TESI DI LAUREA
Candidato Relatore
Antonio Nobile M° Maurizio Aiello
Matricola n. 7257
1
Conservatorio Statale di Musica “Giuseppe Martucci”
Dipartimento di Strumenti ad Arco e a Corda
Via Salvatore De Renzi, 62 – 84125 Salerno, Italia - sito web: www.consalerno.it
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dall’uso delle informazioni ivi contenute.
2
«[…] Ancora la musica trae a sé gli spiriti umani,
3
INDICE GENERALE
CONCLUSIONI................................................................................................................................. 69
RINGRAZIAMENTI ......................................................................................................................... 71
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................... 72
APPENDICE ...................................................................................................................................... 73
4
INDICE DELLE FIGURE
Fig. 1 – A. Corelli, Concerto grosso in Sol min Op. 6 n. 8, Incipit del V mov. ................................. 11
Fig. 2 – A. Corelli, Concerto grosso in Sol min Op. 6 n. 8, Incipit del VI mov. ................................ 11
Fig. 3 - A. Vivaldi, La Primavera, I mov. – Incipit degli elementi tematici presenti nei ritornelli ... 14
Fig. 4 - A. Vivaldi, L'Inverno, I mov. - Incipit ................................................................................... 14
Fig. 5 - J.S. Bach, Concerto BWV1041, Incipit del I mov. ................................................................ 17
Fig. 6 - J.S. Bach, Concerto BWV1041, Incipit del II mov. ............................................................... 18
Fig. 7 - J.S. Bach, Concerto BWV1041, Incipit del III mov. .............................................................. 18
Fig. 8 - P. A. Locatelli, estratto da “L’Arte del Violino” .................................................................. 19
Fig. 9 - Evoluzione dell'arco .............................................................................................................. 21
Fig. 10 - Misure fondamentali di un violino moderno ....................................................................... 22
Fig. 11 - Violino futurista del fiorentino Iginio Sderci, (1947, Firenze) ........................................... 22
Fig. 12 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 1-20....... 26
Fig. 13 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 21-36..... 27
Fig. 14 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 37-47..... 28
Fig. 15 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 48-62..... 29
Fig. 16 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 63-75..... 30
Fig. 17 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 99-109... 30
Fig. 18 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 128-138. 31
Fig. 19 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 160-172. 31
Fig. 20 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, mis. conclusive . 32
Fig. 21 – L. V. Beethoven, Concerto per violino Op. 61, Incipit del I mov. ...................................... 35
Fig. 22 - N. Paganini, Concerto per violino n. 1, Incipit del I mov. .................................................. 41
Fig. 23 - F. Mendelssohn B., Concerto per violino Op. 64, Incipit del I mov. .................................. 43
Fig. 24 - J. Brahms, Concerto per violino Op. 77, Incipit dei tre movimenti .................................... 45
Fig. 25 - M. Bruch, Concerto per violino Op. 26, Incipit del I mov. ................................................. 46
Fig. 26 - M. Bruch, Concerto per violino Op. 26, Incipit del II mov. ................................................ 46
Fig. 27 - M. Bruch, Concerto per violino Op. 26, Incipit del III mov. .............................................. 47
Fig. 28 - P. I. Tchaikovsky, Concerto per violino Op. 35, Incipit del I mov. ..................................... 48
Fig. 29 - E. Lalo, Sinfonia Spagnola Op. 21, Incipit del I mov. ........................................................ 53
Fig. 30 - E. Lalo, Sinfonia Spagnola Op. 21, Incipit del II mov. ....................................................... 53
Fig. 31 - E. Lalo, Sinfonia Spagnola Op. 21, Incipit del III mov. ...................................................... 53
Fig. 32 - E. Lalo, Sinfonia Spagnola Op. 21, Incipit del IV mov. ...................................................... 54
Fig. 33 - E. Lalo, Sinfonia Spagnola Op. 21, Incipit del V mov. ....................................................... 54
Fig. 34 - A. Dvorak, Concerto per violino Op. 53, Incipit del I mov. ................................................ 55
Fig. 35 - E. Elgar, Concerto per violino Op. 61, Incipit del I mov. ................................................... 56
Fig. 36 - J. Sibelius, Concerto per violino Op. 48, Incipit del I mov. ................................................ 57
Fig. 37 - J. Sibelius, Concerto per violino Op. 48, Incipit del II mov. .............................................. 58
Fig. 38 - J. Sibelius, Concerto per violino Op. 48, Incipit del III mov. ............................................. 58
Fig. 39 - A. Berg, Concerto per violino “alla memoria di un angelo”, Incipit del I mov. ................ 64
5
6
INTRODUZIONE
Il presente elaborato ha come oggetto l’analisi musicale, formale e strutturale dei maggiori Concerti
della letteratura violinistica realizzati dalle origini di questa forma compositiva, intorno alla metà
del ‘600, sino alla fine del ‘900.
E’ indiscutibile infatti che quella del Concerto solistico sia tra le forme compositive più importanti
e caratterizzanti di tutta la storia della musica.
Obiettivo del presente lavoro è evidenziare le progressive modifiche che subirà il Concerto solistico
per violino nel corso dei secoli considerando i fatti storici avvenuti, l’evoluzione dello strumento
durante gli anni, le novità inaugurate dai compositori, il graduale cambiamento dello status del
musicista, l’avvento della tecnologia.
Non di meno, si cercherà di rilevare le più significative differenze tra i più importanti compositori
della storia della musica, e tra le loro scelte stilistiche, motivate da precisi avvenimenti biografici o
normali evoluzioni storiche, politiche e sociali. Altrettanto importante sarà rendere evidente che –
insieme alle notevoli mutazioni – molteplici elementi della tradizione si troveranno a convivere con
elementi nuovi come quelli inaugurati nei secoli XIX e XX.
A dimostrazione e sostegno delle caratteristiche che saranno esposte nel corso dell’elaborato, oltre
alla bibliografia, sarà da considerare anche la parte esecutiva (le cui partiture sono riportate in
Appendice), che meglio esprimerà – attraverso la pratica – quanto spiegato teoricamente.
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8
CAPITOLO 1 – LE ORIGINI DELLA FORMA “CONCERTO”
Durante il Barocco, cioè quel periodo che si colloca tra il Rinascimento e il Classicismo, fiorisce la
musica, la letteratura e tutti gli altri tipi di arte: in Italia e in particolare a Roma, culla del Barocco, a
dispetto della crisi economica e sociale si hanno le sculture del Bernini, l’architettura di Borromini,
le opere di Gian Battista Marino, i quadri di Caravaggio.
Ma il secolo XVII fu anche uno dei più importanti periodi per le scienze e la filosofia: Bacon,
Descartes, Leibniz, Galileo, Keplero e Newton posero le basi del pensiero moderno.
I canoni che regolano l’arte barocca si oppongono a quelli dell’estetica rinascimentale: ai princìpi di
equilibrio, misura, regolarità e sobrietà subentrano l’uso di forme esuberanti, effetti scenografici e
sorprendenti, ornamentazioni cariche.
L’artista, durante il 1600, diventa uno strumento di potere nelle mani della classe dominante che si
serve di lui per i suoi scopi di dominio. I musicisti, come gli altri artisti, devono con le loro opere
convincere della bontà e sacralità del mondo esistente: la loro arte deve “persuadere”,
“commuovere” e “meravigliare” (è questa la famosa teoria degli affetti).
Sotto l’influsso del nuovo spirito barocco, le forme preesistenti della musica rinascimentale si
trasformano: il madrigale perde la sua struttura a più voci e si trasforma in una composizione
monodica come accadrà anche alla forma sacra del mottetto, la messa – composizione
esclusivamente polifonica – si diversificherà con l’aggiunta di arie, duetti e accompagnamento
strumentale1.
Com’è noto, i maggiori centri musicali intorno alla metà del 1600 erano Roma e Venezia. E’
proprio a Roma che vanno rintracciate le origini di un’altra importantissima forma musicale che
dominò tutta la produzione strumentale tra Sei e Settecento e non solo: il “concerto”.
L’origine e il significato del termine hanno sempre suscitato discussioni tra i musicologi e gli
studiosi. Anticamente la parola “concerto” veniva fatta risalire a due diverse parole latine:
• concertatum: dal verbo concertare, cioè combattere, gareggiare;
• consertum: dal verbo conserere, cioè intrecciare, annodare.
In conclusione, il concerto è una forma compositiva realizzata per un insieme di strumenti, che
indifferentemente “combattano” o “dialoghino” tra loro.
1
Nasce in questo periodo il basso continuo (detto anche basso cifrato o numerato): si tratta di un
accompagnamento strumentale che conduce il discorso d'insieme mediante l'elaborazione estemporanea
di accordi.
9
§ 1.2 Origini del concerto grosso
Il perfetto modello di concerto grosso sono i Dodici concerti op. 6 di Arcangelo Corelli (1653-
1713), nei quali il concertino è costituito da due violini e basso continuo mentre nel ripieno si
aggiunge il clavicembalo per i concerti da camera e l’organo in quelli da Chiesa. Non solo Corelli
sostituì la viola contralto con un secondo violino, ma raddoppiò l’organico del ripieno anche con
strumenti a fiato (oboi, corni, fagotti, trombe…) e accentuò il virtuosismo del concertino.
Per meglio comprendere questa prassi compositiva ed esecutiva dell’epoca, basti considerare a mo’
di esempio una delle più famose produzioni del compositore bolognese: il Concerto grosso in sol
minore “fatto per la notte di Natale” Op. 6 n. 8.
Esso è costituito da 8 tempi: il primo è un Vivace che funge da introduzione, segue subito un Grave,
poi un Allegro, un Adagio che dopo la comparsa di un nuovo Allegro viene ripreso, poi si presenta
un Vivace, un Allegro ed infine una Pastorale.
La scrittura appare chiaramente densa, segno esplicito di un indirizzo ecclesiale, così come la scelta
della tonalità di Sol minore, la nobile solennità del Grave e l’esemplare dialogo istituito tra i tre
strumenti solisti e l’orchestra basato su una nitida cantabilità ed una discorsività musicale fervida.
Corelli, in questo concerto, cristallizza anche i tocchi di colore in un’architettura concertante
purissima, che nel finale in dissolvenza induce un clima di raro raccoglimento.
I temi fondamentali sono quelli barocchi come stupire e commuovere e rappresentano il punto di
congiunzione tra “prima pratica” polifonica e “seconda pratica” monodica.
Questo concerto, e in genere tutta la produzione di Corelli, influenzerà tutta la musica europea
del Settecento e soprattutto Antonio Vivaldi e Georg Friedrich Händel che a loro volta saranno
punti di riferimento per i compositori classici e per le scuole italiane, francesi e tedesche a seguire.
10
Fig. 1 – A. Corelli, Concerto grosso in Sol min Op. 6 n. 8, Incipit del V mov.
Il penultimo movimento, l’Allegro, mette ben in evidenza l’alternanza del concertino con il tutti. Le
due parti del concertino, inoltre, si inseguono in uno stile detto “fugato”.
Fig. 2 – A. Corelli, Concerto grosso in Sol min Op. 6 n. 8, Incipit del VI mov.
11
Getti sul futuro raggiungono il picco nell’ultimo, suggestivo, tempo: la Pastorale. Qui dopo una
lunga attesa affiora il classico clima natalizio di nenia, con gli archi che a distanze di terze, con il
basso fermo, imitano il suono delle zampogne.
Ora la tonalità è Sol maggiore: la tonalità iniziale si trasforma infatti ex abrupto in questa maggiore.
Tutta la natura, l’intera creazione è stata redenta. La vita e la grazia da Cristo fluiscono nell’umanità
e nel cosmo, riempiendoli di bontà e guidandoli verso una maggiore comunione.
Il concerto si conclude con uno ieratico e maestoso clima di raccoglimento, inducendo l’ascoltatore
in un incantato clima di profonda meditazione.
Anche in questo ultimo movimento è utilizzata l’alternanza tra soli e tutti.
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CAPITOLO 2 – LA NASCITA DEL CONCERTO SOLISTICO
Nel periodo barocco il concerto grosso fu portato alla massima espressione da compositori come –
oltre A. Corelli – Giuseppe Torelli (1658-1709), Tommaso Albinoni (1671-1751), Georg Friedrich
Handel (1685-1759) e altri. Con l’appropriazione di questa forma compositiva da parte di autori
veneziani, al concertino si sostituisce il solista, ovvero un solo interprete contrapposto all’orchestra.
Prese piede così l’abitudine di scrivere concerti in cui la parte solistica desse modo all’esecutore di
dimostrare tutto il proprio virtuosismo, un po’ com’era in voga nell’aria d’opera.
E in effetti sono molte le somiglianze tra concerto solistico e opera: molti hanno paragonato il
solista all’eroe che funge da protagonista di una vicenda che dura tre movimenti anziché tre atti.
Sebbene il padre del concerto solistico barocco per violino viene individuato in Giuseppe Torelli, fu
il celebre compositore veneziano Antonio Vivaldi (1678-1741) a portarlo all’apice della perfezione.
