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epistolare[7].
Ritratto giovanile di Cavour.[2] All'età di ventidue anni Cavour venne nominato sindaco di Grinzane, dove la
famiglia aveva dei possedimenti, e ricoprì tale carica fino al 1848[8]. Dal dicembre
1834 iniziò a viaggiare all'estero studiando lo sviluppo economico di paesi
largamente industrializzati come Francia[9] e Gran Bretagna.
Durante questo periodo il giovane Conte sviluppò quella propensione conservatrice che lo accompagnerà per tutta la
vita, ma al tempo stesso sentì fortemente crescere l'interesse e l'entusiasmo per il progresso dell'industria, per
l'economia politica e per il libero scambio.
Di nuovo a Parigi, fra il 1837 e il 1840 frequentò assiduamente la Sorbona e incontrò, oltre a vari intellettuali, gli
esponenti della monarchia di Luigi Filippo della quale conservava una viva ammirazione.
Nel marzo 1841 fondò con degli amici la Società del Whist, club prestigioso costituito dalla più alta aristocrazia
torinese[10].
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Ad integrare le innovazioni della produzione agricola, Camillo Benso intraprese anche delle iniziative di carattere
industriale con risultati più o meno buoni. Fra le iniziative più importanti, la partecipazione alla costituzione della
Società anonima dei molini anglo-americani di Collegno nel 1850, di cui il Conte divenne successivamente il maggiore
azionista e che ebbe dopo l'unità d'Italia una posizione di primo piano nel Paese[13].
Le estese relazioni d'affari a Torino, Chivasso e Genova e soprattutto l'amicizia dei banchieri De La Rüe[14],
consentirono inoltre a Cavour di operare in un mercato più ampio rispetto a quello usuale degli agricoltori piemontesi
cogliendo importanti opportunità di guadagno. Nell'anno 1847, ad esempio, realizzò introiti assai cospicui
approfittando del pessimo raccolto di cereali in tutta Europa che diede luogo ad un aumento della richiesta spingendo i
prezzi a livelli inconsueti[15].
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Camillo Benso aveva infatti fede nel progresso che era soprattutto intellettuale e morale, poiché risorsa della dignità e
della capacità creativa dell'uomo. A tale convinzione si accompagnava l'altra che la libertà economica è causa di
interesse generale, destinata a favorire tutte le classi sociali. Sullo sfondo di questi due principi emergeva il valore della
nazionalità[19]:
«La storia di tutti i tempi prova che nessun popolo può raggiungere un alto grado di intelligenza e di moralità
senza che il sentimento della sua nazionalità sia fortemente sviluppato: in un popolo che non può essere
fiero della sua nazionalità il sentimento della dignità personale esisterà solo eccezionalmente in alcuni
individui privilegiati. Le classi numerose che occupano le posizioni più umili della sfera sociale hanno
bisogno di sentirsi grandi dal punto di vista nazionale per acquistare la coscienza della propria dignità»
La presa di posizione, che era anche di Cavour, si rimarcò con la caduta in Francia (24 febbraio 1848) della cosiddetta
Monarchia di luglio, con la quale crollava il riferimento politico del Conte in Europa.
In questa atmosfera, il 4 marzo 1848, Carlo Alberto promulgò lo Statuto albertino. Questa "costituzione breve" deluse
gran parte dell'opinione pubblica liberale, ma non Cavour che annunciò un'importante legge elettorale per la quale era
stata nominata una commissione, presieduta da Cesare Balbo, e della quale anche lui faceva parte. Tale legge, poi
approvata, con qualche adeguamento rimase in vigore fino alla riforma elettorale del Regno d'Italia del 1882[22].
Con la repubblica in Francia, la rivoluzione a Vienna e Berlino, l'insurrezione a Milano e il sollevamento del
patriottismo in Piemonte e Liguria, Cavour, temendo che il regime costituzionale potesse diventare vittima dei
rivoluzionari se non avesse agito, si pose in testa al movimento interventista incitando il Re ad entrare in guerra contro
l'Austria e ricompattare l'opinione pubblica[23][24].
Il 23 marzo 1848, Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria. Dopo i successi iniziali, l'andamento del conflitto mutò e la
vecchia aristocrazia militare del regno fu esposta a dure critiche. Alle prime sconfitte piemontesi Cavour chiese che si
risalisse ai colpevoli che avevano tradito le prove di valore dei semplici soldati. La deprecata condotta della guerra
spinse allora alla convinzione che il Piemonte non sarebbe stato al sicuro fino a quando i poteri dello Stato non fossero
stati controllati da uomini di fede liberale[25][26].
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Fedele agli interessi piemontesi, che egli vedeva minacciati dalle forze radicali genovesi e lombarde, Cavour fu
oppositore sia dell'esecutivo di Cesare Balbo, sia di quello successivo del milanese Gabrio Casati. Tuttavia, quando, a
seguito della sconfitta di Custoza, il governo Casati chiese i pieni poteri, Cavour si pronunciò in suo favore. Ciò non
evitò però l'abbandono di Milano agli austriaci e l'armistizio Salasco del 9 agosto 1848[28].
Al termine di questa prima fase della guerra, il governo di Cesare di Sostegno e il successivo di Ettore di San Martino
imboccarono la strada della diplomazia. Entrambi furono appoggiati da Cavour che criticò aspramente Gioberti ancora
risoluto a combattere l'Austria. Nel suo primo grande discorso parlamentare, Camillo Benso, il 20 ottobre 1848 si
pronunciò infatti per il rinvio delle ostilità, confidando nella mediazione diplomatica della Gran Bretagna, gelosa della
nascente potenza germanica e quindi favorevole alla causa italiana. Con l'appoggio di Cavour la linea moderata del
governo San Martino passò, anche se il debole esecutivo su un argomento minore rassegnò le dimissioni il 3 dicembre
1848[29].
Nell'impossibilità di formare una diversa compagine ministeriale, re Carlo Alberto diede l'incarico a Gioberti, il cui
governo (insediatosi il 15 dicembre 1848) Cavour considerò di "pura sinistra". A discapito del Conte arrivarono anche
le elezioni del 22 gennaio 1849, al cui ballottaggio fu sconfitto da Giovanni Ignazio Pansoya. Lo schieramento politico
vincitore era tuttavia troppo eterogeneo per affrontare la difficile situazione del Paese, sospeso ancora fra pace e
guerra, e Gioberti dovette dimettersi il 21 febbraio 1849[30].
Cambiando radicalmente politica di fronte alla crisi rivoluzionaria di cui ravvisava ancora il pericolo, Cavour si
pronunciò per una ripresa delle ostilità contro l'Austria. La sconfitta di Novara (23 marzo 1849) dovette precipitarlo
nuovamente nello sconforto[31].
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di una nuova guerra. Il 9 dicembre fu rieletta l'assemblea che, finalmente, espresse un voto schiacciante a favore della
pace. Fra gli eletti figurava di nuovo Cavour che, nel collegio di Torino I, ottenne 307 voti contro i 98
dell'avversario[34][35].
