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I

ONCORS COLLANA TIMONE 239/3


IeC
ESAM

ELEMENTI DI
DIRITTO
E LEGISLAZIONE
BANCARIA
Aggiornato al D.L. n. 7/2007
conv. nella L. n. 40/2007
(c.d. Bersani bis)

SIMONE ®
EDIZIONI GIURIDICHE

Gruppodella
Estratto Editoriale Esselibri - Simone
pubblicazione
Estratto della pubblicazione
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Vietata la riproduzione anche parziale
Azienda certificata dal 2003 con sistema qualità ISO 14001 : 2004

Di particolare interesse per i lettori di questo volume segnaliamo:


Dalla collana «Last minute»
227 • Elementi di diritto commerciale
227/1 • Elementi di diritto delle società
239 • Elementi di economia aziendale
239/1 • Elementi di ragioneria applicata e professionale
239/2 • Elementi di organizzazione aziendale
Dal catalogo Edizioni giuridiche Simone
6/3 • Compendio di diritto commerciale
24 • Diritto delle assicurazioni private
26 • Compendio di diritto delle società
38 • Tecnica bancaria (Economia e gestione delle imprese bancarie)
44 • Economia politica
44/8 • Compendio di politica economica
132 • La riforma del diritto societario
585 • Nuovo dizionario di economia e gestione aziendale

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www. simone.it ove è


anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati

Aggiornamento del testo a cura di Angelo Battagli

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A.


(art. 64 D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Finito di stampare nel mese di settembre 2007


dalla «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)
per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo 33/D - 80123 Napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

Estratto della pubblicazione


PREMESSA

Il testo fornisce una «panoramica» del diritto e della legislazione


bancaria e abbraccia sia gli argomenti istituzionali (ordinamento bancario,
aspetti costitutivi della banca, vigilanza, accesso al mercato etc.), sia quelli
di carattere più tecnico-operativo (contratti e titoli bancari).
La trattazione, senza eccedere nel numero di pagine, tiene conto delle più
recenti novità normative, su tutte il D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito
nella L. 2 aprile 2007, n. 40 (cd. Bersani bis) che ha riformato la disciplina
dei mutui (estinzione anticipata, cancellazione dell’ipoteca, portabilità).
Nella disamina dei vari argomenti, si è data la giusta risonanza all’Accor-
do di Basilea 2 che detta nuovi schemi di valutazione del rischio assunto nei
vari rapporti di credito, misurabili attraverso lo strumento del rating e alla
direttiva MIFID che regolamenterà i mercati degli strumenti finanziari con
l’obiettivo di rafforzare la protezione degli investitori, in un’ottica di mag-
giore efficienza e trasparenza.
Il volume, che può affiancarsi ai testi adottati, nel pieno spirito della
collana Last minute, permette di acquisire una preparazione generale che,
anche in tempi brevi, soddisfa le esigenze sia dell’utenza universitaria sia dei
partecipanti ai concorsi bancari.

Estratto della pubblicazione


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CAPITOLO PRIMO

EVOLUZIONE DELL’ATTIVITÀ BANCARIA


E DEL DIRITTO BANCARIO

SOMMARIO: 1. Origini e sviluppo dell’attività bancaria. - 2. La riforma del sistema


creditizio ed il Testo Unico bancario.

1. ORIGINI E SVILUPPO DELL’ATTIVITÀ BANCARIA


Il diritto bancario viene generalmente definito come il complesso di norme
che regolano la costituzione, l’organizzazione e l’esercizio dell’impresa di
credito.
Nello sviluppo storico della legislazione bancaria italiana si possono distinguere approssi-
mativamente quattro periodi:
— il periodo che va dal 1861 (unità d’Italia) al 1926 (emanazione della prima legge bancaria);
— il periodo compreso tra la prima e la seconda legge bancaria (1936);
— il periodo che va dalla seconda legge bancaria ai primi anni ’80;
— il periodo che va dai primi anni ’80 ai nostri giorni (emanazione del Testo Unico delle leggi
in materia bancaria e creditizia - T.U.B.).

Il primo periodo è caratterizzato dall’assenza di una disciplina speciale


dell’attività bancaria: le imprese bancarie, infatti, erano assoggettate, come
le altre imprese commerciali, al diritto comune.
L’unica nota caratteristica era costituita dall’obbligo, imposto dall’art.
177 del Codice di Commercio del 1882, di depositare presso il Tribunale di
Commercio una situazione mensile esposta secondo un modello predisposto
con decreto governativo. L’attività bancaria in quanto tale non era sottoposta
a particolari controlli da parte dell’autorità governativa.
Negli ultimi anni dell’ottocento si era venuta a creare una diversificazio-
ne tra le imprese bancarie, a seconda che finanziassero principalmente
attività industriali, commerciali o di altro tipo.
Questi anni fecero registrare una crisi del sistema bancario italiano sia per l’assenza di
controlli pubblici sia per la crisi economica che in quegli anni interessava il Paese ripercuotendosi
con effetti disastrosi sulle banche, che si erano lasciate coinvolgere in speculazioni azzardate.

