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INTRODUZIONE ALLA QUARTA EDIZIONE

A seguito dell’attuazione delle numerose modifiche al nostro sistema tributa-


rio introdotte dalla legge delega n. 23/2014, attraverso l’entrata in vigore dei
decreti legislativi del 2015, il contrasto all’evasione ed all’elusione fiscale nel-
l’ultimo biennio, è certamente divenuta una delle priorità e degli obiettivi
principali perseguiti dal nostro legislatore, in sintonia con i diversi Paesi europei
e con gli Organismi e le Istituzioni internazionali. Ciò è stato possibile grazie
all’attuazione di diversi principi comuni riconosciuti già da tempo in ambito
europeo ed operanti anche in materia procedimentale. La mancanza di un
regime fiscale comune che regoli e disciplini le attività svolte dalle imprese, ha
generato inoltre la massima attenzione da parte dell’OCSE e della Commissione
UE verso le attività di pianificazione internazionale e verso nuove realtà come
quella della digital economy, difficilmente collocabili nei confini territoriali. Si è
avviata per tale ragione l’elaborazione di una serie di iniziative volte a rendere il
sistema fiscale delle società dell’UE più equo e più efficiente. È iniziato inoltre
quel processo di trasformazione del rapporto tra fisco e contribuente ispirato ad
un modello comune procedurale di tipo collaborativo o di compliance. L’atten-
zione della giurisprudenza verso l’obbligatorietà del contraddittorio effettivo in
fase endo-procedimentale, la diffusione del principio del ne bis in idem e della
proporzionalità in materia sanzionatoria, l’introduzione di indici di affidabilità
fiscale in sostituzione degli studi di settore, l’abolizione di Equitalia e la contem-
poranea sostituzione con l’Agenzia Entrate-Riscossione, sono alcuni esempi di
recenti interventi legislativi e giurisprudenziali che si uniformano a questa nuova
impostazione, fondata sulla maggiore trasparenza, adeguatezza delle misure
fiscali adottate e sulla cooperazione rafforzata tra fisco e contribuente. Il nuovo
rapporto basato sulla fiducia reciproca, pone al centro non solo l’interesse fi-
scale e l’efficienza dell’attività amministrativa, ma anche le garanzie del contri-
buente, i diritti fondamentali e la coerenza dell’attività amministrativa. Tuttavia,
contemporaneamente sono state introdotte e reiterate misure come rottamazio-
ne, voluntary e definizione delle liti pendenti, che, se pure provvisorie, si pon-
gono in antitesi con tale nuova visione per il carattere condonistico e per certi
versi premiale che le contraddistingue. La possibilità, anche per i soggetti
passivi privati, di trasmettere telematicamente le operazioni Iva, dal 2017,
l’estensione progressiva dell’obbligo di fatturazione elettronica, la dichiarazione
XVI Introduzione alla Quarta edizione  

precompilata e l’avvìo del processo telematico che diventerà obbligatorio nell’ar-


co del 2018, hanno caratterizzato e modernizzato inoltre il nostro sistema fiscale,
segnando l’avvio verso la digitalizzazione degli adempimenti fiscali.
Tale nuovo assetto e la necessità di un aggiornamento delle fonti legislative,
giurisprudenziali e dottrinali più rilevanti, hanno ispirato la redazione della
quarta edizione del presente manuale che, pur mantenendo la struttura e la
ripartizione delle tematiche trattate secondo la precedente impostazione, pre-
vede una integrazione al cap. VI sulle diverse categorie reddituali e sui principi
di determinazione della base imponibile del reddito impresa.
Un ringraziamento particolare va al dott. Fabio Russo per l’attività di colla-
borazione e di ricerca svolta.

Alla stesura iniziale del presente manuale nelle precedenti edizioni, hanno
collaborato: Fabio Benincasa, Antonio Cepparulo, Lucio Cercone, Anna Rita
Ciarcia, Vincenzo D’Agostino, Giovanna Palma, Giovanna Petrillo.
CAPITOLO I
LE FONTI E L’EFFICACIA
DELLE NORME TRIBUTARIE

SOMMARIO: 1. Premessa: ripartizione e unicità delle fonti di diritto tributario. – 2. Le


norme costituzionali. – 3. Le norme del Trattato UE in materia fiscale. – 4. Le leggi ordi-
narie, le leggi regionali e gli atti aventi forza di legge. – a) Le norme dello Statuto dei diritti
del contribuente. – b) Le direttive, le decisioni e i regolamenti comunitari. – 5. I regola-
menti governativi e i regolamenti ministeriali. – a) I regolamenti e gli statuti degli enti loca-
li. – 6. Le circolari ministeriali e le risoluzioni. – 7. L’efficacia (entrata in vigore e cessazio-
ne) delle norme tributarie. – a) La dichiarazione di incostituzionalità e la declaratoria di
incompatibilità comunitaria. – 8. L’efficacia temporale della norma tributaria e la retroat-
tività. – 9. Efficacia della norma tributaria nello spazio. – Bibliografia essenziale.

1. Premessa: ripartizione e unicità delle fonti di diritto tributario

La tematica delle fonti del diritto tributario appare ampia e complessa in


quanto, riguardando ogni regola che crea e pone in essere diritto, investe atti
provenienti da una pluralità di soggetti e presuppone un’adeguata conoscenza
dell’efficacia delle singole norme e della loro precisa collocazione gerarchica per
stabilire, in caso di contrasto, la prevalenza di quella di grado superiore. L’ordi-
ne gerarchico si fonda dunque sulla diversa forza di ciascun atto in modo che gli
effetti normativi non possono essere modificati o estinti attraverso un atto ge-
rarchicamente subordinato 1.
Prima di affrontare lo studio delle fonti è necessario ricordare che le norme
tributarie possono essere di diverso genere: impositive, agevolative, procedi-

 
 
1
FEDELE, Appunti delle lezioni di diritto tributario, Torino, 2003, 83; MODUGNO, voce Fonti
del diritto (gerarchia delle), in Enc. dir., vol. I, Agg., Milano, 1997, 578, secondo il quale il criterio
di gerarchia rappresenta uno dei criteri di risoluzione delle antinomie normative o conflitti, insie-
me, per citarne qualche altro, al criterio cronologico e al criterio spesso detto di specialità. Il ter-
mine gerarchia, dunque, indica non solo un particolare principio ordinatore delle fonti, ma con-
tiene l’idea stessa della ordinazione delle fonti. Cfr. in proposito CRISAFULLI, voce Fonti del diritto
(diritto costituzionale), in Enc. dir., vol. XVII, Milano, 1965, 925.
2 Capitolo I  

mentali, processuali, sanzionatorie 2 e che, in base alla riserva di legge relativa


prevista dall’art. 23 Cost., la collocazione gerarchica consente di disciplinare o
intervenire in un determinato settore del sistema fiscale solo attraverso quella
precisa tipologia di norma. Con gli atti non aventi forza di legge non è possibile
infatti ad es. istituire un tributo, mentre è possibile definire aspetti procedurali
(accertamento, riscossione). Inoltre spesso, attraverso norme di rinvio, operano
nell’ordinamento tributario disposizioni di altri settori giuridici come quelle del
codice civile o del codice di procedura civile o convenzionali.
Attualmente l’assetto delle fonti di diritto tributario è caratterizzato da un
ampliamento della potestà normativa in materia tributaria la quale non spetta
più unicamente al legislatore nazionale che la esercita attraverso leggi ordinarie,
decreti legge e decreti legislativi, ma è condivisa a livello locale con le Regioni 3
(a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione ed in particolare dell’art.
117 4) e in misura ridotta, con i Comuni e le Province dotati di sola potestà rego-
lamentare e statutaria. Il cammino intrapreso verso la maggiore autonomia tri-
butaria di enti regionali e locali, ha determinato un ruolo centrale di tali ultimi
soggetti e della loro attività normativa 5.
L’attività legislativa nazionale che caratterizza la potestà tributaria è inoltre
vincolata non più solo dalle norme costituzionali (poste al vertice della gerarchia
delle fonti), ma anche dalle norme comunitarie del Trattato UE che limitano e
condizionano la sovranità fiscale degli Stati membri e che incidono profon-
damente sul sistema fiscale nazionale e dagli atti derivati (direttive, regolamenti
e decisioni) del Consiglio e della Commissione UE. Questi ultimi, aventi forza di
legge e dotati spesso di efficacia diretta, pur non potendo essere utilizzati per
istituire norme tributarie, rappresentano uno strumento fondamentale per rea-
lizzare un ravvicinamento tra le legislazioni fiscali europee 6. Tale situazione
rende certamente complesso lo studio delle fonti di diritto tributario e l’indi-
viduazione di una precisa collocazione gerarchica delle diverse tipologie di
 
 
2
FALSITTA, Manuale di diritto tributario, Padova, 2005, 84.
3
La legge regionale si pone affianco a quella ordinaria e per tale motivo, come si esaminerà, è
necessario attraverso la legge delega 4 maggio 2009, n. 42 in materia di federalismo fiscale in at-
tuazione dell’art. 119 Cost. individuare i limiti attualmente non ancora ben definiti delle compe-
tenze in materia di fiscalità locale. Diffusamente, per approfondimenti sulla riforma in atto del
Titolo V della Costituzione, cfr. infra, cap. II.
4
L’art. 117 Cost. stabilisce al comma 1: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle
Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e
dagli obblighi internazionali”.
5
F. AMATUCCI, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, II ed., Torino, 2010.
6
Interventi specifici sono possibili attraverso norme comunitarie derivate come direttive, de-
cisioni e regolamenti equiparabili agli atti aventi forza di legge per attuare norme primarie e rea-
lizzare obiettivi come armonizzazione, neutralità di alcune imposte o eliminazione di frodi ed elu-
sione fiscale.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 3

norme le quali, sovente, avendo stessa efficacia, si affiancano e si sovrappon-


gono tra loro 7. In una posizione particolare si collocano gli atti convenzionali
che hanno portata limitata e settoriale (ad es. le convenzioni contro le doppie
imposizioni fiscali) essendo basati fondamentalmente sulla reciprocità.
Certamente gli atti normativi nazionali, locali, comunitari ed in parte quelli
internazionali, contribuiscono a costituire un unico ordinamento tributario e
non possono essere più considerati separatamente.
Ampia risulta sicuramente anche la sfera degli atti non aventi forza di legge
che si collocano in una terza fascia, subito dopo le norme costituzionali, del
Trattato e gli atti aventi forza di legge. Gli atti non aventi forza di legge in mate-
ria tributaria sono rappresentati prevalentemente dai regolamenti che costi-
tuiscono atti normativi di un potere diverso da quello legislativo ed in parti-
colare della P.A. riguardanti aspetti procedurali 8. I regolamenti operanti in ma-
teria tributaria sono emanati dal governo (ministeriali) e dagli enti locali e sono
subordinati alla legge 9. In un’ultima fascia rientrano infine le circolari 10, note,
risoluzioni ministeriali, pareri resi a seguito d’interpello e raccomandazioni e pa-
reri della Commissione UE che, pur non creando diritto e limitandosi spesso a
fornire un’interpretazione di altre norme, vincolano l’Amministrazione finanzia-
ria e condizionano i comportamenti dei contribuenti e, a livello comunitario (es-
sendo atti di soft law), le politiche fiscali nazionali. Attraverso le circolari l’Am-
ministrazione impartisce istruzioni all’ufficio, ponendo regole di comportamen-
to e più delle volte sul piano interpretativo di disposizioni di legge. Mediante
tali atti l’A.F. informa il contribuente riguardo la propria posizione e consente a
quest’ultimo di fondare su di essi il proprio affidamento. Una tutela è prevista
dall’art. 10, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente ove si prevede
che non sono irrogate sanzioni, né richiesti interessi moratori al contribuente,
qualora egli si sia conformato ad indicazioni contenute in atti dell’Ammi-
nistrazione finanziaria, ancorché successivamente modificati dalla stessa ammi-
nistrazione.