In quel periodo Camillo Benso si mise in evidenza anche per le sue doti di abile operatore finanziario. Ebbe infatti una
parte di primo piano nella fusione della Banca di Genova e della nascente Banca di Torino, che diede vita alla Banca
Nazionale degli Stati Sardi[36].
Dopo il successo elettorale del dicembre 1849 Cavour divenne una delle figure dominanti dell'ambiente politico
piemontese e gli venne riconosciuta la funzione di guida della maggioranza moderata che si era costituita.
Forte di questa posizione sostenne che fosse arrivato il tempo delle riforme, favorite dallo Statuto albertino che aveva
creato reali prospettive di progresso. Si sarebbe potuto innanzi tutto staccare il Piemonte dal fronte cattolico-
reazionario che trionfava nel resto d'Italia[37]. A tale scopo il primo passo fu la promulgazione delle cosiddette leggi
Siccardi (9 aprile e 5 giugno 1850) che abolirono vari privilegi del clero nel Regno di Sardegna e con le quali si aprì una
fase di scontri con la Santa Sede, con episodi gravi sia da parte di D'Azeglio sia da parte di Papa Pio IX. Fra questi
ultimi ci fu il rifiuto di impartire l'estrema unzione all'amico di Cavour, Pietro di Santarosa, morto il 5 agosto 1850. A
seguito di questo rifiuto Cavour per reazione ottenne l'espulsione da Torino dell'Ordine dei Servi di Maria, nel quale
militava il sacerdote che si era rifiutato di impartire il sacramento, influenzando probabilmente anche la decisione di
arresto dell'arcivescovo di Torino Luigi Fransoni[38].
Affrontata la materia dei trattati di commercio, il Conte diede anche l'avvio ai negoziati con il Belgio e la Gran
Bretagna. Con entrambi i Paesi ottenne e concesse estese facilitazioni doganali. I due trattati, conclusi il 24 gennaio e il
27 febbraio 1851 rispettivamente, furono il primo atto di vero liberismo commerciale compiuto da Cavour[42].
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Questi due accordi, per i quali il Conte ottenne un largo successo parlamentare, aprirono la strada ad una riforma
generale dei dazi la cui legge fu promulgata il 14 luglio 1851. Intanto nuovi trattati commerciali erano stati firmati, fra
marzo e giugno, con la Grecia, le città anseatiche, l'Unione doganale tedesca, la Svizzera e i Paesi Bassi. Con 114 voti
favorevoli e 23 contrari, la Camera approvò perfino un trattato analogo con l'Austria, concludendo quella prima fase
della politica doganale di Cavour che realizzava per il Piemonte il passaggio dal protezionismo al libero scambio[43].
Nello stesso periodo a Cavour fu affidato anche l'incarico di ministro della Marina e, come in situazioni analoghe, egli
si distinse per le sue idee innovative entrando in contrasto con gli alti ufficiali di tendenze reazionarie che si
opponevano finanche all'introduzione della navigazione a vapore. D'altro canto la truppa era molto indisciplinata e
l'intenzione di Cavour sarebbe stata quella di far diventare la Marina sarda un corpo di professionisti come quella del
Regno delle Due Sicilie[44].
D'altra parte il governo di Torino aveva disperato bisogno di liquidi, principalmente per pagare le indennità imposte
dagli austriaci dopo la prima guerra di indipendenza e Cavour, per la sua abilità e i suoi contatti sembrava l'uomo
giusto per gestire la delicata situazione. Il Regno di Sardegna era già fortemente indebitato con i Rothschild dalla cui
dipendenza il conte voleva sottrarre il Paese e, dopo alcuni tentativi falliti con la Bank of Baring, Cavour ottenne un
importante prestito dalla più piccola Bank of Hambro[46].
Assieme a questo del prestito (3,6 milioni di sterline), Camillo Benso ottenne vari altri risultati. Riuscì a chiarire e
sintetizzare la situazione effettiva del bilancio statale che, per quanto precaria, apparve migliore rispetto a quanto si
pensasse; fece approvare su tutti gli enti morali laici ed ecclesiastici un'unica imposta del 4% del reddito annuo;
ottenne l'imposta delle successioni; dispose per l'aumento di capitale della Banca Nazionale degli Stati Sardi
aumentandone l'obbligo delle anticipazioni allo Stato e avviò la collaborazione tra finanza pubblica e iniziativa
privata[47].
A tale riguardo accolse, nell'agosto 1851, le proposte di aziende britanniche per la realizzazione delle linee ferroviarie
Torino-Susa e Torino-Novara, i cui progetti divennero legge il 14 giugno e l'11 luglio 1852 rispettivamente. Concesse
all'armatore Raffaele Rubattino la linea di navigazione sovvenzionata fra Genova e la Sardegna, e a gruppi genovesi
l'esercizio di miniere e saline in Sardegna. Fino a promuovere grandi progetti come l'istituzione a Genova della
Compagnia Transatlantica o come la fondazione della società Ansaldo, futura fabbrica di locomotive a vapore[48].
Il presidente del Consiglio D'Azeglio, contrario come Vittorio Emanuele II alla manovra politica di Cavour, diede le
dimissioni, ottenendo puntualmente il reincarico dal re. Il governo che ne scaturì il 21 maggio 1852, assai debole, non
comprendeva più Cavour che D'Azeglio aveva sostituito con Luigi Cibrario.
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Il Conte non si scoraggiò e, in preparazione della ripresa della lotta politica, partì
per un viaggio in Europa. Al suo ritorno a Torino, appoggiato dagli uomini del
"connubio" che rappresentavano ormai il più moderno liberalismo del Piemonte,
forte di un ampio consenso, diveniva il 4 novembre 1852 per la prima volta
Presidente del Consiglio dei ministri.
L'attenzione del conte, raggiunto a Parigi dall'alleato Rattazzi, si concentrò sulla nuova classe dirigente francese, con la
quale prese contatti. Entrambi si recarono dal nuovo ministro degli Esteri Drouyn de Lhuys e il 5 settembre
pranzarono con il principe presidente Luigi Napoleone traendone già buone impressioni e grandi auspici per il futuro
dell'Italia[52].
Cavour ripartì per Torino giungendovi il 16 ottobre 1852, dopo un'assenza di oltre tre mesi.
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Costituito il suo primo governo due giorni dopo, Cavour si adoperò con passione a favore del matrimonio civile che
però fu respinto al Senato costringendo il Conte a rinunciarvi.
Intanto il movimento repubblicano che faceva capo a Giuseppe Mazzini non smetteva di preoccupare Cavour: il 6
febbraio 1853 una sommossa scoppiò contro gli austriaci a Milano e il conte, temendo l'allargarsi del fenomeno al
Piemonte, fece arrestare diversi mazziniani (fra cui Francesco Crispi). Tale decisione gli attirò l'ostilità della Sinistra,
specie quando gli austriaci lo ringraziarono per gli arresti[55].