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6 Capitolo Primo

Il moltiplicarsi dei dissesti bancari rese impellente e necessaria l’emanazione di una disciplina
speciale che avesse come obiettivo la tutela del risparmio ed il risanamento del settore.
Un primo risultato fu il R.D.L. 6-5-1926, n. 812 il quale attribuì il potere di emettere biglietti
di banca esclusivamente alla Banca d’Italia (istituita nel 1893), che in tal modo divenne l’unico
istituto di emissione.
La ristrutturazione del sistema bancario fu attuata con il R.D.L. 7-9-1926, n. 154 (cd. prima
legge bancaria) che introdusse un sistema di controlli sull’attività e sulle imprese bancarie.

La crisi economica internazionale degli anni ’30 si ripercosse anche sul


sistema economico italiano determinando l’esigenza di una riforma integra-
le dell’attività bancaria.
Fu questo clima politico-economico che condusse all’emanazione del
R.D.L. 12-3-1936, n. 375 (conv. con L. 7-3-1938, n. 141), meglio noto come
seconda legge bancaria, le cui principali novità erano:
— distinzione tra «enti raccoglitori di risparmio a breve termine» (detti anche
aziende di credito) ed «enti raccoglitori di risparmio a medio e lungo
termine» (o istituti di credito), cui corrispondeva una diversa disciplina;
— attribuzione del controllo sull’attività bancaria ad un Comitato di ministri, alle
cui dipendenze venne posto un organo burocratico denominato «Ispettorato
per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito», a capo del quale era
il Governatore della Banca d’Italia, con poteri ampiamente discrezionali;
— riconoscimento alla Banca d’Italia della natura di ente pubblico.
In tal modo si realizzava un sistema che consentiva al Governo interventi di politica
economica attraverso la manovra del credito.
La caduta del regime fascista non condusse ad una radicale modificazione del sistema
bancario italiano. Gli interventi legislativi si limitarono ad una redistribuzione dei poteri di
controllo sull’attività bancaria tra gli organi di governo.
L’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, che pure enunciava agli artt. 41 e 47
nuovi e fondamentali principi in materia economica e bancaria, non determinò un mutamento
d’indirizzo nella politica legislativa in materia bancaria.
Infatti, negli anni ’50 e ’60 l’ordinamento bancario continuò a svilupparsi secondo le linee tracciate
dalla legislazione dell’immediato dopoguerra: estrema specializzazione, assenza d’intermediari
finanziari diversi dalle banche e rigorosa protezione nei confronti del mercato internazionale.

2. LA RIFORMA DEL SISTEMA CREDITIZIO ED IL TESTO UNI-


CO BANCARIO
A) I fattori della riforma
La situazione di stallo del sistema creditizio italiano è durata fino ai primi anni ’80,
allorquando, sotto la spinta di una serie di fattori endogeni al sistema stesso ed in conseguenza

Estratto della pubblicazione


Evoluzione dell’attività bancaria e del diritto bancario 7

della mutata situazione economica, una completa ed organica riforma dell’assetto bancario
italiano si è resa indispensabile. Esaminiamo di seguito i fattori che hanno contribuito ad avviare
questo radicale mutamento:
— la nascita e l’affermarsi di nuovi intermediari finanziari. Fino agli anni ’70 le banche
detenevano un quasi monopolio nel settore dell’intermediazione finanziaria, frutto dei rigidi
vincoli imposti dalle legge bancaria del ’36. Questo monopolio viene scalfito con l’istituzione
dei fondi comuni di investimento mobiliare aperti (L. 77/1983), le SIM (L. 1/1991), le SICAV
(D.Lgs. 84/1992), i fondi chiusi (L. 344/1993) ed i fondi immobiliari chiusi (L. 86/1994);
— la necessità per le banche di rendersi competitive anche a livello europeo, operando un
processo di despecializzazione istituzionale ed operativo che permettesse loro di beneficia-
re, attraverso il viatico del mutuo riconoscimento, dei vantaggi della partecipazione al
mercato comune;
— l’avvio del processo di riassetto delle partecipazioni detenute dallo Stato nel settore
creditizio, concretizzatosi nella trasformazione in società per azioni degli istituti di credito
di diritto pubblico (L. 30-7-1990, n. 218);
— la necessità di dover recepire numerose direttive comunitarie che ponevano le basi per
una ampia liberalizzazione del mercato bancario.

B) L’emanazione del Testo Unico in materia bancaria e creditizia


I fattori in precedenza indicati hanno condotto ad una riforma integrale della legislazione
bancaria nel segno della trasparenza e della stabilità del settore culminata con l’emanazione del
D.Lgs. 1-9-1993, n. 385 - Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (T.U.B.),
che si pone ora come il testo normativo di base per la disciplina del settore creditizio.

