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Lezione del 12 Gen 2015 2di3 Sbobinatura fatta da Eros Pintore

PARTE 1
Dai anche uno sguardo a slide 38 del file “Impianti Elettrici 2015-01-12 1di3 –
ProtezionePersone-ContattiIndiretti_Completo.pdf” (che però è uguale a slide 20)
e poi vedi anche slide successive fino a slide 47

Il primo sistema che analizziamo in dettaglio è il sistema TT

In questo disegno ci sono due masse, ovviamente in genere apparecchi e quindi


masse ce ne sono più di una, nel caso ce ne fosse più di una comunque l’impianto di
terra è unico quindi tutte le masse vanno collegate all’unico impianto di terra. L’idea
è che quando c’è un guasto la persona che tocca quell’apparecchio ma che tocca
anche altre masse collegate tramite l’unico impianto di terra si trovi in condizioni di
sicurezza e che non ci siano pericoli per le persone. La corrente di guasto I g , che
come tutte le correnti ha bisogno di percorsi chiusi, passa dal generatore, il filo, il
guasto, l’impianto di terra, il terreno e poi ritorna dall’impianto di terra della cabina.
E siccome passa attraverso la resistenza di terra, la tensione di contatto a vuoto,
quella di contatto ma prima che qualcuno tocchi, la nostra protezione deve essere
attiva quindi non aspetto che qualcuno tocchi, per cui va bene ragionare sulla
tensione di contratto a vuoto, che poi comunque va verso la sicurezza, questa tensione
sarà data dal valore della resistenza di terra per la corrente di guasto, se questa
tensione sta sotto una tensione limite siamo sicuri : U C 0 = RT × I g < U L . Quindi il primo
tentativo che si può cercare di fare è fare in modo che il nostro impianto ci garantisca
che la tensione di contatto, possibilmente quella a vuoto sia sempre al di sotto della
tensione limite. Questo è il primo tentativo, se sta sotto la tensione limite siamo
tranquilli. Quindi vediamo se è possibile dimensionare un sistema TT in modo da
garantire sempre sicurezza, oppure se dobbiamo invece pensarci un’altra strada di
dimensionamento. Allora per riuscire a vedere qual è la tensione che ci portiamo sulle
masse facciamo l’esempio con un caso semplice.
Abbiamo un apparecchio che si è guastato e la corrente di guasto tramite l’impianto
di terra ritorna al terreno. Ci interessa capire qual è la tensione a cui si trova
sottoposta la persona, assumendo che la persona si trovi con i piedi al potenziale di
terra. Quindi il percorso del nostro circuito, partendo dal generatore vede l’impedenza
del conduttore di fase Z L , il punto A, il parallelo della resistenza di terra RT e della
resistenza della persona RB , il punto B, il terreno è poi torna dalla resistenza di messa
a terra del neutro in cabina RN . Per capire cosa succede alla persona devo isolare la
tensione tra i punti A e B, ai capi della resistenza dell’impianto di terra, perché da lì
poi capirò che tensione ho a disposizione sulla persona. Quindi la cosa più semplice
che viene da fare è un circuito di Thevenin in cui ricavo la tensione a vuoto e poi
l’impedenza vista dai morsetti. Allora vogliamo vedere come è fatto il circuito visto
dai morsetti A e B. L’impedenza del conduttore di fase possiamo anche trascurarla
perché tipicamente un impianto di terra ha una resistenza di un migliaio di ohm e un
conduttore ha una resistenza molto più bassa, quindi non si commette un grande
errore se trascuriamo l’impedenza del conduttore di fase, normalmente possiamo non
considerarla. Per poter fare il Thevenin a noi interessa la tensione a vuoto al nodo A ,
quindi senza che ci sia ancora la resistenza della persona RB , ma quella è la tensione
RT
di un partitore di tensione U C 0 = × E , in cui E è la tensione stellata del circuito.
RT + RN
Per quanto riguarda l’impedenza di Thevenin, passivo il generatore di tensione e mi
RT × RN
resta il parallelo con le due impedenze ZTh = , l’impedenza del parallelo.
RT + RN
Quindi il circuito di Thevenin visto dai punti A e B che sono rilevanti per la persona è
un circuito che vede in serie un generatore U C 0 e un’impedenza ZTh , e poi ci sarà la
resistenza del corpo umano RB della persona.

