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1
APPROSSIMAZIONE DI BORN-OPPENHEIMER
La meccanica quantistica descrive e spiega l’esistenza di legami chimici stabili, quindi può essere
utilizzata per studiare le molecole.
Tuttavia l’Hamiltoniano contiene diversi termini e l’equazione di Schrodinger non è, in generale,
risolvibile esattamente: occorre quindi ricorrere a delle approssimazioni.
Scriviamo l’espressione dell’Hamiltoniano molecolare per una generica molecola poliatomica e
polielettronica:
Nn
1 2
Tˆn a energia cinetica dei nuclei
a 2M a
Ne
1
Tˆe i2 energia cinetica dei nuclei
i 2
Nn Nn
Z Z
Vˆnn a b energia potenziale di repulsione tra i nuclei
a b a Rab
Ne Ne
1
Vˆee energia potenziale di repulsione tra i nuclei
i j i rij
Nn Ne
Z
Vˆne a energia potenziale di attrazione nucleo-elettrone
a i rai
Nn
1 2 Ne 1 2 Nn Nn Z a Z b Ne Ne 1 Nn Ne Z a
Hˆ a i
a 2 M a i 2 a b a Rab i j i rij a i rai
2
prodotto di funzioni (tipica di un Hamiltoniano separabile). Assumiamo che la funzione d’onda
totale sia il prodotto di una funzione d’onda nucleare e di una elettronica
TOT e n
Possiamo dire che l’energia cinetica nucleare T n è trascurabile se è vero che l’inerzia dei nuclei è
molto maggiore. Questo vuol dire che possiamo porre a zero Tn e risolvere l’equazione per il solo
moto elettronico, trattando le coordinate nucleari (Ri) come parametri. Quindi
H TOT Tn H e H e
A questo punto si può risolvere l’equazione di Schrodinger relativa al solo moto degli elettroni
H e e (r , Ri ) Ee ( Ri ) e (r , Ri )
Che risolta fornisce un auto valore Ee(Ri), il cui valore dipende parametricamente dalle coordinate
nucleari.
Se si risolve l’equazione di Schrodinger per un certo numero di valori dei parametri nucleari si
ottiene un insieme di valori Ee(Ri) che determinano, in due dimensioni, una curva di energia
potenziale, e in tre dimensioni, una iper superficie di energia potenziale (Potential Energy Surface,
PES)
Una volta risolta l’equazione per il moto elettronico e trovata la funzione d’onda elettronica,
l’insieme delle energie elettroniche Ee(Ri) costituiscono il termine di energia potenziale Vn per il
problema nucleare. L’Hamiltoniano nucleare è pertanto
H n Tn Vn
1 2 1 2
H
2 z2
j 1, 2.. 2 M j z j
2
V ( z , Z1 , Z 2 )
Per l’energia cinetica dell’elettrone, l’energia cinetica del nucleo e l’energia potenziale del sistema,
rispettivamente. L’equazione di Schrodinger associata è
H ( z, Z1 , Z 2 ) E ( z, Z1 , Z 2 )
( z, Z1 , Z 2 ) ( z, Z1 , Z 2 ) (Z1 , Z 2 )
Dove φ è la funzione d’onda elettronica e χ quella nucleare. La notazione φ(z, Z1, Z2) significa che la
funzione d’onda per l’elettrone è funzione della sua posizione z e dipende parametricamente dalle
coordinate dei due nuclei, nel senso che si ha una diversa funzione d’onda φ(z) per ogni
disposizione dei nuclei.
Sostituendo questa funzione d’onda nell’equazione di Schrodinger si ottiene
H Te Tn V W E
Vediamo in dettaglio come agisce ciascun componente sulla funzione d’onda prodotto.
Consideriamo l’operatore Te
Te Te
Te agisce solo sulle funzioni d’onda di coordinate elettroniche, quindi non ha effetto su χ.
Consideriamo l’operatore V
V ( z, Z1 , Z 2 ) V
V è funzione sia delle coordinate elettroniche che nucleari, quindi agisce su entrambe le funzioni.
4
L’operatore Tn agisce sulle funzioni di coordinate nucleari, quindi opera su entrambe le funzioni φ
e χ. Esaminiamo Tn in dettaglio:
1 2
Tn [ ]
j 1, 2... 2 M j Z j
2
1 2 2
2
Z j Z 2j Z j Z j
2
j 1, 2... 2 M j
Questo termine è il contributo di energia cinetica dovuto alla funzione d’onda nucleare.
Sarà più o meno grande a seconda dei casi ma non disturba, e dei tre termini che si generano
dall’azione di Tn sulla funzione d’onda totale è quello che possiamo immaginare abbia più
importanza conservare, dal momento che è l’operatore energia cinetica nucleare e agisce sulla
funzione d’onda nucleare. L’insieme dei termini rimanenti è indicato con W
1 2
W
Z
j 1, 2 ,.. 2 M j
2
2
Z j Z j
j
Questa quantità è non nulla perché φ dipende parametricamente dalle coordinate nucleari e
quindi la derivata ∂φ/∂Zj è non nulla. Tuttavia, siccome al denominatore è presente M j, che è una
quantità molto grande, ne risulta che W è molto piccolo e può essere considerato trascurabile.
Di conseguenza l’equazione di Schrodinger si riduce a
Te Tn V E
e, raccogliendo e riarrangiando
Tn (Te V ) E
5
Ed eliminando la funzione φ da entrambi i membri
Tˆn Ee E
Questa è l’equazione di Schrodinger per la funzione d’onda χ dei nuclei quando l’energia
potenziale nucleare, ora rappresentata da E e, ha la forma della curva di energia potenziale
nucleare. Il suo auto valore E è l’energia totale della molecola nell’approssimazione di BO.
1 1 1 1
H 12 V con V
2 A1 B1 R
r r
Dove rA1 e rB1 sono le distanze dell’elettrone dai due nuclei e R è la distanza tra i due nuclei.
Nell’espressione di V, i primi due termini tra parentesi sono il contributo attrattivo tra l’elettrone e
i due nuclei e il terzo termine rappresenta l’interazione repulsiva tra i due nuclei
6
In cui sono rappresentate due funzioni d’onda relative ai più bassi autovalori. In particolare, per la
regola dei nodi, la funzione a più alta energia è quella che presenta un piano nodale, mentre la
prima corrisponde all’energia dello stato fondamentale della molecola di idrogeno.
Guardando l’espressione di queste funzioni d’onda (ognuna funzione di un solo elettrone) si può
notare che assomigliano a combinazioni lineari di oggetti conosciuti, che nel caso dell’atomo di H
sono gli orbitali atomici.
La soluzione esatta dell’equazione di Schrodinger ha ispirato la scelta di considerare le funzioni
d’onda molecolari come combinazioni lineari di orbitali atomici (LCAO).
Si tratta comunque di una approssimazione, in quanto, quando si introduce questa “ipotesi di
costruzione” della funzione monoelettronica, si sostituisce la soluzione esatta con una soluzione
approssimata. L’obiettivo è quello di utilizzare questo tipo di soluzione laddove la soluzione esatta
non può essere trovata.
La soluzione dell’equazione di Schrodinger porta a diversi autovalori e autofunzioni, indicati dal
pedice i. Se le soluzioni sono ottenute per diversi valori del parametro R, si ottengono le curve di
energia potenziale Ei(R) dei diversi stati elettronici di H2+
7
Soluzione dalla teoria variazionale
La forma generale di una combinazione LCAO è del tipo
LCAO icii
Dove le φi in questo caso sono gli orbitali atomici, di forma analitica conosciuta, che costituiscono
la base impostata per il calcolo.
Le variabili, nella combinazione LCAO, sono i coefficienti ci: ciascun orbitale atomico compare nella
combinazione con il proprio coefficiente.
Tante più φi compaiono nella LCAO, tanto meglio la Ψ LCAO sarà definita, ma tanti più saranno i
coefficienti da calcolare.
Assumiamo che tutti i membri del set di base (φi) siano reali e normalizzati a 1. In sintesi il teorema
variazionale dice che possiamo scegliere una funzione di prova, ΨTrial, e con questa possiamo
ottenere una buona approssimazione dell’energia. Migliorando la funzione di prova, la sua energia
sarà sempre più bassa e più vicina a quella vera.
Nel caso di H2+ la funzione di prova è semplice e intuitiva, cioè la combinazione lineare dei due
orbitali atomici dei due atomi di idrogeno.
Quando si utilizza come funzione di prova una combinazione lineare di più oggetti, l’approccio
variazionale prevede l’utilizzo di una variante, detta metodo di Rayleigh-Ritz.
Definiamo il rapporto di Rayleigh-Ritz, ε, come
T | Hˆ | T
dove T icii
T | T
Si tratta, di fatto, del valore d’attesa dell’energia per la funzione di prova scelta.
Sostituendo l’espressione di ΨT si ottiene
c | Hˆ | c
i i i j j c c | Hˆ |
ij i j i i
j
c | c
i i i j j j c c |
ij i j i i
Dal momento che il numeratore e il denominatore sono caratterizzati da due indici, i e j, gli
integrali possono essere sostituiti dai corrispondenti elementi di matrice
cc H
ij i j ij
cc S
ij i j ij
Per trovare il valore minimo di ε differenziamo rispetto a ciascuno dei coefficienti ci e cj, e poniamo
volta per volta ∂ε/∂ck=0. Per semplicità riscriviamo l’espressione di ε considerandola come un
prodotto di funzioni
cc H
ij i j ij
f (ck ) g (ck ) c c H c c S 1
cc S ij i j ij ij i j ij
ij i j ij
8
Calcoliamo ora la derivata: abbiamo a che fare con delle doppie sommatorie, in i e in j, e dobbiamo
derivare rispetto al k-esimo elemento. Il k-esimo elemento si troverà sia nella prima serie di
coefficienti che nella seconda: a un certo punto ci e cj assumeranno valore ck. Quindi, quando
l’indice j è uguale a k, cj ha valore ck e rimane una sommatoria in i di tutti gli elementi del tipo c ick,
e a seguito della derivazione ck sparisce e si ha iciHik. Hik è l’unico elemento che sopravvive, Σ
perché j=k e tutti gli altri elementi, che sono dei numeri, vanno a zero derivando rispetto a c k.
Il discorso è analogo quando i=k e ci=ck. La derivata quindi risulta
c H c H c S c S c c H
c c S c c S
i i ik j kj i i ik j kj i j ij
j
j ij
ck cc S ij i j ij ij i j ij ij i j ij
c H c H
i i ik j j kj
c S c S
i i ik j j kj
cc S ij i j ij cc S ij i j ij
c H S c H S 0
j j kj kj i i ik ik
cc S ij cc S
i j ij ij i j ij
Questa espressione risulta soddisfatta se i numeratori si annullano. I due numeratori di fatto sono
identici, varia solo l’indice su cui corre la sommatoria, quindi, in realtà se si annulla un numeratore
si annulla anche l’altro. Dobbiamo risolvere il set di equazioni secolari
c H i i ik Sik 0
Si tratta di un insieme di equazioni simultanee per i coefficienti ci. La condizione di esistenza delle
soluzioni è che il determinante secolare si annulli
det | H ik Sik | 0
Tipicamente, se il sistema di equazioni è piccolo, come nel caso di H2+, la risoluzione del
determinante è particolarmente semplice.
La soluzione per sistemi grandi avviene attraverso la diagonalizzazione della matrice
dell’Hamiltoniano H, da cui si ottengono
- Autovalori, ovvero le energie degli orbitali molecolari;
- Autovettori, cioè l’insieme dei coefficienti di combinazione che descrive l’MO attraverso la
LCAO.
La base degli AO deve prima essere ortogonalizzata in modo da avere
det | H ik I ik |
Abbiamo ottenuto un’espressione generale della teoria variazionale per la funzione d’onda
costruita come combinazione lineare di orbitali atomici.
La risoluzione del determinante secolare, posto uguale a 0, fornisce il miglior valore dei coefficienti
di combinazione, tali da a vere l’espressione LCAO che assicura l’energia più bassa.
9
Per il caso della molecola di H2+ si è scelta una funzione di funzione di prova che è combinazione
lineare di due orbitali atomici. L’Hamiltoniano di H2+ è monoelettronico e l’applicazione del
principio variazionale è particolarmente semplice. Per applicare il principio variazionale ricorriamo
a una semplificazione. L’Hamiltoniano di H2+ è
1 1 1 1
Hˆ 2
2 rA1 rB1 R
Data una configurazione con nuclei fissi, il termine 1/R risulta costante e può quindi essere
trascurato nell’applicazione del principio variazionale. Verrà aggiunto in un secondo momento
all’espressione dell’energia totale del sistema.
Utilizziamo una funzione di prova combinazione lineare dell’orbitale 1sA pesato per il coefficiente
c1 e dell’orbitale 1sB pesato per il coefficiente c2:
Siccome la molecola di H2+ è simmetrica, ci si aspetta che c1 e c2 siano uguali in valore assoluto.
Le due funzioni d’onda della combinazione danno origine a una matrice Hij di dimensione 2x2: il
determinante secolare associato sarà 2x2 e la soluzione si ottiene senza dover passare attraverso
un algoritmo di diagonalizzazione.
Applichiamo il principio variazionale scrivendo il valore d’attesa dell’Hamiltoniano
Consideriamo il numeratore:
c11 c22 | Hˆ | c11 c22 c11 | Hˆ | c11 c11 | Hˆ | c22 c22 | Hˆ | c11 c22 | Hˆ | c22
Il numeratore è costituito dagli elementi della matrice associata all’Hamiltoniano di H2+, espressa
in termini della combinazione dei due orbitali atomici.
Per semplicità etichettiamo questi quattro integrali con i simboli α e β:
1 | Hˆ | 1 11 1 | Hˆ | 2 12 2 | Hˆ | 1 21 2 | Hˆ | 2 22
10
Possiamo immaginare che l’interazione sarà diversa a seconda della distanza tra i due nuclei;
osserviamo quindi che β dipende dalla grandezza degli integrali di sovrapposizione tra i due
orbitali, β oc S.
Tenendo in considerazione che i due integrali β12 e β21 sono identici, il numeratore può essere
riscritto come
| Hˆ | c 2 c c c c c 2 c 2 2c c c 2
1 1 1 2 12 2 1 21 2 2 1 1 1 2 12 2 2
L’obiettivo è minimizzare l’energia determinando i valori appropriati di c1 e c2. Per fare ciò
deriviamo l’espressione di E rispetto ai coefficienti. Riscriviamo per comodità l’espressione di E nel
seguente modo
E (c12 2c1c2 S c22 ) c121 2c1c2 12 c22 2
Deriviamo rispetto a c1
E 2
(c1 2c1c2 S c22 ) E (2c1 2c2 S ) 2c1 1 2c2 12
c1
Poniamo ∂E/∂c1=0
E 2
(c1 2c1c2 S c22 ) E (2c2 2c1S ) 2c2 2 2c112
c2
Poniamo ∂E/∂c2=0
E (2c2 2c1S ) 2c2 2 2c112
Abbiamo ottenuto un sistema di equazioni secolari che devono essere risolte simultaneamente
per ottenere il valore appropriato di c1 e di c2
Per ottenere le soluzioni non banali dobbiamo porre il determinante secolare associato uguale a
zero e calcolarne gli autovalori
E ES
det 0
ES E
Posto β12=β21=β e α1=α2=α.
La soluzione si trova cercando i valori dell’energia che annullano il determinante, e
successivamente sostituendo i valori di E nel sistema di equazioni secolari per determinare i
coefficienti. Quindi
( E ) 2 ( ES ) 2 0
( E ) 2 ( ES ) 2
( E ) ( ES ) 2
( E ) ( ES )
( E ) ( ES )
E (1 S )
E E
1 S 1 S
E+ ed E- sono gli autovalori associati a funzioni d’onda del tipo LCAO come quelle che abbiamo
scelto.
Riscriviamo queste due espressioni in una forma che consenta di illustrare meglio i valori relativi
all’energia degli orbitali atomici costituenti.
Siamo partiti da una situazione in cui i due atomi di idrogeno A e B si trovano a distanza infinita,
con un elettrone nell’orbitale 1s di uno dei due atomi (1sA o 1sB) con una energia pari a α.
12
Riarrangiamo quindi le espressioni dei due autovalori rispetto ad α, aggiungendo e togliendo Sα al
numeratore. Per l’autovalore E+:
S S (1 S ) S
E
1 S 1 S 1 S
S
=
1 S
Essendo β una quantità negativa, la grandezza β-Sα è negativa, quindi l’autovalore E + indica che
quando i due orbitali atomici interagiscono possono ricadere in una situazione energetica inferiore
rispetto ad α.
Per l’autovalore E- invece:
S S (1 S ) S
E
1 S 1 S 1 S
S
=
1 S
L’autovalore E- indica che l’interazione tra i due orbitali porta a una situazione energetica
superiore rispetto ad α. Riportando il tutto in un diagramma di interazione orbitalica
si può notare che il gap energetico superiore è più grande rispetto a quello inferiore e per
valutarne la dipendenza bisogna studiare il denominatore, infatti (1-S) è più piccolo di (1+S), quindi
α si alza di una quantità più grande di quanto si sia abbassata in precedenza.
Osserviamo quindi che un elettrone che si trova nel livello energetico E+ sarà in una situazione più
stabile rispetto a quando si trovava nell’orbitale 1s e, di contro, un elettrone nel livello E- sarà in
una situazione più instabile.
In ragione di questa stabilità, il livello più basso viene chiamato legante, mentre quello più alto, e
più instabile, viene chiamato anti-legante.
Dobbiamo ora sostituire gli autovalori nel sistema di equazioni secolari per trovare i coefficienti c1
e c2 che definiscono la funzione d’onda.
13
Sappiamo che Ψ=c1φ1+c2φ2 ma siccome la molecola di H2+ ha simmetria assiale, questo caso è
particolarmente semplice, e il valore dei due coefficienti è triviale: devono essere uguali in valore
assoluto perché i due atomi sono identici. Quindi possiamo semplicemente scrivere
1 2 1s A 1sB
Le due autofunzioni associate ai due autovalori sono la combinazione, una + e una -, dei due
orbitali atomici; la soluzione Ψ– corrisponde all’energia E-, mentre la soluzione Ψ+ corrisponde
all’energia E+. Queste due soluzioni definiscono gli orbitali molecolari di H2+, le cui forma e
simmetria si possono vedere dal grafico
La combinazione + dei due orbitali atomici si traduce nel fatto che, non essendoci piano nodale, Ψ+
si può estendere liberamente al centro del legame e questo porta a un accumulo di densità
elettronica in mezzo ai due nuclei.
La combinazione – invece comporta un cambio di segno e la presenza di un piano nodale tra i due
nuclei.
L’etichetta “σ” è un’indicazione della simmetria rispetto all’asse molecolare. Entrambi questi
orbitali hanno simmetria cilindrica e possiedono un centro di inversione: in particolare l’orbitale
Ψ+ è simmetrico rispetto al centro di inversione e viene etichettato con σ g (g=gerade), mentre
l’orbitale Ψ– è antisimmetrico rispetto al centro di inversione e viene etichettato con σ u
(u=ungerade).
| Hˆ |
E
|
14
Poiché l’OM non è normalizzato dobbiamo tenere in considerazione anche il denominatore.