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CAPITOLO SECONDO

LE FONTI DEL DIRITTO BANCARIO

SOMMARIO: 1. La gerarchia delle fonti. - 2. Gli articoli 41 e 47 della Costituzione. - 3.


Le fonti di diritto comunitario. - 4. Le fonti legislative e i Testi Unici in materia bancaria
e finanziaria. - 5. Il D.Lgs. 213/1998 e la transizione all’euro. - 6. Le fonti regionali del
diritto bancario. - 7. Le fonti secondarie. - 8. Gli usi bancari. - 9. Le norme bancarie
uniformi. - 10. Gli statuti ed i regolamenti delle banche.

1. LA GERARCHIA DELLE FONTI


La gerarchia delle fonti in materia bancaria si articola nel seguente modo:
— la Costituzione (artt. 41 e 47) e le fonti sovranazionali, comprese quelle
di diritto comunitario.
Di pari livello vanno considerati gli statuti delle Regioni ad autonomia speciale;
— le leggi ordinarie, tra le quali assumono particolare rilevanza il T.U.B.,
il Codice Civile ed alcune leggi speciali (T.U.F., in particolare);
— i regolamenti e gli atti amministrativi, tra cui spiccano i decreti del
Ministero dell’Economia e delle Finanze e i provvedimenti del Comitato
Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (CICR) e della Banca d’Italia;
— gli usi normativi e gli usi negoziali, che nell’ambito del diritto bancario
assumono una rilevanza particolare.

2. GLI ARTICOLI 41 E 47 DELLA COSTITUZIONE


Per inquadrare l’attività bancaria nella disciplina costituzionale, occorre anzitutto sottoli-
neare che essa si presenta come attività d’impresa ed è quindi espressione dell’iniziativa
economica privata, di cui all’art. 41 Cost.
In base a tale norma «l’iniziativa economica privata è libera», purché non sia svolta in contrasto
con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La libertà nell’esplicazione dell’attività bancaria va però conciliata con i principi contenuti
nell’art. 47 Cost., il quale si riferisce più strettamente all’attività creditizia. La norma prevede
che la Repubblica:
— incoraggi e tuteli il risparmio in tutte le sue forme;
— disciplini, coordini e controlli l’esercizio del credito;

Estratto della pubblicazione


Le fonti del diritto bancario 9

— favorisca l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà
diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi
produttivi del Paese.
L’art. 47 Cost. ammette quindi la possibilità di un controllo sull’attività bancaria
mediante disposizioni di legge, dirette ad indirizzare tale attività verso un fine sociale consistente
nella tutela del risparmio.

3. LE FONTI DI DIRITTO COMUNITARIO


Le fonti del diritto comunitario sono costituite:
— dai trattati istitutivi delle tre Comunità, così come integrati dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia e modificati da atti successivi;
— dagli atti emanati dalle istituzioni comunitarie costituenti il cd. diritto
comunitario derivato;
— dagli accordi della Comunità con Stati terzi.
I trattati istitutivi (così come gli accordi con Stati terzi) rappresentano le
fonti di primo primo grado dell’ordinamento giuridico comunitario: le
norme in essi contenute non potranno quindi essere disattese dagli atti delle
istituzioni comunitarie.
Il trattato istitutivo della CEE è stato firmato a Roma il 25-3-1957 ed è entrato in vigore
il 1°-1-1958 (ratificato dall’Italia con L. 14-10-1957, n. 1203). Oltre a tale trattato, rivestono
particolare importanza:
— l’Atto Unico Europeo, firmato il 28-2-1986 ed entrato in vigore il 1°-7-1987 (l’Italia l’ha
ratificato con L. 23-12-1986, n. 909), il cui obiettivo principale è l’instaurazione progres-
siva del mercato interno quale «spazio senza frontiere, nel quale è assicurata la libera
circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali»;
— il Trattato sull’Unione Europea, e i Protocolli allegati, firmato a Maastricht il 7-2-1992
ed entrato in vigore il 1°-11-1993 (ratificato dall’Italia con L. 3-11-1992, n. 454), che amplia
i settori di competenza comunitaria;
— il Trattato di Amsterdam, firmato il 2-10-1997 ed entrato in vigore il 1°-5-1999 (ratificato
dall’Italia con L. 16-6-1998, n. 209), che ha ulteriormente modificato i trattati istitutivi
innovando le procedure decisionali e «comunitarizzando» alcuni settori che, in precedenza,
rientravano nell’ambito della cooperazione intergovernativa;
— il Trattato di Nizza, firmato il 26-2-2001 ed entrato in vigore il 1°-2-2003 (ratificato
dall’Italia con L. 11-5-2002, n. 102), che ha apportato soprattutto modifiche volte ad
adeguare la struttura delle istituzioni europee in ragione dell’allargamento dell’Unione ad
altri Stati membri.