 
 
7
Caso particolare è quello delle norme dello Statuto dei diritti del contribuente (v. par. 4a)
che, pur essendo leggi ordinarie, sono inderogabili tacitamente a causa della clausola di auto-
rafforzamento.
8
Cfr. FANTOZZI, Il diritto tributario, Torino, 2003, 112. LA ROSA, Principi di diritto tributa-
rio, Torino, 2009, 284, evidenzia come esistono regolamenti riconducibili all’area delle fonti
propriamente normative ed atti espressivi di funzione amministrativa (meri atti amministrativi
generali).
9
Cfr. l’art. 4, comma 1, disp. prel. c.c., secondo cui i regolamenti non possono contenere
nor­me contrarie alle disposizioni di legge.
10
Sull’efficacia delle circolari cfr. FALSITTA, Orientamenti e disorientamenti in tema di effica-
cia delle circolari interpretative, in Riv. dir. trib., 1992, II, 316.
4 Capitolo I  

2. Le norme costituzionali

I principi fondamentali in materia tributaria sono previsti prevalentemente


da norme costituzionali che rappresentano le fonti primarie della base sulla qua-
le si fonda l’intero sistema fiscale nazionale e che, insieme alle norme comunita-
rie del Trattato, limitano l’attività del legislatore nazionale, ponendo una serie di
divieti in sede di istituzione e regolamentazione dei tributi. Le norme costitu-
zionali operanti in materia tributaria sono riconducibili essenzialmente ai prin-
cipi fondamentali sanciti dagli artt. 3, 23 e 53, 75, 81 e 119. Nel tempo il pro-
gressivo ampliamento delle basi costituzionali dell’ordinamento tributario e
l’esigenza di ulteriori principi di riferimento a garanzia degli interessi dei con-
tribuenti derivanti da una relativizzazione e ridimensionamento del principio di
capacità contributiva, da una maggiore flessibilità della riserva di legge e dal
doppio vincolo legislativo (nazionale e comunitario) dettato dall’art. 117 Cost.,
hanno tuttavia comportato un maggiore coinvolgimento di diverse garanzie po-
ste anche a livello europeo come il diritto di difesa (art. 24 Cost.) la libera inizia-
tiva economica (art. 41 Cost.), la tutela dell’affidamento e della buona fede (art.
97 Cost.) operante sia nei confronti della Amministrazione finanziaria, che del
legislatore o il giusto processo e la parità delle parti (art. 111 Cost.) quali regole
generali fondamentali della disciplina del contenzioso tributario 11.
Sulla base di alcune di tali norme costituzionali è stato emanato in forma di
legge ordinaria lo Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000) che,
all’art. 1, si autoqualifica legge di attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. ma
che, pur vincolando l’attività interpretativa e pur prevedendo la clausola di auto
rafforzamento che non consente di derogare le disposizioni in esso contenute se
non espressamente, non può collocarsi a livello superiore elevandosi a rango di
norma costituzionale rispetto alle altre leggi ordinarie 12.

 
 
11
Cfr. Cass., sentt. 12 febbraio 2002, n. 17576; 6 ottobre 2006, n. 21513; 16 gennaio 2009, n.
936; 13 maggio 2009, n. 10982. Corte cost., sentt. nn. 211/1997, 229/1999 e 525/2000; si veda an-
che sent. n. 26/2003, ord. n. 227/2016 e n. 189/2017. Con riguardo all’efficacia delle disposizioni
e principi CEDU, con sent. 8 luglio 2015, n 184, la Corte cost. chiarisce il proprio compito che è
quello di ricondurre la norma impugnata alla legalità convenzionale, dichiarandone l’illegittimità
costituzionale per la parte in cui essa si è allontanata dall’osservanza della normativa interposta, e
quindi anche dell’art. 117, primo comma, Cost. L’interpretazione non deve eccedere quanto neces-
sario sul piano della legittimità costituzionale e nell’ambito di quella effettuata ai sensi dell’art. 117
Cost.
12
La giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentt. 30 gennaio 2007, n. 1949; 10 dicembre
2002, n. 17576) ha affermato che le norme dello Statuto non innovative, ai sensi dell’art. 1 della
stessa legge n. 212 dei principi generali, anche di rango costituzionale, già immanenti nel diritto e
nell’ordinamento tributario, vincolano l’interprete in forza del canone ermeneutico dell’interpre-
tazione adeguatrice alla Costituzione limitando l’attività legislativa e amministrativa. V. par. 4a.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 5

3. Le norme del Trattato UE in materia fiscale

L’applicazione di norme comunitarie come quelle del Trattato sul funziona-


mento dell’UE (dal 1° dicembre 2009 è entrato in vigore il Trattato di Lisbona
che ha istituito il Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE)) in materia tribu-
taria, ove maggiori sono le implicazioni di tipo economico e finanziario 13, pon-
gono innanzitutto problemi di limitazione della sovranità fiscale nazionale e di
rispetto del principio del dominio riservato di competenza nazionale 14. Il Trat-
tato UE fissa, come è noto, principi cui si ispira l’ordinamento comunitario e
che riguardano lo sviluppo coerente ed equilibrato delle attività economiche nel
territorio dei Paesi membri. Tali principi, attraverso gli artt. 10, 11 e 117 Cost.,
vincolano il legislatore nazionale, il giudice e l’A.F. allo stesso modo di norme
costituzionali. Il mantenimento della sovranità nazionale da parte degli Stati
membri è inversamente proporzionale alla realizzazione delle libertà economi-
che in ambito UE, e della neutralità fiscale; le limitazioni di tale sovranità sono
consentite solo se finalizzate al perseguimento di obiettivi come l’eliminazione
di conflitti, delle distorsioni alla concorrenza e delle restrizioni al libero merca-
to. Recentemente le limitazioni alla sovranità fiscale nazionale, sono state consi-
derate necessarie al perseguimento di finalità antielusive e antievasione.
L’evoluzione interpretativa della giurisprudenza comunitaria delle norme
primarie del Trattato ed in particolare di quelle antirestrittive, non discriminato-
rie e sugli aiuti di Stato 15, ha determinato tuttavia il condizionamento dell’intera
sfera dell’ordinamento tributario nazionale (incluso quella delle imposte dirette
che non è di competenza esclusiva, né concorrente dell’UE) e non solo di quella
dei tributi armonizzati come l’Iva. Al vaglio della compatibilità comunitaria
rientrano sempre più spesso situazioni quasi di diritto interno 16 ove il collega-
 
 
13
L’ordinamento tributario viene influenzato in modo sempre più marcato dalla visione che
l’ordinamento europeo, in particolare in ordine ai profili della concorrenza e del libero mercato,
ha del fenomeno tributario. Diffusamente, sulla trasmissione di valori giuridici propri dell’assetto
comunitario, nell’ambito degli ordinamenti nazionali, cfr. M. BASILAVECCHIA, L’evoluzione della
politica fiscale dell’Unione europea, in Riv. dir. trib., 2009, 4, 399.
14
L’esercizio della potestà tributaria degli organi internazionali e le limitazioni che essa de-
termina nei confronti degli Stati, trovano la propria giustificazione nella natura stessa dello stru-
mento tributario tipicamente espressivo della sovranità nazionale ed essenziale per caratterizzare
la conformazione politica ed economica dei singoli Paesi membri e dal suo carattere di elemento
indispensabile per la costituzione di un organo istituzionale, economico e politico che si colloca al
di fuori degli Stati membri.
15
Gli artt. 107 e 108 TFUE (ex artt. 87 e 88), volti ad assicurare l’eliminazione di ogni forma
di distorsione alla concorrenza a livello intracomunitario, costituiscono infatti uno dei maggiori
vincoli alla potestà tributaria nazionale e locale e riducono notevolmente la discrezionalità del-
l’A.F. e del giudice tributario.
16
Dovrebbe ritenersi che il limite insuperabile che incontra il diritto dell’UE, in mancanza di
una base giuridica comune nei Paesi membri UE, è rappresentato dalle situazioni puramente in-
6 Capitolo I  

mento con l’altro Stato membro, è sovente impercettibile ed è stato ritenuto che
la normativa comunitaria si applica nel nostro ordinamento tributario e prevale
nella sua interezza indipendentemente dalle domande proposte in giudizio 17.
Tuttavia non sono mancati tentativi giurisprudenziali di arginare tale espansio-
ne, rifiutando l’autonomia dell’ordinamento europeo e non ammettendo la pos-
sibilità della norma del Trattato o dei principi europei di rappresentare, nel-
l’ordinamento nazionale, un parametro unitario e autonomo come sembra de-
sumersi dalla nuova formulazione dell’art. 117 Cost. 18.
I rapporti tra ordinamento comunitario e nazionale sono oggetto di esame da
parte della nostra giurisprudenza costituzionale che ha assunto nel tempo posi-
zioni diverse, fino al raggiungimento ed al consolidamento della tesi del primato
della norma UE rispetto a quella nazionale ed al riconoscimento dell’effetto del-
la disapplicazione della norma nazionale soccombente 19, facendo salvi i principi
inderogabili della Costituzione. Il primato della norma comunitaria su quella in-
 
 
terne e da quelle interne che regolano allo stesso modo sia fattispecie interne che intracomunitarie
(Corte giust. CE, sent. 24 novembre 1993, C-267/91, Keck, vendita merci sottocosto).
17
F. AMATUCCI, Il rafforzamento dei principi comuni europei e l’unicità del sistema fiscale na-
zionale, in Riv. trim. dir. trib., 1/2013, 3. Vedi Cass., sentt. 17 ottobre 2008, n. 25374 e 21 gennaio
2009, n. 1465. Nella sent. n. 8817/2012 depositata il 1° giugno 2012, la Cassazione, dovendo pro-
nunciarsi su una controversia concernente il recupero di aiuti di Stato in materia fiscale dichiarati
dalla Commissione con decisione incompatibili con il diritto dell’Unione in presenza di condono,
ha sostenuto che “la stessa teoria dei controlimiti, che pure trovava ragionevoli giustificazioni negli
anni ’70-’80 del secolo scorso, quando il processo di integrazione era nelle fasi iniziali, sembra oggi in
aperta contraddizione con il concetto stesso di integrazione quale risulta attualmente anche in ragio-
ne dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia –che ha fornito prove sufficienti di
tutela dei diritti fondamentali– e del richiamo alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione euro-
pea, avente valore vincolante anche nei confronti delle istituzioni europee, al punto che il conflitto
tra diritto comunitario e diritto statale non sembra oggi più concepibile in uno spazio giuridico euro-
peo veramente integrato”.
18
Cass., sent. n. 17564/2002. La Cassazione a Sezioni Unite con sent. 9 dicembre 2015, n.
24823, ha distinto irragionevolmente i tributi armonizzati dai non armonizzati, ritenendo il con-
traddittorio obbligatorio solo con riferimento ai primi e considerando quest’ultimo non ancorato
agli artt. 24 e 97 Cost.
19
Con sentenza Corte giust. del 1978, causa 106/7, Simmenthal e Corte cost. n. 179/1984 si è
reso, in virtù del primato della norma UE, inapplicabile di diritto qualsiasi disposizione contraria
della legislazione nazionale preesistente, ma anche quello di impedire la valida formazione di nuo-
vi atti legislativi nazionali nella misura in cui siano incompatibili con le norme comunitarie. Nella
sent. 28 giugno 2001, C-118/00 la Corte di giustizia ha riaffermato il primato della norma comuni-
taria che impone a tutte le istanze dello Stato membro di dare pieno effetto alla norma comunita-
ria, disapplicando, se del caso, disposizioni processuali nazionali che attribuiscono forza vincolan-
te ad una decisione giurisdizionale. Allo stesso modo la nostra Cassazione ha riconosciuto l’inap-
plicabilità e la disapplicazione della norma interna in caso di conflitto (Cass., sent. n. 249/1995)
con contemporanea vigenza delle due norme. Nella sentenza la stessa Corte giust. 7 gennaio 2004,
C-201/02, ha inoltre precisato, che, in forza del principio di leale collaborazione previsto dall’art.
10 CE, gli Stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze illecite di una violazione del
diritto comunitario.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 7

terna tributaria è espressione di una supremazia gerarchica riconosciuta dagli


Stati che hanno stipulato il Trattato dell’UE 20. Recentemente è stata evidenziata
una certa tendenza nella giurisprudenza della Corte di giustizia 21 a superare li-
miti di diritto interno ed a relativizzare ad es. il valore del giudicato nazionale
esigendo di non tener conto di tale limite al fine di rispettare il primato delle di-
sposizioni del diritto dell’Unione ed evitare un conflitto con le medesime 22.
La Suprema Corte 23 ha inoltre statuito che “l’integrazione tra l’ordinamento
nazionale e quello comunitario, derivante dall’adesione dell’Italia all’Unione Eu-
ropea determina – per vero – in forza del congiunto operare dell’art. 11 Cost. e del-
la legge che ha dato esecuzione al Trattato CE (Roma, 23 maggio 1957), la recessi-
vità del diritto nazionale, laddove sia in contrasto con quello comunitario cogen-
te”.

