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Si tratta di una guida al forex per principianti, scritta in modo semplice, che ti
accompagnerà passo passo attraverso questo affascinante mondo: imparerai a
conoscere i mercati e le valute, capirai come leggere i grafici di borsa e le notizie
economiche, e infine apprenderai i tanti vantaggi del fare trading sul forex.
Ecco i contenuti dei 10 capitoli (cliccando sui link puoi visualizzare la versione web
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della guida; se preferisci continuare la lettura della versione PDF vai alla pagina 3,
appena sotto questo elenco):
1. Cosa è il forex e come funziona: definizione, orari del forex e piccolo glossario
(cosa significa “toro” e “orso”, aprire una posizione, long e short, take profit e
stop loss, bid e ask, spread, leva, pip, grafici e time frame). Pagina 4
10. Guida eToro: scelta del broker, caratteristiche, peculiarità e vantaggi del
social trading e del copy trading di eToro. Pagina 62
Guida Forex – © Davide “Tagliaerbe” Pozzi
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mercato, clicca qui sotto sull’immagine qui sotto per iscriverti ad uno dei migliori
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1 - Cos’è il Forex e come funziona
Che cos’è il forex? Il forex non è altro che lo scambio di valute straniere che avviene
in ambito finanziario: questa espressione, infatti, è un’abbreviazione di Foreign
Exchange.
Si tratta, in sostanza, del trading che viene effettuato sui mercati di cambio delle
valute straniere operato dagli speculatori e dagli investitori. Il mercato forex può
essere considerato come un mercato al tempo stesso globale e decentralizzato in cui
viene stabilito il valore delle varie valute: non c’è una borsa in cui le transazioni
vengono condotte fisicamente, così come non c’è una cassa di compensazione.
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Gli orari del forex
Appurato, quindi, che il forex è un mercato che si basa sullo scambio di valute
straniere, vale la pena di conoscerlo un po’ più da vicino: per esempio, per scoprire
che si tratta di un mercato che non ha orari. È, infatti, aperto 24 ore su 24 (ma non il
sabato e la domenica), a differenza dei mercati borsistici, proprio perché – come già
accennato – non ha sede in un luogo specifico. Per esempio, tenendo come
riferimento l’ora italiana, a Londra le sessioni iniziano alle nove e finiscono alle
diciotto, a New York iniziano alle quattordici e finiscono alle ventitré, a Sydney
iniziano alle ventitré e finiscono alle otto, a Tokyo iniziano all’una e finiscono alle
dieci.
Sebbene non si possa parlare di un vero e proprio orario ufficiale, si può comunque
dire che la settimana della contrattazioni prende il via (basandosi sempre sull’ora
italiana) alle ventitré della domenica sera, quando si apre la sessione asiatica, per
poi terminare alle ventidue del venerdì sera, quando si conclude la sessione
americana.
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Il glossario del Forex
Chi si avvicina al mondo del forex per la prima volta potrebbe essere in difficoltà
davanti a tante espressioni e a tanti nomi di cui non conosce il significato. Ecco
perché può essere utile avere a disposizione un piccolo glossario a cui fare
riferimento ogni volta che se ne ha la necessità.
Anche in questo caso, la spiegazione del ricorso a tale espressione va individuata nei
movimenti che questo animale compie quando aggredisce le prede: i colpi che dà
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con le sue zampe vanno dall’alto verso il basso. Pertanto, un mercato che cala è
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orso.
Per esempio, se si apre una posizione sul cross USD/EUR, vuol dire che si acquistano
dollari rispetto a euro, e i profitti desiderati arriveranno con l’evoluzione del tasso di
cambio dollaro/euro. Ovviamente, chiudere una posizione significa compiere
l’azione opposta e contraria, e quindi vendere: nel momento in cui si chiude una
posizione, non si è più sul mercato (a meno che non si abbiano delle altre posizioni
aperte nello stesso momento, cosa non vietata: insomma, non è detto che
chiudendo una posizione si sia costretti a chiudere anche le altre).
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Che cosa sono lo stop loss e il take profit
Lo stop loss e il take profit sono due ordini che possono essere sfruttati, quando si
opera nel forex, per monitorare le posizioni aperte: grazie ad essi si ha l’opportunità
di stabilire i prezzi limite con i quali uscire da un trade in perdita (“stop loss” vuol
dire, appunto, “fermare la perdita”) o “chiudere un profitto” (take profit).
Dopo che tali ordini vengono impostati, il trade si chiude in maniera automatica nel
momento in cui uno dei due livelli viene raggiunto: si tratta di un’arma utile e
comoda perché consente di evitare di stare connessi a Internet per controllare se le
condizioni previste si verificano o meno. Per essere più chiari, si ricorre allo stop loss
quando si vuole chiudere un trade che non sta garantendo buoni risultati e, quindi,
per contenere le perdite, mentre si ricorre al take profit quando si vuole chiudere un
trade che ha ottenuto il guadagno che ci si attendeva.
Il bid, noto anche come prezzo bid, come buy o come prezzo denaro, non è altro che
il prezzo a cui un broker è disposto a comprare la coppia di valute, e cioè quello a cui
il trader può vendere la valuta base al fine di comprare la valuta quotata.
L’ask, noto anche come prezzo ask, come sell, come offer o come prezzo lettera,
non è altro che il prezzo a cui un broker è disposto a vendere la coppia di valute, e
cioè quello a cui il trader può comprare la valuta base al fine di vendere la valuta
quotata.
Il bid e l’ask sono le due quotazioni che vengono sempre stabilite per la coppia di
valute dalla piattaforma online o dall’intermediario attraverso cui le operazioni di
forex vengono eseguite, e rappresentano il risultato della domanda e dell’offerta
degli intermediari stessi e dei market makers.
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Che cos’è lo spread
Come detto, lo spread è la differenza tra il bid e l’ask in relazione alla coppia di
valute che è oggetto di scambio: consiste nel guadagno che ottiene l’intermediario
forex, il quale aggiunge lo spread nel prezzo di trade tenendolo poi per sé in modo
da conseguire un ricavo dopo aver coperto i costi di gestione.
Il costo dello spread è addebitato per ogni transazione una volta sola, in genere nel
momento dell’acquisto: insomma, non si rischia di avere a che fare con un ricarico
sull’acquisto e con un ricarico sulla vendita. Lo spread può essere considerato,
dunque, come la differenza tra la domanda e l’offerta, ma anche come il compenso
del broker: l’entità di ogni spread cambia, quindi, in base al broker a cui ci si rivolge,
oltre che a seconda della coppia di valute.
