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il bimestrale di storia della roma grandiosa N°1 DA COLLEZIONE

CIVILTA
civiltà romana

ROM A NA PLINIO IL GIOVANE


Magistrato e scrittore,
precursore dei moderni

plinio il giovane racconta


I LUPANARI
LA DISTRUZIONE DI
POMPEI
Sesso, piacere e perversione
DISTRIBUTORE: PRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA E MULTIMEDIA S.R.L. - 20090 SEGRATE (MI) - TARIFFA R.O.C.-POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – MBPA/LO-NO/155/A.P./2017- ART.1 COMMA1- S /NA

nei postriboli di Roma antica

79 d.C.

DALL’ACQUEDOTTO
AL RUBINETTO DI CASA
Il sistema idraulico:
un capolavoro d’ingegneria
(e politica) che funziona ancora

CON ANCHE
I TESTI
ORIGINALI
LATINI

IL PANCRAZIO, ROMA E LA CINA:


L’ANTICO WRESTLING IMPERI GEMELLI
Una disciplina sportiva Come si conobbero e si
fra lotta e pugilato, frequentarono i due
in cui anche i colpi più grandi Stati
proibiti erano permessi del mondo antico
SOMMARIO
6 Confronti
La Cina vicina a Roma

12 Sport
Pancrazio, il wrestling degli antichi

18 Cover Story
Plinio il giovane racconta la distruzione di Pompei, 79 d.C.

28 Miti e riti
Giano, il dio dai due volti

30 Eros
I lupanari, vizio e lussuria

36 Gli scudi dei legionari


Militaria

42 Curiosità
Il silfio che si estinse per colpa dei golosi

44 Storia segreta
Lo spionaggio nell’antica Roma

52 Meraviglie
La bizzarra piramide di Cestio

56 La cacciata di Tarquinio il Superbo


Protagonisti

60 Vita quotidiana
La caliga, scarpa usa e getta

62 Vita pubblica
Il cursus honorum, fare carriera politica a Roma

68 Tecnologia
Gli acquedotti: dalla fonte al rubinetto

74 Viaggi e mete
Vindolanda, un fortino legionario in Britannia

76 Cucina
Il garum, salsa universale
PROSSIMO
NUMERO
78 Eventi e rievocazioni IN EDICOLA
IL MBRE
81 Libri, mostre, film SETTE
QUESTA CARTA
RISPETTA
82 Simboli
La folgore di Giove e delle legioni L’AMBIENTE

CIVILTÀ ROMANA 5
COVER STORY

POMPEI 79 d.C.
Mentre il Vesuvio scatenava il suo inferno di polveri incandescenti, fumi
e fiamme , Plinio il Vecchio, naturalista e ammiraglio, si spingeva
verso il disastro per studiarne la natura. Suo nipote, Plinio
il Giovane, ne raccontò la morte in due lettere scritte a Tacito

di Elena Percivaldi

CIVILTÀ ROMANA 19
PLINIO IL GIOVANE RACCONTA LA DISTRUZIONE DI POMPEI, 79 D.C.

L’
MORTE VIVA estate, per gli antichi Romani, entrava to da Cerere, dea delle messi e della fecondità,
Sotto, i colonnati nel vivo alla fine di agosto. In quel pe- presso il cui santuario, il giorno successivo, ve-
e gli edifici di riodo si celebravano alcune importanti niva aperto il mundus, la fossa circolare che si
Pompei si stagliano festività agresti che riconducevano al mon- credeva mettesse in contatto il mondo dei vivi
contro il profilo del do contadino arcaico e alle poten- con quello dei morti, che rivelavano
Vesuvio, a circa 10 ze sotterranee che si riteneva agli uomini i loro segreti. Così
km dalla città. Nel governassero il mondo. Il 23 “mundus patet”, il mondo si
tondo, affresco con agosto toccava ai Volcana- spalancava, e i riti di purifi-
l’immagine di una lia: uomini e donne si ra- cazione che si celebravano
donna che scrive, dunavano intorno al Vol- introducevano all’Opalia,
catalogato come ri- canal, l’altare di Vulcano la festa che metteva al ri-
tratto della poetessa situato fuori dal recinto paro i raccolti e garantiva
Saffo. Nella pagina sacro del pomerio (il pe- prosperità alla comunità
a fronte, l’eruzione rimetro di Roma tracciato e all’impero, preservandoli
in un quadro sette- da Romolo), per onorare il da fame e carestie.
centesco di Joseph dio del fuoco distruttivo, che Nell’agosto del 79 d.C.,
Wright of Derby. a differenza del fuoco domestico però, le divinità telluriche par-
(incarnato dalla rassicurante dea Ve- vero più presenti del solito. Nell’area
sta), se non viene governato arde e divora ogni campana intorno al Vesuvio la terra tremava
cosa senza controllo. Nelle campagne, il rito sempre più spesso e un flebile rumore, simile a
continuava con i contadini che accendevano un muggito, echeggiava a tratti in lontananza.
falò per celebrare l’inizio del raccolto, propizia- Pochi anni prima, nel 62, alle pendici del mon-