Per ottenere un’espressione di E+ esplicitiamo la funzione d’onda e, successivamente anche i
contributi dell’Hamiltoniano. Consideriamo il denominatore:
| 1s A 1s B | 1s A 1s B
1s A | 1s A 1s A | 1s B 1s B | 1s A 1s B | 1s B
1s A | 1s A 1s B | 1s B 1 elementi diagonali
1s A | 1s B 1s B | 1s A S elementi fuori diagonale
| 2 2S 2(1 S )
| Hˆ | 1s A 1s B | Hˆ | 1s A 1s B
1s A | Hˆ | 1s A 1s A | Hˆ | 1s B 1s B | Hˆ | 1s A 1s B | Hˆ | 1s B
Con
1s A | Hˆ | 1s A H AA 1s B | Hˆ | 1s B H BB elementi diagonali
| Hˆ | 2 H AA 2 H AB
A questo punto, invece di etichettare gli integrali con α e β, li espandiamo in termini degli elementi
dell’Hamiltoniano, che per la molecola di H2+ è
1 1 1
Hˆ Tˆe
rA1 rB1 R
1 1 1
1s A Tˆe 1s A 1s A 1s A
rA1 rB1 R
15
Osserviamo che Tˆe 1 corrisponde all’Hamiltoniano dell’atomo di idrogeno, Ĥ H .
rA1
Siccome 1sA è autofunzione dell’operatore Ĥ H , quest’ultimo restituirà l’autovalore E1s, ovvero
l’energia dell’elettrone nell’orbitale 1s dell’atomo di idrogeno. Quindi possiamo scrivere
1 1 1 1
H AA E1s 1s A | 1s A 1s A 1s A E1s 1s A 1s A
rB1 R rB1 R
Il secondo termine viene identificato da due notazioni, una utilizzata dal libro Atkins e l’altra
utilizzata dal libro McQuarrie.
Nella notazione McQuarrie viene chiamato integrale di Coulomb J, un operatore monoelettronico
quindi l’elemento di matrice HAA è semplicemente
H AA E1s J
L’integrale J è un oggetto che fisicamente descrive l’interazione di una densità elettronica (che
giace intorno al nucleo A) con il nucleo B.
Nella notazione Atkins invece abbiamo
1 1 1 1
1s A 1s A 1s A 1s A 1s A 1s A
rB1 R rB1 R
1
j 1s A | 1s A
R
1
j
R
Il termine j rappresenta un’attrazione tra l’elettrone che sta nell’orbitale atomico 1s A e il nucleo B.
Ci siamo occupati dell’elemento H AA ma la trattazione è del tutto analoga per l’elemento HBB,
infatti sappiamo che HAA=HBB, quindi in definitiva
1
H AA H BB E1s J E1s j
R
1 1 1
H BA 1s B | Hˆ | 1s A 1s B Tˆe 1s A
rA1 rB1 R
1 1 1
1s B Tˆe 1s A 1s B 1s A
rA1 rB1 R
16
1 1 1 1
H BA E1s 1s B | 1s A 1s B 1s A E1s S 1s B 1s A
rB1 R rB1 R
1 1
1s B 1s A K notazione McQuarrie
rB1 R
1 1 1 1 S
1sB 1s A 1sB 1s A 1sB 1s A k notazione Atkins
rB1 R rB1 R R
Il termine K si differenzia dal termine J in quanto l’integrale coinvolge due orbitali diversi, quindi
non possiamo più considerarlo come un termine di interazione colombiana.
Viene chiamato integrale di scambio e corrisponde a una densità di carica non classica che
interagisce con il nucleo B. E’ una densità di carica perché formalmente è il prodotto di due
funzioni d’onda, ma siccome sono riferite a due orbitali diversi (1s A e 1sB) è una particolare densità
di carica che non ha nessuna controparte nella fisica classica. Talvolta è chiamata overlap density.
Il termine k, come il termine j, è negativo, quindi è un termine attrattivo.
In sintesi abbiamo
1
1s A | Hˆ | 1s A Hˆ AA 1s B | Hˆ | 1s B Hˆ BB E1s J E1s j
R
S
1s A | Hˆ | 1s B Hˆ AB 1s B | Hˆ | 1s A Hˆ BA E1s S K E1s S k
R
2 S 1 S
2 E1s 2 j 2 E1s S 2k 2 2 E1s (1 S ) 2( j k ) 2
R R R
A questo punto possiamo sostituire le espressioni del numeratore e del numeratore nel valore
d’attesa di E+:
| Hˆ | 2 H AA 2 H AB 2 E1s (1 S ) 2( J K ) (J K ) McQuarrie
E E1s
| 2(1 S ) 2(1 S ) 2(1 S ) (1 S )
2 E1s (1 S ) 2 j 2k 2(1 S ) ( j k) 1
E1s Atkins
2(1 S ) 2 R(1 S ) (1 S ) R
17
E nel complesso, nelle due notazioni
JK jk 1
E E1s E E1s
1 S 1 S R
Abbiamo ottenuto due espressioni che non contengono i termini α e β e che sono molto più
dettagliate, in quanto E1s è l’energia dell’orbitale 1s dell’atomo di idrogeno, è presente un
integrale Coloumbiano che comprende J e j, e un integrale di scambio che contiene k e S/R.
quest’ultimo integrale in particolare contiene un oggetto che non ha una controparte classica.
Per R=0 chiaramente S=1, perché i due orbitali sono completamente sovrapposti, e come ci si
aspetta, man mano che i nuclei si allontanano S decresce fino a tendere a zero per distanze
internucleari molto grandi.
18
Stabilità di H2+ in Ψ+
A questo punto dobbiamo sostanzialmente capire cosa determina il minimo della curva di energia
potenziale associata alla funzione d’onda Ψ+. Per fare questo riportiamo in grafico l’espressione
J K J K
E E1s E
1 S 1 S 1 S
La curva di energia potenziale altro non è che la PES della molecola di H 2+ nel suo stato elettronico
fondamentale. Allo zero corrisponde il valore di riferimento, ovvero l’energia dell’orbitale atomico
1s: quando la curva raggiunge lo zero, si ha la dissociazione della molecola di H2+ in un atomo di
idrogeno e un protone.
Si noti che il termine costituito dall’integrale di Coulomb è sempre positivo, quindi l’integrale di
scambio K è interamente responsabile dell’esistenza del legame chimico in H 2+. Siccome il termine
di scambio non possiede analogo classico, questo risultato serve a dar rilievo alla natura
quantistica del legame chimico.
Abbiamo quindi determinato che non è l’elettrostatica classica, descritta dal termine J, a rendere
stabile il legame chimico di H2+, ma la stabilità è di natura puramente quantistica.
Ci chiediamo ora il motivo per cui la curva K/(1+S) presenta un minimo. Scomponiamo quindi i
termini K e J nella notazione Atkins
1
J j 0 per R grande
R
19
Il termine j è negativo (attrattivo) e 1/R è positivo (repulsivo). A lunghe distanze R, j compensa il
termine 1/R, J tende a zero ed è sempre positivo
S
K k k 0
R
Il termine k è non classico e negativo (attrattivo), mentre S/R è positivo. Alla distanza di legame k
supera in valore assoluto il termine S/R; rimane quindi un contributo negativo che è responsabile
del minimo della curva di energia potenziale e che spiega la stabilizzazione.
Analizziamo ora i contributi energetici per l’energia dell’orbitale molecolare a più alta energia,
Ψ-=1sA-1sB. Otteniamo il valore di E- scrivendo il valore d’attesa dell’operatore Hamiltoniano
| Hˆ |
E
|
Consideriamo il numeratore
| Hˆ | 1s A 1s B | Hˆ | 1s A 1s B
1s A | Hˆ | 1s A 1s A | Hˆ | 1s B 1s B | Hˆ | 1s A 1s B | Hˆ | 1s B
1
1s A | Hˆ | 1s A 1s B | Hˆ | 1s B E1s J E1s j
R
S
1s A | Hˆ | 1s B 1s B | Hˆ | 1s A E1s S K E1s k
R
2 2S (1 S )
2 E1s 2 j 2 E1s S 2k 2 E1s (1 S ) 2( j k ) 2 Atkins
R R R
| 1s A 1s B | 1s A 1s B
1s A | 1s A 1s A | 1s B 1s B | 1s A 1s B | 1s B
2 2S
2(1 S )
20
Il valore d’attesa dell’operatore Hamiltoniano, cioè l’energia per l’orbitale Ψ- è pertanto
| Hˆ | 2 H AA 2 H AB 2 E1s (1 S ) 2 J 2 K
E McQuarrie
| 2(1 S ) 2(1 S )
Atkins
2 E1s (1 S ) 2 j 2k 2(1 S )
2(1 S ) 2 R (1 S )
E nel complesso, nelle due notazioni
J K jk 1
E E1s E E1s
1 S 1 S R
J K
E E E1s
1 S
Osserviamo che ∆E- porta a una curva di tipo dissociativo e non presenta un minimo, quindi la
funzione d’onda Ψ- porta a un orbitale molecolare di antilegame.
È chiaro che gli stessi fattori che giustificano la stabilità dello stato fondamentale in questo caso
giustificano la destabilizzazione: alla distanza di legame si ha che K≈k<0, ma con il meno davanti
diventa positivo e causa un aumento dell’energia.
21
Normalizzazione degli orbitali
Normalizzare la funzione d’onda significa determinare il valore di una costante moltiplicativa c
(talvolta definita come 1/N), detta fattore di normalizzazione, che moltiplica la funzione d’onda e
tale per cui l’integrale di sovrapposizione sia uguale a 1, o normalizzato.
Definiamo
1
c(1s A 1sB ) (1s A 1sB )
N
E imponiamo
| 1
1
(1s A 1sB )
2(1 S )
E analogamente, per Ψ- si ha
| 1
c 2 (1s A 1s B ) | (1s A 1s B ) 1
c 2 ( 1s A | 1s A 1s A | 1s B 1s B | 1s A 1s B | 1s B ) 1
c 2 (1 S S 1) 1
1 1
c2 c
2(1 S ) 2(1 S )
1
(1s A 1sB )
2(1 S )
Nel caso della molecola di H2+ abbiamo a che fare con delle distanze di legame ben definite,
quindi l’integrale S è significativamente diverso da zero.
In altri casi, per calcolare il fattore di normalizzazione bisogna porre S≠0.
22
Riassunto delle diverse espressioni degli autovalori dell’energia
S H AA H BB J K jk 1
E E1s E1s
1 S 1 S 1 S 1 S 1 S R
S H AA H BB J K jk 1
E E1s E1s
1 S 1 S 1 S 1 S 1 S R
Le diverse espressioni risultano dall’aver esplicitato o meno gli elementi di matrice su base
atomica. Le prime due formulazioni nelle due equazioni in alto hanno una valenza più generale.
Le seconde sono specifiche per H2+ e permettono di capire meglio la natura della stabilità nello
stato elettronico fondamentale.
1
H AA 1s A | Hˆ | 1s A E1s J E1s j
R
S
H AB 1s A | Hˆ | 1s B E1s S K E1s S k
R
L’integrale (o elemento di matrice) HAB che descrive l’interazione tra due orbitali è un elemento
centrale per valutare la differenza di energia tra orbitali molecolari. La differenza di energia ∆E tra i
due orbitali molecolari assume un’espressione molto semplice se si assume che l’integrale di
sovrapposizione S sia trascurabile (si tratta di una approssimazione molto drastica per la molecola
di H2+, ma utilizziamo questo esempio per derivare il ∆E). Se trascuriamo il termine S otteniamo
H AA H AB
E H AA H AB
1 S 1 S
E H AA H AB
Quindi
E E E 2H AB 2
2H AB 2
E H AA H AB
23
Trascurando il termine S al denominatore, i due livelli energetici E + ed E- risultano equispaziati
rispetto all’energia degli orbitali 1s, con un ∆E pari, in valore assoluto, a 2β (o 2HAB).
L’integrale di interazione HAB corrisponde, in buona approssimazione, alla metà della separazione
energetica tra i due orbitali interagenti. Questa informazione sarà utile quando si dovranno
costruire diagrammi di interazione orbitalica.
Consideriamo ora il caso specifico della molecola di H2+: dobbiamo dimostrare che è HAB negativo.
HAB non è sempre negativo ma nel caso di H2+ è importante che lo sia, in quanto deve determinare
l’abbassamento di energia per E+ in seguito all’interazione degli orbitali.
S
H AB 1s A | Hˆ | 1s B E1s S K E1s S k
R
Osserviamo che questo elemento di matrice interazione tra orbitali atomici è funzione della
sovrapposizione orbitalica S, infatti il primo e il terzo termine sono direttamente proporzionali a S.
Anche il termine k è proporzionale a S, anche se non in modo esplicito, infatti può essere visto
come l’interazione tra una densità di sovrapposizione (overlap density) 1sA1sB con il nucleo B.
Quindi HAB oc S in quanto c’è un legame diretto tra i suoi elementi e l’integrale S.
Notiamo inoltre che HAB è negativo per la molecola di H2+: K = k + S/R è negativo nella zona di
legame (minimo della curva PES) e siccome S è positivo e E1s è negativo, il termine E1sS è negativo.
La dipendenza da S è così marcata che possiamo scrivere un’espressione fenomenologica che
suggerisce, con una relazione semplificata, che l’interazione tra due orbitali è proporzionale alla
loro sovrapposizione:
H AB cos t S
Se S è positivo HAB è negativo e questa osservazione è sempre vera. Ciò significa che se S è
negativo, potremo avere situazioni in cui HAB è positivo, e quando ciò accade la soluzione a più
bassa energia sarà la combinazione meno (Ψ-) dei due orbitali, a differenza di quanto si è visto per
H2+.
L’energia di un orbitale legante si abbassa (rispetto a quella degli orbitali atomici che lo formano)
se HAB è grande, quindi si abbasserà tanto più quanto la sovrapposizione (legante) tra i due orbitali
atomici che lo hanno determinato è grande
24
L’evidenza sperimentale di questo fenomeno si riscontra considerando i diagrammi di interazione
orbitalica dell’etilene e dell’acetilene
Le energie dei livelli sono state ottenute rimuovendo un elettrone (ionizzazione) dagli orbitali π
responsabili del legame π.
Il legame π dell’acetilene è più corto di quello dell’etilene, in quanto il carbonio è ibridato sp,
mentre nell’etilene è ibridato sp2. La minore lunghezza del legame si riflette in una maggiore
sovrapposizione degli orbitali π, quindi come ci si aspetta l’OM di legame dell’acetilene si trova a
energia più bassa rispetto a quello dell’etilene.
g=α g=β
In assenza di campi magnetici esterni applicati, questi due stati di spin hanno la stessa energia
(sono degeneri).
25
Quindi la molecola di H2+ nello stato elettronico fondamentale è un doppietto (2 sottostati di spin)
e i due sottostati sono descritti dalle funzioni d’onda
1
(r1 ) g (1s A 1s B )
N
1
(r1 ) g (1s A 1s B )
N
Nel caso della molecola di H2+ la descrizione dello stato fondamentale è semplice ed è
l’espressione appena fornita.
1
cos t (2 ) 2
e im con m 0, 1, 2,...
Nella soluzione analitica del problema di H2+ si osserva che l’espressione dell’energia elettronica
dipende da m2, che è il valore associato alla proiezione del momento angolare sull’asse z.
m può assumere valori pari a 0, ±1, ±2,…, ciò significa che il valore dell’energia è indifferente dal
fatto che m sia positivo o negativo: ci sarà un unico livello per m=0, un unico livello per m=±1 e
così via. Qualsiasi stato di H2+ che corrisponde a un valore di m diverso da zero, è doppiamente
degenere.
Nel caso delle molecole biatomiche, il valore assoluto di m è indicato con la lettera λ.
In modo simile alla notazione s, p, d, f per gli stati dell’atomo di idrogeno, viene usato un codice di
lettere per specificare λ
26
Accoppiamento spin-orbita
Lo stato dell’elettrone dell’atomo di idrogeno sarà specificato da tre numeri quantici, n e e ml e la
sua energia è data da
hcRH
En con n 1, 2,...
n2
1 1
~ 2
2 RH
n1 n2
Per un dato valore di n1 l’insieme delle transizioni che iniziano in n2=n1+1, n1+2, … costituisce una
serie di righe.
Passiamo a considerare l’energia di interazione tra i due momenti magnetici dell’elettrone.
L’interazione classica dell’accoppiamento spin-orbita è: immaginiamo un elettrone che si muove in
un’orbita simile a quella di Bohr; essendo carico negativamente, il movimento è equivalente a una
corrente elettrice e B0 è il campo magnetico prodotto dal momento orbitale.
Nel frattempo l’elettrone ruota attorno al proprio asse (possiede momento angolare di spin) e
genera un campo magnetico BS.
Lo spin dell’elettrone risente del campo magnetico B0 generato dal suo stesso moto orbitale: il
moto di spin e il moto orbitale tenderanno a orientarsi in modo da minimizzare la loro energia di
interazione.
L’Hamiltoniano per l’accoppiamento spin-orbita è
Hˆ SO (r )ls
Dove
Ze 2
(r )
80 me2 r 3 c 2
La media radiale per lo stato n l ml della funzione (r ) 2 si scrive hc , dove (zeta) è detta
costante di accoppiamento spinorbita
2 n l ml | (r ) | n l ml hc nl
Z 4 2 R
nl
1
n 3 l l (l 1)
2
27
Dove R è la costante di Rydberg e α è detta costante di struttura fine, definita da
e2
4 0 c
Per l’idrogeno in quanto tale si ha che Z=1 e per un elettrone 2p (l=1) 2 R / 24 , che vale circa
2,22x10-6R. gli intervalli tra i livelli energetici e i numeri d’onda delle transizioni sono dell’ordine
della stessa R, infatti
1 1
E 2 2 R
n1 n2
Cosicché la struttura fine dello spettro dell’idrogeno atomico risulta più piccola, per un fattore
2x10-6, dell’ordine di 0,2 cm-1.
Dato che Z 4 , notiamo che gli effetti di accoppiamento spin-orbita sono molto maggiori negli
atomi pesanti che in quelli leggeri. L’accoppiamento magnetico (l’accoppiamento tra due momenti
angolari) richiede di definire un operatore momento angolare totale, che per l’accoppiamento tra
due momenti angolari di uno stesso elettrone è chiamato j. La regola di accoppiamento vettoriale
fornisce i valori di j
j l s, l s 1, ... | l s |
Se consideriamo gli atomi con più di un elettrone dobbiamo considerare che gli elettroni sono
accoppiati tra loro tramite interazioni Coloumbiane.
Se l’accoppiamento elettrostatico è molto più grande di quello magnetico è molto più appropriato
lo schema dell’accoppiamento di Russel-Saunders: l’accoppiamento spin-orbita si basa sui termini
di Russel-Saunders 2S+1L, che portano ai livelli 2S+1 LJ con lo stesso valore di J (=L+S).
La degenerazione totale di un livello è data da 2J+1.
