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PROPOSTE
GIACOMO BENEDETTI
“[Il termine] ‘Ù∑i’ [deriva] dal vedere (d¤ß-). «Ha visto gli inni di
lode» [affermò] Aupamanyava.”
L’autore Yāska fa derivare ¤∑i- dalla radice d¤ß-, ‘vedere’, riportando
l’autorità di un maestro detto Aupamanyava (nome che indica anche i
membri di una scuola dello Yajurveda). Questa citazione rivela che
tale etimologia era già sostenuta da altri, sulla base della tipica
affermazione dei Brāhmaˆa per cui un Ù∑i ‘ha visto’ (dadarßa) le
strofe degli inni (stoma-) rivolti agli dèi. Da un punto di vista
linguistico, tale etimologia è insostenibile, oltre che per l’assenza della
dentale iniziale di d¤ß- in ¤∑i-, per la diversa natura della sibilante (∑ è
cerebrale, ß palatale).
D’altronde, lo stesso testo presenta subito dopo un’etimologia
alternativa, con la citazione di un passo che ritroviamo in Taittirīya
Āraˆyaka II.92:
1
Il Nirukta, attribuito a Yāska, è un un trattato di spiegazione etimologica del
glossario dei termini vedici detto Nighaˆ†u, e di specifiche strofe del Ùgveda. E’
collocato tra 700 e 500 a.C. (vedi Sarup 1967, p.54).
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Infatti tale periodo è seguito dalla formula iti vijñåyate “così è riconosciuto o
compreso”, particolarmente usata per citazioni dai Brāhmaˆa, in questo caso per una
citazione da un Āraˆyaka, categoria affine in quanto autorità esegetica, ma più
orientata in senso mistico, come mostra il contenuto.
3
Le parole tra parentesi quadre sono omesse da gran parte dei manoscritti ed
effettivamente appaiono un’aggiunta che non si armonizza con la costruzione sullo
schema tad yad... tad...
4
Lievemente diversa è la traduzione di Sarup 1967, p.29 (“the self-born Brahma
manifested himself to them while practising austerities”), basata certamente sul
commentario pubblicato da Sarup, che glossa il verbo abhyånar∑at con
ågatam åvirbhËtam ity artha˙ “ ‘venuto, manifestato’, così [è] il significato.”
Secondo Monier-Williams 1899, p.76, il senso di abhy-ar∑- (di cui abhyånar∑at
sarebbe aoristo o piuccheperfetto) è “to flow or run near (acc.), RV.; to cause to flow
near, afford, RV.” Il verbo, scelto perché contiene la radice ¤∑-, indica
essenzialmente un movimento da parte del Brahman verso i Ù∑i, che appare
effettivamente un atto di autorivelazione, resa possibile però dall’ascesi, come se i
Ù∑i aprissero per mezzo di essa un canale in cui può ‘fluire’ il Brahman.
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V. Grassmann 1955, alla voce ·∑i-, p.293.
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Quest’uso transitivo di herbeiströmen appare irregolare, ma è dato chiaramente
dall’inserzione dell’oggetto etwas ‘qualcosa’, e corrisponde al secondo significato
dato da Monier-Williams 1899, p.226, al verbo ar∑ati: “to bring near by flowing”.
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“La transizione del significato è del tutto adeguata, come mostra p.e. arc: ciò che
significa originariamente ‘lanciare’, (significa) poi ‘effondere canti, cantare’, quindi
‘lanciare raggi, irraggiare’. Quest’ultimo significato, ‘effondere raggi’, è forse da
adottare laddove i sapta ¤∑aya˙ indicano le sette stelle principali dell’Orsa
Maggiore.”
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V. Elizarenkova 1995, pp.17-19.
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V. Gonda 1963, p.40.
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V. Mayrhofer 1956.
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V. Pokorny 1959, p.337.
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Possiamo anche notare che nell’epica un termine associato al Ù∑i è anche kopa-,
‘collera’ (v. Mahābhārata I.43.27).
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V. Mayrhofer 1988, p.261.
15
Lo hapax .r.šiš si trova in Yasna 31.5, che secondo Humbach (v. Humbach 1959,
p.89) va tradotto, in analogia col Ù∑i vedico, “Gottbegeisterter”, ‘ispirato dal dio’,
invece come “(An)treibung, Inspiration”, ‘stimolo, ispirazione’ secondo Nyberg (v.
Nyberg 1966, p. 204 e p. 208). Un aspetto interessante di questa strofa è che si
richiede una speciale conoscenza legata allo Aša (la Verità-Giustizia analoga allo
Ùta), mentre nella strofa successiva si fa riferimento a una parola sacra portatrice di
Integrità, Giustizia e Immortalità, definita con l’equivalente del vedico mántra-
(mąÊr.m... Haurvatātō Ašahyā Am.r.tātascā). Avremmo quindi Zarathustra che si
autodefinisce come un Ù∑i portatore di una parola dall’efficacia magico-religiosa
inserita in un ordine cosmico volto al bene, in modo del tutto analogo all’ambito
vedico.