20 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY

te un grosso terremoto aveva distrutto diverse


case, ma i contadini non si erano persi d’ani-
mo e avevano prontamente rimesso in sesto i
loro tuguri, volendo continuare a sfruttare il
clima assolato e la fertilità dei campi. I ricchi IL “MISTERO” DELLA DATA:
patrizi, dal canto loro, avevano ricostruito ville
più lussuose di quelle distrutte: Stabia, Pom- 24 AGOSTO O 24 OTTOBRE?
pei, Ercolano erano località esclusive e ambite,
e non si poteva certo rinunciare con leggerezza
agli ozi campani o al panorama mozzafiato che
si godeva dalla costa, sul cui sfondo si stagliava
L a data dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è attestata da
una delle due lettere scritte da Plinio il Giovane a Tacito. Nella
variante del manoscritto ritenuta più attendibile si legge “nonum
il cono del vulcano ormai silente da secoli. kal. Septembres”, cioè nove giorni prima delle Calende di set-
tembre, giorno che corrisponde al 24 agosto.
UN POMERIGGIO TRAGICO Tuttavia alcuni dati archeologici hanno fatto sollevare dei dub-
Il 24 agosto (ma sulla data c’è incertezza), in- bi: la frutta secca carbonizzata e il mosto in fase di invecchia-
torno all’una del pomeriggio, con un terribile bo- mento, trovato sigillato nei contenitori, suggerirebbero che l’e-
ato il Vesuvio si svegliò all’improvviso. Il magma vento sia avvenuto in autunno, così come la presenza di bracieri,
in risalita incontrò le falde acquifere innescando usati di solito per il riscaldamento. Inoltre, una moneta emersa a
una serie di esplosioni a catena, e la pressione Pompei è datata alla quindicesima acclamazione di Tito a impe-
generata liberò nell’aria una gigantesca colonna ratore, avvenuta dopo l’8 settembre del 79. È quindi probabile
di gas, ceneri, pomici e frammenti litici che, in che il giorno dell’eruzione sia stato il 24 ottobre, e che l’indica-
poche ore, si alzò maestosa sul monte per oltre › zione contenuta nel manoscritto sia frutto di un errore del copista.

CIVILTÀ ROMANA 21
PLINIO IL GIOVANE RACCONTA LA DISTRUZIONE DI POMPEI, 79 D.C.