Quando però, il 13 febbraio, il governo di Vienna stabilì la confisca delle proprietà dei rifugiati lombardi in Piemonte,
Cavour protestò energicamente, richiamando l'ambasciatore sardo.
D'altro canto il governo effettuò grandi investimenti nel settore delle ferrovie, proprio quando, grazie alla riforma
doganale, le esportazioni stavano avendo un aumento considerevole. Ci furono tuttavia notevoli resistenze ad
introdurre nuove imposte fondiarie e, in generale, nuove tasse che colpissero il ceto di cui era composto il
parlamento[57].
Cavour, in effetti, non riuscì mai a realizzare le condizioni politiche che consentissero una base finanziaria adeguata
alle sue iniziative[58].
Il 19 dicembre 1853, si parlò di "quasi restaurate finanze", benché la situazione fosse più seria di quanto annunciato,
anche per la crisi internazionale che precedette la guerra di Crimea. Cavour di conseguenza si accordò ancora con i
Rothschild per un prestito, ma riuscì anche a collocare presso il pubblico dei risparmiatori, con un netto successo
politico e finanziario, una buona parte del debito contratto[59].
A Camillo Benso d'altronde non mancava il consenso politico. Alle elezioni dell'8 dicembre 1853 furono eletti 130
candidati dell'area governativa, 52 della Sinistra e 22 della Destra. Nonostante ciò, per replicare all'elezione di
importanti politici avversari[60] il Conte sviluppò un'offensiva politica sull'ordinamento giudiziario che la crisi
economica non gli permetteva di concentrare altrove. Fu deciso, anche per recuperare parte della Sinistra, di
riprendere la politica anticlericale[61].
A tale riguardo il ministro della Giustizia Urbano Rattazzi, all'apertura della V legislatura presentò una proposta di
legge sulla modifica del codice penale. il nucleo della proposta consisteva in nuove pene previste per i sacerdoti che,
abusando del loro ministero, avessero censurato le leggi e le istituzioni dello Stato. La norma fu approvata alla Camera
a larga maggioranza (raccogliendo molti voti a Sinistra) e, con maggiore difficoltà, anche al Senato[62].
Furono successivamente adottate modifiche anche al codice di procedura penale e fu ultimato il percorso per
l'approvazione del codice di procedura civile[63].
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Assumendo anche la carica di ministro degli Esteri, Cavour, il 26 gennaio 1855, firmò l'adesione finale del Regno di
Sardegna al trattato anglo-francese. Il Piemonte avrebbe fornito 15.000 uomini e le potenze alleate avrebbero garantito
l'integrità del Regno di Sardegna da un eventuale attacco austriaco. Il 4 marzo 1855, Cavour dichiarò guerra alla
Russia[66] e il 25 aprile il contingente piemontese salpò da La Spezia per la Crimea dove arrivò ai primi di maggio. Il
Piemonte avrebbe raccolto i benefici della spedizione con la seconda guerra di indipendenza, quattro anni dopo.
La forte maggioranza alla Camera del Conte dovette affrontare l'opposizione del
clero, del Re e soprattutto del Senato che in prima istanza bocciò la legge. Cavour
allora si dimise (27 aprile 1855) aprendo una crisi politica chiamata crisi Calabiana
dal nome del vescovo di Casale Luigi di Calabiana, senatore e avversario del
progetto di legge. Papa Pio IX scomunicò
Cavour dopo l'approvazione
della Legge sui conventi.[67]
Il secondo governo Cavour (1855-1859)
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Dopo qualche giorno dalle dimissioni, vista l'impossibilità a formare un nuovo esecutivo, il 4 maggio 1855, Cavour fu
reintegrato dal Re nella carica di presidente del Consiglio. Al termine di giorni di discussioni nei quali Cavour ribadì
che «la società attuale ha per base economica il lavoro»[68], la legge fu approvata con un emendamento che lasciava i
religiosi nei conventi fino all'estinzione naturale delle loro comunità. A seguito dell'approvazione della legge sui
conventi, il 26 luglio 1855 Papa Pio IX emanò la scomunica contro coloro che avevano proposto, approvato e ratificato
il provvedimento, Cavour e Vittorio Emanuele II compresi.
Cavour non ottenne compensi territoriali per la partecipazione al conflitto, ma una seduta fu dedicata espressamente a
discutere il problema italiano. In questa occasione, l'8 aprile, il ministro degli Esteri britannico Clarendon attaccò
pesantemente la politica illiberale sia dello Stato Pontificio, sia del Regno delle due Sicilie, sollevando le proteste del
ministro austriaco Buol.
Ben più moderato, lo stesso giorno, fu il successivo intervento di Cavour, incentrato sulla denuncia della permanenza
delle truppe austriache nella Romagna pontificia[71].
Fatto sta che per la prima volta la questione italiana venne considerata a livello europeo come una situazione che
richiedeva modifiche a fronte di legittime rimostranze della popolazione.
Fra Gran Bretagna, Francia e Piemonte i rapporti si confermarono ottimi. Tornato a Torino, per l'esito ottenuto a
Parigi, Cavour, il 29 aprile 1856, ottenne la più alta onorificenza concessa da Casa Savoia: il Collare dell'Annunziata[72].
Quello stesso congresso, tuttavia, avrebbe portato il Conte a prendere importanti decisioni, tali da dover fare una
scelta: con la Francia o con la Gran Bretagna.
Si aprì infatti, a seguito delle decisioni di Parigi, la questione dei due Principati danubiani. La Moldavia e la Valacchia
secondo Gran Bretagna, Austria e Turchia avrebbero dovuto rimanere divise e sotto il controllo ottomano. Per Francia,
Prussia e Russia, invece, si sarebbero dovute unire (nella futura Romania) e costituirsi come Stato indipendente.
Quest'ultimo particolare richiamò l'attenzione di Cavour e il Regno di Sardegna, con l'ambasciatore Villamarina, si
schierò per l'unificazione[73][74].
La reazione della Gran Bretagna contro la posizione assunta dal Piemonte fu molto aspra. Ma Cavour aveva già deciso:
fra il dinamismo della politica francese e il conservatorismo di quella britannica, il conte aveva scelto la Francia.
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D'altra parte l'Austria andava sempre più isolandosi[74][75] e a consolidare il fenomeno contribuì un episodio che il
Conte seppe sfruttare. Il 10 febbraio 1857 il governo di Vienna accusò la stampa piemontese di fomentare la rivolta
contro l'Austria e il governo Cavour di correità. Il conte respinse ogni accusa e il 22 marzo Buol richiamò il suo
ambasciatore, seguito il giorno dopo da un'analoga misura del Piemonte. Accadde così che l'Austria elevò una
questione di stampa a motivo della rottura delle relazioni con il piccolo Regno di Sardegna, esponendosi ai giudizi
negativi di tutta la diplomazia europea, compresa quella inglese, mentre in Italia si animavano maggiormente le
simpatie per il Piemonte[76].