Per esempio, se si ha a che fare con una leva finanziaria di 100:1, vuol dire che per
acquistare una valuta da 100.000 dollari ne sono sufficienti 1.000 (100.000 diviso
100): il resto viene messo dal broker. Ciò vuol dire che se l’investimento si rivela
indovinato si può godere di utili più ampi, mentre se l’investimento si dimostra
sbagliato i danni sono limitati, visto che il rischio corrisponde alla cifra imposta dalla
leva.
il broker dà al trader. La leva finanziaria serve a garantire a chi opera nel forex la
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possibilità di eseguire investimenti anche se il margine richiesto sul conto non è più
garantito.
nel forex sono quelli lineari, quelli a barre e quelli a candele giapponesi: avremo
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modo di conoscerli più da vicino in un altro capitolo della guida.
Per leggere le condizioni di mercato in maniera più esaustiva, poi, si può fare
riferimento ai time frame multipli, la cui analisi si basa su grafici a tre impostazioni
diverse.
In linea di massima, si può dire che un trader di lungo periodo opterà per un grafico
giornaliero, settimanale o addirittura mensile, e quindi con un time frame orientato
sul lungo termine, mentre un trader di breve termine prediligerà un grafico orario.
I grafici con time frame ancora più piccoli, basati su intervalli temporali da uno a
quindici minuti, saranno – invece – preferiti dai trader intraday o dagli “scalper”, in
quanto hanno il vantaggio di segnalare più agevolmente i momenti più adatti
all’entrata.
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2 - Le coppie di valute
Poiché, come abbiamo visto, il forex non è altro che l’acquisto di una valuta in
contemporanea con la vendita di un’altra valuta, un concetto con cui è opportuno
prendere dimestichezza se ci si vuole avvicinare a questo settore è quello
delle coppie di valute.
La coppia di valute è proprio il rapporto tra le due valute: tale rapporto può essere
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definito Major, Cross o Esotico. Un rapporto Major include una delle valute
principali insieme con il dollaro statunitense; un rapporto Cross non include il
dollaro statunitense; un rapporto Esotico include una valuta secondaria (che viene
definita esotica, appunto), cioè scambiata di rado.
In una coppia di valute, si distingue tra valuta base e valuta quotata: la valuta base è
la prima, cioè quella che precede la barra /, mentre la valuta quotata è la seconda.
Per esempio, nella coppia EUR/USD, EUR è la valuta base, mentre USD è la valuta
quotata. La valuta base ha sempre un valore pari a 1: nel momento in cui si acquista
EUR/USD, vuol dire che si sta comprando la valuta di base, in euro, e si sta vendendo
la valuta quotata, in dollari statunitensi.
Conoscere le correlazioni tra coppie di valute è indispensabile nel forex, a meno che
non si opti per una strategia in funzione della quale si debba investire unicamente su
una coppia alla volta. La correlazione viene espressa tramite un coefficiente
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Come si può facilmente intuire, è raro che si abbia una coefficiente di correlazione
+1 o -1; più di frequente, il coefficiente ha un valore a due numeri decimali, poiché
la correlazione perfetta tra due coppie costituisce un evento sporadico. Per
conoscere la correlazione tra coppie di valute si fa riferimento a delle tabelle
specifiche.
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Questo per ciò che riguarda le coppie che comprendono l’euro; ci sono, poi, quelle
che includono lo yen (euro/yen, sterlina/yen, franco svizzero/yen, dollaro
canadese/yen, dollaro australiano/yen, dollaro neozelandese/yen), quelle che
includono la sterlina (sterlina/franco svizzero, sterlina/dollaro australiano,
sterlina/dollaro canadese, sterlina/dollaro neozelandese) e altre coppie che non
comprendono né l’euro, né gli yen né la sterlina (dollaro australiano/franco svizzero,
dollaro australiano/dollaro canadese, dollaro australiano/dollaro neozelandese,
dollaro canadese/franco svizzero, dollaro neozelandese/franco svizzero, dollaro
neozelandese/dollaro canadese).
Le coppie di valute sono tutte, in misura minore o maggiore, volatili. La volatilità può
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essere intesa come una variazione in un certo periodo di tempo: non è detto che
tale caratteristica sia per forza negativa, nel senso che per capirlo è necessario
tenere in considerazione il fine del trading.
D’altro canto, a una volatilità bassa corrisponde un tasso di conversione con una
oscillazione modesta, che si concretizza in una variazione costante nel periodo di
tempo considerato. Si parla di volatilità anche per identificare e quantificare il
rischio, in un periodo di tempo, della coppia di valute: la volatilità può essere
espressa attraverso un numero assoluto o sotto forma di percentuale rispetto a un
valore iniziale, e ha un riferimento annuale. Insomma, parlare di volatilità vuol dire
avere a che fare con il rischio che il forex comporta.
Dall’alto livello di liquidità del forex deriva una notevole facilità per l’acquisto e la
vendita di valute da parte di chiunque. Un mercato liquido, quale è appunto il forex,
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Per un investitore, come è evidente, questo è un vantaggio che non può essere
sottovalutato, visto che influisce sulla facilità con la quale può variare il prezzo in un
certo arco di tempo. Il forex, in sintesi, si caratterizza per un turnover medio
giornaliero e per volumi di scambio che non possono minimamente essere
paragonati a quelli degli altri mercati finanziari: ecco perché questo mercato
valutario ha una liquidità eccezionale, tale da catturare l’attenzione dei trader che
hanno intenzione di speculare sulle oscillazioni dei tassi di cambio delle monete
attirati dalla possibilità di trovare senza difficoltà una controparte interessata allo
scambio.
I volumi di scambio
I volumi di scambio in valuta permettono di capire e conoscere più da vicino il
mercato: nel momento in cui, in un determinato periodo di tempo, si porta a
termine un numero significativo di scambi, significa che molti compratori e venditori
hanno puntato su un certo prezzo. I trader più bravi sono quelli che riescono a
identificare i periodi di calma, quando vi è il consolidamento, perché sono
caratterizzati da un volume più ridotto.
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I pips
Operando con una coppia di valute, si ha a che fare con il pip, di cui abbiamo già
parlato nel primo capitolo della guida: con questo termine si fa riferimento proprio
al movimento di una coppia di valute. Per dire, una coppia NZD/YSD a 1,2467 con
un movimento a 1,2469 si caratterizza per un movimento di 2 pip.
Un altro esempio può essere utile per capire il meccanismo. Si prenda la coppia di
valute EUR/NZD a 1,1353/1,1355: il trader acquista 10.000 euro con una spesa di
1.355 dollari neozelandesi. Per calcolare il valore del pip, è necessario moltiplicare
0,0001 x 10.000: in questo caso è di 1 dollaro. Ovviamente, i trader non devono
impegnarsi in calcoli complicati, perché tutto avviene in automatico grazie ai
software delle piattaforme su cui si opera. Ciò non toglie, ovviamente, che
familiarizzare con i pip e sapere come vengono calcolati sia molto importante per
prendere le migliori decisioni possibili.
