Sei sulla pagina 1di 20

IRES

L’imposta sul reddito delle società (IRES) colpisce il REDDITO COMPLESSIVO delle società di capitali, enti
commerciali ed enti non commerciali, con aliquota del 24%.

L’art.73 (comma 1) del Tuir suddivide i SOGGETTI PASSIVI dell’Ires in 4 gruppi:

1. Società di capitali (spa, sapa, srl, cooperative)


2. Enti non commerciali  categoria molto eterogenea (associazioni, fondazioni, consorzi ecc.)
3. Enti commerciali
4. Società ed enti NON residenti
5. TRUST

L’Ires NON si applica alle Società di persone o enti equiparati, i cui redditi abbiamo già visto essere imputati
per trasparenza ai soci stessi (e quindi sottoposti all’Irpef).

La BASE IMPONIBILE dell’Ires è disciplinata da 3 gruppi di norme che si applicano rispettivamente a:

- Società di capitali ed enti commerciali  sempre e solo REDDITO D’IMPRESA (art.81 Tuir)
- Enti non commerciali  somma delle singole categorie di reddito (ovviamente no lavoratore
autonomo ne lavoratore dipendente)
- Società ed enti non residenti  tassati SOLO sui redditi prodotti in Italia

E’ quindi fondamentale capire 2 cose:

1- cosa si intende a livello fiscale per RESIDENZA delle società e degli enti
2- cosa differenzia gli enti COMMERCIALI da quelli NON COMMERCIALI

1- Art.73 (comma 3)  Sono RESIDENTI le società e gli enti che, PER LA MAGGIOR PARTE DEL PERIODO
D’IMPOSTA, hanno la SEDE LEGALE o la SEDE AMMINISTRATIVA o l’OGGETTO PRINCIPALE nel
territorio dello Stato.

ESTEROVESTIZIONE  Si considerano residenti anche le società o enti che detengono PARTECIPAZIONI DI


CONTROLLO ai sensi dell’art. 2359 c.c. in società o enti commerciali se:

- Sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’art.2359 c.c. da soggetti residenti nel territorio
dello Stato
- Sono amministrati da un Consiglio di Amministrazione o altro organo equivalente di gestione,
composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato

Infine si PRESUMONO residenti in Italia i TRUST esteri istituiti in Paesi a fiscalità privilegiata se:

- Almeno un disponente e un beneficiario sono residenti in Italia


- Il disponente ha trasferito in TRUST immobili o diritti reali immobiliari

2- L’ENTE COMMERCIALE (che può essere sia pubblico che privato) è definito tale se ha per OGGETTO
ESCLUSIVO/PRINCIPALE della propria attività l’esercizio di un’attività commerciale mentre gli ENTI NON
COMMERCIALI sono, al contrario, gli enti che NON hanno come OGGETTO ESCLUSIVO/PRINCIPALE della
propria attività l’esercizio di un’attività commerciale  quindi non vuol dire che gli enti NON
commerciali non svolgano attività commerciale ma solo che NON è l’oggetto esclusivo o principale della
loro attività

E’ perciò doveroso analizzare tre tematiche fondamentali:

a) l’oggetto si determina in base alla normativa dell’ente o in base all’attività svolta di fatto ?
b) se l’attività commerciale non è l’unica, come si stabilisce se è principale o secondaria ?
c) come si determina la NATURA COMMERCIALE di un’attività ?

a) L’Oggetto esclusivo o principale dell’attività si determina in base alla legge, all’atto costitutivo o allo
statuto  in assenza di atto costitutivo o di statuto nelle forme richieste, l’oggetto principale è
determinato in base all’attività effettivamente esercitata
b) Per oggetto PRINCIPALE si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari
indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto  è perciò necessario preventivamente
fissare gli SCOPI PRIMARI della società o dell’ente, cioè gli scopi il cui perseguimento è irrinunciabile
c) La NATURA COMMERCIALE si determina in base alla NOZIONE FONDAMENTALE DI REDDITO
D’IMPRESA fissata dall’ART.55 del Tuir (già vista)

E’ di fondamentale importanza la distinzione tra ente COMMERCIALE e NON COMMERCIALE perché c è una
sostanziale differenza nel modo in cui il FISCO tratta i redditi prodotti.

Infatti il reddito complessivo imponibile degli ENTI NON COMMERCIALI è formato dalla somma dei redditi
fondiari, di capitale, d’impresa e diversi (ovviamente no reddito di lavoro autonomo o lavoro dipendente)
quindi ciascun reddito è determinato secondo le regole proprie della categoria di appartenenza mentre il
reddito imponibile delle società o degli enti commerciali NON è la somma di redditi distinti per categorie
(come per il reddito Irpef) ma è sempre e solo REDDITO D’IMPRESA “da qualsiasi fonte provenga” (art.81
del Tuir)  quindi se una società possiede immobili, i relativi redditi NON sono redditi fondiari ma sempre e
solo REDDITI D’IMPRESA  anche le società tra professionisti, costituite in forma di società di capitali sono
soggetti all’Ires e il loro reddito, dal punto di vista fiscale, è reddito d’impresa

Anche per gli enti NON commerciali sono previsti oneri deducibili dal reddito complessivo ed oneri detraibili
dall’imposta.

Gli utili percepiti dagli enti NON commerciali NON sono tassati per intero  viene escluso il 22.26%

Infine se l’ente non commerciale svolge attività s’impresa, è obbligato alla tenuta di una contabilità
separata, distinguendo ciò che è inerente all’attività d’impresa da ciò che è relativo all’attività istituzionale e
inoltre è richiesta (come per gli imprenditori individuali) la distinzione tra beni relativi all’impresa e beni
estranei

Particolari disposizioni sono previste per gli enti di tipo associativo (associazioni, consorzi ecc.), infatti
l’attività di tali enti non è ritenuta commerciale se sussistono due condizioni:

1. È attività interna, cioè rivolta agli associati e partecipanti


2. Non è retribuita con corrispettivi specifici

Se manca uno di tali requisiti si applicano le ordinarie regole fiscali dell’impresa


IL REDDITO DELLE SOCIETA’ E DEGLI ENTI COMMERCIALI

Come già detto è sempre REDDITO D’IMPRESA (art.81 Tuir) ma il RISULTATO D’ESERCIZIO offre un’immagine
parziale della situazione economica della società: se, ad uno o più esercizi in perdita, ne segue uno in utile,
occorre considerare che l’utile NON incrementa il patrimonio della società se non sono colmate le perdite
 questo è uno dei tanti esempi in cui la ratio della previsione normativa si fonda sul principio cardine
della CAPACITA’ CONTRIBUTIVA: è evidente che l’immagine di un solo esercizio non sia un dato che esprime
in maniera EQUA la reale capacità contributiva del soggetto stesso ed è per questo che la legge prevede che:
“ la perdita di un periodo d’imposta può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta
successivi in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo
che trova capienza in tale ammontare”

Questa previsione comporta quindi che anche nel caso in cui il credito d’imposta sia tale da annullare in un
esercizio l’intero debito nei confronti del fisco, il 20% del reddito di tale periodo deve essere comunque
tassato; NON vi sono comunque limiti temporali al riporto delle perdite.

