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DIRETTORE
PAOLO NARDI
VICE-DIRETTORE
STEFANO PAGLIANTINI
COMITATO DI REDAZIONE
ROBERTO GUERRINI - PAOLO NARDI - MARIA LUISA PADELLETTI
ANDREA PISANESCHI - EVA ROOK
SEGRETARI DI REDAZIONE
GIANLUCA NAVONE – MARIO PERINI
FASCICOLO 1
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO
NEI SECOLI XII E XIII
PARTE II
GRAZIANO E L’APPARATO ORDINARIO AL DECRETUM
1
Per la trattazione di queste tematiche si rinvia a M. MORDINI, Aspetti della discipli-
na del feudo ecclesiastico nei secoli XII e XIII. Parte I. La feudistica da Pillio da Medicina
all’apparato ordinario, in “Studi Senesi”, CXXII (III serie, LIX), fasc. 2 (2010), pp. 208-285,
di cui il presente saggio costituisce il completamento.
2
Si insiste correttamente sul carattere privato della raccolta e, nel contempo, sullo
straordinario successo che essa ebbe nella scuola e nella pratica, tanto da indurre a indicar-
la come momento iniziale dell’epoca del diritto canonico ‘classico’ e a definire il suo autore
come ‘padre della scienza del diritto canonico’ (cfr. da ultimo P. LANDAU, Gratian and the
Decretum Gratiani, in History of Medieval Canon Law in the Classical Period, 1140-1234.
From Gratian to the Decretals of Pope Gregory IX, Edited by W. HARTMANN and K. PEN-
NINGTON, Washington, D.C., 2008, pp. 22-54, in particolare pp. 22-23). Le ragioni di questo
successo sono state così ‘efficacemente’ sintetizzate: il Decreto, “che tanto deve all’attua-
lissima tendenza scolastica alle distinzioni, fornì presto argomento e materia a una legione
di canonisti e divenne la Bibbia di quella cosiddetta canonistica classica o studio scientifico
del diritto canonico che si andava formando parallelamente alla scienza del diritto romano,
influenzando così la legislazione ecclesiastica successiva e acquistando un’importanza storica
immensa” (H. MORDEK, Dalla riforma gregoriana alla Concordia discordantium canonum
del Decretum concernenti il luogo della sua nascita, nonché i legami con gli
ambienti culturali e in particolare teologici dell’epoca5. Inoltre, Enrique De
León, riprendendo gli studi che negli ultimi anni hanno approfondito soprat-
tutto il tema delle fonti del Decretum e hanno privilegiato l’analisi dei ma-
noscritti che lo riproducono, ha avanzato nuove ipotesi circa la probabilità
che Graziano fosse vescovo, come già aveva prospettato il Kuttner6, e che
avesse stretti legami con il mondo transalpino, non solo per la partecipazione
al concilio di Reims del 1131 accanto a papa Innocenzo II, ma anche per la
conoscenza e l’utilizzazione della Glossa ordinaria alla Bibbia e di collezioni
quali la Panormia e la Tripartita di Ivo di Chartres e il Liber de misericordia
et iustitia di Algero di Liegi, tutti testi che verso gli anni Trenta del XII secolo
circolavano solo in alcune regioni dell’Europa centrale7.
Per quanto concerne la sua opera, se è ormai appurato che la raccolta
ha assunto la forma corrispondente al cosiddetto Decretum vulgatum entro
il 11508 e che tale veste costituisce il risultato di una formazione progressi-
5
Per le problematiche concernenti la biografia di Graziano e l’indicazione degli studi
relativi si rinvia ancora ai testi indicati supra, a nota 3. In ultima analisi, il luogo di nascita
si collocherebbe tra Chiusi e Orvieto, mentre la data di nascita risalirebbe alla fine del secolo
XI. Restano le incertezze sull’appartenenza all’ordine dei Camaldolesi, che risulta da una
tradizione assai tarda (inizi del XVIII secolo), e sull’attività svolta nel monastero dei Ss. Felice
e Naborre di Bologna, città nella quale Graziano fu attivo a lungo.
6
S. KUTTNER, Research on Gratian: Acta and Agenda, in Proceedings of the Seventh
International Congress of Medieval Canon Law (Cambridge, 23-27 July 1984), Edited by P.
LINEHAN, (Monumenta iuris canonici, series C: Subsidia 8), Città del Vaticano 1988, pp. 3-26,
in particolare pp. 8-9.
7
Per tutto ciò cfr. E. DE LEÓN, La biografia di Graziano, in La cultura giuridico-
canonica medievale. Premesse per un dialogo ecumenico, a cura di E. DE LEÓN, N. ÁLVAREZ
DE LAS ASTURIAS, (Pontificia Università della Santa Croce, Monografie Giuridiche 22), Milano
2003, pp. 89-107. Cfr. anche G. MAZZANTI, Graziano e Rolando Bandinelli, in Studi di storia
del diritto, II, (Università degli Studi di Milano, Facoltà di Giurisprudenza, Pubblicazioni
dell’Istituto di Storia del Diritto Italiano, 23), Milano 1999, pp. 79-103.
8
Il compimento della raccolta nella redazione definita come Decretum vulgatum entro
il 1150 risulta dal testo di una sentenza rinvenuta da Paolo Nardi e risalente a quell’anno,
ove si attesta l’uso della collezione grazianea in questa forma (P. NARDI, Fonti canoniche in
una sentenza senese del 1150, in “Studia Gratiana”, XXIX [1998], pp. 661-670). Questo do-
cumento, come interpretato dal Nardi, è ormai considerato fondamentale per la datazione del
compimento della seconda recensione del Decretum da A. WINROTH, Le manuscrit florentin
du Decret de Gratien. Une critique de travaux de Carlos Larrainzar sur Gratien I, in “Re-
vue du droit canonique”, 51/2 (2001), pp. 211-231, in particolare p. 213, nota 6; ID., Recent
Work On The Making Of Gratian’s Decretum, in “Bulletin of Medieval Canon Law”, New
Series, vol. 26 (2004-2006), pp. 1-29, in particolare pp. 4-5. Cfr. anche O. CONDORELLI, Il De-
cretum Gratiani e il suo uso (secc. XII-XV), in Medieval canon law collections and european
ius commune/Középkori kanonjogi gyjtemények és az europai ius commune, Edited by S.A.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 55
ha anche precisato che l’uso delle espressioni “première recension” e “seconde recension” a
proposito degli stadi di formazione del Decretum Gratiani “ne doit cependant être interpreté
comme un refus de considérer que la «première recension» ait pu être précédée par une re-
cension anterieure” (A. WINROTH, Le manuscrit florentin du Decret de Gratien, p. 212, alla
fine di nota 2).
10
C. LARRAINZAR, El Decreto de Graciano del códice Fd (=Firenze, Biblioteca Naziona-
le Centrale, Conventi Soppressi A.I.402). In memoriam Rudolf Weigand, in “Ius Ecclesiae”,
10/2 (1998), pp. 421-489; ID., El borrador de la «Concordia» de Graciano: Sankt Gallen,
Stiftsbibliothek MS 763 (=Sg), in “Ius Ecclesiae”, 11/3 (1999), pp. 593-666; ID., La forma-
ción del Decreto de Graciano por etapas, in “Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsge-
schichte”, Bd. 118, “Kanonistische Abteilung”, 87 (2001), pp. 5-83 (trad. it. ID., La formazio-
ne del Decreto di Graziano per tappe, in Proceedings of the Eleventh International Congress
of Medieval Canon Law (Catania, 30 July-6 August 2000), Edited by M. BELLOMO, O. CON-
DORELLI, [Monumenta iuris canonici, series C: Subsidia 12], Città del Vaticano 2006, pp.
103-117); ID., La ricerca attuale sul “Decretum Gratiani”, in La cultura giuridico-canonica
medievale, pp. 45-88; ID., Datos sobre la antigüedad del manuscrito Sg: su redacción de C.
27 q. 2, in Panta rei. Studi dedicati a Manlio Bellomo, a cura di O. CONDORELLI, III, Roma
2004, pp. 205-237; ID., La firma boloñesa del Decreto de Graciano, in “Initium”, 9 (2004),
pp. 495-515.