NOTA: “termine” viene usato quando si hanno molti elettroni, prima dell’accoppiamento
“livelli” viene usato dopo che è avvenuto l’accoppiamento
3 1
j per l 1 e s
2 2
↗ = momenti angolari
↗ = momenti magnetici
28
Anche i momenti magnetici corrispondenti sono paralleli e questo configura un assetto di energia
elevata. Quando i due momenti angolari sono antiparalleli, j ha il suo valore più basso
1 1
j per l 1 e s
2 2
Per esempio la configurazione 2p1 dà origine a un termine di doppietto con i livelli j = 3/2 e j = 1/2;
la configurazione 3d1 genera un termine di doppietto con i livelli j = 5/2 e j = 3/2 e così via.
Ogni livello contraddistinto dal numero quantico j è costituito da 2j+1 stati individuali,
corrispondenti ciascuno al numero quantico mj.
Il livello di ciascun termine appartenente ad una determinata configurazione si riassume nel
simbolo di termine
30
STRUTTURA DELL’ATOMO DI ELIO
Ci accingiamo ora a discutere gli atomi multielettronici, descrivendo in maniera approssimativa
l’esempio più semplice, l’atomo di elio.
L’Hamiltoniano dell’atomo di elio (Z = 2) è, complessivamente
1 1 Z Z 1
Hˆ 12 22
2 2 r1 r2 r12
1 1 2 2 1
12 22
2 2 r1 r2 r12
I primi due termini sono gli operatori energia cinetica dei due elettroni, i due seguenti le energie
potenziali dei due elettroni nel campo del nucleo di carica 2e.
Questo Hamiltoniano può essere visto come somma di due Hamiltoniani idrogenoidi e di un
termine, 1/r12, energia potenziale derivante dalla repulsione tra i due elettroni quando li separa la
distanza r12
1 2 1 2 1
Hˆ 12 22
2 r1 2 r2 r12
Hˆ Hˆ Hˆ (1)
1 2
Hˆ (r1 , r2 ) E (r1 , r2 )
Ogni volta che si esprime l’Hamiltoniano come somma di due termini indipendenti, l’autofunzione
è il prodotto di due fattori: Ψ = ψ1ψ2. In altre parole il prodotto ψ1ψ2 è autofunzione di H1 + H2.
Segue che per l’elio la funzione d’onda dei due elettroni (trascurandone la repulsione reciproca) è
il prodotto di due funzioni d’onda idrogenoidi (due orbitali 1s idrogenoidi)
31
E che le energie sono (sostituendo la vera massa ridotta con la massa dell’elettrone)
(0)
E He E1 E 2
1 1
4 R 2 2
n1 n2
1
E (1) n1l1ml1 (r1 )n 2l 2 ml 2 (r2 ) | | n1l1ml1 (r1 )n 2l 2 ml 2 (r2 )
r12
1
1s(1)1s(2) | | 1s(1)1s(2) J
r12
1
J n1l1ml1 (r1 ) 2 n 2l 2 ml 2 (r2 ) 2 d 1 d 2
r12
1
1s (1)1s (2) | | 1s (1)1s (2) J
r12
4 4
E R 2 2 2,5 (8 2,5) R 5,5R
n1 n2
Il valore sperimentale, che uguaglia la somma della prima e della seconda energia di ionizzazione
dell’atomo, è -5,8R.
Una delle ragioni della discrepanza è che la perturbazione non è piccola e quindi non c’era da
attendersi che la teoria perturbativa del primo ordine rendesse un risultato affidabile.
32
Gli stati eccitati dell’elio
La configurazione di un possibile stato eccitato è (1s)1(nl)1, con n≠1.
Consideriamo la configurazione (1s)1(2s)1. Quando due elettroni occupano due orbitali distinti
come in questa configurazione possono dare luogo a due diverse disposizioni, le cui funzioni
d’onda sono
1 n1l1ml1 (r1 )n 2l 2 ml 2 (r2 ) 1s(1)2s(2)
2 n 2l 2 ml 2 (r1 )n1l1ml1 (r2 ) 2s(1)1s(2)
E E (0) E a Eb ( E1s E 2 s )
Per calcolare l’energia perturbata applichiamo la teoria delle perturbazioni appropriata agli stati
degeneri, la quale richiede di risolvere il determinante secolare
Di passaggio, c’è una somiglianza con la discussione della molecola di H 2+, in cui abbiamo utilizzato
gli orbitali atomici e l’intero Hamiltoniano di H2+: gli orbitali atomici sono autofunzioni di una parte
dell’Hamiltoniano completo di H2+. Dobbiamo calcolare gli elementi di matrice
H 11(1) H 12(1) 1
(1) (1)
con H (1)
H 21 H 22 r12
Gli elementi di matrice sono calcolati rispetto alle due autofunzioni 1s(1)2s(2) e 2s(1)1s(2).
Invece di calcolare gli elementi di matrice sull’Hamiltoniano perturbato, possiamo considerare
l’Hamiltoniano completo dell’atomo di elio
H 11 H 12 1
con H H 1 H 2
H 21 H 22 r12
det H kl E kl S kl 0
Calcoliamo quindi gli elementi di matrice. Nel caso della molecola di H2+ gli elementi erano
H 11 1 | H | 1 H 22 2 | H | 2
H 12 1 | H | 2 H 21 2 | H | 1
33
Analogamente, per l’atomo di elio
H 11 H 22 a(1)b(2) | H | a(1)b(2)
1
a(1)b(2) | H 1 H 2 | a(1)b(2)
r12
1
a(1)b(2) | H 1 | a(1)b(2) a(1)b(2) | H 2 | a(1)b(2) a(1)b(2) | | a(1)b(2)
r12
E1s E 2 s J 1s , 2 s
1
H 12 H 21 b(1)a(2) | H 1 H 2 | b(1)a(2)
r12
1
E a b(1)a(2) | b(1)a(2) Eb b(1)a (2) | b(1)a (2) b(1)a(2) | | b(1)a(2)
r12
I primi due integrali nell’espressione di β sono nulli, in quanto gli orbitali a e b sono ortogonali,
mentre l’ultimo integrale è l’integrale di scambio K.
Il determinante secolare è dunque
H 11 ES11 H 12 ES12 H E H 12
det det 11
H 21 ES 21 H 22 ES 22 H 21 H 22 E
E a Eb J K
det 0
K E a Eb J
H 11 H 12
E
1 S 1 S
E E a Eb J K
Dallo studio di H2+ conosciamo anche le funzioni d’onda corrispondenti, che sono del tipo
1
a(1)b(2) b(1)a(2)
2
O, più dettagliatamente
(r1 , r2 )
1
n1l1ml1 (r1 )n 2l 2ml 2 (r2 ) n 2l 2ml 2 (r1 )n1l1ml1 (r2 )
2
34
Dove le singole funzioni sono orbitali di atomi idrogenoidi con Z=2.
L’aspetto sorprendente di questo risultato è che la degenerazione delle due funzioni prodotto
a(1)b(2) e b(1)a(2) viene soppressa dalla repulsione elettronica, e le loro due combinazioni lineari
Ψ± hanno energia differente in misura di 2K.
L’integrale di scambio non ha corrispondenza nella fisica classica e va considerato come una
correzione quantomeccanica all’integrale di Coulomb J.
È opportuno a questo punto introdurre una considerazione che risulterà di importanza decisiva.
La funzione d’onda Ψ– è antisimmetrica rispetto allo scambio degli elettroni
(2,1)
1
a(2)b(1) b(2)a(1) 1 a(2)b(1) b(2)a(1) (1, 2)
2 2
(2, 1)
1
a(2)b(1) b(2)a(1) (1, 2)
2
(2,1) (1, 2)
J K
K J
In questo caso il livello di riferimento sarebbe stato (Ea+Eb), in quanto la matrice descrive l’effetto
di H(1) su un livello che considera già come somma delle energia delle due funzioni a(1)b(2) e
b(1)a(2)
35
Quindi l’unica differenza per questo semplice caso è l’energia di riferimento, che è lo zero quando
consideriamo l’Hamiltoniano completo, e (Ea+Eb) quando consideriamo solo la perturbazione.
In conclusione osserviamo che l’effetto della perturbazione su due stati degeneri è quello di alzare
la loro energia di un fattore pari a J.
Quando risolviamo il set di equazioni troviamo inoltre che i due stati si separano in energia di un
fattore pari a 2K: in particolare Ψ+ aumenta la propria energia da Ea+Eb+J a Ea+Eb+J-K, mentre Ψ–
si abbassa a Ea+Eb+J-K.
A questo punto è chiaro il quadro secondo cui quando si hanno configurazioni del tipo (1s) 2
possiamo scrivere la funzione d’onda come a(1)a(1).
Quando invece si hanno configurazioni del tipo (1s)1(nl)1 (con n≠1), otteniamo sempre una
funzione d’onda simmetrica e una antisimmetrica.
Quello che ci accingiamo a studiare è quali sono le transizioni tra stati elettronici osservate
sperimentalmente per l’atomo di elio, rispetto a quelle che possiamo predire sulla base di queste
osservazioni.
Prima di procedere però, è necessario un ripasso delle autofunzioni di spin, in particolare quelle di
singoletto e di tripletto.
36
Autofunzioni di spin di singoletto e di tripletto
Finora abbiamo considerato solo funzioni d’onda di tipo spaziale: quando scriviamo, ad esempio,
la funzione a(1)b(2), 1 e 2 rappresentano, in modo compatto, le coordinate spaziali degli elettroni
ma non danno informazioni sul loro stato di spin. Dobbiamo quindi introdurre le funzioni di spin.
Ricaviamo in modo semplice le autofunzioni di singoletto e di tripletto, in modo da convincerci che
anch’esse possiedono delle proprietà di simmetria ben precise rispetto allo scambio degli
elettroni.
Abbiamo due elettroni, ciascuno con spin pari a ½ (s1 = ½ e s2 = ½). La proiezione del momento
angolare di spin lungo l’asse z è ms e assume valori che vanno da +s a –s, quindi +½ e –½ :
1
2
1
s1 s 2 ms
2 1
2
Se i due elettroni non interagiscono tra di loro, ovvero sono disaccoppiati, il loro stato è descritto
dalle funzioni d’onda nella base disaccoppiata
s1 , ms1 e s2 , ms 2
La funzione che definisce uno stato delle due particelle (due spin) è data dal prodotto di due
funzioni come quelle indicate sopra, cioè:
s1 , ms1 s2 , ms 2 s1 , ms1 ; s2 , ms 2
Si indica così perché la funzione prodotto è autofunzione anche degli operatori s 12, s22, s1z, s2z.
Per una coppia di valori s1 e s2 sono possibili un numero di stati pari a
2s1 1 2s2 1
1 1
Quindi, se valgono ½, sono possibili 2 1 2 1 4 stati di spin diversi:
2 2
1 1 1 1 1 1 1 1
, ; , (1) (2) , ; , (1) (2)
2 2 2 2 2 2 2 2
1 1 1 1 1 1 1 1
, ; , (1) (2) , ; , (1) (2)
2 2 2 2 2 2 2 2
37
Dal momento che i valori di s1 e s2 sono costanti, possono essere omessi dalle rappresentazioni
delle funzioni d’onda.
Se ora consideriamo l’interazione tra i due elettroni, dobbiamo esprimere il loro stato tramite una
funzione d’onda nella base accoppiata in cui gli operatori che commutano con l’Hamiltoniano sono
s12, s22, S2, Sz2. L’autofunzione si indica come
s1 , ms1 ; S , M
Il problema è come trasformare le (2s 1+1)(2s2+1) funzioni della base disaccoppiata in quelle della
base accoppiata.
Teniamo in considerazione alcuni punti fermi:
1) Le funzioni della base accoppiata si esprimono come combinazione lineare di quelle della
base disaccoppiata
s1 , ms1 ; S , M c
ms1ms 2
S . M , ms1, ms 2 s1 , ms1 ; s 2 , ms 2
3) I valori di S (momento angolare di spin totale) sono dati dalla serie di Clebsch-Gordan:
S s1 s2 , s1 s2 1, ... s1 s2
Poiché i valori di s1 e s2 sono costanti, quindi trascurabili, posso indicare più semplicemente le
funzioni così
S, M c
ms1ms 2
S . M , ms1, ms 2 ms1 ; ms 2
Vediamo come sono fatte le funzioni della base accoppiata. Per s1 = s2 = ½, S assume valori pari a 1
e 0, quindi
per S = 0, M = 0 → singoletto 0, 0
per S = 1, M = 1, 0, -1 → tripletto 1, 1 1, 0 1, 1
1 1 1 1 1 1 1 1
, , , ,
2 2 2 2 2 2 2 2
M ms1 ms 2 1 1 0 0
38
Poiché M deve rimanere costante nel passaggio da una rappresentazione all’altra, è chiaro che
1 1 1 1
1, 1 , 1, 1 ,
2 2 2 2
Per le rimanenti due funzioni, M=0 e quindi le funzioni della base accoppiata sono combinazioni
lineari di quelle della base disaccoppiata, ognuna con gli appropriati coefficienti di Clebsch-
Gordan.
Riportiamo in tabella i coefficienti di Clebsch-Gordan per il passaggio dalla base disaccoppiata a
quella accoppiata per due momenti angolari interagenti j1 = ½ e j2 = ½. Per esempio due spin
elettronici interagenti
ms1 ms2 1, 1 1, 0 0, 0 1, 1
1 1
1 0 0 0
2 2
1 1 1 1
0 0
2 2 2 2
1 1 1 1
0 0
2 2 2 2
1 1
0 0 0 1
2 2
Le prime due colonne (ms1 e ms2) costituiscono le coppie di valori della rappresentazione nella base
disaccoppiata, mentre le altre colonne indicano con quali coefficienti le rappresentazioni
disaccoppiate entrano nella combinazione lineare per formare le funzioni nella base accoppiata.
Quindi, trascurando il valore dei coefficienti, possiamo osservare che
1 1 1 1
1, 0 , ,
2 2 2 2
1 1 1 1
0, 0 , ,
2 2 2 2
I coefficienti sono stati ottenuti a partire da formule più generali. Ciò che ci interessa è sapere che
le uniche funzioni disaccoppiate che possono combinarsi sono αβ e βα e, nel combinare due
oggetti che hanno la stessa energia, risulta una combinazione + e una combinazione -.
Un modo semplice per capire il segno delle due combinazioni è considerare la simmetria rispetto
allo scambio degli elettroni.
Consideriamo la funzione αα, ovvero α(1)α(2). Scambiando gli elettroni otteniamo α(2)α(1), ma le
due funzioni sono identiche, e la situazione è analoga per la funzione ββ. Quindi αα e ββ sono
autofunzioni di spin SIMMETRICHE.
Consideriamo ora la funzione α(1)β(2) + β(1)α(2), scambiando gli elettroni otteniamo
- le funzioni per cui S=1 sono le autofunzioni di TRIPLETTO, tutte SIMMETRICHE rispetto allo
scambio degli elettroni;
In conclusione siamo arrivati a dimostrare che, per una configurazione dell’atomo di elio del tipo
(1s)1(nl)1, si generano delle funzioni d’onda spaziali e delle funzioni d’onda di spin, che sono
simmetriche e antisimmetriche rispetto allo scambio degli elettroni.
spaziale spin
Sulla base di tutte le considerazioni fatte per l’atomo di elio, per configurazioni di questo tipo,
possiamo dire che in realtà la funzione d’onda totale è il prodotto di una funzione spaziale ψ e una
di spin σ (come nel caso della molecola di H2+):
TOT
40
Questa configurazione dà origine a termini con L=l, in quanto uno solo degli elettroni possiede
momento angolare non nullo. I termini che dobbiamo, dunque, prendere in considerazione sono S,
che deriva dalla configurazione (1s)1(2s)1, e P, che deriva dalla configurazione (1s)1(2p)1.
Per quanto riguarda lo spin, in entrambi i casi S = 0, 1, che corrispondono rispettivamente ai
termini di singoletto e tripletto, quindi possiamo avere
Pertanto, possiamo aspettarci cheda ciascuna configurazione (1𝑠)1(𝑛𝑝)1derivino livelli come 1𝑃1,
3
𝑃2, 3𝑃1 e 3𝑃0, e ci si aspetta che questi livelli vengano scissi dall'accoppiamento spin-orbita.
A questo punto potremmo aspettarci che ognuno di questi termini esista come le combinazioni
simmetriche e antisimmetriche discusse sopra.
Quindi ci aspettiamo cheda una configurazione (1𝑠)1(𝑛𝑝)1 derivino otto termini con una
combinazione simmetrica e antisimmetrica per ognuno dei seguenti:1𝑃1, 3𝑃2, 3𝑃1 e 3𝑃0.
Allo stesso modo potremmo aspettarci quattro termini da una configurazione (1𝑠)1(𝑛𝑠)1,
corrispondente alle combinazioni simmetriche e antisimmetriche per ciascun termine di 1𝑆 e 3𝑆.
Trascurando la scissione dovuta all'accoppiamento spin-orbitale (valori di J) ci aspettiamo un
modello di livelli vicino al seguente
Orbitali antisimmetrici
Orbitali simmetrici
41
Per ogni configurazione aperta, cioè con due elettroni in due orbitali atomici diversi, si hanno due
funzioni d’onda, ψ+ e ψ-, e due possibili funzioni di spin, σ + e σ-, quindi per ognuna di queste
configurazioni ci aspettiamo di osservare 4 livelli derivanti dalla combinazione delle funzioni
d’onda e delle funzioni di spin.
Nello spettro reale tuttavia, per ogni configurazione sono indicate solo 2 situazioni energetiche e
lo stesso vale per la configurazione (1s)1(2p)1
Transizione permessa
Principio di Pauli
Per spiegare l’l’omissione della metà dei termini previsti occorre introdurre una caratteristica
fondamentale della natura, che fu riconosciuta da Wolfgang Pauli.
Nello spettro dell’elio vengono osservate solo la combinazione tra la funzione spaziale simmetrica
e la funzione di spin antisimmetrica (singoletto), e la combinazione tra la funzione spaziale
antisimmetrica e quella di spin simmetrica (tripletto).
E’ chiaro che c’è una caratteristica comune: gli stati permessi sono tutti complessivamente
antisimmetrici rispetto all’interscambio degli elettroni.
42
Principio di Pauli: la funzione d’onda totale (cioè l’intera funzione d’onda, compreso lo spin
delle particelle), dev’essere antisimmetrica rispetto allo scambio reciproco tra gli elettroni di
qualsiasi coppia.
In effetti è possibile formulare il principio di Pauli in maniera più ampia riconoscendo che le
particelle elementari si possono classificare in fermioni e bosoni. I fermioni sono particelle dotate
di spin semintero; ne sono esempi gli elettroni e i protoni. I bosoni sono particelle a spin intero,
compreso lo 0. La forma più generale del principio di Pauli sarà allora
La funzione d’onda totale dev’essere antisimmetrica rispetto allo scambio reciproco tra due
fermioni identici e simmetrica rispetto allo scambio reciproco tra due bosoni identici.