Estratto della pubblicazione


10 Capitolo Secondo

Le fonti del diritto comunitario derivato sono frutto dell’attività legisla-


tiva della Comunità Europea e possono essere distinte in due gruppi principali:
— fonti vincolanti quali:
— il regolamento, che è un provvedimento normativo di portata generale, ad
efficacia vincolante per gli Stati membri e generatore di diritti soggettivi
immediatamente operativi nella sfera giuridica dei singoli destinatari;
— la direttiva, che rappresenta un indirizzo comunitario vincolante per
gli Stati membri, i quali, però, sono liberi di scegliere in ordine alla
finalità da realizzare il concreto modo di attuazione conformemente
ai sistemi giuridici esistenti nei singoli Paesi;
— la decisione che è un atto obbligatorio in tutti i suoi elementi e
direttamente applicabile per i destinatari da essa designati (persone
fisiche o Stati membri);
— fonti non vincolanti quali:
— la raccomandazione, emanata dal Consiglio o dalla Commissione e
che rappresenta una indicazione per gli Stati membri di adeguare i
loro sistemi normativi ad un modello predisposto;
— il parere, analogo alla raccomandazione dalla quale si differenzia
solo per il minor dettaglio dell’argomento trattato.

4. LE FONTI LEGISLATIVE E I TESTI UNICI IN MATERIA BAN-


CARIA E FINANZIARIA
A) Fonti statuali: codice civile e T.U.B.
Le fonti statuali in campo bancario sono rappresentate soprattutto dalle
disposizioni del codice civile, con particolare riguardo agli articoli concernenti
i contratti bancari (artt. 1834 c.c. e ss.) e i titoli di credito (artt. 1992 c.c. e ss.).
La legislazione ordinaria, che — come si è detto — è progredita sulla
scorta delle direttive comunitarie, è oggi in gran parte contenuta nel D.Lgs.
1-9-1993, n. 385, vale a dire il Testo Unico delle leggi in materia bancaria
e creditizia - T.U.B.
I principi fondamentali del T.U.B. sono i seguenti:
— la vigilanza sull’attività creditizia è esercitata dalla Banca d’Italia (art. 4), affiancata dal
CICR (Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio), il quale ha compiti di alta
vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio (art. 2), e dal Ministro dell’Econo-
mia e delle Finanze (art. 3);

Estratto della pubblicazione


Le fonti del diritto bancario 11

— l’attività bancaria consiste nella raccolta del risparmio tra il pubblico e nell’esercizio del
credito. Tale attività può essere svolta soltanto da enti espressamente autorizzati, detti
banche, ed assume carattere d’impresa (art. 10);
— le banche devono essere iscritte dalla Banca d’Italia in un apposito albo delle banche (art. 13);
— possono svolgere attività bancaria in Italia non soltanto le banche nazionali (aventi sede
legale in Italia), ma anche le banche comunitarie (aventi sede legale ed amministrazione
centrale in uno Stato membro della Comunità Europea) e le banche extracomunitarie
(aventi sede legale al di fuori della Comunità Europea);
— le banche nazionali, a loro volta, possono esercitare la propria attività negli Stati comuni-
tari ed extracomunitari nel rispetto delle procedure fissate dal T.U.B. (art. 16);
— alle attività bancarie si applicano in ogni caso le norme sulla trasparenza contrattuale e
sul contrasto al riciclaggio di denaro ed a tal fine la Banca d’Italia collabora, anche
mediante scambio d’informazioni, con le autorità straniere competenti al controllo degli
enti creditizi, finanziari, assicurativi e dei mercati finanziari (art. 7).

B) Le modifiche e le integrazioni successive al T.U.B.