11
Sulla formazione del Decretum Gratiani per tappe cfr. tra gli altri [J. WERCKMEI-
STER], Éditorial: Débats sur le Décret de Gratien, in “Revue du droit canonique”, 51/2 (2001),
pp. 209-210; D. QUAGLIONI, Graziano, pp. 3-4; J.M. VIEJO-XIMÉNEZ, La investigación sobre las
fuentes formales del Decreto de Graciano, in “Initium”, 7 (2002), pp. 217-240; ID., La compo-
sición del Decreto de Graciano, in “Ius Canonicum”, XLV, n°90 (2005), pp. 431-485, in parti-
colare pp. 431-442 (trad. it. ID., La composizione del Decreto di Graziano, in Medieval canon
law collections, pp. 97-169, in particolare pp. 97-111); J.M. VIEJO-XIMÉNEZ, La composición
de C. 28 del Decreto de Graciano, in Mélanges en l’honneur d’Anne Lefebvre-Teillard, Études
coordonnées et rassemblées par B. D’ALTEROCHE, F. DEMOULIN-AUZARY, O. DESCAMPS, F. ROUMY,
Paris 2009, pp. 1007-1029, in particolare p. 1009; O. CONDORELLI, Il Decretum Gratiani e il
suo uso (secc. XII-XV), pp. 170-175; P. ERDÖ, La storiografia del diritto canonico medievale
all’alba del terzo millennio. Aspetti di un messaggio attuale, in Proceedings of the Eleventh
International Congress of Medieval Canon Law, pp. 3-16, in particolare pp. 8-11. Alle opere
menzionate in questa nota basti aggiungere, a titolo emblematico, i saggi contenuti in La cultu-
ra giuridico-canonica medievale, nonché E. DE LEÓN, Textos de los Excerpta Sangallensis, in
Mélanges en l’honneur d’Anne Lefebvre-Teillard, pp. 333-340. Per gli studi che sono citati nel
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 57
nostro contributo si può osservare che in C. ZENDRI, Elementi canonistici nella «Compilatio
Antiqua» dei «Libri Feudorum», in Gli inizi del diritto pubblico. L’età di Federico Barbaros-
sa: legislazione e scienza del diritto, a cura di G. DILCHER, D. QUAGLIONI, (Annali dell’Istituto
Storico italo-germanico in Trento. Contributi 19), Bologna-Berlin 2007, pp. 231-253, i rinvii
alle varie fasi del Decretum sono effettuati secondo l’ipotesi di distinzione in due versioni
avanzata dal Winroth, mentre in K. PENNINGTON, The Formation of the Jurisprudence of the
Feudal Oath of Fealty, in “Rivista internazionale di diritto comune”, 15 (2004), pp. 57-76, si
tiene conto anche dell’individuazione nel manoscritto Sg (St. Gallen Stiftsbibliothek, ms. 673)
della primitiva forma del Decretum riconosciuta dal Larrainzar, sulla cui importanza cfr. ID.,
Gratian, Causa 19, and the Birth of Canonical Jurisprudence, in La cultura giuridico-ca-
nonica medievale, pp. 211-231, in particolare p. 211; invece in A.J. DUGGAN, Making the Old
Law ‘New’, I. Problems of Authority and Interpretation in Gratian’s Decretum, in Medieval
canon law collections, pp. 207-235, in particolare p. 209, l’A. dichiara che il dibattito sulla
data di compimento della cosiddetta ‘First Recension’, secondo la ricostruzione del Winroth,
non è significativo ai fini del proprio studio.
12
Sull’edizione del Friedberg, citata supra, a nota 8, cfr. P. LANDAU, Gratian and the
Decretum Gratiani, pp. 51-52. Nei prossimi paragrafi ci riferiremo a “Graziano” per indi-
care l’autore delle inscriptiones, delle rubriche (summaria) e dei dicta, secondo i risultati
della storiografia tradizionale, ripetuti dalle sintesi più o meno recenti: per alcuni esempi
cfr. A. VAN HOVE, Prolegomena ad Codicem Iuris Canonici, (Commentarium Lovaniense
in Codicem iuris canonici, I, t. I), Mechliniae-Romae 1945 (2a ed.), p. 341; A.M. STICKLER,
Historia iuris canonici latini. Institutiones academicae, Augustae Taurinorum 1950, pp.
208-210; J. RAMBAUD-BUHOT, Le legs de l’ancien droit. Gratien, in G. LE BRAS, C. LEFEBVRE,
J. RAMBAUD, L’âge classique 1140-1378, Sources et théorie du droit, (Histoire du Droit et des
Institutions de l’Église en Occident, tome VII), Paris 1965, pp. 47-129, in particolare pp.
64-77; P. ERDÖ, Storia della scienza del diritto canonico. Una introduzione, Roma 1999, p.
39; ID., Storia delle fonti del diritto canonico, p.109; P. LANDAU, Gratian and the Decretum
Gratiani, pp. 41-42.
13
Cfr. ad esempio E. CORTESE, Il diritto, vol. II, pp. 199-208; ID., Le grandi linee, pp.
325-332; P. GROSSI, L’ordine giuridico medievale, Roma-Bari 1995 (quarta ed. 1997), pp. 203-
206; P. ERDÖ, Storia della scienza del diritto canonico, pp. 37-40; ID., Storia delle fonti del
diritto canonico, pp. 108-110; C. FANTAPPIÈ, Introduzione storica al diritto canonico, Bologna
2003, pp. 95-100; A. GARCÍA Y GARCÍA, F.J. ANDRÉS, Introducción, in Juristas universales, Vo-
lumen I, pp. 241-301, in particolare p. 264; P. LANDAU, Gratian and the Decretum Gratiani,
pp. 25-42.
58 MAURA MORDINI
14
Sul punto cfr. S. CHODOROW, Christian Political Theory and Church Politics in the
Mid-Twelfth Century. The Ecclesiology of Gratian’s Decretum, Berkeley-Los Angeles-London
1972.
15
Che i due concetti non siano completamente sovrapponibili è sottolineato in W. GOEZ,
Riforma ecclesiastica – Riforma gregoriana, in Studi gregoriani per la storia della «Libertas
Ecclesiae», a cura di A.M. STICKLER, O. CAPITANI, H. FUHRMANN, M. MACCARRONE, R. SCHIEF-
FER, R. VOLPINI, XIII, (La Riforma Gregoriana e l’Europa, Congresso Internazionale [Sa-
lerno, 20-25 maggio 1985], I. Relazioni), Roma 1989, pp. 167-178: “Per tanti vescovi, senza
dubbio seri ed onesti, la riforma consisteva essenzialmente nel miglioramento dei costumi,
specialmente del clero. Però il concetto gregoriano di riforma comprendeva anche una tra-
sformazione giuridica ed amministrativa della chiesa cattolica” (p. 174); così, sulla base di
alcune testimonianze, emergerebbe che i vescovi ‘non-gregoriani’, vale a dire quelli che non
condividevano l’idea gregoriana dell’unità sotto il primato di Roma e del pontefice, non erano
necessariamente dei ‘simoniaci’, così come gli aderenti del papa non erano inevitabilmente
legati alla ‘riforma ecclesiastica’. La citazione tra virgolette nel testo è tratta da G. PICAS-
SO, «Reformatio Ecclesiae» e disciplina canonica, in ID., Sacri canones et monastica regula.
Disciplina canonica e vita monastica nella società medievale, (Bibliotheca erudita. Studi e
documenti di storia e filologia-27), Milano 2006, pp. 277-295, in particolare p. 278 (ed. or. in
Chiesa diritto e ordinamento della ‘societas christiana’ nei secoli XI e XII, pp. 70-85).
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 59
16
Cfr., anche per una sintesi efficace sulle caratteristiche formali delle collezioni ca-
noniche della riforma, di cui si presenta un elenco al termine del saggio, G. GIORDANENGO,
Auctoritates et auctores dans les collections canoniques. Si occupano altresì di questo tema
H. MORDEK, Dalla riforma gregoriana alla Concordia discordantium canonum di Graziano;
nonché G. PICASSO, «Reformatio Ecclesiae» e disciplina canonica.
17
Da ultimo cfr. C.H.F. MEYER, Ordnung durch Ordnen, in Ordnungkonfigurationen
im hohen Mittelalter, herausgegeben von B. SCHNEIDMÜLLER und S. WEINFURTER, (Vorträge
und Forschungen, herausgegeben vom Kostanzer Arbeitskreis für mittelalterliche Geschichte,
Band LXIV), Ostfildern 2006, pp. 303-411, in particolare pp. 331-349. Cfr. comunque G.
GIORDANENGO, Auctoritates et auctores dans les collections canoniques, p. 121: “La recherche,
le choix et la mise en un ordre nouveau des autorités canoniques sont donc tout à fait carac-
téristiques des collections canoniques du temps de la Réforme. Plan, intitulés des titres ou
parties, rubriques des chapitres, préfaces plus rarement, sont des guides, souvent bien trop
discrets au goût de l’historien, qui traduisent la montée en puissance du pouvoir pontifical et
une unification du droit de l’Église dans l’ensamble de la Chrétienté”. Per un’analisi specifica
cfr. J. GAUDEMET, La primauté pontificale dans le Décret de Gratien, in Studia in Honorem
Eminentissimi Cardinalis Alphonsi M. Stickler, curante R.I. card. CASTILLO LARA, (Pontificia
Studiorum Universitas Salesiana – Facultas Iuris Canonici, Studia et textus historiae iuris
canonici 7), Roma 1992, pp. 137-156, ove è valorizzato l’uso che Graziano ha fatto delle
auctoritates, disseminandole nel tessuto del Decreto per difendere e riaffermare fermamente
il principio del primato pontificio.