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V. Chantraine 1968, p.22, e p. 823, dove si dice che il primo termine del composto
è forse nome d’agente. Si tratta di composti del tipo (‘che rallegra i
mortali’). Secondo Schindler (citato in Meissner-Tribulato 2002, p.298 e sg.)
contengono dei nomi astratti verbali già pronti (“ready-made verbal abstract nouns”)
e quindi rappresenterebbero una sottosezione dei Bahuvrīhi o composti possessivi.
Lo stesso autore sostiene che, da un punto di vista sincronico, questo tipo di
composti dipende dall’esistenza di una forma verbale sigmatica (aoristi/futuri). Si
può osservare che questa condizione sarebbe realizzata anche in aind., dove accanto
a ·∑i- abbiamo l’aoristo år∑¥t del verbo ¤- (in quest’ottica, il sostantivo andrebbe
collegato piuttosto a questo verbo che al verbo ¤∑-).
E’ interessante anche notare che questo tipo di composti si trova in miceneo (v.
Meissner-Tribulato 2002, p.305 e sg.) in alcuni nomi propri, come Manasiweko
‘colui che è consapevole del proprio lavoro’ (analogo a ) e Otinawo,
che è stato accostato all’omerico , considerato equivalente di
(v. Il. V.542, 546, 547, 549, e Chantraine 1968, p.823).
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Queste due forme verbali, la prima ionica e poetica, la seconda attica, derivano
secondo Boisacq 1950, p.15, rispettivamente da *ϝe ϝ, da mettere in
relazione con aind. vár∑man- ‘altezza, cima’. Secondo Chantraine 1968, p.23, la
forma di Alcmane conferma che bisogna partire da ϝ, forma in
cui, a livello indoeuropeo, l’ iniziale sarebbe una protesi o un Ə ₂(secondolateoria
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di Heubeck che pone come origine *sr- ‘alto’ rappresentato in ittita. Proposta che
appare ingiustificata, visto che non abbiamo aspirazione come traccia della sibilante.
Si potrebbe invece pensare che venga semplicemente da *,
dall’originaria radice *¤- citata, per il vedico, da Elizarenkova, e che secondo
Pokorny 1959, p.326 (radice i.e. er- or- r-) significa “sich in Bewegung setzen,
erregen (auch seelisch, ärgern, reizen); in die Höhe bringen (Erhebung,
hochwachsen)”, ‘mettersi in movimento, eccitare (anche psichico, irritare,
stimolare); portare in alto (elevazione, crescere in alto)’.
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Secondo Boisacq 1950, p.714, questo verbo deriva da i.e. *er- *ere- ‘mettere in
movimento, eccitare, elevare; muoversi; ondeggiare, scorrere’. A proposito del
vocalismo iniziale, cita (p.715) Persson e J. Schmidt che suppongono che è
modificato dal regolare (¤) sotto l’influenza di un successivo (: aind.
¤ˆóti, : st¤ˆóti). Chantraine 1968, p.824, cita l’opinione di Ruiperez, che
suppone che da un aggettivo verbale i.e. *st•-to- > sarebbe stato creato uno
*st•-neumi, con sonante lunga da cui *ῡ; lo stesso per
Invece E. Bader (ibidem) vede in uno dei trattamenti possibili di ¤.
Pokorny 1959, p.327, riporta anche questo verbo alla radice i.e. er- or- r- (v. n.
prec.), mentre Rix 1998, p.226, distingue, secondo la teoria delle laringali, una
radice *h₃er dal significato di “sich in (Fort-)Bewegung setzen” (‘mettersi in
movimento (progressivo)’), da cui fa derivare ved. íyarti, «rte, ¤ˆóti e gr.
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Secondo il Thesaurus Graecae Linguae (v. Estienne 1954), tale vocabolo significa
“Attollens mentem, vel Alte attollens, i.e. Superbus.” Quindi il sollevare l’animo
potrebbe essere anche riferito al soggetto in questione, con un’azione mediale, e non
ad un’azione transitiva su di una persona esterna.
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V. Liddell-Scott 1996, p.28.
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Ibidem.
22
V. Estienne 1954, p.2243, che lo riporta a Schol. Vat. Eur. Rhes. 36.
23
In Cirenaica, a Thera e in Epiro si trova anche il nome proprio (v.