La veloce evoluzione del mercato del credito e della intermediazione finanziaria hanno
spinto il legislatore a rivedere la disciplina originaria del T.U.B. in diversi punti. In particolare:
— il D.Lgs. 333/1999 ha determinato un rafforzamento dei soggetti preposti alla vigilanza e
l’implementazione degli strumenti a disposizione degli stessi;
— il D.Lgs. 342/1999 ha introdotto numerose novità in materia di calcolo di interessi, raccolta
del risparmio e abusivismo bancario;
— il D.Lgs. 61/2002, nell’ambito di un intervento di più ampia portata ha operato una revisione
dei reati di contrasto all’attività di vigilanza, di mendacio e aggiotaggio bancario;
— la L. 39/2002, in attuazione delle dir. 2000/46/CE e 2000/28/CE, ha dettato la disciplina
degli istituti di moneta elettronica (IMEL), cui è dedicato l’intero Titolo Vbis, introdotto
nel T.U.B. dalla legge stessa;
— il D.Lgs. 37/2004 e il D.Lgs. 310/2004 hanno apportato variazioni ad una nutrita serie di
articoli del T.U.B. (e del T.U.F.) al fine di coordinarne le disposizioni con il D.Lgs. 5/2003
e il D.Lgs. 6/2003, recanti la riforma del diritto societario.
Queste hanno riguardato principalmente, nel T.U.B., la raccolta del risparmio mediante
emissione di titoli da parte di soggetti non bancari, le modalità di partecipazione al capitale
degli intermediari, la possibilità di adottare i nuovi modelli di governo societario (cosiddetti
dualistico e monistico) e la nozione di gruppo bancario, nonché l’estensione, in quanto
compatibile, della nuova disciplina societaria alle banche popolari e alle banche di credito
cooperativo. Le modifiche introdotte nel T.U.F., in materia di gestione collettiva del
risparmio, hanno accresciuto la flessibilità operativa delle SGR e snellito le procedure
amministrative per l’accesso al mercato;
— il D.Lgs. 197/2004, che ha introdotto la Sezione IIIbis al Titolo IV del T.U.B., dando
attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 2001/24/CE, in materia di procedure di
risanamento e liquidazione degli enti creditizi, finalizzata al coordinamento delle legisla-
zioni nazionali relativamente ai casi di crisi di banche aventi succursali in più Stati membri.
— la L. 262/2005 che, nell’operare una ampia riforma in materia di risparmio, ha modificato
ed integrato il T.U.B., in particolare con riferimento alla organizzazione e disciplina della

Estratto della pubblicazione


12 Capitolo Secondo

Banca d’Italia e alle procedure controllo delle operazioni di acquisizione e di concentra-


zione che riguardino le imprese bancarie;
— il D.L. 223/2006 (cd. Pacchetto Bersani), che, nel prevedere una serie di liberalizzazione
in diversi settori dell’economia, interviene anche in campo bancario ed in particolare su
alcuni aspetti della trasparenza contrattuale e sull’adeguamento dei tassi di interesse.
Di tali interventi si dirà più approfonditamente nei Capitoli in cui sono trattati i rispettivi
argomenti.

C) Il T.U.F.
Il D.Lgs. 24-2-1998, n. 58 recante il Testo Unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria - T.U.F., disciplinando il funziona-
mento dei mercati finanziari e la prestazione dei servizi di investimento,
costituisce, unitamente al T.U.B., «la base del nuovo ordinamento finanziario
italiano» (così nella Relazione per il 1997, Banca d’Italia, Roma, 1998).
Con tale provvedimento viene a realizzarsi il disegno di liberalizzazione
del settore finanziario nell’ambito degli Stati aderenti alla Comunità Euro-
pea, speculare e complementare alla liberalizzazione introdotta nel settore
bancario con il T.U.B. (e nel settore assicurativo con i decreti legislativi n.
174 e n. 175 del 1995).
La continuità ideale tra i due provvedimenti è del resto attestata dalla medesima previsione,
nel T.U.F. come nel T.U.B., dei principi dell’home country control e della licenza unica, da cui
deriva la libertà di stabilimento in un qualsiasi Stato membro dell’U.E., nonché la facoltà di
libera prestazione di servizi d’investimento.

D) Gli effetti dell’adozione del decreto Eurosim e del T.U.F. sull’opera-


tività della banca
Per la materia bancaria, la principale e fondamentale novità introdotta dal
decreto Eurosim e successivamente confermata dal T.U.F. (art. 18) è l’am-
pliamento dell’attività della banca in quanto con la nuova normativa
l’esercizio in forma professionale dei servizi d’investimento rientra a pieno
titolo nell’oggetto sociale bancario.
Per comprendere la portata di tale previsione è necessario ricordare che,
in precedenza, la L. 1/1991 (art. 2) riservava le attività di intermediazione
mobiliare all’esercizio esclusivo delle società d’intermediazione mobiliare
(SIM).
Il T.U.F. contempla, invece, le banche tra i soggetti abilitati all’esercizio
professionale nei confronti del pubblico dei servizi d’investimento, senza
più alcuna preclusione rispetto all’attività di negoziazione.

Estratto della pubblicazione


Le fonti del diritto bancario 13

Di conseguenza, la riserva di attività all’esercizio dei servizi d’investimen-


to ora comprende, oltre che le SIM e le imprese d’investimento straniere, anche
le banche.
Per svolgere uno o più servizi d’investimento le banche devono ricevere
un’apposita autorizzazione dalla Banca d’Italia.