Un valore tipico della resistenza di una cabina è sotto l’ohm : RN < 1ohm e se lo metto
in parallelo con il valore di un’altra resistenza diventa ancora più piccolo, allora non
commettiamo un grande errore se nei calcoli si assume, essendo comunque una
ipotesi che va verso la sicurezza, che nel calcolo si possa trascurare la ZTh , e noi la
trascuriamo perché in effetti è molto piccola. In pratica quindi la tensione di contatto
che si ritrova sulla persona, cioè la tensione tra i punti A e B è praticamente uguale a
RT
U C 0 perché sto trascurando la ZTh ed è pari a U AB @ U C 0 = E × £ U L , allora se
RT + RN
torniamo all’ipotesi da cui siamo partiti per garantire la sicurezza sempre in tutte le
condizioni bisogna che la tensione tra A e B sia inferiore alla tensione limite.
Vediamo come posso ottenere che questa disuguaglianza venga rispettata. Siccome ho
fatto il progetto vediamo quali sono i parametri di progetto. La tensione del circuito
no, nella cabina la tensione è 230 e 400 V ed è stabilito per legge. RN è nella cabina
ma la cabina non è mia, è del distributore quindi neanche l’impianto di terra della
cabina può essere un parametro di progetto se non è mia la cabina. L’unico parametro
di progetto su cui posso incidere è la resistenza di terra locale, quella a cui collego le
masse, quanti picchetti metto sotto casa posso deciderlo. Quindi il parametro di
progetto è RT , allora io devo trovare il valore della resistenza di terra che mi fa
soddisfare sempre la disuguaglianza. Quindi esplicitiamo rispetto ad RT e risulterà
UL
E × RT £ U L × RT + U L × RN ) ; RT ( E - U L ) £ U L × RN ) ; RT £ × RN . Questa relazione è bella
E -UL
sulla carta ma è impossibile da rispettare nella pratica, infatti U L può essere 50 o 25
V, “E” è la tensione di rete 230 V, quindi io avrò grosso modo 50/180 che è
sicuramente un numero più piccolo di 1, è grosso modo intorno a 1/3. Cioè se io
voglio seguire questa strada per la sicurezza devo fare un impianto di terra locale che
ha una resistenza di terra inferiore dell’impianto della cabina, addirittura meno di un
terzo della cabina ! È chiaramente un assurdo. Non solo ma se anche le cose stessero
così, cioè se riuscissi davvero a farlo, per farlo avrei bisogno di dati di progetto che
non governo, cioè se per assurdo in cabina peggiorano le cose io devo
automaticamente adeguare il mio impianto di terra al valore della RN . E quindi il
distributore non potrebbe mai accettare questo, perché non è libero di fare quello che
vuole sul suo impianto perché deve prima avvisare tutti gli utenti perché ognuno
possa adeguare il suo impianto di terra, ammesso poi che ognuno sia in grado di fare
un impianto di terra che, se l’impianto di terra della cabina e sotto l’ohm, dovrà
essere di circa 0,3~0,4 ohm, valori molto difficili da ottenere sugli impianti di bassa
tensione. Quindi il sistema TT non si può proteggere in questo modo, non possiamo
garantire sempre che la tensione di contatto sia sotto la tensione limite, perché se
volessimo ottenere questo il risultato sarebbe improponibile dal punto di vista
economico. Ma allora se la strada non è questa quale può essere ? Quella di sfruttare
l’altro parametro che non abbiamo considerato, perché in realtà noi abbiamo delle
coppie di valori di tensione e di tempo di sopportabilità, tensione-tempo, fino adesso
abbiamo parlato solo del valore estremo, 50 v. Allora la norma CEI 64-8, e poi
riprende anche normative europee per i sistemi TT, ci dice in sostanza che il nostro
sistema è sicuro se il nostro impianto di terra RT è realizzato in modo da rispettare la
UL
disuguaglianza : RT £ . In realtà l’edizione attuale della norma non ci dice neanche
I5 s
questo, ma dal punto di vista didattico possiamo partire da questo per vedere poi
perché la norma ci dice una cosa un po’ diversa. Le vecchie edizioni della norma
dicevano così : un sistema TT è sicuro se il tuo impianto di terra ha un valore tale che
la sua resistenza è inferiore al rapporto tra la tensione limite e la corrente che fa
intervenire il tuo dispositivo di sicurezza in meno di 5 secondi, se rispetti questa
condizione il tuo sistema è sicuro. Si può ritenere sicuro in termini probabilistici, gli
si può associare un livello di rischio accettabile. Infatti quando si verifica il guasto si
verificano due situazioni che sono interessanti per capire il significato di quella
disuguaglianza. Una prima condizione è che la corrente di guasto è più grande della
corrente di intervento in cinque secondi : I g ³ I 5 s , qui il dispositivo di protezione
interverrà in meno di 5 secondi. Oppure l’altra condizione è che la corrente di guasto,
a causa dell’impedenza di guasto, a causa del topo che si rosicchia il filo ma non
abbastanza, quindi la dispersione è minima...allora la corrente di guasto può essere
anche più piccola della corrente di intervento in 5 secondi : I g < I 5 s . Nella prima
situazione il fatto di avere la corrente di guasto maggiore ci dice che la tensione di
Ig
contatto che io posso avere sarà data da : I g ³ I 5 s Þ U C 0 = RT × I g £ U L × , in cui
I5s
l’ultimo termine ci da il valore massimo di tensione accettabile con quella
determinata RT . Comunque quest’equazione è nell’ipotesi che la corrente di guasto
sia maggiore della corrente di intervento in 5 secondi. Questo vuol dire che la
tensione di contatto è data dalla tensione limite moltiplicata il rapporto tra la corrente
di guasto e la corrente di 5 secondi, ma siccome per ipotesi I g ³ I 5 s significa che il
rapporto è più grande di 1. Quindi se la corrente di guasto è più grande della corrente
che fa intervenire il dispositivo in meno di 5 secondi la tensione di contatto a vuoto
sarà più grande della tensione limite. Se la corrente di guasto è il doppio della
corrente di intervento in 5 secondi avrò una tensione di contatto pari al doppio della
tensione limite cioè se posso sopportare 50 V avrò 100 V. E pericoloso, ma la
corrente di guasto fa intervenire il dispositivo in meno di cinque secondi. Quindi la
tensione sulle masse può essere più grande della tensione limite, ma sono certo che
verrà tolta in meno di 5 secondi. Siamo partiti dall’idea che la tensione sulle masse
fosse sempre sotto 50 V, e abbiamo detto che è impossibile perché se ci provo faccio
gli impianti di terra delle case molto più grandi di quelli delle cabine, quindi questa
strada lasciamola perdere. Allora cerco un caso in cui la tensione possa essere più
grande della tensione limite, ma se la tensione diventa più grande della tensione
limite è perché il dispositivo è in grado di interromperla in meno di 5 secondi. Se
invece sono nell’altra situazione : I g < I 5 s la relazione è sempre la stessa :
Ig
I g £ I5s Þ UC 0 £ U L × ma la tensione di contatto la ottengo moltiplicando la tensione
I5s
limite sempre per lo stesso rapporto, ma se I g < I 5 s vuol dire che il dispositivo non so
in quanto tempo intervenga ma di sicuro in più di 5 secondi, ma in questo caso in cui
il dispositivo interviene in tempi molto lunghi, la tensione di contatto, siccome ho
fatto l’impianto in quel modo, sarà la tensione limite moltiplicata per un numero più
piccolo di 1, quindi sarà meno della tensione limite, ma se è meno della tensione
limite non c’è problema, può durare quanto vuole. Quindi con questa strategia di
protezione noi abbiamo la possibilità di dire che se la tensione sale oltre i limiti di
sicurezza tanto la tolgo in fretta, in meno di 5 secondi, e se invece la corrente è così
piccola che il dispositivo non interviene mai, beh pazienza tanto per come ha fatto
l’impianto di terra la tensione sarà sempre sotto i limiti. Quindi questa è la strategia
che si segue per proteggere le persone dei contatti indiretti in un sistema TT. Perché
non l’abbiamo fatto da subito ? Perché inizialmente gli unici dispositivi automatici
che potevano garantirmi l’interruzione potevano essere o fusibili o interruttori
automatici magnetotermici. E quindi se io vado a prendere per esempio un
magnetotermico la corrente che lo fa intervenire in 5 secondi è quasi 3~4 volte la sua
nominale. Vuol dire, supponendo per semplicità che la corrente di 5 secondi sia pari a
5 volte la nominale, che se io applico la relazione vista prima ad un magnetotermico
che ha una corrente nominale I n = 10 A la resistenza di terra deve essere pari a
50V
RT £ = 1W . Siamo punto e a capo, se io cerco di applicare questa relazione
50 A
utilizzando interruttori magnetotermici faccio impianti di terra con resistenza di terra
piccolissima, devo chiedere agli utenti in bassa tensione di farsi l’impianto di terra
come quello della cabina. Cos’è che ha consentito di cambiare tutto e di passare al TT
come sistema diffuso in bassa tensione ? Il fatto di avere un dispositivo che ha la
corrente di 5 secondi pari alla corrente differenziale, non legata alla nominale, e
allora facciamo l’ipotesi di un dispositivo che ha una I 5 s = I Dn = 50mA , un valore
commerciale di corrente differenziale, vuol dire che la resistenza di impianto di terra
50V
sarà pari a RT £ = 1000W . Cioè mi basta fare un impianto di terra con una
50mA
resistenza da 1000 ohm. Se uno mette un picchetto di 1 m nel terreno tira fuori una
resistenza di terra pari alla resistività del terreno, i terreni normali hanno una
resistività di circa 200 ohm per metro, quindi con un picchetto ottengo un valore che
è un quinto di quello che mi serve. Se ne metto due per sicurezza... è facile ottenere la
sicurezza in un sistema TT quando ho a disposizione il differenziale. Per questo
motivo nelle ultime edizioni della norma hanno detto che questa è la regola teorica
per cui uno ci ragiona sopra ecc..., ma poi di fatto sei costretto a usare il differenziale,
e allora tanto vale inserirlo direttamente nella norma. Quindi nelle ultime edizioni
della norma non viene neanche più messo in dubbio che qualcuno voglia usare un
magnetotermico per fare la protezione delle persone nei sistemi TT.
Ma se voglio mantenere la regola generale da ingegnere e capire di che cosa si tratta e
UL
perché... io parto dal concetto della corrente di 5 secondi : RT £ che contiene
I5 s
UL
dentro anche il differenziale : RT £ . Quindi per poter fare la protezione dei
I Dn
contatti indiretti in un sistema TT in modo efficiente ci vuole l’interruttore
differenziale, perché l’interruttore differenziale è un dispositivo che nasce proprio
con lo scopo di proteggere le persone, non è un dispositivo che protegge le macchine
o le linee come un magnetotermico, che nasce per proteggere da sovraccarico e
cortocircuito e noi vorremmo provare a usarlo nel caso di un guasto, di un contatto
indiretto. Non nasce per quello, e ci accorgiamo del fatto che non nasce per quello
con un altro esempio che infatti ci dice che nel sistema TT ci dimentichiamo il
magnetotermico, nel senso che non è che non lo mettiamo, lo dobbiamo mettere per
proteggere le linee da sovraccarico e cortocircuito, per proteggere le persone lo
dobbiamo affiancare col dispositivo differenziale. Vediamo un esempio, ho spazio e
posso fare l’impianto di terra che mi pare, quindi decido di usare un magnetotermico
e di dimensionare l’impianto di terra di conseguenza. Dopodiché passano un paio di
anni e decido di mettere un altro macchinario. Stessa area, stesse persone, stesso
livello di sicurezza. Gli affari vanno bene e decido di aumentare i macchinari, quindi
passo dalla corrente nominale di 10 A a quella di 20 A. Avviamente non cambierò
solo l’interruttore cambierò anche le linee eccetera. Ma la cosa assurda, se io uso il
magnetotermico per fare la protezione delle persone, è che con 10 A avevo bisogno di
un impianto di terra di 1 ohm, quando metto l’interruttore da 20 A siccome la corrente
di 5 secondi sarà circa 5 volte la nominale verrà fuori un impianto di terra pari a
50V
RT £ = 0,5W , cioè le persone sono le stesse, l’area è la stessa, la sicurezza è la
100 A
stessa, solo perché io uso più energia devo fare un impianto di terra con una
resistenza dimezzata, che vuol dire usare più del doppio dell’area. Che senso ha ?
Che legame c’è tra la sicurezza e il fatto che metto un compressore in più ? È una
cosa chiaramente assurda, perché in realtà sto usando un dispositivo che protegge le
macchine per proteggere le persone. Infatti se io avessi usato un interruttore
differenziale, all’inizio avrei avuto un interruttore differenziale da 10 A con una
corrente di intervento differenziale da 50 mA : I Dn = 50mA . Quando raddoppio
l’impianto compro un altro interruttore differenziale, ovviamente perché deve passare
una corrente più grande, comprerò un interruttore differenziale dal 20 A ma con una
corrente d’intervento differenziale sempre da 50 mA. Ma se la corrente differenziale è
la stessa l’impianto di terra resta adeguato. Cioè se io non cambio la corrente
differenziale, cioè se non cambio la sensibilità dell’interruttore non sto cambiando
niente in termini di sicurezza e l’impianto di terra era adeguato prima e continua a
essere adeguato dopo. Quindi questo fa capire il motivo per usare un dispositivo
specifico per la protezione delle persone in un caso applicativo come quello del
sistema TT.
Allora adesso che ho capito qual è la relazione nei sistemi TT, prima cosa da capire è
perché ci fanno fare un impianto di terra unico e non impianti di terra separati.