In generale la sua produzione è quantitativamente numerosissima: scrisse circa 500 concerti, dei
quali più di 230 per violino (che ci sono pervenuti integralmente).
Antonio Vivaldi nacque a Venezia nel 1678. Violinista e compositore, figlio di Giovan Battista,
violinista della cappella di San Marco, studiò nella città natale; nel 1703 fu ordinato sacerdote, certo
più per convenienza sociale che per vocazione, tanto da chiedere quasi subito una dispensa dal
celebrare messa, adducendo ragioni di salute. Nello stesso anno entrò come insegnante di violino
all'Ospedale della Pietà, uno dei 4 conservatori veneziani nei quali fanciulle orfane o bisognose
erano avviate alla musica; qui rimase sino al 1740, con numerose interruzioni legate alla sua
professione di virtuoso di violino e, soprattutto, di compositore di melodrammi.
Ospite dei maggiori centri teatrali italiani, Vivaldi fu spesso anche all'estero (Praga, Vienna,
Amsterdam) e proprio a Vienna lo colse la morte, nel 1741, in un momento in cui a Venezia lo si
considerava ormai un compositore non più attuale. Solo a fine Ottocento, grazie alla musicologia
tedesca, fu riscoperta l’importanza indiscussa dell’eredità vivaldiana.
Con Antonio Vivaldi la forma “concerto” acquisisce una maggiore definizione: innanzitutto la
struttura in tre movimenti (allegro-lento-allegro). I movimenti veloci tendono a mettere in risalto le
qualità virtuosistiche del solista ed i suoi interventi si alternano con l’orchestra in una particolare
struttura detta “forma ritornello2”, mentre nei movimenti lenti l’autore lascia spazio alla cantabilità
e alle doti espressive del solista.
Innovando dal profondo la musica dell'epoca (ricordiamo anche il descrittivismo3), Vivaldi diede
più evidenza alla struttura formale e ritmica del concerto, cercando ripetutamente contrasti armonici
e inventando temi e melodie inconsuete. Il suo talento consisteva nel comporre una musica non
accademica, chiara ed espressiva, tale da poter essere apprezzata dal grande pubblico e non solo da
una minoranza di specialisti. Inoltre egli poté inserire nei suoi concerti tanto numerose raffinatezze
nei colpi d’arco quanto una ricchissima tavolozza agogica e dinamica: è stato calcolato che Vivaldi
usasse ben tredici gradazioni dinamiche tra il pianissimo e il fortissimo.
Si riporta alla pagina successiva un esempio della “forma ritornello” che influenzerà notevolmente
la produzione successiva.
2
Essa prevede l’alternanza tra ritornelli eseguiti dal ripieno ed episodi in cui prevale il solista, o i solisti. In
tali episodi l’orchestra svolge la sola funzione di accompagnamento. I ritornelli sono stabili (generalmente
ognuno in una diversa tonalità), mentre gli episodi sono modulanti. In genere il primo e l’ultimo ritornello
sono identici.
3
La frase musicale tende ad esprimere un’idea o una situazione reale a volte accompagnata da un sonetto
scritto: una sorta di “musica a programma” ante litteram.
13
Fig. 3 - A. Vivaldi, La Primavera, I mov. – Incipit degli elementi tematici presenti nei ritornelli
[immagine tratta da Storia della musica occidentale 2 di Carrozzo-Cimagalli (vedi Bibliografia)]
Per quanto riguarda il descrittivismo, invece, basti pensare alle “Quattro Stagioni”, ovvero quattro
concerti per violino, archi e basso continuo dove l’autore inserisce un sonetto – che accompagna i
tre movimenti - volto ad incrementare l’interesse per le “immagini musicali” (ruscelli, lampi, tuoni,
caldo, freddo, pioggia…) e a rendere in musica il significato del testo.
14
§ 2.2 I maggiori concerti per violino di Antonio Vivaldi
Sebbene la sua sia una vastissima produzione, è opportuno ricordare i più importanti concerti per
violino e le più significative raccolte di Antonio Vivaldi.
• Sei concerti a Violino Principale, Violino I e II, Alto Viola, Organo e Violoncello Op. 11
6 Concerti:
concerti per violino, archi e b.c. tra cui “Il favorito”; concerto per oboe, archi e b.c.
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§ 2.3 L’evoluzione del concerto barocco e i maggiori compositori
Il vero e proprio concerto solistico o barocco nasce nella prima metà del '700: un solo violino
prende il posto del concertino mentre il clavicembalo (e un’orchestra di piccole dimensioni) fa
da basso continuo. Lo strumento solista è il violino perché il primo violino è anche il direttore
d'orchestra; tuttavia con il tempo sarà preferito il clavicembalista come direttore d'orchestra, poiché
aveva maggiori probabilità di avere le mani libere e quindi di dare gli attacchi agli orchestrali e ai
cantanti d'opera.
Sulla base degli insegnamenti di Vivaldi, ma anche precedentemente a lui, diversi autori si
cimentano nella composizione di concerti per violino. E’ doveroso ricordare:
• GIUSEPPE TARTINI (1692-1770), autore della celebre Sonata in Sol minore “Il trillo del
diavolo” nella quale utilizza diverse innovazioni tecniche spiegate anche nei suoi trattati
“L’arte dell’arco” e “Trattato delle appoggiature”. Ricordiamo – tra quelli a noi pervenuti
– almeno 60 Concerti solistici per violino.
16
Tuttavia, oltre alle celeberrime 6 Sonate e Partite per violino solo e altre composizioni
importanti, è opportuno ricordare:
Concerto per violino in La minore, BWV1041
Concerto per violino in Mi maggiore, BWV1042
Concerto per violino in Re minore, BWV1052R4
Concerto per violino in Sol minore, BWV1056R5
Concerto per due violini in Re minore, BWV1043
Si riporta di seguito l’incipit dei tre movimenti del Concerto in La minore BWV1041 per violino,
archi e basso continuo, composto nel 1730. Lo stesso Bach ne realizzò una trascrizione (come fece
per altri suoi concerti) nel Concerto per clavicembalo in Sol minore BWV1058.
4
La partitura originale completa è stata perduta, tuttavia fu ricostruita successivamente a cura di F. David
(1873), F. Busoni (1899), R. Reitz (1917) e altri. Si tratta infatti di trascrizioni da concerti per altri strumenti
(ad es. per clavicembalo).
5
Vedi nota n. 4.
17
Fig. 6 - J.S. Bach, Concerto BWV1041, Incipit del II mov.
18
§ 2.4 Un compositore sui generis: Pietro Antonio Locatelli
Considerato molto avanti rispetto al suo tempo, l’opera più significativa di Pietro Antonio Locatelli
(1695-1764) è “L’arte del violino” Op. III, che contiene dodici concerti per violino e una serie di
24 Capricci per violino solo di grande difficoltà tecnica, posti al termine del primo e terzo
movimento di ciascun concerto come cadenza6 del solista. Locatelli fu un mostro di tecnica
violinistica: si diceva che non avesse mai suonato una nota sbagliata, tranne una volta in cui il suo
mignolo scivolò e toccò il ponticello dello strumento. Le posizioni da lui utilizzate erano infatti
acutissime.
Considerato il predecessore di Niccolò Paganini7, sebbene molto prima di lui, inserisce nelle sue
composizioni notevoli difficoltà: doppie corde, accordi simultanei, rovesciati, arpeggiati, arpeggi di
elevatissima difficoltà8, polifonia e canto accompagnato, estensioni e incroci di dita, svariati colpi
d’arco, trilli, armonici…
Per quanto riguarda la struttura di suoi concerti, scritti per violino solista, archi e basso continuo
come da tradizione barocca, rispettano l’alternanza tra Tutti e Solo.
6
Agli inizi del ‘700 inizia ad essere inserita alla fine di ciascun movimento (ma soprattutto del primo e del
terzo) di un Concerto la cadenza: un assolo di carattere virtuosistico interpretato dal solista, spesso
improvvisato dall'esecutore oppure composto dall’autore o da altri. Generalmente la cadenza tende a
ripercorrere i motivi tematici esposti nel brano.
7
Cfr pag. 40.
8
Il labirinto armonico di P. A. Locatelli è un seguito di arpeggi da capo a fondo, e taluni con estensioni di
dita scomode e rischiose quasi più di Paganini.
19
§ 2.5 La graduale evoluzione del violino dal ‘500 ad oggi
Per meglio comprendere l’evoluzione del repertorio e della letteratura violinistica, è necessario
tener conto anche della graduale evoluzione che subisce lo strumento.
Il violino, che compare ufficialmente nel 1530 a Cremona – ad opera di Andrea Amati, che gli
diede la forma definitiva – trova il suo ascendente diretto nella numerosa famiglia delle viole.
Appare nei documenti a partire dalla fine del ‘500.
Frutto di una lunga evoluzione spesso empirica sbocciata nell'arte della liuteria italiana e più
precisamente nel triangolo Cremona-Brescia-Venezia, la costruzione dello strumento è destinata in
seguito a prendere il sopravento con, oltre alla famiglia Amati, l'epoca d'oro di Antonio Stradivari,
Giuseppe Guarneri Bartolomeo detto "del Gesù", Carlo Bergonzi per citarne solo alcuni.
Il violino, così com’è nato, viene chiamato “violino barocco”, perché presenta caratteristiche
costruttive specifiche del periodo che va dalle origini dello strumento fino ai primi decenni del XIX
secolo. Tali caratteristiche, in realtà, subirono progressive modifiche nel corso di questo ampio
lasso di tempo; si possono notare grossolanamente tre periodi distinti: quello “rinascimentale”
(1540-1660), quello “barocco” (1660-1760) e infine quello “classico” o “di transizione” (1760-
1820). Di transizione, appunto, perché si trova a cavallo tra il violino antico e il violino moderno,
che tutt’oggi utilizziamo.
Questi tre periodi distinti presentano caratteristiche molto simili che differenziano il violino antico
da quello moderno. Elenchiamone alcune.
• Il manico dello strumento barocco era più corto e spesso di quello attuale. L’asta infatti
misurava 12.5 cm anziché 13 cm.
• Il manico non era incastrato nel cuore superiore dello strumento – come oggi – ma fissato
con chiodi o viti.
• Anche la tastiera era più corta, poggiata sulla tavola armonica dello strumento, questo
perché il repertorio dell’epoca non prevedeva posizioni molto acute.
• Il ponticello era generalmente più basso di quello moderno e con una curvatura minore.
• La catena, all’interno della cassa armonica, era più corta e sottile, così come l’anima era più
sottile, questo perché a causa dell’accordatura più bassa degli strumenti dell’epoca (il La
non era accordato a 440 Hz) il peso esercitato dalle corde era minore dei 40-50 Kg di oggi.
• Il suono che ne risultava era più chiaro e trasparente, ricco di armonici e risonanze, meno
potente ma generalmente piuttosto brillante.
• Le corde utilizzate nel violino antico erano in budello animale, ricavato normalmente
dall’intestino di agnello; oggi si utilizzano bestie preferibilmente adulte. Le corde in budello,
però, tendono a perdere l’accordatura più facilmente a causa della temperatura ambientale,
dell’umidità, e persino per il riscaldamento prodotto dalla mano dell’esecutore. Tendono
anche a deteriorarsi e rompersi con maggiore facilità rispetto alle corde moderne.
• Per quanto riguarda la postura, in tutto il periodo rinascimentale, barocco e classico, il
violino veniva suonato senza mentoniera9 e spalliera. Generalmente veniva appoggiato al
petto o sulla clavicola e mantenuto con la mano sinistra (contrariamente a oggi).
9
La mentoniera fu inventata da Louis Spohr e presentata ai violinisti nel suo “Metodo per violino” nel 1832.
La spalliera, addirittura, è un’invenzione novecentesca.
20
• Anche l’arco differiva da quello moderno: la curvatura era esterna. Inoltre nel periodo
barocco si utilizzavano due tipi di arco: uno corto e leggero per gli allegri, l’altro lungo e
pesante per gli adagi. Esso fu oggetto poi di una specifica evoluzione.
21
Fig. 10 - Misure fondamentali di un violino moderno
Sarà tra la fine del ‘700 e l’avvento del Romanticismo che il violino acquisirà la forma, le misure e
le caratteristiche che tutt’oggi conserva, a parte qualche divertente esperimento futurista…
Fig. 11 - Violino futurista del fiorentino Iginio Sderci, realizzato su un disegno del pittore Ziffer (1947, Firenze)
22
CAPITOLO 3 – IL PERIODO CLASSICO
Tra il 1730 e il 1760 circa si afferma in tutte le arti un nuovo gusto per l’espressione “personale” del
sentimento in netta opposizione al linguaggio contrappuntistico tradizionale (soprattutto di memoria
bachiana) a favore di una predilezione per la melodia cantabile e delicata, composta da frasi
simmetricamente organizzate, ricche di abbellimenti, ritmicamente uniformi, accompagnata da
un’armonia abbastanza elementare10 ed essenziale, ridotta alla polarità di tonica e dominante.