4. Le leggi ordinarie, le leggi regionali e gli atti aventi forza di legge

La previsione, attraverso lo strumento della legge, della nascita dell’obbliga-


zione tributaria come prestazione patrimoniale imposta e dunque l’esercizio del-
la potestà tributaria, è posta a garanzia dei contribuenti dall’art. 23 della nostra
Costituzione (“nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se
non in base alle legge”) che verrà successivamente esaminato e che comprende
non solo le prestazioni imposte aventi carattere tributario, ma anche quelle pa-
trimoniali non aventi tale natura. Sono molte le ragioni che giustificano il ricor-
so alla legge per la definizione della base legislativa di tributi e l’individuazione
di istituti di diritto tributario. Innanzitutto la posizione preminente di tale fonte
rispetto alle altre e la sua subordinazione alle sole norme costituzionali, evita la
soccombenza in caso di contrasto con le fonti inferiori 24. Inoltre la legge assicu-
ra l’attuazione di principi fondamentali come la rappresentatività, il consenso al
tributo e la democraticità 25. La natura relativa della riserva di legge, garantendo
la regolamentazione non dell’intera disciplina tributaria, ma dei suoi elementi
 
 
20
L’art. 2, comma 1, lett. b) della legge 7 aprile 2001, n. 8 nella prima parte, prevede l’ade-
guamento delle norme fiscali ai principi dell’ordinamento comunitario. Tra questi assumono pre-
valenza le libertà fondamentali di circolazione.
21
Corte giust. CE, sentt. 1° giugno 1999, C-126/97, Eco Swiss (Racc., I-3055); 28 giugno
2001, C-118/00, Larsy (Racc., I-5063); 7 gennaio 2004, C-201/02, Wells (Racc., I-723), nonché 13
gennaio 2004, C-453/00, Khne & Heitz (Racc., I-83); 18 luglio 2007, C-119/05, Lucchini.
22
Cfr. infra, cap. X.
23
Cfr. Cass., Sez. trib., 17 aprile 2013, n. 9269, in Banca Dati DeJure Giuffrè.
24
FALSITTA, Manuale, cit., 44.
25
GRIPPA SALVETTI, Riserva di legge e delegificazione, Milano, 1998, 4; RUSSO, Manuale di di-
ritto tributario, Milano, 1999; FEDELE, Riserva di legge, in Trattato di diritto tributario, diretto da
A. Amatucci, I, Padova, 1994, 159.
8 Capitolo I  

essenziali assicura la devoluzione degli aspetti procedimentali alle fonti subordi-


nate come il regolamento 26. L’esistenza di fonti (come esaminato al par. 1) aven-
ti la stessa forza della legge favorisce il coinvolgimento nelle scelte di politica fi-
scale in diversa misura di diversi attori quali il Governo e gli enti territoriali
(Regioni) dotati di atti normativi (fonti sub primarie) e di Organismi sovrana-
zionali (Consiglio, Commissione UE) attraverso direttive, decisioni e regolamen-
ti. I primi due (Governo e Regioni) soltanto hanno un potere istitutivo di tributi
che trova un unico limite nel rispetto della delega nel caso dei decreti legislativi
e del potere di coordinamento nel caso di legge regionale. La legge regionale, ol-
tre a poter istituire ai sensi dell’art. 119, comma 2, Cost., tributi propri su pre-
supposti non soggetti a tassazione da parte dello Stato, dovrebbe rappresentare
infatti, la base legislativa principale per i Comuni e per le Province appartenenti
allo stesso ente territoriale 27. L’orientamento giurisprudenziale maggioritario
della Corte costituzionale 28, tuttavia, limita l’autonomia tributaria regionale e
locale ritenendo che i tributi locali non istituiti da leggi regionali, non sono og-
getto di legislazione concorrente ma esclusiva dello Stato 29.
L’esame della sfera applicativa degli atti aventi forza di legge (decreti legisla-
tivi e decreti legge) tra le fonti di diritto tributario è fondamentale in quanto vi è
un uso abnorme da parte del legislatore dello strumento della delega (il ricono-
scimento di quest’ultimo principio è previsto dall’art. 76 Cost.). Ciò, anche se in
parte giustificato dal tecnicismo della materia e dalla celerità che spesso richie-
 
 
26
FANTOZZI, Il diritto tributario, cit., 94. La Corte costituzionale, mentre afferma la portata
garantista della riserva di legge, allo stesso tempo tende ad allentarne progressivamente la portata
ammettendo la legittimità di prestazioni in cui l’intervento dell’Amministrazione è decisivo.
27
Sulla riserva di legge regionale in generale cfr. ITALIA-MAGGIORA ROMANO, L’ordinamento
comunale, strutture competenze e attività, Milano, 2005, 93; FENUCCI, I regolamenti di autonomia
locale, Milano, 2005, 151; GALLO, Prime osservazioni sul nuovo art. 119 Cost., in Rass. trib.,
2/2002, 590. È stato ritenuto da quest’ultimo che la riserva regionale non dovrebbe essere di stret-
to dettaglio e non dovrebbe estendersi fino alla determinazione analitica degli elementi strutturali
dei tributi locali. Con riguardo alla misura dell’autonomia tributaria dell’ente locale, è difficile
stabilire se ci sia spazio per seguire criteri più uniformi fissati dallo Stato in sede di coordinamen-
to. L’intervento dello Stato dovrebbe comunque essere necessario per evitare regole troppo diver-
se nelle differenti regioni. Cfr. F. AMATUCCI, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Torino, 2010.
Cfr. art. 7, legge n. 42/2009 ove è prevista, sia la possibilità delle regioni di istituire autonomamen-
te con propria legge, nel rispetto del limite del divieto di doppia imposizione sullo stesso presup-
posto, veri e propri tributi (tributi propri), che il potere di intervenire su quelli propri derivati isti-
tuiti da legge dello Stato secondo i criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della nor-
mativa comunitaria. Il rispetto della riserva di legge anche regionale da parte delle norme regola-
mentari che stabiliscono esenzioni o agevolazioni fiscali degli enti locali, assicura infatti, l’unita-
rietà e l’omogeneità dei diversi livelli territoriali in cui è ripartito l’ordinamento tributario nazio-
nale.
28
Cfr. Corte cost., sentt. 26 settembre 2003, nn. 296 e 297; 15 ottobre 2003, n. 311; 27 luglio
2005, n. 335; 7 aprile 2006, n. 148; 14 luglio 2009, n. 216.
29
Per una disamina della proposta di riforma del Titolo V della Costituzione, cfr. infra, cap. II.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 9

dono gli interventi, conduce inevitabilmente ad un fenomeno di degenerazione


della produzione legislativa di questa tipologia di fonte giuridica.
Il decreto legislativo 30, nell’ambito della suddivisione delle fonti del diritto, si
pone come atto avente forza di legge; pertanto attraverso esso si possono istitui-
re tributi, nonché modificare o abrogare altre norme di legge. Tuttavia assume
valore fondamentale il limite della riserva di legge e della sufficienza della legge
delega che deve rappresentare la base per un ragionevole sviluppo da parte del
governo.
Particolarmente delicato è l’utilizzo dei decreti legge consentiti ai sensi del-
l’art. 77 Cost. in casi straordinari di eccezionale urgenza e necessità di cui vi è
spesso un abuso in materia tributaria. La provvisorietà e la precarietà che carat-
terizzano la normazione d’urgenza e la decadenza con cessazione di efficacia re-
troattiva per mancata conversione dei decreti legge entro sessanta giorni sancita
dall’art. 77, comma 2, Cost. 31, determinano una situazione di profonda incertez-
za nei confronti del contribuente.
Per tale motivo ha assunto particolare rilevanza l’intervento operato dal legi-
slatore attraverso l’art. 4 dello Statuto dei diritti del contribuente, con il quale si
è sancita l’inutilizzabilità del decreto legge per l’istituzione di nuovi tributi e per
estendere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti 32.

a) Le norme dello Statuto dei diritti del contribuente


La legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) ha intro-
dotto una serie di principi espressione di norme costituzionali, molti dei quali
già esistenti e frutto di elaborazione giurisprudenziale, finalizzati alla tutela dei
cittadini nei confronti dell’erario e volti ad assicurare all’ordinamento tributario
maggiore stabilità, chiarezza e conoscenza.
Lo Statuto prevede inoltre nuovi e specifici obblighi per il legislatore e per
l’A.F., che contribuiscono ad una maggiore civiltà giuridica del nostro sistema
fiscale e del rapporto fisco-contribuente. Oltre alle norme concernenti l’attività
legislativa (artt. da 1 a 4) che fissano alcune regole fondamentali per certi versi
anche innovative, esistono una serie di altre norme (artt. da 5 a 12) che regola-
mentano il procedimento impositivo e l’attività dell’amministrazione finanziaria.
 
 
30
PALLADIN, voce Decreto legislativo, in Noviss. Dig. it., vol. V, Torino, 1960.
31
CIAURRO, voce Decreto legge, in Enc. giur. Treccani, vol. X, Roma, 1988, osserva “La Corte
costituzionale, nella sentenza n. 185/1981, in Giur. cost., 1981, 1827, ha affermato che il decreto
legge non convertito deve considerarsi mai esistito quale fonte legislativa”.
32
Cfr. LOGOZZO, L’ignoranza della legge tributaria, Milano, 2002, 76, il quale considera la
norma dello Statuto insoddisfacente in quanto, anziché enunciare divieti peraltro limitati, avrebbe
dovuto limitare l’uso del decreto legge soltanto relativamente alla misura delle aliquote. La man-
canza di precisi limiti all’utilizzo del decreto legge che riguardino la previsione di elementi innova-
tivi del tributo, si riflette sulla portata retroattiva della legge di convalida.
10 Capitolo I  

Uno dei maggiori problemi ai fini della operatività e del reale soddisfacimen-
to delle garanzie previste dallo Statuto, è quello dell’efficacia delle norme con-
tenute nella legge n. 212/2000 che restano, in quanto leggi ordinarie, derogabili
anche se solo espressamente da norme di pari rango. La clausola di auto-
rafforzamento prevista dall’art. 1 dello Statuto dei diritti del contribuente, che
sancisce la deroga espressa delle norme dello Statuto e l’impossibilità di deroga-
re attraverso leggi speciali 33, non è tuttavia sufficiente al fine del riconoscimento
di rango superiore di tali disposizioni. Fondamentale è risultato il contributo
della giurisprudenza della Cassazione. Mentre la Corte costituzionale ha escluso
il rango costituzionale delle norme dello Statuto, la Corte Suprema di Cassazio-
ne 34 ha considerato tali norme aventi comunque portata vincolante per l’inter-
prete, rappresentando un utile parametro di riferimento ai fini interpretativi ed
ha riconosciuto una superiorità assiologia dei principi espressi dallo Statuto 35. Ciò
rappresenta sicuramente un tentativo di rafforzare le norme dello Statuto, attri-
buendo ad esse un rango superiore rispetto alla legge ordinaria.
Come ha chiarito recentemente la Corte di Cassazione nella sentenza n.
696/2015, emessa in tema di classamento dei terreni, lo Statuto dei diritti del
contribuente funge da criterio guida nell’interpretazione delle norme tributarie,
ma non ha rango superiore alla legge ordinaria, né autorizza la disapplicazione
della norma tributaria in contrasto con esso.
Di notevole importanza, poi, ai fini dell’efficacia temporale, è la differenza
operata dalla Cassazione, nella sent. n. 17576/2002 tra norme ricognitive o sta-
tutarie (affidamento, chiarezza e motivazione atti) già operanti prima dello Sta-
 
 
33
Si discute sull’ammissibilità di tale clausola che pone un doppio vincolo per il legislatore fu-
turo: quello di deroga e di modifica espressa e quello dell’impossibilità di ricorrere a leggi speciali
per realizzare tali modifiche. La legittimità di tale disposizione dipenderebbe secondo una parte
della dottrina (NICOLAI, Delegificazione e principio di competenza, Padova, 2001), dalla natura e
dal contenuto delle norme che esse sono destinate a rafforzare. Vedi inoltre RUSSO, Manuale, cit.,
64, secondo il quale, se è vero che la disciplina dello Statuto segna il punto di equilibrio tra inte-
resse fiscale e interesse del contribuente, entrambi muniti di garanzia costituzionale, si può affer-
mare che l’abrogazione tacita o implicita di tale normativa si ponga in contrasto con i principi di
ragionevolezza e di affidamento del singolo consacrati dall’art. 3 Cost. In riferimento alle leggi o
atti aventi forza di legge in contrasto con lo Statuto e sull’efficacia di disposizioni in qualche modo
rafforzative delle previsioni in esso contenute, le interpretazioni sono contrastanti. La dottrina
tributarista propende in generale per la vincolatività dello Statuto. TINELLI, I principi generali, in
Relazione sullo Statuto dei diritti del contribuente, in Il fisco, 2001, 12947.
34
Cfr. Corte cost. n. 173/2008 e Cass., sentt. nn. 17576/2002 e 7080/2004, 27173/2011.
35
Cass., sent. 14 aprile 2004, n. 7080 dove è stato affermato che “I principi posti dalla legge n.
212/2000 – proprio in quanto esplicitazioni generali, nella materia tributaria, delle richiamate norme
costituzionali – debbono ritenersi ‘immanenti’ nell’ordinamento stesso già prima dell’entrata in vigo-
re dello Statuto e, quindi, vincolanti l’interprete in forza del fondamentale canone ermeneutico della
‘interpretazione adeguatrice’ alla Costituzione cioè, del dovere dell’interprete di preferire, nel dubbio,
il significato e la portata della disposizione interpretata in modo conforme alla Costituzione”. Cfr.
Cass., sent. n. 19861/2016 sull’art. 6, comma 5, legge n. 212/2000.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 11

tuto e quelle innovative (interpello, garante, garanzie in sede di verifica ex art.