Non è ammesso il riporto delle perdite quando:

- il soggetto che le utilizza è nominalmente lo stesso ma nella sostanza diverso da quello che le ha
realizzate, ad esempio quando la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto
nell’assemblea ordinaria del soggetto che riporta le perdite viene trasferita o acquisita da terzi
- oppure quando muta-cambia l’attività esercitata nei periodi in cui si sono realizzate tali perdite

Occorre perciò che vi sia CONTINUITA’ sotto un profilo sia soggettivo che oggettivo

Per incentivare l’aumento del patrimonio delle imprese è prevista una DEDUZIONE dal reddito imponibile di
un importo pari ad una percentuale del nuovo capitale immesso nell’impresa sotto forma di conferimenti da
parte dei soci o mediante destinazione di utili a riserva, secondo il cosiddetto modello ACE (Allowance for
Corporate Equity)

I TRUST

E’ uno strumento derivante dall’ordinamento UK (common law) ma riconosciuto anche in Italia a patto che
riguardi soggetti italiani.

La creazione di questi Trust ha generalmente due scopi:

- Sostegno di specifiche persone che ne beneficiano


- Raggiungimento di un determinato obiettivo

I TRUST RESIDENTI sono collocati nella categoria degli ENTI COMMERCIALI o in quella degli ENTI NON
COMMERCIALI a seconda dell’OGGETTO della loro attività.

I TRUST NON RESIDENTI sono invece tassati (come gli altri soggetti non residenti) per i soli redditi prodotti
nel territorio dello Stato.

E’ infine opportuno distinguere tra trust “trasparenti” e trust “opachi”:

- Si parla di trust “trasparenti” se i beneficiari sono individuati e in questo caso il TRUST NON E’
SOGGETTO PASSIVO IRES ma si applica il principio di trasparenza  redditi imputati ai beneficiari in
proporzione alla quota di partecipazione
- Si parla invece di trust “opachi” in assenza di beneficiari individuati e in questo caso il trust E’
SOGGETTO PASSIVO IRES

IL BILANCIO DI ESERCIZIO

In materia di bilanci è opportuno distinguere 3 categorie d’imprese:

1. Le società che adottano i principi contabili internazionali (IAS/IFRS), dette società IAS adopter
2. Le società che applicano le regole del codice civile italiano e i principi contabili nazionali (OIC), dette
società OIC adopter
3. Le micro-imprese, il cui bilancio è redatto in forma abbreviata, con ulteriori semplificazioni  per
“micro-imprese” si intendono quelle società che non hanno un attivo patrimoniale superiore a
175.000 euro, ricavi non superiori a 350.000 euro, numero di dipendenti occupati in media durante
l’esercizio non superiore a

RICORDA DUE PRINCIPI CARDINE NELLA REDAZIONE DEL BILANCIO

- PRINCIPIO DI RILEVANZA, l’informazione derivante dal bilancio deve essere SIGNIFICATIVA, oltre che
chiara, veritiera e corretta
- PRINCIPIO DI PREVALENZA DELLA SOSTANZA SULLA FORMA

(4) DOCUMENTI OBBLIGATORI  art.2423 c.c.

SP  art.2424 c.c.

CE  art.2425 c.c.

IL PRINCIPIO DI DERIVAZIONE (SEMPLICE E RAFFORZATA) – ART.83 TUIR

PREMESSA STORICA:

Che rapporto esiste tra REDDITO CIVILISTICO e REDDITO FISCALE ?

Sono storicamente possibili due soluzioni:

- Soluzione “monorotaia”, in cui il REDDITO FISCALE viene posto come esattamente pari a quello
civilistico
- Soluzione “doppio binario”, in cui invece il REDDITO FISCALE viene determinato secondi criteri e
modalità diverse da quelle relative al reddito civilistico

Durante gli ultimi decenni, il nostro ordinamento tributario si è mosso tra questi due estremi, modificando
molto spesso tale disciplina: infatti per un certo periodo di tempo il legislatore ha ammesso la possibilità
che alcune poste del CE (come ammortamenti ed accantonamenti) venissero determinate sulla base della
normativa fiscale, optando per una soluzione “monorotaia” in cui erano le norme CIVILI a dipendere da
quelle FISCALI (cosiddetta “dipendenza rovesciata”) MA, in tal modo, veniva riscontrata una sorta di
“INQUINAMENTO FISCALE” del bilancio d’esercizio, in quanto la normativa fiscale si andava a scontrare con
gli scopi informativi del bilancio civilistico  è evidente come gli scopi perseguiti dai 2 redditi siano
differenti:

- Il risultato CIVILISTICO ha l’obiettivo di dare informativa riguardo l’andamento economico,


patrimoniale e finanziario di un’impresa
- Il risultato FISCALE ha l’obiettivo di esprimere la base imponibile più appropriata, ovvero il reddito
che rappresenta nella maniera migliore la capacità contributiva dell’impresa
E’ chiaro che gli obiettivi perseguiti ai fini civilistici siano decisamente diversi da quelli fiscali e quindi si
concluse che il “doppio binario” era la soluzione migliore  quindi si era arrivati ad un punto in cui veniva
redatto un bilancio civilistico e una dichiarazione dei redditi che costituiva quasi un bilancio vero e proprio
 data l’evidente complessità derivante dalla redazione di due bilanci, venne introdotto il principio di
DERIVAZIONE SEMPLICE/PARZIALE per i soggetti che adottavano gli OIC  MA con l’entrata in vigore degli
IAS con la RIFORMA VIETTI, questa situazione non era più attuabile perché non risultava compatibile con
alcuni principi IAS  si introdusse così anche il principio di DERIVAZIONE RAFFORZATA (che venne poi
esteso anche agli OIC adopter).

PRINCIPIO DI DERIVAZIONE SEMPLICE (ART.83 del Tuir):

“il REDDITO COMPLESSIVO è determinato apportando all’UTILE o alla PERDITA risultante dal conto
economico relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le VARIAZIONI IN AUMENTO O IN
DIMINUZIONE conseguenti all’applicazione dei criteri fiscali”

REDDITO FISCALE = UTILE (PERDITA) CIVILE + VARIAZIONI IN AUMENTO O IN DIMINUZIONE

Le VARIAZIONI IN AUMENTO possono derivare dall’aumento di un componente positivo del conto


economico oppure dall’eliminazione o riduzione di un componente negativo, mentre le VARIAZIONI IN
DIMINUZIONE possono consistere nell’eliminazione o riduzione di un componente positivo o nella
deduzione di componenti negativi non presenti (o presenti parzialmente) nel conto economico.

Vi sono ad esempio componenti di conto economico che sono frutto di stime:

le norme civilistiche dettano criteri generali e a volte discrezionali mentre le norme fiscali pongono
parametri rigidi  l’esempio classico è quello degli ammortamenti delle immobilizzazioni che secondo la
disciplina civilistica avviene tramite una stima della vita utile del cespite e una ripartizione del costo semi-
discrezionale mentre in materia fiscale sono previsti coefficienti di riparto ben precisi.

Vi sono poi variazioni fiscali che vanno a ridurre il reddito imponibile rispetto al bilancio in quanto eliminano
o riducono un componente positivo del conto economico  è questo il caso di ricavi o proventi esenti
oppure non soggetti al regime ordinario di tassazione.