18
H. MORDEK, Dalla riforma gregoriana alla Concordia discordantium canonum di
Graziano, pp. 106-112 (la citazione tra virgolette è tratta da p. 112).
60 MAURA MORDINI
successivo del diritto canonico e della scienza canonistica, tra i quali merita
menzionare la netta distinzione tra chierici e laici, l’affermazione delle pre-
rogative del pontefice in ordine alla produzione normativa e all’interpreta-
zione del diritto, la difesa della proprietà ecclesiastica, la chiara regolamen-
tazione delle decime e della scomunica19.
Ai fini del nostro studio, si deve osservare anzitutto che sarebbe vano
ricercare nel tessuto del Decretum Gratiani i lemmi ‘feudo’ o ‘vassallo’ e
i loro derivati, sebbene si tratti di vocaboli non solo assai frequenti nella
prassi documentaria dell’epoca, ma anche non estranei alle collezioni cano-
niche pregrazianee20. Tuttavia, alcuni canoni concentrati nella secunda Pars
del Decretum prendono esplicitamente in considerazione la materia feudale,
a dimostrazione della sua rilevanza nei rapporti intrattenuti dalle persone
e dagli enti ecclesiastici e della sua insopprimibile connessione con alcuni
aspetti della disciplina del clero e dei beni della Chiesa. Essi si presenta-
no per lo più come riferimenti casuali ad argomenti di interesse canonistico
quali, principalmente, la regolamentazione delle decime e delle res ecclesie,
il giuramento e lo spergiuro, i doveri dei chierici beneficiari di regalie, la
fidelitas.
19
Cfr. in sintesi P. LANDAU, Gratian and the Decretum Gratiani, pp. 43-46. Per le colle-
zioni pregrazianee, alle quali rinvieremo nelle note successive, si rimanda alle relative schede
in L. KÉRY, Canonical Collections of the Early Middle Ages (ca. 400-1140). A Bibliographical
Guide to the Manuscripts and Literature, (History of Medieval Canon Law, 1), Washington,
D.C. 1999; cui adde L. FOWLER-MAGERL, Clavis Canonum. Selected Canon Law Collections
Before 1140, Access with data processing, (Monumenta Germaniae Historica, Hilfsmittel,
21), Hannover 2005. Ogni altro studio utilizzato sarà citato puntualmente.
20
Per l’assenza dei lemmi ‘feudo’ e ‘vassallo’ cfr. Wortkonkordanz zum Decretum Gra-
tiani, bearbeitet von T. REUTER und G. SILAGI, (Monumenta Germaniae Historica, Hilfsmit-
tel, 10, 1-5), München 1990. Per alcuni esempi di collezioni pregrazianee ove si incontrano
norme dedicate al feudo e nelle quali i termini indicati sono presenti, G. PICASSO, Collezioni
canoniche e società nella prima età feudale, in Chiesa e mondo feudale nei secoli X-XII, Atti
della dodicesima Settimana internazionale di studio (Mendola, 24-28 agosto 1992), (Miscella-
nea del Centro di studi medioevali, volume quattordicesimo), Milano 1995, pp. 473-484, ove
si rileva, comunque, “una scarsa incidenza delle strutture vassallatiche nella elaborazione
delle collezioni canoniche pregrazianee” (p. 483). Di un certo interesse pare anche l’assenza
dei medesimi lemmi negli indici del registro di Gregorio VII edito dal Caspar (Das Register
Gregors VII., herausgegben von E. CASPAR, II, Buch V-IX, 2. unveränderte Auflage, Berlin
1955 [MGH, Epistolae Selectae, Tomus II, Fasciculus II, Gregorii VII Registrum, Lib. V-IX,
Editio secunda, Berolini MCMLV], pp. 675-707); sulla reale natura del registro (registro origi-
nale della cancelleria pontificia, opera di privati o testo ‘comunque’ ufficiale a testimonianza
della linea politica del pontefice), che ancora oggi non pare del tutto chiarita, cfr. in sintesi
O. CAPITANI, Gregorio VII, santo, in Enciclopedia dei papi, vol. 2, Roma 2000, pp. 188-212,
in particolare p. 210.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 61
21
Cfr. G. LE BRAS, Storia della Chiesa. XII/1. Le istituzioni ecclesiastiche della Cri-
stianità medievale (1130-1378), edizione italiana a cura di P. CIPROTTI, L. PROSDOCIMI, A. GIA-
COBBI e G. PELLICCIA, Roma-Torino 1983 (2° rist. della prima edizione del 1973), pp. 318-331:
sezione II La ricchezza. Una chiara e sintetica elaborazione sul tema si legge in Y.M.-J. CON-
GAR, I beni temporali della Chiesa secondo la tradizione teologica e canonica, in G. COTTIER
et alii, Chiesa e povertà, (Teologia oggi, 6), Roma 1968, pp. 257-286. Per la peculiare natura
del patrimonio ecclesiastico e i suoi riflessi nell’atteggiamento dei riformatori sul tema econo-
mico, che culminò nella raccolta grazianea e grazie al quale fu particolarmente approfondito
il profilo del possesso ‘metapersonale’ delle res ecclesiae, cfr. G. TODESCHINI, Linguaggi econo-
mici ed ecclesiologia fra XI e XII secolo: dai Libelli de lite al Decretum Gratiani, in Medioevo
Mezzogiorno Mediterraneo. Studi in onore di Mario Del Treppo, a cura di G. ROSSETTI e G.
VITOLO, Volume I, (Europa Mediterranea-Quaderni, 12), Napoli 2000, pp. 59-87.
22
Per un più recente panorama storico sulla dottrina relativa alla condizione giuridica
dei beni della Chiesa, dalle origini fino al Codice di Diritto Canonico del 1983, cfr. A. PER-
LASCA, Il concetto di bene ecclesiastico, (Tesi Gregoriana, Serie Diritto Canonico, 24) Roma
1997, pp. 7-81. Cfr. anche la sintesi in V. DEL GIUDICE, v. Beni ecclesiastici, in Enciclopedia
del diritto, vol. V, Milano 1959, pp. 206-238.
23
Cfr. anche, in sintesi, E. CORTESE, v. Divieto di alienazione (diritto intermedio), in
Enciclopedia del diritto, vol. XIII, Milano 1964, pp. 386-401, in particolare pp. 393-394.
62 MAURA MORDINI
beni ecclesiastici24 e si formulò la regola della divisione delle rendite del pa-
trimonio della diocesi in quattro parti: tre di esse destinate al sostentamento,
rispettivamente, del vescovo, dei membri del clero e dei poveri e l’ultima
riservata alla manutenzione degli immobili destinati al culto25. Ai nostri fini,
inoltre, è utile segnalare che, rispetto al complesso dei beni ecclesiastici, le
decime sono state sottoposte a un regime particolare in ordine alla loro per-
cezione e amministrazione, che si è riflesso altresì sulla disciplina della loro
concessione ai laici a titolo remuneratorio, come si vedrà tra breve26.
Queste regole sono state sostanzialmente accolte all’interno del Decre-
tum Gratiani e, proprio in riferimento alla gestione delle res ecclesiae da
parte dei clerici, il Todeschini ha affermato che la sistemazione della materia
economica all’interno della collezione può essere considerata come il tentati-
vo di “costruzione del primato etico dei criteri amministrativi ecclesiastici”,
che veniva inteso come funzionale anche alla definizione di un “modello di
riferimento per l’organizzazione economica della società cristiana nel suo
complesso”27, che – come si è accennato – è uno dei criteri storiografici più
attuali per interpretare il ruolo della riforma tra i secoli XI e XII28.
Nel Decretum è accolto un concetto unitario di res ecclesiae o eccle-
siasticae, che viene contrapposto alle regalie e alla proprietà dei laici, ed
è affermato in più punti il principio della titolarità eminente di questo pa-
trimonio, spettante sia a Dio, sia alla Chiesa, sia, infine, ai poveri29. Nella
24
R. NAZ, v. Res, in “Dictionnaire du droit canonique”, VII (Paris 1965), coll. 598-602;
A. DUMAS, v. Investiture, in “Dictionnaire du droit canonique”, VI (Paris 1957), coll. 17-42.
25
Per le forme di protezione di questi beni, consistenti soprattutto nella precisa indi-
viduazione degli scopi e delle procedure da seguire per la loro amministrazione, compresa
la distribuzione dei redditi in quattro parti, con riferimento ai concili dal V al IX secolo cfr.