5. IL D.LGS. 213/1998 E LA TRANSIZIONE ALL’EURO


Il punto di partenza nel percorso di avvicinamento all’euro è rappresentato
dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27-6-1996 con la
quale venivano impartite istruzioni per il coordinamento delle iniziative
correlate all’introduzione dell’euro nel sistema economico e nell’ordinamento
giuridico italiano.
Il completamento del passaggio al sistema euro è avvenuto solo con
l’emanazione del D.Lgs. 24-6-1998, n. 213 (cd. decreto euro), attuativo
della L. 433/1997.
Tra i più importanti contenuti del decreto euro, rilevano:
— l’individuazione dei criteri per il calcolo dei parametri di indicizzazione, dei calcoli
intermedi e degli importi in lire contenuti in norme vigenti (particolarmente importanti sono
i nuovi importi del capitale sociale e del valore nominale delle azioni delle società
disciplinate dal codice civile, delle imprese bancarie e delle imprese assicurative);
— le disposizioni concernenti il mercato finanziario riguardanti, rispettivamente, i titoli di
Stato, gli strumenti di debito emessi da altri soggetti pubblici, gli strumenti di debito privati;
— gli aspetti contabili delle imprese in genere, di quelle bancarie e finanziarie, di quelle
assicurative e dei fondi pensione;
— la dematerializzazione degli strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati e dei
titoli di Stato affidati ad un sistema di gestione accentrata.

Tredici Paesi dell’Unione Europea (Austria, Belgio, Finlandia, Francia,


Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna
e, dal 1° gennaio 2007, la Slovenia) hanno adottato l’euro quale propria moneta
ufficiale e le relative valute nazionali sono diventate una semplice espressione
dell’euro, cui sono legate da un tasso di cambio fisso e irrevocabile.
Il tasso di conversione fissato per l’Italia è di 1 euro per 1.936,27 lire.
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Quando è iniziata la circolazione di banconote e monete in euro?


La circolazione di banconote e monete in euro è iniziata solo dal 1° gennaio 2002. Le
Banche Centrali dei Paesi che adottano l’euro hanno ritirato tutto il circolante espresso
nella precedente valuta nazionale con conseguente successiva perdita del suo corso legale.
○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○

Estratto della pubblicazione


14 Capitolo Secondo

I TASSI DI CONVERSIONE IRREVOCABILI

Valute nazionali con euro


Franco belga e lussemburghese 40,3399
Marco tedesco 1,95583
Peseta spagnola 166,386
Franco francese 6,55957
Sterlina irlandese 0,787564
Lira italiana 1936,27
Fiorino olandese 2,20371
Scellino austriaco 13,7603
Escudo portoghese 200,482
Tallero Sloveno 239,640
Marco finlandese 5,94573
Dracma greca 340,750

6. LE FONTI REGIONALI DEL DIRITTO BANCARIO


A) Regioni ordinarie
L’art. 117 Cost. ha da sempre escluso qualsiasi competenza, sia legisla-
tiva che amministrativa, delle Regioni a statuto ordinario in materia
bancaria, allo scopo di assicurare l’unità della disciplina e dell’apparato
politico-amministrativo di controllo dell’attività bancaria, nonché l’unita-
rietà della politica monetaria.
Questa esclusione di competenza delle Regioni ordinarie resta confermata anche dopo le
modifiche all’art. 117 della Costituzione introdotte dalla L. cost. 18-10-2001, n. 3.
In conseguenza del processo di regionalismo avviato nel paese, la norma, come riformu-
lata, offre una nuova ripartizione del potere legislativo tra Stato e Regioni alle quali sono
trasferite tutte le materie che non siano espressamente riservate allo Stato con l’effetto di un
complessivo accrescimento delle competenze regionali (sia per la cd. potestà legislativa
esclusiva, sia per quella concorrente).
Alla legislazione esclusiva dello Stato resta però riservata la disciplina relativa a «moneta,
tutela del risparmio e mercati finanziari, tutela della concorrenza, sistema valutario, sistema
tributario e contabile dello Stato, perequazione delle risorse finanziarie» nonché giurisdizione e
norme processuali, ordinamento civile e penale, giustizia amministrativa (art. 117 co. 2 lett. e, l).
○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○

Qual è la competenza delle Regioni ordinarie in materia bancaria?


Le Regioni ordinarie hanno competenza (legislazione regionale concorrente) in materia
di banche regionali ovvero, per usare la formula che ricorre nell’art. 117 co. 3 Cost.,
«casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito
fondiario e agrario a carattere regionale», dovendo comunque osservare i principi fonda-

Estratto della pubblicazione


Le fonti del diritto bancario 15

mentali stabiliti dallo Stato e individuati con il D.Lgs. 18 aprile 2006, n. 171, emanato in
forza della delega contenuta nella L. 131/2003 (modificata dalla L. 306/2004).
Sono state, comunque, espressamente escluse dalla competenza legislativa delle Regioni
ordinarie la materia della vigilanza sulle banche regionali (che resta di competenza della
Banca d’Italia ai sensi dell’art. 159 T.U.B.), la disciplina delle crisi (Titolo IV T.U.B.),
nonché gli aspetti sanzionatori (Titolo V) (art. 1, co. 3, D.Lgs. 171/2006).
○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○