rasse immediatamente una liburnica (una nave


da guerra veloce, munita di sperone e con due
ordini di remi) e mi offrì la possibilità di andare
con lui se solo lo avessi desiderato». Ma il ragaz-
zo, che all’epoca non aveva nemmeno 18 anni,
non si rese conto di quello che stava per succe-
dere e preferì restare a Miseno, continuando a
leggere gli scritti di Tito Livio, che lo stesso zio
gli aveva raccomandato di studiare.
Mentre il naturalista usciva di casa, un inser-
viente gli andò incontro consegnandogli una let-
tera di Rectina, una matrona con cui aveva una
relazione e la cui villa si trovava sulla spiaggia sot-
to il vulcano. Terrorizzata, la donna lo pregava di
intervenire subito per portarla in salvo. A quel
punto, Plinio cambiò progetto e quella che era
una missione scientifica si trasformò in un’im-
presa umanitaria. L’urgenza era quella di mettere
a disposizione le imbarcazioni e recarsi sul posto
a soccorrere ed evacuare quanta più gente pos-
sibile. Mentre la flotta si avvicinava, la cenere
cadeva sulle navi sempre più calda e densa. L’e-
quipaggio era esposto a una sassaiola di pomici e
pietre nere, corrose e spezzate dal fuoco. Una fra-
na della montagna impedì a Plinio di accostarsi
al litorale, ma non bastò a scoraggiarlo: al pilota,
che gli suggeriva di tornare indietro, intimò di
dirigersi verso Stabia, dalla parte opposta del gol-
fo, dove si trovava la casa dell’amico Pomponia-
QUEL CHE RESTA 20 km intorno. Uno dei primi a notarla fu Gaio no. «Fortuna iuvat», la fortuna aiuta gli audaci,
Al centro, il cane di Plinio Secondo, detto il Vecchio, che si trovava a disse: lì avrebbe trovato un approdo e un
un antico pompe- Miseno (non lontano da Pompei) con il nipote riparo, e studiato la situazione con calma.
iano, morto, come Plinio il Giovane come comandante della flotta
il padrone, durante imperiale, istituita da Augusto per sorvegliare PIOGGIA DI LAPILLI
l’eruzione. La la parte occidentale del Mediterraneo. Con Intanto, però, l’eruzione continua-
posizione acciam- l’occhio del naturalista (era autore del- va e la pioggia di cenere e lapilli cadeva
bellata dell’ani- la monumentale Naturalis historia, senza sosta. Nelle città alle pendici del
male testimonia la summa del sapere scientifico Vesuvio regnava il panico e le strade
sofferenza patita. dell’epoca), Plinio capì che brulicavano di gente terrorizzata
Sopra, il particolare quell’enorme nuvola a for- che non sapeva che cosa fare.
di un affresco stra- ma di pino marittimo era La terra a tratti tremava e
ordinariamente ben parte di un fenomeno il Vesuvio risplendeva delle
conservato della straordinario. Il suo larghe strisce di fuoco degli
Villa dei Misteri, istinto gli disse che do- incendi che emettevano alte
uno dei luoghi più veva studiarla, così par- vampate. I bagliori e la luce
visitati degli scavi tì immediatamente per aumentavano man mano che il
di Pompei. osservarla da vicino. sole si avviava al tramonto. Plinio giunse da
Trent’anni più tardi, pro- Pomponiano e lo trovò spaventato, intento
prio Plinio il Giovane, scrivendo all’amico e sto- a fare i bagagli. Lo abbracciò e cercò di confor-
rico Publio Cornelio Tacito, avrebbe narrato con tarlo. Pur di tranquillizzarlo fece un bagno, si
dovizia di particolari l’ansia febbrile provata dallo sedette con lui a tavola e cenarono.
zio in quei momenti: «Ordinò che gli si prepa- Con il calare delle tenebre, l’attività del vul- ›

