* Dipartimento di Biologia Vegetale -CEBIOVEM, Università degli Studi di Torino, viale Mattioli 25, 10125,
Torino, +390116705933; claudia.gazzano@unito.it, sergio.favero@unito.it, enrica@matteucci.to.it,
rosanna.piervittori@unito.it
** Dipartimento di Scienze Mineralogiche e Petrologiche, Università degli Studi di Torino, via Valperga Caluso
35, 10125, Torino, +390116705105; daniele.castelli@unito.it
Riassunto
Decennali ricerche hanno messo in luce il significativo ruolo dei licheni nei processi di biodeterioramento dei
materiali lapidei, suscitando un progressivo interesse nel campo della Salvaguardia dei Beni Culturali. Tecniche
di osservazione ed analisi sempre più avanzate applicate a materiale in sezione hanno in particolare consentito di
indagare i diversi aspetti relativi ai processi biogeofisici e biogeochimici, esaminando ora la componente
lichenica e le sue modalità di sviluppo in superficie e in profondità, ora le componenti minerali del substrato
interessate dalla colonizzazione e le eventuali trasformazioni ad esse incorse.
L’applicazione di tecniche istologiche, in particolare la colorazione secondo il metodo PAS (Acido Periodico
di Schiff), su sezioni lucide ha in particolare permesso di acquisire mediante osservazioni in microscopia ottica
informazioni relative alla componente ifale di penetrazione (HPC) di diverse specie licheniche, epilitiche e
endolitiche, in diversi litotipi di interesse in ambito artistico e architettonico (e.g. profondità di penetrazione e
organizzazione ifale nel substrato).
L’allestimento di sezioni sottili consente altresì di integrare lo studio della componente lichenica con l’analisi
petrografica del materiale lapideo. Osservazioni ed analisi in microscopia ottica ed elettronica su tali preparati
permettono in particolare una valutazione della modalità di penetrazione in relazione alla struttura della roccia,
dell’influenza della struttura cristallina dei minerali sull’interazione con le ife, la localizzazione di eventuali
depositi microcristallini all’interno del tallo o all’interfaccia con il substrato e la realizzazione di microanalisi
relative alla composizione dei minerali interessati dalla presenza ifale.
Nel presente progetto, materiale in sezione lucida e sottile raccolto nel più che decennale percorso di ricerca
sull’interazione lichene-substrati litici dall’Unità di Lichenologia dell’Università Torino (ISO 9001:2000;
certificato 15456/06/S) è stato organizzato in una Collezione a scopo conservativo, didattico e ostensivo, inserita
nell’ambito dell’Erbario Crittogamico (HB-TO Cryptogamia). Oltre 160 sezioni sottili e 130 sezioni lucide
relative a 36 specie licheniche e 14 fra litotipi (arenarie, calcari organogeni, eclogiti, gneiss, graniti, marmi,
metabasalti, metagabbri, quarziti, rodingiti, serpentiniti ± asbestifere, travertini) e materiali edilizi (cementi-
amianto, malte), sono state catalogate unitamente a campioni mesoscopici rappresentativi e alle matrici relative
alle diverse sezioni, potenzialmente utilizzabili per l’allestimento di ulteriori preparati per la ricerca. Data la
diffusione delle specie e l’interesse in ambito storico-artistico di alcuni dei materiali raccolti, l’avvio di tale
Collezione si propone come innovativo riferimento per la consultazione a fini applicativi e didattici nel campo
della Conservazione dei Beni Culturali in ambienti aperti e semiconfinati. La Collezione è aperta, nella
tradizione museografica, alle integrazioni da altre realtà lichenologico-petrografiche.