L’immediatezza comunicativa del cosiddetto stile galante-rococò costituisce la premessa
indispensabile, il terreno su cui germina il linguaggio musicale del “Classicismo”. Con questo
termine s’intende il periodo compreso tra il 1750/70 e il 1810/20 e che ebbe il suo centro a Vienna.
Le principali caratteristiche del periodo classico furono la netta distinzione tra musica d’orchestra e
musica da camera, che acquisiscono forme ed organici ben determinati: per esempio il quartetto
d’archi, la sinfonia, il concerto per strumento solista e orchestra che soppianta definitivamente il
concerto grosso e il concerto barocco. Con la Rivoluzione Francese ha termine il mecenatismo
aristocratico e nasce la figura del musicista indipendente, ovvero un libero professionista che vive
delle entrate procurategli dai concerti pubblici o dalla pubblicazione delle sue composizioni. Nel
corso del Settecento infatti si va diffondendo la pratica delle manifestazioni pubbliche a pagamento,
nascono le sale da concerto, si sviluppa l’editoria musicale. Altra grande innovazione di questo
periodo fu l’invenzione del pianoforte: benché già ideato a Firenze tra il 1698 e il 1700 ad opera di
Bartolomeo Cristofori, si afferma definitivamente negli ultimi anni del Settecento avviandosi a
diventare il protagonista assoluto della successiva età romantica.
Intorno alla metà del XVIII secolo, Vienna, grazie all’intensa vita concertistica e alla fiorente
editoria musicale non ostacolate ancora dalla presenza dell’opera italiana e dal nascente Singspiel
tedesco, diventa un centro musicale importantissimo, esercitando un’attrazione particolare su
compositori e virtuosi strumentisti di varia nazionalità che vi affluirono numerosi.
I compositori che costituiscono la cosiddetta “Prima Scuola di Vienna”11 furono Franz Joseph
Haydn (1732-1809)12, che diede un supporto determinante soprattutto nel campo della musica
strumentale con le sue 107 sinfonie e con l’invenzione del quartetto d’archi per due violini, viola e
violoncello dove il materiale tematico è equamente distribuito tra i quattro strumenti mediante un
sapiente uso della scrittura contrappuntistica, Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), con la
realizzazione di una mole immensa di capolavori in soli trent’anni a causa della sua morte
prematura, e Ludwig Van Beethoven (1770-1827), il quale eredita stile e forme del periodo classico
che trasforma e consegna al periodo romantico, divenendo origine della musica del XIX secolo.
Tornando alla forma “concerto”, questa subirà una notevole evoluzione nel passaggio dal periodo
barocco al periodo classico: Carl Philipp Emanuel Bach13 (1714-1788) darà inizio a detta
evoluzione, portata poi avanti dai compositori viennesi: il rapporto tra solista e orchestra non sarà
rigidamente strutturato come lo era nel periodo barocco; Beethoven, in particolare, darà grande
spazio alla parte orchestrale, riuscendo ad imporsi e a ottenere successo con i suoi 5 concerti per
pianoforte, mentre i 20 concerti per pianoforte di Mozart cadranno perché considerati troppo avanti
con i tempi e tecnicamente troppo difficili.
10
Proprio a questo periodo risale l’invenzione del “basso albertino”, che prende il nome dal compositore
veneziano Domenico Alberti: si tratta di una formula di accompagnamento consistente in accordi spezzati,
semispezzati oppure arpeggiati. Questo accompagnamento sostituisce il basso continuo.
11
La “Seconda Scuola di Vienna” nascerà nel ‘900 con Arnold Schönberg (1874-1951) e i suoi seguaci.
12
Cfr paragrafo 3.3.
13
Il più famoso dei figli di Johann Sebastian Bach.
23
forma vera e propria, quanto piuttosto di un principio compositivo di norma adoperato nei primi
movimenti di una qualsiasi composizione strumentale, sia solistica che cameristica o orchestrale.
Con essa si ha il superamento del principio monotematico-bipartito adoperato da Domenico
Scarlatti (1685-1757) nelle sue sonate e l’affermazione del bitematismo tripartito: l’esposizione (I
parte) in cui ha luogo la presentazione dei due temi principali (uno nella tonalità d’impianto, l’altro
alla dominante o al relativo maggiore), poi lo sviluppo (II parte), una libera rielaborazione di
elementi della prima parte, e infine la ripresa (III parte), ovvero la riesposizione della prima parte in
cui anche il secondo tema è esposto nella tonalità d’impianto.
L’esponente più rappresentativo del periodo classico per quanto riguarda i concerti per violino e
orchestra è senz’altro Wolfgang Amadeus Mozart. Mozart scrisse cinque Concerti per violino e
orchestra, tutti nel periodo compreso fra l'aprile e il dicembre 1775, quando il musicista
diciannovenne si trovava alla corte dell'arcivescovo di Salisburgo. Ad essi vanno aggiunti altri due
Concerti per violino e orchestra, quello in mi bemolle maggiore K. 268 e quello in re maggiore K.
271a (c'è anche un Concerto per pianoforte e orchestra K. 271). Gli esegeti dell'opera mozartiana
sono concordi nell'affermare che i Concerti K. 268 e 271a non appartengono integralmente al
musicista salisburghese e avrebbero subito dei rimaneggiamenti in epoca successiva, specie nella
parte solistica.
Ciò che è più importante rilevare sta nel fatto che questi Concerti per violino e orchestra risentono
l'influenza della musica italiana e di certi analoghi modelli che recano la firma di Nardini, Tartini e
Boccherini, autori che Mozart certamente aveva ascoltato nel corso del suo viaggio in Italia
avvenuto qualche anno prima e che avrebbe inciso profondamente sull’evoluzione dell'arte del
musicista salisburghese. Infatti vi si notano uno stile virtuosistico particolarmente spiccato e una
piena valorizzazione delle qualità timbriche del violino, che sono caratteristiche molto diffuse della
scuola violinistica italiana del Settecento di derivazione barocca. Totalmente mozartiani sono però
la fantasia, la scioltezza con cui si dispone la materia musicale, l'equilibrio formale che trova
stimolo e ragion d'essere in un sottile gioco di variazioni sviluppate con magistrale mano di artista,
capace di infondere il tocco della spontaneità a tutto quello che affronta. Il musicista dispiega
sonorità squillanti, episodi di sottile umorismo e abbandoni sensuali, il tutto accompagnato da
quell'ambiguo sorriso che distingue la creatività mozartiana sin dall'epoca giovanile.
Secondo il criterio cronologico del catalogo Koechel il primo dei concerti è il K. 207 in
Sib maggiore, il cui autografo reca la seguente dicitura: "Concerto a violino solo di W. A.
Mozart a Salisburgo, lì 14 di Aprile 1775", che presenta tre movimenti in forma-sonata
caratterizzati da un'accurata scrittura strumentale e ricchezza delle idee melodiche, aspetto
inconfondibile dell'inventiva creatrice del musicista.
24
Nel Concerto n. 3 in Sol maggiore K. 216 si fa palese il notevole passo avanti compiuto da
Mozart e il distacco, frutto di una maturazione, dai due precedenti concerti. L'ispirazione e
la tecnica compositiva si pongono, qui, su un piano superiore; Mozart raggiunge un
equilibrio perfetto tra il brio strumentale richiesto da un concerto e la contenuta espressività
della musica. Lo strumento solista è messo nel giusto rilievo, senza tuttavia concedere
troppo al virtuosismo. I passi di bravura non vanno mai a discapito delle idee musicali, il
registro acuto è impiegato con parsimonia, mancano quasi del tutto i passaggi in doppie
corde e gli altri artifici della tecnica violinistica. Gli effetti strumentali brillanti, che pure
non mancano, non sono mai fini a se stessi, bensì subordinati alla qualità delle idee musicali.
14
Seguirà nel paragrafo successivo l’analisi formale del primo movimento. La partitura completa del violino
solista in Appendice.
15
Considerato troppo ricercato da Antonio Brunetti, primo violino dell'orchestra di Salisburgo, Mozart lo
modificò con la stesura di un altro Adagio (K 261) di effetto più sicuro ed immediato e dove, come nella
stesura del concerto K 216, sostituirà gli oboi con i flauti e prescriverà agli archi l'uso della sordina.
25
§ 3.2 Analisi formale del Concerto n. 5 per violino e orchestra di W.A. Mozart (I movimento)
INTRODUZIONE
I TEMA
II TEMA
Fig. 12 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 1-20
L'introduzione orchestrale del primo movimento è eccezionalmente estesa, con due temi. Il primo è
ritmato e danzante, e ad esso risponde il secondo con elegante ironia. I due contrapposti temi
presentati dall’orchestra saranno parte integrante dell’intero primo movimento e infatti utilizzati
nella parte solistica.
Nel giro di poche battute l'incrocio dei due temi va verso una cadenza che prepara la vera
Esposizione sinfonica e – quindi – l’ingresso del violino solista: un’inconsueta introduzione in
tempo Adagio.
26
CADENZA
Fig. 13 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 21-36
È un passaggio enigmatico, che esula completamente dalla tradizione; è il momento del libero e
poetico eloquio del solista, che pare aver bisogno di un attimo di preparazione prima di attaccare,
senza interrompersi, il tema principale carico di slancio.
Nuove idee fioriscono poi senza sosta per tutto il movimento, nel quale non viene mai meno la
straordinaria freschezza dell'inventiva mozartiana.
27
INGRESSO DEL VIOLINO SOLISTA
ESPOSIZIONE
I TEMA
Fig. 14 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 37-47
Sul medesimo motivo danzante e ritmico dell’introduzione orchestrale il violino solista intona il I
Tema17, dal carattere energico e brillante, in La Maggiore, tonalità d’impianto. Segue poi una
Transizione che porta al II Tema, più scherzoso, nel tono della dominante, ovvero Mi Maggiore.
16
Cfr pag. 23.
17
Da notare che le prime note dell’Adagio sono le medesime dell’Allegro aperto (La-Do#-Mi), quindi
soltanto apparentemente Adagio e Allegro aperto non sono collegati.
28
TRANSIZIONE MODULANTE
Fig. 15 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 48-62
29
II TEMA
Fig. 16 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 63-75
Segue poi lo Sviluppo, che propone nuove cellule tematiche in diverse tonalità.
SVILUPPO
Fig. 17 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 99-109
30
E’ poi il momento della Ripresa, che riprende appunto il I Tema nella tonalità d’impianto
I TEMA
RIPRESA
Fig. 18 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 128-138
e il II Tema sempre nella tonalità d’impianto (ovvero La Maggiore anziché Mi Maggiore come
nell’Esposizione).
II TEMA
Fig. 19 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure 160-172
31
La cadenza orchestrale seguita dalla cadenza per violino solo18 eseguita dal solista e la coda finale
concludono il primo movimento.
CODA FINALE
Fig. 20 - W. A. Mozart, Concerto per violino n. 5 (I mov.), partitura orchestrale, misure conclusive
18
Celebri sono le cadenze di Joseph Joachim (1831-1907), Friedrich Hermann (1828-1907), August Schulz
(1837-1909), Franco Gulli (1926-2001).
32
§ 3.3 I maggiori concerti per violino del periodo classico
Tra gli autori di concerti per violino durante il Classicismo è doveroso ricordarne i più importanti.
• FRANZ JOSEPH HAYDN (1732-1809), che ebbe modo di dedicarsi alla produzione per
strumento solista soprattutto nei primi anni della sua permanenza ad Eisenstadt, la splendida
residenza a sudest di Vienna dei principi Esterhàzy. Alle dipendenze di questi nobili
ungheresi amanti delle arti, il compositore doveva rimanere legato complessivamente per
quasi un trentennio, dal 1761 fino alla morte del principe Nikolaus Esterhàzy nel 1790. Nei
primi anni del servizio presso gli Esterhàzy, Haydn ricoprì la carica di vice-maestro di
cappella, poiché il ruolo di maestro di cappella era riservato al vecchio Joseph Gregor
Werner, da lungo tempo dipendente dei principi. Di fatto, data l'età avanzata di Werner,
Haydn aveva pieni poteri su tutta la gestione della intensa e fertilissima vita musicale della
corte principesca. Possedendo quindi un’orchestra di abili musicisti, il compositore scrisse
per loro numerosi concerti sia per ingraziarseli sia per esaltarne le doti solistiche. Per il
primo violino Luigi Tomasini, solista di indiscussa qualità, vennero dunque verosimilmente
scritti i vari concerti per violino, almeno quattro, uno dei quali smarrito. Ricordiamo infatti:
Concerto n. 1 in Do maggiore per violino e archi
Concerto n. 2 in Re maggiore per violino e orchestra (perduto)
Concerto n. 3 in La maggiore per violino e orchestra “Melker-Konzert”
Concerto n. 4 in Sol maggiore per violino e orchestra.
Gli furono attribuiti altri cinque Concerti per violino e archi/orchestra, ma alla luce
di affidabili studi pare che non siano stati composti da Haydn.