22 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY

cano parve rallentare. A Pompei e Stabia comin- aveva ricominciato a cadere e ricoprì tutto di DEE E AMORI
ciò a diffondersi la voce che il peggio era passato, una lugubre coltre grigia. La terra riprese a tre- Nel tondo, Venere
gli dei si erano quietati ed erano tornati propizi: mare e i palazzi a squassarsi. Plinio fu svegliato e Marte in un
il pericolo era ormai cessato. Qualcuno era riu- dalle urla: il cortile della villa era ormai ostruito affresco della casa
scito ad allontanarsi o a salpare, ma la gran dai detriti, e se si fosse indugiato ancora di Marco Lucrezio
parte degli abitanti era rimasta, per- sarebbe stato impossibile fuggire. Frontone, uno degli
ché esitava a lasciare la propria Che cosa fare? Restare al riparo uomini più potenti
casa. Tranquillizzati, in molti in casa e attenderne l’inelut- della città e pro-
rientrarono per recuperare tabile crollo trovando la babile parente di
denaro e oggetti preziosi, morte sotto le macerie, Tito Lucrezio Caro,
preparandosi comunque a oppure uscire allo sco- autore del poema
trascorrere una notte che, perto, sfidando il fumo filosofico De rerum
nonostante la terra tremas- e la tempesta di lapilli natura. All’interno
se di continuo, speravano che schizzavano dal cielo dell’abitazione sono
serena dopo gli affanni e come schegge impazzite? state ritrovate intatte
il terrore provato durante il magnifiche pitture.
giorno appena terminato. Fu IN CERCA DI SALVEZZA Sotto, la morte di
una trappola mortale. All’alba, Gli uomini si guardarono negli Plinio il Vecchio
l’attività del Vesuvio riprese con ecce- occhi, in silenzio, il terrore era pal- sulla spiaggia di
zionale vigore e gli abitanti di Pompei e Sta- pabile. Qualcuno singhiozzava mestamente, Stabia, dov’era
bia furono sorpresi, chi nel sonno e chi appena chinando il capo. Alla fine si decise: tutti fuori, approdato.
sveglio, da una nuova ondata di cenere e lapilli. a sfidare la sorte. «Fortuna iuvat», ripeté Plinio
Nella villa di Pomponiano, Plinio si era corica- come un mantra. Si arraffarono cuscini e pezzi
to per la notte e si era addormentato profonda- di stoffa, e con questi copricapo improvvisati si
mente, tanto che gli altri, non riuscendo a chiu- lasciò la villa, avventurandosi nella tormenta di
dere occhio, lo sentivano russare fino in cortile. cenere. Era l’alba, ma il sole si era rifiutato di
Come neve sporca, la cenere mista a pomice sorgere: il cielo era buio e nero come pece. ›
Continua a pag. 26

LO SCHELETRO DI PLINIO

D estò grande scalpore, all’inizio Novecento, il ritrovamento, presso la foce del Sarno, di 73
scheletri che appartenevano a persone morte durante l’eruzione. Alcuni di loro avevano con sé
piccole borse di monete, ma uno, isolato rispetto agli altri, indossava diversi gioielli, tra i quali un
bracciale a forma di serpente, una collana d’oro e un anello con due teste di leone. Inoltre aveva
un gladio dall’elsa d’avorio ornata di conchiglie dorate. Alcuni di questi attributi erano chiaramen-
te di carattere militare, il che ha
fatto supporre di trovarsi di fron-
te allo scheletro di Plinio il Vec-
chio, morto durante le operazio-
ni di soccorso alle popolazioni
colpite dalla sciagura.
Il presunto “teschio di Plinio”
è oggi conservato nel Museo
Storico dell’Arte sanitaria di
Roma, in attesa di uno sponsor
che gli permetta di essere stu-
diato dalla stessa équipe che si
è occupata di Ötzi, la celebre
mummia del Similaun.

CIVILTÀ ROMANA 23
PLINIO IL GIOVANE RACCONTA LA DISTRUZIONE DI POMPEI, 79 D.C.

LO STUDIOSO
Busto di Plinio il
Vecchio (23-79
d.C.). Scienziato e
scrittore, scrisse la
Naturalis historia,
che con i suoi 37
libri costituisce
una vera summa
delle conoscenze
dell’epoca.