B) I principi fondamentali in materia di banche regionali


Tali principi sono individuati nell’art. 3 D.Lgs. 171/2006: essi si concre-
tizzano in veri e propri limiti per l’esercizio della funzione legislativa da
parte delle Regioni in materia bancaria, rappresentati dall’osservanza della
Costituzione e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, dalle
norme e dagli obblighi internazionali, nonché dalle disposizioni dell’art. 159
T.U.B.
Le Regioni ordinarie possono, pertanto, esercitare la propria potestà legislativa relativa-
mente ai seguenti aspetti della operatività delle banche a carattere regionale:
— istituzione di un albo delle banche a carattere regionale;
— adozione, previo parere vincolante della Banca d’Italia, dei provvedimenti relativi all’au-
torizzazione all’attività bancaria e alle modifiche statutarie, ivi comprese quelle dipendenti
da trasformazioni, fusioni e scissioni, nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 19, co. 12, L.
262/2005;
— le modalità di verifica dei requisiti di esperienza e onorabilità degli esponenti aziendali della
banca regionale.

C) Regioni a statuto speciale


Le Regioni a statuto speciale hanno una competenza legislativa in
materia di credito e di risparmio che varia in misura rilevante da Regione a
Regione.
In linea di massima, si riconoscono alcune caratteristiche comuni:
— non si tratta mai di una competenza esclusiva, ma di una competenza
concorrente con quella dello Stato, o, nel caso della Valle d’Aosta, di una
competenza attuativa delle leggi statali;
— gli statuti regionali precisano che tale competenza si riferisce esclusiva-
mente alle banche a carattere regionale (disciplina dell’ordinamento),
mentre la disciplina della raccolta del risparmio e dell’esercizio del
credito rientra nella competenza statale.

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16 Capitolo Secondo

7. LE FONTI SECONDARIE
Fonti secondarie del diritto bancario sono gli atti del CICR, gli atti della Banca d’Italia e,
limitatamente all’esercizio dei servizi di investimento, gli atti della Commissione nazionale per
le società e la Borsa (CONSOB), posti in essere nell’esercizio delle rispettive funzioni. È dotato
di poteri regolamentari anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze (art. 3 T.U.B.).
Si tratta di fonti subordinate alla legge ordinaria, che hanno forza giuridica e valore formale
di atti amministrativi e che prendono la forma di deliberazioni, istruzioni e regolamenti
impartiti alle imprese bancarie per l’esercizio della loro attività.
L’art. 23 della L. 262/2005 ha stabilito che gli atti aventi natura regolamentare o di
contenuto generale della Banca d’Italia e della CONSOB, nonché dell’ISVAP (l’autorità di
vigilanza del settore assicurativo) e della COVIP (l’autorità di vigilanza sui fondi pensione),
devono essere motivati con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza del settore
ovvero della materia su cui vertono.
Inoltre essi devono essere accompagnati da una relazione che ne illustri le conseguenze
sulla regolamentazione, sull’attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi degli
investitori e dei risparmiatori.
I regolamenti generali emanati dalla Banca d’Italia, dalla CONSOB e dalle altre autorità di
vigilanza devono essere sottoposti a revisione periodica, almeno ogni tre anni, per adeguarli
all’evoluzione delle condizioni del mercato e degli interessi degli investitori e dei risparmiatori.
Per quanto concerne la Banca d’Italia, tali nuove disposizioni si aggiungono al disposto
dell’art. 4 T.U.B. in base al quale la Banca d’Italia «determina e rende pubblici preventivamente
i principi e i criteri dell’attività di vigilanza», pubblica i provvedimenti di carattere generale
e applica le disposizioni della L. 241/1990 (norme in materia di procedimento amministrativo
e di diritto di accesso) in quanto compatibili.

8. GLI USI BANCARI


Nell’ambito del diritto bancario gli usi hanno assunto in passato un’importanza particolare:
essi, infatti, sono stati spesso richiamati dalla legge, e sono stati oggetto di accertamento e di
raccolta da parte delle Camere di Commercio.
La possibilità di fare rinvio agli usi è stata fortemente limitata dal T.U.B., che ha
coordinato e razionalizzato nel Titolo VI la disciplina in precedenza prevista dalla L. 17-2-1992,
n. 154, recante norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari.
In particolare la normativa sulla trasparenza delle condizioni contrattuali (art. 116
T.U.B.) impone l’obbligo di indicare esplicitamente i tassi d’interesse, i prezzi, le spese di
comunicazione e altre condizioni relative alle operazioni ed ai servizi offerti, considerando (art.
117) come non apposte tutte quelle clausole contrattuali che rinviano agli usi per ciò che
concerne i dati appena menzionati.