Dobbiamo cercare di gestire il nostro sistema con un unico interruttore differenziale


messo a monte degli impianti, ho due apparecchi A e B e per ipotesi sto assumendo
che entrambi abbiano una terra distinta, inoltre i due apparecchi sono anche su fasi
diverse. Il primo apparecchio si guasta ma il guasto, il difetto di isolamento, è sul
neutro. In generale sul neutro ci sono tensioni molto basse, teoricamente non
dovrebbe esserci tensione, quindi se non ci sono tensioni non c’è neanche corrente di
guasto, se non c’è corrente di guasto il differenziale non si accorge di niente. Quindi
noi possiamo tenerci il guasto sull’apparecchio A per un tempo molto lungo senza che
accada nulla. Dopodiché succede un guasto sull’apparecchio B, questa volta il guasto
è su una fase, quindi circola una corrente di guasto. La corrente di guasto tramite
l’impianto di terra tornerà sicuramente in cabina, ma la corrente di guasto ha anche a
disposizione un altro percorso di risalita che coinvolge il guasto precedente. Questo
ritorno della corrente di guasto dal neutro è estremamente critico perché indebolisce
l’interruttore differenziale. Sente una differenza inferiore perché vede una corrente
che passa dal neutro (vedi anche slide 45), si può vedere che c’è un ritorno attraverso
l’impianto di terra dell’apparecchio A, (la linea in rosso nella figura). C’è una parte
della corrente di guasto che torna dall’impianto di terra A e che quindi non viene
sentita dal differenziale, cioè questa è una corrente che torna dentro il differenziale, e
così facendo lo indebolisce nel funzionamento. Quindi tenere le due terre separate ci
dice che non possiamo proteggere gli impianti con un unico differenziale perché il
ritorno da una delle due terre indebolisce il suo funzionamento.
Vediamo ora cosa succede quando, come normalmente si fa, l’impianto di terra è
unico (vedi figura nella slide 46).
In questo caso sembra paradossalmente pure peggio, perché nel caso precedente c’era
una parte di corrente che torna da RA e una parte che torna da RN . In questo caso
praticamente tutta la corrente torna attraverso il guasto A, perché il collegamento tra
A e B è un filo, la corrente di guasto di B deve scegliere se passare attraverso un filo
o attraverso il terreno e ovviamente passa attraverso il filo in grandissima parte. Nella
slide il tratteggio sul terreno serve solo per ricordarci che esiste anche quel percorso
ma la grandissima parte della corrente torna dal guasto in A. Quindi se nel caso
precedente l’interruttore differenziale era indebolito qui è inibito. E allora
sembrerebbe peggio. È vero l’interruttore differenziale è inibito ma questo caso è un
cortocircuito, se tutta la corrente di guasto torna attraverso il filo è un cortocircuito, il
valore della corrente che si determina è molto grande, possiamo vedere dalla figura
della slide 46 che il percorso tratteggiato in rosso mette una fase in contatto con
l’altra fase. Per il fatto di avere realizzato una connessione con un filo il doppio
guasto determina un cortocircuito, ma se determina un cortocircuito la corrente è
molto forte e sarà sentita dal magnetotermico, la protezione da cortocircuito
l’abbiamo fatta. Invece il caso di prima in cui ci sono le terre indipendenti è un caso
ibrido, per cui la corrente non sarà così forte da far intervenire il magnetotermico, e
nel frattempo però rendiamo anche molto difficoltoso il funzionamento del
differenziale. Quindi fra le due situazioni quella con un’unica terra è considerata il
male minore, e quindi gli impianti vengono realizzati con un unico impianto di terra.
Un’altra situazione molto critica è quella rappresentata nella slide 44. Abbiamo due
utilizzatori connessi allo stesso impianto di terra, quindi per quanto riguarda la
connessione a terra la condizione è normativamente corretta, ma uno ha scelto di
mettere un interruttore differenziale da 500 mA e l’altro invece ha messo un
magnetotermico. Le due condizioni sono accettabili, bisogna capire chi è che
governa, nel dimensionamento dell’impianto di terra, se quello con la corrente più
grande o quello con la corrente più piccola, quello più sensibile o quello meno
sensibile. Allora, per questo tipo di collegamento si parla di selettività orizzontale,
cioè tutti gli apparecchi sono sulla stessa linea dal punto di vista elettrico. L’impianto
di terra viene dimensionato sulla base del dispositivo meno sensibile, quindi se
UL
davvero voglio fare un impianto di terra di questo tipo allora dovrà essere RT £ ,
5 × 20 A
il 5 per ricordarci che più o meno ci vuole 5 volte la nominale per avere un intervento
in meno di 5 secondi, e 20 A deriva dal fatto che il nostro interruttore meno sensibile
è da 20 A. Quindi quando parliamo di selettività orizzontale devo dimensionare
l’impianto di terra sulla corrente di intervento in 5 secondi che risulta la più grande
fra quelle considerate. Potrei avere 10 differenziali sulla stessa linea e comanda
quello meno sensibile. Quindi se io ragiono con la selettività orizzontale (ora vedi
slide 35) cioè coi dispositivi disposti tutti sulla stessa linea, l’impianto di terra sarà
governato dal peggiore fra questi.
Esiste anche una selettività verticale (ora vedi slide 36), per esempio un interruttore
differenziale prima della sbarra e un interruttore differenziale dopo la sbarra,
ovviamente in generale l’interruttore differenziale a monte ha un valore più grande di
quello a valle. Qui per esempio ho un sistema dove ho un interruttore differenziale da
500 mA, e a valle un altro differenziale da 30 mA, l’impianto di terra è uno solo,
UL
devo trovare un valore RT £ , quale ci metto come corrente di interruzione ? Se
I Dn
l’impianto è proprio fatto come vediamo nella slide 36, e quindi io sono sicuro che i
guasti possono avvenire soltanto a valle dell’ultimo interruttore differenziale, allora
per la selettività verticale basta dimensionare sull’interruttore più sensibile, quello da
30 mA. Ma è un calcolo di scuola, perché è molto difficile essere sicuri. Se io faccio
un guasto nel punto B la corrente differenziale non potrà mai andare oltre 30 mA
perché il differenziale interviene, toglie il guasto e il differenziale del punto A non
sente mai più di 30 mA. Quindi l’impianto di terra va dimensionato su 30 mA, ma io
devo essere sicuro che tutti i guasti si verifichino a valle dell’interruttore più
sensibile, perché se avessi un guasto nel punto A sarebbe sentito dall’altro
differenziale e allora la corrente potrebbe arrivare fino a 500 mA senza intervento.
Quindi se sono certo della selettività verticale, che i guasti sono tutti a valle del più
sensibile dimensiono sul più sensibile, se ho dei dubbi dimensiono l’impianto di terra
sul meno sensibile degli interruttori, e in questo caso il meno sensibile è quello da
500mA. Vediamo ora un caso tipico concreto, come rappresentato in slide 44. A e B
sono due appartamenti, il palazzo è stato ristrutturato, difficile che sia stato
ristrutturato facendo un impianto di terra adatto a funzionare con un interruttore
magnetotermico, più facilmente l’impianto di terra sarà stato dimensionato
considerando un interruttore differenziale da 30 mA o da 50 mA. Quindi questo caso
è molto pericoloso, perché se le cose sono andate così abbiamo correttamente
dimensionato l’impianto di terra sulla base dell’interruttore differenziale
dell’appartamento B, che nel caso dell’esempio è 500 mA, quindi :
50V
RT £ = 100W . Quindi in questo caso ci serve avere un impianto di terra da 100
5 ×10-1 A
ohm, che è un valore già un po’ impegnativo ma abbiamo scelto di usare un 500 mA,
che è un differenziale poco sensibile. Un guasto che si verificasse nell’appartamento
A farebbe scattare l’interruttore magnetotermico solo quando la corrente supera i 100
A (5 volte la corrente nominale che è di 20 A). Quindi fino a 100 A io non sono sicuro
dell’intervento. Quindi un guasto nell’appartamento A fino a 100 A non fa scattare
nessuna protezione. E allora che tensione avrò sulle masse ? La tensione è data da
U C 0 = RT ×100 A = 100W × 100 A = 10.000V , il che vuol dire che le masse assumono una
tensione di 10 kV in questo particolare esempio. Ovviamente la corrente di guasto
dell’appartamento A non è detto che raggiunga 100 A, può essere molto più piccola
ma in ogni caso se anche passasse soltanto 1 A di guasto in quell’appartamento A,
allora su tutte le masse, anche negli altri appartamenti, ci sarebbero 100 V, e ci
sarebbero per sempre, perché il magnetotermico dell’appartamento A non si inserirà
mai. Quindi la morale è che se uno non rispetta la selettività orizzontale, con i guasti
del proprio apparecchio mette a rischio anche tutti gli altri, perché sono tutti collegati
allo stesso impianto di terra. Il guasto nell’appartamento A non fa intervenire la
protezione, e vabbè se uno non ha messo il differenziale se lo può pure immaginare di
essere in una situazione di pericolo, ma il problema è che la sua scelta di collegarsi
all’impianto di terra pone in pericolo anche tutti gli altri. Infatti la norma e anche la
legge ci consente di vivere senza impianto di terra a patto di mettere un dispositivo
differenziale. Io posso non farmi l’impianto di terra, mi metto un dispositivo sensibile
e l’impianto di terra sono io quando tocco qualcosa, non è come fare l’interruzione
automatica, perché l’interruzione automatica togliere tensione senza che qualcuno
tocchi le masse, ma è comunque accettabile, le norme dicono che è accettabile.
Quello che non è accettabile è che tu ti colleghi all’impianto di terra senza essere
coordinato con quell’impianto di terra, perché se non sei coordinato con
quell’impianto di terra metti in pericolo tutti. Era il caso della cabina primaria di via
Aosta in cui c’era uno che aveva lo scaldaacqua a massa. Non aveva messo il
differenziale quindi quello a massa era e a massa stava, e buttava corrente
dell’impianto di terra di tutti vicini. E non c’è speranza che il differenziale
dell’appartamento B intervenga, perché il dispositivo sente i guasti che sono a valle
del punto in cui è lui, ma non i guasti di tutti gli altri, perché non li può sentire,
perché vede la differenza tra quello che esce e quello che torna, e un guasto in un
altro appartamento non modifica la corrente che passa attraverso il differenziale
dell’appartamento B. Quindi noi ci siamo messi il dispositivo differenziale più
sofisticato del mondo e rischiamo di morire folgorati per la connessione dall’altro.
Questo è un caso tipico. Tra l’altro ci sono anche altre cose da tenere sotto controllo,
un’altra cosa importante dal punto di vista ingegneristico :