LA MORTE DI PLINIO IL VECCHIO


NELLE LETTERE DI PLINIO IL GIOVANE A TACITO

P etis, ut tibi avunculi mei exitum


scribam, quo verius tradere
posteris possis. Gratias ago;
Mi chiedi che io ti esponga la morte di mio
zio, per poterla tramandare con una mag-
giore obiettività ai posteri. Te ne ringrazio,
nam video mortis eius, in quanto sono sicuro che, se verrà cele-
si celebretur a te, brata da te, la sua morte sarà destinata a
immortalem gloriam gloria immortale.
esse propositam.
Era a Miseno e teneva personalmente il
Erat Miseni comando della flotta. Il 24 agosto, verso
classemque l’una del pomeriggio, mia madre lo informò
imperio praesens che spuntava una nube fuori dell’ordinario
regebat. Nonum sia per la grandezza sia per l’aspetto.
Kal. Septembres
hora fere Si elevava una nube, ma chi guardava
septima mater da lontano non riusciva a precisare da
mea indicat quale montagna [si seppe poi che era il
ei apparere Vesuvio]: nessun’altra pianta meglio del
nubem inusitata et pino ne potrebbe riprodurre la forma.
magnitudine et specie.
Nella sua profonda passione per la
Nubes, incertum procul scienza, lo considerò un fenomeno molto
intuentibus, ex quo monte importante e meritevole di essere studiato
(Vesuvium fuisse postea più da vicino.
cognitum est), oriebatur,
cuius similitudinem et Si affrettò colà donde gli altri fuggivano
formam non alia magis e puntò la rotta e il timone proprio nel cuo-
arbor quam pinus re del pericolo, così immune dalla paura
expresserit. da dettare e annotare tutte le evoluzioni e
tutte le configurazioni di quel cataclisma,
Magnum propiusque come riusciva a coglierle successivamente
noscendum, ut con lo sguardo.
eruditissimo viro,
visum. Iubet Oramai, quanto più si avvicinavano, la
liburnicam aptari. cenere cadeva sulle navi sempre più calda
e più densa, vi cadevano ormai anche po-
Properat illuc, unde alii mici e pietre nere, corrose e spezzate dal

24 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY

fugiunt, rectumque cursum, recta fuoco, ormai si era creato un bassofondo LO STORICO
gubernacula in periculum tenet improvviso e una frana della montagna im- Testa in bronzo di
adeo solutus metu, ut omnis pediva di accostarsi al litorale. Tito Livio (59 a.C.-
illius mali motus, omnis figuras, 17 d.C.): mentre lo
ut deprenderat oculis, dictaret Dopo una breve esitazione, al pilota che zio moriva a Stabia,
enotaretque. Iam navibus cinis gli suggeriva di ripiegare all’indietro, tosto Plinio il Giovane
incidebat, quo propius accederent, replicò: «La fortuna aiuta i prodi; dirigiti leggeva le sue
calidior et densior, iam pumices sulla dimora di Pomponiano». opere a Miseno,
etiam nigrique et ambusti et fracti risparmiata dalla
igne lapides, iam vadum subitum Nel frattempo dal Vesuvio risplendevano in furia del vulcano.
ruinaque montis litora obstantia. molti luoghi larghissime strisce di fuoco e
incendi che emettevano alte vampate, i cui
Cunctatus paulum, an retro bagliori e la cui luce erano messi in risalto
flecteret, mox gubernatori, ut ita dal buio della notte.
faceret, monenti «fortes», inquit,
«fortuna iuvat, Ponponianum pete!». Infatti, sotto l’azione di frequenti ed enor-
mi scosse, i caseggiati traballavano e,
Interim e Vesuvio monte pluribus come se fossero stati sbarbicati dalle loro
locis latissimae flammae altaque fondamenta, lasciavano l’impressione di
incendia relucebant, quorum fulgor sbandare ora da una parte ora dall’altra
et claritas tenebris noctis excitabatur. e poi di ritornare in sesto. D’altronde all’a-
perto cielo c’era da temere la caduta di
Nam crebris vastisque tremoribus pomici, anche se erano leggere e corrose;
tecta nutabant et quasi emota tuttavia il confronto tra questi due pericoli
sedibus suis nunc huc, nunc illuc indusse a scegliere quest’ultimo.
abire aut referri videbantur.
Sub dio rursus quamquam levium Altrove era già giorno, là invece era una
exesorumque pumicum casus notte più nera e più fitta di qualsiasi notte,
metuebatur; quod tamen quantunque fosse mitigata da numerose fiac-
periculorum collatio elegit. cole e da luci di varia provenienza. Si trovò
conveniente di recarsi sulla spiaggia e osser-
Iam dies alibi, illic nox omnibus vare da vicino se fosse già possibile tentare il
noctibus nigrior densiorque, quam viaggio per mare; ma esso perdurava
tamen faces multae variaque lumina ancora sconvolto e intransitabile.
solabantur. Placuit egredi in litus et
ex proximo adspicere, ecquid iam Colà, sdraiato su di un pan-
mare admitteret, quod adhuc vastum no steso a terra, chiese a due
et adversum permanebat. riprese dell’acqua fresca e ne
bevve. Poi delle fiamme e un
Ibi super abiectum linteum odore di zolfo che preannun-
recubans semel atque iterum frigidam ciava le fiamme spinsero gli
poposcit hausitque. Deinde flammae altri in fuga e lo ridestarono.
flammarumque praenuntius odor
sulpuris alios in fugam vertunt, Quando riapparve la luce
excitant Illum. del sole (era il terzo giorno
da quello che aveva visto per
Ubi dies redditus (is ab eo, ultimo) il suo cadavere fu ritrova-
quem novissime viderat, tertius), to intatto, illeso e rivestito degli
corpus inventum integrum, inlaesum stessi abiti che aveva indossati:
opertumque, ut fuerat indutus: la maniera con cui si presentava
habitus corporis quiescenti quam il corpo faceva più pensare a uno
defuncto similior. che dormisse che non a un morto.