12 legge n. 212/2000).

b) Le direttive, le decisioni e i regolamenti comunitari


La portata generale e vincolante del regolamento UE in grado di rivolgersi a
soggetti non determinati e limitati e la particolarità di atto self executing che non
richiede alcuna attività di recepimento da parte degli Stati membri che dovran-
no applicarlo in modo completo ed integrale, consente di collocare tale norma ai
livelli più alti della gerarchia delle fonti del diritto tributario. Tuttavia, non es-
sendo, come esaminato, interamente trasferita la competenza in materia fiscale
all’UE, il regolamento in materia tributaria limita eccessivamente la sovranità
fiscale nazionale e, pertanto, viene utilizzato in casi particolari come quelli di
repressione e di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali in materia di Iva 36.
Gli artt. 113 (ex art. 93) e 114 (ex art. 94) del Trattato sul Funzionamento
dell’UE prevedono rispettivamente l’armonizzazione in materia di imposte indi-
rette da parte dei Paesi membri e “il potere di emanare disposizioni volte e al
ravvicinamento delle legislazioni nazionale che abbiano un’incidenza diretta
sull’instaurazione e funzionamento del Mercato interno”. Gli ostacoli al mercato
riguardano anche la materia fiscale e non vi è obbligo di intervenire per armo-
nizzare le imposte dirette, ma ciò è previsto per eliminare le distorsioni e di-
scriminazioni più importanti.
Lo strumento maggiormente idoneo per raggiungere gli obiettivi di armoniz-
zazione o “integrazione fiscale negativa” degli ordinamenti nazionali, vincolan-
do i Paesi membri al raggiungimento del risultato e rispettando allo stesso tem-
po la loro competenza in entrambi i casi, è, comunque, la direttiva che, pur non
avendo portata generale, non è meno vincolante del regolamento 37 e che si col-
loca tra le fonti primarie del diritto tributario essendo equiparata agli atti aventi
forza di legge.
La possibilità di configurare l’efficacia diretta di direttive 38 in grado di vinco-
lare il legislatore nazionale tributario in caso di inottemperanza, di non corretto
 
 
36
Il regolamento n. 1798/2003 del 7 ottobre 2003 emanato al fine di rafforzare la cooperazio-
ne amministrativa in materia di Iva e modificato dal regolamento n. 143/2008 del 12 febbraio
2008 fornisce un quadro giuridico più semplice ed efficace per combattere le frodi e adattare la
cooperazione amministrativa alle sfide del mercato interno.
37
G. TESAURO, Diritto comunitario, Padova, 2007, 144.
38
Con la sent. 17 dicembre 1970, causa 33/70, Sace, in Racc., 1213, la Corte di giustizia ha
elaborato la tesi dell’efficacia diretta delle direttive nei confronti dei singoli. Il caso riguardava il
contrasto della tassa per i servizi amministrativi sull’importazione di prodotti dall’estero, istituita
nel 1959 dal nostro ordinamento, con una direttiva del 22 dicembre 1967, n. 68/31 che prevedeva
la progressiva soppressione di tale tributo. L’obbligo di abolire gli oneri nazionali è direttamente
efficace nei rapporti tra Stato e cittadini ed attribuisce loro dei diritti che i giudici devono tutelare.
12 Capitolo I  

recepimento o ancora di interpretazione dubbia da parte di norme nazionali di-


sciplinanti l’oggetto di una direttiva 39 e che rende tali atti prevalenti in caso di
conflitto 40, va limitata ai soli casi in cui esse presentino la caratteristica di norme
incondizionate e sufficientemente precise o dettagliate. Si avverte inoltre l’esi-
stenza di una sorta di presunzione di adattamento in tutti i casi in cui, scaduto il
termine per esso, l’ordinamento interno appaia comunque in grado di garantire
la diretta applicabilità della direttiva.
L’effetto diretto delle direttive consente di ovviare alle negligenze ed ai ritar-
di degli Stati membri nell’adempimento puntuale e corretto degli obblighi in
materia fiscale posti da esse e permette ai singoli di invocarle nei confronti dello
Stato inadempiente per impedire che quest’ultimo ne possa trarre giovamento
(effetto verticale) a svantaggio dei contribuenti 41.
Di recente è stata riconosciuta dalla giurisprudenza di Cassazione la portata
vincolante anche delle decisioni della Commissione UE in materia di aiuti di
stato nel settore tributario discendente dall’art. 108 del Trattato sul funziona-
mento dell’UE e la loro efficacia diretta 42. Tali atti comunitari se definitivi, in-
condizionati, chiari e precisi, sono idonei a sopprimere o modificare la norma
interna che prevede l’aiuto e, sempre con specifico riguardo alla materia degli aiu-
ti di Stato, a vincolare il giudice nazionale nell’ambito dei giudizi portati alla sua
cognizione. Particolarmente forte è dunque il vincolo delle decisioni della Com-
 
 
39
Ciò avviene allorché la direttiva costituisce un completamento di una norma del Trattato
già produttiva di effetti immediati. Nella sentenza Sace della Corte di giustizia cit. si è rilevato che
ciò avviene quando la direttiva chiarisce la portata dell’obbligo previsto dal Trattato o sceglie una
tra le più interpretazioni possibili che può considerarsi come vincolante.
40
In caso di direttiva fiscale non correttamente trasposta la nostra Corte costituzionale (sent.
18 aprile 1991, n. 168) ha stabilito che se la direttiva è dettagliata può essere invocata contro lo
Stato che l’ha recepita inadeguatamente e prevale sulla norma di attuazione se difforme ad essa
(vedi il caso rimborsi della Tassa sulle concessioni governative per l’iscrizione nel registri imprese
c.d. tassa sulle società e dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese per contrasto della nor-
mativa interna italiana con la direttiva sulla raccolta dei capitali 69/335 del 1969). Anche la Corte
di Cass. a SS.UU., con sent. 12 aprile 1996, n. 3458, in Dir. e prat. trib., 1997, II, 829, ha ritenuto
che la direttiva del 17 luglio 1969 sulla raccolta di capitali e l’interpretazione che ha dato la Corte
di giustizia, hanno carattere vincolante per il giudice nazionale e comportano non l’abrogazione,
ma la mera disapplicazione diretta della norma interna incompatibile.
41
Cfr. G. TESAURO, Diritto comunitario, cit., 150. L’applicabilità diretta esprime la propria
funzionalità massima sul piano processuale nel senso che un cittadino può vedere riconosciuto un
proprio diritto attraverso l’eliminazione di un comportamento incompatibile con il diritto CE
configurato da una norma posta in essere dallo Stato di appartenenza. Perché ciò avvenga è neces-
sario che la norma CE possa essere applicata dai giudici nazionali.
42
La Cassazione italiana, con sent. 10 dicembre 2002, n. 17564 e, successivamente, con sentt.
nn. 8319/2004, 8210/2004 e 4769/2005, superando gli orientamenti precedenti (sent. 22 agosto
2002, n. 12395), ha riconosciuto l’efficacia diretta delle decisioni della Commissione negative in
materia di aiuti di Stato (relativamente a casi di agevolazione fiscale regionale) se contengono un
obbligo chiaro e preciso.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 13

missione UE nei confronti dell’interprete rispetto ad atti come le direttive aventi


efficacia diretta in quanto, mentre è sempre contestabile il non corretto recepi-
mento di queste ultime da parte del legislatore nazionale, non è possibile sinda-
care le decisioni della Commissione, se divenute definitive una volta decorsi i
termini di impugnazione previsti dall’art. 263 TFUE (ex art. 230), neanche at-
traverso rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE. Secondo la giurispru-
denza comunitaria, la portata obbligatoria delle decisioni sarebbe negata se i
giudici nazionali non potessero prendere in considerazione tali atti della Com-
missione come norme di diritto comunitario 43.

5. I regolamenti governativi e i regolamenti ministeriali

Tra gli atti non aventi forza di legge che gerarchicamente rappresentano fonti
secondarie in quanto si collocano immediatamente al di sotto della legge ordina-
ria, di quella regionale e degli atti aventi forza di legge, assumono particolare ri-
levanza in materia tributaria i regolamenti statali in quanto vi è spesso l’esigenza
di demandare a fini integrativi l’attività di regolamentazione procedurale o l’at-
tuazione sul piano tecnico della disciplina legislativa ad atti amministrativi ema-
nati dal Ministero dell’Economia e delle finanze. I regolamenti, che si distin-
guono in governativi e ministeriali, trovano nel primo caso la loro base costitu-
zionale nell’art. 87 Cost. e sono emanati dal Presidente della Repubblica previa
deliberazione del consiglio dei ministri e, nel secondo, si fondano sulla legge n.
408/1998, art. 17 44. In materia tributaria vi è sempre una previsione legislativa
del potere regolamentare che determina le modalità di esecuzione.
Tuttavia, spesso alcune norme secondarie come i regolamenti autorizzati e i
decreti ministeriali, che dovrebbero limitarsi ad attuare la disciplina prevista
dalla legge, non consentono di stabilire dove finisce la mera attuazione e dove,
invece, inizia l’integrazione della disciplina. La dottrina tributarista 45, pur non
escludendo in ogni caso l’esistenza di provvedimenti amministrativi che integra-

 
 
43
Vedi la giurisprudenza della Corte giust. UE, ove è stato precisato che lo Stato membro
non può rimettere in discussione la validità di una decisione della quale è destinatario (art. 88,
comma 2) dopo la scadenza del termine di impugnazione previsto dall’art. 230, comma 3 (Corte
giust. UE, sent. 9 marzo 1994, C-188/92, TWD). Nella sent. 22 febbraio 2006, C-346/03, Atzeni,
si evidenzia inoltre l’impossibilità di eccepire l’illegittimità della decisione della Commissione in-
nanzi ai giudici nazionali nell’ambito di un ricorso avverso un provvedimento dell’autorità nazio-
nale in esecuzione della decisione.
44
La delega legislativa può conferire all’organo delegato (Ministero) il potere di emettere i re-
golamenti.
45
Cfr. FEDELE, Commento all’art. 23, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. BRANCA,
Bologna-Roma, 1978, 121; FANTOZZI, Diritto tributario, cit., 81.
14 Capitolo I  

no la disciplina legale con regolamento o atto amministrativo individuale, ritiene


inderogabile il rispetto di limiti fissati dalla legge.

a) I regolamenti e gli statuti degli enti locali


L’autonomia normativa tributaria degli enti locali si pone su di un piano di-
verso rispetto a quella delle Regioni 46, in quanto essa si basa su norme (regola-
menti e statuti) che rappresentano fonti secondarie e che non possono rientrare,
a differenza delle leggi regionali, nella sfera della riserva di legge prevista
dall’art. 23 Cost. La competenza degli enti locali deve essere individuata e deli-
mitata da fonti di rango primario come la legge regionale 47 e quella statale 48.
Più in particolare il potere di emanare regolamenti in materia tributaria dei
Comuni e delle Province, nel rispetto degli artt. 23 e 119 Cost., non consiste
nell’imporre e disciplinare autonomamente il tributo 49, ma nello stabilirne ed
individuarne gli aspetti procedimentali 50 (accertamento e riscossione) ed in un
limitato potere agevolativo nell’ambito di quanto previsto dalla legge.
 