Y.M.-J. CONGAR, I beni temporali della Chiesa, pp. 268-278, nonché A. PERLASCA, Il concetto
di bene ecclesiastico, pp. 35-47.
26
Per cenni alla disciplina delle decime con riferimenti alla storiografia giuridica cfr.
M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, pp. 242-243. Per la di-
sciplina delle decime all’interno del Decretum Gratiani cfr. C.E. BOYD, Thites and Parishes
in Medieval Italy. The Historical Roots of a Modern Problem, New York, 1952, pp. 138-142;
nonché G. CONSTABLE, Monastic Tithes from their Origins to the Twelfth Century, Cambridge
1964, ad indicem.
27
Così G. TODESCHINI, Linguaggi economici ed ecclesiologia, che parla di un “conflitto
ancora in atto verso la metà del XII secolo a proposito del modello giurisdizionale ecclesiasti-
co” (tutte le citazioni tra virgolette, nel testo e in nota, sono tratte da p. 84).
28
Cfr. supra, nota 15 e testo corrispondente.
29
Questi aspetti sono stati esaminati in P. RASI, Il concetto di «res» nel «Decretum
Gratiani», in “Studia Gratiana”, III (1955), pp. 143-158, in particolare pp. 149-150, 152-
154. Per la distinzione delle regalie dal resto delle res ecclesiae cfr. A.M. STICKLER, Magistri
Gratiani sententia de potestate ecclesiae in statum, in “Apollinaris”, XXI (1948), pp. 36-111,
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 63
prima pars della raccolta Graziano interviene a più riprese con i suoi dicta
per riaffermare l’esclusione dei laici da qualsiasi atto di amministrazione,
che effettivamente rappresenta uno dei temi caratterizzanti la lotta antisi-
moniaca dell’epoca30.
Numerose norme della seconda pars – concentrate soprattutto nelle
Cause 10, 12, 16 e 17 – dettano una disciplina severa a proposito, rispettiva-
mente, dei poteri e dei doveri dei vescovi sui beni loro affidati31, delle ipotesi
in particolare p. 63 (a proposito di C.11 q.1 c.27 e c.28 e di C.23 q.8 d.p. c.20 e d.p. c.25);
nonché R.L. BENSON, The Bishop Elect. A Study in Medieval Ecclesiastical Office, Princeton
1968, pp. 53-54, ove si sottolinea che, avendo Graziano composto l’opera subito dopo la lotta
per le investiture, non deve sorprendere che egli abbia assimilato la fondamentale distinzione
tra regalie (compresa la giurisdizione secolare “as well as property”) e “the purely ecclesiasti-
cal properties”. Vedremo in seguito che a questa distinzione, abbastanza chiaramente soste-
nuta nella q. 8 della Causa 23, non è seguita una sistemazione lineare e una soluzione limpida
in ordine alle conseguenze (cfr. anche infra, § 1 d).
30
Cfr. ad esempio il dictum ante c. 1 D. 89: “Domui quoque suae oportet bene esse
prepositum, ut quedam inde quodammodo futurae dispensationis argumenta assumantur. In
dispensatione uero ecclesiae hanc regulam obseruandam nouerit, ut nulli quantumlibet exer-
citatae personae duo simul offitia committat, neque saecularibus uiris res ecclesiasticas guber-
nandas committat”. Il riferimento alla capacità di governare bene la propria casa è ripreso
dalla prima lettera di s. Paolo a Timoteo, nella parte concernente i requisiti per l’episcopato
(1 Tim. 3, 4); la regola che l’amministrazione delle res ecclesiae non deve essere delegata ai
laici è poi sancita in D. 89 c. 5 (“Saecularibus uiris res ecclesiasticae non committantur”),
ripreso a sua volta da una lettera di Gregorio Magno indirizzata nel luglio del 599 a Ianua-
rius vescovo di Cagliari, per la quale cfr. MGH, Gregorii I papae registrum epistolarum,
Tomus II, Libri VIII-XIV, post Pauli Ewaldi obitum edidit L.M. HARTMANN, München 1978
(Unveränderter Nachdruck der 1899 bei der Weidmannschen Verlagsbuchhandlung, Berlin,
erschienenen Ausgabe), n°IX, 204, pp. 191-193; P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum ab
condita Ecclesia ad annum post Christum natum MCXCVIII, editionem secundam correctam
et auctam auspiciis G. WATTENBACH, curaverunt S. LOEWENFELD, P. KALTENBRUNNER, P. EWALD,
Lipsiae 1885 (rist. Aalen 1963), n°1731 (1220), p. 196. La specifica destinazione della D. 89
a ribadire il divieto imposto ai vescovi di affidare le res ecclesiae ai laici è ribadita in G. TO-
DESCHINI, Linguaggi economici ed ecclesiologia, p. 73, e collocata in una più ampia riflessione
sulla rilevanza anche dell’ambito economico nella definizione canonica dei comportamenti
sacerdotali (cfr. supra, nota 21 e testo corrispondente). Cfr. anche il dictum ante c. 1 D.
96, che anticipa un esteso canone (D. 96 c. 1) tratto da un precetto di papa Simmaco espres-
so nel sinodo romano del 6 novembre 502 (P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum, ante
n°757 [473], p. 98) sotto la rubrica: “De rebus ecclesiasticis disponendis laicis nulla facultas
relinquitur”. Cfr. infine il dictum ante c. 1 D. 97. Per la definizione di simonia nel contesto
della riforma ecclesiastica, allorquando il suo significato fu dilatato per ricomprendervi com-
portamenti diversi tra loro, dalla venalità dell’ordinazione sacerdotale fino al corrispettivo
della concessione di regalie da parte del sovrano ai vescovi, cfr. in sintesi W. GOEZ, Riforma
ecclesiastica – Riforma gregoriana, pp. 170-171.
31
La quaestio 1 della Causa 10 affida ai vescovi la potestas sulle chiese, i loro beni e
le relative decime (cfr. soprattutto c. 2, c. 3, c. 5, c. 7), insistendo sul divieto di concedere ai
laici la disponibilità di queste ultime (cfr. c. 13, c. 14, c. 15), mentre nella quaestio 2 si pre-
64 MAURA MORDINI
di distrazione delle res ecclesiae32, del regime delle decime33 e del divieto di
alienazione del patrimonio ecclesiastico34. Tra queste norme, tuttavia, non si
riscontra esplicitamente alcun riferimento alla concessione feudo-vassallati-
ca, tranne un capitolo che allude al conferimento in beneficio di res ecclesiae
a favore di milites. Si tratta precisamente di c. 4 C. 12 q. 2, auctoritas at-
tribuita a papa Gregorio VII, tolta dal canone primo del concilio tenutosi a
Roma nell’autunno del 1078, presieduto dal medesimo pontefice, e collocata
nel Decretum sotto la rubrica “Excommunicationi subiaceat qui ecclesiastica
predia inuadit”:
cisano i limiti della potestas dei vescovi sul patrimonio ecclesiastico, vietando ogni forma di
alienazione e ammettendo solo una potestas dispensandi sottoposta all’insorgere di uno stato
di necessità (cfr. il dictum ante c. 1 C. 10 q. 2: “Sed cum in episcoporum potestate facultates
ecclesiae constitutae esse dicantur, potestas dispensandi intelligenda est, non distrahendi uel
dilapidandi”).
32
Nella quaestio 1 della Causa 12 dal c. 15 al c. 28, nel ribadire che le res ecclesiae
sono sottoposte alla potestas del vescovo (c. 24), si indicano alcuni motivi per procedere alla
dispensatio in caso di bisogno. Di grande interesse appare la quaestio 2, interamente dedicata
alle ipotesi di distrazione o usurpazione dei beni ecclesiastici, in relazione alle quali è sancita
la scomunica ed è imposta la restitutio in integrum (per questi aspetti, con riferimento alle
singole norme, cfr. P. RASI, Il concetto di «res», pp. 151-152). Cfr. infra, nota 37.
33
Della Causa 16 sono particolarmente interessanti per la nostra indagine le norme
relative all’uso e alla destinazione delle decime, per le quali si ecludono forme di alienazione e
di abuso, soprattutto a vantaggio dei laici (cfr. la quaestio 1, cc. 55-59 e la quaestio 7).
34
Il divieto è sancito soprattutto nella C. 17 q. 4. Si occupa in generale del tema F.
GRAZIAN, La nozione di amministrazione e di alienazione nel codice di diritto canonico, (Tesi
Gregoriana serie diritto canonico 55), Roma 2002, in particolare pp. 45-57 sul Decretum Gra-
tiani.