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Lo spread
Lo stesso vale per lo spread, che corrisponde alla differenza tra il prezzo Bid e il
prezzo Ask. Ricordiamo che il prezzo Bid non è altro che il prezzo a cui si può
vendere, mentre il prezzo Ask è quello a cui si può comprare.
In genere, la ridotta liquidità dei mercati provoca uno spread alto: vuol dire che i
broker non sono molto disponibili a effettuare operazioni. La tipologia di spread
cambia, nel forex, in base al broker per cui si opta: ce ne sono alcuni, per esempio,
che mettono a disposizione degli spread fissi, in modo tale che i trader sappiano in
anticipo con quale spread hanno a che fare.
Nel caso di spread variabile, invece, si ha una fluttuazione che è provocata dalle
condizioni di mercato: lo spread è basso con una buona liquidità mentre sale
quando la liquidità cala.
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Tanto l’analisi fondamentale quanto l’analisi tecnica sono utili nel forex: i due
approcci possono essere sfruttati anche insieme, così da analizzare in modo
soddisfacente e redditizio i trend dei mercati finanziari.
L’analisi tecnica
Quando si parla di analisi tecnica si chiama in causa la disciplina che si concentra
sullo studio dei grafici di prezzo allo scopo di capire il momento in cui una certa
tendenza si inverte, così che la nuova direzione del prezzo possa essere seguita con
gli investimenti del caso.
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L’analisi fondamentale
Quando si parla di analisi fondamentale, d’altra parte, si chiama in causa la disciplina
che si concentra non sui grafici di prezzo ma sulla cosiddetta macro-economia, vale
a dire quella parte dell’economia che ha a che fare con le previsioni sui fattori
fondamentali.
L’andamento dei prezzi di una coppia di valute, infatti, dipende anche dagli eventi
politici, dalle crisi economiche, dalle guerre, dalle acquisizioni di aziende e
multinazionali, dalle notizie pubblicate sugli organi di informazione specializzati, dai
rumors di mercato e così via. Sulla base di questo approccio, dunque, i trader hanno
l’opportunità di capire e conoscere gli aspetti economici da cui dipendono le
tendenze di prezzo per poi sfruttarli e guadagnare.
Le statistiche e i grafici
Una prima differenza tra l’analisi fondamentale e l’analisi tecnica è che per la prima
è necessario prendere in esame bilanci e statistiche, mentre per la seconda si fa
riferimento essenzialmente ai grafici.
Ecco, quindi, che un analista fondamentale si concentra sulla teoria economica e sui
relativi metodi contabili, econometrici e statistici: si tratta di un approccio che, come
si può intuire, si basa su un arco temporale maggiore rispetto all’orizzonte
dell’analisi tecnica.
Per esempio, gli strumenti dell’analisi tecnica possono essere utili a un analista
fondamentale per dargli la possibilità di capire quand’è il momento più adatto per
un ingresso sul mercato. D’altro canto, un analista tecnico può decidere di usare,
oltre ai segnali tecnici, anche i fondamentali economici, magari capendo se il
suggerimento a vendere che può provenire da un pattern tecnico su un grafico è
supportato anche dai dati fondamentali.
Le caratteristiche e le differenze
Non rimane, a questo punto, altro da fare che prendere in esame le altre differenze
e le altre caratteristiche dei due tipi di analisi, a partire dall’importanza del timing:
questo elemento, che è molto significativo per un trading di successo, può essere
inteso come il tempo migliore per entrare in posizione sul mercato. Con un timing
giusto, lo stop loss che ne può derivare è molto contenuto, il che corrisponde a una
possibilità di vincita maggiore e a una riduzione delle perdite.
Lo studio dei grafici (e quindi l’analisi tecnica) permette di capire i livelli chiave del
timing. Un altro fattore che merita di essere preso in considerazione è lo sconto, da
intendersi come incorporamento (e non come riduzione del prezzo di acquisto), nel
senso che l’analisi fondamentale è incorporata nell’analisi tecnica: in altri termini,
all’interno dei grafici sono inclusi tutti gli elementi dell’analisi fondamentale (quelli
che abbiamo citato prima: gli eventi politici, le crisi economiche, e così via). Ciò vuol
dire che ci si può focalizzare unicamente sui grafici, tagliando un certo numero di
variabili.
Ultimo ma non meno importante aspetto è quello che ha a che fare con la facilità di
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reperire informazioni: molte notizie, infatti, sono difficili da trovare, il che complica
il compito di un analista fondamentale, a maggior ragione se si tratta di un
investitore comune. Non bisogna, comunque, commettere l’errore di credere che
per gli investimenti a lungo termine si debba optare per l’analisi fondamentale
mentre per gli investimenti a breve termine si debba optare per l’analisi tecnica: una
suddivisione in compartimenti stagni di questo tipo non è fruttuosa né corretta,
visto che con gli opportuni accorgimenti e le opportune conoscenze entrambe le
tecniche si possono rivelare utili sul breve, sul medio e sul lungo termine.
Quel che è certo è che tutti e due i punti di vista garantiscono dei vantaggi: seguire i
segnali macro-economici senza tenere in considerazione quelli tecnici sarebbe un
atteggiamento estremista privo di senso (e, chiaramente, vale anche il viceversa)
che porterebbe a privarsi senza motivo di informazioni utili.
Il segreto di un trader, quindi, è quello di conoscere sia l’analisi tecnica che l’analisi
fondamentale, per padroneggiare entrambe e utilizzare di volta in volta quella che
reputa più adatta alle circostanze.
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4 - Le candele giapponesi
Le candele giapponesi sono strumenti impiegati di frequente nell’analisi dei mercati
forex in virtù della grande affidabilità che li contraddistingue.
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Ogni candela è composta dal main body e dalle shadows (o, se si intende usare la
terminologia giapponese, dal jittay e dalle kage): il primo è il corpo che deriva
congiungendo il prezzo di apertura e il prezzo di chiusura; le seconde non sono altro
che le linee sottili che congiungono il main body con il massimo e il minimo di
seduta. Si parla diuwakage e di shitakage per identificare l’upper shadow (cioè il
collegamento tra il body e il massimo di seduta) e il lower shadow (cioè il
collegamento tra il body e il minimo di seduta).
Le candele assumono colori differenti in base alle caratteristiche della seduta (se è
positiva, la chiusura del mercato è maggiore rispetto all’apertura, mentre se è
negativa la chiusura del mercato è inferiore rispetto all’apertura): i colori più usati,
come detto appena sopra, sono il verde o il bianco (per le candele rialziste) e il rosso
o il nero (per le candele ribassiste).
In alcuni casi, comunque, le ombre possono anche essere assenti, nel momento in
cui il prezzo di apertura e di chiusura corrisponde al valore più alto o più basso che si
nota nel timeframe. Per capire un candlestick è necessario sapere che la candela è
formata dal cosiddetto real body, cioè un corpo centrale all’interno del quale si
concentrano le rilevazioni di prezzo che si trovano tra il prezzo di apertura e il prezzo
di chiusura. Se il corpo centrale è lungo, vuol dire che si è in presenza di una
volatilità elevata, e – di conseguenza – di oscillazioni del prezzo alquanto
significative.