 
46
FANTOZZI, Riserva di legge e nuovo riparto della potestà normativa in materia tributaria, in
Riv. dir. trib., 2005, 21, ritiene che l’equiordinazione sancita dall’art. 114 Cost. non è da conside-
rare piena e non è equiparazione tra gli enti indicati che dispongono di poteri notevolmente diver-
si tra loro. I Comuni e le Province infatti non hanno potestà legislativa e anche nel nuovo assetto
costituzionale, allo Stato è riservata una posizione peculiare derivante dall’evocazione di un’istan-
za unitaria.
47
Per quanto riguarda la rilevanza della riserva di legge regionale con riferimento alle norme
regolamentari cfr. FREGNI, Riforma del Titolo V della Costituzione e federalismo fiscale, in Rass.
trib., 2005, 700, la quale osserva, che la permanenza della riserva di legge costituzionale – in pre-
senza di una riserva di legge di tipo regionale introdotta dall’art. 117, comma 4 – impedisce di ri-
tenere che gli enti non dotati di potestà legislativa come i Comuni, dispongano delle medesime
prerogative di cui sono dotate le Regioni e quindi è necessaria una legge che ponga le basi della
prestazione imposta.
48
L’art. 119 tuttavia mette impropriamente sullo stesso piano Stato, Regioni ed enti locali
poiché questi ultimi sono privi di potestà legislativa. FICARI, L’autonomia normativa tributaria de-
gli enti locali e la legge finanziaria 2007, in Rass. trib., 2007, 885, osserva che in base all’art. 119
Cost., gli enti locali sono titolari di una vera e propria potestà tributaria autonoma da quella dello
Stato e delle Regioni. La Corte costituzionale nella sent. n. 111/1997, ha chiarito che la riserva di
legge non è trasferibile a livello locale sugli atti di competenza dell’ente impositore e non è ipotiz-
zabile un’ulteriore riserva di regolamento come ulteriore sviluppo di quella di legge che indiret-
tamente sarebbe garantita dall’art. 23 Cost.
49
È stato affermato in dottrina (CARINCI, Osservazioni sul disegno di legge in tema di federali-
smo fiscale, in www.federalismi.it, 2008) che in tema di autonomia tributaria degli enti locali, la
legge delega non prevede margini di autonomia più significativi rispetto a quelli già riconosciuti.
50
Tali poteri sono previsti all’art. 2, lett. d), della legge delega n. 42/2009 ove è sancito
espressamente il coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali nell’attività di contrasto all’evasione
e all’elusione fiscale prevedendo meccanismi di carattere premiale. FEDELE, La potestà normativa
degli enti locali, in Fin. loc., 1998, 135, considera la limitazione alla possibilità di espansione del-
l’autonomia tributaria degli enti locali notevolmente attenuata dall’elasticità della riserva di legge
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 15

L’art. 52 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 51 e più di recente l’art. 12 della
legge n. 42/2009, definiscono i limiti dell’autonomia tributaria o meglio imposi-
tiva degli enti locali e della potestà regolamentare. Essi rappresentano norme
cardine in grado di ritenere rispettato il principio della riserva di legge ogni qual
volta nell’atto di normazione primaria (legge statale) siano indicati i soggetti
passivi, il presupposto e i criteri di determinazione del quantum della prestazione.
Nonostante tali recenti ed utili indicazioni, la tematica dell’autonomia impo-
sitiva degli enti locali non è stata oggetto di significativi approfondimenti 52 e
quindi sarebbe necessario individuarne più precisamente i contenuti attraverso
alcune considerazioni di carattere generale in ordine al potere regolamentare di
imposizione 53. Tuttavia la formulazione dell’art. 119 Cost. 54 che attribuisce il
potere di stabilire e applicare tributi propri e la riserva di legge di cui al citato
art. 23 Cost., consentono un grado di autonomia impositiva agli enti locali più
ampio rispetto al mero potere amministrativo di accertare e riscuotere i tributi
propri che permette di incidere marginalmente ed in maniera inferiore rispetto
alle Regioni, entro gli spazi consentiti dalle leggi (ai sensi dell’art. 12, lett. h),
legge n. 42/2009), sul regime delle esenzioni e delle agevolazioni 55 (limitandolo
 
 
ex art. 23 Cost. La riserva non opera, ovvero opera in modo elastico, riguardo alla disciplina del-
l’accertamento e della riscossione in cui la legge può lasciare ampio spazio al regolamento.
51
MARONGIU, La fiscalità locale tra le garanzie dei contribuenti e le esigenze della comunità, in
Fin. loc., 2002, 1161. Il potere regolamentare attraverso il richiamo all’art. 52 del d.lgs. n.
446/1997 ad opera dell’art. 149 ferma restando la riserva di legge, assurge ad una fonte normativa
di grado inferiore che concorre a disciplinare i tributi in tutti i suoi aspetti ad esclusione di quelli
riservati alla legge.
52
D’AMATI, La ricostituzione dell’autonomia tributaria degli enti locali, in Riv. dir. trib., 696;
BAGGIO, L’organo competente a determinare in materia di tributi comunali, in Fin. loc., 1996, 299;
MORRONE, La potestà tributaria degli enti locali nell’ordinamento costituzionale, in I tributi locali e
regionali, 2005, 11.
53
Tale potere sembrerebbe correttamente consistere nel potere amministrativo di concreta
applicazione ed attuazione delle norme disciplinanti il tributo.
54
Si rinvia, sul punto alle osservazioni contenute nel successivo capitolo 2 in riferimento alla
riforma del Titolo V della Costituzione di cui al disegno di legge governativo del 12 aprile 2016,
approvato dalla Camera nella seduta del 10 marzo 2015 e bocciato al referendum del 4 dicembre
2016. In via di estrema sintesi si è tentato un sensibile rafforzamento del ruolo dello Stato nei con-
fronti delle Regioni (soprattutto per la prevista possibilità di intervenire con legge in ambiti di
competenza legislativa regionale ove richiesto, tra l’altro, dall’interesse nazionale), nonché una
profonda trasformazione del ruolo delle autonomie locali.
55
Cfr. F. AMATUCCI, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Torino, 2010. Ciò potrebbe tro-
vare conferma nell’art. 12, comma 2, lett. g), legge n. 42/2009 anche con riguardo ai tributi locali
istituiti dalle Regioni se queste ultime specificassero l’ambito dei più ampi margini di autonomia
degli enti locali. GALLO, Prime osservazioni, cit., 591 considera vietato per le Regioni stabilire ad
libitum gli elementi essenziali del tributo sottraendoli del tutto agli enti locali. D’AMATI, La ricosti-
tuzione, cit., 700, si domanda se il potere agevolativo che non alteri la base imponibile da parte
degli enti locali, possa rientrare in quello regolamentare senza violare il principio di legalità. Cfr.
retro, par. 2.
16 Capitolo I  

o ampliandolo) e su altri aspetti rilevanti come la individuazione della natura


tributaria o meno di alcune prestazioni patrimoniali proprie.
Il contenuto delle norme comunali e provinciali statutarie 56, nonostante la
maggiore autonomia locale attribuita dagli artt. 114, 117, 118 e 119 Cost. e la
enunciata primazia dello Statuto tra le fonti secondarie 57, resta limitato da de-
terminate norme gerarchicamente sovraordinate. Esse non possono contrastare,
oltre che con le norme costituzionali che disciplinano diritti e doveri, con i prin-
cipi generali in materia di organizzazione pubblica e con le leggi di competenza
esclusiva dello Stato riguardanti la materia elettorale, quelle degli organi di Go-
verno e delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane
secondo quanto previsto dall’art. 117, comma 2, lett. p), Cost. 58.

6. Le circolari ministeriali e le risoluzioni

Le circolari sono atti amministrativi di indirizzo con i quali vengono imparti-


te dall’Amministrazione centrale istruzioni agli uffici periferici dell’Agenzia del-
le Entrate sul piano interpretativo allo scopo di uniformare il comportamento di
questi ultimi e di orientare l’attività dei privati. Sono contrastanti gli orienta-
menti dottrinali sull’efficacia giuridica delle circolari ministeriali e dunque sulla
possibilità di collocare tali atti interpretativi tra le fonti. La tendenza ad esclude-
re l’efficacia giuridica di tali atti, si fonda sulla mancanza di vincolo da parte del
legislatore, del giudice e dei contribuenti e sulla loro portata meramente interna 59.

 
 
56
Cfr. legge n. 131/2003 di attuazione della riforma costituzionale. Tale legge, all’art. 4,
comma 2, ha riconosciuto la potestà statutaria quale instrumentum iuris per disciplinare l’assetto
organizzativo in armonia con la Costituzione e nel rispetto di quanto previsto dalla legislazione
statale e dell’art. 117, comma 2, lett. p) (legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fon-
damentali di Comuni, Province e Città metropolitane).
57
Cfr. Cass., sent. 16 giugno 2005, n. 12868, sul tema dell’efficacia dello statuto comunale la
quale ha ritenuto che, “attraverso il processo di trasformazione del nuovo impianto istituzionale in
materia di competenze degli enti locali a seguito delle incisive modifiche del Titolo V della Costi-
tuzione, lo statuto si configura come atto normativo atipico di rango primario o subprimario posto
in posizione di primazia rispetto alle fonti secondarie dei regolamenti e al di sotto delle sole leggi
di principio, in quanto diretto a fissare norme di organizzazione degli enti e a porre criteri generali
da sviluppare in sede regolamentare”.
58
In tal senso VANDELLI, Il sistema della autonomie locali, Bologna, 2007, 93. Tra i principi
generali in materia di organizzazione pubblica, vi sono quelli desumibili dall’art. 97 Cost. (buon
andamento e imparzialità dell’amministrazione) o quelli sviluppati dalla legislazione ordinaria. Lo
statuto, che mantiene la sua posizione di norma secondaria, è vincolato, secondo tale orientamen-
to, soltanto da quelle leggi dello Stato che abbiano una diretta connessione con le norme costitu-
zionali.
59
In tal senso, F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario – Parte generale, Torino, 2000, 57;
FALSITTA, Manuale, cit., 77.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 17

Se si considera la circolare quale atto in grado di valorizzare un vincolo giuridi-


co dell’inferiore gerarchico (ufficio periferico) e di assumere carattere precetti-
vo 60, la portata generale dell’interpretazione resa che la contraddistingue rispet-
to alle risoluzioni e agli interpelli, la natura dell’organo che la emana dotato di
potere impositivo, oltre al grado di affidamento del contribuente che può gene-
rare e che la rende simile a quello di un atto normativo di indirizzo, è difficile
non annoverare le circolari tra le fonti del diritto tributario in quanto esse con-
sentono all’A.F. di attuare i precetti contenuti nelle norme giuridiche fornendo
un utilissimo supporto e dunque rappresentano fattori del diritto concretamente
applicato 61.
Tale orientamento è supportato da quanto previsto dallo Statuto dei diritti
del contribuente che ha previsto all’art. 10, sulla base di quanto disposto dal-
l’art. 97 Cost., che la modifica di precedenti circolari determina l’esimente della
non irrogabilità di sanzioni e della richiesta degli interessi nel caso in cui,
l’orientamento sul quale ha riposto fiducia il contribuente, viene successivamen-
te modificato con effetto retroattivo 62. Il revirement interpretativo reso attraver-
so circolari non può dunque essere retroattivo in quanto violerebbe la tutela
dell’affidamento 63 e ciò è evidentemente un riconoscimento da parte del legisla-
tore della portata che tali atti assumono e delle aspettative che creano da parte
dei contribuenti.
La differenza tra le note, le risoluzioni e le circolari consiste nel fatto che le
prime due solo hanno diretta efficacia nei riguardi dell’Ufficio al quale sono di-
rette e possono essere risposte a quesiti posti da privati. È dunque più difficile
collocare tali atti, diversi dalle circolari, tra le fonti, essendo apparentemente
privi della portata generale, anche se come è stato correttamente evidenziato
 
 
60
LICCARDO, Natura giuridica delle circolari, in Riv. dir. fin., 1952, II, 136. L’ord. 5 gennaio
2010, n. 35 della Cass., Sez. trib., ha sancito che le circolari dell’amministrazione finanziaria, (che
non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte dovute), non vincolano né i contri-
buenti né i giudici e neppure la stessa amministrazione.
61
DE MITA, Principi di diritto tributario, Milano, 2007. Cfr. inoltre FANTOZZI, Il diritto tribu-
tario, cit., 119 secondo il quale le circolari possono essere annoverate tra le fonti del diritto tribu-
tario. L’inosservanza delle circolari è possibile in quanto atti normativi interni e può essere fatta
valere quale indizio di illegittimità dell’atto, in sede giurisdizionale.
62
Il fenomeno va considerato dunque nella sfera del divieto di retroattività anche se gli effetti
sono limitati riguardando le sole sanzioni.
Come ha ampiamente chiarito la Suprema Corte, i casi di tutela espressamente enunciati dal
2° comma del citato art. 10 e riferiti alla non applicazione delle sanzioni e degli interessi sono me-
ramente esemplificativi ma non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una
serie indeterminata di casi concreti e quindi riferibili anche alla non debenza del tributo (così
Cass., Sez. trib., 6 ottobre 2006, n. 21513 e Cass. 20 agosto 2007, n. 18218).
63
Cfr. DELLA VALLE, Affidamento e certezza del diritto tributario, Milano, 2001; TRIVELLIN, Il
principio di buona fede nel rapporto tributario, Milano, 2009; F. AMATUCCI, L’efficacia nel tempo
della norma tributaria, Milano, 2005.
18 Capitolo I  

dalla dottrina 64, una indiretta rilevanza assumono per gli altri uffici per il fatto
che costituiscono comunque dei precedenti per la A.F. Assimilabili a questi ul-
timi atti sono infine i pareri resi a seguito di interpello 65 che provengono in ogni
caso da istanze proposte da privati nel caso di obiettiva incertezza della norma
interpretata e che vincolano particolarmente l’Amministrazione finanziaria at-
traverso il silenzio assenso.