33
nonché un'originale concezione della forma musicale influenzarono un'intera generazione di
violinisti e compositori come Rode, Baillot, Kreutzer e Beriot, che ne codificarono gli
insegnamenti generando la cosiddetta scuola violinistica francese moderna.
I precetti che egli fissò negli appunti per un metodo per violino furono ripresi nel Méthode
de violon di Baillot, Rode e Kreutzer (1803) e in L'art du violon: nouvelle méthode (1834) di
Baillot. L'attività esecutiva ispirò in larga misura la sua produzione compositiva in cui sono
evidenziate tutte le potenzialità tecniche ed espressive del violino.
Il corpus più importante dell'opera di Viotti è formato dai 29 concerti per violino: eccetto il
primo (No. 3 in La maggiore), pubblicato a Berlino, i concerti sono scritti tra Parigi e
Londra e riflettono l'intero sviluppo artistico e stilistico di Viotti. Dopo il suo arrivo a Parigi,
Viotti abbandona i tratti tipicamente ‘galanti' del primo concerto per assorbire presto le
influenze della musica d'Oltralpe, accentuando i tratti virtuosistici dello strumento solista e
incrementando gli elementi drammatici attraverso continui cambi di registro e la ricerca di
contrasti.
Gli ultimi sei concerti parigini (14-19), in particolare, dei quali solamente uno in tonalità
maggiore, tendono a un afflato pre-romantico e fanno intravedere quella concezione
coloristica dell'orchestrazione che si esprimerà al meglio nella produzione londinese. I dieci
ultimi concerti della sua produzione (20-29), in maggioranza in tonalità minore, scritti a
Londra, riflettono la piena maturità dell'autore: pubblicati spesso posteriormente rispetto alla
data di composizione — visto il successo che le relative trascrizioni per pianoforte avevano
in Inghilterra — riflettono il gusto del pubblico inglese. In tali concerti, infatti, Viotti cede il
passo all'elemento virtuosistico per approfondire altri elementi del discorso musicale, quali
una maggior ricercatezza armonica, un allargamento della compagine orchestrale, una
predilezione dell'elemento lirico e una sempre più raffinata concezione dell'orchestrazione.
L'elemento drammatico, caratterizzato dall'alternanza Solo-Tutti, si trasfigura in un dialogo
più intimo tra i singoli strumenti dell'orchestra e tra questi e il solista. Il trattamento
personalizzato di ogni strumento permette a Viotti di codificare differenti topoi dialogici,
sondando un'infinita gamma di possibilità espressive che vanno a incidere anche su
un'originale concezione della struttura formale.
Nel primo movimento di concerto Viotti oscilla spesso tra bipartizione e tripartizione
all'interno di una solida struttura a ritornelli, incurante di riprodurre con regolarità
determinati schemi formali. Lo sviluppo è il luogo dove esibire passaggi di bravura, in
antitesi con l'atmosfera assertiva dell'esposizione, e la ripresa, che spesso capovolge l'ordine
di presentazione dei temi, è sovente accorciata. Meno preoccupato dello sviluppo motivico
come principio strutturale e unitario di un brano, Viotti concentra il proprio interesse sulle
possibilità eloquenti che alcuni elementi strutturali possono produrre. Il tema, invece di
essere sviluppato motivicamente, viene per di più elaborato al fine di accentuarne
l'efficacia espressiva; Viotti manipola gli inserti tematici tra una sezione e un'altra,
aumentandoli e diminuendoli, cambiandone la posizione o eliminandoli. I tempi lenti
centrali (spesso nella forma AABA) si caratterizzano sovente per lo stile di Romanza, in cui
l'elemento lirico del solista, spesso struggente e appassionato, viene evidenziato grazie a una
sapiente coloratura dell'orchestra. La combinazione di elementi eruditi e popolareggianti
sono peculiari dei movimenti finali (spesso in forma Rondò): tra ritmi di danza e arditi
passaggi virtuosistici, Viotti esaspera il dialogo e il contrappunto tra solista e i componenti
dell'orchestra, conferendo un sapore drammatico a tutto il brano per mezzo di audaci
modulazioni, contrasti tonali e passi di carattere eroico affidati al Tutti.
34
secondo movimento del Concerto n. 24 di Viotti. Echi della cantabilità malinconica di
Viotti, oltre che della sua scrittura violinistica, sono particolarmente evidenti anche nei
concerti per violino di Beethoven e di Brahms. Di quest'ultimo, in particolare, è rimasto
famoso un commento entusiasta riguardo al Concerto n. 22 in La minore di Viotti: proprio a
partire dalla cerchia musicale di Brahms questo concerto fu reso popolare, soprattutto grazie
alle esecuzioni del grande violinista Joseph Joachim (1831-1907).
Accertatosi che nella prima esibizione del 23 dicembre 1806 al Theater an der Wien il
violinista Franz Clement avrebbe eseguito la sua musica, Beethoven la stese in fretta, con
buona vigoria e con ricca felicità di idee, non risparmiandosi neppure sul lavoro di stesura.
Il primo tempo, infatti, è insolitamente esteso e, nell'insieme, questo Concerto è uno dei suoi
lavori solistici più lunghi. In occasione della prima esecuzione Beethoven dovette tollerare
uno dei tanti arbitri di Clement, il quale decise di suonare i primi due tempi nella prima
parte, continuare la serata con un'esibizione virtuosistica e presentare infine il terzo tempo
del Concerto di Beethoven. Fatta così a brani, si capisce che questa musica non piacque.
Tuttavia anche in seguito essa circolò con stento e tra mille diffidenze, finché Vieuxtemps19
nel 1833 e poi Joachim, in piena età romantica, la portarono al successo che dura tuttora.
Il concerto rappresenta una delle pagine più alte del genio musicale del grande compositore
e in generale più ammirate dai critici di tutto il mondo, sia per la sua intrinseca bellezza ed
armonia, sia per i dialoghi, di carattere intimo, lirico e cantabile che vengono via via
sviluppati tra il violino solista e l'orchestra nel corso dei tre movimenti. Per il suo particolare
fascino e la sua grande brillantezza, questo concerto figura nel repertorio dei maggiori
violinisti del mondo.
Fig. 21 – L. V. Beethoven, Concerto per violino Op. 61, Incipit del I mov.
19
Henri Vieuxtemps (1820-1881) fu autore di 8 Concerti per violino e orchestra.
35
§ 3.4 I concerti dei didatti violinisti
A partire dal periodo compreso tra Settecento e Ottocento nasce la didattica musicale e – quindi – la
didattica violinistica. A scopo concertistico, compositivo, o anche esclusivamente didattico, questi
musicisti misero su carta i loro precetti – oltre che con trattati e metodi – anche scrivendo concerti
per violino.
• RODOLPHE KREUTZER (1766-1831) fu iniziato agli studi musicali dal padre, che era
maestro nella cappella reale e più avanti studiò con Anton Stamitz. Fu un talento precoce,
sia come compositore che come strumentista. Nel 1782 Viotti si trasferì a Parigi e Kreutzer
ebbe modo di perfezionarsi alla scuola del grande violinista piemontese. Nel 1784 perse i
genitori, trovandosi a dover mantenere una famiglia numerosa. Godette tuttavia della
protezione della regina Maria Antonietta e del conte d'Artois (del quale sposò nel 1788 la
figlioccia, Adelaide Foucard). Ottenne dunque la nomina di "Musicista del Re", che gli valse
l'indipendenza economica e il pubblico riconoscimento dei suoi lavori. Kreutzer insegnò
violino al Conservatorio di Parigi dal 1795 (anno della sua fondazione) al 1826 e collaborò
alla stesura del metodo di violino del Conservatorio assieme ai maestri Pierre Rode e Pierre
Baillot. Kreutzer, Rode e Baillot sono infatti considerati i fondatori della scuola violinistica
francese. Fu un ottimo insegnante (fra i suoi allievi si annoverano Joseph Massart e Charles
Philippe Lafont) e ai suoi tempi venne apprezzato molto quale compositore e direttore
d'orchestra. La sua opera compositiva include 19 Concerti per violino e circa quaranta
opere. Tuttavia, Kreutzer rimane famoso per i 42 studi o capricci per violino solo, che
vengono usati per l'insegnamento del violino e, trascritti una quinta sotto, della viola. Gli
studi di Kreutzer sono previsti nei programmi ministeriali dei Conservatori italiani.
• J. PIERRE RODE (1774-1830) iniziò lo studio del violino in Francia e proseguì a Parigi
con Giovanni Battista Viotti: egli lo trovò così talentuoso da non fargli pagare le lezioni
ricevute. Nel 1790 lo fece debuttare al Theatre de Monsieur. Da allora fu attivo come
violinista nelle orchestre di vari teatri. Nel 1795 fu nominato professore di violino
al Conservatorio. Nel 1796 partì per una lunga tournée, in cui mieté successi nei Paesi Bassi,
ad Amburgo e a Berlino. In Inghilterra invece fu accolto freddamente. Nel 1798, per intrighi
politici mai chiariti, fu allontanato dall'Inghilterra insieme al suo maestro Viotti.
Dopo questo evento riprese le proprie mansioni al Conservatorio di Parigi.
Nel 1814 si sposò trasferendosi a Berlino, dove compose i suoi famosi 24 Capricci. Rimase
nella città tedesca per 5 anni, e nel 1818 eseguì in un concerto privato (accompagnato
al pianoforte dall'arciduca Rodolfo) la celebre Sonata Op. 96 di Beethoven a lui dedicata.
Nel 1819 tornò in Francia. La sua ultima esibizione avvenne a Parigi, ma l'insuccesso
ottenuto lo amareggiò e ne affrettò la fine, avvenuta nello Chàteau de Bourdon.
Oltre all’attività e produzione didattica, scrisse 12 Concerti per violino e orchestra.
36
• FERDINAND DAVID (1810-1873), enfant prodige, nel 1835 fu notato da Felix
Mendelssohn e diviene violino solista al Gewandhaus di Lipsia eseguendo il concerto per
violino e orchestra in Mi minore op. 6420 del grande compositore tedesco, che era a lui
dedicato. Dal 1843 insegna violino al Conservatorio di Lipsia continuando a suonare in
tutta Europa. Tra le sue composizioni sono degni di nota – oltre le opere didattiche - i 5
Concerti per violino e orchestra.
20
Cfr pag. 42.
37
38
CAPITOLO 4 – IL CONCERTO ROMANTICO
Come in epoca barocca il genere concertistico aveva segnato l'ascesa del violino al rango di
strumento solistico per eccellenza, così, nella seconda metà del Settecento, è nuovamente il
concerto a decretare l'ascesa e l'affermazione del pianoforte. Grazie, infatti, ad una potenza sonora
sconosciuta ad altri strumenti a tastiera, e alla sua capacità di creare le più svariate sonorità
dinamiche ed espressive, a partire dal 1770 il pianoforte lentamente si impone come protagonista
del genere concertistico e, all'inizio dell'Ottocento, è ormai in grado di contendere al violino la
supremazia, in ambito solistico. Ciò però non esclude assolutamente un’evoluzione del concerto per
violino e orchestra: anche nel periodo ottocentesco lo strumento ad arco godrà infatti di un
repertorio solistico di grande spessore.
Molti compositori di questo periodo cercarono di spostare il centro di interesse sulle doti tecniche
del solista lasciando spesso all’orchestra una funzione di quasi puro accompagnamento. Solo a metà
del secolo si tornò a prestare attenzione all’equilibrio tra il virtuoso e l’orchestra: compositori come
Franz Liszt (1811-1886), Robert Schumann (1810-1856) e Felix Mendelssohn (1809-1847)
crearono alcuni capolavori che tutt’oggi non possono che far parte del repertorio dei grandi
concertisti; in essi, senza rinunciare a una tecnica molto impegnativa per il solista, si ascolta anche
un mirabile dialogo con l’orchestra21, che ormai era cresciuta in numero e in organico.
Bisogna considerare, inoltre, la nuova concezione della musica nell’Ottocento: se nel Seicento e
Settecento il ruolo della musica era quello di “muovere gli affetti” potenziando le capacità
evocatrici della parola, nell’Ottocento – rendendocisi conto del fallimento di spiegare tutto con la
ragione – si capì che i segreti dell’esistenza umana andassero spiegati con l’intuizione artistica, in
particolar modo la musica strumentale, la musica assoluta22. La composizione deve essere dunque
la summa di tutte le esperienze interiori del compositore, un messaggio da inviare all’umanità
intera23.
I profondi stravolgimenti politici, sociali, artistici e culturali, che hanno caratterizzato l'Ottocento, si
ripercuotono in ambito musicale anche sul concerto, la cui evoluzione, dopo le innovazioni
apportate da Beethoven, subisce una fase di arresto. È un periodo in cui i compositori, spinti
dall'impeto innovatore dello Sturm und Drang24, rifiutano le regole imposte dalla tradizione, a
favore di una più libera concezione della musica, e di forme musicali più svincolate e di ridotte
dimensioni (improvvisi, notturni, ballate). Il concerto così comincia a perdere quel senso di unità,
tipico invece del periodo classico, anche se in compenso lo stile romantico vi imprime un carattere
più libero, contraddistinto da uno spirito poetico e sentimentale che, in parte, supera e nasconde le
incertezze compositive. Anche i più grandi compositori dell'epoca si rifugiano in pezzi di più
limitata portata, per cui personaggi come Felix Mendelssohn, Fryderyk Chopin, Robert
Schumann, Franz Liszt, che in campo musicale hanno lasciato una vasta produzione, nell'ambito del
21
Si parla, soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento, di “gigantismo orchestrale”.