Il 16 luglio 1857 venne dichiarata anticipatamente la chiusura della V Legislatura, in una situazione che, nonostante il
miglioramento dell'economia, si presentava sfavorevole a Cavour. Si era diffuso, infatti, un malcontento generato
dall'accresciuto carico fiscale, dai sacrifici fatti per la guerra di Crimea e dalla mobilitazione antigovernativa del mondo
cattolico. Il risultato fu che alle elezioni del 15 novembre 1857 il centro liberale di Cavour conquistò 90 seggi (rispetto
ai 130 della precedente legislatura), la destra 75 (rispetto ai 22) e la sinistra 21 (rispetto ai 52). Il successo clericale
superò le più pessimistiche previsioni di area governativa. Cavour decise tuttavia di rimanere al suo posto, mentre la
stampa liberale si scagliava contro la destra denunciando pressioni improprie del clero sugli elettori. Ci fu per questo
una verifica parlamentare e per alcuni seggi assegnati vennero ripetute le elezioni. La tendenza si invertì: il centro
liberale passò a 105 seggi e la destra a 60[78].
Lo scossone politico provocò comunque il sacrificio di Rattazzi, in precedenza passato agli Interni. Costui, soprattutto,
era inviso alla Francia per non essere riuscito ad arrestare Mazzini giudicato pericoloso per la vita di Napoleone III.
Rattazzi il 13 gennaio 1858 si dimise e Cavour assunse l'interim dell'Interno[79].
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Dopo una lunga serie di trattative, funestate dall'attentato di Felice Orsini allo stesso imperatore dei francesi, si arrivò,
nel luglio 1858, agli accordi segreti di Plombières fra Cavour e Napoleone III.
Tale intesa verbale prevedeva che, dopo una guerra che si auspicava vittoriosa contro l'Austria, la penisola italiana
sarebbe stata divisa in quattro stati principali legati in una confederazione presieduta dal papa: il Regno dell'Alta Italia
sotto la guida di Vittorio Emanuele II; il Regno dell'Italia centrale; lo Stato Pontificio limitato a Roma e al territorio
circostante; e il Regno delle Due Sicilie. Firenze e Napoli, avvenimenti locali permettendo, sarebbero passate nella
sfera d'influenza francese[82].
Gli accordi di Plombières furono ratificati l'anno successivo dall'alleanza sardo-francese, secondo la quale in caso di
attacco militare provocato da Vienna, la Francia sarebbe intervenuta in difesa del Regno di Sardegna con il compito di
liberare dal dominio austriaco il Lombardo-Veneto e cederlo al Piemonte. In compenso la Francia avrebbe ricevuto i
territori di Nizza e della Savoia, quest'ultima origine della dinastia sabauda e, come tale, cara a Vittorio Emanuele II.
Dopo la firma dell'alleanza, Cavour escogitò una serie di provocazioni militari al confine con l'Austria che, allarmata,
gli lanciò un ultimatum chiedendogli di smobilitare l'esercito. Il Conte rifiutò e l'Austria aprì le ostilità contro il
Piemonte il 26 aprile 1859, facendo scattare le condizioni dell'alleanza sardo-francese. Era la seconda guerra di
indipendenza.
Ma i movimenti minacciosi dell'esercito prussiano convinsero Napoleone III, quasi con un atto unilaterale, a firmare
un armistizio con l'Austria a Villafranca l'11 luglio 1859, poi ratificato dalla Pace di Zurigo, stipulata l'11 novembre. Le
clausole del trattato prevedevano che a Vittorio Emanuele II sarebbe andata la sola Lombardia e che per il resto tutto
sarebbe tornato come prima.
Cavour, deluso e amareggiato dalle condizioni dell'armistizio, dopo accese discussioni con Napoleone III e Vittorio
Emanuele, decise di dare le dimissioni da presidente del Consiglio, provocando la caduta del governo da lui guidato il
12 luglio 1859[83].
Il Conte, rientrato alla presidenza del Consiglio dei Ministri il 21 gennaio 1860, si
trovò in breve di fronte ad una proposta francese di soluzione della questione dei
Alfonso La Marmora non
territori liberati: annessione al Piemonte dei ducati di Parma e Modena, controllo
riuscì a risolvere la situazione
sabaudo della Romagna pontificia, regno separato in Toscana sotto la guida di un di stallo internazionale del
esponente di Casa Savoia e cessione di Nizza e Savoia alla Francia. In caso di 1860 e il Re fu costretto a
rifiuto della proposta il Piemonte avrebbe dovuto affrontare da solo la situazione richiamare Cavour.
di fronte all'Austria, "a suo rischio e pericolo"[84].
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Rispetto agli accordi dell'alleanza sardo-francese questa proposta di soluzione sostituiva per il Piemonte l'annessione
del Veneto che non si era potuto liberare dall'occupazione austriaca. Stabilita, di fatto, l'annessione di Parma, Modena
e Romagna, Cavour, forte dell'appoggio della Gran Bretagna, sfidò la Francia sulla Toscana, organizzando delle
votazioni locali sull'alternativa fra l'unione al Piemonte e la formazione di un nuovo Stato. Il plebiscito si tenne l'11 e il
12 marzo 1860, con risultati che legittimarono l'annessione della Toscana al Regno di Sardegna[85].
Il governo francese reagì con grande irritazione sollecitando la cessione della Savoia e di Nizza che avvenne con la
firma del Trattato di Torino il 24 marzo 1860. In cambio di queste due province il Regno di Sardegna acquisì, oltre alla
Lombardia, anche l'attuale Emilia-Romagna e la Toscana trasformandosi in una nazione assai più omogenea.
Napoleone III, d'altra parte, si attivò subito nel ruolo di mediatore e, per la pace fra garibaldini ed esercito napoletano,
propose a Cavour l'autonomia della Sicilia, la promulgazione della costituzione a Napoli e a Palermo e l'alleanza fra
Regno di Sardegna e Regno delle due Sicilie. Immediatamente il regime borbonico si adeguò alla proposta francese
instaurando un governo liberale e proclamando la costituzione. Tale situazione mise in grave difficoltà Cavour per il
quale l'alleanza era irrealizzabile. Nello stesso tempo non poteva scontentare Francia e Gran Bretagna che premevano
almeno per una tregua.
Il governo piemontese decise allora che il Re avrebbe inviato un messaggio a Garibaldi con il quale gli si intimava di
non attraversare lo stretto di Messina. Il 22 luglio 1860 Vittorio Emanuele II inviò sì la lettera voluta da Cavour, ma la
fece seguire da un messaggio personale nel quale smentiva la lettera ufficiale[90].
Garibaldi a Napoli
Il 6 agosto 1860 il conte di Cavour informò i delegati del Regno delle due Sicilie del rifiuto di Garibaldi di concedere la
tregua dichiarando esauriti i mezzi di conciliazione e rinviando ad un futuro incerto i negoziati per l'alleanza.