Per vedere come il principio di Pauli in forma generale implichi quello di esclusione, consideriamo
la funzione d’onda relativa a due elettroni ψ(1,2). L’implicazione è questa: è un dato della natura
che la funzione d’onda deve cambiare di segno se scambiamo tra loro i contrassegni 1 e 2 ovunque
ricorrano nella funzione:
ψ(2,1) = -ψ(1,2)
supponiamo che due elettroni di un certo atomo occupino un orbitale ψ; ciò vuol dire che la
funzione d’onda complessiva sarà ψ(1)ψ(2). Per applicare il principio di Pauli dobbiamo trattare la
funzione d’onda totale, cioè quella che comprende anche gli spin. Per questi ultimi sussistono più
possibilità: α(1)α(2), β(1)β(2), α(1)β(2), β(1)α(2). Non potendo stabilire quale dei due elettroni sia
α e quale β, negli ultimi due casi è appropriato esprimere gli stati di spin come combinazioni lineari
normalizzate:
1
𝜎+ (1,2) = [𝛼(1)𝛽(2) + 𝛽 (1)𝛼(2)]
√2
1
𝜎− (1,2) = [𝛼(1)𝛽(2) − 𝛽 (1)𝛼(2)]
√2
Perché queste consentono che uno dei due spin sia α e l’altro β con uguale probabilità. La funzione
d’onda totale del sistema è perciò il prodotto della porzione orbitalica e di uno dei quattro stati di
spin:
ψ(1)ψ(2)α(1)α(2) ψ(1)ψ(2)β(1)β(2)
43
il principio di Pauli afferma che la funzione d’onda sarà accettabile se muta di segno quando si
scambiano gli elettroni. In tutti i casi lo scambio tra i contrassegni 1 e 2 trasforma il fattore
ψ(1)ψ(2) in ψ(2)ψ(1), che è lo stesso perché l’ordine di moltiplicazione delle funzioni non ne
modifica il prodotto. Altrettanto vale per α(1)α(2) e β(1)β(2). In definitiva i primi due prodotti
complessivi non saranno permessi, perché non comportano il mutamento del segno. La
combinazione σ+(1,2) muta in σ +(2,1), perché si tratta semplicemente della funzione originale
scritta in un ordine diverso. Il terzo prodotto complessivo è perciò anch’esso da scartare. Infine
abbiamo σ-(1,2), che diventa -σ-(2,1). Questa combinazione muta effettivamente di segno (è
antisimmetrica). Anche il prodotto ψ(1)ψ(2)σ-(1,2)muta di segno in seguito allo scambio delle
particelle e perciò risulta accettabile.
Vediamo quindi che uno solo dei quattro stati concepibili è permesso dal principio di Pauli e quello
che sopravvive ha appunto gli spin α e β appaiati.
È questo il contenuto del principio di esclusione di Pauli. Il principio è irrilevante quando gli orbitali
occupati dagli elettroni sono diversi, e in tal caso entrambi gli elettroni potranno avere lo stesso
stato di spin.
Ciononostante anche allora la funzione d’onda totale dovrà essere complessivamente
antisimmetrica e dovrà soddisfare il principio di Pauli in quanto tale.
1
𝑉=∑
𝑟1𝑖
𝑖≠1
può essere sostituito da una carica negativa puntiforme coincidente con il nucleo, per cui
44
𝜎
𝑉≈
𝑟1
Dove il termine σ rappresenta una carica effettiva che respinge la carica dell’elettrone in esame. In
conseguenza di questa approssimazione la carica nucleare Z si riduce di (Z – σ), sicché si può
scrivere
𝑍𝑒𝑓𝑓 = 𝑍 − 𝜎
𝑍 3 2 −2𝑍𝑟
𝑃 (𝑟) = 4 ( ) 𝑟 𝑒 𝑎0
𝑎0
Negli atomi idrogenoidi il raggio più probabile diminuisce all’aumentare di Z, perché l’elettrone
viene attratto progressivamente verso il nucleo dalla carica crescente di quest’ultimo.
45
Grafichiamo le funzioni di distribuzione radiale per gli orbitali 1s, 2s e 2p:
Dalla discussione delle funzioni di distribuzione radiale segue che un elettrone ns penetra verso il
nucleo più di un elettrone np, possiamo quindi prevedere che l’elettrone ns sia meno schermato,
ad opera degli elettroni del nocciolo, di quanto non lo siano gli elettroni np, e ciò gli conferisce
necessariamente minore energia.
L’andamento delle funzioni di distribuzione radiale dipende chiaramente da quale atomo si sta
considerando, in quanto spostandosi verso sinistra in una riga della tavola periodica la carica
nucleare aumenta. Quindi l’effetto che stiamo discutendo non sarà lo stesso spostandosi lungo la
tavola periodica. In termini qualitativi il trend sarà lo stesso, ovvero si accentua una separazione
tra gli orbitali 2s e gli orbitali 2p. Possiamo inoltre immaginare che spostandosi verso nuclei più
pesanti, quindi cariche nucleari maggiori, l’effetto di attrazione dell’orbitale 2s, meno schermato
rispetto all’orbitale 2p, diventerà maggiore. Di conseguenza ci aspettiamo che la separazione
energetica sia maggiore man mano che ci si sposta verso la destra della tavola periodica.
Gli orbitali atomici degli atomi a molti elettroni non si prestano ad essere descritti in forma
analitica definitiva, perché l’approssimazione orbitalica è molto grossolana. Ciononostante è
spesso utile per definire un insieme di orbitali atomici approssimati atti a modellare le funzioni
d’onda effettive, che si trovano utilizzando tecniche numeriche più sofisticate. Questi particolari
orbitali sono chiamati orbitali di Slater (STO) e hanno un’espressione molto simile a quella di un
atomo idrogenoide, in cui però è presente la carica nucleare efficace Zeff:
𝑍𝑒𝑓𝑓 𝜌
−
𝑛𝑒𝑓𝑓 −1 𝑛𝑒𝑓𝑓
𝜑𝑛𝑙𝑚𝑙 (𝑟, 𝜃, 𝜗) = 𝑁𝑟 𝑒 𝑌𝑙𝑚𝑙 (𝜃, 𝜗)
46
MOLECOLA DI IDROGENO H2
Nello studio dei sistemi molecolari semplici, la molecola che segue 𝐻2+ è H2, che ha 2 elettroni.
Abbiamo già visto l’espressione del suo Hamiltoniano: contiene il termine di repulsione
interelettronica 1/𝑟12, come per altro già visto per l’atomo di elio.
La soluzione dell’equazione di Schrodinger per 𝐻2+ è talmente complicata (anche avendo adottato
l’approssimazione di Born-Oppenheimer) che vi sono ben poche speranze di trovare soluzioni per
le molecole più complesse. Lo studio della molecola di H2 rappresenta perciò una guida per la
soluzione di tutte le molecole polielettroniche.
Un approccio possibile è quello di basarci sulla soluzione di H 2+ per costruire funzioni d’onda per la
molecola di H2: si tratta dell’approccio degli orbitali molecolari (o MO).
Come nel caso dell’atomo di elio, conoscendo gli orbitali molecolari di 𝐻2+, ci chiediamo se sia
possibile costruire una funzione d’onda che sia il prodotto dei suddetti orbitali molecolari.
Consideriamo la molecola di H2: gli orbitali molecolari sono gli stessi di H2+, ovvero un orbitale σg e
uno σu. Per il principio di esclusione di Pauli, i due elettroni occupano l’orbitale a più bassa energia
con spin opposto.
La funzione d’onda spaziale si può quindi indicare con il prodotto delle due funzioni, σg(1)σg(2).
Bisogna però indicare anche lo stato dello spin dei due elettroni, e la funzione d’onda totale quindi
diventa
g (1) (1) g (2) (2)
g (1) g (2)
Dove g (1) indica che l’elettrone 1 è nell’orbitale molecolare g e ha spin α, mentre g ( 2) indica
che l’elettrone 2 sta sempre nell’orbitale molecolare g , ma con spin β.
g ≡ α (↑)
g ≡ β (↓)
Il prodotto della funzione spaziale e della funzione di spin è stato definito spinorbitale e indicato
con la lettera χ, cosicchè la funzione d’onda totale diventa
47
Dove χ1 ≠ χ2, in quanto i due spinorbitali sono spazialmente identici, ma hanno funzioni di spin
differenti.
Per stabilire se questa funzione d’onda sia accettabile, dobbiamo verificare se sia antisimmetrica
rispetto allo scambio degli elettroni.
Applicando lo scambio degli elettroni otteniamo le due funzioni
Le due funzioni non sono equivalenti, quindi per costruire una funzione d’onda che soddisfi il
principio di antisimmetria prendiamo una combinazione lineare e in particolare la combinazione
con il segno meno, infatti
Osserviamo che questa funzione è il prodotto di una parte spaziale simmetrica e di una parte di
spin antisimmetrica, quindi la funzione d’onda complessiva è antisimmetrica, e quindi soddisfa il
principio di antisimmetria. In particolare si può notare che la parte di spin è una funzione di spin di
singoletto.
Determinante di Slater
Riprendiamo l’espressione generale della funzione d’onda che soddisfa il principio di
antisimmetria
1 (1) 2 (2) 1 (2) 2 (1)
1 (1) 2 (1)
1 (2) 2 (2)
48
Si tratta di una relazione così generale, che diventa un aspetto assolutamente fondamentale:
la funzione d’onda che soddisfa il principio di antisimmetria per un sistema multi elettronico, non è
un prodotto di spinorbitali ma deriva dallo sviluppo di un determinante, detto determinante di
Slater.
1 1 (1) 2 (1)
D
2 1 (2) 2 (2)
Il determinante di Slater (indicato con D) presenta N righe e N colonne, in quanto abbiamo uno
spinorbitale per ognuno degli N elettroni presenti nel sistema. In particolare, le colonne si
riferiscono agli spinorbitali e le righe si riferiscono agli elettroni, quindi, in generale, per un sistema
a N elettroni:
1 (1) 2 (1) N (1)
1 1 (2) 2 (2) N (2)
D(1, 2, ..., N )
N!
1 ( N ) 2 ( N ) N ( N )
L’interscambio di una coppia di elettroni corrisponde allo scambio di due righe e, per le proprietà
dei determinanti, una tale operazione comporta il cambio di segno del determinante. Ciò significa
che, rispetto allo scambio degli elettroni, la funzione d’onda descritta dal determinante di Slater è
antisimmetrica.
Il determinante di Slater assicura inoltre il principio di esclusione di Pauli. Consideriamo il
determinante di Slater per due elettroni con lo stesso spin e immaginiamo che questi occupino lo
stesso orbitale. Significa che occupano lo stesso spinorbitale χ1, quindi
1 1 (1) 1 (1)
D
2 1 (2) 1 (2)
Poiché un determinante con due colonne identiche ha il valore 0 (altra proprietà generale dei
determinanti), questo determinante di Slater è nullo. Tale stato, quindi, non esiste, come richiesto
dal principio di esclusione di Pauli.
Il determinante di Slater è una relazione generale, introdotta per il caso della molecola di H 2, vale
anche per gli atomi. Nel caso dell’atomo di elio, la funzione d’onda corretta deriva da un
determinante di Slater, tuttavia non è necessario considerare gli orbitali di Slater (STO). Quindi, se
ci interessa ad esempio simulare le transizioni atomiche di un certo atomo dobbiamo spostarci
verso definizioni di funzioni d’onda di questo genere.
Tuttavia il nostro interesse ora verte sul caso delle molecole, quindi, dovendo lavorare con delle
funzioni d’onda che sono determinanti di Slater, conserviamo, dal punto di vista della parte
spaziale dello spinorbitale, una visione semplificata di orbitali molecolari come combinazioni
lineari di orbitali atomici, ragion per cui ha senso considerare gli STO. Essi infatti ci permetteranno
di definire degli orbitali molecolari delle molecole di interesse, sulla base degli orbitali atomici
degli atomi che le compongono.
49
Siccome l’espressione del determinante di Slater è abbastanza ingombrante, si ricorre spesso a
delle espressioni semplificate. Tenendo in considerazione che le colonne si riferiscono ai diversi
spinorbitali, il determinante di Slater può essere espresso sinteticamente come
1
D 1 , 2
2
Un altro modo di esprimere il determinante è considerare la forma esplicita degli spinorbitali, per
cui
1 1
D 1 , 2 g , g
2 2
1
g, g
2
A questo punto, esattamente come abbiamo fatto per H2+, dobbiamo considerare lo spazio
orbitalico ristretto ai due orbitali molecolari di H2, determinare i possibili stati elettronici e la loro
forma, al fine di descrivere la stabilita della molecola di H2. Prima però è necessario introdurre un
ulteriore approccio teorico per la descrizione delle molecole.
50
La funzione d’onda spaziale che descrive questo sistema, in cui i due atomi si avvicinano per
formare un legame, sarà un prodotto del tipo 1s a(1)1sb(2). Tuttavia anche in questo caso ci si
accorge che in realtà una funzione così definita non è ne simmetrica ne antisimmetrica rispetto
allo scambio degli elettroni, e in ragione di ciò bisogna considerare che, oltre alla funzione
1sa(1)1sb(2), potremmo avere anche 1sa(2)1sb(1). Sappiamo inoltre che costruendo una
combinazione con segno + la funzione diventa simmetrica, mentre la combinazione con segno – la
rende antisimmetrica.
Di conseguenza sappiamo che, per ottenere una funzione totale antisimmetrica, dobbiamo
prendere la parte spaziale con combinazione +, e moltiplicarla per la parte di spin con
combinazione -.
Nel modello Valence Bond dunque la funzione d’onda, che si costruisce a partire dagli orbitali
atomici, è
VB 1sa (1)1sb (2) 1sa (2)1sb (1)
Questa funzione descrive due elettroni ognuno intorno ad uno dei due atomi di idrogeno. Si tratta
di due situazioni covalenti. Il carattere della funzione d’onda è pertanto al 100% covalente.
Nel modello MO invece si ha (per la parte spaziale della funzione d’onda di H2 nello stato
fondamentale):
MO g (1) g (2) 1sa (1) 1sb (1) 1sa (2) 1sb (2)
1sa (1)1sa (2) 1sa (1)1sb (2) 1sb (1)1sa (2) 1sb (1)1sb (2)
Il secondo e il terzo termine sono gli stessi elementi che provengono dall’approccio VB e
descrivono una situazione covalente. Danno quindi un’interpretazione fisica di un oggetto
puramente matematico. Questi due termini sono quindi detti “covalenti”.
Il primo termine, 1sa(1)1sa(2) descrive una situazione in cui entrambi gli elettroni sono sull’atomo
Ha che quindi può essere considerato, in questo caso, come uno ione H a-, mentre l’atomo Hb, che
di conseguenza non ha elettroni, è uno ione Hb+.
Analogamente, il termine 1sb(1)1sb(2) descrive la situazione in cui entrambi gli elettroni sono
sull’atomo Hb, che può essere considerato come ione Hb+, mentre l’atomo Ha privo di elettroni è lo
ione Ha+.
In ragione di ciò, questi due termini sono detti “ionici”.
Nel complesso quindi la funzione d’onda nel modello MO è 50% ionica e 50% covalente.
La natura ‘mista’ ionica-covalente è più realistica per la descrizione alla geometria di equilibrio ma
non quando la molecola di H2 si dissocia, infatti osserviamo che la funzione d’onda MO prevede,
erroneamente, che la molecola di H2 si dissoci in una situazione irrealistica, cioè 50% ionico e 50%
covalente.
51
E’ evidente che la dissociazione può avvenire o lasciando un elettrone su ogni atomo di H
(omolitica) oppure lasciando due elettroni su uno dei due atomi di H (ionica).
Abbiamo visto quindi che, nel complesso, i due approcci VB ed MO forniscono descrizioni
abbastanza diverse per la molecola di H2.
Questi risultati sono stati ottenuti per il caso della molecole di H2 e, generalizzando, si può dire che
valgono ogniqualvolta abbiamo a che fare con orbitali molecolari di molecole biatomiche
omonucleari, oppure quando si ha a che fare con sistemi anche più complessi, che però sono
assimilabili alla situazione in cui si hanno due oggetti identici che devono interagire per dare un
legame covalente (per esempio un aggregato molecolare formato da due molecole identiche).
Nell’ambito dello sviluppo di questi due approcci, l’approccio del legame di valenza è
concettualmente più semplice ed è ampiamente utilizzato nella chimica organica, dove tuttavia
non riesce a spiegare adeguatamente il legame in alcune classi di molecole, compresi i composti
aromatici.
L'approccio MO è generalmente più difficile da implementare, ma spiega meglio il legame in quelle
molecole in cui l'approccio del legame di valenza fallisce, ed è generalmente più coerente con i
risultati delle misurazioni spettroscopiche.
La teoria MO ha ampiamente sostituito l’approccio VB per quanto riguarda la predizione della
struttura elettronica di molecole poliatomiche.
possiamo immaginare di poter scrivere, per le molecole, un determinante di Slater del tipo
Dove stiamo aggiungendo, a partire dal livello più basso, le N coppie di elettroni.
Le funzioni φa, φb, … sono orbitali molecolari costruiti come combinazioni lineari, pesate sui
coefficienti cμa, cμb, …, di una serie di orbitali atomici (LCAO).
In questa espansione LCAO ogni coefficiente dipende sia dall’orbitale atomico, sia dall’orbitale
molecolare che stiamo considerando.
52
A differenza dell’atomo di elio, in cui non c’era il problema dell’integrale di sovrapposizione tra gli
orbitali atomici, in questo caso se abbiamo due orbitali, φμA e φμB, che siano centrati
rispettivamente uno sull’atomo A e uno sull’atomo B, l’integrale di sovrapposizione
A | B
Potrebbe essere diverso da zero.
Per determinare la migliore funzione d’onda per una molecola nello stato fondamentale, bisogna
calcolare i migliori coefficienti della combinazione lineare utilizzando il principio variazionale.
Abbiamo visto l’applicazione della teoria variazionale alla molecola di 𝐻2+.
E’ importante osservare che l’applicazione della teoria variazionale non è così semplice come visto
per 𝐻2+, quando la funzione d’onda è polielettronica, cioè per la maggior parte dei sistemi
molecolari, perché in questo caso la funzione di prova non è semplicemente LCAO ma è un
determinante di Slater.
Ci occupiamo quindi di determinare gli orbitali molecolari ottenendo il migliore set di coefficienti
di combinazione.
L’applicazione del principio variazionale parte dall’elaborazione dell’espressione dell’energia come
valore d’attesa dell’operatore Hamiltoniano
D1 | Hˆ | D1
E
D1 | D1
Per determinare il migliore set di coefficienti imponiamo che la variazione dell’energia sia uguale a
zero, ∂E/∂ci = 0.
L’applicazione del principio variazionale alla funzione d’onda di una molecola polielettronica porta
alle equazioni di Hartree-Fock.
4) Si assume che per minimizzare l’energia si varieranno gli orbitali molecolari (funzioni di
prova), che devono restare fra loro ortogonali (vincolo di ortonormalità)
53
A | B a ,b
Con queste assunzioni si possono ricavare le equazioni HF, la cui forma generale è la seguente
Fˆ (1)a aa
F(1) è l’operatore di Fock in cui (1) sta a indicare che si tratta di un operatore monoelettronico.
Tale operatore agisce sugli orbitali molecolari φa ed estrae la loro energia εa.