22
Ovvero ab-soluta: sciolta da qualsiasi legame o vincolo con il testo.
23
Di questo già Beethoven era stato maestro con la sua Sinfonia n. 9.
24
Tempesta e impeto.
39
concerto per pianoforte e orchestra si limitano a produrne solo pochi esemplari, che apportano
piccole ma significative modifiche al tipo. In queste nuove composizioni, infatti, viene privilegiato
lo strumento solista, in rapporto all'orchestra, che si sottomette quindi alle sonorità cristalline del
pianoforte.
Inoltre si fa avanti l'uso della concatenazione dei movimenti, avvicinandosi al tipo del concerto in
un unico movimento. Si comincia a perdere l'uso della canonica divisione nei tre movimenti,
nonché del succedersi rigoroso di temi, esposizione, riesposizione, ecc. In Chopin l'esaltazione del
solista è massima: il compositore polacco infatti fa un minore uso delle sonorità orchestrali che
invece erano predominanti in Beethoven. Con Liszt, invece, la rottura con gli schemi del passato è
più netta: nei suoi due concerti abbraccia nuovi ideali, attraverso una maggiore libertà nella forma,
non solo con il frequente ricorso a ritorni tematici25, ma con abili collegamenti tra i movimenti, che
portano a parlare di Concerto in un tempo solo.
L'Ottocento è anche il secolo dei concertisti, dei virtuosi: questo atteggiamento culturale dell'epoca
si ripercuote anche sul concerto che diventa terreno fertile per evoluzioni musicali, a scapito di una
forma più pura e più ricca dal punto di vista tematico, in favore di una mera ricerca esteriore.
Pur non avendo scritto un trattato o un metodo, Niccolò Paganini (1782-1840) opera all’interno
della letteratura violinistica una rivoluzione senza precedenti. Nel tempo in cui nascono i teatri, il
virtuosismo, e quando il violino prende le sembianze del violino moderno, Paganini riesce a stupire
il pubblico e ad affermarsi tra i più grandi violinisti della storia.
Egli ha sviluppato fino all’incredibile la tecnica di Locatelli (1695-1764) senza sorpassarlo per
l’acutezza delle posizioni. In più ha trattato armonici naturali e artificiali semplici e doppi con una
ingegnosità e un’arditezza sconosciute fino ad allora; pizzicati di mano sinistra, combinazioni di
canto con accompagnamento pizzicato, ottave diteggiate, trilli di ottave, trilli di unisoni. Un'altra
innovazione di Paganini è l’impiego della sola IV corda per pezzi di dimensioni rilevanti (per
esempio le Variazioni di bravura sul “Mosé”). La tecnica violinistica tocca con Paganini le
massime possibilità. Tutto quello che è stato fatto dopo sembra non aggiungere nulla di nuovo in
fatto di tecnica pura.
I suoi “24 Capricci” sono degni sostituti di un eventuale trattato o metodo poiché contengono tutte
le innovazioni e tutta la tecnica adoperata da Paganini, che poi è stata tramandata da Camillo Sivori,
suo unico allievo, e Francesco Sfilio, allievo di Sivori. Essi sono considerati tuttora un punto di
arrivo per i migliori concertisti.
Del suo vastissimo e imponente repertorio per violino, ricordiamo i suoi importanti concerti:
25
Definiti più avanti “motivi reminiscenti”.
40
scritta nella tonalità di Re Maggiore. Le parti d'orchestra conservate alla Biblioteca
Casanatense sono in Mi bemolle.
Il concerto, considerato il più importante e significativo dei sei scritti dal violinista genovese
– nonché il più eseguito - mostra la grande influenza del bel canto italiano e in particolare
del giovane contemporaneo di Paganini, l’operista Gioacchino Rossini (1792-1868).
Concerto per violino e orchestra n. 2 in Si minore “La Campanella”26, Op. 7 (1826)
Concerto per violino e orchestra n. 3 in Mi maggiore (1830)
Concerto per violino e orchestra n. 4 in Re maggiore (1830)
Concerto per violino e orchestra n. 5 in La minore (1830)
Concerto per violino e orchestra n. 6 in Mi minore (1815?) – ultimo movimento completato
da un autore sconosciuto.
Sono davvero tantissimi i Concerti per violino e orchestra scritti nel corso dell’Ottocento. Se ne
esporranno i principali, punto di riferimento per tutti i violinisti.
41
programmatica della nona sinfonia, intitolata Le Stagioni. Tra il 1803 e il 1844 Spohr
compose più concerti per violino che qualunque altro grande compositore suo
contemporaneo: sedici in tutto fra il 1803 ed il 1844, oltre a due concerti per due violini.
Molti di essi sono strutturalmente non convenzionali, come il celebre ottavo concerto, in
un tempo solo e nello stile di un'aria d'opera. Meglio conosciuti al giorno d'oggi sono però i
quattro concerti per clarinetto, tutti scritti per il clarinettista virtuoso Johann Simon
Hermstedt.
27
Cfr pag. 39.
28
Cfr pag. 37.
29
Mendelssohn non poté presenziare alla prima esecuzione per motivi di salute. Non mancò però alla
seconda esecuzione, che diresse personalmente nel 1845, poi alla terza nel 1846 che vide come solista
Camillo Sivori, e alla quarta nel 1847 con Joseph Joachim, un mese prima della morte dell’autore.
42
Il Concerto per violino Op. 64 deve la sua fortuna soprattutto alla fascinosa
invenzione tematica e al brillantissimo rilievo della parte del solista, bilanciato dalla
felicità della scrittura orchestrale. Altrettanto importanti sono però le caratteristiche
formali del concerto, in cui l'originalità di un grande protagonista della stagione
romantica convive con la sicurezza costruttiva di un degno erede dei classici. Dietro
l'irregolarità dei tre movimenti fatti succedere senza pause (con un breve Allegretto
per collegare l'Andante al finale) o dell'ardito ingresso del violino solista già
all'inizio del primo tempo, dietro allo slancio lirico che percorre ininterrottamente
l'opera quasi fondendo ogni schema formale in un'unica bruciante offerta espressiva,
si rivela altresì un'attenta saggezza artigianale. Anche proposte tematiche
indimenticabili come quelle su cui è costruito il primo movimento, anche il lirismo
commosso e fluente dell'Andante, nonché il virtuosismo aereo e fantastico del finale
si compongono infatti in un insieme di raro equilibrio, sotto la conduzione di una
mano sagace.
Fig. 23 - F. Mendelssohn B., Concerto per violino Op. 64, Incipit del I mov.
30
Cfr pag. 44.
43
• JOHANNES BRAHMS (1833-1897) fu autore di un unico concerto per violino, oggi
universalmente considerato come una delle composizioni più riuscite del compositore
tedesco e uno dei concerti per violino più famosi nella storia della musica. Brahms aveva
iniziato la sua carriera professionale negli anni '50 come accompagnatore al pianoforte degli
artisti più noti, in particolare violinisti, come Joachim, il quale contribuì alla reputazione di
Brahms. Le rispettive posizioni professionali, unite all'amicizia personale, resero la
collaborazione molto proficua31: tutte le principali composizioni per violino di Brahms (il
Concerto per violino, il Concerto Doppio per violino e violoncello e le tre Sonate) furono
scritte per il suo amico e consigliere, Joseph Joachim.
Il Concerto in Re maggiore per violino e orchestra Op. 77 fu concepito nel corso
dell'estate del 1878 a Pörtschach am Wörther See, un villaggio della Carinzia nel quale
Brahms soggiornava spesso. Fu quello il luogo nel quale furono composte anche la Seconda
Sinfonia e la Sonata per violino op. 78. Ad accomunare queste opere un certo carattere
esuberante di melodie e la limpida amabilità di tono, che in verità caratterizza tutta la fase
produttiva di Brahms che segue l'impegno drammatico della Prima Sinfonia (1876). Brahms,
non essendo un violinista, era preoccupato della difficoltà della resa strumentale di ciò che
stava componendo. Prima di proseguire nel lavoro mandò a Joachim, che comunque era
anche un compositore, la parte solistica del primo movimento: egli rispose immediatamente
esprimendo entusiasmo e stupore per alcuni passi che definì «violinisticamente molto
originali». Scambi di corrispondenza non cessarono fino alla prima pubblica (Lipsia, 1º
gennaio 1879), eseguita da Joachim stesso, a cui Brahms dedicò il concerto, con l'Orchestra
del Gewandhaus sotto la direzione dello stesso Brahms. Diverse modifiche furono fatte dalla
prima fino alla pubblicazione dell'opera da parte di Fritz Simrock, avvenuta sempre nello
stesso anno.
Nel progetto originale il concerto doveva essere composto da quattro movimenti, ma durante
la fase creativa il secondo (uno Scherzo) verrà da Brahms tagliato per trovare poi una
collocazione finale nel secondo concerto per pianoforte. In tal modo il Concerto per violino
assumeva la classica struttura allegro-adagio-allegro; e, d'altronde, è classica la luce che
domina tutta l'opera, priva delle esasperazioni drammatiche, ad esempio, dei Concerti per
pianoforte, o le semioscurità metafisiche del Doppio Concerto op. 102. I movimenti in cui si
articola sono:
1. Allegro ma non troppo: esso coniuga un'atmosfera intimistica con una solennità di respiro
sinfonico che in questo tipo di composizione era stato ormai abbandonato (ad esempio Felix
Mendelssohn nel 1844 o Robert Schumann nel 1850). Il grande tema in apertura,
monumentale e di piena orchestrazione, è nel contempo agitato da rivelazioni interiori nella
parte solistica.
2. Adagio: l’apertura suonata da fiati soli echeggia nostalgicamente le Serenate mozartiane, poi
subentra il canto del violino con una cantabilità di stampo italiano. La bellezza della
melodia principale (oboe solo) fa richiamare al Kalbeck32 “la purezza lineare del Beato
Angelico”.
3. Allegro giocoso: è animato di un vigore brillante, secondo i modi ungheresi adottati da tutta
la classicità viennese, che qui trova una delle più tarde e più coinvolgenti reviviscenze.
Alle prime esecuzioni il Concerto apparve sicuramente piuttosto difficile sia a causa
dell'ampiezza della sua concezione, sia per il linguaggio rigoroso adottato. La tradizionale
contrapposizione tra solista e orchestra, solitamente dominata dal virtuosismo del solo, è
ignorata dall'autore, che invece ricerca l'equilibrio fra solista e orchestra, anticipando così la
concezione che adotterà anche nel secondo concerto per pianoforte.
31
Joachim realizzerà trascrizioni per violino delle famosissime Danze Ungheresi di Brahms.
32
Max Kalbeck (1850-1921) fu un poeta, scrittore e critico musicale tedesco.
44
Fig. 24 - J. Brahms, Concerto per violino Op. 77, Incipit dei tre movimenti
Proprio grazie al suo Concerto in Sol minore n. 1 per violino e orchestra Op.2634 riuscì a
conquistarsi un posto di rilievo nella storia della musica che durerà secoli con una pagina
che diventerà stabilmente presente nel repertorio dei grandi violinisti. Opera spontanea ed
eloquente, affonda le sue radici nella tradizione di Louis Spohr, sostenitore della cantabilità
melodica in opposizione al virtuosismo acrobatico di Paganini. Era il 1868; da circa un
33
Ricordiamo la sua Sinfonia n. 3 soprannominata “Organ Symphony”, dove per la prima volta in assoluto
in una sinfonia vengono inseriti l’organo concertante e due pianoforti.
34
Fu autore negli anni successivi del Concerto n. 2 Op. 44 e del Concerto n. 3 Op. 58.
45
quindicennio, dopo il tardivo contributo di Schumann35, la tradizione tedesca attendeva un
nuovo concerto solistico per violino e orchestra. Bruch si trovava a Coblenza, nella veste di
direttore stabile dell’orchestra locale; forse in un momento di nostalgia per lo strumento che
aveva studiato con passione per anni, forse in seguito a una lucida riflessione sulle lacune
del repertorio tedesco, decise in quell’anno di offrire il suo apporto a un genere che stava
traballando sotto i colpi del poema sinfonico.
Fig. 25 - M. Bruch, Concerto per violino Op. 26, Incipit del I mov.
2. Adagio: uno dei movimenti più riusciti di tutta la letteratura violinistica, con il suo
calore avvolgente a metà tra le Romanze di Beethoven e le movenze melodiche di
Mahler.
Fig. 26 - M. Bruch, Concerto per violino Op. 26, Incipit del II mov.