7. L’efficacia (entrata in vigore e cessazione) delle norme tributarie

Dopo un determinato periodo di tempo dalla pubblicazione sulla G.U. (15


gg.) in seguito all’approvazione parlamentare ed alla promulgazione del Presi-
dente della Repubblica, la legge, salvo diversa disposizione, entra in vigore e
produce efficacia 66. In linea generale, durante il periodo di vacatio legis, la legge
non ancora efficace, non deve comunque essere tenuta presente dal giudice,
neanche ai fini interpretativi per la sua completa estraneità all’ordinamento.
L’entrata in vigore di una legge è in ogni caso un momento rilevante ai fini
della decorrenza o inizio di efficacia delle norme legislative. Tuttavia, accade di
frequente che il momento in cui una legge entra in vigore e la sua efficacia non
coincidono. Sono i casi relativi solitamente a norme procedimentali o processua-
li in cui il momento dell’entrata in vigore indica che la legge è perfetta, ma i suoi
effetti sono differiti o retroagiscono 67.
Un rafforzamento e ampliamento della vacatio legis, volto a garantire la co-
noscibilità delle norme tributarie è stato previsto per alcune tipologie di norme
dall’art. 3, comma 3 dello Statuto del contribuente, che stabilisce il differimento
dell’efficacia temporale delle disposizioni modificative di tributi periodici nel
periodo o anno d’imposta successivo, ed un termine di sessanta giorni dall’en-
trata in vigore per gli adempimenti fiscali a carico del contribuente 68.
 
 
64
LA ROSA, Principi di diritto tributario, III ed., Torino, 2009, 282.
65
Sull’interpello e sull’efficacia dei pareri resi cfr. cap. IV, parte II, par. 4.
66
Cfr. in tal senso l’art. 73, ult. comma, Cost. e l’art. 10 disp. prel. c.c. che prevedono, per
l’en­trata in vigore, un termine di 15 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. D’AMATI,
Diritto tributario, Bari, 2002, 32, osserva come l’art. 10 disp. prel. fa riferimento anche ai regola-
menti e, fermo restando il termine di 15 giorni, è consentito tuttavia stabilire un termine diverso.
Soltanto nei confronti delle leggi il vincolo è costituzionalmente garantito. Cfr. F. TESAURO, Istitu-
zioni, cit., 27; FANTOZZI, Diritto tributario, cit., 158, esamina l’ipotesi in cui, nel derogare alla
normale vacatio legis, le leggi ordinarie prolungano il termine iniziale di efficacia. Tale soluzione è
stata adottata ripetutamente per i decreti delegati ed i testi unici della riforma per consentire che
si verificassero modifiche economiche o legislative ovvero per consentire la loro migliore cono-
scenza da parte dei contribuenti.
67
F. TESAURO, Istituzioni, cit., 35. Cfr. in proposito i dd.llgs. 31 dicembre 1992, nn. 545 e 546
la cui efficacia fu differita al 1° gennaio 1996 data di insediamento dei nuovi giudici.
68
LOGOZZO, L’ignoranza della legge tributaria, cit., 28.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 19

Uno dei più frequenti casi di cessazione della legge è quello dell’abroga-
zione, regolato in generale dall’art. 15 disp. prel. c.c. 69, il quale prevede che
essa può avvenire attraverso legge posteriore per dichiarazione espressa del le-
gislatore, per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti oppure
perché la nuova legge regola l’intera materia già disciplinata dalla legge ante-
riore. Il legislatore si serve invece generalmente della deroga (espressamente o
implicitamente) quando vuole introdurre un’eccezione alla disciplina dettata
da una certa disposizione sia nel corpo della stessa legge, che in un momento
successivo determinandone in parte di fatto la cessazione 70. Al fine di garanti-
re una maggiore certezza del diritto, talvolta in materia tributaria viene posto
un divieto di deroga e di modifica se non in forma espressa (vedi ad es. la
clausola di rafforzamento inserita nello Statuto del contribuente) il quale, non
contemplando anche l’ipotesi di abrogazione, è diretto a non impedire l’evo-
luzione normativa 71. In altri casi, alcune vicende o situazioni giuridiche che
erano contemplate da una legge abrogata sono disciplinate per un determinato
periodo da apposita disciplina attraverso disposizioni transitorie (che spesso
regolano il passaggio dalla legge precedente a quella successiva, come ad es.
accaduto a seguito dell’abrogazione del raddoppio dei termini e dell’introdu-
zione di nuovi termini per la notifica dell’atto di accertamento ad opera della
legge n. 208/2015 che ha modificato l’art. 43 del d.p.r. n. 600/1973). Nel caso
di abrogazione l’efficacia della legge cessa ex nunc e dunque, in materia tribu-
taria, ciò determina che le norme abrogate continuano ad essere applicate rela-
tivamente a presupposti verificatisi nel periodo temporale che va dalla entrata
in vigore alla sua abrogazione.
 
 
69
La norma prevede il criterio cronologico di soluzione delle antinomie e dei conflitti tra
norme attraverso il brocardo lex posterior derogat priori e quello della specialità. Per quanto ri-
guarda la cessazione di efficacia prevista dalla norma stessa in materia tributaria, gli atti normativi
possono prevedere un termine finale. Ciò è frequente nel caso dei regimi fiscali agevolativi. Il
momento finale dell’atto normativo può coincidere con l’abrogazione da parte di altra norma di
rango pari o superiore.
70
Secondo MODUGNO, voce Abrogazione, in Enc. giur. Treccani, vol. I, Roma, 1988, 5, “dalla
modificazione dovrebbe rigorosamente distinguersi la deroga la quale, o è abrogazione parziale in
quanto successiva, o è contestuale o comunque simultanea eccezione ad altra norma più generale
ed allora non potrà parlarsi, data l’assenza della circostanza temporale, di modificazione, ma di
concorso di norme efficaci in ambiti diversi”.
71
Sull’efficacia delle norme dello Statuto v. retro, par. 4a. L’art. 1 dello Statuto del contri-
buente approvato con legge n. 212/2000, non riferendosi all’abrogazione, ha previsto, come esa-
minato, una clausola di rafforzamento stabilendo che le norme dello Statuto possono essere dero-
gate o modificate solo espressamente e mai attraverso leggi speciali. Cfr. MASTROIACOVO, La de-
roga ai principi nello. Statuto dei diritti del contribuente, in Riv. dir. fin., 2002, I, 524. L’espressa
volontà derogatoria da parte di una norma successiva allo Statuto è stata prevista con riferimento
all’art. 3, comma 3, che regola l’efficacia temporale delle norme tributarie, nel caso dell’art. 18,
comma 4 della legge n. 388/2000 che prevede la proroga dei termini per la liquidazione e l’ac-
certamento dell’ICI.
20 Capitolo I  

L’abrogazione in diritto tributario infine non può avvenire mediante refe-


rendum secondo quanto previsto dall’art. 75 Cost.

a) La dichiarazione di incostituzionalità e la declaratoria di incompatibilità


comunitaria
Altri casi di cessazione delle norme tributarie sono rappresentati dalla decla-
ratoria di incostituzionalità della legge tributaria da parte della Corte costituzio-
nale 72, e dell’incompatibilità con il diritto comunitario sancita dalla Corte di
giustizia, che provocano, diversamente dall’abrogazione, la cessazione di effica-
cia ex tunc e la nascita di rilevanti problematiche di ordine temporale con con-
seguenze dirette sull’esercizio dei diritti fondamentali da parte del contribuente.
Una legge dichiarata illegittima costituzionalmente o incompatibile con il diritto
UE equivale infatti ad una legge mai esistita e, pertanto, gli effetti collegabili a
quest’ultima dovrebbero essere considerati mai sorti 73.
Tali problematiche assumono particolare rilevanza in quanto si collegano
strettamente all’effettività del diritto al rimborso del tributo indebitamente ver-
sato da parte del contribuente.
L’efficacia ex tunc delle sentenze di illegittimità costituzionale, dovrebbe
consentire 74, allo stesso modo delle sentenze di incompatibilità comunitaria, ai
contribuenti di esercitare il diritto al rimborso con esclusione dei casi in cui i
 
 
72
L’art. 136 Cost. attribuisce erga omnes il potere di dichiarare l’illegittimità costituzionale
delle norme, con l’effetto di far cessare l’efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della
relativa pronuncia. La giurisprudenza della Corte costituzionale ha da tempo attribuito all’art. 136
Cost. il significato di riconoscere alla pronuncia dichiarativa di illegittimità un’efficacia che re-
troagisce fino alla soglia dei rapporti esauriti (sentt. 29 dicembre 1966, n. 127, in Giur. cost., 1966,
1697; 2 aprile 1970, n. 49, in Giur. cost., 1970, 555).
73
Cfr. F. TESAURO, Compendio di diritto tributario, Torino, 2010, 19; FALSITTA, Manuale, cit.,
57, secondo il quale “la sentenza costituzionale di accoglimento ha una efficacia distruttiva supe-
riore a quella propria della legge, la quale dispone per l’avvenire e non ha di norma efficacia re-
troattiva, neppure quando si limita ad abrogare una legge anteriore. L’efficacia ex tunc è una ca-
ratteristica ontologica delle sentenze in discussione”.
74
Sulla limitazione degli effetti temporali della declaratoria di illegittimità costituzionale, cfr.
Corte cost., sent. 11 febbraio 2015, n. 10, in GT – Riv. giur. trib., 5/2015, 384, con nota di BORIA,
Illegittimità costituzionale della Robin Hood tax ma con effetti pro futuro, ove si evidenzia che la
richiamata pronuncia presenta due elementi di novità giuridica: l’utilizzo del test di proporzionali-
tà e l’efficacia pro futuro nella formulazione del giudizio di legittimità di un tributo. Sotto il profi-
lo degli effetti temporali della pronuncia di incostituzionalità la Corte sancisce che questi possono
prodursi esclusivamente pro futuro e non ex tunc; la limitazione della retroattività della sentenza
di incostituzionalità viene decisa in considerazione del pregiudizio al bilancio pubblico e della
conseguente alterazione degli obiettivi di equilibrio patrimoniale di cui alla vigente formulazione
dell’art. 81 Cost.
Si vedano, sempre in argomento, i chiarimenti contenuti nella Circolare 18/E del 28 aprile
2015.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 21

rapporti sono esauriti, come il passaggio in giudicato di una sentenza, che pro-
duce tra le parti un effetto vincolante tale da non consentire che si rimetta in di-
scussione una controversia, come la prescrizione che fa decadere la pretesa so-
stanziale di chi fa valere un proprio diritto, e la decadenza che impedisce l’azio-
ne in giudizio 75.
Complessa è l’individuazione del dies a quo per poter esercitare il diritto al
rimborso da indebito versamento sorto a causa dell’incostituzionalità e della
conseguente cessazione di efficacia della norma impositiva. Non risulterebbe in-
fatti concepibile il riferimento ad un’azione del contribuente intrapresa prima
della sentenza della Corte costituzionale ai fini del riconoscimento del rimborso
se si considera che, fino alla pronuncia di illegittimità costituzionale, la norma
resta infatti pienamente efficace anche per gli organi amministrativi che devono
applicarla e per i giudici. Il diritto al rimborso, salvo il limite dei rapporti pen-
denti 76, nasce in linea generale con la decisione della Corte costituzionale ai sensi
dell’art. 136 Cost. quale unico organo in grado di pronunciarsi sulla illegittimità.
Più incerta è la situazione, anche se oramai sembra consolidato l’orienta-
mento, in ambito comunitario 77, in cui il dies a quo per calcolare i termini di de-
cadenza dell’azione di rimborso per tributi incompatibili con il diritto UE de-
corre dal versamento degli stessi ed è garantito dalla tutela dell’affidamento 78.
 
 
75
Cass., sentt. 22 giugno 1973, n. 1707 e 28 novembre 1989, n. 5869; Cass., SS.UU., sent. 9
giugno 1989, n. 2786.
76
La Cassazione a SS.UU. nella sent. 9 giugno 1989, n. 2786 ha affermato che la pronuncia di
incostituzionalità della norma impositiva incide sui rapporti precedentemente sorti e non ancora
esauriti alla data di pubblicazione della stessa e cioè nei casi in cui il contribuente non abbia paga-
to in base ad una iscrizione a ruolo impugnata o abbia versato e proposto istanza di rimborso. Se-
condo DE MITA, Interesse fiscale e tutela del contribuente, Milano, 2006, 457, la definitività del
rapporto può derivare solo dalla mancata impugnazione di atti dichiarativi o costitutivi di esso e
non di altri atti. L’ipotesi secondo la quale l’imposta dichiarata diventa definitiva se non si conte-
sta l’atto di riscossione, non ha fondamento nella legge. Nel concetto di rapporto esaurito non
possono rientrare le situazioni che si producono per mancata proposizione dei rimedi contro gli
atti della riscossione.
77
MICELI, Indebito comunitario e sistema tributario interno, Milano, 2009, 222.
78
La Corte di Cassazione, SS.UU., sent. 16 giugno 2014, n. 13676, ha chiarito che il termine
di rimborso per imposta in contrasto con il diritto comunitario decorre dal versamento, più in
particolare si è sostenuto che “qualora successivamente al versamento del tributo, intervenga una
pronuncia della Corte di Giustizia che dichiari la disciplina nazionale in contrasto con il diritto co-
munitario, il termine decadenziale per la presentazione delle istanze di rimborso decorre dalla data di
versamento delle somme di cui si chiede la ripetizione e non dalla data di pubblicazione della senten-
za della Corte di Giustizia”. Detta pronuncia può leggersi annotata da BODRITO, in GT – Riv. giur.
trib., 1/2015.
Ancora sul punto, cfr. Cass., sent. 12 marzo 2015, n. 5014, nel senso che “quando un’imposta,
nel caso di specie l’IVA, sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in con-
trasto con il diritto dell’unione europea, non sono invocabili i principi elaborati dalla giurisprudenza
di legittimità in tema di ‘overruling’ per giustificare la decorrenza del termine decadenziale del diritto
al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di Giustizia o, ancor dopo, dalla data di emanazio-
22 Capitolo I  

Vi sono tuttavia tentativi da parte della stessa giurisprudenza comunitaria di


limitazione dell’efficacia ex tunc delle proprie sentenze di incompatibilità di tri-
buti con le norme UE basate sulla decadenza o sull’irregolarità procedurale del-
le azioni di rimborso al fine di attenuare le conseguenze finanziarie che ne pos-
sono scaturire per i Paesi membri 79. Talvolta si procede attraverso la necessarie-
tà ai fini del rimborso della presentazione dell’istanza alle autorità amministrati-
ve competenti prima dell’emanazione della sentenza di incompatibilità con il di-
ritto UE 80; altre volte si considera la necessarietà ai fini del rimborso dell’azione
giurisdizionale (ricorso) preventiva o la contestazione dell’imposizione attraver-
so impugnativa equivalente del rifiuto dell’Amministrazione finanziaria 81 prima
dell’emanazione della sentenza in grado di rendere pendenti i rapporti, diver-
samente dalle mere azioni di rimborso che riguardano la fase amministrativa 82.