CIVILTÀ ROMANA 25
PLINIO IL GIOVANE RACCONTA LA DISTRUZIONE DI POMPEI, 79 D.C.

IL DRAMMA
NEGLI ULTIMI RITROVAMENTI

L a riscoperta di Pompei e delle altre città vittime dell’e-


ruzione cominciò nel Settecento. Da allora numerose e
ininterrotte campagne di scavo hanno riportato alla luce
non solo gli abitati, ma anche i dettagli del dramma.
Gli ultimi stanno emergendo nella Regio V di Pompei, fino-
ra mai toccata dalle indagini. Di recente sono stati ritrovati
dapprima lo scheletro e poi il cranio di uno dei fuggiaschi:
era un uomo di circa 35 anni e stava cercando di mettersi
in salvo fuggendo, ma venne travolto e schiacciato da un
grosso blocco di pietra, probabilmente smosso dalla furia
della nube piroclastica. Con sé portava un piccolo tesoret-
to di monete che gli avrebbero consentito di continuare a
vivere altrove. Un altro scheletro, stavolta di un bambino di
età compresa tra i 7 e gli 8 anni, è stato rinvenuto nell’area
delle Terme Centrali. I resti sono allo studio degli esperti e,
si spera, riveleranno altri dettagli sulle ultime drammatiche
ore delle città distrutte dall’eruzione.

Plinio, Pomponio e il loro di fuga che, però, non esisteva più. Plinio si alzò
gruppo si gettarono in stra- in piedi, sorretto da due schiavi. Pareva impo-
da, precedendo di un soffio la nente come una statua greca, ma poi stramazzò
fiumana di gente che correva, di nuovo a terra, stringendosi con le mani la gola
come un torrente in piena, ver- otturata. Il suo cadavere, ci racconta il nipote, fu
so la spiaggia. Giunti sul posto, ritrovato il giorno seguente, quando riapparve
provarono a scrutare il mare, la luce del sole: era intatto e rivestito degli stessi
ma gli elementi l’avevano in- abiti che aveva indossato alla partenza. Sembrava
grossato al punto che da Sta- dormisse ma, come decine di
bia le navi della flotta non altre persone che giaceva-
potevano più salpare. no un po’ più lontano,
Tutto era perduto. era morto.
Stremato, Plinio si Intanto, Plinio il
lasciò cadere a terra. Giovane se ne sta-
Chiese dell’acqua va a Miseno con
fresca, gliela porta- la madre. Dopo
rono e la bevve. In aver congedato lo
quel momento un zio, il ragazzo non
forte odore di zolfo si era messo in allar-
invase l’aria, prean- me, abituato com’e-
nunciando le fiamme che, ra alle sue stranezze di
spinte dalla pioggia di lapilli scienziato. Aveva dunque
ardenti, stavano ormai divoran- ripreso in mano le storie di Livio e si era mes-
do ogni cosa. Al puzzo mefitico so tranquillamente a leggere, senza badare
seguì una massa urlante e im- più di tanto alle scosse di terremoto, che in
pazzita, che si accalcava sulla Campania sono un fenomeno tutt’altro che
spiaggia alla ricerca di una via raro: notò soltanto che erano diventate più

