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All content following this page was uploaded by Paola Milani on 07 April 2019.
La genitorialità vulnerabile
e la recuperabilità dei genitori
di Sara Serbati*, Paola Milani**
Minorigiustizia, n. 3-2012
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Copyright © FrancoAngeli
N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi
mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.
S. Serbati, P. Milani
loro reti sociali che, quasi sempre, si può promuovere ben-essere per i
bambini2.
In seguito a queste trasformazioni si sono dunque aperte nuove frontiere del-
l’intervento, che interrogano profondamente in particolare coloro che operano
sulla questione della valutazione e recuperabilità delle competenze parentali3.
Le trasformazioni culturali, come spesso accade, faticano però a dare vita a
conseguenti trasformazioni tecnico-operative. Perché, infatti, le culture e i mo-
delli teorici possano trasformarsi in pratiche, sono necessari alcuni passaggi in-
termedi che riguardano innanzitutto la formazione dei professionisti chiamati a
mettere in atto tali pratiche e la disponibilità di buoni strumenti operativi.
Se oggi solo in pochi oramai ritengono che, nei processi di protezione e
tutela, è il solo bambino il soggetto di intervento, nella pratica spesso consta-
tiamo che i genitori restano fuori dalla porta. Spesso, per esempio, se il bam-
bino è collocato in comunità, i genitori vengono invitati ad alcuni colloqui
clinici e/o sociali, ma raramente sono coinvolti in un reale processo di riuni-
ficazione familiare che includa visite e incontri nei quali essi vengano soste-
nuti in un concreto percorso di riappropriazione delle competenze genitoriali.
Raramente sono a conoscenza del progetto che li riguarda, dei tempi, delle
azioni, degli obiettivi stabiliti per loro, quasi mai con loro, in quanto è assai
improbabile che possano partecipare alle decisioni che vengono prese, nelle
quali restano oggetti di valutazione piuttosto che soggetti della valutazione
che li riguarda in prima persona.
Raramente cioè gli operatori dei servizi pubblici, per i quali questo do-
vrebbe invece essere compito specifico, utilizzano l’intervento come palestra
in cui effettuare anche la valutazione e sfruttano appieno l’opportunità, che è
loro offerta, di intrecciare l’intervento di sostegno alle competenze parentali
alla valutazione delle stesse, in prospettiva dunque anche formativa e non so-
lo clinica. In questo approccio, definito della valutazione formativa4, non si
considera il genitore da valutare come un topo in laboratorio a cui sommini-
strare una serie di test, né si intende il recupero delle competenze parentali
come un mettere a nuovo, quasi come se i genitori fossero simili ad una bici-
cletta usata che è necessario rimettere in funzione.
La genitorialità non è, infatti, una qualità che si acquisisce automaticamen-
te nel momento in cui si diventa genitori, essa è piuttosto una funzione psi-
chica della persona umana5. E non esiste un solo modo di fare i genitori. Co-
2. R. Willis, S. Holland, “Life story work Reflections on the experience by looked after
young people”, Adoption & fostering, 1999, n. 33 (4), pp. 44-52.
3. S. Stefano, P. Di Blasio. La famiglia maltrattante: diagnosi e terapia, Cortina, Milano
1989.
4. A. Bondioli, M. Ferrari, Verso un modello di valutazione formativa. Ragioni, strumenti e
percorsi, Edizioni Junior, Bergamo 2004.
5. C. Sellenet, La parentalité décryptée. Pertinence et dérives d’un concept, L’Harmattan,
Paris 2007.
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La genitorialità vulnerabile e la recuperabilità dei genitori
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lazione con i figli e il livello di rischio vissuto dai bambini che vivono situa-
zioni di vulnerabilità7.
Ma è proprio l’instabilità e l’incertezza delle situazioni in cui lavorano gli
operatori a rendere fuorviante il pensare di poter fondare le proprie decisioni su
una verità oggettiva, talmente oggettiva da poter garantire una rappresentazione
unica e talora persino numerica al discorso sulla recuperabilità dei genitori.