Introduzione
La colonizzazione biologica è attualmente considerata uno dei principali fattori di rischio per la conservazione
delle opere di interesse artistico e architettonico che, a seconda dei materiali utilizzati e dell’ubicazione,
rappresentano potenziali nicchie per lo sviluppo di molteplici forme viventi macro- e/o microscopiche. I
materiali lapidei, in particolare, al di là di un’apparente limitazione della colonizzazione vegetale superiore,
spesso ristretta alla presenza di poche entità pioniere delle fessure, possono ospitare articolate comunità
biologiche, caratterizzate da organismi microscopici come batteri, cianobatteri, alghe e funghi non lichenizzati
(e.g. Tomaselli et al., 2000; Crispim & Gaylarde, 2004; Hoffland et al., 2004; St. Clair & Seaward, 2004). In tale
ambito, tuttavia, è soprattutto la presenza di licheni ad avere fino ad ora concentrato le maggiori attenzioni della
ricerca, trovando riscontro in oltre 650 pubblicazioni (vedansi le reviews bibliografiche di Piervittori et al., 1994,
1996, 1998, 2004a, b). Sostanzialmente limitata agli ambienti esterni, la colonizzazione lichenica è infatti
notoriamente responsabile di processi biogeofisici e biogeochimici (sensu Silverman, 1979) che contribuiscono
al progressivo degrado dei materiali lapidei (e.g. Nimis et al., 1992; Adamo & Violante, 2000; Chen et al., 2000;
St. Clair & Seaward, 2004).
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Tecniche microscopiche e spettroscopiche sempre più avanzate hanno permesso di rilevare diversi fattori
coinvolti nell’azione biodeteriogena dei licheni, evidenziando in tempi recenti come non solo i principali
componenti della simbiosi (micobionte e fotobionte), ma anche altri microrganismi associati al microcosmo di
interfaccia (batteri, funghi e alghe libere) possano esercitare un ruolo fondamentale nell’interazione con il
substrato (e.g. de los Ríos et al., 2005; de los Ríos & Ascaso, 2005). Molte sono le conoscenze acquisite riguardo
ai possibili processi di degrado, come l’azione chelante e acidificante di metaboliti primari (in primis l’acido
ossalico) e secondari (e.g. Ascaso et al., 1976; Turci et al., 2007), la penetrazione in profondità della componente
ifale di penetrazione (HPC sensu Favero-Longo et al., 2005a), la presenza all’interfaccia di sostanze polimeriche
extracellulari (EPS) (de los Ríos & Ascaso, 2005). I risultati acquisiti, tuttavia, appaiono nel contempo ancora
fortemente disomogenei per essere di riferimento nella definizione di priorità e modalità di intervento nella
gestione concreta della conservazione e valorizzazione dei Beni Culturali. Gli effetti dei licheni sui lapidei
appaiono infatti estremamente variabili a seconda del caso considerato, al punto da alimentare divisioni anche fra
gli esperti del settore nel momento in cui alla loro presenza viene addirittura associato non un ruolo di
deterioramento, ma di bioprotezione da altri possibili fattori di degrado (Seaward, 2004, con bibl. rel.).
Diverse ricerche suggeriscono che la variabilità riscontrata negli effetti della colonizzazione sia per larga parte
riconducibile al variare delle specie licheniche e dei litotipi considerati (Adamo & Violante, 2000; St. Clair &
Seaward, 2004). La modalità di crescita epilitica o endolitica rappresenta un primo fattore specifico coinvolto
nella definizione della tipologia e delle ricadute dell’interazione fra licheni e substrato (Pinna et al., 1998). Lo
sviluppo in profondità e l’organizzazione della componente ifale di penetrazione sono inoltre variabili fra specie
e specie (Favero-Longo et al., 2005a), così come la presenza di strutture ifali particolari all’interno del substrato
(Pinna et al., 1998). La composizione mineralogica e le caratteristiche microstrutturali sono poi assolutamente
determinanti nell’influenzare le modalità di colonizzazione e penetrazione lichenica dei diversi litotipi, ora più
soggetti ora meno agli effetti biodeteriogeni dei licheni (Favero-Longo et al., 2005a). La costruzione di un
sistema di riferimento per inquadrare il potenziale degrado legato alla colonizzazione lichenica dei substrati
lapidei non pare dunque poter prendere altro avvio che dalla considerazione di come le diverse specie agiscano
come agenti di biodeterioramento sui diversi litotipi. In tale contesto, lo studio del materiale in sezione, allestito
conservando gli originali rapporti spaziali fra lichene e substrato, consente una valutazione sia degli effetti
biogeofisici e biogeochimici della colonizzazione sia dei fattori potenzialmente coinvolti nell’azione di degrado.