Si parla quindi di DERIVAZIONE PARZIALE del reddito fiscale dal bilancio di esercizio perché il reddito fiscale
deriva si da quello contabile-civilistico ma non corrispondono perchè a quello fiscale vengono apportate
anche le variazioni in aumento o in diminuzione  quindi le NORME FISCALI dipendono dalle NORME CIVILI
(PARZIALMENTE)

Inoltre fino al 2015, questo principio di DERIVAZIONE PARZIALE si applicava solo ai soggetti che utilizzavano
gli OIC mentre per le imprese che adottavano gli IAS-IFRS si applicava il cosiddetto PRINCIPIO DI
DERIVAZIONE RAFFORZATA (art.83 del Tuir):

“i criteri di qualificazione, classificazione e imputazione temporale previsti da questi principi (IAS-IFRS)


valgono anche ai fini fiscali”  quindi le NORME FISCALI dipendono dalle NORME CIVILI (ancora di più,
“rafforzata”)  NOTA che la norma NON si riferisce però alle VALUTAZIONI e alle QUANTIFICAZIONI, per le
quali rimangono le disposizioni fiscali che limitano gli ammortamenti, le valutazioni e gli accantonamenti

Dal periodo d’imposta 2016 con il cosiddetto “Decreto Mille Proroghe 2017” è stato previsto anche per i
soggetti che adottano i Principi Contabili Nazionali (diversi dalle microimprese) il PRINCIPIO DI DERIVAZIONE
RAFFORZATA, quindi ad oggi tale principio vale sia per gli IAS adopter che per gli OIC adopter (ma NON per
le microimprese)
2 sono le PRINCIPALI CONSEGUENZE relative all’adozione del principio di DERIVAZIONE RAFFORZATA:

1- Anche per le società OIC adopter viene riconosciuto, anche nella normativa fiscale, il PRINCIPIO
DELLA PREVALENZA DELLA SOSTANZA SULLA FORMA  attività e passività finanziarie vengono
iscritte in bilancio al loro FAIR VALUE (valore corrente o valore di mercato) e non più in base al
COSTO
2- Applicazione del principio di COMPETENZA ECONOMICA  art.109

PRINCIPI E REGOLE GENERALI:

ART.109  COMPETENZA, INERENZA E IMPUTAZIONE

ART.110  REGOLE GENERALI SULLE VALUTAZIONI

PRINCIPIO DI COMPETENZA – ART.109

A seguito dell’applicazione del principio di DERIVAZIONE RAFFORZATA ai soggetti OIC adopter e ai soggetti
IAS adopter e dell’applicazione della DERIVAZIONE SEMPLICE agli altri soggetti (micro-imprese, imprese
individuali e società di persone) è necessario distinguere:

- L’applicazione di una COMPETENZA ECONOMICA per i soggetti OIC adopter e IAS adopter  ciò
comporta l’inapplicabilità a tali soggetti dell’art.109 (come disposto dal D.M. n.48 del 2009)
- L’applicazione di una COMPETENZA GIURIDICA agli altri soggetti (micro-imprese, imprenditori
individuali e società di persone)  seguendo le regole stabilite dall’art.109

L’ART.109 del TUIR disciplina il PRINCIPIO DI COMPETENZA GIURIDICA e prevede una certezza sia dell’an che
del quantum, infatti TUTTI i componenti (sia positivi che negativi) devono:

- Essere riconducibili ad un vincolo giuridico


- Essere determinabili in modo sicuro e preciso al momento della loro imputazione all’esercizio, e non
essere frutto di mere stime o presunzioni
- Occorre la loro certezza dell’esistenza e oggettiva determinabilità nell’ammontare

Vi è insomma una COMPETENZA FISCALE che diverge da quella ECONOMICA-CIVILISTICA dato che il
legislatore (nella competenza GIURIDICA) richiede la CERTEZZA NELL’ESISTENZA (an) e l’OGGETTIVA
DETERMINABILITA’ NELL’AMMONTARE (quantum):

- Certezza nell’an, la componente di reddito deve essere realizzata in modo certo, per cui se ad
esempio c è una clausola che pone condizione sul suo realizzo NON si realizza la competenza
- Certezza nel quantum, il valore della risorsa deve essere determinato o comunque determinabile, se
ad esempio il prezzo di acquisto di un bene è determinato in base ad elementi futuri ed incerti, ai
fini fiscali tale costo sarà di competenza quando il suo valore sarà effettivamente determinabile 
non c è quindi questo requisito quando vengono effettuate valutazioni discrezionali

I ricavi non presentano quindi alcuna differenza MA i COSTI sono deducibili nell’esercizio di competenza
solo se sono certi e oggettivamente determinabili, se ciò non è possibile la deduzione deve avvenire nel
successivo periodo d’imposta dove si verifica questo requisito  è facile comprendere come in alcuni casi il
DIRITTO TRIBUTARIO e il DIRITTO CIVILE seguono criteri diversi, infatti in ambito civilistico si rilevano i costi
anche se sono soltanto probabili per il PRINCIPIO DI PRUDENZA  ancora una volta si evidenziano i diversi
obiettivi perseguiti tra informativa fiscale e informativa civilistica  il diritto tributario tutela il Fisco mentre
il diritto civile tutela altri interessi
REGOLE SPECIFICHE di competenza per i ricavi:

- Cessione di beni  beni mobili rileva la consegna o la spedizione mentre beni immobili rileva alla
stipulazione del contratto  per entrambi, se l’effetto traslativo si verifica in seguito, ha rilievo la
data successiva in cui si verifica l’effetto traslativo stesso
- Prestazioni di servizi  è da imputare all’esercizio in cui il servizio è stato ultimato mentre nel caso
di servizi periodici rileva la data di maturazione del corrispettivo

Diverso dal principio di competenza è il cosiddetto PRINCIPIO DI CASSA, secondo cui i componenti positivi e
negativi sono propri del periodo in cui avviene la loro MANIFESTAZIONE FINANZIARIA (incasso per i ricavi e
pagamento per i costi)  Il legislatore ha previsto una serie di deroghe al principio di competenza per
quanto concerne alcuni componenti positivi e negativi, che quindi seguono il principio di cassa, tra cui:

- compensi ad amministratori
- interessi di mora
- contributi in conto capitale
- utili derivanti da soggetti IRES

Questa TASSAZIONE PER CASSA vale per TUTTI i soggetti (sia IAS e OIC adopter sia gli altri)

IL PRINCIPIO DI INERENZA – ART.109 (comma 5)

Tale principio è valido solo per i COMPONENTI NEGATIVI e si applica a TUTTI i soggetti (sia IAS e OIC adopter
sia gli altri); la legge prevede che: “un costo o una spesa sono deducibili se sono inerenti all’attività
d’impresa”  l’INERENZA è un nesso funzionale che lega il costo o la spesa alla vita dell’impresa  se un
costo NON è sostenuto in funzione della produzione dei ricavi allora NON è deducibile.

Riguardo al PRINCIPIO DI INERENZA ci sono sostanzialmente due visioni:

1. Concezione di Inerenza in senso stretto prevede l’ammissibilità delle deduzioni SOLO se si tratta di
“spese per la produzione” del reddito imponibile
2. Concezione di Inerenza in senso ampio (accolta dal TUIR) afferma che è sufficiente un rapporto di
“utilità o convenienza” tra spesa sostenuta ed attività d’impresa, quindi in questa accezione NON è
richiesto un RAPPORTO DIRETTO tra spesa e ricavo

Un componente NEGATIVO si considera INERENTE quando:

- Si riferisca all’EFFETTIVA attività svolta dall’impresa (verificabile dallo statuto)


- Sia riconducibile alla LOGICA LUCRATIVA dell’impresa (NON si considerano atti a titolo gratuito,
salvo alcune eccezioni)

In conclusione, si considerano INERENTI tutte le spese sostenute nell’interesse della realizzazione del
programma economico dell’impresa, quindi tutte le spese che possono arrecare utilità all’attività produttiva
dell’impresa anche solo in via indiretta o potenziale  sono escluse invece le spese sostenute nell’interesse
personale dell’imprenditore o dei suoi familiari o comunque per una qualsiasi finalità extra-imprenditoriale
 sono escluse anche le spese sostenute per il pagamento di sanzioni, in quanto non sono costi funzionali
alla produzione di reddito