Nonostante la forma di queste equazioni ricordi l’equazione di Schrodinger, è bene precisare che
l’operatore di Fock non è l’operatore Hamiltoniano molecolare.
Sulla base delle energie degli orbitali molecolari ottenute è possibile costruire l’energia
complessiva della funzione.
La soluzione delle equazioni HF richiede una procedura iterativa, infatti l’operatore di Fock che
risulta dall’applicazione del principio variazionale è definito a partire dagli orbitali molecolari che si
vogliono trovare.
Vediamo la forma dell’operatore di Fock:
N
Fˆ (1) hi (1) [ J j (1) K j (1)]
j 1
J(1) e K(1) derivano dagli integrali bielettronici Coulombiano e di Scambio che compaiono
nell’energia di un sistema polielettronico.
Nel caso dell’atomo di elio, J e K risultavano quando, a livello della teoria delle perturbazioni,
consideravamo la perturbazione derivante dalla repulsione 1/r12. Per l’atomo di elio J era definito
da
1
J 1s (1)1s (2) 1s (1)1s (2)
r12
Il termine J(1) dell’operatore di Fock si ottiene sostituendo agli orbitali atomici gli orbitali
molecolari
54
1
J j (1) j (2) j (2)
r12
Configurazioni elettroniche di H2
Sebbene la procedura HF sia quella da applicare per determinare i migliori orbitali molecolari che
definiscono il determinante di Slater per la configurazione fondamentale, nel caso della molecola
di H2 non abbiamo bisogno di risolvere le equazioni HF.
Per la molecola di H2 possiamo seguire un approccio più semplice: senza passare attraverso il
metodo HF, riconosciamo che gli orbitali molecolari sono gli stessi di H2+: ovvero le combinazioni +
e – dei due orbitali atomici 1s.
Consideriamo ora i due orbitali molecolari 𝜎𝑔 e 𝜎𝑢 di H2 e scriviamo le possibili configurazioni
elettroniche e i determinanti di Slater associati.
Nello scrivere le disposizioni elettroniche indichiamo graficamente i due spin elettronici, che
possono essere opposti oppure paralleli
Osserviamo che, come nel caso dell’atomo di Elio, la funzione d’onda può essere scritta come
prodotto di una spaziale e una di spin, tali che soddisfino il principio di antisimmetria.
Così, per il determinante di Slater dello stato fondamentale della molecola di H 2 possiamo dedurre
che è uno stato di singoletto, in quanto D1 è formato da una funzione spaziale simmetrica e una
funzione di spin antisimmetrica.
1
D2 u u
2
1
[ u (1) u (2) u (1) u (2)]
2
1
u (1) u (2)[ (1) (2) (1) (2)]
2
D’altra parte potevamo costruire la funzione d’onda totale mettendo insieme una parte di spin e
una spaziale, ricordando che il loro prodotto deve essere antisimmetrico.
Così, per la configurazione (𝜎𝑢)2 di H2 possiamo costruire la parte spaziale in analogia a quanto
visto per lo stato fondamentale: se in quel caso avevamo un prodotto di due orbitali identici, così
avremo qui.
Poiché il prodotto 𝜎𝑢(1)𝜎𝑢(2) è una funzione simmetrica, allora la parte di spin dovrà essere una
funzione antisimmetrica, cioè un singoletto.
56
Le 4 disposizioni rimanenti corrispondono agli stati eccitati che si originano dalla configurazione
singolarmente eccitata (𝜎𝑔)1(𝜎𝑢)1. Per ogni disposizione possiamo scrivere la funzione di spin
(nella base disaccoppiata) a cui si riferisce:
1
D3 g u
2
1
[ g (1) u (2) u (1) g (2)]
2
1
[ g (1) u (2) (1) (2) u (1) g (2) (1) (2)]
2
D3 non è autofunzione di spin e non è possibile scrivere un prodotto di funzioni spaziale e di spin.
57
1
D4 g u
2
1
[ g (1) u (2) u (1) g (2)]
2
1
[ g (1) u (2) (1) (2) u (1) g (2) (1) (2)]
2
Anche D4 non è autofunzione di spin e non è possibile scrivere un prodotto di funzioni spaziale e di
spin. Vedremo come è possibile costruire, a partire da D4 e D3, funzioni che siano anche
autofunzioni di spin.
Prendiamo le configurazioni D5 e D6:
1
D5 g u
2
1
[ g (1) u (2) u (1) g (2)]
2
1
[ g (1) u (2) u (1) g (2)] (1) (2)
2
1
D6 g u
2
1
[ g (1) u (2) u (1) g (2)]
2
1
[ g (1) u (2) u (1) g (2)] (1) (2)
2
Come si può notare entrambe le funzioni D5 e D6 sono antisimmetriche perché formate da una
parte spaziale antisimmetrica e una parte di spin simmetrica che quindi, in entrambi i casi,
corrisponde a un tripletto.
Nello scrivere i Determinanti di Slater abbiamo visto che per i determinanti D 3 e D4 non possiamo
riconoscere la presenza di un’autofunzione di spin: dobbiamo considerare le combinazioni + e - dei
due determinanti associati a queste disposizioni elettroniche. Ci aspettiamo che da queste
combinazioni risultino un’autofunzione di spin di singoletto e una di tripletto.
Prendiamo la combinazione con segno + (D3+D4). Siccome la parte spaziale delle due
configurazioni è identica possiamo effettuare un raccoglimento.
1
[ D3 D4 ]
1 1
g (1) u (2) (1) (2) (1) (2) u (1) g (2) (1) (2) (1) (2)
2 2 2
1
g (1) u (2) u (1) g (2)1
(1) (2) (1) (2)
2 2
58
Quindi con la combinazione + riusciamo a fattorizzare la funzione d’onda in un prodotto tra una
parte spaziale e una di spin. In particolare la parte spaziale è antisimmetrica, mentre quella di spin
è simmetrica e corrisponde alla funzione di tripletto.
Si può notare che i tre stati di tripletto hanno le funzioni di spin corrispondenti a quelle già
conosciute (αα, ββ, αβ+βα), mentre la parte spaziale è identica in tutti e tre i casi.
Ciò ha un senso in quanto nell’Hamiltoniano che consideriamo non sono presenti termini di
interazione spin-orbita, e le tre componenti dello stato di tripletto sono degeneri: l’energia è data
dal valore d’attesa dell’Hamiltoniano, ma siccome quest’ultimo non contiene termini che
dipendono dalle coordinate di spin, in realtà la funzione d’onda che compare nel valore d’attesa è
di tipo spaziale
E | Hˆ | spaz | Hˆ | spaz
Quindi l’energia dei tre sottostati di tripletto sarà identica se e solo se è identica anche la parte
spaziale della funzione d’onda.
Consideriamo ora la combinazione con segno – (D3-D4):
1
[ D3 D4 ]
1 1
g (1) u (2) (1) (2) (1) (2) u (1) g (2) (1) (2) (1) (2)
2 2 2
1
g (1) u (2) u (1) g (2)
1
(1) (2) (1) (2)
2 2
Risulta una funzione d’onda la cui parte spaziale è simmetrica e la parte di spin è antisimmetrica, e
che corrisponde quindi allo stato elettronico di singoletto.
Siccome le funzioni spaziali dello stato di tripletto e dello stato di singoletto sono diverse, la loro
energia sarà diversa.
Osserviamo che, se sostituiamo (𝜎𝑔)1(𝜎𝑢)1 con (H)1(L)1, dove H=HOMO e L=LUMO, queste
considerazioni valgono per tutte le molecole.
Le autofunzioni di spin ottenute combinando due determinanti di Slater sono un esempio di come,
in alcuni casi, un singolo determinante di Slater non sia sufficiente per ottenere una buona
funzione d’onda.
Nel complesso abbiamo visto che possiamo costruire le funzioni d’onda associate ai diversi stati
elettronici della molecola di H2 in due modi:
Questa analisi mostra che dalla configurazione (𝜎𝑔)1(𝜎𝑢)1 otteniamo uno stato di tripletto e uno di
singoletto.
Da quanto abbiamo visto per l’atomo di elio nella configurazione eccitata (1s)1(2s)1, sappiamo già
che lo stato di tripletto ha una energia più bassa di quello di singoletto.
Possiamo spiegare in modo semplice questo risultato, considerando una situazione significativa.
Supponiamo che i due elettroni di H2 occupino, in un certo istante, la stessa posizione, quindi r2=r1.
59
Scriviamo le funzioni d’onda di tripletto e di singoletto sostituendo le etichette (1) e (2) con la
posizione relativa dell’elettrone 1 e dell’elettrone 2, cioè r1. Per lo stato di tripletto abbiamo
Ciò significa che anche nelle situazioni fortemente repulsive, la funzione di singoletto darà un
contributo non nullo all’energia totale, in quanto in tutte quelle posizioni in cui ΨT=0, si ha ΨS≠0.
Poiché gli elettroni si respingono di più quando sono vicini l'uno all'altro, ci aspettiamo quindi che
lo stato di singoletto abbia una maggiore repulsione interelettronica e una maggiore energia.
Questa regola si rivela abbastanza generica e si chiama regola di Hund
Regola di Hund: per gli stati degeneri non interagenti, la configurazione con la molteplicità
di spin più alta è la più bassa in energia.
Sulla base di questo risultato possiamo confermare che lo stato di tripletto è quello a più bassa
energia. Questo vale sempre, a condizione che si possa descrivere la molecola, che ha un certo
orbitale HOMO e un certo orbitale LUMO, in questo stato di singoletto e di tripletto,
semplicemente come una eccitazione HOMO-LUMO.
S 2 g S ( S 1) g
dove S(S+1) è l’autovalore dell’operatore S2. Per semplicità eliminiamo il simbolo di operatore “^”.
Siccome il valore di S è diverso per lo stato di tripletto e per lo stato di singoletto, operando con S2
su queste due funzioni si otterranno due autovalori differenti, cioè, in unità ћ
singoletto → Sz = 0 → S=0 → S 2Ψ S = 0
60
L’operatore Sz proiezione lungo z del momento angolare di spin è definito come:
N
S z s z (i )
i 1
Dove la sommatoria corre su tutti gli elettroni del sistema, da 1 a N, e sz(i) è l’operatore che agisce
su un solo elettrone alla volta. Quindi per la molecola di H2
S z sz (1) sz (2)
1 1
S z Sz
2 2
Si può vedere che S2 si può esprimere non solo attraverso gli operatori componente x,y,z ma
anche attraverso gli operatori scala, S+ e S-:
S 2 S S S z S z2
Anche gli operatori scala, come l’operatore Sz, sono definiti come
N
S s (i )
i 1
e il loro effetto è quello di innalzare o abbassare lo stato di spin. In particolare, quando S+ opera
sullo stato β, lo innalza allo stato α e, analogamente, quando S- opera su α lo abbassa allo stato β.
Quando invece S+ opera sullo stato di spin α, questo è già lo stato di spin più alto, quindi l’effetto è
quello di annullare la funzione d’onda, e la stessa cosa avviene quando S- opera sullo stato β, in
quanto β è già lo stato di spin più basso:
S 0 S
S 0 S
Ora riprendiamo le funzioni di spin associate alle 4 disposizioni elettroniche dei due orbitali
(configurazioni open shell di H2 oppure He eccitato) e applichiamo l’operatore S2 alla funzione
α(1)α(2)
61
Analizziamo separatamente l’effetto dei vari operatori sulla funzione di spin.
Tra parentesi quadre è stato indicato l’autovalore. Osserviamo che la funzione α(1)α(2) è
autofunzione dell’operatore Sz con auto valore pari a 1.
Siccome l’operatore Sz2 altro non è che l’operatore Sz applicato due volte, cioè SzSz, restituià come
autovalore 12, cioè 1, quindi
Consideriamo ora l’effetto degli operatori scala. Siccome operano in sequenza, applichiamo prima
S- alla funzione α(1)α(2) e poi S+ alla funzione risultante:
S [ (1) (2) (1) (2)] [ s (1) s (2)] [ (1) (2) (1) (2)]
(2) s (1) (1) (2) s (1) (1) (1) s (2) (2) (1) s (2) (2)
(1) (2) 0 0 (1) (2)
[2] (1) (2)
62
S z2 (1) (2) [02 ] (1) (2) [0] (1) (2)
S 2 (1) (2) [1 0 0] (1) (2) [1] (1) (2) (1) (2) (1) (2)
Abbiamo verificato che la funzione α(1)β(2) NON è autofunzione dell’operatore S2, e restituisce
una combinazione di due funzioni. Analogamente, si può dimostrare che anche la funzione
β(1)α(2) NON è autofunzione di S2.
Prendiamo ora la combinazione con segno + di queste due funzioni:
63
Energia degli stati di tripletto e singoletto
Abbiamo ottenuto tutti gli stati elettronici che si generano considerando i due orbitali σg e σu della
molecola di idrogeno, espressi come determinanti di Slater. Corrispondono a una traduzione
funzionale di una determinata configurazione elettronica
1
D1 g (1) g (2) [ (1) (2) (1) (2)] Stato elettronico fondamentale
2
1
D2 u (1) u (2) [ (1) (2) (1) (2)] Stato elettronico doppiamente eccitato
2
Le funzioni D5, D6, D3+D4 corrispondono allo stato elettronico singolarmente eccitato.
Sono caratterizzate dalla stessa parte spaziale, antisimmetrica, e da tre diverse funzioni di spin
1 1
D3 D4 [ g (1) u (2) u (1) g (2)] [ (1) (2) (1) (2)]
2 2
Dobbiamo ora esprimere l’energia associata a ciascuno di questi quattro stati elettronici, tenendo
presente che l’energia è determinata dal valore d’attesa dell’operatore Hamiltoniano e che
possiamo restringere l’attenzione sulla parte spaziale della funzione d’onda, in quanto Ĥ non
contiene termini che siano funzioni delle coordinate di spin.
Come semplificazione utilizziamo la notazione spettroscopica. Quindi, ad esempio, lo stato D1 è
indicato con S0, dove “S” denota lo stato di singoletto e “0” indica che è lo stato a più bassa
energia. Analogamente indichiamo gli stati D5, D6, D3+D4 con T1, dove “T” denota lo stato di
tripletto e “1” indica che si trova a energia superiore rispetto a S0. Sulla base di queste
considerazioni, i quattro stati elettronici si indicano come
E S 2 → D2
S1 → D3-D4
S 0 → D1
Ciò che stiamo per fare è del tutto analogo a quanto abbiamo già visto per l’atomo di elio in
configurazione eccitata: riconosciamo che l’operatore Hamiltoniano contiene termini già noti, in
questo caso Hamiltoniani della molecola di 𝐻2+.
64
1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1
Hˆ 12 2 Hˆ 1 Hˆ 2
2 rA1 rB1 2 rA2 rB 2 r12 R r12 R
In primo luogo possiamo trascurare il termine 1/R in quanto dipende solo dalla posizione reciproca
dei due nuclei, quindi può essere aggiunto successivamente all’espressione dell’energia totale.
1 1
ES0 S0 H1 H 2 S0 g (1) g (2) H1 H 2 g (1) g (2)
r r
1
g (1) g (2) H1 g (1) g (2) g (1) g (2) H 2 g (1) g (2) g (1) g (2) g (1) g (2)
r
1
g (1) g (2) H1 g (1) g (2) g (2) | g (2) g (1) H1 g (1) E g0
R
1
g (1) g (2) H1 g (1) g (2) g (1) | g (1) g (2) H 2 g (2) E g0
R
Il terzo integrale altro non è che l’integrale Coloumbiano J, introdotto nel caso dello stato
fondamentale dell’atomo di elio
1
g (1) g (2) g (1) g (2) J gg
r
Il pedice “gg” indica che si tratta della repulsione tra due elettroni, entrambi in un orbitale 𝜎g.
Complessivamente l’energia dello stato fondamentale è dato da
ES0 2 g0 J gg
65
Energia dello stato doppiamente eccitato S2
Sostituendo nel valore d’attesa dell’Hamiltoniano la funzione 𝜎u(1)𝜎u(2), si ottiene un
espressione dell’energia del tutto analoga a quella dello stato fondamentale, con la sola differenza
che l’energia è riferita all’orbitale 𝜎u. Quindi
ES2 2 u0 J uu
1
ES1 g (1) u (2) u (1) g (2) H g (1) u (2) u (1) g (2)
2
1
g (1) u (2) H g (1) u (2) primo addendo
2
1
u (1) g (2) H u (1) g (2) sec ondo addendo
2
1
g (1) u (2) H g (1) u (2) terzo addendo
2
1
u (1) g (2) H g u quarto addendo
2
1 1
g (1) u (2) H1 H 2 g (1) u (2)
2 r
1 1 1 1
g (1) u (2) H1 g (1) u (2) g (1) u (2) H 2 g (1) u (2) g (1) u (2) g (1) u (2)
2 2 2 r
Siccome l’operatore H1 agisce sull’elettrone 1 che sta nell’orbitale σg, il primo integrale restituisce
l’autovalore εg0
1 1 1
g (1) u (2) H 1 g (1) u (2) g (1) H 1 g (1) u (2) | u (2) g0
2 2 2
Lo stesso vale per il secondo integrale, con la differenza che H2 agisce sull’elettrone 2 che però sta
nell’orbitale σu, quindi restituisce l’autovalore εu0
1 1 1
g (1) u (2) H 2 g (1) u (2) u (2) H 2 u (2) g (1) | g (1) u0
2 2 2
66
Scriviamo l’ultimo termine nella notazione dei chimici
1 1 1 1 1
g (1) u (2) g (1) u (2) g (1) g (1) u (2) u (2) J gu
2 r 2 r 2
Esso rappresenta una repulsione colombiana, che ha una controparte classica, tra un elettrone
nell’orbitale σg e un elettrone nell’orbitale σu.
Il primo termine diagonale fornisce
1 1 1 1 1
g (1) u (2) H1 H 2 g (1) u (2) g0 u0 J gu
2 r 2 2 2
Il secondo addendo, che corrisponde al secondo termine diagonale, fornisce esattamente lo stesso
risultato
1 1 1 1 1
u (1) g (2) H1 H 2 u (1) g (2) u0 g0 J ug
2 r 2 2 2
Siccome l’ordine di moltiplicazione delle funzioni non ne modifica il risultato, possiamo dire che
Jgu=Jug, e quindi nel complesso i termini diagonali forniscono come risultato
u0 g0 J gu
Dobbiamo ora esaminare l’effetto dei termini fuori diagonale. Consideriamo il terzo addendo
1 1
g (1) u (2) H1 H 2 u (1) g (2)
2 r
1 1 1 1
g (1) u (2) H1 u (1) g (2) g (1) u (2) H 2 u (1) g (2) g (1) u (2) u (1) g (2)
2 2 2 r
Il ragionamento è analogo a quello fatto per il primo addendo. Questa volta però l’integrale di
sovrapposizione u (2) | g (2) è nullo, in quanto i due orbitali molecolari sono ortonormali,
quindi l’integrale è semplicemente
1 1
g (1) u (2) H1 u (1) g (2) g (1) H 1 u (1) u (2) | g (2) 0
2 2
1 1
g (1) u (2) H 2 u (1) g (2) u (2) H 2 g (2) g (1) | u (1) 0
2 2
1 1 1
u (1) g (2) H1 H 2 g (1) u (2) 0 0 K ug
2 r 2
K gu
A questo punto, unendo i vari addendi, possiamo dire che l’energia totale dello stato di singoletto
S1 è data da
ES1 g0 u0 J gu K gu
ET1 g0 u0 J gu K gu
Vediamo così che, come atteso, l’energia del singoletto σgσu è più alta di quella del tripletto σgσu
perché K, termine repulsivo, è positivo e, come nel caso dell’atomo di elio, la differenza di energia
∆E è 2K.