se noi abbiamo diversi utilizzatori, tutti sotto interruttore differenziale e tutti sotto
interruttore differenziale da 30 mA con impianto di terra dimensionato secondo la
50V
solita relazione : RT £ = 1667W . Attenzione, ma io davvero dimensiono
30 ×10-3 A
l’impianto di terra su questo valore limite ? No ! Perché c’è da considerare il fatto che
ogni singolo interruttore differenziale lascia passare 15 mA senza interromperla
(ricordiamoci, era la corrente di non intervento) perché noi vogliamo che non
intervenga se la corrente è sotto la metà della corrente di intervento differenziale, nel
nostro caso si tratta di 15 mA. Quindi il primo differenziale fa passare 15 mA, anche
secondo ne fa passare 15, e siamo a 30, al terzo nell’impianto di terra stanno
passando 45 mA. Vediamo che tensione compare sulle masse nell’ipotesi che la terra
sia da 1667 ohm : U C = 1667W × 45mA = 75V , è più grande di 50 V, ed è ovvio che sia
così, perché se io ho dimensionato l’impianto per una corrente di 30 mA e questo ne
sta facendo passare 45 per forza la tensione sarà più grande di 50 V, quindi pericolo.
In realtà qua ho fatto un’ipotesi molto a favore della sicurezza perché sto pensando
che tutti quegli apparecchi disperdano fino alla metà della corrente di intervento del
differenziale, e già è un’ipotesi forte in quanto in realtà la dispersione sarà più bassa.
Ma poi ho fatto un’altra ipotesi forte che è di immaginare che le correnti siano tutte in
fase tra loro, e che quindi io posso sommare i moduli, ma in realtà saranno tutte
sfasate tra di loro e quindi ci sarà un effetto di compensazione, la somma sarà molto
meno della somma dei moduli. Comunque il problema dovremmo porlo, perché più
ne metto più saranno le correnti che ogni singolo differenziale lascia passare, e alla
fine tutte finiscono nello stesso impianto di terra. E se tutte finiscono nello stesso
impianto di terra l’effetto potrebbe essere quello di far passare troppa corrente sul
mio corpo. Quindi un buon progettista non si mette mai a fare un impianto di terra sul
limite, l’impianto di terra tipicamente uno lo fa con degli ampi margini, se il mio
limite è 1600 ohm io starò su 200 300 400 500 ohm per i motivi che abbiamo visto
oltre al fatto che l’impianto si deteriora, ci possono essere problemi ecc... Quindi se
anche me la cavassi con un solo picchetto magari ne metto 2 o 3, e uno dei motivi è
per queste correnti di dispersione.
Perché da un po’ di tempo tutti usano l’interruttore da 30 mA ? In realtà non c’è un
UL
perché. Perché l’impianto è sicuro se l’impianto di terra rispetta la relazione RT £ .
I Dn
Quindi ci posso mettere il I Dn che trovo e poi devo fare l’impianto di terra di
conseguenza, e se ho una selettività orizzontale lo so, governa il peggiore e quindi
sarà il peggiore che mi dirà come è fatto l’impianto di terra. Questo 30 mA origina
dal fatto che l’interruttore differenziale è un dispositivo che protegge da contatti
indiretti, ma può lavorare come protezione addizionale anche sui contatti diretti.
Addizionale non vuol dire sostitutiva, non posso lasciare tutte le parti in tensione a
vista tanto c’è il differenziale, la protezione dei contatti diretti deve esserci sempre,
però ci posso mettere un livello addizionale di sicurezza. Cioè in altre parole se una
persona si prende in mano un filo, come in figura qui sotto

sta facendo un contratto diretto, tutta la corrente passerà attraverso il corpo di quella
persona, ma se all’origine dell’impianto io ho messo il differenziale è possibile che il
differenziale intervenga in tempi sufficientemente rapidi da garantire la sicurezza di
quella persona. Tenuto conto del livello di isolamento tipico, delle scarpe delle
persone ecc... questo livello di sicurezza aggiuntiva per quel tipo di contatto si può
ottenere soltanto fino ad un 30 mA. Se l’interruttore è meno sensibile non è più una
protezione addizionale. Non sono obbligato ad avere la protezione addizionale, anche
se le ultime edizioni della norma in qualche caso mi obbligano. Sui circuiti terminali,
sulle prese... ma in generale è una protezione addizionale. Quindi per questo motivo
30 A era diventato popolare, e siccome non tutti quelli che fanno impianti elettrici
capiscono di impianti elettrici viene usato il 30 mA a pioggia, con conseguenze a
volte ridicole, perché 30 mA erano una protezione addizionale per i contatti diretti,
ma se io cerco di mettere sotto 30 mA un impianto di condizionamento da 200 kW,
quando spunta si prende una corrente di spunto. La corrente di dispersione a terra è
legata al valore della corrente di spunto. Cioè nel momento in cui spunta disperde un
po’ di più, sicuramente disperde più di 30 mA, quindi scatta sempre il differenziale
appena accendo il condizionatore... e per forza, perché hai messo un differenziale
inadeguato al livello di dispersione fisiologico di quell’apparecchio, se gli devi
mettere sotto un 300 mA ci metti un 300 mA e farai poi l’impianto di terra adeguato
al fatto che hai un differenziale da 300 mA. Non è che perché hai un
condizionamento potente la gente può morire folgorata, gli fai l’impianto di terra
adeguato, ma non puoi pretendere di mettere un 30 mA sotto una roba che di suo
quando si accende disperde di più. Quindi 30 mA per va bene, ma fa bene dove ha
senso, quindi dove mi posso preoccupare che qualcuno possa fare un contatto diretto
aumenta il livello di sicurezza aggiungendo una protezione addizionale. Addirittura
nei bagni dove il contatto diretto può avvenire attraverso umidità, acqua ecc... quindi
mi preoccupo ulteriormente, lì addirittura lo metto pure da 10 mA, ci sono interruttori
differenziali da 10 mA ma non pretendo di mettere 10 mA a proteggere tutto uno
stabilimento industriale, perché tanto come si accendono le apparecchiature
disperdono più di 10 mA. Quindi va bene il 30 mA, ricordiamoci che è una
protezione addizionale e che però non tutto può stare sotto i 30 mA, e che non c’è
niente che vieta di usare interruttori differenziali da 500 mA, lo devo coordinare con
l’impianto di terra, spenderò di più sull’impianto di terra, ma è molto meglio
spendere un po’ di più sull’impianto di terra che avere un impianto che non funziona.
E soprattutto è molto più costoso fare un impianto di terra dopo che hai fatto tutta
l’opera e non prima, quando stai facendo le fondazioni mettere un po’ di ferro nel
terreno non è un problema, se devi sfondare dopo è un problema.
A proposito dei contatti diretti sui differenziali, ovviamente questo contatto diretto :