Fraser-Matthews 1987, p.81 e Fraser-Matthews 1997, p.72). La forma
appare molto più diffusa (a Cipro, a Delo, a Rodi, ad Atene, in Illiria, in Beozia, v.
Fraser-Matthews 1987, p.81, Fraser-Matthews 1994, p.65, Fraser-Matthews 1997,
p.72, Fraser-Matthews 2000, p.67), mentre non abbiamo trovato altre attestazioni di
come nome proprio. Esiste anche la forma maschile , che
troviamo a Cipro (v. Fraser-Matthews 1987, p.81) e in Beozia (v. Fraser-Matthews
2000, p.67).
24
E’ vero che rientra bene in questo contesto Od. I.347: ‘rallegrare come la mente
gli ispira’ (), che mostra l’esistenza di un rapporto
tra e , ma tale rapporto può essere inteso in senso lato come un
rapporto della radice ¤- con la stimolazione della mente.
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Diverso appare il caso di , che dovrebbe derivare da una forma ϝ,
analogamente al verbo (v. n. 15), però la costruzione e il senso appaiono del
tutto analoghi.
25
Secondo l’Etymologicon Magnum di Th. Gaisford, tale vocabolo significa infatti
(v. Estienne 1954, p.772, che invece lo traduce
“Superbus”).
26
Riportata in Mitteilungen des deutschen archäologischen Instituts, Athenische
Abteilung, 1892, 17, 273.
27
Fraser-Matthews 1994, p.354.
28
Si confronti anche l’insolita forma attestata a Creta, v. Fraser-
Matthews 1987, p.354.
29
V. Chantraine 1968, p.685.
30
Per completare il quadro, si può citare il nome che si trova attestato a Rodi
intorno al I sec. a.C. - I sec. d.C. (V. Fraser-Matthews 1987, p.354) e in Egitto nella
Charta Borgiana 4, 9 (v. Estienne 1954, p.2244).
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l’analogo epiteto ¤∑ik·t- (che troviamo nella stessa strofa ÙV. IX.96.18
riferito a Soma e in ÙV. I.31.16 riferito ad Agni) può essere anche
interpretato come ‘che crea stimolazione o ispirazione’, intendendo il
primo elemento come designante una condizione dinamica dello
spirito piuttosto che lo status di un Ù∑i che è ‘creato’ dal Soma o da
Agni.
Tutto ciò ci può suggerire il senso etimologico di ·∑i- come colui che
ha come attributo l’ispirazione (in modo comparabile ai nomi-radice
che possono fungere sia da nomi d’azione sia da nomi d’agente31), in
altri termini colui che ha la mente stimolata, ispirata o innalzata,
grazie all’assunzione del Soma e alla meditazione estatica rafforzata
dall’ascesi-ardore (tápas-), in modo tale da poter comporre inni
ispirati in lode degli dèi.
In questo modo, troveremmo anche una singolare corrispondenza con
l’etimologia della parola ‘sciamano’ indicata da I.M. Lewis32: “La
31
Cfr. p.e. dví∑- ‘ostilità’, ma anche ‘persona ostile, nemico’, oppure drúh- ‘che
danneggia, demone’ e ‘offesa, danno’, o ancora bhúj- ‘fruizione’ e ‘fruitore’ (v.
Burrow 1955, p.122, che osserva anche che come secondo membro di un composto
questi nomi radice hanno solo la funzione di nomi d’agente). Esistono anche
numerosi nomi d’azione in –i, normalmente femminili, come jálpi- ‘mormorare’,
dhr≤ji- ‘impulso, forza’, cití- ‘intelletto’ (v. ibidem, p.178). Un caso interessante nel
nostro contesto è quello di ßúci-, che significa sia ‘purificazione, purezza’, sia, come
aggettivo, ‘splendente, puro’. Analogamente, ·∑i- potrebbe significare sia
‘ispirazione’ sia ‘ispirato’ (cfr. n.15), anche se si tratta di una traduzione inadeguata,
dato che ‘ispirato’ ha un senso passivo, mentre non si tratta qui di un’ispirazione
derivante da una potenza esterna, ma piuttosto interna alla mente del Ù∑i.
32
Lewis 1972, p.41. La corrispondenza non è ricercata ad hoc, avendo elaborato
l’etimologia prima di leggere il brano di Lewis. D’altro lato, Hamayon 2005, p.9,
sostiene una differente interpretazione del termine: “Le mot toungouse saman (verbe
samna-mi) appartient à une racine présente dans toutes les autres langues altaïques,
véhiculant une idée de mouvement, en particulier de la partie inférieure ou
postérieure du corps. Le verbe mongol samakh signifie ‘s’agiter’.” Si tratta di
un’interpretazione in senso puramente gestuale, coerente con la posizione della
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giacomobenedetti@hotmail.com
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