L’applicazione di tecniche istologiche, in particolare la colorazione secondo il metodo PAS (Acido Periodico
di Schiff: Whitlach & Johnson, 1974), su sezioni lucide (sensu UNI 10922, 2001) ha permesso di acquisire
mediante osservazioni in microscopia ottica informazioni relative alla HPC di diverse specie licheniche in
diversi litotipi utilizzati in ambito monumentale (Fig. 1). La colorazione PAS, evidenziando la presenza ifale nel
substrato, consente infatti non solo di valutarne l’estensione in profondità, ma anche di cogliere l’organizzazione
delle ife in strutture più o meno complesse come fasci e gomitoli ifali (Pinna et al., 1998; Favero-Longo et al.,
2005a).
250 µm 250 µm
a b
Fig. 1a- 1b. Sezione lucida di serpentinite colonizzata da Lecanora rupicola, prima (a) e dopo (b) la
colorazione secondo il metodo PAS, che evidenzia le modalità di sviluppo della componente ifale di
penetrazione (HPC).
L’allestimento di sezioni sottili, analoghe a quelle utilizzate in ambito petrografico, ma tali da preservare la
componente lichenica (Piervittori et al., 1991), consente di integrare lo studio della HPC con l’analisi
petrografica del materiale lapideo (Fig. 2). Osservazioni ed analisi in microscopia ottica ed elettronica su tali
preparati permettono in particolare: (a) una valutazione della modalità di penetrazione in relazione alla struttura
della roccia; (b) lo studio dell’influenza della struttura cristallina dei minerali sull’interazione con le ife; (c) la
valutazione della disgregazione del substrato in corrispondenza della HPC; (d) la localizzazione di eventuali
depositi microcristallini all’interno del tallo o all’interfaccia; (e) la realizzazione di microanalisi relative alla
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composizione dei minerali interessati dalla presenza ifale (Favero-Longo et al., 2005b). Le sezioni sottili
possono essere inoltre utilizzate per la realizzazione di analisi in situ per l’identificazione di significative
concentrazioni di metaboliti lichenici e per la determinazione mineralogica di fasi di neoformazione
all’interfaccia, utilizzando tecniche di microscopia e spettroscopia avanzate quali micro-spettroscopia Raman
(Favero-Longo et al., 2005b) e microscopia laser confocale a scansione (CLSM: Wierzchos & Ascaso, 2001).
0,5 mm 0,5 mm
a b
Fig. 2a- 2b. Sezione sottile di serpentinite colonizzata da Sporastatia testudinea (osservazione in
microscopia ottica in luce polarizzata: a, solo polarizzatore; b, polarizzatori incrociati).
Sezioni sottili e sezioni lucide rappresentano dunque un fondamentale materiale di riferimento per lo studio
delle modalità e degli effetti dell’interazione fra diverse specie licheniche e diversi litotipi, potenzialmente utile
per la definizione del rischio dovuto alla colonizzazione lichenica in diverse situazioni di interesse nel campo
della conservazione dei Beni Culturali. In tal senso, l’Unità di Lichenologia dell’Università Torino (ISO
9001:2000; certificato 15456/06/S), a seguito di un più che decennale percorso di ricerca sull’interazione
lichene-substrati litici, ha avviato un progetto per l’organizzazione sotto forma di Collezione a scopo
conservativo, didattico e ostensivo, inserita nell’ambito dell’Erbario Crittogamico (HB-TO Cryptogamia), dei
materiali in sezione. Nel seguito, vengono illustrate le principali caratteristiche dell’innovativa Collezione, di cui
non risulta agli autori analoga corrispondenza presso altre sedi.
Materiali e metodi
Le sezioni lucide [1] presenti nella Collezione sono allestite secondo quanto riportato in Favero-Longo et al.
(2005a) (cfr. anche Pinna et al., 1998; UNI 10922, 2001). La procedura prevede, in una prima fase, il taglio di
frammenti litici con assi principali da 20 x 20 x 4 mm a 40 x 40 x 8 mm, mostranti ai margini di una delle facce
maggiori, precedentemente spianata, un tallo in sezione trasversale (sezioni piano-perpendicolari rispetto alle
superfici litiche colonizzate da licheni); la realizzazione del taglio sotto acqua corrente riduce il distacco della
componente tallina dal substrato. Dopo una successiva fase di totale essiccazione, il campione viene inglobato in
una resina poliestere, il più possibile ialina, all’interno di opportuni stampi circolari di polietilene (sono
eventualmente utilizzabili tappi da bottiglia o damigiana). Dopo 24-26 ore i dischi di poliestere ormai induriti
possono essere estratti dallo stampo e lucidati sotto acqua corrente, utilizzando gradazioni progressive di carta
abrasiva (e.g. da P180 a P1200). Le sezioni, una volta risciacquate, possono essere osservate allo
steromicroscopio o con un microscopio a luce riflessa, offrendo una particolare resa se coperte con un sottile
velo d’acqua.