35
Per il c. 1 del concilio di Roma del 19 novembre 1078 cfr. Das Register Gregors VII.,
II, n°VI, 5b, pp. 400-406, in particolare pp. 402-403; cfr. anche Sacrorum conciliorum nova
et amplissima collectio […], quae JOANNES DOMINICUS MANSI archiepiscopus lucensis evulgavit,
editio novissima, Tomus vigesimus, Ab anno MLXX. usque ad annum MCIX inclusive, Venetiis
MDCCLXXV, coll. 507-510, in particolare col. 509, canone 1, nonché P. JAFFÉ, Regesta Pon-
tificum Romanorum, ante n°5085 (3821), pp. 627-628. Per la corrispondenza tra questo testo
di Gregorio VII e il Decretum Gratiani cfr. J. GILCHRIST, The Reception of Pope Gregory VII
into the Canon Law (1073-1141), in “Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte”,
Bd. 90, “Kanonistische Abteilung”, 59 (1973), pp. 35-82, in particolare p. 67, n°13, e p. 68
n°17 (rist. in J. GILCHRIST, Canon Law in the Age of Reform, 11th-12th Centuries, [Collected
Studies Series- Cs 406], Aldershot 1993, n°VIII). Il canone si legge anche nel Policarpus: per
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 65
per loro natura destinate, e in tal senso la raccolta grazianea si adegua ri-
gorosamente alle istanze riformatrici della Chiesa d’Occidente, attuate con
determinazione a partire specialmente dal pontificato di Gregorio VII, nel
corso del quale furono concretamente perseguiti anche il mantenimento e il
recupero di questi beni37.
Tale interpretazione trova riscontro anche in altri luoghi del Decreto,
nei quali l’attenzione si concentra specificamente sulla detenzione da parte
dei laici di chiese e decime a titolo di beneficio. Un primo esempio della con-
danna della concessione beneficiale delle res ecclesiae a titolo remuneratorio
si può rinvenire in c. 13 C. 1 q. 3, inserito nella disciplina della simonia, e c.
3 C. 16 q. 7, in materia di decime. Questi due capitoli presentano anzitutto
una particolarità: entrambi sono tratti da un medesimo precetto e, secondo
la classificazione adottata dal Gaudemet, possono essere definiti “doublets
parfaits”, perché ‘si presentano sotto la medesima forma, con un’identica
attribuzione’38. Inoltre, essi costituiscono uno dei casi di Dubletten analizzati
37
Per la politica di recupero e tutela delle res ecclesiae quale si trae dal contenuto dei
registri di Gregorio VII cfr. J. GILCHRIST, Eleventh and Early Twelfth Century Canonical
Collections, la cui prima manifestazione è l’insistenza sull’applicazione del divieto di aliena-
zione dei beni ecclesiastici (p. 384); in tale quadro si colloca il riferimento al c. 1 del concilio
di Roma dell’autunno del 1078 (p. 383), su cui cfr. supra, nota 35. Sulla politica di tutela e
recupero delle res ecclesiae nella fase della “lotta per le investiture”, in relazione alla quale
presero una determinata forma proprio i concetti di ‘simonia’, ‘invasio’, ‘regalia’, cfr. an-
che C. MÄRTL, «Res Ecclesiae», «beneficia ecclesiastica» und Regalien im Investiturstreit,
in Chiesa e mondo feudale, pp. 451-470. In generale, sul recepimento dei principi contenu-
ti nelle sentenze e nel Dictatus papae all’interno del Decretum Gratiani cfr. J. GILCHRIST,
Canon Law Aspects of the Elevent-Century Gregorian Reform Programme, in “Journal of
Ecclesiastical History”, 13 (1962), pp. 21-38, in particolare le conclusioni a p. 38 (rist. in J.
GILCHRIST, Canon Law in the Age of Reform, n°III). Un segnale della piena maturazione già
sotto il pontificato di Alessandro II (1061-1073) dell’esigenza di difendere e recuperare i beni
della Chiesa potrebbe rinvenirsi nella formula del giuramento prestato di fronte a questo
pontefice da Wiberto arcivescovo di Ravenna al momento della sua ordinazione nel 1073, ove
si legge l’impegno a difendere “Papatum Romanum et regalia sancti Petri”: cfr. Die Kanones-
sammlung des Kardinals Deusdedit, erster (einziger) Band, Die Kanonessammlung selbst,
neu herausgegeben von V. WOLF VON GLANVELL, Paderborn 1905 (Neudruck Aalen 1967), lib.
4, cap. 423, p. 599: “Ivramentum episcoporum, qui in R[omana] aecclesia consecrantur et ab
ea pallium accipiunt”; questa clausola è indicata come elemento della versione più antica del
nuovo giuramento prestato dai vescovi al momento dell’insediamento in E.H. KANTOROWICZ,
Inalienability: a Note on Canonical Practice and the English Coronation Oath in the Thir-
teenth Century, in “Speculum”, XXIX (1954), pp. 488-502, in particolare pp. 491-492, poi
rielaborato anche in ID., I due corpi del Re. L’idea di regalità nella teologia politica medie-
vale, Introduzione di A. Boureau, Torino 1989 (ed. or. The King’s Two Bodies. A Study in
Mediaeval Political Theology, Princeton 1957), pp. 299-300.
38
Così J. GAUDEMET, Les Doublets dans le Décret de Gratien, in La critica del testo, Atti
del secondo Congresso Internazionale della Società Italiana di Storia del Diritto, t. I, Firenze
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 67
1971, pp. 269-290, in particolare p. 278, ove prosegue: in questo caso “seules peuvent être
relevées de minimes variantes de détail que ne modifient en rien le sens du texte. Il n’est en
général pas possible de préciser si elles viennent des modèles utilisés par Gratien ou s’il s’agit
d’inadvertance de scribes composant ou recopiant le Décret”. Si deve, comunque, precisare
che in questo saggio non è rilevata la ripetizione in esame (C.1 q.3 c.13 e C.16 q.7 c.3), segna-
lata invece dal Friedberg (cfr. infra, nota 46).
39
R. WEIGAND, Versuch einer neuen, differenzierten Liste der Paleae und Dubletten: la
ripetizione è segnalata alle pp. 119 e 128. Queste le corrispondenze delle sigle dei manoscritti
menzionati nel testo: Aa=Admont, Stiftsbibliothek 23 e 43; Bc=Barcelona, Arxiu de la Corona
d’Aragón, Santa Maria de Ripoll 78; Fd=Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi
Soppressi A.I. 402; P=Paris, Bibliothèque Nationale, nouvelles acquisitions latines 1761. In
questo saggio l’A. prende le mosse dalla tesi del Winroth sulle due redazioni del Decretum
Gratiani. Cfr. supra, la nota 9.
40
R. WEIGAND, Versuch einer neuen, differenzierten Liste der Paleae und Dubletten, pp.
119, 125 e 128. Come Dublette il canone è indicato anche in un manoscritto che è stato identi-
ficato quale “témoin du début de la version longue du Décret” e analizzato in M.-C. MININ, Le
Décret de Gratien dans le manuscrit E.21 de la Bibliothèque municipale de Rouen, in “Revue
de droit canonique”, t. 51/2 (2001), Strasbourg 2001, pp. 261-278, in particolare p. 266.
41
Per il concilio di Roma del 27 febbraio-3 marzo 1078 cfr. Das Register Gregors VII.,
II, n°V, 14a, pp. 368-373; per quello del 19 novembre 1078 cfr. ibidem, n°VI, 5b, pp. 400-406.
42
Cfr. i luoghi relativi alla voce “Meten. Metten.” del Namenregister in Das Register
Gregors VII., II, p. 664.
43
Nelle note editoriali dell’editio romana, i Correctores Romani precisarono che que-
sto capitolo era stato ascritto a Gregorio, rinviando a un episodio concernente un vescovo di
Bamberga, ripreso dal pontefice in una delle lettere spedite a Ermanno vescovo di Metz (Cor-
pus iuris canonici, I, col. 417, notatio a c. 13), su cui cfr. Das Register Gregors VII., II, n°VI,
5, pp. 398-399, ove, a p. 399, 3-6, si legge una frase di Gregorio che riecheggia sia il contenuto
68 MAURA MORDINI
sia l’espressione con cui si apre il precetto in esame: “Preterea pervenit ad nos, quod propter
instantem inimicorum tuorum infestationem tuæ bona ecclesiæ largitus sis quibusdam mili-
tibus et eo modo honoris tui dignitas cotidie, quod non optamus, minuatur atque decrescat.
Proinde tuam volumus admonitam esse prudentiam, ne alicuius magnitudine tribulationis
coactus ecclesiasticas cuiquam hereditates largiaris, unde multum te postea pæniteat, cum,
quod modo turbatus ægeris, nullo modo emendare potueris”. Il Friedberg, poi, ha aggiunto
che un simile principio non si rinviene “in C(oncilio) Romano V hab(ito) a(nn)o 1078 c. 1 et
6”; nell’introduzione l’editore ha effettivamente indicato C. 16 q.7 c.3 tra i canoni di cui non
è stata rinvenuta la fonte, ma ha tralasciato C.1 q.3 c.13 (Corpus iuris canonici, I, col. XLI).