I pattern principali
Nel corso del tempo sono stati censiti centinaia di pattern diversi, ovvero di
forme/formazioni di candele che, almeno a livello statistico, tendono a prevedere il
futuro trend. Qui sotto ne vediamo alcuni (ad una, due o tre candele):
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Infine, un trend con candele che tendono ad assottigliarsi fino a terminare con
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una doji, ovvero una candela dove l’apertura e la chiusura sono praticamente sullo
stesso prezzo, è spesso un ottimo segnale di inversione.
In sostanza, se per gli indicatori non ci sono limiti dal punto di vista dei valori che
possono essere raggiunti, gli oscillatori si mantengono sempre dentro una fascia ben
precisa: nel momento in cui vengono toccate delle zone estreme, sono messe in
evidenza condizioni di forza rispetto all’andamento dei prezzi.
Gli oscillatori sono, in un certo senso, le basi che permettono di dare vita alle
strategie di trading: volendo, possono essere integrati senza problemi con altri
strumenti e rappresentare il filtro di strategie di altro genere.
Le medie mobili
Le medie mobili sono indicatori costituiti da linee che seguono i prezzi: la media dei
prezzi in un certo arco di tempo permette di riassumere il movimento dei prezzi
stessi.
A seconda dei casi, si parla di medie mobili esponenziali e di medie mobili semplici:
le prime danno maggior valore ai prezzi più recenti, mentre le seconde assegnano lo
stesso valore a tutti i prezzi, a prescindere dalla loro distanza nel tempo. Per le
medie semplici si parla anche di SMA, acronimo di Simple Moving Average, mentre
per le medie esponenziali si parla anche di EMA, acronimo di Exponential Moving
Average.
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Le medie mobili possono essere usate da sole o in coppia. Nel primo caso nel grafico
finisce una media mobile sola e si verifica quando il prezzo la supera o comunque le
si avvicina: il trend cambia nel momento in cui incrocia al ribasso o al rialzo. Più la
media mobile è lenta, e quindi più alto è il numero dei periodi, più gli incroci
(o crossover) sono rari. Se si sceglie di adoperare una coppia di medie mobili, invece,
il cambio di tendenza viene indicato nel momento in cui la media veloce e la media
lenta si incrociano in una direzione.
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Tra le due medie mobili si viene a creare uno spazio che prende il nome di area di
resistenza dinamica: in sostanza, quando il prezzo giunge nei pressi di quest’area
viene respinto e dà origine a delle candele con delle ombre nella parte superiore; in
alternativa, può succedere che i prezzi si comprimano, e in questo caso le candele
formate dal prezzo saranno molto schiacciate, con ombre sia sotto che sopra.
Le bande di Bollinger
Anche le bande di Bollinger sono indicatori che vengono impiegati nel forex: la loro
funzione è quella di misurare la direzione e la volatilità dei mercati. Si tratta di
indicatori di analisi tecnica molto popolari: non servono a prevedere in quale
direzione andranno i mercati, ma solo a individuare periodi di alta volatilità o
periodi di bassa volatilità.
Il loro nome deriva da quello del loro creatore, John A. Bollinger, che le ha inventate
negli anni Ottanta prendendo spunto dall’intuizione che nei mercati la volatilità non
è statica, come si era ritenuto fino a quel momento, ma dinamica. Le bande di
Bollinger si basano, in sostanza, su tre curve, che vengono disegnate in funzione
dell’andamento dei prezzi. I trend di medio termine vengono misurati dalla Media
Mobile Lineare, che corrisponde alla banda centrale; ci sono, poi, la banda
superiore, per calcolare la quale è necessario sommare due volte la deviazione
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standard alla Media Mobile Lineare, e la banda inferiore, per calcolare la quale è
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necessario sottrarre due volte la deviazione standard alla Media Mobile Lineare.
La volatilità è tanto più elevata quanto maggiore si rivela l’ampiezza delle bande; da
ciò si deduce che la volatilità è in diminuzione nel momento in cui si ha a che fare
con bande convergenti. Si ricorre alle bande di Bollinger, di solito, per definire
i livelli massimi e i livelli minimi di un cross: in pratica, quando il valore del cross
raggiunge la banda inferiore si decide di comprare, mentre quando arriva alla banda
superiore si decide di vendere.
Se le bande sono ampie, i prezzi sono volatili e variabili, dunque; è probabile, invece,
che si verifichi un improvviso cambiamento del prezzo se le bande si assottigliano.
Una flessione dei prezzi è prevedibile quando i prezzi toccano la banda superiore, in
quanto è ipotizzabile un rimbalzo interno alla banda: tanto più la banda superiore è
forzata dai prezzi, quanto più realistico diventa il segnale di ribasso. Il suggerimento,
in casi come questi, è quello di chiudere le posizioni aperte e di non aprirne di
nuove. Una crescita dei prezzi, invece, è prevedibile in presenza di un andamento in
senso opposto delle curve, con i prezzi stessi che toccano la banda inferiore.
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Fibonacci 35
I ritracciamenti di Fibonacci possono essere annoverati tra gli indicatori più
utilizzati: molto diffusi nell’ambito dell’analisi tecnica, sono sfruttati allo scopo di
ipotizzare l’andamento dei prezzi.
I ritracciamenti sono valori ben precisi: 23.6, 38.2, 50, 61.8, 76.4 e 100. Sarebbero
dei valori percentuali, anche se il simbolo della percentuale di solito non viene
messo per comodità. Il livello di 76.4, a dir la verità, nella maggior parte dei casi non
viene preso in considerazione, perché è ritenuto di poca importanza. I ritracciamenti
vengono disegnati tenendo come riferimento un trend dominante, che
contraddistingue l’andamento della quotazione sia dal punto di vista dell’intervallo
di tempo preso in considerazione che dal punto di vista del range di prezzi.
Una volta che è stato definito il picco oltre cui il prezzo ha iniziato a scendere, si
possono disegnare i ritracciamenti. Come detto, nelle piattaforme su cui si trada il
tracciamento è automatico, e bisogna unicamente specificare il massimo e il minimo
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MACD 37
Anche il MACD è uno degli indicatori che vengono impiegati nel forex: si tratta
dell’acronimo di Moving Average Convergence Divergence e segnala la convergenza
e la divergenza di una coppia di medie mobili, allo scopo di produrre segnali di
vendita o di acquisto. Se le linee delle due medie mobili si avvicinano
progressivamente e finiscono per incrociarsi, si parla di convergenza; se, invece, le
linee si allontanano l’una dall’altra, si parla di divergenza.