26 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY

frequenti e più forti. Arrivò un amico dello


zio, dalla Spagna, e trovando il giovane e la
madre lì impalati si mise a gridare, esortan-
doli a scappare subito. I due si scossero dal
torpore. Usciti di casa, si trovarono inseguiti
da un’enorme ressa che incalzava e spingeva
nel tentativo di allontanarsi. Usciti, non si sa
come, da Miseno, furono paralizzati da un
tremendo spettacolo: i carri carichi di gente e
masserizie sbandavano per ogni dove, squas-
sati dalle continue scosse, e sulla spiaggia il
mare si “riavvolgeva” su se stesso, quasi arre-
trasse spinto dalla forza tellurica. Dalla parte
opposta, verso monte, una nube nera, lacera-
ta da lampeggianti soffi di fuoco, incombeva
sulla città come una gigantesca belva mostruo-
sa, emettendo fiamme simili a fulmini. L’ami-
co spagnolo, che fino a quel momento li aveva
seguiti, li esortò di nuovo a fuggire, ma Plinio
rispose di non poterlo fare senza avere prima
notizie dello zio. L’uomo, allora, li guardò in
silenzio, e senza nemmeno salutarli, scuotendo
il capo, volse le spalle e si dileguò.
Quando apparve la luce, tutto aveva una for- LA BASILICA
LA MORTE DAL CIELO ma nuova ed era coperto da una spessa coltre Sopra, la Basilica,
Poco dopo, la nube infernale piombò sulla di cenere, che rendeva il panorama monotono edificio pubblico
terra e ricoprì il mare. La madre di Plinio sup- e irreale. Gli abitanti di Miseno erano stati for- utilizzato sia come
plicò il figlio di mettersi in salvo, lasciandola al tunati, perché la maggior parte di loro, pur nel tribunale che come
suo destino; il ragazzo, però, non volle sentire terrore e nello sgomento, era scampata al dram- luogo di contratta-
ragioni e, presa la donna per mano, accelerò il ma ed era lì, ora, a vagare inebetita. Nessuno zioni commerciali.
passo, fuggendo con lei come animali braccati. sapeva che, poco lontano, Pompei era stata can- Nel tondo, un
Dietro, la nube di fumo li seguiva, impetuosa cellata dalla faccia della Terra. Né che Ercolano, affresco della Casa
come un torrente. Giunse finalmente la notte. rimasta defilata nelle prime fasi dell’eruzione, degli Amorini Do-
Un cielo basso, cupo di cenere e sen- era poi stata investita, per effetto del rati. Il proprietario
za stelle, riecheggiava dei pian- vento, dalla gigantesca colonna di era Gneo Poppeo
ti disperati delle donne e dei materiali che aveva iniziato a Habitus, imparen-
bambini e trasmetteva come collassare. Una nube ardente tato con Poppea,
un’eco le imprecazioni degli di gas, ceneri e vapore ac- seconda moglie
uomini, che si univano alle queo si era abbattuta con di Nerone. Nella
voci di chi cercava i figli, violenza inaudita sulla cit- pagina a fronte, il
il coniuge, i parenti. C’e- tà, vaporizzando all’istante calco di una delle
ra chi si lamentava di aver quanti si erano riversati vittime dell’eruzio-
perso tutto, chi si augurava all’aperto nel disperato ten- ne e, nel tondo,
la morte, chi, al contrario, la tativo di mettersi in salvo. Polifemo e Galatea
temeva. Molti alzavano le mani Chi era rimasto al riparo aveva in un affresco prove-
al cielo invocando gli dei, ma i più trovato una morte diversa, lenta e niente da Pompei o,
erano convinti di essere stati abban- ancora più atroce. Due giorni dopo, secondo altre fonti,
donati. Correvano notizie spaventose, spesso al tramonto, il Vesuvio tornò ad assopirsi e sul da Ercolano.
inventate e false, ma la gente ci credeva e pian- golfo di Napoli calò il silenzio. Pompei, Ercola-
geva, scuotendosi attonita la cenere di dosso. no, Stabia, Oplontis e le migliaia di anime che
Quella notte interminabile, per molti l’ultima le abitavano non c’erano più, sepolte sotto un
del mondo, si risolse alla fine in un’alba livida. milione di metri cubi di cenere.

CIVILTÀ ROMANA 27

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