Negli stessi giorni il Conte, nel timore di far precipitare i rapporti con la Francia, sventò una spedizione militare di
Mazzini che dalla Toscana doveva muovere contro lo Stato Pontificio. A seguito di questi avvenimenti, Cavour si
preparò a fare tutti i suoi sforzi per impedire che il movimento per l'unità d'Italia diventasse rivoluzionario. In questa
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Fallito il progetto di un successo dei moderati a Napoli, il Conte per ridare a Casa
Savoia una parte attiva nel movimento nazionale, decise l'invasione delle Marche e
dell'Umbria pontificie. Ciò avrebbe allontanato il pericolo di un'avanzata di
Garibaldi su Roma. Bisognava però preparare Napoleone III agli avvenimenti e
convincerlo che l'invasione piemontese dello Stato Pontificio sarebbe stato il male
minore. Per la delicata missione diplomatica il Conte scelse Farini e Cialdini.
L'incontro fra costoro e l'imperatore francese avvenne a Chambéry il 28 agosto
L'Italia alla morte di Cavour,
1860, ma su ciò che in quel colloquio si disse resta molta incertezza e sul consenso
nel 1861.
francese, riportato dalla tesi italiana, è possibile che si sia determinato un
equivoco. In buona sostanza Napoleone III tollerò l'invasione piemontese delle
Marche e dell'Umbria cercando di rovesciare sul governo di Torino l'impopolarità di un'azione controrivoluzionaria. E
appunto questo era ciò che Cavour voleva evitare. Le truppe piemontesi non si dovevano scontrare con Garibaldi in
marcia su Roma, ma prevenirlo e fermarlo con un intervento giustificabile in nome della causa nazionale italiana.
Anche il timore di un attacco austriaco al Piemonte, tuttavia, fece precipitare gli eventi e Cavour intimò allo Stato
pontificio di licenziare i militari stranieri con un ultimatum a cui seguì l'11 settembre, prima ancora che giungesse la
risposta negativa del cardinale Antonelli, la violazione dei confini dello Stato della Chiesa. La Francia ufficialmente
reagì in difesa del Papa, e anche lo zar Alessandro II ritirò il suo rappresentante a Torino, ma non ci furono effetti
pratici[92].
Intanto la crisi con Garibaldi si era improvvisamente aggravata, poiché quest'ultimo aveva proclamato il 10 che
avrebbe consegnato al Re i territori da lui conquistati solo dopo aver occupato Roma. L'annuncio aveva anche ottenuto
il plauso di Mazzini. Ma il successo piemontese nella battaglia di Castelfidardo contro i pontifici del 18 e il
conferimento al governo di un prestito di 150 milioni per le spese militari, ridiedero forza e fiducia a Cavour, mentre
Garibaldi, pur vittorioso nella battaglia del Volturno, esauriva la sua spinta verso Roma[93].
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«Non sarà l'ultimo titolo di gloria per l'Italia d'aver saputo costituirsi a nazione senza sacrificare la libertà
all'indipendenza, senza passare per le mani dittatoriali d'un Cromwell, ma svincolandosi dall'assolutismo
monarchico senza cadere nel dispotismo rivoluzionario […]. Ritornare […] alle dittature rivoluzionarie d'uno o
più, sarebbe uccidere sul nascere la libertà legale che vogliamo inseparabile dalla indipendenza della
nazione»
Il progetto del Conte, avviato dal novembre 1860 e perseguito fino alla sua morte, fu quello di proporre al Papa la
rinuncia al potere temporale in cambio della rinuncia da parte dello Stato al corrispettivo, il Giurisdizionalismo. Si
sarebbe perciò adottato il principio di "Libera Chiesa in libero Stato", ma le trattative naufragarono sulla fondamentale
intransigenza di Pio IX.
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Oggetto del contendere: l'esercito di volontari garibaldini del Sud del quale Cavour volle evitare il trasferimento al nord
nel timore che venisse influenzato dai radicali. Il 16 gennaio 1861 fu quindi decretato lo scioglimento dell'esercito
meridionale. Su questa decisione, che provocò le vibrate proteste del comandante del Corpo Giuseppe Sirtori, Cavour
fu irremovibile[95].
In difesa del suo esercito, Garibaldi, il 18 aprile 1861, pronunciò un memorabile discorso alla Camera accusando «la
fredda e nemica mano di questo Ministero [Cavour]» di aver voluto provocare una «guerra fratricida». Il Conte reagì
con violenza chiedendo, invano, al presidente della Camera Rattazzi di richiamare all'ordine il generale. La seduta fu
sospesa e Nino Bixio tentò nei giorni successivi una riconciliazione che non si compì mai del tutto[95].
Costui, come gli aveva promesso già da cinque anni, somministrò l'estrema
unzione a Cavour ignorando sia la scomunica che il conte aveva subito nel 1855,
sia il fatto che Cavour non ritrattò le sue scelte anticlericali[96].
Per questo motivo, padre Giacomo, parroco di Santa Maria degli Angeli, chiesa
nella quale avvennero poi le esequie[97][98], dopo aver riferito i fatti alle autorità
Santena: tomba del conte di
religiose fu richiamato a Roma sospeso a divinis e poi dimesso dallo stato
Cavour
clericale. Subito dopo il colloquio con padre Giacomo, Cavour chiese di parlare con
Luigi Carlo Farini a cui, come rivela la nipote Giuseppina, confidò a futura
memoria: «Mi ha confessato ed ho ricevuto l'assoluzione, più tardi mi comunicherò. Voglio che si sappia; voglio che il
buon popolo di Torino sappia che io muoio da buon cristiano. Sono tranquillo e non ho mai fatto male a nessuno»[99].
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d'assedio [...] Garibaldi è un galantuomo, io non gli voglio alcun male. Egli vuole andare a Roma e a Venezia, e anch'io:
nessuno ne ha più fretta di noi. Quanto all'Istria e al Tirolo è un'altra cosa. Sarà il lavoro di un'altra generazione. Noi
abbiamo fatto abbastanza noialtri: abbiamo fatto l'Italia, sì l'Italia, e la cosa va...»[101][102]
Secondo l'amico Michelangelo Castelli le ultime parole del Conte furono: «L'Italia è fatta - tutto è salvo», così come le
intese al capezzale Luigi Carlo Farini. Il 6 giugno 1861, a meno di tre mesi dalla proclamazione del Regno d'Italia,
Cavour moriva così a Torino nel palazzo di famiglia. La sua fine suscitò immenso cordoglio, anche perché del tutto
inattesa, e ai funerali vi fu straordinaria partecipazione[103].
In memoria di Cavour
Cavour nell'agiografia postunitaria dall'anno della sua
morte fu ritenuto il "Padre della Patria" da un illustre Monumenti a
Cavour
personaggio come Giuseppe Verdi che lo definì "il vero
padre della patria"[104] e dal politico liberale, senatore del Ancona
Regno, Nicomede Bianchi che lo definì "Il buono e generoso
padre della patria nascente"[105].