Le spese e gli altri componenti negativi, ad eccezione degli interessi passivi, sono deducibili “se e nella
misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare
il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”  sono quindi deducibili i costi che si riferiscono ad
attività o beni imponibili e a proventi esclusi da tassazione (come i dividendi) mentre NON sono deducibili i
costi che si riferiscono esclusivamente ad attività o beni esenti  TRIPARTIZIONE DEI COSTI :

1. Costi relativi a ricavi IMPONIBILI o ESCLUSI DEDUCIBILI


2. Costi relativi a ricavi ESENTI NON DEDUCIBILI
3. Costi promiscui DEDUCIBILITA’ LIMITATA

N.B. Per la giurisprudenza SPETTA AL CONTRIBUENTE provare i requisiti dell’inerenza e la diretta


imputabilità all’attività produttiva

Il PRINCIPIO DI INERENZA non è solo un requisito generale dei componenti negativi del reddito d’impresa
ma è anche la ratio di norme specifiche come ad esempio:

- La norma che limita all’80% la deduzione delle quote di ammortamento del costo di acquisto e dei
canoni di locazione o di noleggio di apparecchiature per i servizi di comunicazione elettrica
- La norma (riguardante gli imprenditori individuali) che limita la deducibilità del costo dei beni ad
uso promiscuo, ossia dei beni che servono sia all’impresa, sia all’uso personale dell’imprenditore o
dei suoi familiari

Infine un costo eccessivo è indeducibile per l’eccedenza; non sono perciò deducibili i componenti negativi
nella misura in cui siano di entità sproporzionale rispetto ai ricavi ed all’oggetto dell’attività d’impresa  un
costo è quindi deducibile nella misura in cui è congruo (non “antieconomico”)

Si è però creato un dibattito giurisprudenziale in merito alla sindacabilità dell’amministrazione di alcuni


componenti negativi di reddito  la critica mossa nei confronti dell’amministrazione pubblica è relativa al
fatto che NON si possono sindacare le scelte imprenditoriali, sono valutazioni che devono spettare
esclusivamente all’imprenditore  quindi non può ammettersi una valutazione circa le dimensioni del
componente economico

Disciplina particolare degli INTERESSI PASSIVI (vedi dopo)

PRINCIPIO DI IMPUTAZIONE – ART.109 (COMMA 4)

- Riguarda SOLO I COMPONENTI NEGATIVI


- Per la DEDUZIONE di un COMPONENTE NEGATIVO è necessario che sia IMPUTATO a CE  riflette il
principio di DERIVAZIONE del reddito imponibile dal risultato di CE
- E’ ammessa poi la deduzione di alcuni componenti negativi NON imputati a CE ma deducibili in base
a specifiche disposizioni di legge

Relativo a IAS adopter, OIC adopter e altri soggetti (micro-imprese, imprese individuali e società di
persone)
REGOLE GENERALI SULLE VALUTAZIONI (ART.110)

L’ART.110 del TUIR disciplina le diverse regole esistenti per la valutazione dei costi:

- CRITERIO DEL COSTO  COMMA 1


- VALORE NORMALE  COMMA 2
- RAGGUAGLIO ALLA DURATA DELL’ESERCIZIO  COMMA 5
- MUTAMENTO DEI CRITERI DI VALUTAZIONE  COMMA 6
- CONTINUITA’ DEI BILANCI ANCHE IN SEDE DI RETTIFICA  COMMA 8
- TRANSFER PRICE
- PARADISI FISCALI: DISCONOSCIMENTO DEI COSTI  modificato ed abrogato nel 2015 (Legge di
stabilità 2016)

Tale articolo si applica a TUTTI I SOGGETTI, salvo specifiche indicazioni

Il COMMA 1 dell’ART.110 parla appunto del CRITERIO DEL COSTO STORICO che stabilisce, salvo diverse
disposizioni, che il COSTO DEI BENI va assunto:

- Al lordo di ammortamenti e contributi


- Al lordo degli oneri accessori, esclusi interessi e spese generali
- Al netto di rivalutazioni
- Al netto di differenze di valore per le azioni

Il COMMA 2 ci parla del VALORE NORMALE, che abbiamo già visto essere “il prezzo mediamente praticato
per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e nel medesimo stadio di
commercializzazione”  ricorda che per azioni, obbligazioni e altri titoli si effettua invece una media dei
prezzi di mercato nel periodo precedente (6 mesi di norma)

Il COMMA 7 tratta invece il tema del TRANSFER PRICE: vedi approfondimento Transfer Pricing

- Applicazione limitata ai soli gruppi internazionali (società controllate o controllanti estere)  sono
esclusi i gruppi italiani
- Nozione ampia di controllo  diretto e indiretto, di diritto, di fatto e per vincoli contrattuali
- Non viene applicato il VALORE NORMALE ma il principio della LIBERA CONCORRENZA, ovvero
comparazione alle condizioni e al prezzo che sarebbe stato pattuito “tra soggetti indipendenti
operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili  il principio di LIBERA
CONCORRENZA rappresenta un recepimento dei principi OCSE e quindi sono applicabili i metodi
indicati in sede OCSE per la determinazione dei prezzi di trasferimento, in particolare:
a- Metodo del confronto tra i prezzi  confronto il prezzo del bene sul mercato internazionale
(produco e vendo)
b- Metodo del prezzo di rivendita  confronto il prezzo di rivendita del bene sul mercato
internazionale (acquisto e rivendo)
c- Metodo del costo maggiorato  confronto il ricarico che viene applicato a livello internazionale
in quella fase di produzione o commercializzazione
d- Metodo del margine netto della transazione  confronto con quanto ci si aspetta di ricevere sul
mercato internazionale
e- Metodo transnazionale di ripartizione degli utili  ripartizione degli utili corretta nel gruppo

I metodi A, B e C sono preferiti rispetto ai metodi D ed E


LE VARIAZIONI IN AUMENTO E IN DIMINUZIONE

VARIAZIONI IN AUMENTO se comportano un INCREMENTO DEL REDDITO rispetto al dato di partenza


(civilistico), quindi quando il REDDITO IMPONIBILE > RISULTATO DI BILANCIO  ad esempio NON si ammette
la deduzione di alcuni costi anche se economicamente sostenuti

VARIAZIONI IN DIMINUZIONE se comportano una RIDUZIONE DEL REDDITO rispetto al dato di partenza
(civilistico), quindi quando invece il REDDITO IMPONIBILE < RISULTATO DI BILANCIO  ad esempio non
vengono tassati determinati proventi

QUADRO DI SINTESI:

- ART.85 – 91: COMPONENTI POSITIVI (RICAVI)


- ART.92 – 94: RIMANENZE
- ART.95 – 108: COMPONENTI NEGATIVI (COSTI)

Possiamo poi fare un importante raggruppamento in:

1- Norme che determinano un DIVERGENZA DI PRINCIPIO


- Art.86, tassazione ripartita delle PLUSVALENZE PATRIMONIALI
- Art.87, esenzione delle PLUSVALENZE FINANZIARIE
- Art.88, CONTRIBUTI IN CONTO CAPITALE e INDENNITA’ DI RISARCIMENTO (sopravvenienze attive)
- Art.89, sull’esclusione del 95% dei DIVIDENDI (pex)
- Art.96, deducibilità degli INTERESSI PASSIVI

2- Norme che contengono SCELTE TECNICHE che POSSONO determinare DIVERGENZE


- Art.85 e 86, in tema di AUTOCONSUMO ESTERNO
- Art.102 e 103, in tema di AMMORTAMENTI
- Art.106, in tema di SVALUTAZIONI DEI CREDITI
Ci sono poi altre disposizioni specifiche contenenti limitazioni alla deducibilità fiscale di componenti
negativi per ragioni antielusive