8. L’efficacia temporale della norma tributaria e la retroattività

Particolarmente complessa è l’identificazione del concetto di retroattività


tributaria che assume rilevanza nel nostro ordinamento, in quanto fenomeno pa-
tologico in grado di porsi in contrasto con una serie di principi generali e di
 
 
ne del provvedimento normativo che ad essa abbia dato attuazione, piuttosto che da quella in cui
venne effettuato il versamento, in quanto deve ritenersi prevalente una esigenza di certezza delle si-
tuazioni giuridiche che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo indeterminato
dei relativi rapporti”.
79
Corte giust., sent. Salumi, cit. MELIS, Motivazione e argomentazione nelle sentenze della Cor-
te di giustizia, in Rass. trib., 2005, 431.
80
Tale orientamento, sebbene sia stato notevolmente ridimensionato nella Corte giust. 22
febbraio 1988, causa 309/85, Barra, in quanto rende difficile e per certi versi impossibile l’eserci-
zio dei diritti attribuiti al diritto comunitario, è stato seguito dalla nostra Cass., sent. n. 2786/1989,
per analoghe ragioni di restrizione dell’efficacia temporale della sentenza di illegittimità costitu-
zionale dell’Ilor.
81
Corte giust., sent. 4 maggio 1999, C-262/96, Surul e 27 marzo 1980, causa 61/79, Denkavit,
caso EKW, cit., punto 60.
82
La possibilità di far rientrare tali soggetti tra coloro che sono legittimati al rimborso è stata
giustifica in base al fatto che colui che ha presentato il ricorso lo ha fatto a proprie spese assu-
mendosi i rischi insiti in ogni controversia giudiziaria. La diversa situazione che genera una diffe-
rente disciplina deriva in tale caso dall’inerzia di soggetti titolari di rapporti esauriti i quali pur
potendo adire un giudice, non hanno proceduto (in tal senso. sent. 4 maggio 1999, C-262/96, Su-
rul e del 27 marzo 1980, causa 61/79, Denkavit, caso EKW, cit., punto 60). Cfr. La giurisprudenza
della nostra Corte cost. sent. 24 febbraio 1995, n. 56, ha considerato illegittimo, ai sensi degli artt.
3 e 24 Cost., l’art. 12, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 641 nella parte in cui non prevedeva, in materia di
rimborso della tassa annuale di concessione governativa sulle società, in contrasto con il diritto
comunitario, l’esperibilità dell’azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso ammi-
nistrativo. Per quanto riguarda il caso del rapporto esaurito per mancata impugnativa dell’atto di
riscossione, vedi DE MITA, Interesse fiscale, cit., 457.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 23

norme dettagliate e di compromettere seriamente le garanzie dei contribuenti.


Tale fenomeno (vera retroattività) risulta molto frequente e spesso non viene di-
stinto dalla giurisprudenza e prassi da altre ben diverse vicende come quelle del-
la retrospezione, del richiamo circostanziato dei fatti o dell’efficacia della legge
interpretativa che possono risultare compatibili con l’ordinamento tributario 83.
La norma tributaria è da considerare veramente retroattiva qualora risulta es-
sere innovativa, ingiustificata, irragionevole, in grado di incidere sfavorevolmen-
te e di sconvolgere o alterare situazioni consolidate o garantite, comprometten-
do la sicurezza giuridica o certezza del diritto 84. Ciò può avvenire non solo qua-
lora il legislatore introduca una nuova o maggiore imposizione riferita a fatti
sorti precedentemente all’entrata in vigore, ma anche nei casi di disconoscimen-
to di un diritto o di un’agevolazione fiscale riconosciuta nel passato.
Inoltre si tende a graduare gli effetti della retroattività per riconoscere in par-
te la sua legittimità e ad operare alcune distinzioni come quella tra retroattività
propria e impropria 85. La prima sarebbe in grado di incidere e modificare fatti-
specie giuridiche già disciplinate da precedenti leggi tributarie, la seconda si rea-
lizzerebbe, invece, allorché la legge collega la nascita di una nuova obbligazione
tributaria a fatti verificatisi anteriormente all’emanazione della legge stessa e non
regolamentati. La difficoltà di identificazione della vera retroattività nasce dalla
sua similitudine rispetto alla legge di interpretazione autentica la quale, pur pre-
sentando elementi di affinità con la norma retroattiva, non introduce alcuna no-
vità. La legge che si definisce interpretativa, è volta infatti ad imporre il reale si-
 
 
83
MICHELI, Corso di diritto tributario, Torino, 1989, 61; F. AMATUCCI, L’efficacia nel tempo
della norma tributaria, Milano, 2005, 8. La qualificazione di una legge come interpretativa, costi-
tuisce spesso un espediente per nascondere o rendere meno palese il suo effettivo carattere di leg-
ge nuova implicitamente retroattiva o “cripto retroattiva”.
84
La vera retroattività non è quella riferibile a fatti sorti precedentemente, ma va corretta-
mente identificata nei diversi ordinamenti tributari nazionali come capace di riferirsi a fatti che
non hanno più alcun collegamento con il presente e di operare su rapporti giuridici estinti ed in
grado comunque di modificare sfavorevolmente gli effetti di norme precedenti e che si pone in
pieno contrasto con la sicurezza giuridica, certezza del diritto o tutela dell’affidamento. Tale (ve-
ra) retroattività si distingue da quella formale, impropria o dalla retrospettività in cui vi è un
semplice riferimento a fatti accaduti nel passato o presupposti sorti precedentemente prima
dell’entrata in vigore della nuova norma. In tal senso cfr. MARONGIU, La retroattività della legge
tributaria, in Corr. trib., 2002, 471; F. AMATUCCI, L’efficacia nel tempo, cit.; DELLA VALLE, Affi-
damento e certezza, Milano, 2001; HEY, Steuerplanungssicherheit als Rechtsproblem, Colonia,
2002; TIPKE-LANG, Steuerrecht, Colonia, 2002, 105; ERGEC, La retroactivitè en droit fiscal, cit.,
11; GARCÍA NOVOA, El principio de seguridad juridica en materia tributaria, Madrid-Barcellona,
2000; BELEN MACHO, Il divieto di retroattività nei Paesi membri UE: Spagna, relazione al con-
vegno Il divieto di retroattività in materia tributaria: nuovi orientamenti in ambito nazionale e
comunitario, Napoli, 10 novembre 2009; GARCÍA FRIAS, Applicaciòn de la norma tributarias en el
tiempo, Salamanca, 2002.
85
Vedi MICHELI, Corso di diritto tributario, Torino, 1989, 61; GIANNINI, I concetti fondamen-
tali del diritto tributario, Torino, 1956, 50.
24 Capitolo I  

gnificato alla legge interpretata sin dal momento della sua entrata in vigore 86.
Un’altra distinzione fondamentale è quella tra norma retroattiva (sostanziale)
attinente alla fattispecie ed agli effetti e norma di applicazione immediata, soli-
tamente riconosciuta dal nostro ordinamento che è di tipo procedimentale, in
quanto quest’ultima, pur operando egualmente nel passato, coinvolge un’attività
amministrativa in corso di svolgimento al momento dell’entrata in vigore della
nuova legge.
Non esistendo nel nostro ordinamento norme costituzionali che sanciscano
un divieto di retroattività in materia tributaria, come l’art. 25 operante nel dirit-
to penale, ma disposizioni di rango inferiore e dunque derogabili come l’art. 11
disp. prel. c.c. e l’art. 3 della legge n. 212/2000, per limitare il fenomeno della
retroattività delle leggi tributarie, si è fatto inizialmente ricorso all’attualità della
capacità contributiva (art. 53 Cost.) o permanenza dell’idoneità alla contribu-
zione del presupposto al momento dell’entrata in vigore della nuova legge e del-
la prevedibilità 87. L’attualità della capacità contributiva ha senso se quest’ultima
è intesa in senso oggettivo e non è riconducibile agli stati soggettivi del contri-
buente. Detta capacità deve essere dunque rapportata preventivamente al mo-
mento della scelta del presupposto operata dalla legge, che può eccezionalmente
e per un breve periodo riguardare il passato, mentre non ha alcun rilievo allor-
ché si regga sulla mutevole situazione economica del contribuente nel tempo e si
faccia discendere da essa la giustificazione di un’imposizione retroattiva nella
fase successiva di applicazione della nuova legge.
Più recentemente, al fine di limitare la retroattività tributaria, si è fatto ricor-
so al principio della tutela del legittimo affidamento 88 riconosciuto anche dal
diritto comunitario 89. Nel nostro ordinamento tale principio, consentendo al
 
 
86
La Corte cost., sent. 4 aprile 1990, n. 155, cit., introduce un tipico sindacato di ragionevo-
lezza da esercitarsi alla luce di un valore che non trova espressa sanzione costituzionale, ma che
rappresenta una regola essenziale del sistema. L’irretroattività in tale caso torna sulla scena come
limite generale al potere legislativo ordinario. La norma dichiarata di interpretazione autentica
può in realtà avere contenuto innovativo ed essere incostituzionale. L’irretroattività, stabilita
dall’art. 11 disp. prel., viene considerata rappresentante pur sempre una regola essenziale del si-
stema anche se non costituzionalizzata. Tale orientamento della Corte costituzionale, invertendo
la tendenza precedente, sancisce l’irrilevanza del titolo del testo legislativo ai fini della qualifica-
zione normativa, ritenendo comunque determinante la distinzione tra retroattività e interpretazio-
ne ai fini della illegittimità. La distinzione tra retroattività e interpretazione autentica è inoltre ri-
conosciuta dalla Corte cost., nelle sentt. nn. 347/2000, 525/2000 e n. 260/2015.
87
Cfr. cap. II, par. 1. Corte cost., sent. n. 44/1966 e 11 aprile 1969, n. 75, cit. Sull’attualità
della capacità contributiva si è pronunciata successivamente la Corte cost. nelle sentt. 22 aprile
1980, n. 54 e 20 luglio 1994, n. 315.
88
Cfr. Cass., sentt. 14 aprile 2004, n. 7080 e 9 marzo 2005, n. 5101; Corte cost., sentt. nn.
229/1999 e 525/2000.
89
V. oltre cap. II, par. 5. Corte giust., sentt. 12 novembre 1981, cause 212/80 e 217/80, Indu-
stria Salumi, e 26 aprile 2005, C-376/02, Goed Wonen; in dottrina LORELLO, La tutela del legitti-
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 25

contribuente di poter operare sulla base di una situazione giuridica precedente


all’innovazione normativa, senza subire il pregiudizio di successive modifiche
sfavorevoli, consente di rafforzare il divieto di retroattività e di vincolare mag-
giormente il legislatore.
La violazione della tutela dell’affidamento si caratterizza per ampliare la sfera
del divieto non assoluto di retroattività operante tradizionalmente in materia
tributaria e per essere considerata nel caso in cui l’irretroattività e le esigenze di
certezza del diritto siano in contrasto con altri interessi costituzionali e comuni-
tari protetti in base ai canoni della ragionevolezza, della proporzionalità, e della
non arbitrarietà, in ordine all’esito del bilanciamento degli interessi in conflit-
to 90. Inoltre il ricorso a tale principio implica la difficile valutazione ponderata
degli interessi contrapposti del fisco e del contribuente posti a base della norma
retroattiva con conseguente giudizio sulla congruità delle giustificazioni del-
l’intervento retroattivo.
Un limite invalicabile della norma retroattiva resta quello delle situazioni
consolidate come il giudicato o la decadenza di termini procedimentali. La no-
stra giurisprudenza costituzionale ha chiarito in proposito (Corte cost., sent. n.
525/2000) che esiste un divieto di annullamento degli effetti del giudicato attra-
verso la retroattività in materia tributaria.
Le disposizioni previste dall’art. 3 dello Statuto, pur non avendo rango di
norme costituzionali e pur essendo derogabili e non in grado di arginare leggi
retroattive sfavorevoli, rappresentano un valido e completo supporto interpreta-
tivo in tema di efficacia nel tempo della norma tributaria 91. Il comma 1 dell’art.
 