Firenze
Il conte è stato ricordato in vari modi. Due città italiane
hanno aggiunto il suo nome a quello originario: Grinzane
Cavour, di cui Camillo Benso fu sindaco, e Sogliano Cavour
La moneta da 2 euro
per celebrare l'unità nazionale. Gli sono state dedicate Livorno
commemorativi raffigurante
numerose vie e piazze e numerose statue.
Cavour
Nel 2010, in occasione del 200º anniversario della sua nascita, è stata coniata dalla zecca italiana Novara
una moneta da 2 euro commemorativa che lo raffigura.
La tomba di Cavour si trova a Santena e consiste in un semplice loculo posto nella cripta sotto la
Roma
cappella di famiglia della chiesa dei SS. Pietro e Paolo; l'accesso avviene tuttavia dall'esterno
della chiesa (piazza Visconti Venosta, su cui si affaccia anche la facciata secondaria della Villa
Cavour). Lo statista è sepolto per sua espressa volontà accanto all'amato nipote Augusto Benso
di Cavour, figlio di suo fratello Gustavo e morto a 20 anni nella battaglia di Goito. La cripta è Torino
stata dichiarata monumento nazionale nel 1911.
La nave da battaglia Conte di Cavour e la portaerei Cavour (C-550) sono state così chiamate in
suo onore.
Vercelli
A Cavour furono dedicate delle caramelle di liquirizia aromatizzata alla violetta: le cosiddette
sénateurs.
Verona
Controversie
Padova
Il conflitto con Mazzini
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Giuseppe Mazzini, che dopo la sua attività cospirativa degli anni 1827-1830 fu
esiliato dal governo piemontese a Ginevra, fu uno strenuo oppositore della guerra
di Crimea, che costò un'ingente perdita di soldati. Egli rivolse un appello ai
militari in partenza per il conflitto:
«Quindicimila tra voi stanno per essere deportati in Crimea. Non uno
forse tra voi rivedrà la propria famiglia. Voi non avrete onore di battaglie.
Morrete, senza gloria, senza aureola, di splendidi fatti da tramandarsi
per voi, conforto ultimo ai vostri cari. Morrete per colpa di governi e capi
stranieri. Per servire un falso disegno straniero, l'ossa vostre
biancheggeranno calpestate dal cavallo del cosacco, su terre lontane,
né alcuno dei vostri potrà raccoglierle e piangervi sopra. Per questo io vi
chiamo, col dolore dell'anima, "deportati".»
(Giuseppe Mazzini[106])
Giuseppe Mazzini, di cui
Cavour combatteva le idee Quando nel 1858, Napoleone III scampò all'attentato teso da Felice Orsini e
repubblicane. Giovanni Andrea Pieri, il governo di Torino incolpò Mazzini (Cavour lo avrebbe
definito «il capo di un'orda di fanatici assassini»[107] oltreché «un nemico
pericoloso quanto l'Austria»[108]), poiché i due attentatori avevano militato nel
suo Partito d'Azione.
Secondo Denis Mack Smith, Cavour aveva in passato finanziato i due rivoluzionari a causa della loro rottura con
Mazzini e, dopo l'attentato a Napoleone III e la conseguente condanna dei due, alla vedova di Orsini fu assicurata una
pensione[109]. Cavour al riguardo fece anche pressioni politiche sulla magistratura per far giudicare e condannare la
stampa radicale[110].
Egli, inoltre, favorì l'agenzia Stefani con fondi segreti sebbene lo Statuto vietasse privilegi e monopoli ai privati[111].
Così l'agenzia Stefani, forte delle solide relazioni con Cavour divenne, secondo il saggista Gigi Di Fiore, un
fondamentale strumento governativo per il controllo mediatico nel Regno di Sardegna[112].
Mazzini, intanto, oltre ad aver condannato il gesto di Orsini e Pieri, espose un attacco nei confronti del primo ministro,
pubblicato sul giornale "Italia del popolo":
«Voi avete inaugurato in Piemonte un fatale dualismo, avete corrotto la nostra gioventù, sostituendo una
politica di menzogne e di artifici alla serena politica di colui che desidera risorgere. Tra voi e noi, signore, un
abisso ci separa. Noi rappresentiamo l'Italia, voi la vecchia sospettosa ambizione monarchica. Noi
desideriamo soprattutto l'unità nazionale, voi l'ingrandimento territoriale»
(Giuseppe Mazzini[113])
Risorgimento
Il ruolo di Cavour durante il Risorgimento ha suscitato varie dispute. Sebbene sia considerato uno dei padri della patria
assieme a Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Mazzini, il Conte inizialmente non riteneva fosse possibile unire tutta
l'Italia soprattutto per l'ostacolo rappresentato dallo Stato Pontificio e dunque puntava solamente ad allargare i confini
del regno dei Savoia nel nord Italia (lo stesso Mazzini lo accusava di non promuovere una politica chiaramente volta
all'unificazione di tutta la penisola)[113].
Onorificenze
Cavour ottenne numerose onorificenze, anche straniere. Queste quelle di cui si è a conoscenza da fonti attendibili[114]:
https://it.wikipedia.org/wiki/Camillo_Benso%2C_conte_di_Cavour 20/26
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Stemma
Image Stemma
Camillo Benso
Conte di Cavour, Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata
D'argento, al capo di rosso caricato da tre conchiglie di San Giacomo d'oro. Dietro allo
scudo sono presenti le insegne della Santissima Annunziata.
Albero genealogico
Bernardino Benso
?-?
Pompilio Benso
† 1624
Michelantonio
Silvio Benso Bernardino Benso Zenobia Benso
Benso
† 1624 ?-? ?-?
1600-1655
Maurizio Pompilio
Paolo Giacinto Giuseppe Filippo
Benso Ludovico Percivalle
Benso Benso Carlo Benso
Conte di Cellarengo e Benso
Signore di Cavour Signore di Cavour ?-?
Isolabella 1647-1685
1637-1712 1648-1719
1635-?
Michele Antonio
Benso
III Marchese di Cavour
1707-1774
Giuseppe Filippo
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Benso
IV Marchese di
Cavour
1741-1807
Michele Benso
V Marchese di Cavour
1781-1850
Gustavo Benso Camillo Paolo
VI Marchese di Benso
Cavour Conte di Cavour
1806-1864 1810-1861
Ainardo Benso
Giuseppina Benso
Augusto Benso VII Marchese di
in Alfieri
1828-1848 Cavour
1831-1888
1833-1875
Luisa Alfieri
Adele Alfieri
in Visconti Venosta
1857-1937
1852-1920
Giovanni Visconti
Venosta
Marchese
1887-1947
Note
10. ^ Federico Navire, Torino come centro di sviluppo
1. ^ Confluita nel 1882 nel Partito Liberale Culturale: Un contributo agli studi della civiltà italiana,
Costituzionale (PLC) Peter Lang, Frankfurt 2009, p. 337, (online (http://boo
2. ^ Disegno dell'inglese William Brockedon. ks.google.it/books?id=1wu-7PzuaMYC&pg=PA337&d
3. ^ Romeo, pp. 3-4. q=#v=onepage&q&f=false)).