44
J. GILCHRIST, The Reception of Pope Gregory VII, p. 67: al n°11 si indica la corri-
spondenza con i due luoghi del Decretum e si segnala che l’identificazione della norma con
testi di Gregorio VII è dubbia. Tuttavia, si potrebbe anche tenere conto della proposta meto-
dologica avanzata dal Capitani in un saggio concernente la conoscenza degli scritti di Gregorio
VII da parte della pubblicistica del secolo XI, vale a dire si potrebbe considerare anche la
citazione indiretta, “quella – implicita o mediata da altra fonte – che induca a pensare ad una
dipendenza per lo meno contenutistica da Gregorio VII” per meglio cogliere “il valore di alcu-
ni concetti” (così O. CAPITANI, Il papato di Gregorio VII nella pubblicistica del suo tempo, in
Studi gregoriani, XIII, pp. 373-397, rispettivamente p. 377, nota 8, e p. 376); in tal senso, si
potrebbe concludere che il tema delle decime era particolarmente rilevante per Gregorio VII
e come tale si è trasmesso anche al Decreto di Graziano.
45
C. 1 q. 3 c. 13. Cfr. la nota successiva.
46
C. 16 q. 7 c. 3. A proposito di questa norma il Friedberg rimanda alle note di C. 1
q. 3 c. 13 (coll. 801-802, nota 21). I Correctores Romani a suo tempo precisarono che nei
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 69
codici della vulgata C. 16 q. 7 c. 3 era definito palea, ma che esso si trova “in tutti i mano-
scritti” e che nel Policarpus il canone presenta una formulazione più estesa, con rinvio a un
“concilio Africano” (col. 801, nota al c. 3); cfr. Polyc., 3, 11, 5: “5. Ex concilio Africano.
Pervenit fama sinistra ad magnam conventus nostri synodum, quod etiam ipso relatu lugubre
valde est satisque universali æcclesiæ lacrimabile, quia quicquid patitur unum membrum,
compatiuntur omnia membra, quod quidam episcoporum suam suorumque adulatorum vo-
luntates magis quam sacrorum canonum vel patrum decreta sectantes non sacerdotibus et
presbiteris propriæ diocesis decimas atque christianorum oblationes conferre renuerunt, sed
potius, quod catholicis auribus absurdissimum est, laicalibus personis, militum videlicet sive
servitorum, vel quod adhuc gravius est, consanguinitatis sibi gratia coniunctis inconsulte ac
precipiti more concedere soliti sunt. Quod videlicet inmanissimum nefas quam monstruosum
quamque execrabile sit, redemptori nostro eiusque sacrosanctæ æcclesiæ quam intollerabile,
omnes penæ utriusque testamenti paginæ protestantur, in quibus terribiliter ipse rex regum et
dominus pontificum omnibus intonat dicens: Si quis tetigerit sacerdotes meos, qui in taberna-
culo meo deserviunt, tangit pupillam oculi mei, et rursum: Omnes, inquit, filii Israel offerunt
decimas de omnibus frugibus suis ad templum Domini, quia his, qui altario deserviunt, dedi
eas, ut participentur de omnibus bonis Domini, ut orare valeant, pro populo meo. Habemus
autem ad hanc pessimam heresim destruendam ipsam veritatem in evangelio dicentem: Dignus
est operarius mercede sua. Quod alius evangelista evidentius dicit: Dignus est operarius cibo
suo. Unde apostolus: Qui, inquit, altario deserviunt, de altario participentur. Sunt quippe
presbiteri sors specialis Dei, et ipse hereditas eorum, pro cuius amore atque honore arma
deposuere secularia, ut ipsum habere mererentur patrem atque defensorem, dicentes cum
propheta: Quis adversarius meus est? Accedat ad me. Ecce Dominus auxiliator meus, ideo
non sum confusus. Quapropter placuit unanimitati vestre, ut in unum convenientes comitati
et preventi gratia spiritus sancti, sine quo nichil facere possumus, quod divinitati placitum
sit, uno ore eodemque consensu vigorabiliter censemus, ut si quis amodo episcopus inventus
fuerit huius divini precepti transgressor, inter maximos hereticos et antichristos non minimus
habeatur. Et sicut sancta Nicena synodus de simoniacis hereticis omnino censuit, et qui dat
episcopus, et qui accipiunt ab eo laici sive pretio sive benefitio, æterni incendii ignibus de-
putentur et a sanctæ æcclesiæ corpore utpote inutilia sarmenta evangelica falce precidantur,
quatenus arescant. Ad hæc tota synodus: Ut hæc, inquit, spiritu sancto auctore fiant, qui
nos congregari voluit, ad confirmandam legem mandatorum suorum simul ista fieri sanci-
mus, et ut ascendat fumus huius rei prevaricatorum eorumque tormentorum in secula secu-
lorum. Responsumque est ab omnibus: Amen amen, fiat fiat” (Die Sammlung „Policarpus”
des Kardinals Gregor von S. Grisogono, Angelegt und gestaltet von C. ERDMANN (†). Zum
Druck vorbereitet von U. HORST, unter Mitarbeitet von M. KLEIN, herausgegeben von H. FUH-
RMANN, consultato da ultimo in data 13 giugno 2011 nel sito: http://www.mgh.de/datenbanken/
kanonessammlung-polycarp/): si sono evidenziati in corsivo i passi presenti nei canoni in esa-
me del Decretum Gratiani. Cfr. J. GILCHRIST, The “Polycarpus”, in “Zeitschrift der Savigny-
Stiftung für Rechtsgeschichte”, Bd. 99, “Kanonistische Abteilung”, 68 (1982), pp. 441-452,
in particolare p. 449. Nella versione ridotta, corrispondente a quella del Decretum Gratiani,
il canone si legge anche nella Collezione in Tre libri, su cui cfr. J.H. ERICKSON, The Collection
in Three Books and Gratian’s Decretum, in “Bulletin of Medieval Canon Law”, New Series,
70 MAURA MORDINI
pri consanguinei. Perciò si stabilisce che tali vescovi siano considerati tra i
peggiori eretici e si impone l’applicazione della pena prevista per i simoniaci,
vale a dire la scomunica, sia in danno del presule che effettua il conferimen-
to, sia a carico di coloro che ricevono l’assegnazione a titolo di precium o di
beneficium.
Come si vede, i riferimenti ai milites e al titolo beneficiale o, comunque,
remuneratorio alludono chiaramente alla diffusa prassi di utilizzare i pro-
venti delle decime e delle offerte dei fedeli per costituire l’oggetto del benefi-
cium da corrispondere a coloro che prestavano servizio armato a favore di
istituzioni religiose. Di fronte a tale fenomeno, dunque, si intende arginare
con la minaccia della scomunica una prassi che appare contraria alla desti-
nazione “sacra” dei beni in esame e al conseguente divieto di disporne per fi-
nalità diverse da quelle consentite: così, la sanzione spirituale viene indicata
come conseguenza ineluttabile in due casi che si distinguono solo in relazione
all’interesse principale avuto di mira nella sistematica dell’opera, ossia tra
le ipotesi di simonia nel primo caso e come integrazione della disciplina delle
decime ecclesiastiche nel secondo47.
Ancora più esplicitamente Graziano si esprime nel dictum ante c. 1 C.
16 q. 7:
Quod autem ecclesias de manu laicorum nec abbati, nec alicui liceat accipere,
omnium canonum testatur auctoritas. Generaliter enim tam ecclesiae, quam
rem ecclesiarum in episcoporum potestate consistunt. Laici autem nec sua,
nec episcoporum auctoritate decimas uel ecclesias possidere possunt. Unde
vol. 2 (1972), pp. 67-75, in particolare p. 75 (3L, 2.8.62-64), nonché Collectio canonum trium
librorum, edidit J. MOTTA, Pars prior (Liber I et II), (Monumenta iuris canonici, Series B:
Corpus Collectionum 8), Città del Vaticano 2005, p. 177 (3L, libro II, titolo VIII: “De ecclesiis
sacrandis et ritibus et sacramentis earum”, c. 69): il Motta ha sottolineato l’importanza del
lavoro dell’Erickson, che ha dimostrato il rapporto tra la Collezione in Tre Libri e il Decre-
to di Graziano; tuttavia, ha notato che l’elenco di concordanze predisposto dallo studioso
è suscettibile di completamenti e di precisazioni: cfr. G. MOTTA, Osservazioni intorno alla
Collezione Canonica in tre libri (MSS C 135 Archivio Capitolare di Pistoia e Vat. lat. 3831),
in Proceedings of the Fifth International Congress of Medieval Canon Law, pp. 51-65, in
particolare p. 52. La norma è presente altresì in una collezione conservata a Milano (Archivio
Capitolare di S. Ambrogio, M 11), su cui cfr. G. PICASSO, Collezioni canoniche milanesi del
secolo XII, (Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; Saggi e Ricerche-serie
terza; Scienze Storiche-2), Milano 1969, p. 46 n° 56.