È interessante notare che l’interazione di scambio risulta dal fatto che gli elettroni sono
indistinguibili (ovvero dal fatto che la funzione d’onda è un determinante di Slater).
Se non avessimo usato un Determinante di Slater ma un prodotto di Hartree, la differenza di
energia fra singoletto σgσu e tripletto σgσu sarebbe uguale a zero.
Esattamente come abbiamo fatto per l’atomo di elio, possiamo tracciare un grafico dei livelli
energetici per interpretare i risultati ottenuti:
Nessuna interazione Interazione Interazione di
elettronica Coloumbiana scambio
εg0+ εu0+Jgu+Kgu
εg0+ εu0+Jgu-Kgu
εg0+ εu0
68
Partiamo da una situazione in cui gli elettroni non interagiscono tra loro l’energia totale è data
dalla somma εg0+ εu0. Quando i due elettroni interagiscono l’energia del sistema si innalza di un
fattore pari a J, ma i livelli di singoletto e di tripletto rimangono degeneri. Ciò significa considerare
solo gli elementi di matrice diagonali.
Quando introduciamo l’interazione di scambio il tripletto e il singoletto si separano in energia, con
un ∆E pari a 2K. Introdurre il termine K significa introdurre gli elementi di matrice fuori diagonale,
e quindi significa che stiamo utilizzando i determinanti di Slater.
Se l’eccitazione è di tipo n→π*, questo implica che l’integrale di scambio K responsabile della
separazione energetica fra lo stato di tripletto e singoletto che si originano dalla stessa
configurazione è definito attraverso gli orbitali n e π.
Con uno spettro di assorbimento generalmente si osservano transizioni elettroniche che sono
permesse per spin, ovvero che mantengono lo stato di spin.
Registrazione 11-8
69
Simmetria degli stati elettronici (configurazioni) di H 2 e molecole biatomiche
La configurazione dello stato fondamentale di H2 è classificata come 1Σg in un'eco del termine
simboli usati per gli atomi o seguendo le regole di simmetria dalla simmetria di gruppo D∞h.
L'apice 1 è la molteplicità di spin [(2S + 1), S = 0] dello stato, che in questo caso corrisponde a S=0
perché i due elettroni sono accoppiati.
Il simbolo Σ (sigma maiuscolo) è l'analogo della lettera S usata per denotare la piena simmetria
rotazionale sferica e indica che il momento angolare orbitale totale intorno all'asse internucleare è
zero perché entrambi gli elettroni occupano orbitali σ e quindi nessuno dei due possiede un
momento angolare orbitale relativo all'asse.
Più formalmente, denotiamo la componente del momento angolare orbitale lungo l'asse come λ
per ogni elettrone, e il totale come Λ = λ1 + λ2.
Nello stato fondamentale H2
λ1 = λ2 = 0
70
Stabilità di H2 nello stato fondamentale
Le diverse configurazioni di H2 che danno luogo ai diversi stati elettronici sono indicati nel grafico
dell’energia potenziale
Tutte queste energie sono definite a meno del termine 1/R, ovvero il contributo dovuto alla
repulsione tra i due nuclei. Siccome 1/R assume un valore ben preciso a seconda della distanza tra
i due nuclei, può essere sommato all’energia in un secondo momento.
La curva più chiara a più bassa energia è il profilo energetico dello stato fondamentale, e si può
notare che si tratta di una curva di legame, così come abbiamo visto nel caso dell’H 2+.
La curva più chiara a più alta energia corrisponde al profilo energetico della funzione D 2, cioè alla
configurazione elettronica doppiamente eccitata: siccome eccitare due elettroni costa molta
energia, ci aspettiamo che lo stato elettronico corrispondente, descritto dal determinante di Slater
in cui i due elettroni occupano l’orbitale σ u, sarà quello a più alta energia. Come si può notare,
analogamente al caso di H2+ si tratta di una curva dissociativa.
Tra queste due curve troviamo altri due stati elettronici Σ però di tipo u, in particolare quello a più
bassa energia è un tripletto e quello a più alta energia è un singoletto.
17.17-20.00??
Dobbiamo spiegare per quale motivo ci sono due curve, una legante e l’altra dissociativa e perché
quella legante presenta un minimo. In altre parole dobbiamo indagare la stabilità di H 2.
71
L’energia dello stato fondamentale, associato al determinante di Slater D 1, è data da
1
E D1 2 g0 J gg
R
a cui abbiamo aggiunto 1/R.
Sappiamo che εg0 corrisponde a E+, ovvero all’energia dell’orbitale (σg)1 singolarmente occupato,
che è il livello fondamentale della molecola di H2+
1
g0 E ( H 2 )
R
Quindi, sostituendo in ED1 otteniamo
2 1 1
E D1 2 E J gg 2 E J gg
R R R
Mentre 1/R rappresenta la repulsione tra i due nuclei, Jgg corrisponde alla repulsione tra due
elettroni che occupano entrambi l’orbitale σg. Qualitativamente possiamo dire che, per distanze
non troppo piccole, i due termini si eguagliano, e siccome uno è negativo e l’altro è positivo, si
annullano. Quello che rimane è
E D1 2 E
2 j 2k 1
E D1 2 E1s J gg
1 S R
Dal momento che abbiamo dimostrato che E + è stabile (presenta un minimo) per una certa
distanza R, possiamo concludere che anche 2E+ sarà stabile: esisterà una distanza internucleare a
cui corrisponde un minimo di energia potenziale che dovrebbe essere, nell’ambito di questa
approssimazione, circa due volte il minimo discusso per la molecola di H2+.
72
Allo stesso modo, possiamo considerare lo stato elettronico doppiamente eccitato della molecola
di H2, in cui i due elettroni stanno nell’orbitale σu. L’energia di questo stato doppiamente eccitato
la possiamo scrivere in analogia a quella dello stato fondamentale, come
1
E D 2 2 u0 J uu
R
Sappiamo che εu0 corrisponde a E-, ovvero all’energia dell’orbitale (σ u)1 singolarmente occupato,
che corrisponde all’energia dello stato elettronico eccitato di H2+
1
u0 E ( H 2 )
R
Ma E- è definito come
jk 1
E E1s
1 S R
2 j 2k 1
E D 2 2 E1s J uu
1 S R
Anche in questo caso per R non troppo piccolo il termine 2j compensa le due repulsioni
Coulombiane elettronica e nucleare e l’energia diventa
2k
E D 2 2 E1s
1 S
Poiché k è negativo la curva non presenta un minimo ed è una curva di tipo dissociativo.
Abbiamo dunque dimostrato che la molecola di H 2 è stabile e la stabilità è determinata, come nel
caso di H2+, dall’integrale di scambio k, che è un termine puramente quantistico.
73
Il determinante di Slater per lo stato elettronico fondamentale di H2 è
La parte spaziale è descritta dal prodotto dei due orbitali molecolari σ g, ma questi orbitali sono
dati dalla combinazione lineare degli orbitali atomici 1s A e 1sB. Abbiamo visto che esplicitando
l’espressione dei due orbitali molecolari e sviluppando algebricamente otteniamo due contributi
ionici e due contributi covalenti
Dal punto di vista della teoria dei gruppi, per stabilire se questo integrale è ≠0, bisogna studiare il
prodotto delle rappresentazioni irriducibili dei tre elementi che costituiscono l’integrale e
verificare che contenga la rappresentazione totalsimmetrica. Il prodotto delle rappresentazioni
irriducibili è dato dal prodotto dei caratteri.
Per definizione l’operatore Hamiltoniano è total simmetrico, qualunque sia il gruppo di simmetria
che stiamo considerando, e siccome entrambi gli orbitali D 1 e D2 hanno simmetria Σg, il prodotto
dei caratteri sarà
g g g g
c1 D1 c2 D2
c1 (ION COV ) c2 (ION COV )
(c1 c2 )ION (c1 c2 )COV
74
In conclusione:
1. La funzione d’onda monodeterminantale non è sempre adeguata, e quindi il metodo HF
non è sempre adeguato quando si vogliono descrivere situazioni lontane dalla geometria di
equilibrio.
3. Questa procedura è del tutto generale ed è quasi sempre utilizzata per migliorare la
descrizione degli stati elettronici molecolari. La procedura prende il nome di INTERAZIONE
DELLE CONFIGURAZIONI (o CI).
75
MOLECOLE BIATOMICHE OMO ED ETERO NUCLEARI
ci i
i
c11s A c2 1s B c3 2s A c4 2s B c5 2 p Ax c6 2 p Bx c7 2 p Ay c8 2 p By c9 2 p Az c10 2 p Bz
La normale procedura è di considerare l’orbitale di core (l’orbitale atomico 1s) come inalterato dal
legame dei due atomi, quindi di costruire gli orbitali molecolari solo sulla base degli orbitali atomici
di valenza, 2s e 2p (per gli atomi della seconda riga).
Questa approssimazione trova giustificazione sulla base dell'energia molto più bassa degli elettroni
1s rispetto agli elettroni di valenza e della loro disposizione più compatta vicino al nucleo.
Per ogni atomo della seconda riga abbiamo quindi un orbitale 2s e tre orbitali 2p.
Esattamente come gli orbitali 1s, gli orbitali 2s hanno forma sferica e si combinano per formare i
due orbitali molecolari σg e σu.
Gli orbitali pz, diretti lungo l’asse molecolare, danno luogo a orbitali molecolari aventi simmetria
cilindrica e quindi ancora orbitali σ, σg e σu.
76
Gli orbitali px e py, diretti perpendicolarmente rispetto all’asse molecolare, danno luogo a orbitali
molecolari che hanno un piano nodale che passa per l’asse molecolare. Sono degeneri e
appartengono alla rappresentazione irriducibile π
In particolare, la combinazione di questi orbitali con segno + genera un orbitale πu, mentre la
combinazione con segno - genera un orbitale πg.
Normalmente bisognerebbe considerare che tutti questi quattro orbitali contribuiscono alla
formazione degli orbitali molecolari, ma in realtà, siccome esiste una separazione energetica tra gli
orbitali 2s e 2p, diventa intuitivo pensare di poterli far interagire separatamente.
In questo modo otteniamo il seguente diagramma orbitalico
Questo schema si ottiene costruendo orbitali molecolari a partire da coppie degeneri di orbitali
atomici: ad esempio combinando orbitali 2s si generano i primi due orbitali (dal basso);
combinando i due orbitali 2pz si ottengono i seguenti due orbitali di tipo σ, e infine combinando le
due coppie di orbitali p perpendicolari all’asse di legame si ottengono gli orbitali π.
I due set di orbitali π (legante e antilegante) sono meno separati energeticamente dei
corrispondenti orbitali σ perché l’interazione fra orbitali atomici 2p perpendicolari all’asse di
legame è inferiore a quella degli orbitali 2p che si estendono lungo il legame: ricordiamo infatti
che la separazione energetica è circa due volte l’interazione orbitalica. Inoltre, siccome l’orbitale
πu presenta un piano nodale si troverà a energia inferiore rispetto all’orbitale πg.
Il risultato di questa costruzione è una sequenza di orbitali molecolari che dal basso è
77
Come si vede possono esistere più di un orbitale con la stessa simmetria: il numero 1 o 2 che
precede il simbolo di simmetria dell’orbitale molecolare è pertanto un numero d’ordine.
Esaminiamo come variano i diagrammi orbitalici di molecole biatomiche al variare dell’atomo: il
tipico diagramma che mostra l’andamento energetico degli orbitali molecolari di molecole
biatomiche omonucleari al cambiare degli atomi è il seguente
L’andamento mostra delle caratteristiche molto particolari: l’ordine energetico dell’orbitale 2σg e
1πu si inverte passando dal lato destro a quello sinistro. Notiamo anche che l’ordine degli orbitali
nella parte destra del diagramma, per O2 e F2, è lo stesso che abbiamo appena ricavato con la
costruzione degli orbitali molecolari. Così non è per l’ordine che troviamo nella parte sinistra del
diagramma poiché l’orbitale 2σg si trova sopra l’orbitale 1π u.
Questo fenomeno è detto inversione orbitalica, e ha un certo rilievo.
Prendiamo ad esempio la molecola B2: vediamo che ha gli ultimi due elettroni che occupano
l’orbitale degenere πu. Se questo orbitale si trovasse al di sopra dell’orbitale 2σg, i due elettroni
andrebbero a occupare quest’ultimo orbitale e la molecola diventerebbe close shell, con tutti gli
orbitali doppiamente occupati e gli elettroni tutti accoppiati tra loro. Sarebbe quindi una molecola
in stato di singoletto.
Siccome tuttavia i due elettroni occupano un orbitale doppiamente degenere, la molecola di B 2 è
in stato di tripletto.
Questo fenomeno si basa, in modo estremamente intuitivo, sul fatto che la separazione energetica
tra gli orbitali 2s e 2p non è costante ma dipende dal tipo di atomo che stiamo considerando, in
particolare aumenta muovendosi lungo il secondo periodo.
Per differenze di energia molto elevate, l’approssimazione per la quale i 2s e i 2p interagiscono
separatamente regge abbastanza bene.
Tuttavia quando la separazione energetica diventa piccola, l’aver trattato separatamente le
interazioni tra gli orbitali diventa un’approssimazione importante.
78
Come si spiega l’inversione orbitalica?
La procedura che abbiamo seguito si basa su una approssimazione, e pertanto conduce ad uno
schema approssimato che va bene solo in determinate condizioni: l’approssimazione è quella di
considerare trascurabile la interazione fra orbitali molecolari della stessa simmetria.
Questa approssimazione a sua volta deriva dall’aver considerato trascurabile l’interazione (o in
termini più semplici la sovrapposizione) orbitalica fra orbitali 2s di un atomo con i 2p dell’altro
atomo e vice-versa.
Questa interazione (e così la sovrapposizione) non è nulla. In questo contesto, mentre abbiamo
che l’integrale di sovrapposizione
2s A | 2 p A 0
perché gli orbitali atomici centrati sullo stesso atomo sono ortogonali, l’integrale
2s A | 2 p B 0
79
Notiamo che quello a più bassa energia, il 2σ g è la combinazione meno di due orbitali 2p presi con
la stessa orientazione delle fasi.
Abbiamo già discusso questa possibilità parlando di H2+: dipende dal segno dell’interazione β (HAB);
quindi per H2+ l’interazione è negativa e la combinazione + sta ad energia più bassa.
Possiamo giustificare il perché anche in modo qualitativo:
Possiamo giustificare il perché anche in modo più formale ricordando che le energie degli orbitali
σg e σu della molecola di H2+ sono date da
H AA H AB
E
(1 S )
H AA H AB
E
(1 S )
In altre parole, se HAB è negativa (come nel caso di H2+) allora E+ è più bassa di E-, ma se HAB fosse
positiva sarebbe il contrario ed E+ sarebbe più alto di E-.
Per capire se una interazione è positiva o negativa possiamo calcolarla esattamente oppure
possiamo basarci sulla formula ‘fenomenologica’
HAB = -cost ·S
80
Ora studiamo il segno della interazione fra orbitali della stessa simmetria del CASO A, ovvero
quando l’orbitale 2σg è sotto l’orbitale 1πu.
Se l’interazione è positiva allora la combinazione a più bassa energia è la combinazione -, mentre
se l’interazione è negativa allora la combinazione a più bassa energia è la combinazione +.
Esaminiamo l’interazione fra l’orbitale 1σg e l’orbitale 2σg e cerchiamo di capire che segno ha la
sovrapposizione orbitalica e l’interazione fra i due orbitali. Possiamo costruire intuitivamente il
diagramma di interazione, che avrà presumibilmente questa forma
I livelli a destra e sinistra sono quelli interagenti e dovuti agli orbitali approssimati costruiti per il
CASO A, quelli in mezzo sono i livelli risultanti dalla interazione e costituiscono una migliore
approssimazione degli orbitali molecolari.
Analogamente avremmo uno schema simile per gli orbitali di simmetria σ u.
Possiamo discutere gli effetti della interazione fra orbitali della stessa simmetria (ma anche le
interazioni fra orbitali atomici per formare orbitali molecolari) utilizzando qualitativamente la
teoria delle perturbazioni.
In questo caso la perturbazione H(1) è l’interazione fra i due orbitali di simmetria del CASO A, che
abbiamo inizialmente pensato fosse trascurabile, e come tale è relativamente piccola.L’energia del
sistema perturbato è dato dalla somma delle correzioni all’energia dell’ordine (0)
0( 0) k ak k( 0)
Abbiamo a che fare con due stati, 1σg e 2σg che sono soluzioni dell’Hamiltoniano all’ordine (0) H(0)
e sono le autofunzioni Ψ1(0) e Ψ2(0). La funzione d’onda complessiva è una combinazione lineare
delle funzioni di ordine (0), quindi la funzione d’onda per lo stato 1σg’ sarà
La teoria delle perturbazioni quindi dice una cosa importante: l’orbitale σg’ assomiglierà in gran
parte all’orbitale σg più vicino energeticamente, e subirà la correzione da parte dell’altro orbitale.
81
Guardiamo ora l’energia: l’energia all’ordine (0) del livello 1σg è E1(0) e l’energia all’ordine (0) del
livello 2σg è E2(0). La correzione al primo ordine dell’energia di un generico stato k è il valore della
perturbazione diagonale, cioè calcolata utilizzando la funzione di ordine (0)
E1(1) 1 g | H (1) | 1 g 0
La correzione al prim’ordine è zero in questo caso perché la perturbazione non cambia l’energia di
ciascun livello iniziale (i termini diagonali sono nulli). Analogamente sarà zero anche la correzione
al prim’ordine per E2.
La perturbazione insorge quando i due livelli energetici interagiscono e lo fanno attraverso una
interazione che H12, quindi quello che è diverso da zero è
H12(1) 1 g | H (1) | 2 g 0
H122
E ( 2)
E1 E2
1
H122 H2
E1( 0) E1(1) E1( 2) E1( 0) E1( 0) 12
E1 E2 E
Dove il segno meno deriva dal fatto che E2 è maggiore di E1 e ΔE è positivo. Questa espressione
indica che l’interazione tra i due orbitali porta a un livello 1σg’ a minore energia.
E1( 0)
1( 0)
H122
E ( 0)
E
1
E2 E1 E
2 2 2 2
Che indica che a seguito dell’interazione si genera uno stato 2σg’ a più alta energia.
82
H122
E ( 0)
E2( 0) 2
E
2( 0)
La teoria delle perturbazioni spiega lo spostamento energetico degli orbitali molecolari corretti
(che avevamo ottenuto in modo qualitativo) e spiega anche il perché ci sia una inversione
spostandosi da sinistra verso destra lungo la II riga.