Va detto che il MACD non può essere utilizzato per stabilire i livelli di ipervenduto o
di ipercomprato, ma può essere usato in modo efficace allo scopo di capire in che
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modo una posizione può essere aperta, facendo riferimento alla Signal Line (o linea
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di segnale, a seconda di come la si voglia chiamare). Se la Fast Line attraversa la
linea dal basso verso l’alto, si è in presenza di un segnale di acquisto; se, invece, la
attraversa dall’alto verso il basso, si è in presenza di un segnale di vendita.
RSI
Un altro degli indicatori utili nell’ambito del forex è l’RSI, acronimo di Relative
Strength Index: vi si ricorre allo scopo di misurare il cambiamento di un prezzo e,
quindi, per capire se il cross è in una situazione di ipervenduto o di ipercomprato. In
Italia viene anche definito come indice di forza relativa: simile all’oscillatore
stocastico, di cui parleremo tra poco, si basa su un periodo standard di 14, ma può
essere impostato anche secondo altri parametri; nel momento in cui si aumenta il
numero di periodi, si hanno curve meno evidenti e un indicatore meno reattivo. È
sconsigliato, comunque, fare riferimento e periodi troppo bassi o troppo alti, perché
in circostanze del genere c’è il rischio che salga il numero di falsi positivi. Sul grafico,
l’RSI non è altro che una linea che oscilla tra 0 e 100.
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L’oscillatore stocastico 40
L’oscillatore stocastico è, per l’appunto, un oscillatore che definisce i minimi e i
massimi del mercato: vi si ricorre allo scopo di identificare le situazioni di
ipervenduto e di ipercomprato. Il valore dell’oscillatore stocastico, di solito, è
compreso tra 0 e 100: la situazione è di ipervenduto quando le linee sono sotto il
20, mentre è di ipercomprato quando le linee sono sopra l’80. Ciò non toglie che, in
casi specifici, tali parametri possano essere leggermente variati per adattarsi alle
circostanze.
tempo e il prezzo di chiusura più recente. La formula per calcolare la slow stochastic,
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invece, è % D line = media mobile (% K).
Si tratta, infatti, semplicemente di una media mobile, il cui fine è quello di filtrare i
movimenti e le variazioni della fast stochastic, per generare un effetto di crossover.
La fast stochastic, in pratica, è la percentuale del prezzo di chiusura. Se lo stocastico
si trova nel range 0-20, la situazione è di ipervenduto: la posizione, tuttavia,
potrebbe cambiare presto, e quindi si potrebbe avere a che fare con una inversione
rialzista. Se lo stocastico si trova nel range 20-80, la situazione è di oscillazione: si
può parlare di una fascia neutra, e spetta al trader valutare come potrebbe
continuare il trend. Infine, se lo stocastico si trova nel range 80-100, i prezzi sfiorano
i massimi, ed è normale attendersi un’inversione ribassista.
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Anche nel forex, così come nelle altre realtà finanziarie, i mercati si basano
interamente sui trend: è questo il motivo per cui il fallimento o il successo di un
investimento dipendono anche dalla capacità di capire se si è in presenza di una fase
ribassista o di una fase rialzista del mercato.
Il primo passo per chi si avvicina al mondo del forex, magari con un occhio di
riguardo allo studio dell’analisi tecnica, è proprio quello di imparare a identificare i
trend, ricordando che il detto “Trend is your friend” è più vero di quel che si possa
immaginare. Partendo dal presupposto che sono i trend di lungo periodo – i
cosiddetti secular trend – a dover essere studiati in modo approfondito, ecco che i
trend da cui dipende il movimento dei prezzi nascono e muoiono anche a causa
della psicologia di mercato.
Si parla invece di mercato laterale quando il trend non sembra avere una direzione
precisa, e si muove quindi in un range da sinistra a destra.
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Il secular trend
Se, a meno di eccezioni, il trend primario dura non più di un paio di anni, diverso è il
discorso per un secular trend, che invece può arrivare fino a trent’anni: ecco perché
al suo interno si possono riconoscere vari trend primari. Il secular trend è facile da
individuare, visto che si caratterizza per un timeframe particolarmente ampio.
Nel caso dell’indice S&P 500, per esempio, possiamo osservare un trend (crescente)
dalla durata quasi ventennale, dalla metà degli anni 1980 fino al 2000.
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L’oscillatore stocastico, che può avere un valore da 0 a 100, può essere sfruttato per
ipotizzare la fine di un trend, visto che indica le situazioni di iper-venduto (quando il
mercato potrebbe cominciare a salire, quindi) o di iper-comprato (quando il mercato
potrebbe cominciare a scendere, quindi). Ci si trova in una fase di iper-comprato
quando l’oscillatore è al di sopra del valore 80, mentre ci si trova in una fase di iper-
venduto quando l’oscillatore è al di sotto del valore 20.
I trend intermedi
Oltre ai trend primari e ai secular trend per operare nel forex è importante anche
imparare a identificare i trend intermedi, che sono quelli che
subiscono cambiamenti improvvisi e frequenti: di solito, infatti, essi sono la
testimonianza delle reazioni dei trader rispetto agli avvenimenti politici o economici
più recenti.
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Per esempio, il discorso del governatore di una banca nazionale può innescare delle
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reazioni che si traducono in un’inversione di un trend intermedio. In genere i trend
primari, al di là del fatto che siano ribassisti o rialzisti, al proprio interno contengono
non meno di due o tre cicli di trend intermedi: ciascuno di essi ha una durata che va
dalle due settimane ai due mesi.
I supporti, in particolare, sono quei livelli di prezzo in occasione dei quali in genere si
verifica un blocco del trend al ribasso dei prezzi: la tendenza discendente viene
arrestata dalla concentrazione di acquisti che avviene nei pressi di quel livello di
prezzo. Le resistenze, d’altro canto, sono quei livelli di prezzo in occasione dei quali
si verifica un blocco del trend al rialzo dei prezzi: la tendenza rialzista viene arrestata
dalla concentrazione di vendite che avviene nei prezzi di quel livello di prezzo.
Il supporto, dunque, è un’area o un livello del grafico in cui la pressione dei venditori
viene superata dall’interesse dei compratori: il ribasso, pertanto, si ferma e i prezzi
tornano ad aumentare. La resistenza, invece, è un’area o un livello del grafico in cui
l’interesse dei compratori è superato dalla pressione dei venditori: ecco perché il
rialzo viene invertito.
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Test e rotture 47
Più un supporto o una resistenza vengono “testati”, ovvero toccati dal prezzo senza
essere oltrepassati, e più vengono considerati forti/affidabili dai trader.
Nel momento in cui avviene la rottura del supporto o della resistenza, si parla
di breakout: da quel momento in poi, è molto probabile che il supporto rotto diventi
resistenza, e che la resistenza rotti diventi supporto.