35
Robert Schumann (1810-1856) scrisse nel 1853 il suo unico Concerto in Re minore per violino e orchestra.
Per ottantaquattro anni questo rimane inedito ed, eccezion fatta per qualche studioso, praticamente
sconosciuto. Sarà riportato alla luce anni dopo grazie a Joachim e Brahms.
46
3. Finale – Allegro energico: ritorna il piglio vigoroso, una cavalcata ritmica che non
nasconde qualche inflessione popolare36.
Fig. 27 - M. Bruch, Concerto per violino Op. 26, Incipit del III mov.
36
Pare che il violinista Joseph Joachim, dedicatario dell’opera, ammirasse particolarmente questa brillante
pagina conclusiva; del resto era nato in Ungheria e non poteva non esaltarsi quando eseguiva brani
spiccatamente ispirati alle tradizioni delle sue parti. Per questo i movimenti conclusivi dei concerti di
Brahms e di Bruch non mancavano mai tra le parti del suo leggio.
47
Come da tradizione, il concerto è diviso in tre movimenti, ma è in realtà più profondamente
sperimentale di quanto non appaia.
1. Allegro moderato: il violino, entrando con una breve cadenza, propone un tema
dall'intrepida, entusiasmante freschezza per poi esporre con naturalezza un nuovo
soggetto breve, ardente, quasi operistico, ritmicamente concitato, adattissimo a fornire la
base per l'elaborazione. Avviata dall'orchestra, essa ha un andamento volutamente
tortuoso e quasi rapsodico, di fatto senza sviluppo; sicché la ripresa dei temi principali
suona come un ritorno all'origine, insieme lieto e nostalgico.
Fig. 28 - P. I. Tchaikovsky, Concerto per violino Op. 35, Incipit del I mov.
2. Canzonetta: ha un inizio assorto, del più puro e concentrato intimismo, nel quale il
solista si inserisce con un tema "molto espressivo", di inflessione quasi belliniana, un po'
malinconico, un po' lucente, soprattutto quando più avanti viene recuperato dal flauto: e
basta una nota ribattuta del corno per evocare un rintocco di campane in lontananza.
Il secondo tema è invece drammatico ed energico, un fermo lamento
sull'accompagnamento sincopato degli archi: divagare sembra il suo destino. Alla
ricapitolazione della prima parte segue simmetricamente la conclusione con elementi
ripresi dall'introduzione.
48
• HENRYK WIENIAWSKI (1835-1880) fu fondatore della scuola violinistica polacca e
probabilmente il più grande violinista e pedagogo polacco, si formò alla scuola franco-belga
di ispirazione paganiniana e fu allievo a Parigi di Joseph Massart. Scrisse più di trenta opere
dedicate esclusivamente al violino. Spiccano tra queste i 2 Concerti per violino e orchestra.
Sono da includere nella trattazione dei Concerti per violino del periodo romantico anche autori
come Benjamin Godard (1849-1895), Fritz Kreisler (1875-1962), Max Reger (1873-1916) e Eugene
Ysaye (1858-1931). Altri autori loro contemporanei saranno invece trattati successivamente: siamo
ormai, infatti, alle porte di un radicale cambiamento che sfalderà sin dalle fondamenta – con il
passare degli anni – il sistema tonale e la classica concezione della musica e della composizione
inaugurando un linguaggio inedito sotto tutti i punti di vista.
49
50
CAPITOLO 5 – Dalla fine dell’800 al ‘900: nasce il CONCERTO MODERNO
Verso la metà dell’800 la corrente romantica si divide in due tendenze opposte: da una parte i
sostenitori del legame con la tradizione con le sue forme ufficiali, dall’altra i fautori dell’arte
dell’avvenire come Liszt e Wagner, che promuovono l’unione delle espressioni artistiche e il
rinnovamento radicale della musica strumentale e vocale37. Uno dei cardini del pensiero romantico
di metà Ottocento è anche l’esaltazione della cultura popolare con la nascita delle scuole musicali
nazionali38. La forma concerto, a cavallo tra Ottocento e Novecento, passa in secondo piano a causa
della nascita del poema sinfonico e della musica a programma.
Tuttavia, alcuni autori di questo periodo non smettono di cimentarsi nella composizione di forme
tradizionali dando origine a capolavori di indiscussa bellezza che vedranno la nascita del Concerto
moderno.
Il Concerto moderno si sviluppa a partire dalla forma ciclica già nota ai romantici, riprendendo però
l'uso di quei procedimenti complessi che dagli stessi erano stati invece abbandonati. Lo stile
moderno, inoltre, si mescola alle nuove esigenze nazionalistiche, che si rispecchiano in musica
nell'uso di arie e motivi popolari, perdendo quel carattere di universalità che contraddistingueva il
periodo classico, in favore di una maggiore interpretazione personale delle forme musicali. Accanto
al concerto, infatti, vengono sviluppate altre forme musicali per strumento solista ed orchestra
(variazioni sinfoniche, poemi sinfonici di Franck), con una differente architettura musicale, che
estende all'organico concertistico forme originariamente destinate alla sola orchestra o al singolo
strumento.
Importante è stato anche il contributo di Sergej Vasil'evič Rachmaninov, il cui successo, nell'ambito
del concerto per pianoforte e orchestra è strettamente legato al notevole riscontro di pubblico delle
sue opere, realizzato attraverso l'uso di una linea melodica semplice e immediata e di un pianismo
d'effetto. Generalmente costituiti da vari episodi, i concerti di Rachmaninov sono concepiti per
l'esaltazione dello strumento solista, e dal punto di vista compositivo non offrono particolarità di
rilievo. Maurice Ravel, invece, nei suoi due concerti, da un lato ritorna allo stile mozartiano,
dall'altro sperimenta nuove forme (Concerto per pianoforte per la mano sinistra), con echi di jazz e
l'uso di un tempo solo.
Anche il concerto per violino e orchestra, ovviamente, avrà la sua evoluzione: strutture inedite,
linguaggi nuovi, sonorità e timbri ricercati e particolari, armonie inusuali, orchestrazione
originale…
37
Richard Wagner (1813-1883) parlava di Wort-Ton-Drama, ovvero unione di parola, musica e azione
scenica per realizzare quella da lui definita “opera d’arte totale”.
38
Cfr par. 5.2.
39
Ferruccio Busoni (1866-1924), soprannominato il bachiano fu autore del Concerto per violino e orchestra
Op. 35.
51
§ 5.1 La Sinfonia Spagnola di Edouard Lalo
Lalo è apprezzato principalmente per la ricchezza della sua orchestrazione. Sia come interprete che
come compositore ha partecipato al rinnovamento della musica da camera francese. Nel suo
quartetto per archi si rileva la forte influenza di Beethoven ma ciò non esclude un apporto di un
vigore ritmico del tutto personale.
Fu autore di 4 Concerti per violino e orchestra, ma ciò che permette di collocarlo – per stile più che
per data anagrafica – tra gli autori a cavallo tra Ottocento e Novecento, è sicuramente la Sinfonia
Spagnola Op. 21, un concerto per violino e orchestra sinfonica scritto nel 1874, destinata a dargli
eterna notorietà.
Il folclore musicale spagnolo, con i suoi colori, le sue melodie, le sue atmosfere, ha spesso
affascinato molti musicisti; Edouard Lalo non si sottrae al richiamo della terra dei suoi avi e per
primo utilizza nella musica francese lo stile spagnolo.
Dedicata al leggendario violinista e suo caro amico Pablo de Sarasate, primo esecutore nel trionfale
concerto del 7 febbraio 1875, si caratterizza per la colorita orchestrazione e per la vivacità dei
motivi folcloristici, più verosimili che reali.
Dal punto di vista formale, considerando la parte di protagonista che gli viene riservata, potremmo
definirla un concerto per violino, tuttavia, essendo articolata in cinque movimenti40 anziché nei tre
tradizionali, assume le vesti di una suite nella quale ai virtuosismi ampi e trascinanti del solista si
contrappongono i temi e i colori raddoppiati dall’orchestra.
E’ composta da:
1. Allegro non troppo41: d’impostazione sinfonica, concepita in forma-sonata con due temi
introdotti da una breve fanfara (prima dell’orchestra poi del violino solista). Questa è
certamente la pagina più nota ed eseguita di Lalo e che coniuga l'immediatezza degli spunti
melodici con le suggestioni della "caliente" Spagna attraverso una scrittura tesa a mettere in
luce le capacità del solista. Energica e brillante la parte affidata al violino.
40
Come anticipato precedentemente, è questo il periodo in cui comincia a sfaldarsi la forma e l’architettura
compositiva tradizionale.
41
La partitura completa del violino solista in Appendice.
52
Fig. 29 - E. Lalo, Sinfonia Spagnola Op. 21, Incipit del I mov.
2. Scherzando – Allegro molto: sono più evidenti i caratteri folcloristici; il tema principale è
presentato sotto forma di Seguidilla42, il solista è impegnato in vigorosi ritmi di danza.
3. Intermezzo – Allegretto non troppo: in netto contrasto con quanto precede, è un momento di
tranquillità basato sui ritmi di Moresca43 e di Habanera44.
Fig. 31 - E. Lalo, Sinfonia Spagnola Op. 21, Incipit del III mov.
42
Danza popolare spagnola dei sec. XVIII e XIX in movimento allegro e in misura di 3/4 ballata al ritmo
delle castagnette; celebre quella della Carmen di G. Bizet.
43
Antica danza di origine araba di carattere grottesco in ritmo binario o ternario.
44
Danza dal ritmo lento di origine cubana che si è diffusa nei secoli soprattutto in Spagna, molto simile al
tango.
53
4. Andante: è ricco di contrasti dinamici, esprime inquietudine sottolineata dai ritmi “tzigani”.
54
§ 5.2 Il nazionalismo di Dvorak, Elgar e Sibelius
Fig. 34 - A. Dvorak, Concerto per violino Op. 53, Incipit del I mov.
45
Ricordiamo la nascita della Società Musicale Russa, del Conservatorio di Pietroburgo (1862) e del
Conservatorio di Mosca (1864), il Gruppo dei Cinque, la Scuola Musicale Gratuita che si contrapponeva ai
nascenti Conservatori.
46
Nella sua Nona sinfonia soprannominata “Dal nuovo mondo” si notano influssi musicali dei pellirosse e
dei neri americani. Fu scritta infatti durante il suo soggiorno negli Stati Uniti come direttore del
Conservatorio di New York (1893).
55
• EDWARD ELGAR (1857-1934) è stato un compositore inglese. Molte delle sue principali
opere per orchestra, fra cui le marce Pomp and Circumstance e le Variazioni Enigma,
furono accolte con grande successo. Compose inoltre oratori, musica da camera, sinfonie,
musica per coro e concerti strumentali. Venne nominato "Reale Maestro di Musica" dalla
corona inglese nel 1924.
Il suo Concerto per violino e orchestra in Si minore Op. 61 è una delle sue più lunghe
composizioni orchestrali e l’ultimo dei suoi lavori ad ottenere grande e immediato successo.
Fu composto per il celebre violinista Fritz Kreisler, che lo eseguì per la prima volta a Londra
nel 1910 sotto la direzione di Elgar.
Il vigoroso Allegro, organizzato in forma sonata ampliata, inizia con una lunga introduzione
orchestrale durante la quale vengono presentati il primo gruppo tematico costituito da due
motivi ardenti che sembrano scaturire da una stessa sorgente emozionale, e il secondo tema
(Windflower) più intimo e cantabile. Solo all'entrata del solista viene stabilita la tonalità
d'impianto e poi il movimento procede serrato ed estroverso fino alla sua conclusione, con il
violino che alterna arpeggi e rapide scalette ad oasi espressive più tenere e sognanti. Il
nobile Andante, nella imprevedibile tonalità lontana di Sib maggiore, si alimenta della
molteplice alternanza di due soggetti tematici, il primo in ritmo anapestico e di andamento
quasi processionale, il secondo più lirico e sfociante in una frase appassionata ripresa anche
dall'intera orchestra. Il violino varia le frasi musicali con volatine, ma sa anche cantare
poeticamente.
Ancora due temi contrastanti, e sempre omologabili motivicamente al resto della
composizione, appaiono nel variegato e più virtuosistico Finale, che inizia quasi con
un'improvvisazione del violino (gruppetti ascendenti) e che giunge alla Cadenza
accompagnata, cuore emotivo dell'intera composizione, dove compaiono melodie già
ascoltate in precedenza, come quella di Windflower. Nella Coda seguente Elgar, in una sorta
di ricapitolazione tematica, sigla ciclicamente il suo prezioso lavoro.
Fig. 35 - E. Elgar, Concerto per violino Op. 61, Incipit del I mov.
56
• JEAN SIBELIUS (1865-1957) è annoverato come massimo compositore della Finlandia e
– in generale – tra i maggiori compositori della storia della musica e della letteratura
violinistica. Con la produzione delle sue sinfonie e dei suoi poemi sinfonici raggiunse una
certa prossimità al mondo musicale contemporaneo della Musica Moderna. Non osò mai
varcare, però, tale confine, preferendo dopo qualche tempo di ritirarsi definitivamente
dall’attività compositiva: nonostante la sua popolarità, negli ultimi trent’anni della sua vita
non compose quasi nulla.