47
Si tratta, perciò, di uno dei casi in cui “le même texte figure dans deux passages
différents du Décret qui traitent des sujets bien distincts. La répétition s’explique alors par
l’usage d’un même texte à des fins diverses” (così J. GAUDEMET, Les Doublets dans le Décret
de Gratien, p. 283).
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 71
episcopi, siue beneficio siue precio ecclesias uel decimas laicis dederint, do-
mum orationis domum negociacionis et speluncam latronum faciunt. Unde
post euersionem cathedrae a cetu fidelium segregati eterno uerbere a Domino
flagellabuntur48,
48
Graziano si è chiaramente ispirato all’episodio della ‘purificazione del Tempio’ (cfr.
Mc. 11,17; Ger. 7,11; Is. 56,7). P. LANDAU, Das “Dominium” der Laien an Kirchen im Decre-
tum Gratiani und in vorgratianischen Kanonessammlungen der Reformzeit, in “Zeitschrift
der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte”, Bd. 114, “Kanonistische Abteilung”, 83 (1997),
pp. 209-221, analizza la q. 7 della Causa 16 per chiarire l’atteggiamento del compilatore del
Decretum verso il regime giuridico del dominium dei laici sulle chiese, esaminando le fonti
dirette sul tema, da cui risulta che, effettivamente, Graziano ha reperito materiale adatto a
giustificare il proprio pensiero su questo argomento e sull’investitura laica delle chiese nelle
raccolte del tempo della riforma; l’A., in particolare, afferma che il tema delle decime è trat-
tato incidentalmente all’interno della questione sulle res ecclesiae e che per esso si segue la
posizione di Gregorio VII sull’inammissibilità della loro concessione ai laici, come dimostra
il dictum ante c. 1 C. 16 q. 7 (p. 212). Questo dictum è menzionato quale riaffermazione
dell’esclusione dei laici dalla gestione dei beni ecclesiastici (nella fattispecie decime e offerte),
che spetta esclusivamente al vescovo, anche in R.L. BENSON, The Obligations of Bishops with
Regalia: Canonistic Views from Gratian to the Early Thirteenth Century, in Proceedings of
the Second International Congress of Medieval Canon Law (Boston College, 12-16 august
1963), Edited by S. KUTTNER and J.J. RYAN, (Monumenta iuris canonici, series C: Subsidia
1), Città del Vaticano 1965, pp. 123-137, in particolare p. 124, nota 9 (poi in R.L. BENSON,
The Bishop Elect, p. 316, cui sarà fatto esclusivo riferimento in seguito, ove i due testi corri-
spondano).
49
C. 16 q. 7 c. 1: Decime a laicis non possideantur. La prima parte della norma si
legge anche nel Policarpus (Polyc. III, 11, 4), nella Collectio canonum di Anselmo da Lucca
72 MAURA MORDINI
Graziano ha posto sotto il nome di Gregorio VII l’insieme dei passi che
compongono il c. 1 C. 16 q. 7, ma solamente la prima parte dell’auctoritas
è ascrivibile con certezza a questo pontefice, poiché essa coincide con un
decreto del concilio di Roma del novembre 1078 convocato e presieduto dal
papa, mentre non risulta ancor’oggi chiara l’origine dei paragrafi 1 e 250.
Se ampliamo l’esame delle fonti, occorre rammentare quanto già evi-
denziato dalla storiografia in tema di decime51, vale a dire che il movimento
riformatore si espresse anche attraverso l’emanazione di provvedimenti pon-
tifici che insistevano sul divieto della concessione delle rendite ecclesiastiche
e delle chiese ai laici e sulla loro attribuzione al clero sacramentale, in par-
ticolare al vescovo, coerentemente all’affermazione del carattere spirituale
delle decime e del diritto esclusivo dell’ordinario diocesano in ordine alla
(Ans. V, 45), nella raccolta del cardinale Deusdedit (Deusd. III, 59), nella Panormia di Ivo di
Chartres (Ivo Pan. VIII, 145), su cui cfr. Die Kanonessammlung Polycarpus, p. 135 (1146);
nella Collezione in Tre libri, su cui cfr. J.H. ERICKSON, The Collection in Three Books, p. 75
(3L, 2.8.62-64), nonché Collectio canonum trium librorum, Pars prior, pp. 176-177 (3L, libro
II, titolo VIII, c. 67 e c. 68); e nella collezione milanese segnalata anche supra, a nota 46 (Mi-
lano, Archivio Capitolare di S. Ambrogio, M 11), su cui cfr. G. PICASSO, Collezioni canoniche
milanesi, p. 44 n°42. Secondo il Friedberg (Decretum Gratiani, coll. 799-800, nota 2) questo
frammento è presente anche nella Collectio Caesaraugustana (Caes. VII, 47).
50
In effetti, la prima parte della norma (“Decimas quas […] periculum incurrere”)
costituisce il c. 7 del concilio di Roma del 19 novembre 1078: “Decimas, quas in usum pietatis
concessas esse canonica auctoritas demonstrat, a laicis possideri apostolica auctoritate pro-
hibemus. Sive enim ab episcopis vel regibus vel quibuslibet personis eas accæperint, nisi ec-
clesiæ reddiderint, sciant se sacrilegii crimen committere et æternæ dampnationis periculum
incurrere” (cfr. Das Register Gregors VII., II, n°VI, 5b, pp. 400-406, in particolare p. 404-
405, su cui cfr. O. CAPITANI, Il papato di Gregorio VII nella pubblicistica del suo tempo, pp.
387 e 392; R. SOMERVILLE, The Councils of Gregory VII, in Studi gregoriani, XIII, pp. 33-53,
in particolare p. 45, nota 62). Per il concilio dell’autunno 1078 cfr. Das Register Gregors VII.,
II, pp. 404-405; cfr. inoltre J. GILCHRIST, The Reception of Pope Gregory VII, p. 68, n°16.
Questo stesso precetto fu successivamente ribadito nel concilio di Piacenza del 1095 e nel con-
cilio Lateranense II del 1139: cfr. infra, nel testo e nota 59. Si tenga presente che nell’edizione
del Mansi il canone del concilio di Roma del novembre 1078 è indicato con il numero 6 (cfr.
Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, Tomus vigesimus, col. 510, c. 6; nonché
Conciliorum Oecumenicorum Decreta, p. 199, nota 2). Il passo del profeta Malachia del § 1 è
ripreso da Ml. 3, 10-11.
51
C.E. BOYD, Thites and Parishes in Medieval Italy, pp. 103-128; G. CONSTABLE, Mona-
stic Tithes, pp. 83-98; C. VIOLANTE, Pievi e parrocchie nell’Italia centrosettentrionale durante
i secoli XI e XII, in Ricerche sulle istituzioni ecclesiastiche dell’Italia centro-settentrionale nel
Medioevo, Palermo 1986, pp. 267-447, in particolare pp. 316-331 (ed. or. ID., Pievi e parroc-
chie nell’Italia centrosettentrionale durante i secoli XI e XII, in Le istituzioni ecclesiastiche
della «Societas Christiana» dei secoli XI-XII. Diocesi, pievi e parrocchie, Atti della sesta
Settimana internazionale di studio della Mendola (Milano, 1-7 settembre 1974), [Miscellanea
del Centro di studi medioevali, volume ottavo], Milano 1977, pp. 643-799).
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 73
q. 758 sono tratte proprio dai canoni del concilio di Roma dell’autunno del
1078: adesso si può aggiungere che queste formule furono successivamente
trasmesse ai concili di Piacenza del 1095 e del Laterano del 113959, fino all’in-
serimento nel Decretum Gratiani; invece, ai concili francesi di Clermont del
1130 e di Reims del 1131 e, ancora, a quello lateranenese II del 1139 risale
una disposizione ripresa nell’ultimo periodo di c. 4 C. 12 q. 260. Si può scor-
gere, dunque, una linea evolutiva ben definita, incentrata soprattutto sui
precetti risalenti ai pontificati di Gregorio VII e di Innocenzo II, che insiste
sul divieto per i laici di possedere decime e che si differenzierebbe da certe
fonti di origine più risalente utilizzate da Graziano, le quali non paiono insi-
stere sulla gravità del conferimento di res ecclesiae ai laici, ma si limitano ad
attestare la diffusione di tale pratica61. Un esempio di tal genere è costituito
dal c. 56 C. 16 q. 1, tratto dal c. 11 del concilio tenutosi a Pavia tra l’ottobre
845 e l’aprile 850 e inserito in una serie di canoni volti alla definizione della
competenza esclusiva dei vescovi nella ripartizione delle decime:
59
Per c. 4 C. 12 q. 2 cfr. supra, nota 35, e, infra, la nota successiva. Sulla prima parte
di c. 1 C. 16 q. 7 cfr. Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, Tomus vigesimus,
col. 814 per il concilio di Piacenza del 1095; nonché Conciliorum Oecumenicorum Decreta, p.