4. ^ Il titolo di conte attribuito al Cavour era un titolo di 11. ^ Romeo, pp. 102-103.
cortesia, all'uso francese. Questo sistema concedeva 12. ^ Romeo, pp. 112, 114-115, 118.
al primogenito il titolo immediatamente inferiore a 13. ^ Romeo, pp. 118-121.
quello del titolare capofamiglia, al secondogenito
quello ancora inferiore e così via a scalare. In questo 14. ^ I De La Rüe erano originari di Lessines ma
caso, quando morì il padre di Camillo (il marchese appartenevano ad un'antica famiglia nobile di Ginevra
Michele) al suo primo figlio (Gustavo) andò il titolo di dove occupavano una posizione eminente
marchese e al suo secondogenito (Camillo) quello di nell'aristocrazia locale già nel XVI e XVII secolo. Fra il
conte. Alla morte del fratello Gustavo, Camillo XVIII e il XIX secolo due membri della famiglia,
avrebbe ereditato il titolo di marchese. Morì invece Antoine e Jean, si trasferirono a Genova. Ad essi si
prima di Gustavo. Forum "I Nostri Avi", su deve la fondazione della banca De La Rüe frères.
iagiforum.info. URL consultato il 28 maggio 2013. Cavour, arrivato a Genova nel 1830, strinse amicizia
con i figli di Jean: David-Julien, Hippolyte ed Émile.
5. ^ Al termine del suo tirocinio militare presentò una Quest'ultimo dopo il 1850 fu l'unico a dirigere la
memoria dal titolo Esposizione compita dell'origine, banca (divenuta la De La Rüe C.) e fu il riferimento
teoria, pratica, ed effetti del tiro di rimbalzo tanto su dell'imprenditore Cavour. Cfr. Romeo, p. 26.
terra che sull'acqua. Cfr. Dalle Regie scuole teoriche
e pratiche di Artiglieria e Fortificazione alla Scola 15. ^ Romeo, p. 121.
d'applicazione di Artiglieria e Genio, Scuola di 16. ^ Romeo, p. 131.
applicazione delle armi di Artiglieria e Genio, Torino, 17. ^ Romeo, p. 137.
1939. 18. ^ Romeo, p. 139.
6. ^ Romeo, p. 32. 19. ^ Romeo, pp. 140-141.
7. ^ Romeo, pp. 25-26. 20. ^ Dipinto di Paolo Bozzini (1815-1892).
8. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, pag. 26. 21. ^ Romeo, pp. 149-150.
9. ^ Giuseppe Talamo, La formazione di Cavour: la 22. ^ Romeo, pp. 157-158.
rivoluzione di luglio e i primi anni Trenta, Nuova
antologia. APR. GIU., 2010. 23. ^ Cavour in un articolo scrisse: «L'ora suprema per la
monarchia sarda è suonata, l'ora delle forti
https://it.wikipedia.org/wiki/Camillo_Benso%2C_conte_di_Cavour 22/26
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deliberazioni, l'ora dalla quale dipendono i fati degli l%27aria%C2%BB&source=bl&ots=a4ReUbIs3m&sig
imperii, le sorti dei popoli» =1V0WOJ8_zNbvzzEbUYfYXjjwgdo&hl=it&sa=X&ved
24. ^ Romeo, p. 159. =0ahUKEwj-0MqG8OTUAhXDzxQKHQHvC5IQ6AEIL
zAA#v=onepage&q=%C2%ABCa%20guarda%2C%2
25. ^ Romeo, pp. 160-162.
0General%2C%20che%20c%C3%B4l%20l%C3%A
26. ^ La guerra colpì Cavour anche personalmente, C%20a%20j%20butar%C3%A0%20tutii%20con't%20l
poiché nella Battaglia di Goito il figlio del fratello e%20congie%20a'nt%20l'aria%C2%BB&f=false)Indro
Gustavo, il marchese Augusto di Cavour, rimase Montanelli, L'Italia unita, Bur, 2015
ucciso a soli 21 anni. Il colpo fu molto duro per il
55. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, pag. 81.
Conte, che per il nipote nutriva un affetto paterno.
Prova ne fu che conservò la sua divisa insanguinata 56. ^ Romeo, pp. 233, 235-236, 238.
per tutta la vita. Cfr. Hearder, Cavour, Bari, 2000, pag. 57. ^ Romeo, pp. 240, 244-245, 252.
67. 58. ^ Romeo, p. 245.
27. ^ Romeo, pp. 162-163. 59. ^ Romeo, pp. 248-249.
28. ^ Romeo, pp. 165-166. 60. ^ Valerio, Brofferio, Pareto a Sinistra e Solaro della
29. ^ Romeo, pp. 167-168. Margarita a Destra.
30. ^ Romeo, pp. 171-172. 61. ^ Romeo, p. 259.
31. ^ Romeo, pp. 172-173. 62. ^ Romeo, pp. 259-260.
32. ^ Ritratto di Francesco Hayez del 1860. 63. ^ Romeo, p. 261.
33. ^ Romeo, pp. 174-176. 64. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, pagg. 94-96.
34. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, pag. 69. 65. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, pagg. 85, 99, 100.
35. ^ Romeo, pp. 175-176, 179. 66. ^ Cavour per l'apertura delle ostilità colse il pretesto
36. ^ Romeo, pp. 177-178. che la Russia durante la prima guerra di
indipendenza aveva rotto le relazioni con il Regno di
37. ^ Romeo, p. 186.
Sardegna (al tempo la Russia intratteneva rapporti
38. ^ Romeo, pp. 186-187. migliori con l'Austria) e che lo Zar Nicola I aveva
39. ^ Romeo, pp. 188-189. rifiutato, nel 1849, di riconoscere l'ascesa al trono di
40. ^ Furono accordati a Parigi riduzioni sui dazi per Vittorio Emanuele II. Cfr. Hearder, Cavour, Bari, 2000,
l'importazione in Piemonte di vini e articoli di moda; pag. 102.
ottenendo in cambio il mantenimento dei vantaggi per 67. ^ Ritratto di George Peter Alexander Healy
l'esportazione in Francia del bestiame sardo, del riso 68. ^ Romeo, p. 300.
e della frutta fresca.
69. ^ Dipinto di Édouard Louis Dubufe.
41. ^ Romeo, p. 191.
70. ^ L'uniforme è esposta nel Museo del Risorgimento di
42. ^ Romeo, p. 192. Torino. Con spadino, feluca, placca e fascia da
43. ^ Romeo, pp. 193-194. Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro,
44. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, pag. 70. cotone, velluto, acciaio, madreperla, ottone, cuoio,
piume di struzzo, argento, argento dorato, smalto e
45. ^ Romeo, pp. 195-196. gros di seta.
46. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, pagg. 71-72. 71. ^ Romeo, p. 327.
47. ^ Romeo, pp. 197, 201-202. 72. ^ Romeo, p. 337.
48. ^ Romeo, pp. 202-203. 73. ^ Il Piemonte, assieme alla Francia, chiese anche
49. ^ Da Londra effettuò escursioni a Oxford, Woolwich e l'annullamento delle elezioni tenutesi in Moldavia nel
Portsmouth. luglio 1857 che, con risultati definiti inattendibili,
50. ^ Nel viaggio toccò Manchester, Liverpool, Sheffield, avevano avuto un esito sfavorevole all'unione dei due
Hull, Edimburgo, Glasgow e le Highlands. principati.
51. ^ Romeo, p. 223. 74. Romeo, pp. 347-348.
52. ^ Romeo, pp. 224-225. 75. ^ L'Austria con la guerra di Crimea aveva perso
53. ^ Dipinto di Michele Gordigiani l'amicizia della Russia, vedeva allontanarsi la Prussia
che era alla ricerca di maggiore autonomia, mentre la
54. ^ .Secondo Chiala, quando La Marmora propose a tiepida amicizia della Gran Bretagna non poteva
Vittorio Emanuele la nomina di Cavour a Presidente bilanciare la situazione.
del Consiglio, il Re avrebbe risposto in piemontese:
«Ca guarda, General, che côl lì a j butarà tutii con't le 76. ^ Romeo, pp. 352-354.
congie a'nt l'aria» ("Guardi Generale, che quello lì 77. ^ Romeo, pp. 360-362.
butterà tutti con le gambe all'aria"). Secondo 78. ^ Romeo, pp. 366-368, 370.
Ferdinando Martini, che lo seppe da Minghetti, la 79. ^ Romeo, pp. 355, 371.
risposta del Sovrano sarebbe stata ancora più
colorita: «E va bin, coma ch'aa veulo lor. Ma ch'aa 80. ^ Dipinto di Adolphe Yvon.
stago sicur che col lì an poch temp an lo fica an't el 81. ^ Vignetta di Francesco Redenti (1820-1876) del
prònio a tuti!» ("E va bene, come vogliono loro. Ma gennaio 1857 apparsa sul giornale torinese Il
stiamo sicuri che quello lì in poco tempo lo mette nel Fischietto.
culo a tutti!").[1] (https://books.google.it/books?id=8J7 82. ^ AA.VV, Storia delle relazioni internazionali,
tCgAAQBAJ&pg=PT403&lpg=PT403&dq=%C2%ABC Monduzzi, Bologna, 2004, pagg. 45-46.
a+guarda,+General,+che+c%C3%B4l+l%C3%AC+a+
83. ^ Romeo, pp. 431-432.
j+butar%C3%A0+tutii+con%27t+le+congie+a%27nt+
https://it.wikipedia.org/wiki/Camillo_Benso%2C_conte_di_Cavour 23/26
10/09/2019 Camillo Benso, conte di Cavour - Wikipedia
Bibliografia
Uno dei riferimenti principali della bibliografia relativa a Cavour è la
Bibliografia dell'età del Risorgimento in onore di A.M. Ghisalberti
(Olschki, Firenze, 1971-1977, in 3 volumi più uno di indici), nel cui primo
volume, alle pp. 160–164, sono riportati, a cura di Giuseppe Talamo, gli
scritti del Conte e la bibliografia su di lui fino al 1969. L'opera è stata
aggiornata per il periodo 1970-2001 con altri 3 volumi più uno di indici nel
2003-2005. A Cavour sono dedicate le pp. 307–310 a cura di Sergio La
Salvia.
https://it.wikipedia.org/wiki/Camillo_Benso%2C_conte_di_Cavour 24/26
10/09/2019 Camillo Benso, conte di Cavour - Wikipedia
William De La Rive, Il conte di Cavour: racconti e memorie, con tre lettere inedite del conte di Cavour, prefazione
di Emilio Visconti Venosta, Santena, Associazione Amici della Fondazione Cavour, 2001 (ristampa dell'edizione
italiana, Torino, Bocca, 1911, de Le comte de Cavour: recits et souvenirs, Paris, J. Hetzel, 1862).
Harry Hearder, Cavour. Un europeo piemontese, Laterza, Bari, 2000. Edizione originaria: Cavour, 1994. ISBN 88-
420-5803-3.
Denis Mack Smith, Cavour. Il grande tessitore dell'unità d'Italia, Bompiani, 1984. Ristampa 2001. ISBN 978-88-
452-5020-0.
Adolfo Omodeo, L'opera politica del conte di Cavour (1848-1857), Firenze, La Nuova Italia, 1941, 2 voll. Ristampa
presso Riccardo Ricciardi, Milano-Napoli, 1968. Ristampa presso Ugo Mursia, Milano, 2012. ISBN 978-88-425-
4886-7.
Rosario Romeo, Cavour e il suo tempo (3 voll. in 4 tomi: Cavour e il suo tempo 1810-1842, ISBN 978-88-420-
9876-8; Cavour e il suo tempo 1842-1854, ISBN 978-88-420-9877-5; Cavour e il suo tempo 1842-1861, ISBN
978-88-420-9878-2) Laterza, Bari, 1969-1984. Ristampa 2012.
Rosario Romeo, Vita di Cavour, Roma-Bari, Laterza, 1998, ISBN 88-420-7491-8. Riassunto del precedente.
Ristampa 2004.
Giuseppe Talamo Cavour, La Navicella, Roma, 1992. Ristampa presso Gangemi, Roma, 2010, ISBN 978-88-492-
1997-5.
Adriano Viarengo, Cavour, Salerno editrice, Roma, 2010. ISBN 978-88-8402-682-8.
Altri testi
Annabella Cabiati, Cavour. Fece l'Italia, visse con ragione, amò con passione, Edizioni Anordest, Treviso, 2010
ISBN 978-88-96742-03-7.
Lorenzo Del Boca, Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento, Piemme, Milano, 2003 ISBN 88-384-
7040-5.
Gigi Di Fiore, Controstoria dell'Unità d'Italia: fatti e misfatti del Risorgimento, Rizzoli, Milano, 2007 ISBN 88-17-
01846-5.
Camilla Salvago Raggi, Donna di passione. Un amore giovanile di Cavour, Viennepierre, Milano, 2007.
Aldo Servidio, L'imbroglio nazionale: unità e unificazione dell'Italia (1860-2000), Guida, Napoli, 2000 ISBN 88-
7188-489-2.
Giovanni Maria Staffieri, Il conte di Cavour nel Ticino e un discorso mai pronunciato, in Il Cantonetto, Anno LVII-
LVIII, N2-3-4, Lugano, agosto 2011, Fontana Edizioni SA, Pregassona 2011, pp. 75–82.
Voci correlate
Presidenti del Consiglio del Regno di Sardegna
Risorgimento
Unità d'Italia
Canale Cavour
Altri progetti
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