con la persona che tocca due fasi è molto difficile da individuare per il differenziale,
perché per il differenziale è un apparecchio come un altro, perché comunque vede
una corrente che passa da una mano e che torna dall’altra mano, e se la persona ha
scarpe isolate è finita. C’è da sperare che venga percepito come cortocircuito
dall’altra protezione, ma in generale ci mette troppo tempo perché la persona si possa
salvare, per non parlare poi degli effetti devastanti da ustioni. Comunque il
differenziale da 30 mA una speranza anche in questo caso c’è la può dare, perché se
non siamo totalmente isolati da terra, e quindi attraverso i nostri piedi qualcosa viene
disperso, anche questo qualcosa se è più di 30 mA il dispositivo lo sente. Quindi
anche qui si possono fare dei calcoli e vedere qual’è il difetto di isolamento delle
scarpe rispetto a terra che ci garantirebbe la sicurezza.
Ma c’è una cosa importante da osservare e che ci fa capire che è anche importante
gestire bene il neutro. Facciamo sempre l’esempio del caso monofase :

Allora, il neutro è andato a massa del nostro impianto, l’interruttore differenziale non
se ne accorge, in generale non se ne accorge perché se non ci sono tensioni sul neutro
non circola nessuna corrente di guasto. In terra capita una persona che fa un contatto
diretto e noi abbiamo messo un 30 mA perché abbiamo detto che è una protezione
addizionale proprio contro questi eventi. Vediamo dalla figura il percorso che farebbe
la corrente, la corrente attraverso il terreno ritorna in parte dall’impianto di terra della
cabina RN e in parte dall’impianto di terra localizzato RT . C’è una bella fetta di
corrente che quindi passa nel differenziale e ritorna nel differenziale passando
attraverso il neutro. Cioè in altre parole un neutro a massa, che non è in generale
pericoloso, è raro che il neutro possa essere pericoloso e se lo fosse dovrebbe scattare
il differenziale, ma un neutro a massa non interrotto diventa pericoloso nel senso che
indebolisce il differenziale, cioè quella protezione addizionale non è efficiente,
perché come si vede dalla doppia freccia in figura c’è la corrente che passa nel
toroide e ritorna nel toroide, quello vuol dire che la differenza sta vicina allo zero, più
quelle due correnti sono vicine tra di loro è meno sensibile e il differenziale. L’ideale
per noi sarebbe che la corrente di guasto tornasse tutta dalla terra RN perché se torna
tutta da terra non passa dentro il toroide del differenziale. Ma per farla tornare tutta da
terra vuol dire che il neutro è isolato, se il neutro è isolato la corrente non può che
passare dall’unico punto che trova. Quindi è molto importante garantire che,
ricordiamoci, il neutro è un conduttore attivo a tutti gli effetti e dev’essere isolato
rispetto agli altri fili e rispetto a terra, e il fatto di non averlo isolato rispetto a terra
indebolisce anche la protezione da contatti diretti ottenuta con il differenziale.

Ora leggi slide 47 e poi torna


Adesso vediamo il sistema TN, quello della cabina, nelle sue realizzazioni che
possono essere TN-C o TN-S. In realtà, come abbiamo visto prima, esiste anche il
TN-CS, cioè un impianto che inizia come TN-C e poi diventa TN-S (vedi figura in
slide 48).
Come possiamo vedere dello schema raffigurato in slide 49 la filosofia è sempre la
stessa. Interruzione automatica, non ci vuole qualcuno che si mette in pericolo e che
tocca qualcosa, la tensione la tolgo prima. Poi se in quel frattempo c’è qualcuno ok
dev’essere significativa la sicurezza, ma la tensione la tolgo prima. E allora se la
tensione la tolgo prima (immaginiamo che nella slide 49 la persona non ci sia) il
guasto in un sistema TN, per come è fatto, il guasto a massa non esiste, è un
cortocircuito, è un cortocircuito fase-neutro. La corrente di guasto torna attraverso il
neutro, o torna attraverso il conduttore di protezione. Quello della figura è un caso
TN-S, quindi la corrente di guasto torna attraverso il conduttore di protezione, e
siccome è un cortocircuito è facile capire che c’è di guasto, perché i cortocircuiti
normalmente sono di grande valore, quindi possiamo cavarcela con un
magnetotermico. L’importante è coordinare correttamente i valori e scegliere il
dimensionamento del magnetotermico in modo che sia adeguato allo scopo. Ma
concettualmente in un sistema TN il grande vantaggio è proprio questo : i guasti a
massa, i difetti che possono portare problemi da contatti indiretti sono in realtà dei
cortocircuiti. E siccome sono dei cortocircuiti sono facili da trovare. E anche qui ci
aiuta un circuito alla Thevenin per capire che cosa dobbiamo fare, perché è vero che
sono facili da trovare ma dobbiamo garantire il rispetto della curva di sicurezza. (Vedi
anche slide 50 e 51).
Vediamo uno schema di TN-C in un esempio monofase (figura a sinistra).

Qui non possiamo più trascurare le impedenze delle linee, l’impedenza della fase Z f ,
l’impedenza del conduttore di protezione Z PE , non le possiamo trascurare perché la
corrente non passa nel terreno, passa sui fili, non posso trascurare l’impedenza di fili
dove passa la gran parte della corrente di guasto. E poi dobbiamo sempre ipotizzare la
possibilità del contatto con la persona. Nella figura destra vediamo il circuito,
assumiamo che la persona che può fare il contatto abbia i piedi a potenziale zero.
Dobbiamo ricavarci il modello di Thevenin, la tensione di contatto a vuoto è pari a
Z PE
UC 0 = ×U 0 , il partitore è a vuoto perché la tensione è vista a vuoto, e proprio
Z PE + Z f
per questo attraverso RN non passa nessuna corrente e quindi la RN non si conteggia.
Z f × Z PE
Quando invece calcoliamo l’impedenza di Thevenin si avrà : ZTh = RN + ,
Z f + Z PE
quindi il circuito equivalente è un circuito che vede la tensione e l’impedenza di
Thevenin. E questo è ciò che la persona può avere qualora facesse contatto.

In questo caso la U 0 è la tensione stellata. L’impedenza di Thevenin anche qui è


trascurabile perché è un valore molto piccolo, l’impedenza dei fili in parallelo è un
valore piccolissimo e l’impedenza dell’impianto di terra della cabina è un valore di
1ohm. Allora la prima ipotesi che proviamo a perseguire è quella di ottenere
sicurezza sempre in qualunque condizione, e la sicurezza sempre in qualunque
Z
condizione si ottiene se U C 0 = Z + Z × U 0 £ U L con U L tensione limite. Se riesco a
PE

PE f

rispettare questa disuguaglianza in modo totale ho sempre sicurezza. Anche qui come
prima dobbiamo individuare quali sono i parametri di progetto che abbiamo a
disposizione, U 0 è la tensione di rete e non è un parametro di progetto, posso
scegliere Z f e Z PE , vabbè Z f è l’impedenza della sezione del punto di contatto,
potrei cambiarla però la fase serve per portare potenza, il filo PE serve per la
protezione, quindi direi che l’elemento su cui voglio entrare in termini progettuali è
Z PE , quindi potremo scrivere che Z PEU 0 £ Z PEU L + Z f U L ; Z PE (U 0 - U L ) £ Z f U L ;
UL
Z PE £ Z f × . Da questa relazione consegue che, se U 0 = 230V e U L = 50V devo
U0 -U L
trovarmi un conduttore di protezione che ha un impedenza pari a circa un terzo di
quella della fase, ma per avere un impedenza pari a un terzo devo avere una sezione
almeno tre volte. Cioè in altre parole faccio il conduttore giallo-verde molto più
grosso, tre volte e anche più volte più grosso del conduttore della fase. Non è una
soluzione ingegneristicamente accettabile. E infatti non si sceglie questa strada per
garantire la sicurezza, si sceglie di passare attraverso il rispetto della curva di
sicurezza tensione-tempo (vedi diagramma in slide 50). Tipicamente quello che
voglio fare è usare un conduttore di protezione che non sia più grande del conduttore
di fase. Allora facciamo l’ipotesi di volerle fare della stessa sezione, quindi se
Z f = Z PE praticamente la tensione di contatto a vuoto è grosso modo la metà della
Z PE 1
tensione di rete (vedi anche in slide 50), perché il rapporto Z + Z = 2 quindi se
PE f