9. LE NORME BANCARIE UNIFORMI


Tra le fonti di produzione del diritto bancario, assume particolare rilevanza
anche l’autonomia negoziale delle imprese bancarie: queste, in virtù della

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Le fonti del diritto bancario 17

forza contrattuale di cui sono dotate, sono in grado di fissare in via preventiva
il contenuto dei contratti che vanno a stipulare con la clientela; talvolta, ciò
avviene attraverso la predisposizione unilaterale, da parte di singole banche,
delle clausole contrattuali; talaltra, invece, queste clausole sono dettate da
organismi collettivi (ad esempio, l’Associazione Bancaria Italiana - ABI)
che sono espressione dello stesso sistema bancario, oppure da accordi apposi-
tamente intervenuti tra le banche stesse.
Le norme bancarie uniformi sono condizioni generali di contratto elabo-
rate dall’ABI con la collaborazione di quasi tutte le imprese bancarie, le quali
si impegnano a rispettarle nei rapporti con i clienti, e sono volte ad uniformare
le condizioni praticate dalle banche per le operazioni ed i contratti conclusi
con la propria clientela.

10. GLI STATUTI ED I REGOLAMENTI DELLE BANCHE


Gli statuti ed i regolamenti sono espressione della potestà di autorganiz-
zazione delle banche, cioè del potere delle banche di dettare norme inerenti
alla loro organizzazione ed alla loro attività.
Lo statuto è «l’atto che regola i rapporti tra soci e con i terzi e che
definisce le linee fondamentali in materia di assetti organizzativi e operativi
dell’impresa bancaria» (circ. 229/99 cit.).
Il regolamento, invece, disciplina per lo più i rapporti della banca con
il proprio personale impiegatizio.
L’autonomia dell’impresa bancaria nella definizione del proprio statuto e del
relativo regolamento trova un limite nell’esigenza di vigilanza: essi devono
essere conformi alle istruzioni impartite dalla Banca d’Italia, secondo le direttive
del CICR, in maniera tale da garantire una «gestione sana e prudente».
Il contenuto dello statuto, per quanto liberamente stabilito, deve sempre
essere tale da ottenere l’autorizzazione della Banca d’Italia, senza la quale
l’ente non può procedere all’iscrizione nel registro delle imprese.

Glossario
ABI [ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA]
È la principale istituzione di rappresentanza di primo grado delle banche: è stata costituita
nel 1919. Statutariamente svolge due principali funzioni:
— rappresenta gli interessi del settore bancario presso il Governo, la Banca d’Italia ed il
Parlamento;

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18 Capitolo Secondo

— fornisce consulenza legale, tributaria, amministrativa e di informazione alle banche


associate.
Organi principali dell’ABI sono la Presidenza, l’Assemblea, il Consiglio direttivo e il Co-
mitato esecutivo ed il Collegio dei Revisori.

Home country control [CONTROLLO DEL PAESE D’ORIGINE]


Principio che sta alla base del processo di libertà d’insediamento di attività finanziarie
nell’ambito della Comunità Europea: esso afferma che qualunque soggetto che opera nel
settore finanziario (banca, società assicurativa, intermediario finanziario etc.) può esercita-
re la sua attività in tutti i paesi comunitari, senza dover chiedere alcuna autorizzazione allo
Stato in cui intende operare.
Nel rispetto di tale principio il soggetto che opera fuori dai confini nazionali sarà sempre
sottoposto alla vigilanza delle autorità dello Stato comunitario in cui ha sede legale e am-
ministrazione centrale.

Servizi d’investimento art. 1 D.Lgs. 23-7-1996, n. 415; artt. 1, 21 ss., 214 D.Lgs. 24-2-
1998, n. 58
Ampia gamma di attività finanziarie esercitabili esclusivamente da operatori abilitati, in
cui è ricompresa l’attività d’intermediazione mobiliare.
I servizi d’investimento sono caratterizzati dall’avere ad oggetto strumenti finanziari come
ad esempio azioni, obbligazioni, titoli di Stato etc. In particolare essi si esplicano:
— nella negoziazione degli strumenti finanziari per conto proprio;
— nella negoziazione per conto terzi;
— nel collocamento, anche allo scoperto o senza assunzione di garanzia;
— nella gestione individuale di portafogli d’investimento espletata per conto terzi;
— nella ricezione, trasmissione di ordini relativi a negoziazioni di strumenti finanziari e
mediazione.
L’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi d’investimento è riservato
alle imprese d’investimento e alle banche, ma, a determinate condizioni, alcuni servizi d’in-
vestimento possono essere svolti anche da altri intermediari quali le società di gestione del
risparmio, gli intermediari iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 107 T.U. bancario, gli
agenti di cambio e le società fiduciarie.
Lo svolgimento dei servizi d’investimento è ordinato da rigorose norme finalizzate alla
tutela degli investitori e alla stabilità e competitività del mercato: sono dettate, infatti, rego-
le generali comportamentali, obblighi di separazione patrimoniale, nonché norme che di-
sciplinano la crisi degli operatori.

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