Il Concerto in Re minore per violino e orchestra Op. 47 di Jean Sibelius figura tra i
massimi capolavori della letteratura violinistica. Numerosi sono stati infatti i solisti di
grande fama, tra cui David Oistrakh, Isaac Stern, Henryk Szeryng, Pinchas Zukerman,
Christian Ferras, Ruggiero Ricci, Salvatore Accardo, Maxim Vengerov e Leonid Kavakos,
ad averlo inserito nel proprio repertorio.
Abile violinista, Sibelius dedicò molto tempo alla stesura della partitura, difficile ed assai
laboriosa per il compositore finlandese. Il manoscritto custodito a Helsinki si presenta infatti
vergato da numerose cancellature e correzioni.
Il travaglio creativo del Concerto in Re minore Op. 47 può essere ben compreso se si tiene
presente che, con questa partitura - che costituisce la sua unica esperienza concertistica, a
parte alcuni brevi brani minori - Sibelius si trovò di fronte all'esigenza di conciliare due
fattori difficilmente conciliabili; da un lato la lunga e illustre tradizione del Concerto
romantico, in cui il virtuosismo doveva trovare il suo spazio adeguato, dall'altro il proprio
personale stile compositivo, in cui l'idea del neoprimitivismo, di una sobrietà e profondità di
pensiero, rifletteva una rivendicazione di identità culturale per la Finlandia. Eppure il
Concerto di Sibelius si muove in sostanziale equilibrio fra queste due componenti, con un
materiale tematico di atmosfera nordica inequivocabilmente sibeliusiana, e con una scrittura
violinistica di grande impegno, che stabilisce un rapporto di intima solidarietà con la
compagine orchestrale.
Gran parte dell'originalità della partitura è inoltre legata certamente alla sua concezione
formale, che rielabora secondo una interpretazione fortemente personale gli schemi classici.
Ne analizzeremo i tratti essenziali.
1. Allegro moderato: si apre con una breve introduzione degli archi in tremolo cui segue
immediatamente l’entrata del solista che presenta il tema principale, caratteristico per il
suo ampio respiro e la grande espressività. Il secondo tema, più marcato e vigoroso del
precedente, è esposto dagli archi, mentre il terzo ha un tono malinconico e dolente ed è
presentato nuovamente dal solista. I tre temi si susseguono secondo un andamento
rapsodico; al posto del convenzionale sviluppo compare la brillante cadenza, composta
dallo stesso compositore anziché essere affidata all’estro del solista.
Fig. 36 - J. Sibelius, Concerto per violino Op. 48, Incipit del I mov.
57
2. Nel secondo movimento Adagio di molto Sibelius sembra voler affidare al solista
momenti di grande cantabilità e intenso lirismo più che di audace, spericolato
virtuosismo. Dopo una breve introduzione dei fiati sostenuta dal rullo del timpano, il
violino espone il tema principale dal tono grave e severo; lo svolgimento del movimento
segue una forma tripartita A-B-A' in cui nella prima parte la melodia è affidata al violino
solista con l’accompagnamento all’orchestra, mentre nella ripresa, alquanto variata, le
parti si invertono.
Fig. 37 - J. Sibelius, Concerto per violino Op. 48, Incipit del II mov.
3. Fortissimo è il contrasto con l'apertura del finale, un Allegro ma non tanto che vede il
violino sviluppare un tema fortemente ritmico e incisivo su un accompagnamento di
timpani e degli archi gravi che ha un carattere rituale e primitivo; ma subito il solista si
lancia verso passaggi di pronunciato virtuosismo. E questo finale, in una libera forma di
Rondò, è interamente segnato dall'elemento ritmico e da quello virtuosistico. Si tratta di
un esito sul quale si scaricano positivamente le forti tensioni che hanno attraversato la
partitura in tutte le sue complesse evoluzioni; ma soprattutto il movimento segna al più
alto grado quella conciliazione degli opposti che costituisce il problema compositivo più
arduo dell'intero Concerto.
Fig. 38 - J. Sibelius, Concerto per violino Op. 48, Incipit del III mov.
58
§ 5.3 Altri autori di Concerti per violino tra ‘800 e ‘900
Consideriamo ora altri autori di Concerti per violino e orchestra vissuti a cavallo tra Ottocento e
Novecento. Durante questo periodo la forma concerto sarà portata alla sua ultima evoluzione47,
ovvero quella del Concerto Moderno vero e proprio, di cui si parlerà nei paragrafi successivi.
Il Concerto in Re minore per violino e orchestra Op. 14, scritto nel 1879, è in un solo
movimento e viene classificato come un'opera incompleta48. Formalmente esso risponde allo
schema del concerto (esposizione-sviluppo-ripresa), ma contiene tre temi, di cui i primi due
sono proposti nell'introduzione orchestrale e il terzo poco prima dello sviluppo.
Nello sviluppo si riascoltano i tre temi, giocati fra il tremolo degli archi, lo staccato dei fiati
e le figurazioni virtuosistiche del violino. Segue la ripresa, in cui si ascoltano gli stessi
episodi dell'esposizione fino a giungere ad una coda di particolare brillantezza sonora.
47
L’ultima evoluzione di questa forma compositiva, insieme ad altre tradizionali, comporterà la scomparsa di
esse. Nell’ultima parte del ‘900, infatti, prenderanno il sopravvento nuovi stili e nuovi, inediti, linguaggi che
porteranno la musica ad un punto di non ritorno.
48
Il secondo movimento è andato distrutto. Il terzo movimento pare non sia stato mai terminato.
59
caratteristico diatonismo a base modale di cui Bartok si varrà abbondantemente in
seguito, il Concerto consta di due tempi: un monotematico Andante sostenuto di
introduzione ed un esteso Allegro giocoso rapsodicamente intramezzato da episodi di
andamento più lento (Meno allegro e rubato - Poco più sostenuto - Molto sostenuto).
49
Assistiamo anche qui, come detto in precedenza, al progressivo sfaldamento della classica struttura del
concerto.
60
violinista francese Robert Soëtens con l'Orquesta Sinfónica de Madrid diretta da
Enrique Fernández Arbós.
• ERICH W. KORNGOLD (1897-1957) nacque in una famiglia ebrea, figlio del critico
musicale Julius Korngold. Gustav Mahler, dopo averlo incontrato, disse di lui: "è un genio
musicale". Nonostante l'apprezzamento del pubblico e la popolarità acquisita, Korngold per
molti anni fu avversato dalla critica. Negli Stati Uniti compose diverse colonne sonore per
film che sono state riconosciute universalmente colte nel loro genere. Per il resto della sua
vita si dedicò alla scrittura di musica colta in un ricco e cromatico stile tardo romantico,
culminato nel Concerto per violino, sicuramente il migliore dei suoi ultimi lavori.
61
per balletti e, soprattutto, per film. Šostakovič è stato infatti uno dei più prolifici autori
di musiche per pellicole della Russia sovietica.
Il Concerto n.1 in La minore Op. 77 per violino e orchestra non si rifà ai
lineamenti architettonici della forma della sonata sinfonica ma piuttosto, almeno nei
suoi aspetti esteriori, ai modelli delle antiche suites strumentali. Non soltanto per
l’essere strutturato in quattro tempi anziché nei tre tradizionali, quanto per i titoli e
quindi per il carattere degli stessi quattro movimenti; occorre però anche aggiungere
che, malgrado questo schema compositivo, il concerto nella sostanza non si discosta
dal tradizionale tipo di concerto solistico basato su un dialogo tra strumento e
orchestra dal quale il primo trae ampiamente profitto per esplicare le sue virtualità
espressive e tecniche.
Il Concerto n. 2 in Do# minore Op. 129 si inserisce nel dialettico rapporto tra
tradizione e innovazione. Non per nulla fin dalla sua divisione in tre tempi questo
Concerto si avvicina ai modelli della grande musica romantica; non per nulla la
semplicità dei mezzi espressivi (nell'orchestra mancano trombe e tromboni) e della
scrittura, ripropone i modelli ottocenteschi; non per nulla il primo tempo ha, secondo
le regole della tradizione, la forma di sonata. Qui l’elemento tradizionale prende
dunque il sopravvento sull’innovazione.
• BENJAMIN BRITTEN (1913-1976) occupa una posizione di rilievo nel panorama della
musica contemporanea, perché non è soltanto il più importante compositore inglese apparso
dopo Purcell, ma resta uno dei pochi musicisti di livello europeo che abbia lasciato il segno
nel corso del suo cammino artistico, senza mai piegarsi alle mode estetiche e farsi
coinvolgere negli sperimentalismi effimeri e transeunti. Anche se è difficile poter catalogare
con una espressione verbale sintetica la personalità di questo musicista, si può dire che egli
possa qualificarsi un eclettico, nel significato più nobile e meno limitativo della parola.
Britten riesce a contemperare dentro di sé il vecchio e il nuovo, il passato e il presente al
fine di realizzare un linguaggio del tutto personale e comprensibile a tutti. Nessuno più di lui
è stato in grado di rivisitare forme arcaiche o classicheggianti, senza rimanere tuttavia
invischiato entro schemi precostituiti.
Il Concerto per violino e orchestra Op. 15 scritto tra il 1939 e il 1940 appartiene a quel
gruppo di lavori meno conosciuti di Britten, ma non per questo meno interessanti e
indicativi della sensibilità e della forza inventiva del musicista britannico.
Il primo movimento (Moderato con moto) si apre su un ritmo leggero della percussione,
quasi ad annunciare l'intervento rapsodico e lirico del violino, affidato ad un tema
ambivalente, ora ostinato e ora sinuoso, simile ad una dolce cantilena. Il successivo Vivace è
una danza di fresca e sfrenata gioiosità. Il concerto si conclude con la Passacaglia, un
andamento processionale largo e solenne su cui si erge pura e limpida la melodia del violino,
come un'assorta e solitaria contemplazione di intima vibrazione romantica.
L’ultima, forse, vibrazione romantica. Dopo Britten infatti la musica vedrà protagonisti nuovi
impensabili orizzonti, di cui saranno percorsi i tratti essenziali nei prossimi paragrafi.
62
§ 5.4 L’atonalità e la dodecafonia di Schönberg e Berg
All’inizio del secolo, accanto alle correnti tradizionaliste, che proseguono nel solco della
produzione ottocentesca, esplode l’avanguardia, rappresentata soprattutto da tre movimenti:
- l’Espressionismo, derivato dal tardo romanticismo, caratterizzato da un’estrema libertà espressiva
e formale;
- la Dodecafonia, reazione a tale libertà tramite la teorizzazione di un nuovo sistema fondato da
Arnold Schönberg, massimo esponente della “Seconda Scuola di Vienna”;
- il Neoclassicismo50, un netto rifiuto dell’enfasi romantica in favore del recupero dell’arte
“misurata” e cristallina del Settecento. Inaugurato dal russo Igor Stravinskij, interessa soprattutto
l’area francese.
Nel 1908, ad opera del celebre compositore viennese Arnold Schönberg (1874-1951), si aprì una
strada che si rivelò gravida di futuro: egli si sentiva tenacemente legato alla tradizione musicale
austro-tedesca, ma la rielaborò in maniera del tutto personale. Poi il passaggio alla atonalità:
scompare il sistema tonale, d’ora in poi il trattamento della dissonanza sarà libero, sciolto da ogni
obbligo di risoluzione e preparazione (emancipazione della dissonanza). Non scompare però
l’espressione, e infatti Schönberg è considerato sì l’esponente della Nuova Musica novecentesca,
ma non staccato completamente dall’Espressionismo.
E infatti la visione angosciosa della realtà, dolorante e quasi allucinata, viene espressa da Schönberg
con la dissonanza trattata liberamente, non senza critiche51.
Risale al soggiorno negli Stati Uniti il suo unico Concerto per violino e orchestra Op. 36 (1936),
di grande difficoltà tecnica e musicale. Il Concerto presenta una rigorosa scrittura dodecafonico-
seriale. La tematica serie fondamentale viene esposta alternativamente dal solista e dall'orchestra e
sviluppata successivamente con molto slancio dal violino solo nella sua forma originaria e in quella
inversa. L'estrinseco taglio formale dell'opera mostra la tradizionale partizione in tre movimenti. Il
primo, Poco allegro, presenta qualche affinità con il modello formale del classico tempo di sonata.
Vi si alternano severi passi tematici ed episodi brillanti che culminano in una Cadenza seguita da
una Coda conclusiva. Il secondo tempo, Andante grazioso, ha la forma di Lied. La terza ed ultima
parte è un Allegro di carattere marziale. Come il primo tempo, così anche questo Finale termina con
una Cadenza del solista e una Coda.
50
Cfr par. 5.5.
51
Strauss dirà “farebbe meglio a fare altro piuttosto che imbrattare carta pentagrammata”. Durante una
prova di una sua composizione, invece, Mahler disse “Basta! Eseguite una triade di Do maggiore”.