Le sezioni sottili presenti nella Collezione sono allestite secondo quanto proposto in Piervittori et al. (1991).
La procedura prevede, in una prima fase, la fissazione del lichene al substrato mediante l’applicazione di poche
gocce di cianocrilato alla superficie del tallo. Il materiale litico viene quindi tagliato in frammenti analoghi a
quelli utilizzati per l’allestimento delle sezioni lucide, quindi inclusi in resina epossidica (miscela di Araldite M e
Epon 812) e portati mediante operazioni successive di taglio e levigatura ad uno spessore il più possibile
prossimo allo standard petrografico di 30 µm. Tali sezioni possono essere successivamente osservate in
microscopia ottica a luce trasmessa polarizzata. Sezioni sottili mantenute scoperte possono essere utilizzate per
analisi microanalitiche, ad esempio in microscopia elettronica combinata con sistemi analitici in dispersione di
energia (EDS) e/o in dispersione di lunghezza d’onda (WDS).
L’applicazione di tecniche di colorazione istologica ad entrambe le tipologie di sezioni, in particolare la
colorazione PAS (Whitlach & Johnson, 1974), consente un’ottima visualizzazione della colonizzazione lichenica
interna al substrato.
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a b c
Fig. 3a-b-c. Set di sezioni lucide (a), sezioni sottili (b) e matrici corrispondenti (c) relative alla
colonizzazione di licheni su marmo, serpentinite e malta, in ciascuna immagine rispettivamente in
alto a sinistra, in alto a destra ed in basso (barra: 2cm).
Le sezioni sono state catalogate unitamente a campioni mesoscopici rappresentativi e alle matrici di taglio,
potenzialmente utilizzabili per l’allestimento di ulteriori preparati per la ricerca.
La Collezione, inserita negli spazi destinati all’Erbario Crittogamico, è stata organizzata e catalogata in base
ai diversi substrati litici. Per ciascun substrato, le sezioni lucide e quelle sottili sono raccolte in contenitori
separati appositamente predisposti, rispettivamente identificati con la sigla del litotipo e la tipologia delle
sezioni; i campioni mesoscopici e le matrici sono riordinati separatamente sulla base dei medesimi criteri. Le
sezioni conservano la sigla di identificazione originaria, assegnata nelle fasi di ricerca nell’ambito delle quali
sono state allestite, associata ad una ulteriore codificazione appositamente predisposta ai fini dell’organizzazione
del sistema di archiviazione.
Le informazioni relative ai campioni sono attualmente strutturate in tabelle di utilità, costituenti la struttura
fondamentale del sistema di archiviazione informatizzata in fase di preparazione. Schede relative ai diversi
campioni, attualmente in fase di realizzazione, riportano informazioni relative a: (a) origine del campione, (b)
rilevatore; (c) litotipo; (d) specie licheniche; (e) determinatore; (f) responsabile dell’allestimento della sezione;
(g) caratteristiche petrografiche e lichenologiche della sezione, eventualmente corredate di fotografie.
L’elenco completo dei campioni e le modalità per la consultazione della collezione sono riportate come link
sulla pagina Web dell’Erbario Crittogamico:
http://web086.unito.it/cgi-bin/bioveg/documenti.pl/Show?_id=3834
La Collezione di materiale in sezione relativa all’interazione licheni-substrati litici include attualmente 169
sezioni sottili e 135 sezioni lucide, relative a 36 specie licheniche e 13 fra litotipi e materiali edilizi (Tab. 1).