Se sappiamo che l’utilizzo di strumenti standardizzati non può in alcun
modo garantire l’oggettività e l’imparzialità delle valutazioni, tuttavia esso
può supportare i professionisti e le famiglie nella ricerca di quel consenso in-
tersoggettivo che è la base per un processo consapevole e condiviso di presa
di decisione.
Il rischio è di utilizzare gli strumenti standardizzati come portatori di un’u-
nica verità, in cui si scambia la rappresentazione da essi fornita per l’unica
rappresentazione possibile, dando inconsapevolmente credito a interpretazio-
ni impressionistiche e non approfondite, che possono essere svolte sulla base
di pre-giudizi, ai quali si finisce, paradossalmente, per attribuire un’aura di
verità scientifica. Infatti, anche gli strumenti standardizzati, per essere utiliz-
zati positivamente, necessitano di lavoro interpretativo che attribuisca senso
ai dati raccolti e li faccia parlare. L’utilizzo di tali strumenti necessita quindi
di un’adeguata riflessione e di una pluralità di fonti di informazione.
È più probabile incorrere in questo rischio quando si lavora in un ambito
in cui, trovandosi di fronte a situazioni di trascuratezza, negligenza o maltrat-
tamento dei bambini, si può essere portati a schierarsi dalla parte dei bambini
contro quei “cattivi genitori”, che non sono in grado di fare il bene dei propri
figli8. Il sapere tecnico rischia quindi di diventare strumento per corroborare
una lettura delle relazioni della famiglia che usa come riferimento non del
tutto consapevole un modello ideale, che conferma i pre-giudizi degli opera-
tori sui “cattivi genitori” piuttosto che costruirne una narrazione, se non og-
gettiva, almeno intersoggettiva.
L’investimento nelle analisi effettuate dagli operatori sociali rispetto alla
situazione della famiglia (assessment) è dunque molto importante e richiede
la capacità di astenersi da modelli precostituiti di “buon genitore”, in quanto
il confronto con un modello ideale risulterà sempre deficitario per genitori e
figli le cui relazioni sono situate in contesti reali, spesso difficili.
Il sapere tecnico incorre, infatti, nel rischio di sottovalutare il valore del
percorso del diventare genitori, prevedendo un tempo per raccogliere fatti ed
evidenze sulla situazione dei genitori nel qui e ora, tali da dare valore e cre-
dito alla decisione rispetto a possibilità e modalità di recupero delle compe-
tenze genitoriali. Al centro qui c’è l’operatore, la sua opinione di esperto, in
quanto la conoscenza non è condivisa, ma sta nel discorso dei servizi.
7. Ordine degli Psicologi, Regione Emilia Romagna, Buone pratiche per la valutazione del-
la genitorialità: raccomandazioni per gli psicologi, Pendragon, Bologna 2009.
8. S. Cirillo, Cattivi Genitori, Cortina, Milano 2005.
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S. Serbati, P. Milani
11. P. Milani, S. Serbati, M. Ius (a cura di), Pippi: Guida operativa, Dipartimento di Scien-
ze dell’Educazione, Università di Padova, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, mar-
zo 2011, Documento interno ad uso degli operatori coinvolti nella sperimentazione nazionale.
Raffaele Tangorra e Adriana Ciampa del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sono i
responsabili della sperimentazione nazionale.
12. J.M. Bouchard, “Famille et savoirs à partager: des intentions à l’action”, in Apprentisa-
ge et socialisation, 1999, n. 19 (2), pp. 47-57.