L’ampiezza dello spostamento energetico (in basso e in alto), a parità di interazione 𝐻12, sarà più
grande se i due livelli energetici imperturbati 𝐸1 ed 𝐸2 sono più vicini in energia.
Spostandosi verso destra lungo il secondo periodo la separazione energetica tra gli orbitali 1s e 2p
aumenta, e quindi aumenta anche la separazione tra 𝐸1 ed 𝐸2, di conseguenza la correzione
all’energia diminuisce.
D’altra parte, quando la differenza di energia 𝐸2−𝐸1 è piccola (parte sinistra del II periodo),
l’effetto complessivo della perturbazione (interazione) sull’energia dell’orbitale è grande perché la
differenza di energia sta al denominatore del termine correttivo.
Come conseguenza l’orbitale 2𝜎𝑔 viene spinto molto in alto e può superare l’energia del livello 𝜋𝑢
come mostrato nel seguente schema che corrisponde al CASO B
Gli orbitali molecolari del CASO B sono ottenuti considerando l’effetto di tutte le interazioni fra
orbitali atomici dei due atomi componenti.
Si riferisce in particolare a quei casi in cui l’effetto combinato dell’interazione e della differenza di
energia fra I due orbitali 1𝜎𝑔, 2𝜎𝑔 , sposta il secondo dei due sopra l’orbitale 𝜋𝑢.
Riassumendo:
Una separazione ΔE più grande implica un denominatore più grande nel termine correttivo
e quindi una correzione più piccola dell’energia. Questo è ciò che accade spostandosi da
sinistra verso destra nella tavola periodica
Il gap s/p è ancora abbastanza piccolo per N2, per il quale l’effetto globale dalla teoria delle
perturbazioni è grande e 2σg sta sopra πu.
83
Il gap è cresciuto abbastanza per O2 , per il quale l’effetto globale dalla teoria delle
perturbazioni è più debole a causa della maggiore separazione energetica fra orbitali
atomici s e p, e 2σg rimane sotto πu. In questo caso lo schema più approssimato del CASO A
è in accordo con l’andamento energetico osservato per gli orbitali.
Per conoscere il segno dell’interazione dobbiamo studiare il segno della sovrapposizione S che ha
la forma
S 2s A 2sB | 2 p A 2 pB
2s A | 2 p A 2sB | 2 pB 2s A | 2 pB 2sB | 2 p A
0 0 S s A , pB S p A , s B
S s A , pB
S p A ,sB
Il primo integrale è negativo ma con il segno – davanti diventa positivo ed è positivo anche il
secondo integrale. Nel complesso la sovrapposizione è > 0, quindi l’interazione H è < 0 e di
conseguenza l’orbitale a più bassa energia è la combinazione + dei due orbitali di partenza.
Analizziamo ora quale sarà la forma degli orbitali dopo l’interazione. Un orbitale sarà la
combinazione + di 1σg e 2σg e l’altro sarà la combinazione -.
Ricordiamo che si mescolano solo orbitali della stessa simmetria, mentre quelli di simmetria
diversa non si mescolano (cioè non interagiscono).
Combinazione +
Come si può notare l’effetto dell’orbitale 1σg è quello di aumentare il contributo della parte dello
stesso colore dell’orbitale 2σg. In particolare aumenta la densità nella zona interna al legame e la
diminuisce nella zona esterna.
84
Combinazione –
H122
1 1o a2 2o dove a2
E1 E2
Il denominatore è negativo perché E1<E2, e H12 abbiamo visto che è negativo perché la
sovrapposizione S è positiva. Quindi nel complesso il coefficiente a 2 è positivo, ciò significa che lo
stato Ψ1 è corretto aggiungendo una parte dello stato Ψ2.
La teoria delle perturbazioni indica inoltre che il nuovo livello sarà più simile al livello di partenza
più vicino in energia.
Analogamente, per il livello 2
H122
2 2 a11
o o
dove a1
E2 E1
Combinazione +
Combinazione –
La combinazione – sarà quella a più bassa energia in quanto presenta il minore carattere
antilegante. Il carattere antilegante così ridotto che può essere considerato come un orbitale di
non legame.
85
Ricapitolando: abbiamo visto che le due coppie di due orbitali di simmetria del CASO A (σg e σu)
hanno una interazione diversa da zero. Questo significa che questi orbitali sono accettabili solo
quando l’interazione è trascurabile, mentre in tutti gli altri casi dobbiamo procedere e costruire
nuovi orbitali molecolari (meno approssimati) a partire da quelli che abbiamo visto nel CASO A,
facendoli interagire.
La differenza essenziale fra CASO A e CASO B è la posizione dell’orbitale molecolare 2σ g
relativamente al πu. L’aspetto importante per comprendere l’inversione orbitalica è considerare la
grandezza del termine correttivo dell’energia
H122
E2g E2o
E
La separazione ΔE dipende dalla separazione energetica degli orbitali atomici che compongono i
due orbitali molecolari 2σg e 1σg del CASO A, cioè in ultima analisi dalla separazione energetica fra
orbitali 2s e 2p. Nella Tavola periodica, per atomi della riga Li-Ne c’è una inversione nell’ordine
orbitalico dal CASO B al CASO A quando si va da N2 ad O2. Una ragione è che la separazione
energetica s/p cresce andando da sinistra a destra nella tavola periodica.
Per atomi della riga successiva le cose sono un po’ diverse. Abbiamo sempre una sequenza
orbitalica di tipo CASO A da Al2 in poi, con l’orbitale 2σg sempre sotto l’orbitale πu: in questo caso
la ragione è che la interazione fra gli orbitali p che porta alla formazione del’orbitale π u è più
debole e quindi la separazione fra orbitali πg e πu è più piccola.
Quindi anche se l’orbitale 2σg viene spinto in alto dalla interazione con l’orbitale 1σ g, rimane
sempre sotto l’orbitale πu.
86
Nella terza colonna è presente l’etichetta dello stato elettronico, che può essere determina in
modo semplice applicando la teoria dei gruppi.
Quasi tutte queste configurazioni elettroniche, eccetto O2 e B2, hanno tutti gli orbitali
doppiamente occupati.
La simmetria di uno stato elettronico è determinata dal prodotto delle simmetrie, ovvero dal
prodotto delle rappresentazioni irriducibili, degli orbitali molecolari che sono occupati. Quando
però abbiamo un orbitale doppiamente occupato, esso restituisce una rappresentazione total
simmetrica, in quanto Σg x Σg = Σg, Σu x Σu = Σg e così via.
Ogni volta che abbiamo a che fare con orbitali singolarmente o doppiamente degeneri,
doppiamente occupati, il loro contributo alla simmetria dello stato è total simmetrica.
Questa è la ragione per cui, tralasciando gli stati di tripletto, vediamo solamente degli stati Σ (per
la parte alta della tabella).
La quarta colonna contiene i valori delle distanze di legame e si può notare che hanno un
andamento variabile. Le distanze di legame devono essere correlate ai valori dell’ultima colonna,
che riporta l’ordine di legame (Bond Order, BO), cioè la differenza fra il numero di orbitali di
legame (bonding=B) e quelli di antilegame (AB).
Per la molecola di Be2, siccome l’ordine di legame è 0 ci si potrebbe aspettare una lunghezza di
legame maggiore rispetto a quella di Li2, tuttavia oltre all’effetto del B.O. occorre tenere presente
che spostandosi verso destra gli atomi diventano più elettronegativi e quindi il raggio covalente
dell’atomo diminuisce.
Nella parte bassa della tabella sono presenti le molecole formate dagli atomi del terzo periodo.
Se la separazione energetica tra gli orbitali 2s e 2p aumenta spostandosi verso destra è logico
aspettarsi un’inversione orbitalica simile a quella del secondo periodo. In realtà questo non
avviene e si può notare che tutte queste molecole sono corrispondenti al CASO A, in cui πu sta
sopra a σg. C’è sempre un aumento della separazione energetica nella parte destra ma in questo
caso quello che gioca il ruolo più importante è il fatto che, per atomi della terza riga, la
sovrapposizione tra gli orbitali p, e quindi la loro interazione, è più piccola rispetto agli atomi della
seconda riga. Ragion per cui l’orbitale πu si allontana maggiormente dall’orbitale σg e, per quanto
quest’ultimo venga spostato in alto dall’interazione, non arriva mai a superare il πu.
O2 [ N 2 ] g2
In particolare l’orbitale molecolare 𝜋𝑔 è solo parzialmente occupato con due elettroni invece di 4.
Di conseguenza dobbiamo considerare quali sono le possibili disposizioni degli elettroni con il loro
spin, così come abbiamo fatto quando abbiamo discusso gli stati elettronici di H2 che derivano
dalla configurazione elettronica (𝜎𝑔)1(𝜎𝑢)1.
Vediamo perciò quanti stati elettronici risultano dalla configurazione elettronica fondamentale di
O2 e quale di essi si trova a più bassa energia, cioè è lo stato elettronico fondamentale.
87
C’è un modo molto semplice basato sulla teoria dei gruppi: siccome tutti gli orbitali precedenti a
𝜋𝑔 sono doppiamente occupati, complessivamente restituiranno la rappresentazione total
simmetrica, bisogna quindi determinare le rappresentazioni irriducibili che derivano dalla
configurazione elettronica (𝜋𝑔)2, perché è l’unica che contribuisce alla simmetria totale.
Dobbiamo quindi determinare, in termini di simmetria, il prodotto Πg x Πg, che corrisponde al
prodotto dei caratteri.
Dalla tabella del gruppo D ooh sappiamo che la rappresentazione Πg è bidimensionale, quindi il
prodotto dei caratteri sarà 2x2=4 ma siccome non esistono rappresentazioni irriducibili di
dimensione 4, questa rappresentazione è riducibile.
Per estrarre le rappresentazioni irriducibili si può ricorrere alle tabelle dei prodotti diretti.
Un altro modo per determinare le configurazioni possibile e i relativi stati di spin prevede di
sistemare gli elettroni con il loro spin nei due orbitali 𝜋𝑔 a disposizione e prendere nota del valore
della proiezione lungo l’asse z del momento angolare orbitale totale 𝑀Λ e di spin totale 𝑀𝑆.
Gli orbitali 𝜋𝑔 sono degeneri e corrispondono ai due valori 𝑚 = ±1
88
Per identificare gli stati elettronici consideriamo che
Per Λ=2 si ha solo il valore di 𝑀𝑆=0, pertanto lo stato elettronico corrispondente sarà Δ e di
singoletto.
Per Λ=0 si hanno in corrispondenza i valori di 𝑀𝑆=0,0,−1,1. Tre di questi valori devono
corrispondere ad uno stato di tripletto e uno ad uno di singoletto (vedere la discussione già
fatta per H2). Sia lo stato di tripletto che quello di singoletto sono spazialmente non
degeneri cioè Σ.
2 S 0 1
g
0 S 1 3
g
0 S 0 1
g
La molecola di O2 quindi, nella configurazione elettronica (πg)2 compare in tre livelli diversi, che si
possono moitorare sperimentalmente.
Ricordiamo che lo stato di singoletto corrisponderà alla combinazione - dei due determinanti di
Slater associati alle disposizioni 4 e 6 delle pagine precedenti, mentre la terza funzione di tripletto
corrisponderà alla combinazione + degli stessi due determinanti di Slater.
Per quanto abbiamo discusso in precedenza, sappiamo che lo stato di tripletto è più stabile dello
stato di singoletto che si origina da una data configurazione elettronica ‘open-shell’, quindi la
molecola di ossigeno ha uno stato fondamentale di tripletto.
Lo stato fondamentale è seguito, ad energia più elevata, dai due stati eccitati di singoletto 1∆g e
1
Σg. Il primo dei due, 1∆g, è degenere e secondo le regole di Hund, si trova ad energia minore.
Le transizioni elettroniche singoletto-tripletto sono proibite per spin e pertanto la transizione agli
stati di singoletto (che si trovano circa 0.977eV e 1.627eV sopra lo stato fondamentale) non
avviene. Tuttavia esiste una transizione permessa tripletto-tripletto a 49000 cm-1 (cioè 6.08 eV)
quindi nella regione dell’UV.
Grazie all’assorbimento in questa regione, l’ossigeno è in grado di proteggerci dalle transizioni
(radiazioni) UV. D’altra parte, l’assorbimento in questa regione spettrale fa si che l’ossigeno debba
essere eliminato durante misure spettroscopiche.
89
Quindi per una molecola biatomica eteronucleare, in generale, gli elettroni non sono condivisi in
modo uguale dai due atomi.
Innanzitutto, il numero di elettroni forniti da ciascun atomo non è lo stesso e, in secondo luogo, gli
elettroni effettivamente coinvolti nel legame non hanno una distribuzione simmetrica intorno ai
due atomi. Di conseguenza, le molecole biatomiche eteronucleari sono solitamente polari.
Gli orbitali molecolari, che risultano dalla combinazione dei due orbitali atomici, non saranno più
dati semplicemente da
c11s A c21sB
Con c1 = ±c2 =±1, ma avremo che c1 ≠ c2, e la differenza tra i coefficienti sarà tanto più grande
quanto più grande è la differenza di elettronegatività tra i due atomi.
La teoria delle perturbazioni esprime l’orbitale molecolare risultato dell’interazione, ad esempio
σ1, in una forma molto simile all’orbitale 1sB, corretto attraverso un coefficiente che moltiplica 1s A
H AB
1 1s B 1s A
E
Acido fluoridrico, HF
L’effetto della differenza di elettronegatività tra l’idrogeno e il fluoro consiste nella presenza di un
momento di dipolo elettrico di 1,91 D. Questo effetto si traduce in uno sbilanciamento degli
orbitali della molecola, che sono formati dall’orbitale 1s dell’idrogeno (unico disponibile) e dagli
orbitali 2s e 2p del fluoro. A causa dell’elevata elettronegatività, l’orbitale 2s si trova a energia
molto più bassa rispetto all’orbitale 1s dell’idrogeno. Ragion per cui in questa discussione
consideriamo come responsabili del legame H-F solo l’orbitale 1s dell’idrogeno e l’orbitale 2px del
fluoro (dove x è l’asse di legame).
90
Quindi avremo
1 cH 1sH cF 2 pxF
1 cH' 1sH cF 2 pxF
La forma degli orbitali molecolari si può ricavare dai grafici delle curve di isodensità elettronica:
Per capire meglio la forma degli orbitali molecolari risultanti possiamo basarci sull’approccio
perturbativo: data una combinazione di orbitali atomici interagenti l’orbitale molecolare risultante
assomiglia all’orbitale più vicino in energia che lo ha generato e il ruolo degli altri orbitali atomici è
minore.
L’orbitale σ a più bassa energia è sostanzialmente determinato dall’orbitale atomico 2s del Fluoro
con un po’ di contributo dell’orbitale 1s di H che comunque si trova ad energie più elevate.
L’orbitale 2s è così in basso energeticamente che viene considerato come un orbitale di non
legame (σnb).
Il secondo orbitale σ riceve il maggior contributo dall’orbitale 2p di F diretto lungo l’asse di legame
(Per questo c’è un piano nodale sull’atomo di F), e riceve un contributo un po’ minore dall’orbitale
atomico 1s di H.
L’orbitale π infine può ricevere contributo solo dall’atomo di F e quindi coincide con i due orbitali
atomici 2p diretti perpendicolarmente all’asse di legame, i quali non possono interagire con
l’orbitale 1s perché hanno simmetria diversa.
91
Nella discussione delle molecole biatomiche abbiamo fatto interagire orbitali σg con orbitali σg,
della stessa simmetria. Se esistesse un’interazione tra un σg e un πu, l’elemento di matrice
g | Hˆ | u
MOLECOLE TRIATOMICHE
Struttura lineare
Abbiamo tre atomi di idrogeno e quindi tre orbitali 1s, che identifichiamo con le etichette H1, H2 e
H3. Invece di utilizzare gli orbitali atomici, per costruire gli orbitali molecolari di H 3 usiamo orbitali
di frammento, utili dal punto di vista della simmetria. Una volta determinata la forma di questi
orbitali, si fanno interagire e si determina in modo qualitativo l’energia associata a ogni
combinazione. Gli orbitali di frammento che utilizziamo per H3 hanno la forma
FRAMMENTO 1 FRAMMENTO 2
Il primo frammento è costituito dagli orbitali H1 e H3, corrispondenti agli atomi di idrogeno agli
estremi della molecola, mentre consideriamo l’atomo centrale, H2, come secondo frammento.
92
Nel diagramma di interazione orbitalica avremo un solo livello corrispondente al secondo
frammento, mentre per il primo frammento avremo due livelli energetici
Nella struttura lineare i due atomi di idrogeno agli estremi si trovano a una distanza
approssimativamente pari al doppio della distanza H-H quindi avranno un’interazione molto
debole e la loro separazione energetica sarà molto piccola.
Siccome i tre orbitali hanno simmetria cilindrica, la molecola appartiene al gruppo di simmetria
D∞h
Posso combinare solo orbitali di frammento della stessa simmetria, quindi l’orbitale di frammento
σu è già orbitale molecolare di H3 perché non esiste un altro orbitale di frammento della stessa
simmetria.
Ci sono invece due orbitali di frammento σ g: la loro interazione (negativa) genera due nuovi
orbitali della stessa simmetria che sono sostanzialmente le combinazioni + e - dei due componenti.
Per determinare quale sia la combinazione a minore energia dobbiamo analizzare il segno
dell’interazione:
→ S < 0, H > 0
→ S > 0, H < 0
93
Struttura a triangolo equilatero
FRAMMENTO 1 FRAMMENTO 2
Nella struttura a triangolo equilatero i due orbitali con fase opposta del primo frammento
interagiscono abbastanza perché si trovano molto più vicini rispetto alla struttura lineare, di
conseguenza nel diagramma di interazione orbitalica saranno molto separati energeticamente. In
questo caso la molecola appartiene al gruppo di simmetria D3h, che ha rappresentazioni irriducibili
sia monodimensionali che bidimensionali. Rispetto al piano di simmetria σh che passa per il vertice
superiore della molecola, riconosciamo che
94
L’interazione tra i due frammenti genera una combinazione + con simmetria a1’ e una
combinazione – con simmetria e’. Anche in questo caso la combinazione + quella a minore energia
Si può notare dal grafico che l’orbitale della combinazione – è degenere rispetto all’orbitale di
frammento 1 antisimmetrico.
FRAMMENTO 1 FRAMMENTO 2
Nella struttura a triangolo isoscele i due atomi di idrogeno del primo frammento interagiscono
ancora di più perché si trovano più vicini rispetto alla struttura a triangolo equilatero, quindi nel
diagramma di interazione saranno ancora più separati energeticamente. Nella configurazione a
triangolo isoscele la molecola appartiene al gruppo di simmetria C 2v e anche in questo caso
possiamo limitarci a considerare la simmetria rispetto al piano σh passante per il vertice superiore,
e constatare che
95
Siamo in una situazione analoga al caso del triangolo equilatero, quindi il livello dell’orbitale
antisimmetrico verrà portato al centro dello schema.