7 - Il money management 48
Come iniziare 49
La base per una strategia di successo è proprio il primo versamento: bisogna
ricordare che nel momento in cui sul conto viene caricato il denaro, questo resta
comunque di proprietà del trader. In altri termini, si può disporre di quel capitale
come si vuole, tenendo presente che i profitti sono il frutto del capitale a
disposizione e che in genere le piattaforme di forex erogano un bonus omaggio,
concesso al momento della registrazione, che dipende dall’importo del primo
deposito.
In effetti, non è detto che tutti i broker siano uguali: è importante saper scegliere
quello giusto in funzione dei propri interessi e delle proprie esigenze. Si immagini,
per esempio, di trovarsi a dover decidere tra un broker che impone un deposito
minimo di 100 euro e concede la possibilità di aprire una posizione con appena 10
euro e un broker che impone un deposito minimo di 200 euro e concede la
possibilità di aprire una posizione con appena 5 euro.
La cautela non è mai troppa. Certo è che il forex costituisce un investimento ad alto
potenziale che si caratterizza per un certo rischio: per questo vanno investiti importi
di cui, anche in caso di perdita, si può fare a meno. Il che equivale a dire che nel
forex va investita solo una quota del capitale disponibile.
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Come guadagnare 50
Se si vuole avere la certezza di guadagnare seriamente in questo mercato, è
indispensabile stabilire una strategia sistematica in anticipo, tale da permettere di
ottimizzare e tenere sotto controllo tutti i parametri in gioco. È bene,
quindi, decidere a priori la cifra massima che si può investire per ciascuna
operazione, chiaramente facendo riferimento al lotto minimo negoziabile fissato dal
broker.
Se è vero che nel momento in cui un trader immette un’operazione è convinto che
quella operazione sia vincente e dunque destinata a produrre un guadagno, è
altrettanto vero che è opportuno non lasciarsi prendere dall’entusiasmo ed evitare
di investire troppo denaro.
In linea di massima, però, è meglio basarsi sulle percentuali: un conto è agire con un
limite massimo di 100 euro quando si ha a disposizione un capitale di 1000 euro, e
un conto è agire con un limite massimo di 100 euro quando si ha a disposizione un
capitale di 100.000 euro. Ecco perché il ricorso alla percentuale variabile è più
indicato, in quanto proporzionale alla cifra sul conto: un metodo che si caratterizza
per la sua flessibilità e che è in grado di adattarsi in modo ottimale alle circostanze
più diverse.
Sempre a proposito di percentuali, una buona norma è quella di non rischiare mai
una percentuale superiore al 30% in un giorno solo: una serie di investimenti
negativa, infatti, sarebbe difficile da gestire, oltre che dal punto di vista del
portafoglio, anche sul piano psicologico.
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Per minimizzare i rischi, d’altro canto, è utile anche ricorrere a stop loss
protettivi tali da contenere le perdite potenziali per ciascuna operazione:
chiaramente non si può esagerare, perché in ogni caso lo stop loss deve assicurare
un certo margine di manovra. In medio stat virtus: da evitare sia gli stop loss troppo
ampi che quelli troppo stressi. Per capire qual è quello giusto, però, c’è bisogno di
esperienza.
Nel forex è lo stesso: non si può pensare di saltare da una strategia a un’altra non
appena le cose vanno diversamente da come ci si aspetta, poiché la perseveranza e
la disciplina sono destinate a premiare.
Un altro aspetto che va valutato con attenzione è la gestione dei prelievi. Nel caso
in cui i profitti dovessero accumularsi e i guadagni dovessero salire in modo
consistente, il denaro dovrebbe essere prelevato subito o investito di nuovo? La
parola d’ordine è, sempre e comunque, disciplina.
Inoltre, c’è bisogno di programmazione: per questo può essere utile realizzare un
foglio di lavoro su Excel su cui segnare il livello del capitale settimana dopo
settimana, in modo tale da avere il pieno controllo sulla propria attività di trading e
sul suo andamento. Così, visualizzando la differenza tra il capitale iniziale e il capitale
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finale considerata in un certo arco di tempo (una settimana, un mese, e così via), si
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può capire quali profitti possono essere prelevati.
Gli esperti raccomandano di prelevare, una volta al mese, una quota compresa tra il
30 e il 70% dei profitti ottenuti nelle quattro settimane precedenti. Attenzione: si sta
parlando, ovviamente, di una quota dei profitti netti, e cioè dei guadagni ottenuti
rispetto al capitale iniziale. Vietato, insomma, riferire la quota al capitale
complessivo. Il trading, in conclusione, è tutt’altro che un gioco: deve essere
considerato come un lavoro, e in quanto tale esige un trading plan specifico, che si
basi su analisi di dati, studi e ricerche.
Il tempo, infine, è un alleato e non un nemico: vietato avere fretta, perché è sul
lungo termine che si vedono i risultati.
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Abbiamo già messo in evidenza in precedenza che nel trading forex la psicologia
svolge un compito più importante di quel che si possa immaginare: il successo o
l’insuccesso sul mercato, infatti, non dipendono unicamente dalle strategie che si
scelgono e dai sistemi che si adoperano – fermo restando, ovviamente, che questi
elementi sono fondamentali – ma anche dall’approccio mentale del trader e, di
conseguenza, dalle sue reazioni rispetto ai risultati che ottiene e alle evoluzioni del
mercato.
È, questo, uno dei motivi per cui i sistemi di trading automatizzati da soli servono
poco o nulla: è inutile avere a disposizione un software pensando che faccia tutto da
solo.
saranno molto più bassi rispetto a quelli che si attendeva; nel peggiore dei casi, si
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troverà a fare i conti con perdite tutt’altro che esigue che lo condurranno allo
sconforto.
Non esiste un albero che trasformi le monete da 1 euro in banconote da 1000 euro,
e crederlo vuol dire lasciarsi abbindolare dal Gatto e dalla Volpe come Pinocchio.
Conoscere la psicologia del trading significa, tra l’altro, sapere come gestire il
proprio conto evitando di bruciarlo: non ci si deve far divorare dal desiderio
impellente di guadagnare, dall’urgenza di accumulare, dal bisogno di investire, a
maggior ragione se non si è ancora esperti del campo e se si è principianti.
Insomma, l’approccio più corretto non è quello di chi fa trading con la necessità
impellente di guadagnare, perché in una situazione del genere si sarebbe vittime di
una pressione emotiva da cui si verrebbe sopraffatti senza possibilità di reagire.
Ma cosa vuol dire essere avidi? In primo luogo, è avido chi non chiude la posizione e
non si assicura i profitti che ha guadagnato ritenendo di avere la fortuna – e
soprattutto il mercato – dalla propria parte.