52
La teorizzazione di questo sistema non gerarchico fu molto probabilmente dettato anche da motivazioni
storiche: Schönberg era infatti di origini ebree e – perseguitato – dovette trasferirsi negli Stati Uniti.
63
Fu scritto un anno prima invece il Concerto per violino e orchestra “alla memoria di un angelo”
di Alban Berg (1885-1935), allievo di Schönberg insieme ad Anton von Webern (1883-1945).
Ultima composizione di Berg, che morirà lo stesso anno, scritto per la morte di Manon Gropius,
figlia diciottenne del grande architetto Walter Gropius e della vedova di Mahler, Alma, il Concerto
è realizzato secondo la tecnica dodecafonica ma un'analisi unidirezionale appare impossibile perché
i vari episodi sono sia tonali sia seriali, altri sono solo tonali o solo seriali, altri né l'uno né l'altro.
I quattro movimenti sono raggruppati in due parti con una pausa tra secondo e terzo (Andante-
Allegretto, Allegro-Adagio): i tempi lenti e veloci sono invertiti e intensificati nel secondo paio di
movimenti.
L'esposizione del violino coincide con i suoni I, III, V e VII della serie utilizzata, che sono anche le
corde vuote dello strumento (Sol, Re, La, Mi), il che conferisce all'ingresso del solista un senso di
purezza assoluta, di rarefazione, una specie di sigillo che si imprime a fuoco nella memoria
dell'ascoltatore.
Le strutture simmetriche e le frasi ben equilibrate concorrono a fare di questa partitura un'opera
"facile" da comprendere nella quale il particolare ed il generale si svelano al primo ascolto. Sul
piano armonico è forse uno dei pochi esempi di musica seriale che punta sulla gradevolezza.
Fig. 39 - A. Berg, Concerto per violino “alla memoria di un angelo”, Incipit del I mov.
64
§ 5.5 Il Neoclassicismo di Stravinskij
La fine della Grande Guerra aveva lasciato un’Europa profondamente mutata e la politica culturale
del Terzo Reich, perseguitando l’arte “degenerata”, aveva costretto i suoi esponenti al silenzio o
all’esilio proibendo ogni esecuzione di musiche antiche o moderne in qualche modo collegabili con
l’ebraismo. La vita musicale tedesca si oscurò totalmente fino alla fine della guerra. La città di
Parigi, invece, non ebbe più rivali e fu destinata a dominare la cultura europea degli anni ’20.
E proprio in Francia nacque il Neoclassicismo, di cui fu grande esponente Igor Stravinskij (1882-
1971). Egli effettuò nella sua vita brusche svolte stilistiche lasciando interdetti pubblico e critica e
per questo fu accusato di eclettismo53. Tuttavia è doveroso considerare l’unitarietà di fondo della
produzione stravinskijana: il compositore ha sempre preso qualcosa di esistente smontandolo e
rimontandolo a modo proprio in maniera inedita.
1. La Toccata si apre con una delle più geniali invenzioni timbriche della letteratura
violinistica, una triade Re - Mi - La dilatata su uno spazio di due ottave e mezzo, che
rappresenta una sorta di marchio di fabbrica dell'intero Concerto, o per meglio dire, usando
l'espressione dell'autore, il suo “passaporto”. Oltre a inventare una sonorità del tutto nuova
per il violino, l'accordo mette in luce infatti un carattere armonico aperto, più che
dissonante, perché la sovrapposizione di un intervallo di nona e uno di undicesima ne
contiene in realtà altri tre, cruciali nel linguaggio contrappuntistico, di seconda, quarta e
quinta.
2. L'Aria I si sviluppa come una virtuosistica invenzione a due voci di forma tripartita, con al
centro un episodio contrastante dal punto di vista armonico ed espressivo.
53
Si è soliti dividere la produzione di Stravinskij in quattro fasi: periodo russo, periodo cubista, periodo
neoclassico o barocco, periodo dodecafonico.
54
Il dialogo tra il solista e l’orchestra richiama il Concerto in Re minore per due violini di J. S. Bach.
65
§ 5.6 Alle porte della modernità: Hindemith, Khachaturian, Rautavaara
«Siamo sempre alla ricerca di un mondo sonoro inaudito, ricco di possibilità, e ancora
praticamente sconosciuto» affermò Pierre Boulez55 (1925-2016).
Proprio questa inarrestabile ricerca caratterizza la musica del ‘900 e – in particolare – quella di fine
secolo: in questo periodo si offre dunque ai compositori la prospettiva più ampia di cui abbiano mai
goduto nella storia della musica, di una vastità quasi spaventosa. Si tratta però di una grave
responsabilità: creando nuove leggi, non bisogna dimenticare le proprie origini, non bisogna varcare
“i limiti della terra fertile”56.
Negli ultimi decenni del secolo nascono però nuove tendenze. Ricordiamo:
- la musica concreta, in cui si utilizza la registrazione su nastro magnetico di suoni e rumori
prodotti da apparecchiature elettroniche o provenienti dalla vita quotidiana;
- la musica aleatoria, in cui il principio di base è la casualità: l’opera d’arte non è più un’entità
definita dal compositore ed eseguita dall’interprete ma per realizzarla si utilizzano elementi
imprevedibili come il sorteggio, l’improvvisazione, le reazioni del pubblico, le decisioni
dell’esecutore. L’esponente di questa corrente fu John Cage (1912-1992).
- il minimalismo, che concepisce la composizione musicale come una ripetizione ossessiva di una
breve cellula sottoposta a variazioni graduali;
- la World Music, prodotto della globalizzazione, in cui si mescolano spunti musicali provenienti
da diverse parti del mondo, una vera e propria contaminazione.
E’ ben chiaro che – con l’avvento di queste nuove tendenze – la tradizionale visione della musica e
le sue forme vengono gradualmente a scomparire. Tra questi, ovviamente, anche il concerto per
strumento solista e orchestra.
Tuttavia le ricerche di nuova materia musicale isolerà i compositori del tempo: essi si renderanno
ben presto conto che il pubblico non li ha seguiti; l’inaudita e tanto desiderata libertà che si sono
conquistati a discapito della tradizione è stata pagata con un’insostenibile solitudine.
E’ doveroso però fare riferimento agli ultimi e più importanti Concerti per violino scritti nel ‘900
che occupano comunque un posto di rilievo nella storia della musica e nella letteratura violinistica.
55
Tendenze della musica recente, “La Revue Musicale”, 1957.
56
Autori come Boulez, Stockhausen (1928-2007), Cage (1912-1992) furono accusati di aver varcato i limiti
della terra fertile e, in generale, dell’eseguibilità.
66
essere considerato “futurista”. In questo filone “nuovo” si inserisce il suo unico Concerto
per violino e orchestra, scritto nel 1939. Strutturato in tre movimenti come da tradizione,
non mancano difficoltà tecniche, atonalità, linguaggi inediti e di difficile comprensione.
Il suo Concerto per violino57, scritto nel 1976-1977, conclude forse l’intera produzione di
concerti per violino solista e orchestra della storia della musica. Il percorso iniziato nel
lontano Barocco viene - ormai quasi ai giorni nostri, alle porte della modernità - portato
definitivamente a termine, non privo di notevoli stravolgimenti e variazioni.
57
Celebre è l’interpretazione di Hilary Hahn.
67
68
CONCLUSIONI
Il presente lavoro di tesi ha cercato di mettere in luce le sostanziali differenze che – nel corso dei
secoli – hanno determinato l’evoluzione del Concerto solistico, annoverato tra le forme compositive
più importanti della storia della musica.
Dopo la nascita del Concerto grosso nel corso del ‘600, grazie alla pratica di affidare parti di
maggior rilievo agli strumentisti più bravi, nasce il Concerto solistico. Esso prevede dunque uno
strumento solista, il protagonista, e un'orchestra che lo accompagna musicalmente dialogando
talvolta con il solista. Composto di tre parti (dette "tempi" o "movimenti"), prevede solitamente una
struttura basata su due movimenti veloci inframmezzati da un movimento lento. I primi concerti
barocchi per violino solista appaiono nell'Op. 6 di Giuseppe Torelli, ma fu Antonio Vivaldi a
portare questa nascente forma compositiva all’apice della perfezione insieme ai suoi contemporanei
come Tartini, Bach, Locatelli.
Parallelamente all’evoluzione dello strumento avviene la graduale evoluzione del repertorio e della
tecnica violinistica; già dalla seconda metà del ‘700 il Concerto solistico si consolida nella struttura
in tre movimenti con l’alternanza Tutti-Solo e con la realizzazione – generalmente del primo
movimento – in forma-sonata. All’orchestra d’archi di stampo barocco si aggiungono, durante il
Classicismo, anche strumenti a fiato. E’ a questo periodo che risalgono i capolavori – tra gli altri –
di Mozart, Haydn e Beethoven, l’ultimo dei classici e il primo dei romantici.
A cavallo tra ‘800 e ‘900 si sfalda anche la tradizionale struttura in tre movimenti: emblematica è la
Sinfonia Spagnola di Lalo in cinque movimenti, accanto a concerti che non presentano interruzione
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tra un movimento e l’altro come quello di Mendelssohn, Tchaikovsky e Glazunov, oppure realizzati
in un unico movimento come il Concerto n. 8 di Spohr e il Concerto n. 1 di Joachim, con
l’eliminazione dell’introduzione orchestrale o l’inversione dei tempi lenti e veloci, la realizzazione
della cadenza da parte dell’autore stesso inserita all’interno dei movimenti e non più alla fine.
Con il nuovo secolo, anche a causa delle due Guerre e di motivazioni storico-culturali, vengono
inaugurati – per rompere ogni legame con il passato - linguaggi inediti e di difficile comprensione
che, però, si affiancano a elementi tradizionali: molti autori del ‘900 rifiutano in toto le innovazioni
novecentesche e ritornano agli schemi classici.
Si è cercato di esaminare in maniera completa i maggiori Concerti solistici per violino composti
dalle origini ai giorni nostri, i relativi periodi storici, nonché i principali autori che dal ‘600 al ‘900
hanno arricchito con grandi capolavori – sia più conosciuti che meno – la letteratura violinistica e,
in generale, la produzione musicale.
Per la redazione di questo elaborato ci si è avvalsi dello studio di diversi manuali e testi (riportati
nella bibliografia), nonché di conoscenze pregresse, adeguate ricerche e analisi, consigli di esperti.
Data la vastità dell’argomento, la lunghezza del periodo e l’ingente mole della produzione
compositiva, non è stato possibile soffermarsi in maniera approfondita su tutti gli autori e su tutti i
Concerti per violino. Nonostante ciò, è stata ben messa in evidenza l’evoluzione della forma
concerto – oggetto dell’elaborato - anche attraverso analisi critiche, stilistiche, formali e strutturali
delle composizioni.
70
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio calorosamente il M° Maurizio Aiello, relatore della tesi, pietra miliare e punto di
riferimento del Conservatorio di Musica “Giuseppe Martucci” di Salerno, per i suoi preziosi
consigli e la sua immensa preparazione ed esperienza dimostrata con dedizione e passione sia
nell’arco del Triennio sia per la redazione di questo elaborato.
Ringrazio il M° Antonio Autieri, che ha spesso messo a disposizione con gentilezza la sua
esperienza e le sue conoscenze, i maestri Giusto Pappacena, Francesca Turano, Enrico Volpe, Anna
Dibattista e tutti gli altri docenti per le nozioni apprese grazie alla loro esperienza, preparazione e
umanità. Ringrazio infine il personale del Conservatorio e gli amici insieme a tutti coloro che mi
hanno sempre sostenuto.
71
BIBLIOGRAFIA
Carrozzo Mario, Cimagalli Cristina, “Storia della musica occidentale 1 – Dalle origini al
Cinquecento”, Armando Editore, 1997 Armando Armando S.r.l. – Roma;
Carrozzo Mario, Cimagalli Cristina, “Storia della musica occidentale 2 – Dal Barocco al
Classicismo viennese”, Armando Editore, 1998 Armando Armando S.r.l. – Roma;
Carrozzo Mario, Cimagalli Cristina, “Storia della musica occidentale 3 – Dal Romanticismo
alla musica elettronica”, Armando Editore, 1999 – Roma;
Pasquali Giulio, Principe Remy, “Il Violino – Manuale di cultura e didattica violinistica”,
Edizioni Curci, 1951 (r. 1979) – Milano;
Lajolo Massimo, Lipeti Elisabetta, “Musical – autori, generi e forme”, Paravia, 2006
Paravia Bruno Mondadori Editori – Volpiano (TO);
Ross Alex, “Il resto è rumore – Ascoltando il XX Secolo”, Bompiani, 2007 – Milano
https://it.wikipedia.org/ (web)
www.flaminioonline.it (web)
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APPENDICE
Sono qui raccolte le partiture relative alla parte esecutiva della tesi di Laurea.
Sarà riportato di seguito lo spartito del violino solista dei seguenti brani:
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