U 0 = 230V avremo che U C 0 = 115V . Questa è la tensione di contatto a vuoto, però chi
ha scritto la norma ha detto : quando mai li avrai 115 V ? In realtà tu hai ipotizzato
che la persona abbia i piedi a potenziale zero, ma è difficile che sia infinitamente
lontano dall’impianto di terra. Questo come prima cosa. Seconda cosa : la tensione di
contatto a vuoto è un valore importante per il dimensionamento ma poi quello che
conta è la tensione reale. Allora ragionevolmente questo valore di 115 V è stato
ridotto convenzionalmente a circa 92 V. Quindi nella curva di sicurezza tensione-
tempo uno entra con 92 V e trova per quanto tempo li può sopportare, li può
sopportare per 0,4 secondi. Allora la norma dice tu puoi fare tutto quello che voi con
l’impianto, basta che le due protezioni intervengano in meno di 0,4 secondi, perché se
intervengono in meno di 0,4 secondi non c’è pericolo. Quindi a differenza di quello
che succede nei sistemi TT, dove dove c’è il riferimento ai 5 secondi, nei sistemi TN
in generale il riferimento è ai 0,4 secondi. Allora quando è che un sistema garantisce
di intervenire in meno di 0,4 secondi ? Se io metto nel mio sistema un interruttore
magnetotermico :

Voglio che il mio sistema intervenga e in meno di 0,4 secondi allora la corrente di
guasto I g deve essere maggiore della corrente di apertura I a , la corrente di
intervento in 0,4 secondi. Ma la corrente di guasto dipende dall’impedenza
dell’anello di guasto, cioè dall’impedenza vista dal guasto, essendo il guasto in A
l’anello di guasto conterrà Z f e Z PE , calcoliamo l’impedenza dell’anello di guasto
come Z s = Z f + Z PE e so che la corrente di guasto sarà data dal rapporto tra la tensione
U
è l’impedenza dell’anello di guasto I g = Z . Ovviamente avrò tanti anelli di guasto
0

quanti sono i guasti possibili, quindi devo andare a vedere dove sono tutti gli
apparecchi, oppure i posti più lontani dove possono essere, più sono lontani e più è
bassa la corrente di guasto perché aumenta la resistenza di linea. Quindi da questa
relazione io ricavo l’entità massima della corrente che deve far aprire il dispositivo in
un tempo prestabilito, in questo caso 0,4 secondi, che deve essere inferiore alla
U
corrente dell’anello di guasto : I a 0,4 £ I g = Z . Nella pratica siccome non posso andare
0

a calcolare gli anelli di guasto per ogni singolo carico, vado a fare il calcolo alla fine
di ogni circuito, perché tanto contano le impedenze dei fili. Allora se per il più
gravoso degli anelli di guasto io sono riuscito rispettare la condizione vista prima,
cioè se l’interruttore che interrompe l’anello è tale che la sua corrente di intervento in
0,4 secondi è minore della corrente di guasto, allora il circuito è protetto.

Ora dopo aver visto slide 50 e 51 vai slide 52 poi vedi slide 53 e poi torna.

In realtà le vecchie edizioni della norma erano molto più complicate perché
richiedevano un'analisi molto attenta dei circuiti equipotenziali, adesso sono un po'
semplificate ma non possiamo non trascurare questo aspetto, parliamo ora di
collegamenti equipotenziali, e vedi figura in slide 54.
Quella raffigurata è la situazione tipica del sistema TT in cui abbiamo l’impianto di
terra RN , le masse A, B, C collegate all’impianto di terra locale RE , poi abbiamo un
tubo dell’acqua A’B’C’ collegato al suo impianto di terra locale RA . se c’è un guasto,
per esempio sulla massa B, sappiamo che c’è una corrente che va nell’impianto di
terra, quindi il circuito di slide 54 sta simulando una situazione di guasto, abbiamo un
generatore di corrente di guasto U 0 che sta mandando la corrente nell’impianto di
terra, è come la manda ? Siccome è tutto collegato insieme tutto assume lo stesso
potenziale, che è il prodotto dell’impianto di terra RE per la corrente di guasto. Se ho
messo a terra un tubo allora ci sarà il parallelo del tubo con tutto il resto come
evidenziato dalla linea tratteggiata che collega l’impianto di terra portato dal tubo,
massa estranea, col resto. Ma la cosa interessante è che una volta che le due parti
sono combinate a dare un unico valore di terra tutto ciò che è metallicamente
connesso assume lo stesso potenziale. Perché avviene questo ? Perché non mettiamo
in conto cadute di tensione sul filo per esempio tra B e C ? Invece stiamo assumendo
che il potenziale elettrico sia sempre costante, perché le correnti che sono in gioco nel
sistema TT sono basse e quindi il prodotto della resistenza per la corrente è un valore
piccolo. Nei sistemi TT quindi basterebbe al limite un unico punto per collegare una
massa estranea all’impianto di terra, basta un solo collegamento equipotenziale. Poi si
fanno anche dei collegamenti aggiuntivi per aumentare la robustezza, nell’eventualità
che non si spezzi da una parte, però dal punto di vista elettrico basta un collegamento
equipotenziale. Con un collegamento equipotenziale masse e masse estranee sono
collegate tra loro, l’equipotenzialità tra le masse e le masse estranee è
importantissima. Perché se io trovo un tubo dell’acqua e un impianto elettrico voglio
che siano equipotenziali, anche quando c’è un guasto. Perché se il tubo dell’acqua
riporta il potenziale zero, perché viene da lontanissimo, e io tocco una lavatrice che è
in difetto di isolamento mi trovo nella condizione più critica, di differenza di
potenziale, allora ottenere e equipotenzialità è importantissimo e con i sistemi TT si
ottiene facilmente.
Nei sistemi TN le cose sono un po’ più complicate (vedi figura in slide 55) perché
abbiamo detto che nel sistema TN le correnti in gioco sono grandi, migliaia di
ampere, quindi non posso dire che non pesano, pesano eccome. Allora una corrente di
cortocircuito che entra in B perché c’è stato un guasto, da luogo ad una caduta di
tensione, e tra B e C c’è già differenza di potenziale, perché c’è la caduta nel filo. Se
una persona tocca B e C, ammesso che ci sia la possibilità fisica di farlo, trova già
differenza di potenziale, e questa continua, possiamo notare che solo da B in su è
tutto allo stesso potenziale, ma perché lì non passa più corrente. Inoltre io trasferisco
al tubo il potenziale U 3 che ho raggiunto nell’angolo in basso. Ora la resistenza RA
non conta più perché adesso la corrente nel terreno non passa, come si può anche
evincere dal circuito. Nel sistema TT la corrente andava a terra e quindi contava il
parallelo delle due resistenze, adesso nel terreno non passa niente e la corrente passa
tutta nel circuito ed è da lì che torna, perché è il TN. E allora il fatto che faccia il suo
percorso non coinvolge l’impianto di terra RA , e gli trasferisce il suo potenziale. La
cosa a cui bisogna stare attenti quindi e che i collegamenti equipotenziali qua vanno
verificati con molta attenzione, perché appunto il sistema non garantisce
equipotenzialità, è molto importante realizzare collegamenti equipotenziali
supplementari, quindi aggiungere più punti di collegamento, in modo che la
equipotenzialità sia ottenuta.
Ora dai uno sguardo a slide 56 e 57, sono cose di cui ha già parlato.

Ora vediamo interruttori differenziali è sistemi TN (vedi anche slide 58 e 59).