Le sezioni conservate riflettono i principali casi di studio affrontati dall’Unità Lichenologica dell’Università di
Torino dal principio degli anni ’90, includendo così molteplici litotipi per lo più originari del territorio
piemontese e valdostano. Una parte delle sezioni è stata realizzata a partire da lapidei in opera, mentre una parte
è stata realizzata su materiale prelevato nell’ambiente naturale.
Oltre 100 sezioni relative alla colonizzazione lichenica di rocce ultramafiche serpentinizzate (serpentiniti)
rappresentano il nucleo centrale della collezione. Lo studio relativo a tale litotipo è stato articolato a partire dal
2000 cogliendo sia gli aspetti relativi all’azione pedogenetica dei licheni in ambienti d’alta quota (Favero-Longo
et al., 2005a) sia l’azione di alterazione di minerali fibrosi (asbesti e minerali asbestiformi), spesso presenti in
tali rocce e di interesse per le note problematiche nel campo della “salute ambientale” (Favero-Longo et al.,
2005b). Le serpentiniti sono state ampiamente utilizzate anche in ambito architettonico e monumentale, come
testimoniato dai Castelli Medioevali della Valle d’Aosta (e.g. castello di St. Germain, Piervittori et al., 1991) e
dalla Sacra di San Michele (Torino). La colonizzazione è stata presa in esame sia per specie caratteristiche degli
ambienti poco disturbati d’alta quota (e.g. Sporastatia testudinea, Lecidea atrobrunnea), sia per specie tolleranti
condizioni medie di eutrofizzazione (e.g. Rhizocarpon geographicum s.l., presente su diversi castelli valdostani),
sia a più decisa tendenza sinantropica (e.g. Xanthoria elegans).
Un secondo nucleo della Collezione include altre rocce metamorfiche silicatiche di origine alpina,
frequentemente utilizzate nell’architettura tradizionale delle vallate delle Alpi Occidentali, ma anche nella
realizzazione di opere di interesse artistico. E’ il caso delle prasiniti (metabasalti), utilizzate per le statue di S.
Grato e S. Gilberto a Verrès (Aosta) oltre che nei castelli medioevali valdostani (e.g. castelli di Graines e di Cly)
e nella Sacra di San Michele (Torino), e delle eclogiti, utilizzate, ad esempio, nella statuaria funebre del cimitero
monumentale di Oropa (Biella). Anche in questo caso, le specie licheniche esaminate sono quelle dominanti
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nell’area alpina su rocce silicatiche, come Rhizocarpon geographicum s.l., la cui presenza è tuttavia documentata
anche sui medesimi litotipi in opera, ad esempio proprio nei castelli valdostani (Piervittori et al., 1991).
Nell’ambito dello studio della colonizzazione lichenica dell’area romana di Libarna (Alessandria), sezioni
sottili sono state allestite per diverse specie sinantropiche quali Lecanora muralis e Verrucaria nigrescens su
arenarie e calcari.
Il nucleo maggiore di sezioni relative a litotipi carbonatici interessa tuttavia specie endolitiche: la
colonizzazione di Bagliettoa baldensis, Verrucaria marmorea, Petractis causa, Acrocordia conoidea, Caloplaca
albopruinosa e Rinodina immersa è stata esaminata su calcari fossiliferi del Carso triestino (Grotta del Gigante,
Cernizza, Gropada), ampiamente utilizzati nell’architettura del Triveneto. Nell’ambito di uno studio in cui è stata
riprodotta in vitro la colonizzazione lichenica di substrati carbonatici da parte dei micobionti di specie licheniche
endolitiche isolate in coltura, sono state allestite sezioni lucide per i micobionti di B. baldensis e V. marmorea
incubati con frammenti dei marmi di Pont Canavese, Chianocco, Foresto (Torino) e Ornavasso (Verbano-Cusio-
Ossola) (Favero-Longo et al., 2006). Si tratta di lapidei ampiamente utilizzati nell’architettura piemontese
(Marmi di Chianocco e Foresto: Arco di Susa, facciate di Palazzo Madama e del Duomo a Torino; Marmo di
Ornavasso: Absidi delle chiese di S. Carlo e S. Cristina in piazza CLN a Torino ) e lombarda (Marmo di
Ornavasso: Duomo di Milano, Certosa di Pavia), oltre che nella statuaria locale (Marmo di Pont: statuaria
sabauda).