13. C. Sellenet, La parentalité décryptée…, cit.
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La genitorialità vulnerabile e la recuperabilità dei genitori
4. Un modello multidimensionale
Per mettere in pratica la metodologia della valutazione formativa, LabRief
ha articolato un modello multidimensionale triangolare denominato Il Mondo
del Bambino (Fig. 1)14, costruito a partire dalle varie esperienze internazionali
relative all’Assessment Framework inglese15. Tale modello intende offrire
un supporto per gli operatori per giungere a una comprensione olistica dei
bisogni e delle potenzialità di ogni bambino e di ogni famiglia.
14. P. Milani, S. Serbati, M. Ius, Pippi Programma di Intervento Per la Prevenzione dell’I-
stituzionalizzazione - Guida operativa, Università di Padova e Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali, 2011.
15. R. Parker, H. Ward, S. Jackson, J. Aldgate, P. Wedge, Looking after children: Asses-
sing Outcomes in Child care, Hmso, London 1999.
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La genitorialità vulnerabile e la recuperabilità dei genitori
tra scuola e servizi. A questo proposito Ombretta Zanon sottolinea che la re-
lazione scuola e servizi sia difficile da realizzare, proponendo l’adozione di
strumenti integrati per la valutazione e la progettazione, che raccolgano e in-
tegrino i punti di vista di tutti i soggetti attivi con diversi ruoli nella situazio-
ne16.
Il modello multidimensionale Il Mondo del Bambino può diventare quindi
una piattaforma di discussione non solo con i genitori, ma anche con la
scuola e tutti i soggetti del contesto, per la ricerca di soluzioni condivise che
consentono il ben-trattamento del bambino, definito come “insieme dei com-
portamenti educativi dei genitori e di tutta la collettività, volti all’adattamen-
to armonioso del bambino alle condizioni di vita che prevalgono nella col-
lettività”17.
Il Mondo del Bambino si propone come un canovaccio attraverso cui scri-
vere con i genitori le vie che possono garantire il soddisfacimento dei bisogni
evolutivi del bambino. Queste non sono riconducibili ad un unico standard,
in quanto ne esistono molte che possono garantire ai genitori di “fare i geni-
tori”, anche con il supporto delle persone che costituiscono l’ambiente di vita
della famiglia, perché, per poter soddisfare i bisogni di crescita dei bambini
non è sempre necessario che i genitori sappiano rispondere autonomamente a
tutte le richieste di sviluppo provenienti dal bambino. Il bambino cresce bene
anche se può contare su diverse figure tutrici del proprio sviluppo18.
Ciò che importa è riflettere e definire insieme le molteplici strade con cui
poter esercitare la genitorialità. Su ognuna di queste strade i genitori non so-
no lasciati da soli, ma possono contare sull’aiuto e sul supporto delle altre
persone che sono interessate e coinvolte nella costruzione del benessere del
bambino. E il modello viene in aiuto nell’accompagnare genitori e operatori
nel pensare e nell’individuare tutte le risorse che aiutano o possono aiutare a
far crescere e a “educare bene” un bambino.
Inoltre, le strade da percorrere quando si è genitori sono lunghe, e chiedo-
no di non fermarsi, ma di continuare a riflettere sulle modalità più adeguate
con cui i genitori possono fare i genitori, modalità che nel tempo possono
cambiare, migliorare o deteriorarsi. L’importante è, almeno, far sì che il geni-
tore possa essere reso partecipe delle scelte che riguardano la vita del figlio e
garantirgli lo spazio per esprimere il proprio protagonismo.
16. O. Zanon, “Il progetto educativo tra famiglie, scuole e servizi”, in questo stesso fasci-
colo, pp. 212-221.
17. B. Terrisse, “De la bientraitance à la maltraitance: une mince ligne rouge…”, in H. De-
smet, J.P. Pourtois (a cura di), Culture et bientraitance, de Boeck, Bruxelles 2005, pp. 19-23.
18. P. Milani, M. Ius, Sotto un cielo di stelle. Educazione, bambini, resilienza, Cortina, Mi-
lano 2010; B. Cyrulnik, I brutti anatroccoli, Frassinelli Editore, Firenze 2002.
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