Abbiamo già parlato di alcuni assurdi che si sono verificati per il voler usare
dispositivi da 30 mA sempre, si è arrivati anche all’assurdo di voler utilizzare
interruttori differenziali sempre, anche nei sistemi TN. Il sistema TN è un sistema che
nasce con finalità di applicazioni in campo industriale. Prima lo utilizzavamo anche
per l’illuminazione pubblica, adesso non lo facciamo più, perché tramite questo
collegamento PE che io mando dalla cabina vendo la sicurezza, ma vendere sicurezza
ci crea dei problemi. Quindi il sistema TN lo usiamo solo in campo industriale per
alimentare i nostri utensili. In un settore industriale sicuramente ci sono macchine,
macchinari, quindi quel problema dell’impianto di condizionamento (lo spunto) si
riproduce ancora di più. Se in campo civile un grosso macchinario a cui posso
pensare è l’impianto di condizionamento, in campo industriale ci saranno torni, seghe
circolari, a nastro, mole... macchine di vario tipo, e quindi il problema della corrente
di dispersione è sensibile. Il sistema TN di suo funziona e garantisce sicurezza senza
usare il differenziale. È molto raro che io non verifichi con i magnetotermici la
condizione che abbiamo studiato, e ove anche non la verificassi mi potrebbe bastare
semplicemente prendere una sezione un po’ più grande di filo per ritornare a
verificarla. Non sono obbligato per forza a usare il differenziale. Quindi tutte le volte
che io decido di utilizzare un interruttore differenziale in un sistema TN sto
consapevolmente rinunciando a uno dei punti di forza del sistema TN, che è quello di
non avere bisogno di differenziale. E non è tanto una questione economica, perché un
differenziale di tipo AC non costa moltissimo, è un problema di uso dell’impianto,
perché in campo industriale è facile che le correnti di dispersione tendano ad
aumentare nel tempo, è facile che il livello di correnti di dispersione sia troppo
elevato e che quindi a un certo punto i differenziali rischino di intervenire. Quindi
non c’è una regola per non mettere il differenziale nel TN, non c’è una regola che ci
dice di mettere il differenziale nel TN. Cosa perdo a non mettere il differenziale ?
Tutte le volte che io riesco a mettere un differenziale da 30 mA so che sto garantendo
una protezione addizionale sui contatti diretti. Questo è il nostro problema, quando il
differenziale lo metto perdo il beneficio del TN, quando però decido di non usare il
differenziale so che sto consapevolmente rinunciando a un livello di protezione
addizionale. Queste sono le due situazioni, allora come faccio a metterle insieme dal
punto di vista logico ? Innanzitutto tutte le volte che i miei macchinari mettono in
gioco correnti di dispersione più grandi di 30 mA io un differenziale da 30 mA non lo
posso utilizzare. Se nel capannone industriale ho macchine pesanti, che mi richiedono
più di 30 mA, allora per farle stare sotto il differenziale ci devo mettere un
differenziale da 300 mA. Ma a quel punto che senso ha un differenziale da 300 mA in
un TN ? Non ha senso, perché in un TN la protezione lo ottengo facilmente con un
magnetotermico. Negli uffici, nelle linee prese, anche nell’ambito di un capannone
posso avere delle linee prese dove si usano degli apparecchi portatili che riesco a far
stare sotto i 30 mA, ecco lì può avere un senso anche in un TN mettere un
differenziale. Nei bagni, anche nelle officine ci saranno i bagni, e saranno anche
quelli possibile oggetto di un contatto diretto, allora è un TN però se gli metto un
differenziale da 10 mA incido sui contatti diretti. Quindi nei sistemi TN non c’è una
regola per non mettere il differenziale, non c’è una regola per metterlo, c’è da
determinare linea per linea, caso per caso. C’è solo una regola che dobbiamo
ricordarci : se voglio mettere il differenziale il sistema deve essere TN-S (figura a
destra). In un sistema TN-C il differenziale non funziona (figura a sinistra).

Con un sistema TN-C il differenziale non può distinguere tra la corrente di guasto e la
corrente del neutro, quindi se voglio utilizzare il differenziale in un sistema TN
questo dev’essere un TN-S, perché se lo faccio TN-S separo il conduttore di
protezione, la corrente di guasto non passa dentro il toroide e la cosa può funzionare.
Ecco perché il sistema TN-S è molto più popolare del sistema TN-C, perché è molto
popolare l’uso dei differenziali, talvolta troppo popolare.
Ora vediamo il sistema IT (vedi anche slide dal 60 fino al 69)
Il sistema IT (vedi figura in slide 60) è anch’esso tipicamente destinato alle
applicazioni industriali, a chi possiede la cabina, e decide di gestire la cabina isolata
da terra, la prima lettera “I“ ci ricorda proprio questo. In linea di principio del sistema
IT appare come quello raffigurato in slide 60, senza neutro. In un sistema IT le norme
sconsigliano di distribuire il neutro, capiremo più avanti perché, quindi il neutro non
dovrebbe esserci e tutte le masse sono collegate ad una terra locale. Questa è la
configurazione ideale, poi uno può ibridizzarlo e sporcarlo ma nella sua
configurazione lineare un sistema IT appare come nella slide 60.
Ipotesi di guasto a terra (vedi figura in slide 61). La resistenza RN non c’è, il sistema
è isolato, se non disegnassi le capacità verso terra direi che quella persona che fa il
contatto può stare lì quanto le pare e non succede mai niente. In realtà sappiamo che
le correnti di guasto tornano attraverso le capacità e si forma l’anello di guasto, la
corrente passa in RE e siccome passa una corrente in questa resistenza la massa
assume un potenziale, dopodiché risale attraverso le capacità delle parti che non sono
state oggetto di guasto, come evidenziato anche dal tratteggio in figura. In questa
situazione la corrente è di tipo prevalentemente capacitivo. I sistemi IT di bassa
tensione, essendo di bassa tensione hanno fili relativamente corti e capacità verso
terra relativamente basse. Allora è molto facile che la corrente di guasto che si
verifica in questa situazione sia talmente piccola che moltiplicata per RE dia luogo ad
una tensione più bassa della tensione limite (vedi anche slide 62). Cioè in altre parole
la tensione di contatto a vuoto che si manifesta per questo guasto è in generale al di
sotto della pericolosità. Però questo in generale non va bene, quando facciamo un
progetto dobbiamo essere certi, nei limiti della certezza di cui conosciamo i modelli,
e quindi faremo una verifica. Ci calcoliamo il livello di corrente di guasto, lo
moltiplichiamo per la resistenza dell’impianto di terra RE , otteniamo la tensione di
contatto e la confrontiamo con la tensione limite. In generale è davvero facilissimo
fare in modo che questa condizione sia sempre rispettata, anche perché sappiamo che
il picchetto a terra dà 100~200 ohm resistenza e le correnti di guasto sono veramente
basse perché sono correnti capacitive. Quindi il grande beneficio di un sistema IT è
proprio questo, che quando si verifica un guasto, il primo guasto, non c’è bisogno di
interrompere, perché non c’è il pericolo. Quindi un sistema IT è un sistema orientato
alla continuità del servizio, perfino se si è guastato un apparecchio posso continuare a
esercire l’impianto in sicurezza. Questo è il grande beneficio del sistema IT, infatti il
sistema IT è tipicamente destinato a tutte quelle applicazioni in cui si privilegia la
continuità del servizio, in cui la continuità del servizio è l’elemento fondamentale.
C’è anche da dire che il sistema è un sistema isolato da terra e quindi quando faccio
un guasto ho una fase che va a terra (vedi di nuovo figura in slide 61) ma ho due fasi
che vanno in sovra tensione, avevamo visto quel triangolo col centro stella che si
sposta su un vertice e le altre due tensioni stellate diventano tensioni concatenate.

(a proposito di questo vedi anche slide 69)