Art.85 – RICAVI

È necessario in primo luogo fare una summa divisio tra BENI MERCE e BENI STRUMENTALI perché i RICAVI si
riferiscono SOLO ai BENI MERCE mentre le PLUS/MINUSVALENZE SOLO ai BENI STRUMENTALI:

- I BENI MERCE, sono quei beni che identificano l’oggetto dell’attività d’impresa  RICAVI
- I BENI STRUMENTALI, sono quei beni che servono a produrre i beni merce  PLUSVALENZE

Questa distinzione è molto importante perché seguono norme fiscali differenti

Ricorda comunque che la definizione di BENE MERCE e BENE STRUMENTALE è appositamente NON
enunciata dal legislatore perché dipende dall’attività d’impresa svolta e quindi dipende dal contesto: è
evidente come un capannone può rappresentare un bene merce per una società che produce i suoi prodotti
al suo interno mentre può essere un bene strumentale per un’impresa di costruzioni
Il comma 1 prevede che “sono considerati RICAVI i CORRISPETTIVI delle cessioni di BENI (MERCE) alla cui
produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa”

Il comma 2 precisa poi che “sono definiti RICAVI anche i beni (merce) assegnati/venduti ai soci o destinati a
finalità estranee all’esercizio d’impresa”  parliamo del cosiddetto AUTOCONSUMO e, dato che di norma
non è presente un corrispettivo, E’ RILEVANTE AI FINI FISCALI IL SUO VALORE NORMALE (stesso discorso per
le plusvalenze patrimoniali nel caso di vendita di beni strumentali)

Art.86 – PLUSVALENZE PATRIMONIALI

L’Art.86 definisce la PLUSVALENZA come la “differenza positiva tra due valori dello stesso bene in due
momenti diversi”

Le plusvalenze sono tassate in 3 CASI:

1. Quando avviene la cessione del bene a titolo oneroso


2. Quando sono realizzate mediante risarcimento, a seguito di perdita o danneggiamento
3. Autoconsumo esterno, cioè quando i beni fuoriescono dalla sfera dell’impresa perché vengono
assegnate ai soci

E’ poi previsto che il trasferimento dell’impresa all’estero rende tassabili le plusvalenze già maturate
perché il bene fuoriesce dalla sfera impositiva dell’ordinamento italiano (N.B. l’imposta NON diviene
automaticamente esigibile al trasferimento ma SOLO quando si realizza la plusvalenza)

La PLUSVALENZA viene determinata nei primi 2 casi dalla differenza effettiva:

DIFFERENZA EFFETTIVA = CORRISPETTIVO o RISARCIMENTO – VALORE FISCALMENTE RICONOSCIUTO

Mentre nel 3 caso o nel caso di trasferimento all’estero, non essendoci un controvalore, la
PLUSVALENZA viene determinata dalla differenza presunta:

DIFFERENZA PRESUNTA = VALORE NORMALE – VALORE FISCALMENTE RICONOSCIUTO

Le PLUSVALENZE REALIZZATE fruiscono di un REGIME SPECIALE:

infatti il COMMA 4 dell’art.86 prevede che le PLUSVALENZE REALIZZATE concorrono a formare il reddito
per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate MA il contribuente può, a sua scelta,
decidere di DILAZIONARLE PER QUOTE COSTANTI non oltre i 4 anni successivi, a condizione che i beni
siano stati detenuti per un periodo di almeno 3 anni (costituiscono plusvalenze anche le cessioni
d’azienda)  se il contribuente decide di dilazionare la plusvalenza negli anni successivi, siamo in
presenza di una VARIAZIONE IN DIMINUZIONE, infatti il reddito imponibile risulterà inferiore al risultato
civilistico

Infine sono considerate PLUSVALENZE PATRIMONIALI anche i beni (strumentali) assegnati/venduti ai


soci o destinati a finalità estranee all’esercizio d’impresa  anche in questo caso l’AUTOCONSUMO
(ESTERNO) è rilevante ai fini fiscali e viene tenuto conto, in assenza di un corrispettivo, del VALORE
NORMALE del bene

(doppia imposizione ECONOMICA si ha nel caso di doppia imposizione dello STESSO REDDITO ma in
capo a SOGGETTI DIVERSI – doppia imposizione GIURIDICA si ha invece in capo allo STESSO REDDITO in
capo allo STESSO SOGGETTO)
PREMESSA: la PARTECIPATION EXEMPTION

Per le ENTI NON COMMERCIALI, che NON distribuiscono utili, NON si pone alcun problema di doppia
imposizione ECONOMICA  la tassazione invece delle società commerciali ha (storicamente) posto un
problema di doppia imposizione ECONOMICA e quindi evidenziato un’assoluta necessità di coordinamento
tra la tassazione del reddito delle società e quella relativa al reddito dei soci  problema che riguarda sia le
PLUSVALENZE FINANZIARIE sia i DIVIDENDI

Per evitare (o attenuare) questo problema di doppia imposizione si possono adottare:

- Il principio di TRASPARENZA, nel quale la società NON è tassata ma il suo reddito viene imputato
“per trasparenza” ai soci (i quali sono sottoposti a tassazioni)
- Fino al 2004, si utilizzava il sistema del CREDITO D’IMPOSTA, con cui il socio poteva scontare
l’imposta dovuta al Fisco sottraendo a questa l’imposta pagata dalla società
- Dal 2004 (d.lgs. n.344 del 2003) è entrato in vigore nel nostro ordinamento il SISTEMA DI
ESENZIONE o TASSAZIONE RIDOTTA DEL SOCIO o PARTECIPATION EXEMPTION

Art.87 - PLUSVALENZE FINANZIARIE

Sono le PLUSVALENZE che derivano dalla CESSIONE DI PARTECIPAZIONI.

Il d.lgs. n.344 del 2003 ha introdotto la PARTECIPATION EXEMPTION (PEX), secondo cui:

“le partecipazioni finanziarie NON concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti per il
95%”

Per applicare però questo REGIME DI ESENZIONE alle PLUSVALENZE devono ricorrere 4 condizioni:

1- La partecipazione deve essere ACQUISTATA e POSSEDUTA ININTERROTTAMENTE da almeno 12 mesi


 holding period di almeno 12 mesi
2- La partecipazione deve essere iscritta tra le IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE
3- La RESIDENZA FISCALE della società partecipata deve essere nella WHITE LIST (la società partecipata
NON deve risiedere in un paradiso fiscale)
4- La società partecipata deve esercitare ATTIVITA’ COMMERCIALE, come definita dall’art.55 del Tuir, in
particolare NON deve essere una società immobiliare, cioè quella società il cui patrimonio è
costituito prevalentemente da immobili (presunzione assoluta)

Il COMMA 2, precisa poi che le ultime 2 condizioni devono sussistere ALMENO DA 3 ESERCIZI

Il COMMA 5, prevede infine che sempre queste 2 ultime condizioni, nel caso di presenza GRUPPO, queste
due condizioni non devono essere rispettate solo dalla holding ma anche dalle altre società appartenenti al
gruppo  norma antielusiva

N.B. L’ESENZIONE DELLE PLUSVALENZE COMPORTA L’INDEDUCIBILITA’ DEI COSTI CONNESSI ALLE
PARTECIPAZIONI

Quindi ricorda che se le partecipazioni finanziarie presentano queste 4 condizioni sono esenti MA se non le
presentano sono tassabili