L’altro lato della medaglia è la paura (fear): va bene non essere avidi, ma anche
essere pavidi è sbagliato. C’è una sola consonante in più, ma anche questo stato
d’animo – il timore di perdere i soldi, appunto – è nemico di chi vuole imparare a
gestire psicologicamente i guadagni. È chiaro che, soprattutto dopo alcuni trade
negativi in sequenza, la paura è pronta a bussare alla porta, ma è proprio in
circostanze come queste che bisogna farsi forza, avendo innanzitutto la certezza di
non rischiare più capitale del previsto.
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Sembra un paradosso dirlo, eppure i guadagni più consistenti sono quelli che
derivano da una gestione delle perdite adeguata. Cosa vuol dire? Molto
semplicemente, che quando si perde è essenziale cercare di perdere poco. Partendo
dal presupposto che non esiste alcuna formula vincente a cui fare riferimento,
bisogna essere consapevoli del fatto che il trading senza perdite non esiste ed è
inconcepibile.
Ovviamente, è opportuno imparare a gestire le perdite – oltre che dal punto di vista
economico, anche dal punto di vista psicologico – prima che queste si verifichino, e
non dopo. È inutile, infatti, chiudere la stalla dopo che i buoni sono scappati: molto
meglio, invece, essere preparati e pronti agli inevitabili eventi negativi con cui si avrà
a che fare nel corso del proprio percorso di trader.
Ecco, quindi, che la strategia migliore non è una strategia che fa vincere sempre –
dal momento che una strategia di questo tipo non esiste – ma è una strategia che
consente di capire immediatamente se c’è qualcosa che non va e se un’operazione è
sbagliata. Chi non è in grado di tenere sotto controllo le perdite si ritrova in crisi
perché non ha la minima idea di come comportarsi e di come agire: non sa se
chiudere una posizione o se perseverare, ma soprattutto è dominato mentalmente
dalla confusione e dal caos, che lo portano ad assumere decisioni sbagliate.
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Al di là dell’analisi dei dati, delle statistiche e dei grafici, sul piano dell’approccio
mentale è consigliabile non lasciarsi prendere dal panico e non fare un minestrone:
mettere insieme strategie diverse è un errore che porta a pessimi risultati.
La tenacia e la coerenza sono le doti più preziose in questo senso: una volta che si è
optato per una certa tecnica, occorre andare avanti con quella con la massima
convinzione, padroneggiandola e non cambiando idea al primo risultato negativo.
Si tratta, in sintesi, di captare tutti i “sintomi”, i segnali che devono far arrivare
all’intuizione che una certa posizione di trading deve essere chiusa: segnali che
possono comparire sia quando si è in guadagno che quando si è in perdita. Se è vero
che sono in molti i trader che sono in grado di capire la direzione del prezzo e di
ottenere guadagni interessanti, è altrettanto vero che sono molti di meno quelli che
hanno la capacità di chiudere la posizione nel migliore dei modi: insomma, la
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gestione dell’uscita da una o più posizioni è un compito più difficile di quel che si
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creda.
Per migliorare, c’è bisogno di studio e di disciplina, a patto che si mettano da parte
le due caratteristiche che abbiamo già menzionato: l’avidità di guadagni elevati da
un lato e la paura delle perdite dall’altro lato. Tra i segnali da tenere in
considerazione, il più importante è quello che permette di capire se il mercato in un
certo momento si trova nelle mani dei venditori o dei compratori: un cambio di
direzione venturo può essere segnalato da una candela hammer, così come da un
gap al ribasso (o al rialzo).
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Sono molti i vantaggi che inducono a operare nel forex: a cominciare, per esempio,
dalle basse commissioni. Ma è bene tenere conto anche della possibilità di tradare
con importi piccoli, di un mercato che è sempre aperto, della disponibilità di demo
gratuiti e, soprattutto, delle opportunità di guadagno di cui si può approfittare non
solo quando il mercato è in salita, ma anche quando il mercato è in discesa.
Le commissioni basse
Uno degli aspetti più interessanti a proposito del forex è che le commissioni che
vengono applicate dai broker sono piuttosto basse.
Sia i market maker che gli ECN offrono dei vantaggi: gli uni garantiscono la massima
libertà nel negoziare senza alcun limite; gli altri propongono, come detto, i reali
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Ecco perché si può sostenere senza timore di essere smentiti che il mercato delle
valute forex può operare a tutte le ore, a differenza di quel che accade su tutti gli
altri mercati finanziari. I trader hanno l’opportunità di operare quando e come
vogliono, in qualsiasi posto si trovino, sia di giorno che di notte, avendo bisogno
unicamente di una connessione a Internet.
Ciò non toglie il fatto, comunque, che il momento più indicato per tradare
corrisponda alle ore in cui il mercato è più attivo, vale a dire quando vengono a
sovrapporsi gli orari dei centri finanziari globali più importanti, così da generare
profitti consistenti per beneficiare dei movimenti nel mercato valutario.
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Tali conti replicano in tutto e per tutto il mercato reale: in sostanza chi apre un
conto “vero” su una piattaforma ottiene la possibilità di usare per un certo periodo
di tempo il conto demo per capire come funziona il mercato: con questo conto si
può fare trading usando denaro virtuale (e quindi non si perde nemmeno un
centesimo, anche sbagliando tutte le operazioni) ma avendo a che fare con prezzi di
vendita e prezzi di acquisto assolutamente reali.
Tanti sono i motivi per cui vale la pena di sfruttare gli account demo, a cominciare
dalla loro gratuità; in più, grazie ad essi si può lavorare per sviluppare e mettere alla
prova un sistema senza alcun rischio, dando origine a un piano di trading dopo aver
testato varie idee.
Questi sono, in sintesi, i principali vantaggi del forex. Ma ce ne sono molti altri, sia
chiaro: per esempio, il fatto che per iniziare sia più che sufficiente un capitale
iniziale basso; o la disponibilità di bonus offerti dalla maggior parte dei broker.
Ancora, va sottolineato che le piattaforme di forex di solito offrono degli strumenti
formativi – tutorial, video, contenuti informativi di vario genere – utili ai trader per
migliorare le proprie conoscenze e le proprie competenze in materia.
Infine, non si può non ricordare che il mercato del forex si caratterizza per una
notevole liquidità, frutto delle sue dimensioni molto grandi: il che significa che con
un solo clic, in condizioni di mercato normali, si può comprare (o vendere, a seconda
dei casi) all’istante la valuta che si desidera, poiché c’è sempre qualcuno che intende
accettare lo scambio. Restare bloccati in una posizione è praticamente impossibile.
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Eccoci giunti all’ultimo capitolo, e forse quello più importante e interessante, della
mia guida al forex: dopo tanta teoria, è arrivato il momento della pratica!
In questo articolo ti darò le mie opinioni su eToro, ovvero il broker che ho scelto di
utilizzare per iniziare a fare trading online.
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Il Social Trading
A differenza di tutti gli altri broker forex presenti online, eToro è un vero e proprio
social network, una sorta di “Facebook del trading”.