Sezioni lucide e sottili sono state anche realizzate per campioni di travertino prelevati nell’area del Teatro
romano di Aosta relativamente alla colonizzazione da parte delle specie dominanti nel sito archeologico,
Caloplaca crenulatella e Verrucaria macrostoma.
La collezione include infine sezioni di leganti colonizzati da licheni, allestite a partire da materiale prelevato
dallo stesso Teatro romano di Aosta e da alcuni castelli valdostani. Specie di riferimento su questi materiali è
Candelariella vitellina, specie nitrofila, anche caratterizzante le sezioni allestite da lastre di cemento-amianto
(Eternit).
In considerazione della diffusione delle specie analizzate e l’interesse in ambito storico-artistico di molti dei
materiali raccolti, l’avvio di tale Collezione si propone come innovativo riferimento per la consultazione a fini di
ricerca di base e applicate e a scopo didattico nel campo della Conservazione e del Restauro dei Beni Culturali in
ambienti aperti e semiconfinati. La Collezione è aperta, nella tradizione museografica, alle integrazioni da altre
realtà lichenologico-petrografiche.
Note
[1] In riferimento alla norma italiana UNI 10922 del febbraio 2001 una sezione lucida è una “Porzione di
materiale lapideo con una faccia lucidata meccanicamente a specchio”. Le sezioni lucide conservate nella
Collezione e allestite in accordo con tale protocollo UNI e con la precedente raccomandazione Normal 14/83
(1985) non sono da intendersi come lucidate in senso petrografico, non essendo idonee allo studio in luce riflessa
polarizzata delle diverse fasi opache presenti nei litotipi esaminati.
Ringraziamenti
Il lavoro è svolto nell’ambito dei progetti MIUR (ex 60%) “Potenzialità applicative dello studio della
componente lichenica rupicola in processi di biodegrado e biodeterioramento” e “Meccanismi di bioalterazione e
bioprotezione lichenica su manufatti in cemento-amianto”. Gli autori sono grati al sig. Riccardo Coeli per il
fondamentale contributo nell’allestimento delle sezioni sottili. Si ringraziano inoltre gli studenti dei corsi di
laurea in Scienze Naturali (Alessandra Laccisaglia, Cristina Allisiardi e Ada De Nicolò) e Scienze Biologiche
(Paola Raiteri e Valentina Gazzola) che negli anni hanno contribuito alla raccolta del materiale in sezione
attualmente confluito nella Collezione.
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Tab. 1. Elenco del materiale in sezione conservato presso l’Erbario Crittogamico dell’Università di Torino
(HP-TO Cryptogamia)
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Tabella 1 (continua …)
SUBSTRATO LITICO Specie licheniche Sezioni sottili Sezioni lucide
a, sito archelogico di Libarna (Serravalle Scrivia, Alessandria); b, Duino-Aurisina loc. Cernizza (Carso
Triestino); c, Gropada (Carso Triestino); d, Borgo Grotta Gigante (Carso Triestino); e, Teatro Romano di Aosta
(Valle d’Aosta); f, Parco Naturale del Mont Avic (Valle d’Aosta); Vallone del Valasco (Valdieri, Cuneo); h,
Valle d’Aosta; i, Pont Canavese (Torino); j, castello di Arnad (Valle d’Aosta); k, castello di Pont Saint Martin
(Valle d’Aosta); l, Foresto (Torino); m, Chianocco (Torino); n, Ornavasso (Verbano-Cusio-Ossola); o, Santuario
Madonna della Neve (Fiano, Torino); p, Balme (Torino); q, ex Miniera di Asbesto di Balangero e Corio
(Torino); r, Cesana Torinese, loc. Jovencaux (Torino); s, Sampeyre, loc. Confine (Cuneo); t, Sampeyre, loc.
Ciampanesio (Cuneo); u, Susa, loc. Monpantero (Torino); v, Monte Pirchiriano (Torino); w, castello di Chenal
(Valle d’Aosta); x, castello di Graines (Valle d’Aosta); y, castello di Cly (Valle d’Aosta); z, Colle del Lys
(Torino); n.d., non determinato; i.s., incertae sedis; *, sezione realizzata su provini sterili incubati in vitro con
micobionte lichenico. La nomenclatura delle specie licheniche segue Nimis e Martellos (2003).
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