Art.89 – DIVIDENDI
Anche per i DIVIDENDI vale il regime di PARTECIPATION EXEMPTION, per cui sono tassati i dividendi nella
misura del 5%, però ci sono due differenze importanti rispetto a quanto disciplinato per le PLUSVALENZE
FINANZIARIE:

1. Le PLUSVALENZE FINANZIARIE NON sono tassate in quanto ESENTI mentre i DIVIDENDI NON sono
tassati in quanto ESCLUSI  per cui i costi inerenti alle plusvalenze NON sono deducibili mentre i
costi inerenti ai dividendi sono deducibili
2. Per i dividendi NON sono previste le 4 condizioni viste in precedenza per beneficiare della PEX

QUANTO DETTO FIN’ORA RIGUARDO A PLUSVALENZE FINANZIARIE E DIVIDENDI E’ RELATIVO ALLE SOCIETA’
DI CAPITALI, VEDIAMO COSA CAMBIA NELLE SOCIETA’ DI PERSONE E IMPRESE INDIVIDUALI (stessi articoli)

IMPRESE INDIVIDUALI E SOCIETA’ DI PERSONE

- Per le PARTECIPAZIONI FINANZIARIE si applica anche per loro il REGIME PEX ma sono in questo caso
sono ESENTI per il 41.86% (e non per il 95%), sempre alle 4 condizioni previste dall’art.87
- Per i DIVIDENDI si applica anche in questo caso il REGIME PEX ma in questo caso sono ESCLUSI da
imposizione per il 41.86% (e non per il 95%), quindi viene tassato il 58.14%

Nel caso in cui non venga applicato il REGIME PEX, si applica il principio di TRASPARENZA (che può essere
applicato NON solo alle società di persone ma anche a quelle di capitali)

TASSAZIONE DELLE PERSONE FISICHE (post riforma Legge di Bilancio 2018)

- Ritenuta a titolo d’imposta del 26% sugli UTILI e DIVIDENDI derivanti da partecipazioni qualificate e
non qualificate (eliminata la rilevanza di questa distinzione ai fini fiscali)
- Tassazione sostitutiva del 26% sulle PLUSVALENZE derivanti da partecipazioni qualificate e non
qualificate

Queste nuove norme, derivanti dalla Legge di Bilancio 2018 si applicano a partire dal 1 gennaio 2018 per i
REDDITI DI CAPITALE mentre dal 1 gennaio 2019 per i REDDITI DIVERSI

Art.88 – SOPRAVVENIENZE ATTIVE

Possiamo suddividere le SOPRAVVENIENZE ATTIVE in 2 categorie:

- IN SENSO STRETTO o PROPRIO  sono eventi che MODIFICANO componenti positivi o negativi di
reddito GIA’ CONTABILIZZATI IN PRECEDENZA
- IN SENSO LATO o IMPROPRIO  derivano da un evento estraneo alla normale gestione dell’impresa
e NON MODIFICANO voci di reddito precedentemente computate ai fini fiscali

Per specifica disposizione del legislatore, NON costituiscono sopravvenienze attive:

- I versamenti dei soci a fondo perduto


- I versamenti dei soci in conto capitale (assimilato all’EQUITY, natura patrimoniale)
- La rinuncia dei soci ai crediti verso la società
Art.92 – LE RIMANENZE (NON C’E’ “TROPPA” DIFFERENZA TRA DISCIPLINA FISCALE E DISCIPLINA
CIVILISTICA)

Nel conto economico devono essere registrate le “VARIAZIONI DELLE RIMANENZE IN CORSO DI
LAVORAZIONE, SEMILAVORATI E FINITI”  le rimanenze finali sono un COMPONENTE POSITIVO di reddito
derivante da costi che alla fine dell’esercizio NON hanno generato ricavi e che, per il principio di
correlazione, sono “sospesi” e rinviati all’esercizio successivo.

L’art.92 comma 7 precisa che: “le rimanenze finali di un esercizio costituiscono le esistenze iniziali
dell’esercizio successivo”  PRINCIPIO DI CONTINUITA’ DEI VALORI DI BILANCIO, le rimanenze finali
dell’anno X devono coincidere con le rimanenze iniziali dell’anno X+1

La VALUTAZIONE delle rimanenze si effettua raggruppando i beni in CATEGORIE OMOGENEE per natura e
per valore e assumendo come criterio di valutazione, in primo luogo, il “COSTO SPECIFICO”

Negli esercizi successivi, possono essere utilizzati diversi METODI DI VALUTAZIONE DEL MAGAZZINO come
LIFO, FIFO o COSTO MEDIO PONDERATO.

COMPONENTI NEGATIVE

Art.96 – GLI INTERESSI PASSIVI

A seguito del d.lgs. n.142 del novembre 2018 è necessario analizzare prima la disciplina in vigore fino al 31
dicembre 2018 e poi quella in vigore dall’1 gennaio 2019

- FINO AL 31 DICEMBRE 2018

Gli interessi passivi NON sono soggetti al PRINCIPIO DI INERENZA ma sono previsti dei LIMITI ALLA LORO
DEDUCIBILITA’  la ragione di questi limiti è quella di contrastare (o non incentivare) la
sottocapitalizzazione, quindi evitare che l’impresa ricorra troppo all’indebitamento (perché gli interessi
passivi sono deducibili) e troppo poco al capitale proprio (perché la remunerazione del capitale proprio non
è un costo deducibile)  quindi in sostanza la normativa fiscale vuole incentivare una giusta suddivisione
debito ed equity

Quali sono questi LIMITI ALLA DEDUCIBILITA’ ?

L’art.96 del Tuir prevede che:

1- Gli interessi passivi e gli oneri assimilati sono deducibili nel periodo di competenza FINO A
CONCORRENZA DEGLI INTERESSI ATTIVI E PROVENTI ASSIMILATI che concorrono a formare la base
imponibile
2- L’eventuale ECCEDENZA (degli interessi passivi su quelli attivi) può essere dedotta NEL LIMITE DEL
30% DEL ROL (risultato operativo lordo) della gestione caratteristica
3- L’ulteriore eccedenza può essere dedotta dal reddito dei successivi periodi d’imposta SENZA LIMITI
TEMPORALI MA sempre nei limiti del 30% del ROL dei periodi successivi
4- Anche l’eventuale eccedenza di ROL non utilizzato è riportabile in avanti senza limiti di tempo
5- Nel caso di CONSOLIDATO NAZIONALE, l’eccedenza di interessi non deducibili di una società può
essere “usata” per ridurre il reddito complessivo del gruppo, sempre nel caso di capienza del 30%
del ROL di un’altra società appartenente al gruppo

Il ROL corrisponde alla differenza tra la voce A di CE (VALORE DELLA PRODUZIONE) e la voce B di CE (COSTI
DELLA PRODUZIONE) ad esclusione delle lettere a) e b) della voce 10 (ammortamenti e svalutazioni delle
immobilizzazioni materiali e immateriali) previsti dall’art.2425 c.c.
SOLO 2 SOGGETTI NON SEGUONO QUESTA DISCIPLINA DEGLI INTERESSI PASSIVI:

- BANCHE  che deducono INTEGRALMENTE gli interessi passivi (ma IRES del 27.5%)
- ASSICURAZIONI, SIM e SGR  che deducono nella misura del 96% degli interessi passivi (IRES 24%)

TUTTI GLI ALTRI CONTRIBUENTI devono seguire questa disciplina che limita la deducibilità degli interessi
passivi

- DAL 1 GENNAIO 2019 (in grassetto le novità)

La normativa è lievemente diversa:

1- Gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati, sono deducibili in ciascun periodo d’imposta fino
a concorrenza dell’ammontare complessivo:
- Degli interessi attivi e proventi assimilati di competenza del periodo d’imposta e
- Degli interessi attivi e proventi assimilati riportati da periodi d’imposta precedenti, SENZA LIMITI
TEMPORALI  deve in ogni caso trattarsi di interessi, attivi e passivi, che presentano le seguenti 3
caratteristiche:
. rientrare nella relativa definizione dei principi contabili adottati dall’impresa
. la normativa contabile in questione deve trovare riscontro in quella fiscale in virtù del principio
di derivazione rafforzata
. derivano da un’operazione o un contratto che ha natura finanziaria
2- L’eccedenza degli interessi passivi rispetto agli interessi attivi è deducibile nel limite dell’ammontare
risultante dalla somma tra:
- Il 30% del ROL del periodo d’imposta
- Il 30% del ROL riportato dai 5 periodi d’imposta precedenti

Quindi a seguito del d.lgs. n.142 del 2018 (in vigore dal 1 gennaio 2019):

- Banche  deduzione integrale degli interessi passivi (IRES 27.5%)


- Assicurazioni, SIM e SGR  deduzione nella misura del 96% degli interessi passivi (IRES 24%)
- TUTTI GLI ALTRI CONTRIBUENTI  non solo possono dedurre gli interessi passivi nel limite degli
interessi attivi del periodi di competenza ma anche di quelli riportati dai periodi d’imposta dei
precedenti 5 anni e l’eventuale eccedenza non solo è deducibile nella capienza del 30% del ROL
dell’esercizio ma anche della capienza del 30% del ROL riportato dai 5 periodi d’imposta
precedenti

(la legge finanziaria del 2008 ha abrogato il cosiddetto THIN CAPITALIZATION, che era una limitazione alla
deduzione degli interessi passivi relativi a finanziamenti di soci qualificati)

AUTOCONSUMO (ESTERNO)  già visto nei ricavi e nelle plusvalenze patrimoniali

Art.95 – SPESE DI LAVORO DIPENDENTE

- Le retribuzioni in denaro e in natura (benefit) sono dedotti dal reddito d’impresa secondo il
PRINCIPIO DI COMPETENZA
- Le partecipazioni agli utili e i compensi agli amministratori sono dedotti secondo il PRINCIPIO DI
CASSA
- Disciplina di favore è previsti poi per i cosiddetti “premi di risultato” (MBO e LTI) che vengono tassati
nella misura del 10% in capo ai soli lavoratori ma rimangono pienamente deducibili dal reddito
d’impresa del datore di lavoro (anche per questo molto utilizzati)
Art.102 – AMMORTAMENTO DEI BENI MATERIALI

Richiamando il PRINCIPIO DI COMPETENZA, i costi devono essere imputati agli esercizi in cui si manifestano i
relativi ricavi  perciò i costi la cui utilità si estende a più esercizi devono essere RIPARITI (ammortizzati) nei
diversi esercizi in cui sono utilizzati  “ammortamento” è la ripartizione di un costo pluriennale negli
esercizi di vita utile del cespite

L’ammortamento è ammesso (ovviamente) solo per i beni STRUMENTALI come impianti, macchinari,
automezzi ecc.

Comma 1 – “le quote di ammortamento del costo dei beni strumentali per l’esercizio d’impresa sono
deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene”

Comma 2 – “la deduzione è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo
dei beni dei COEFFICIENTI MINISTERIALI stabili con decreto del MEF, ridotti a metà per il primo esercizio. I
coefficienti sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e
consumo nei vari settori produttivi”

COMMA 3 – abrogato (disciplinava l’ammortamento “accelerato” e l’ammortamento “anticipato”)

COMMA 4 “in caso di eliminazione di beni non ancora completamente ammortizzati, il costo residuo è
ammesso in deduzione”

COMMA 5 “per i beni il cui costo unitario è non superiore a 516.46 euro è consentita la deduzione integrale
delle spese di acquisizione nell’esercizio in cui sono state sostenute”

COMMA 6 – disciplina il trattamento fiscale delle spese di manutenzione  le spese di manutenzione


ORDINARIE possono essere dedotte nel limite del 5% del COSTO COMPLESSIVO di tutti i beni materiali
ammortizzabili, l’eccedenza (che non può essere dedotta nell’esercizio) è deducibile per quote costanti nei 5
esercizi successivi  alle spese di manutenzione STRAORDINARIE NON sia applica questo comma 6, ma
concorrono alla formazione del reddito d’impresa

Quindi ricapitolando i punti essenziali:

- L’ammortamento viene eseguito in base ai COEFFICIENTI MINISTERIALI


- L’ammortamento ha inizio a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene
- Nel primo esercizio la quota di ammortamento deve essere dimezzata
- Può essere dedotto il costo residuo derivante dall’eliminazione/vendita di un bene non interamente
ammortizzato
- La deduzione di un bene può avvenire integralmente nell’anno di acquisto del bene se il suo valore
NON eccede 516.46 euro

E’ interessante notare come ci sia una “contrapposizione” in tema di ammortamento tra ambito fiscale e
ambito civilistico:

Il codice civile segue il principio di PRUDENZA che si basa su STIME mentre il legislatore disciplina in maniera
specifica l’ammortamento nel rispetto del principio di CERTEZZA  non posso rimettere la determinazione
del REDDITO IMPONIBILE a VALUTAZIONI DISCREZIONALI (come invece accade al risultato d’esercizio nel
bilancio)  TRATTAMENTO UNIVOCO DEI COMPONENTI NEGATIVI IN AMBITO FISCALE

Ci sono poi regole particolari di natura antielusiva relative a:

- Ammortamento beni in leasing in capo al concedente e deduzione dei canoni in capo all’utilizzatore
- Aziende in affitto o usufrutto
- Apparecchi per telefonia mobile (limite dell’80%)
In particolare, in caso di acquisto di beni in leasing, è richiesta una condizione per la loro deducibilità:

- Per i BENI MOBILI, la durata del contratto deve essere almeno la metà della durata
dell’ammortamento del bene (la durata la ottieni applicando i coefficienti ministeriali)
- Per i BENI IMMOBILI, il contratto deve avere una durata di almeno 12 anni

Art.103 – AMMORTAMENTO BENI IMMATERIALI

Anche per i BENI IMMATERIALI sono previsti dei COEFFICIENTI MINISTERIALI:

- Diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, brevetti e know-how acquisito in campo industriale,


commerciale o scientifico  sono deducibili annualmente per un ammontare non superiore al 50%
del costo
- Marchi e avviamento  ammortizzabili in misura non superiore a 1/18 (5.56% annuo)
- Diritti di concessione e altri  le quote di ammortamento sono deducibili in misura rapportata alla
durata del diritto di utilizzo

SUPER AMMORTAMENTI

La Legge di Stabilità del 2016 aveva introdotto il “Super ammortamento”:

- Maggiorazione del 40% del costo di acquisto (che dunque diventa pari al 140%) dei BENI
STRUMENTALI NUOVI (compresi anche i beni ad uso promiscuo)
- PERIODO LIMITATO dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016
- Soggetti imprenditori e professionisti
- Non si applica a fabbricati e costruzioni con coefficienti di ammortamento inferiori a 6.5%
- La deduzione della maggiorazione del 40% avviene in via EXTRACONTABILE  VARIAZIONE IN
DIMINUZIONE in dichiarazione dei redditi (il reddito imponibile sarà inferiore del reddito di bilancio)

Obbiettivo è quello di stimolare l’attività economica incentivando l’acquisto di beni strumentali