Ogni utente ha il suo profilo, può essere “seguito” (un po’ come su Twitter o
Google+) e ha un suo feed (nel quale sono presenti i suoi post e le discussioni a cui
partecipa): insomma, su eToro gli utenti discutono fra loro sulle strategie da mettere
in atto, su cosa comprare e cosa vendere, sui rumor e sulle news economiche e di
Borsa.
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Ma cosa molto più interessante, per ogni utente puoi conoscere le statistiche
mensili, la percentuale di operazioni redditizie, i mercati sui quali investe più
frequentemente e anche il “portafoglio pubblico”, ovvero le singole posizioni che
attualmente ha aperto e i mercati su cui sta negoziando!
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Il Copy Trading
Altra caratteristica che rende eToro particolarmente avvincente, è la possibilità
di copiare i trader che guadagnano di più.
Esatto, hai capito bene: se non capisci nulla di trading o di forex, oppure se non sei
molto pratico e hai paura a lanciarti subito sul mercato, puoi letteralmente copiare
le singole operazioni che effettuano i trader più bravi di eToro, persone che nel
tempo hanno dimostrato di riuscire ad ottenere performance e guadagni notevoli.
Copiare un trader è semplicissimo: basta decidere l’importo che vuoi investire sul
trader, e dal quel momento in poi ogni operazione che lui effettuerà verrà replicata
(con le dovute proporzioni percentuali) sul tuo account. Non dovrai pertanto stare
davanti al monitor tutto il giorno per decidere cosa fare, quando aprire e quando
chiudere le singole operazioni, ma farai lavorare il trader per te, e guadagnerei in
base alle sue operazioni chiuse positivamente.
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Una piccola curiosità: uno dei trader più famosi di eToro, copiato da più di 3.000
persone, è italiano: lo trovi sulla piattaforma con il nome di Jarodd76.
I CopyPortfolios
Una ulteriore evoluzione del già citato Copy Trading, è quella dei CopyPortfolios
((conosciuti in precedenza col nome di CopyFunds).
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Attualmente sono disponibili i Top Trader CopyFunds (una collezione di fondi che
include i migliori trader di eToro), i Market CopyFunds (basati su azioni, ETF o
materie prime) e i Partner CopyFunds (sviluppati da partner di eToro, che
conducono approfondite analisi di mercato per creare asset di investimento che
riflettono una strategia specifica).
Le Criptovalute
La piattaforma di eToro è stata fra le prime al mondo a permettere il trading in
criptovalute: oltre ai popolarissimi Bitcoin e Ethereum, su eToro puoi
tradare Ripple, Dash, Litecoin e Ethereum Classic.
Nel corso del tempo sono state aggiunte tante altre cryptocurrency popolari, come
ad esempio Bitcoin Cash, Cardano, IOTA, Stellar, EOS, NEO, TRON, ZCASH e Binance
Coin.
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I Vantaggi di eToro
Ti ho già parlato del Social Trading, del Copy Trading e dei CopyFunds,
caratteristiche che da sole rendono eToro una piattaforma unica nel suo genere.
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Cosa più importante, puoi iscriverti gratuitamente ed iniziare a far pratica con
un conto demo da $ 100.000,00. Sì, hai capito bene: senza spendere nulla puoi fare
operazioni sul forex e sull’azionario con un conto virtuale da 100.000 dollari,
perfettamente identico al conto reale. In questo modo, puoi capire pian piano come
funzionano i mercati e solo quando ti sentirai davvero pronto potrai metterci “soldi
veri”. Perché non provi anche tu a guadagnare con eToro?
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Non è emessa da una banca centrale e non esiste sotto forma fisica (di moneta o di
banconota): è creata, detenuta e spesa solo elettronicamente.
Il bitcoin non è unico nel suo genere: esistono decine, anzi centinaia
di altcoin (ovvero criptovalute alternative) tradabili, e di 14 di queste parleremo in
coda a questa guida.
Puoi lavorare con i trend, i supporti e le resistenze. Puoi usare gli stessi indicatori e
oscillatori.
Personalmente amo i grafici puliti e propendo quindi per utilizzare qualche media
mobile più l’RSI.
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È il concetto di HODL: il termine, emerso per la prima volta su un forum nel lontano
Dicembre 2013, non è altro che un errore di digitazione della parola hold, che –
nell’ambito del trading – significa “tenere” (ovvero acquistare e non vendere): HODL
è oggi uno dei termini più popolari all’interno della comunità Bitcoin.
Ovviamente nessuno ti impedisce di tradare le crypto sia long che short, con leva o
senza, su base giornaliera o settimanale…
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Personalmente preferisco tradare le monete più “serie”, che hanno una maggior
capitalizzazione di mercato. Nello specifico, concentro la mia attenzione su queste
15:
Bitcoin (BTC)
Ethereum (ETH)
Ripple (XRP)
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Su Ripple c’è una enorme attenzione da parte di molti membri della community
crypto, i quali pensano che il prezzo possa letteralmente esplodere nel breve
periodo arrivando alla incredibile cifra di 589 dollari.
Bitcoin Cash, infatti, si è attestata stabilmente al quarto posto della classifica delle
monete virtuali.
Litecoin (LTC)
È una valuta digitale peer-to-peer che permette pagamenti istantanei quasi a zero
costo a favore di un destinatario, ed è anche una rete di pagamenti globali, open
source, pienamente decentralizzata e senza autorità centrale.
Litecoin vanta una maggiore frequenza nella conferma delle transazioni e una
migliore efficienza nella conservazione dei dati (rispetto al Bitcoin), ed è
attualmente al quinto posto in classifica.
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EOS (EOS)
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È la moneta nativa del più grande exchange mondiale di criptovalute (per volume
d’affari).
Binance Coin viene utilizzata per pagare le commissioni all’interno della piattaforma,
ed ha subito una formidabile ascesa fino ad arrivare al settimo posto delle crypto a
maggior volume.
Stellar (XLM)
È una piattaforma che collega banche, sistemi di pagamento e persone, pensata per
spostare denaro in modo rapido, affidabile e quasi senza costi.
Cardano (ADA)
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TRON (TRX)
Più che una valuta è un protocollo open source per il settore dell’intrattenimento
digitale globale.
Dash (DASH)
IOTA (MIOTA)
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Anche in questo caso siamo in presenza di un fork, ovvero di una valuta che nasce
da una costola di un fratello maggiore.
Ethereum Classic ha visto la luce a Luglio del 2016, e pur avendo una capitalizzazione
inferiore rispetto ad Ethereum è stabilmente nella top 20.
NEO (NEO)
È un progetto open source che, usando una network distribuito, mira a creare e
diffondere la “Smart Economy”.
NEO è stata la prima moneta virtuale lanciata in Cina, ed è attualmente fra le prime
20 crypto a livello mondiale.
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Zcash (ZEC)
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