 
mo affidamento tra diritto interno e comunitario, Torino, 1998, 196; VILLANI, Principio dell’affi-
damento tra normativa tributaria e comunitaria, in Fiscalitax, 2009, 1188; MARCHESELLI, Affida-
mento e buona fede come principi generali del diritto, in Dir. e prat. trib., 2009, 447; F. AMATUCCI,
Retroattività della norma tributaria in ambito comunitario, in Rass. trib., 2010, 326.
90
Vedi sentenze della Corte cost., sentt. nn. 229/1999, 525/2000 e ord. n. 341/2000 ove si è
ritenuto che la retroattività deve trovare giustificazione sul piano della ragionevolezza e non deve
andare in contrasto con valori ed interessi costituzionalmente protetti in modo da incidere arbi-
trariamente su situazioni sostanziali poste da precedenti leggi. Nella sent. 28 marzo 2008, n. 74 la
Corte costituzionale ha ritenuto che la norma di interpretazione autentica non può considerarsi
lesiva dei principi di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento.
91
Interessanti spunti di riflessione in argomento possono essere tratti da Corte di Cassazione,
sent. 2 aprile 2015, n. 6743 in materia di sopravvivenza delle società estinte. La Suprema Corte ha
affermato che, per effetto della riforma societaria del 2003, la cancellazione dal registro delle im-
prese, delle società di persone, ne comporta l’estinzione (efficacia dichiarativa) con la conseguente
incapacità di agire in giudizio.
La Corte, in particolare ha affermato che: “la norma, (contrariamente a quanto sostenuto dal-
l’Amministrazione finanziaria nelle sue circolari), opera su un piano sostanziale e non “procedurale”,
in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e del-
le procedure di accertamento o di riscossione.
In definitiva la Suprema Corte dopo aver ricordato che lo Statuto dei diritti del contribuente
conferma che “le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo”, “… salvi i casi di interpreta-
26 Capitolo I  

3 della legge n. 212/2000 sancisce infatti che, “salvo quanto previsto dall’art. 1,
comma 2, le leggi tributarie non hanno effetto retroattivo”. In conseguenza di ciò
la norma afferma, per quanto riguarda i tributi periodici, che “le modifiche in-
trodotte in materia tributaria si applicano a partire dal periodo d’imposta suc-
cessivo a quello di entrata in vigore”.
La norma regola dunque fattispecie mai previste precedentemente dal legi-
slatore come il divieto di retroattività c.d. non autentica nella seconda parte del
comma 1. Inoltre assume enorme rilevanza la distinzione rispetto alle leggi in-
terpretative riconosciute eccezionalmente. La disposizione dell’art. 3, comma 1
pone infatti dei limiti al divieto di retroattività, facendo salvo quanto previsto
all’art. 1, comma 2 dello Statuto che sancisce l’adozione di leggi interpretative in
materia tributaria soltanto in casi eccezionali.
Come ha evidenziato significativamente la Suprema Corte 92 “il citato comma
1 dell’art. 3, pur potendo essere disatteso da successive norme di pari grado gerar-
chico, costituisce comunque un criterio interpretativo di fondo operante per i casi
dubbi, allorché la successiva disposizione tributaria di pari grado nulla espressa-
mente preveda circa la sfera temporale della sua efficacia” 93.

9. Efficacia della norma tributaria nello spazio

Uno dei problemi più delicati ed attuali di diritto tributario concerne la defi-
nizione dell’efficacia della norma nello spazio in presenza di nuove e sempre più
evolute forme di manifestazione di capacità contributiva che travalicano i confi-
ni nazionali. La potestà tributaria costituisce una configurazione del potere legi-
slativo che trova la sua fonte originaria innanzitutto nella struttura e nell’esi-
stenza dello Stato e della sua sovranità 94. La dottrina economico-finanziaria ha
elaborato nel tempo vari criteri per affrontare l’ipotesi della ripartizione del get-
tito tra Stati nel caso in cui si verifichino fattispecie di imposizione aventi rile-
vanza transnazionale 95. Attraverso il principio della tassazione del reddito mon-
 
 
zione autentica …”, ha statuito, che “il legislatore delegato non avrebbe avuto neppure in astratto il
potere di derogare sul punto alla legge n. 212 del 2000 con il d.lgs. n. 175 del 2014, perché la legge di
delegazione n. 23 del 2014 gli ha imposto lo specifico obbligo di rispettare lo statuto dei diritti del
contribuente (art. 1 della legge delega) e, quindi, anche il comma 1 dell’art. 3 dello statuto”.
92
Cfr. Cass., Sez. trib., 2 aprile 2015, n. 6743.
93
In tema si vedano le osservazioni di MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente nel-
l’accertamento e nel processo, in Dir. prat. trib., 2014, I, 954-996.
94
JEFFERY, The impact of State sovereignty on global trade and international taxation, L’Aja-
Londra-Boston, 1999, 3, 12.
95
UCKMAR, La tassazione degli stranieri in Italia, Padova, 1955; GARBARINO, La tassazione del
reddito transnazionale, Padova, 1990; CORDEIRO GUERRA, Diritto tributario internazionale, Pado-
va, 2012, 55.
Le fonti e l’efficacia delle norme tributarie 27

diale (worldwide taxation) adottato dalla maggior parte dei Paesi UE e dall’USA,
si considera quale criterio impositivo di collegamento di tipo soggettivo con il
territorio la residenza fiscale 96 e si assoggetta il reddito dei propri residenti 97
ovunque prodotto nel mondo al fine di recuperare gettito derivante da attività
economiche e finanziarie svolte parzialmente in altro Paese. Per poter deter-
minare la residenza ai fini fiscali è necessario considerare l’iscrizione anagrafi-
ca della popolazione, la permanenza per la maggior parte del periodo d’im-
posta in un determinato Paese, il domicilio, la dimora abituale e, per le socie-
tà, il luogo della sede principale o degli interessi economici. Tali elementi pre-
suntivi aventi carattere formale sono superabili dalla dimostrazione della resi-
denza effettiva.
In base all’altro criterio della territorialità o della fonte (source taxation) si
tende a realizzare l’“efficienza fiscale internazionale” attraverso l’idea che l’im-
posizione fiscale, potendo essere effettuata esclusivamente nel territorio di uno
Stato a prescindere dalla provenienza di colui che produce la ricchezza, dovreb-
be 98 interferire il meno possibile sulle scelte economiche e sull’allocazione dei
capitali delle imprese ed essere limitata.
La dialettica tra personalità (residenza) e territorialità 99 (fonte) si è espressa
ai fini dell’eliminazione della doppia imposizione internazionale 100 dunque nel
fondamentale quesito se il tributo dovesse essere prelevato dallo Stato nel quale
il reddito aveva la propria “origine” o “fonte” attraverso rinuncia dello Stato di
residenza del contribuente, o privilegiando un collegamento di tipo soggettivo,
in tale ultimo Stato.

 
 
96
MARINO, La residenza fiscale, Milano, 1999; MELIS, Trasferimento della residenza fiscale e
imposizione sui redditi, Milano, 2009. La residenza fiscale va intesa quale criterio impositivo di
collegamento con il territorio di tipo soggettivo e personale (Status) e conferisce la Responsabilità
fiscale illimitata al residente e limitata al non residente.
97
L’art. 165 TUIR stabilisce le regole per determinare quando un reddito si considera pro-
dotto all’estero ai fini del riconoscimento del credito d’imposta.
98
Sul concetto di efficienza internazionale e sul suo collegamento con la neutralità fiscale vedi
SMITH-BARENTS, Neutrality and subsidiarity in taxation, Deventer, 1995 e GARBARINO, La tassa-
zione del reddito transnazionale, Padova, 1990, 60.
99
BAGGIO, Il principio di territorialità ed i limiti alla potestà tributaria, Padova, 2009; FRAN-
SONI, La territorialità nel diritto tributario, Milano, 2004; SACCHETTO, voce Territorialità (dir.
trib.), in Enc. dir., vol. XLIV, Milano, 1992.
100
Tale fenomeno si verifica quando i presupposti in due o più Stati si sovrappongono e gli
stessi redditi vengono tassati più volte in capo allo stesso soggetto. I metodi per eliminare tale fe-
nomeno sono previsti dalle convenzioni internazionali e sono essenzialmente il credito d’imposta
che consente la deducibilità delle imposte pagate all’estero da quelle dovute nel paese di residenza
e l’esenzione che consiste nell’esclusione da imposta dei redditi di fonte estera.
Cfr. FANTOZZI-VOGEL, voce Doppia imposizione internazionale, in Dig. disc. priv., sez. comm.,
vol. V, Torino, 1990, 182.
28 Capitolo I  

Inizialmente, quando la ricchezza veniva prodotta prevalentemente entro i


confini nazionali, si è sempre tentato di escludere nell’ordinamento internazio-
nale il potere di uno Stato di prelevare tributi in (o attraverso) un altro Stato nel
rispetto del principio di sovranità di cui il tributo è espressione, di esclusività
(dell’operatività della norma nel territorio dello Stato) e di non collaborazione
tra Stati. Per la stessa ragione si escludeva che tale potere spettasse ad organismi
sovranazionali come l’UE nei confronti degli Stati membri 101.
Con l’evolversi dei rapporti economici e commerciali tra gli Stati il quadro è
completamente mutato ed è sorta l’esigenza, da un lato, di estendere la efficacia
nello spazio delle norme tributarie procedimentali e di esercitare reciprocamen-
te attraverso esse il potere impositivo (di controllo e di riscossione) oltre i confi-
ni territoriali e, dall’altro, di stabilire regole comuni previste anche da norme so-
stanziali al fine di garantire lo stesso trattamento fiscale dei contribuenti a pre-
scindere dalla loro residenza o dal luogo di svolgimento della propria attività e
di investimento. In ambito comunitario, ove l’obiettivo principale è quello di fa-
vorire lo sviluppo economico degli Stati membri e gli obblighi imposti sono li-
mitati al perseguimento della libera concorrenza ed all’eliminazione di ogni
ostacolo di natura fiscale alle libertà fondamentali ed ove i vincoli posti da alcu-
ne norme comunitarie come quelle sul divieto di discriminazione fiscale e di re-
strizione alle libertà fondamentali e sugli aiuti di Stato sono piuttosto intensi ed
hanno una funzione più significativa rispetto all’esercizio della potestà tributaria
nazionale, si è resa indispensabile una limitazione attraverso norme comunitarie
della sovranità fiscale nazionale. Detta limitazione ha progressivamente deter-
minato la mancanza della titolarità piena degli Stati membri 102 e una maggiore
predisposizione in particolare in alcuni settori come quello dell’Iva (ed in mino-
re misura in quello delle imposte dirette) alla cooperazione con gli altri Stati
membri UE. Ciò al fine di garantire maggiormente i contribuenti da eventuali
disparità di trattamento derivanti dall’adozione di norme restrittive con finalità
 
 
101
Si riteneva invece che esso spettasse agli organismi internazionali nei confronti dei cittadini
degli Stati membri anche se per la sua attuazione dovevano ricorrere agli strumenti normativi of-
ferti dai diversi ordinamenti (ONU e CE). Alcuni autori (UDINA, diritto tributario internazionale,
in Trattato di diritto internazionale, Padova, 1949), pur riconoscendo che il principio di sovranità
esclude il potere di uno Stato e degli organismi sovranazionali di prelevare tributi a carico di un
altro Stato, hanno ritenuto che il potere impositivo spettasse a tali organi nei confronti dei cittadi-
ni comunitari, anche se per tale attuazione essi devono ricorrere agli strumenti normativi offerti
dai diversi ordinamenti dei singoli Paesi.
102
La Corte di giustizia ha creato una serie di limiti vincolanti sia pure operando a livello in-
terpretativo sulle norme che riguardano le libertà fondamentali di circolazione. (SACCHETTO,
L’evoluzione del diritto tributario, Padova, 1999); UDINA, Il diritto tributario internazionale, in
Trattato di diritto internazionale, Padova, 1949, 124-189; CASADO OLLERO, El art. 95 del Trattado
y la differenciacion des los tipos de gravamen en el IVA, in Estudios sobre l’armonizacion fiscal,
Granada, 1987; F. AMATUCCI, Il principio di non discriminazione fiscale, Padova, 1998.

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