezza e la condotta, comprese per esempio le norme relative alla sicurezza
stradale in caso di incidente”.
Es. nell’eventualità di diversa localizzazione di azione ed evento, la disciplina del locus damni, se il G lo ritiene
opportuno, può venire integrata da quella del locus actionis alle cui norme il presunto resp era tenuto a
conformarsi  in qst modo il legislatore comunitario fa spazio all’applicazione di una legge diversa dalla lex
obligationis.
Non sembra invece concesso al G di invocare quelle norme ai fini della valutazione della responsabilità perché
eluderebbe il criterio stesso del locus damni.
NB L’equiparazione di dette regole a un “dato di fatto” impone che gravi sull’interessato l’onere della prova
dell’esistenza e dei contenuti.
Azione diretta contro l’assicuratore del responsabile; surrogazione; obbligazioni solidali; validità formale;
onere della prova
Art 18: “la parte lesa può chiedere il risarcimento dei danni subiti direttamente all’assicuratore della persona
tenuta al risarcimento se lo stabilisce la legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale o quella applicabile
al contratto di assicurazione (lex obligationis/contractus)”. Ricorda la competenza ex art 11,2 in materia dia
assicurazione dettata da Bruxelles I.
Artt. 19-22: vedi corrispondenti articoli in Roma I.
Le norme di funzionamento (rinvio,ordine pubblico,ecc,)
Art 24 ESCLUSIONE DEL RINVIO: “qualora il presente reg prescriva l’applicazione dellalegge di un paese, esso si
riferisce all’applicazione delle norme giuridiche in vigore in quel paese, ad esclusione delle norme di diritto
internazionale privato”.
Art 25 STATI CON PIÙ SISTEMI GIURIDICI: occorre segnalare che il Regno Unito, in deroga alla facoltà stabilita da
tale art di non applicare ai conflitti di leggi che riguardano esclusivamente le diversi unità territoriali,la disciplina
comunitaria, ha esteso Roma II ai suoi conflitti interni (Inghilterra,Galles..).
I punitive damages: si tratta dei risarcimenti di gran lunga superiori all’entità del danno, di carattere esemplare.
 Art 26 ORDINE PUBBLICO DEL FORO: “l’applicazione di una norma della legge di un paese designata dal
presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente
incompatibile con l’ordine pubblico del foro”.
 Considerando 32: “…l’applicazione di una disposizione della legge designata dal presente regolamento
che abbia l’effetto di determinare il riconoscimento di danni non risarcitori aventi carattere esemplare o
punitivo di natura eccessiva può essere considerata contraria all’ordine pubblico del foro, tenuto conto
delle circostanze del caso di specie e dell’ordinamento giuridico dello Stato membro del giudice adito”.
 La giurisprudenza italiana è contraria

Artt. 27-29 si occupano dei rapporti con diritto comunitario e altre convenzioni.

SEZIONE II: LA LEGGE ITALIANA  LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE E DA FATTO ILLECITO
Il Tit III (Capo XI) della L 218/1995 è escluso dall’applicazione del meccanismo del rinvio (art 13).
OBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE (art 61)

“La gestione di affari altrui, l'arricchimento senza causa, il pagamento dell'indebito e le altre obbligazioni legali,
non diversamente regolate dalla presente legge, sono sottoposti alla legge dello Stato in cui si è verificato il fatto
da cui deriva l'obbligazione”.
Alle prime 3 categorie (negotiorum gestio..) si applicano artt. 10,11 Roma II, mentre rimane applicabile alle
“altre obbligazioni legali”. E’ vero che il catalogo è ampio, ma bisogna tenere presente che le obbligazioni
accessorie (es obbligazioni patrimoniali nell'ambito del rapporto familiare) sono attratte alla disciplina di
conflitto del rapporto principale (sottratte quindi all’ambito art 61). Questa clausola di chiusura si applica
marginalmente: es operazioni di assistenza, salvataggio, recupero marino in acque territoriali. L’art 61 utilizza il
criterio del locus actus.
RESPONSABILITÀ PER FATTO ILLECITO (art 62)

Si applica in ipotesi espressamente escluse dall’ambito di Roma II: danno nucleare; obbligazioni da violazione
vita privata, diritti della personalità, compresa la diffamazione.
A proposito diritti della personalità, art 24 dispone che
1) i diritti che derivano da un rapporto di famiglia siano regolati dalla legge applicabile a tale rapporto.
2) E le conseguenze della violazione dei diritti sono regolate dalla legge applicabile alla responsabilità per
fatti illeciti (ossia art 62).
Art 62.1: “la responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l'evento (locus
damni). Tuttavia il danneggiato può chiedere l'applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato il fatto
che ha causato il danno (locus actus)”.
Per “fatto” deve intendersi attività esecutiva e non meramente preparatoria.
Art 62.2: “qualora il fatto illecito coinvolga soltanto cittadini di un medesimo Stato in esso residenti, si applica
la legge di tale Stato”.
Il campo di applicazione è ridotto per via di Roma II e riguarda ormai solo illeciti per mezzo di radio,tv,internet.
In qst casi ove il soggetto non chiedesse applicazione dekka legge del luogo di azione  frammentazione 
problemi.

Art 63 risulta completamente sostituito dall’art 5 Reg Roma II.

Potrebbero piacerti anche