La Legge di Bilancio 2017 ha introdotto 3 importati novità:

- Per imprese e professionisti ha PROROGATO fino al 31 dicembre 2017 il SUPER AMMORTAMENTO


- Per le sole imprese ha introdotto il cosiddetto IPER AMMORTAMENTO, finalizzato a favorire la
cosiddetta “industria 4.0” mediante l’acquisto, dal 1 gennaio 2017 al 31 dicembre 2017, di SPECIFICI
BENI MATERIALI (espressamente indicati in un elenco, ad esempio robot)  l’IPER
AMMORTAMENTO consiste nella MAGGIORAZIONE DEL 150% del loro valore di acquisto (che
diventa pari al 250%)
- Per le sole imprese che beneficiano dell’IPER AMMORTAMENTO, nel periodo dal 1 gennaio 2017 al
31 dicembre 2017, è stata introdotta un’ulteriore agevolazione relativa all’acquisto di SPECIFICI BENI
IMMATERIALI (espressamente indicati in un elenco, ad esempio software per l’utilizzo di stampanti
3D)  tale agevolazione consiste nella MAGGIORAZIONE DEL 40% del loro costo di acquisto (che
diventa pari al 140%)

La Legge di Bilancio 2018:

- Proroga il SUPER AMMORTAMENTO per gli investimenti dal 1 gennaio 2018 al 31 dicembre 2018
anche se la maggiorazione viene ridotta dal 40% al 30%
- Proroga la maggiorazione del 150% relativa all’IPER AMMORTAMENTO di SPECIFICI BENI MATERIALI
- Proroga la maggiorazione del 40% relativa all’IPER AMMORTAMENTO di SPECIFICI BENI
IMMATERIALI

La Legge di Bilancio del 2019


- NON PROROGA il SUPER AMMORTAMENTO
- Proroga la maggiorazione del 150% dell’IPER AMMORTAMENTO relativo all’acquisto di SPECIFICI
BENI MATERIALI (con qualche cambiamento relativo all’ammontare del costo del bene)
- Proroga la maggiorazione del 40% dell’IPER AMMORTAMENTO relativo all’acquisto di SPECIFICI BENI
IMMATERIALI

LE PERDITE SU CREDITI

Le perdite su crediti derivano dall’insolvenza del debitore e sono fiscalmente deducibili se:

- Risultano da elementi CERTI e PRECISI


- Se il debitore è assoggettato a PROCEDURE CONCORSUALI (fallimento, concordato preventivo,
liquidazione coatta amministrativa) o ha concluso un accordo di RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO

Elementi CERTI e PRECISI sussistono in ogni caso se:

1- Sono trascorsi 6 mesi dalla scadenza prevista per il pagamento e il credito ha un valore nominale
non superiore a 5.000 euro per le imprese di grandi dimensioni e non superiore a 2.500 per le altre
2- Quando il credito è prescritto (prescrizione si ha dopo 5 o 10 anni)
3- In caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili  IAS
39 “derecognition” si ha quando vi è il trasferimento a terzi dei rischi e benefici derivanti dall’attività
finanziaria posseduta (disposizione estesa anche ai soggetti non IAS)

Il creditore può:

- Cedere il credito (solo pro soluto e no pro solvendo)


- Effettuare un accordo/transazione con il debitore
- Rinunciare al credito

Per la deducibilità, il creditore DEVE comunque dimostrare l’INESIGIBILITA’/ la DEFINITIVA PERDITA del
credito (o di una sua parte)

La deduzione di perdite su crediti deve essere coordinata con la disciplina degli ACCANTONAMENTI PER
RISCHI SU CREDITI

Art.106 – SVALUTAZIONE PER RISCHI SU CREDITI

La disciplina del bilancio impone l’iscrizione dei costi anche soltanto probabili (principio di prudenza)  per
questa ragione vengono creati i FONDI-RISCHI, i quali infatti sono destinati a far fronte a costi o spese che
potranno manifestarsi in esercizi futuri MA di cui sia incerto sia l’an sia il quantum  dato che quindi i
FONDI-RISCHI NON presentano i requisiti di certezza e definitività richiesti dalla normativa NON SONO DI
NORMA DEDUCIBILI.

Vi sono però alcune eccezioni in cui i FONDI-RISCHI sono fiscalmente DEDUCIBILI  un fondo-rischi, il cui
accantonamento è deducibile è quello relativo alla SVALUTAZIONE DEI CREDITI

L’Art.106 prevede due discipline distinte:

- Per le IMPRESE MERCANTILI, comma 1: “è data la facoltà di dedurre annualmente, a titolo di


accantonamento contro tali rischi, un importo pari allo 0.50% del VALORE NOMINALE o di
ACQUISIZIONE dei crediti stessi, NON coperti da garanzia assicurativa. Tale deduzione NON è più
ammessa quando l’ammontare complessivo del fondo rischi è pari al 5% del VALORE NOMINALE o
DI ACQUISIZIONE dei crediti risultanti a bilancio”  quindi fino a quando il fondo rischi non eccede
l’ammontare complessivo di crediti iscritti in bilancio posso dedurre lo 0.50% mentre la parte
eccedente concorre a formare il reddito dell’esercizio stesso (non è più deducibile).

- Per le BANCHE, comma 3: “le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l’importo NON
coperto da garanzia assicurativa, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0.30% del
valore complessivo risultante in bilancio, aumentato dall’ammontare delle svalutazioni
dell’esercizio. L’eventuale eccedenza (che supera lo 0.30%), è deducibile per quote costanti nei 18
esercizi successivi. Se in un esercizio l’ammontare complessivo delle svalutazioni è invece inferiore
al limite dello 0.30%, sono ammessi in deduzione, fino a tale limite, gli accantonamenti per rischi su
crediti. Gli accantonamenti NON sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha
raggiunto il 5% del valore dei crediti iscritto in bilancio”

Art.108 (comma 2) - LE SPESE DI RAPPRESENTANZA (l’art.108 è relativo alle “spese relative a più esercizi,
tra cui il comma 2 parla di quelle di rappresentanza)

Le SPESE DI RAPPRESENTA sono le spese sostenute per PROMUOVERE il nome e l’immagine dell’impresa,
perciò influenzano le vendite in maniera indiretta.

Il legislatore, prevede quindi che le SPESE DI RAPPRESENTANZA sono DEDUCIBILI, nel periodo d’imposta nel
quale vengono sostenute, se rispondono ai requisiti di INERENZA e CONGRUITA’ stabiliti con decreto del
MEF  quindi devono sussistere 2 requisiti fondamentali per definire una spesa come “spesa di
rappresentanza”:

- PRINCIPIO DI INERENZA  “sono inerenti le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi
effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri
di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici
per l’impresa”
- PRINCIPIO DI CONGRUITA’  “queste spese devono essere coerenti/commisurate con l’ammontare
dei ricavi e dei proventi della gestione caratteristica dell’impresa”

La DEDUCIBILITA’ è determinata infatti in base a % per scaglioni dei ricavi, è infatti possibile dedurre fino a:

- l’1.5% dei ricavi fino ricavi pari a 10 milioni


- lo 0.6% dei ricavi per la parte eccedente tra 10 milioni e 50 milioni
- lo 0.4% dei ricavi per la parte eccedente i 50 milioni

Ricorda infine che le SPESE RELATIVE A PIU’ ESERCIZI (tra cui quelle di rappresentanza) sono deducibili nel
limite della quota imputabile a ciascun esercizio, in base al PRINCIPIO DI COMPETENZA (Art.108 comma 1)

Potrebbero piacerti anche