Abbiamo fatto questa precisazione perché questa situazione con un apparecchio
guasto in un sistema IT può durare teoricamente all’infinito e nessuno corre alcun
pericolo, però è facile che siccome il sistema va in sovra tensione si guastino altre
cose. E quindi non posso pensare di stare in una posizione di primo guasto troppo a
lungo perché altrimenti dal primo guasto posso arrivare al secondo guasto (vedi
figura in slide 63). E al secondo guasto il sistema si trova in questa situazione : c’era
l’apparecchio di prima che si è guastato, ho aspettato un po’ di tempo e da un’altra
parte si è guastato pure un altro apparecchio. Adesso ho un anello in cui la corrente
può passare, al secondo guasto il sistema in pratica evolve da IT in un TN. In figura
di slide 63 si vede che c’è un anello che interessa i conduttori così come succedeva
nel TN. Però c’è la differenza che questo anello è alimentato dalla concatenata,
possiamo vedere dal circuito in figura che la tensione applicata all’anello è la
differenza di tensione tra due fasi, quindi è una tensione concatenata. Beh quando si
verifica questa situazione dobbiamo togliere tensione, cioè dobbiamo impedire che la
tensione assuma valori pericolosi quindi dobbiamo fare quello che facciamo nel TN.
Nel TN quando c’è questa condizione eliminiamo in meno di 0,4 secondi, e qui
elimineremo con lo stesso criterio. Al doppio guasto il sistema evolve in TN e quindi
seguiremo le regole di protezione del sistema TN. È un po’ diverso dal sistema TN,
perché qui ci vogliono due guasti e la corrente che circola è influenzata dalla
posizione dei due guasti, quindi dovrei teoricamente esaminarmi tutte le coppie di
guasti possibili. Se il guasto interessa due apparecchi vicini le impedenze in gioco
sono di un tipo, se il guasto interessa due apparecchi lontani le impedenze in gioco
sono diverse, e quindi è diversa la difficoltà di capire se intervenire o meno. Ora, è
impossibile analizzare tutte le possibili coppie di guasto che si possono creare, quindi
la norma ci dà un metodo semplificato che ci dice : trattalo come un TN quindi
applica la stessa regola, vai nei punti più lontani, applica la stessa regola ma
dimezzati il valore dell’impedenza. Su slide 65 possiamo vedere la relazione in cui
c’è 3 perché nel TN abbiamo solo stellata mentre col doppio guasto in un sistema
IT abbiamo tensioni concatenate che eccitano il circuito quindi la tensione che fa
passare la corrente di guasto è la concatenata 3 ×U 0 . Poi I a è la corrente che fa
intervenire il dispositivo nei tempi prestabiliti, 0,4 secondi, tipici del TN quando la
tensione è 230 V, e infine il 2 al denominatore è dovuto al fatto che l’impedenza
dell’anello di guasto Z s deve essere più piccola della metà di tutta quella quantità che
avrei nel TN. Quindi in un sistema IT devo verificare che ci sia sicurezza anche
quando il guasto da uno passa a due, anche se in realtà io non dovrei mai arrivare al
doppio guasto. Questo perché un sistema IT davvero efficiente deve avvisarmi che
sono in una situazione di primo guasto, non interviene, ma quando io ho la possibilità
di farlo fermo tutto, cerco il guasto e lo riparo. Quindi la filosofia del sistema
dovrebbe essere questa. Ora capire che c’è un guasto in un sistema IT è facile,
bastano tre lampade collegate a stella (ora vedi figure in slide 64). Perché sappiamo
appunto che due fasi vanno in sovra tensione, quindi due lampade si illuminano di più
e una si spegne. In realtà i sistemi sono molto più sofisticati adesso e si utilizzano dei
sistemi che si chiamano verificatori permanenti di isolamento. In pratica questi
sistemi provano a iniettare sempre una corrente, applicano una tensione e quindi se
questa corrente riesce a circolare oltre un certo livello vuol dire che qualche fase è in
sovra tensione. Ci sono sistemi ancora più sofisticati addirittura che si mettono sui
diversi livelli gerarchici e ci consentono anche di individuare il tronco. Perché la
grossa difficoltà di questi sistemi articolati è che io so che c’è il guasto ma capire
dov’è il guasto è difficile. In un sistema normale TT noi ce ne accorgiamo subito
perché andiamo nel quadro dove si è aperto l’interruttore e quindi a valle ci sarà il
guasto. Se sono stato selettivo, se ho fatto bene le protezioni non si sono aperte tutte
ma si sono aperte quelle più vicine al guasto e da lì inizio la ricerca. In un sistema IT
standard questo è molto difficile da fare. Come faccio la ricerca del guasto ? Inizio,
apro un quadro e do tensione, se continuano ad accendersi le luci in modo strano vuol
dire che non è quello il quadro, e riprovo perché c’è ancora di guasto, e faccio una
ricerca manuale, apro, chiudo e provo, apro, chiudo e provo... finché non trovo dove
sta il guasto. I sistemi moderni una parte di questa procedura la fanno in automatico,
comunque la filosofia è questa.
Per esempio un sistema IT è la sala operatoria, si chiama IT medicale. È un sistema
IT monofase fatto con un trasformatore da sala operatoria, ma il concetto è lo stesso.
Se c’è un difetto di isolamento in sala operatoria il chirurgo non è che interrompe
l’intervento, continua l’intervento perché il sistema gli garantisce comunque la
sicurezza. Solo che il chirurgo, l’addetto gli impianti e tutti lo sanno, perché il
verificatore permanente di isolamento accende una bella luce rossa e avvisa, c’è
anche una sirena, che ovviamente viene tacitata perché fare l’intervento con la sirena
è un po’ fastidioso, ma comunque io lo so che sono in questa situazione, e quando
finiti gli interventi al pomeriggio la sala viene lasciata libera, si fa l’intervento di
manutenzione per capire dov’è il problema. Sarebbe criminale continuare nei giorni
successivi a fare interventi con quella bella spia accesa rossa perché se ci fosse il
secondo guasto non è che si muore folgorati perché scattano le protezioni, però mi
toglie tensione in sala, a tutto. E non è che posso cavarmela perché tanto c’è il gruppo
elettrogeno, il gruppo elettrogeno porta energia alla stessa rete ma l’interruttore
generale della linea la toglie, perché non è che siccome c’è il gruppo elettrogeno
posso alimentare le persone a morire folgorate, quindi perdo l’alimentazione in sala.
Quindi il sistema IT nasce proprio per evitare di togliere tensione, ma se io aspetto il
secondo guasto allora la tensione la devo togliere, è il secondo guasto, dai e dai,
prima o poi arriva, soprattutto perché vado a far lavorare fasi in sovra tensione.
Quindi il sistema IT non è la panacea di tutti i problemi.
Distribuire il neutro o non distribuire il neutro in un sistema IT ( vedi anche slide 66).
Nel sistema IT distribuire il neutro è sconsigliato perché ti puoi trovare nella
situazione in cui hai un guasto su una fase è un guasto sul neutro (vedi figura in slide
68). Prima quello sulla fase e poi quello sul neutro o viceversa tanto comunque il
sistema è IT e non ti accorgi fino a quando non hai due guasti. Ma in una situazione
come questa alla fine io trovo una circolazione di corrente anche nel circuito del
neutro, con il problema di alimentare il guasto in monofase, adesso il guasto è
alimentato in monofase, e con una corrente di guasto che sarà necessariamente più
piccola. Nel circuito la corrente passerà alla fase e al neutro e interessa in parte i
collegamenti tra i PE. Quindi la corrente sarà più piccola per due motivi, sarà più
piccola perché è alimentata da una tensione ridotta, e sarà più piccola perché mette in
gioco un circuito, quello col PE, che ha un impedenza più grande. L’impedenza
dell’anello di guasto è quella che devo andare a verificare con la corrente di guasto(?)
Allora questa situazione è più critica, perché è vero che poi compare una tensione più
bassa, e quindi in generale meno pericolosa, ma dura più a lungo (vedi anche slide
67). Quindi la norma sconsiglia di distribuire il neutro perché ci mettiamo in una
situazione di rischio aumentato. In ogni caso se distribuiamo il neutro dobbiamo
ricordarci che dobbiamo verificare la doppia condizione (vedi le condizioni in slide
66).
Quindi il sistema IT è un sistema che deve prevedere una verifica dell’impianto di
terra per essere sicuro che sia compatibile con le correnti capacitive del primo guasto,
la disposizione di un sistema di avviso, che ci avvisi della presenza del guasto, e
comunque deve essere dimensionato per far fronte anche al secondo guasto. Ci sono
due modi di mettere a terra un sistema di tipo IT. Uno è quello in cui faccio una terra
unica e collego tutte le masse (come nella figura di slide 63), se faccio così quando
c’è il doppio guasto il sistema evolve in un TN, e infatti stiamo usando le regole di
protezione del TN. È quello da fare ed è quello preferito. Potrei anche scegliere di
mettere due terre separate e non un collegamento in comune, se facessi questo
praticamente al doppio guasto del sistema evolve in una sorta di sistema TT, però un
sistema TT molto complicato perché è come quello che abbiamo visto prima con due
terre localizzate distinte (quello nella figura a pag 6 di questo stesso file), quello in
cui i differenziali risultavano indeboliti e funzionavano male. Questo sarebbe il caso
in cui ci riporteremo con un IT fatto con due terre separate. Quindi il sistema IT è
sempre un sistema che ha un collegamento equipotenziale e un nodo a cui sono
collegate tutte le masse.
Ok abbiamo visto fin qui : contatti indiretti, metodi di protezione attivi, i sistemi TT, i
sistemi TN, i sistemi IT, questi sono argomenti al top del corso, importantissimi,
perché gli ingegneri hanno a che vedere con la vita delle persone e questo è il caso in
cui un ingegnere elettrico ha che fare con la vita delle persone.

2° Pausa

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