Avremo anche in questo caso una combinazione + e una -, con quella + a minore energia
Siccome l’angolo superiore della molecola si è ristretto, la sovrapposizione legante tra i due
orbitali scuri della combinazione – (2a1) è aumentato rispetto al triangolo equilatero, quindi la
combinazione si abbassa in energia e si posiziona al di sotto dell’orbitale antisimmetrico (b2).
Triangolo equilatero
Prendiamo come base per la rappresentazione del sistema i tre orbitali 1s. Nella costruzione dei
caratteri della rappresentazione riducibile, teniamo presente che: quando applichiamo
un’operazione di simmetria, solo gli atomi che non si spostano dal loro centro contribuiscono al
carattere della rappresentazione riducibile e, in questo caso, il contributo è pari a 1
E → 1; σh → 1; σv → 1; C2 → 1
96
La ragione è che questi orbitali sono perfettamente sferici, quindi rispetto a qualsiasi operazione di
simmetria rimangono sempre invariati.
Applichiamo le operazioni di simmetria del gruppo D 3h alla base degli orbitali 1s e determiniamo il
carattere della rappresentazione riducibile.
97
Per decomporre la rappresentazione riducibile ed estrarre le rappresentazioni irriducibili
utilizziamo la seguente formula
operazioni
1
n o
rid
noperazioni
(
i
i rid ) i (irrid )
n o (a1 )
1
3 1 3 1 1 3 1 3 1 1 1
12
n o (e)
1
3 2 0 0 3 2 0 0 1
12
Possiamo verificare che le altre rappresentazioni irriducibili non sono contenute in Γrid
n o (a1)
1
3 1 0 3 11 3 1 0 3 11 0
12
n o (e)
1
3 2 0 0 3 2 0 0 0
12
rid a1 e
98
Triangolo isoscele
Facciamo lo stesso esercizio per gli orbitali molecolari nella configurazione a triangolo isoscele, che
appartiene al gruppo di simmetria C2v
Applicando le operazioni di simmetria del gruppo alla stessa base di orbitali 1s, otteniamo che la
rappresentazione riducibile, rispetto alle operazioni del gruppo C 2v è
n o (a1 )
1
3 1 1 1 1 1 3 1 8 2
4 4
n o (b2 )
1
3 1 1 1 1 1 3 1 4 1
4 4
Le rappresentazioni irriducibili alle quali devono appartenere le combinazioni di orbitali 1s dei tre
atomi di H nella configurazione a triangolo isoscele sono quindi
rid 2a1 b2
99
Diagramma di Walsh per molecole a 3 atomi di idrogeno
Per costruire il diagramma di Walsh dobbiamo tenere presente che:
- L’energia dell’orbitale cala (quando passiamo da una geometria ad un’altra), se la
sovrapposizione legante aumenta.
- L’energia cala se diminuisce la sovrapposizione antilegante.
- Se invece aumenta la sovrapposizione antilegante allora l’energia aumenta.
Mettiamo insieme i due diagrammi orbitalici della geometria lineare e di quella piegata (D3h) e
discutiamo qualitativamente l’andamento energetico degli orbitali quando la molecola lineare si
piega.
100
Nel livello a più alta energia della configurazione piegata (σg) sono presenti due piani nodali perché
l’orbitale centrale ha fase opposta rispetto ai due orbitali esterni. Quando i legami si piegano e la
molecola assume la configurazione triangolare, i piani nodali rimangono sempre presenti, ma i due
lobi con la stessa fase si avvicinano e sviluppano una sovrapposizione legante.
Si passa quindi da una situazione con due caratteri antileganti a una situazione con due caratteri
antileganti più un carattere legante, quindi ci si aspetta che l’energia dell’orbitale cali
Concentriamoci ora sull’orbitale σu. Siccome presenta un piano nodale passante per l’atomo
centrale, ha chiaramente un carattere antilegante. Quando passiamo alla configurazione
triangolare, i due lobi con fase opposta si avvicinano e portano un carattere antilegante in più,
quindi l’energia dell’orbitale aumenta
L’orbitale a più bassa energia (σg) si trova in una situazione con due interazioni leganti e nessun
piano nodale, perché i tre orbitali sono tutti in fase. Formando il triangolo equilatero si avvicinano
i due orbitali in fase esterni e si aggiunge una interazione legante che stabilizza ulteriormente la
molecola, e di conseguenza l’energia dell’orbitale si abbassa
Abbiamo visto che nel caso delle molecole biatomiche la situazione è più semplice: ci sono orbitali
leganti e antileganti e orbitali di non legame, molto facilmente riconoscibili.
Quando passiamo alle molecole poliatomiche con più di due atomi, non è così facile identificare un
carattere nettamente legante o nettamente antilegante.
Ad esempio, nel caso dell’orbitale e’, non è possibile stabilire se sia legante o antilegante, ma il suo
carattere dipende localmente rispetto a dove si osserva: su tre legami uno è legante e due sono
antileganti.
Una volta costruito il diagramma, per stabilire a quale geometria appartiene la molecola in esame
si costruiscono le configurazioni elettroniche inserendo gli elettroni a partire dai livelli a più bassa
energia.
101
Molecola di H3+
Consideriamo la molecola di H3+, che ha due elettroni. Disponiamo questi due elettroni sulla linea
che congiunge i due orbitali molecolari a più bassa energia
Dobbiamo ora determinare in quale configurazione l’energia di questi elettroni è più bassa.
Si può notare dal grafico che la situazione di minore energia dei due elettroni si presenta quando
la molecola è nella configurazione a triangolo equilatero (D 3h): possiamo quindi stabilire che H3 ha
geometria triangolare.
Nell’ambito di questo modello quindi, la geometria della molecola con un dato numero di elettroni
è determinata dall’andamento energetico dell’orbitale HOMO, cioè dell’orbitale molecolare
occupatp a più alta energia (che nel caso di H3+ è a1’).
Molecola di H3
Aggiungiamo ora un elettrone e determiniamo la geometria della molecola di H3. Siccome sono
presenti tre elettroni l’orbitale a più bassa energia è già doppiamente occupato, quindi dobbiamo
concentrarci sull’orbitale successivo che diventa il nuovo orbitale HOMO
Il nuovo elettrone sarà più stabile nella configurazione geometrica lineare. Di conseguenza la
molecola di H3 ha geometria lineare.
Nel caso dello ione H3- abbiamo 4 elettroni ma l’orbitale HOMO da riempire è lo stesso della
molecola di H3+, quindi possiamo stabilire che H3- avrà la stessa geometria, cioè quella lineare.
102
Analizziamo le distanze di legame di queste tre molecole, riferendoci a quelle di H 2 e H2+.
Abbiamo visto che H2 ha un legame più lungo rispetto a H2+ in quanto ci sono due elettroni che
contribuiscono al carattere legante.
Nel caso di H3+ siamo in una situazione intermedia. Rispetto ad H2 abbiamo un legame in più e un
elettrone in meno, quindi i suoi legami sono più lunghi rispetto ad H 2 ma comunque più corti
rispetto ad H2+.
Quando la molecola riduce uno degli angoli e si porta alla configurazione a triangolo isoscele si
rompe la degenerazione dei due orbitali e’: quello con i lobi inferiori di segno opposto si porta a
energia superiore perché aumenta la sovrapposizione antilegante, mentre quello con i due lobi
inferiori con lo stesso segno si abbassa in energia perché da una parte aumenta la sovrapposizione
legante e dall’altra l’orbitale di segno opposto si allontana e diminuiscono le interazioni
antileganti.
103
La lettura di questo diagramma completo è che per H3 e H3- attendiamo una struttura o lineare o
C2v ma certamente non D3h.
Questo è un esempio del cosiddetto effetto Jahn-Teller, per il quale un composto di coordinazione
con una elevata simmetria in realtà si trova a simmetria più bassa.
Possiamo immaginare la nostra molecola in una configurazione ad elevata simmetria ma in realtà
si riscontra che configurazioni a simmetrie più basse sono più stabili. Dal punto di vista fisico, per
determinare se per H3 è più stabile la configurazione lineare o C 2v bisogna costruire le curve di
energia potenziale: la molecola potrebbe assumere geometria C 2v ma dai calcoli risulta che tale
geometria non corrisponde al minimo di energia potenziale.
Nel costruire diagrammi orbitalici in cui si riporta l’andamento dell’energia orbitalica in funzione di
una coordinata geometrica dobbiamo sempre tenere presente la non crossing rule: orbitali della
stessa simmetria non possono incrociarsi perchè a causa della interazione si formano degli incroci
evitati (avoided crossings).
In questo caso l’incrocio è possibile perché la simmetria indica che c’è degenerazione, tuttavia
potrebbero capitare situazioni di questo tipo:
104
Osserviamo una serie di incroci tra andamenti energetici di orbitali che hanno tra loro simmetria
diversa. Inoltre possiamo notare che le due curve di simmetria a 1 non si incrociano ma formano un
andamento particolare che nasconde, in realtà un incrocio. Questo incrocio nascosto è visualizzato
nel riquadro a sinistra.
Se la simmetria della molecola non cambia al variare della coordinata q, nel punto di incrocio si
genera una degenerazione “accidentale”, nel senso che, per ragioni di simmetria, non ci si aspetta
che ci sia degenerazione, tuttavia può avvenire perché il fatto che si incrocino significa che i due
orbitali a1 e b2 non interagiscono tra loro
H12 a1 | Hˆ | b2 0
Quando invece le due curve appartengono a due orbitali con la stessa simmetria, avviene una
interazione
H12 a1 | Hˆ | a1 0
L’effetto dell’interazione è la separazione di questi due livelli energetici degeneri. Un livello verrà
portato ad alta energia e uno a bassa energia, distanziati di 2H12.
Si verifica quindi un incrocio evitato.
Il punto fondamentale è: orbitali con simmetria diversa possono incrociarsi e orbitali con la stessa
simmetria si possono incrociare, perché danno interazione.
105
Diagrammi di Walsh per molecole AH2
Anche in questo caso usiamo l’approccio degli orbitali di frammento, dove i frammenti sono
l’atomo centrale della seconda o terza riga (A) e la molecola di idrogeno «allungata» formata dai
due atomi di idrogeno terminali.
Partiamo considerando le molecole AH2 in configurazione lineare.
FRAMMENTO 1 FRAMMENTO 2
Il frammento 1 genera quattro orbitali atomici: un orbitale 2s sferico con simmetria σg e tre
orbitali 2p degeneri ognuno diretto lungo un asse cartesiano (2px, 2py e 2pz).
Il frammento 2 genera due orbitali molecolari, uno con simmetria σg a più alta energia e uno con
simmetria σu a più bassa energia.
Facendo interagire gli orbitali della stessa simmetria otteniamo come risultato due orbitali
molecolari di simmetria σg, due σu e una coppia degenere di πu.
L’interazione degli orbitali della stessa simmetria genera le combinazioni + e -
106
Siccome la sovrapposizione S tra i due orbitali σg è >0, l’interazione H è <0 e di conseguenza la
combinazione + dei due orbitali è quella a più bassa energia.
FRAMMENTO 1 FRAMMENTO 2
Per costruire il diagramma degli orbitali molecolari alla geometria piegata occorre innanzitutto
stabilire la simmetria degli orbitali di frammento, in modo da mescolare orbitali di frammento
della stessa simmetria, ad esempio un a1 con un a1 oppure un b2 con un b2.
Per stabilire la simmetria di un orbitale di frammento si sottopone l’orbitale a ciascuna delle
operazioni di simmetria del gruppo C2v e si tiene traccia di cosa accade all’orbitale:
- resta se stesso -> carattere = 1
- cambia segno -> carattere = -1.
Gli orbitali atomici del frammento 1 sono analoghi al caso precedente ma con simmetria diversa in
quanto appartengono al gruppo C2v: orbitale 2s sferico con simmetria a1 e tre orbitali 2p degeneri
ognuno diretto lungo un asse cartesiano (2px, 2py e 2pz).
Il frammento 2 genera due orbitali molecolari, uno con simmetria b2 a più alta energia e uno con
simmetria a1 a più bassa energia.
107
L’orbitale con simmetria b1 non interagisce con nessun altro orbitale e quindi si porta al centro del
diagramma.
L’orbitale b2 del primo frammento interagisce con l’orbitale b2 del secondo frammento generando
una combinazione + e una combinazione –. Dalla teoria delle perturbazioni sappiamo che, siccome
i due orbitali non sono degeneri, l’orbitale molecolare risultante assomiglia all’orbitale di
frammento a lui più vicino energeticamente, corretto dal contributo degli altri orbitali di
frammento che si trovano ad energia più elevata.
La combinazione che ci aspettiamo si trovi a minore energia è quella che presenta un piano nodale
passante per l’atomo A ma due interazioni leganti tra i lobi dell’orbitale 2p e l’orbitale 1s di H2.
La combinazione che si trova a più alta energia è quella che presenta invece tre piani nodali.
Gli orbitali con simmetria a1 che interagiscono sono 3: se mescoliamo fra loro 3 orbitali di
frammento di simmetria a1 dobbiamo ottenere tre orbitali molecolari della simmetria a1.
Abbiamo due orbitali, 2s e 2p, entrambi centrati sull’atomo A e le loro combinazioni generano
quelli conosciamo come orbitali ibridi, che a loro volta interagiscono con l’orbitale 1s di H2
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Ci aspettiamo quindi che l’orbitale fortemente legante si trovi a più bassa energia e quello
fortemente antilegante si trovi a più alta energia, mentre quello debolmente legante si trovi in
mezzo.
Il diagramma orbitalico completo è
Abbiamo una sequenza di orbitali ognuno con simmetria diversa, nessuno dei quali degenere.
Analogamente al caso di H3, per costruire il diagramma di Walsh dobbiamo determinare in modo
qualitativo come varia l’energia passando dalla configurazione lineare a quella piegata.
L’aumento o la diminuzione della sovrapposizione orbitalica è sempre il fattore che regola
l’andamento energetico degli orbitali lungo la coordinata nucleare
Quando l’orbitale 2σu della molecola lineare passa alla configurazione piegata, gli orbitali con
segno opposto del frammento di H2 si allontanano dai lobi del frammento dell’atomo A e si
riducono le interazioni antileganti, quindi la molecola si stabilizza
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L’orbitale πu perpendicolare al piano del foglio quando passa nella configurazione piegata assume
simmetria b1 ma siccome entrambi non interagiscono con l’orbitale di frammento della molecola
di H2, la loro energia non varia
Quando l’orbitale 1σu della molecola lineare si piega e diventa l’orbitale b2, i lobi con la stessa fase
si allontanano e si riduce la sovrapposizione legante, di conseguenza la molecola si destabilizza
Per il gruppo di orbitali con simmetria a1 dobbiamo ragionare su cosa accade in seguito al
piegamento dell’angolo H-A-H tenendo in considerazione la forma dell’orbitale che abbiamo
ricavato per la molecola piegata. In altre parole quell’orbitale molecolare che contiene anche il
contributo dell’orbitale atomico p che in simmetria 𝐷∞ℎ era isolato.
Se non considerassimo questo contributo, l’orbitale πu passando in configurazione piegata non
varierebbe la propria energia e si porterebbe al centro del diagramma. Tuttavia abbiamo visto che
la sua interazione con l’orbitale 2s dell’atomo A forma un orbitale ibrido che ha un leggero
carattere legante tra il lobo piccolo e i due orbitali 1s di H2
L’orbitale 1σg nasce come un orbitale completamente legante e lo sarà anche nella configurazione
piegata. Nella sua vera forma, con simmetria a1, ci aspettiamo che sia stabilizzato e che cali in
energia
Se analizzassimo la configurazione piegata dell’orbitale 2σg senza il contributo del 2s, potremmo
pensare che sia stabilizzato, in quanto a tutti gli effetti aumenta la componente legante tra gli
orbitali 1s di H2.
La vera forma dell’orbitale tuttavia porta una notevole interazione antilegante, quindi ci
aspettiamo che passando da lineare a 2σg venga destabilizzato
Possiamo a questo punto costruire il diagramma di Walsh per la molecola di AH2 nelle due
configurazioni lineare e piegata.
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La posizione esatta delle energie orbitaliche dipende dall’atomo A considerato e può variare entro
certi limiti. Ad esempio l’orbitale 3a1 potrebbe venire a trovarsi anche sopra l’orbitale 2b2, come
nel caso della molecola di H2S
111
Utilizziamo ora il diagramma di Waslh per determinare la geometria di alcune molecole con A
atomo della seconda riga, fino alla molecole d’acqua.
Ricordiamo che l’energia dell’orbitale HOMO governa, in generale, la geometria molecolare a
meno che non sia indifferente alla geometria. In tal caso si considera l’orbitale pieno sottostante.
112
Aggiungendo un elettrone otteniamo NH2. Questo elettrone finisce in un orbitale che è
chiaramente non legante ed energeticamente costante, quindi il criterio dell’andamento
dell’HOMO non può funzionare in questo caso.
Un corollario della costruzione dei diagrammi di Walsh indica che, quando l’orbitale HOMO ha un
carattere irrilevante, bisogna considerare l’orbitale immediatamente sottostante.
Quindi per la molecola di NH2 dobbiamo considerare lo stesso orbitale HOMO di CH2, di
conseguenza risulterà piegata, con un angolo di 103°, molto simile a CH2.
Aggiungendo un altro elettrone arriviamo alla molecola d’acqua, che presenta lo stesso problema
di NH2: non conta l’andamento dell’orbitale b1 ma bisogna considerare il 2a1. Quindi anche la
molecola d’acqua è piegata, con un angolo di 104°, molto simile a CH2.
Secondo l’approccio dei diagrammi di Walsh, molecole con la stessa configurazione elettronica di
elettroni di valenza dovrebbero avere struttura simile.
Se ci posizioniamo sulla colonna dell’ossigeno, vediamo che OH2 e SH2 sono piegate. SH2 ha un
angolo più piccolo. Questo fatto è attribuito non alla maggiore sovrapposizione legante dell’
orbitale 2a1, ma alla minore destabilizzazione in configurazione piegata dell’ orbitale 1b 2 dovuta
alla maggiore distanza fra l’atomo centrale e gli idrogeni (confrontare 0.96 Å per OH e 1.33 Å per
HS). La destabilizzazione per la struttura piegata è quindi minore e sommata alla stabilizzazione
dell’ orbitale 2a1 determina un angolo più piccolo.
Minore sovrapposizione
antilegante di 1b2 perché gli
atomi S e H sono più lontani:
SH=1.33 Å contro OH=0.96 Å
quindi anche i due H fra loro
sono più distanti, si possono
avvicinare e questo
permette all’angolo di calare.
gli atomi S e H
sono più lontani, la
destabilizzazione dell’orbitale
1b2 alla geometria piegata è
minore rispetto al caso
dell’H2O.
113
ELETTRONI INDIPENDENTI E HAMILTONIANI EFFETTIVI
Per ottenere la funzione d’onda di un sistema molecolare abbiamo visto diverse strategie
- Molecola di H2+: esiste la soluzione esatta ma come alternativa si possono ottenere gli
orbitali moleolari LCAO applicando il principio variazionale. L’Hamiltoniano molecolare è
monoelettronico.
- Molecole polielettroniche: non esiste la soluzione esatta. È comodo conservare una
rappres