1995-9 per il concilio Lateranense II del 1139 (in particolare il precetto in esame costituisce il
primo periodo del c. 10 del concilio).
60
Per il concilio di Clermont del 1130 cfr. Sacrorum conciliorum nova et amplissima
collectio […], quae JOANNES DOMINICUS MANSI archiepiscopus lucensis evulgavit, editio novis-
sima, Tomus vigesimus primus, Ab anno MCIX. usque ad annum MCLXVI exclusive, Venetiis
MDCCLXXVI, coll. 437-440, in particolare col. 439, c. 6: “Praecipimus etiam ut laici qui
Eccl[e]sias tenent, aut eas Episcopis restituant, aut excommunicationi subjaceant”. Per il
concilio di Reims del 1131 cfr. ibidem, coll. 453-464, in particolare col. 459, c. 7: “Praecipi-
mus ut laici qui ecclesias tenent, aut eas episcopis restituant, aut excommunicationi subja-
ceant”. Questo medesimo passo costituisce anche la seconda parte del c. 10 del concilio La-
teranense del 1139 menzionato alla nota precedente (Conciliorum Oecumenicorum Decreta,
p. 1999-11 e nota 3). Ricordiamo che, secondo il racconto di Stefano di Rouen, Graziano fu
presente a Reims con papa Innocenzo II (cfr. supra, nota 7 e testo corrispondente). Per una
recente valutazione dell’attendibilità delle affermazioni di Stefano di Rouen su questo parti-
colare cfr. E. DE LEÓN, La biografia di Graziano, pp. 98-100.
61
La medesima osservazione può essere ripetuta per le fattispecie che esamineremo al
successivo punto b): si tratta infatti di fonti altomedievali, che non manifestano connotazioni
negative rispetto ai legami vassallatici e che, anzi, tutelano il valore profondo del legame per-
sonale instaurato tra miles e senior.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 75
suo libitu tribuunt, quod omnimodis diuinae legi et sacris canonibus constat
esse contrarium. Unde uestram potestatem ut eos corrigatis expetimus62.
62
C. 16 q. 1 c. 56: “Iuxta dispositionem episcopi decimae distribuantur”. Cfr. MGH,
Concilia, Tomus III, Concilia Aevi Karolini DCCCXLIII-DCCCLIX, Hannoverae MCMLXX-
XIV (Die Konzilien der Karolingischen Teilreiche 843-859, herausgegeben von W. HARTMANN,
Hannover 1984), n. 21, pp. 207-215, in particolare c. 11, pp. 214-215. Il precetto si legge
anche nella Collezione in Tre Libri su cui cfr. Collectio canonum trium librorum, Pars prior,
pp. 175-176 (3L, libro II, titolo VIII: “De ecclesiis sacrandis et ritibus et sacramentis earum”,
c. 65). Sulla norma cfr. G. CONSTABLE, Monastic Tithes, pp. 40 e 44-45, ove il canone è conte-
stualizzato nel quadro della politica carolingia verso le decime: mentre ad esse continuavano
ad applicarsi pratiche locali, con provvedimenti come quello del concilio di Pavia si tendeva
ad affermare l’esclusiva competenza del vescovo in materia.
63
Dictum post c. 56 C. 16 q. 1: “Cum autem reprehenduntur, quia contempta episcopi
dispositione hoc faciunt, intelligitur, quod, si episcopo disponente hoc fecerint, inreprehen-
sibiles inueniantur”.
64
Cfr. supra, la nota 10.
65
A. WINROTH, Recent Work On The Making Of Gratian’s Decretum, cit. supra, a nota
9. Cfr. anche J. WEI, A Reconsideration of St. Gall, Stiftsbibliothek 673 (Sg) in Light of the
Sources of Distinction 5-7 of the De penitentia, in “Bulletin of Medieval Canon Law”, New
Series, vol. 27 (2007), pp. 141-180.
66
Oltre agli studi citati supra, a nota 11, cfr. a titolo di esempio, M. HARRIS EICHBAUER,
St. Gall Stiftsbibliothek 673 and the Early Redactions of Gratian’s Decretum, in “Bulletin of
Medieval Canon Law”, New Series, vol. 27 (2007), pp. 105-139; oppure E. DE LEÓN, Collectio
Sangallensis, in “Bulletin of Medieval Canon Law”, New Series, vol. 27 (2007), pp. 57-70, che
introduce lo studio riferendo che il manoscritto di Sankt Gallen è ritenuto da alcuni anteriore
76 MAURA MORDINI
Unde Gregorius septimus ait: Decimas quas in usum pietatis concessas esse
canonica auctoritas demonstratur, a laicis possideri canonica auctoritate pro-
hibemus. Siue enim ab æpiscopis, uel regibus, uel quibuslibet personis acce-
perint, nisi æcclesiæ reddiderint, sciant sacrilegii crimen conmittere et eternæ
dampnationis periculum incurrere. Et paulo post:68 Si quis ammodo æpisco-
pus inuentus huius diuini precepti transgressor, inter maximos hereticos et
antichristos non minus habeatur. Et sicut Nicena sinodus censuit, et qui dat
æpiscopus, et qui recipiunt ab eo laici, siue precio, siue benefitio, eterni incen-
dii ignibus deputentur 69.
Pur con tutte le cautele dovute alle questioni ancora aperte sulla natu-
ra di questo manoscritto, nonché a un esame solo superficiale del medesimo
nella versione elettronica disponibile on-line e senza comparazioni con ul-
teriori testimoni, si può affermare che in Sg il capitolo Pervenit non si legge
e da altri posteriore ai manoscritti che attestano l’esistenza di una versione breve dell’opera
di Graziano (i già menzionati Aa Bc Fd P, più il frammento Pfr, conservato a Parigi); l’A.,
in particolare, afferma di essere convinto della anteriorità di Sg, anche se materialmente la
copia conservata in Svizzera può essere sia anteriore che posteriore agli altri codici indicati
(per cui, a p. 58, parla di ‘precedencia lógica’ di Sg).
67
Il dictum in esame precede, senza soluzione di continuità, il brano trascritto di segui-
to nel testo; cfr. St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 673, pp. 137-138 (www.e-codices.uni-
fr.ch, consultato da ultimo in data 13 giugno 2011): “Quod uero æcclesiam de manu laicorum
nec abbati nec alicui accipere liceat, omnium canonum testatur auctoritas. Generaliter enim
tam æcclesiæ, quam res æcclesiarum in /p. 138/ episcoporum potestate consistunt. Laici autem
nec sua, nec æpiscoporum auctoritate decimas uel æcclesias possidere possunt. Unde si æpi-
scopi, siue benefitio siue precio æcclesias uel decimas laicis dederint, domum orationis domum
negotiationis et speluncam latronum fatiunt”. Rispetto all’edizione del Friedberg, però, man-
ca l’ultimo periodo che caratterizza la versione divulgata del Decretum, vale a dire: “Unde
post euersionem cathedrae a cetu fidelium segregati eterno uerbere a Domino flagellabuntur”.
68
Segue in margine esterno con segno di richiamo: “Ambrosius. Qvicumque recognou-
erit in se quod fideliter non dedit decimas suas, modo emendet quod minus dedit. Quid est
fideliter dare nisi ut nec peius nec minus aliquando offerat de uino aut de fructibus arboris aut
de pecoribus aut de orto aut de negotio aut de ipsa uenatione sua. Item concilium tolletanum.
Quia multi inueniuntur modo dare decimas nolentes, statuimus ut secundum Domini pre-
ceptum ammoneantur semel et secundo et tercio et si non emendauerint anathematis uinculo
usque ad satisfationem et congruam emendationem. Peruenit ad nos fama sinistra, quod qui-
dam episcoporum non sacerdotibus proprie decimas diocesis conferant, sed potius laicalibus
personis, militum uidelicet siue seruorum, uel, quod grauius est, consanguineis”.
69
Cfr. St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 673, p. 138 (www.e-codices.unifr.ch). Di
seguito, nella stessa colonna in Sg si legge un’auctoritas tratta da sant’Agostino che corrispon-
de al c. 8 C. 16 q. 7, un dictum che corrisponde al dictum ante c. 10 C. 16 q. 7, un’auctoritas
ripresa da un “Aurelianensi Concilio” che corrisponde al c. 10 C. 16 q. 7 e, infine, un’aucto-
ritas tratta dal “Canon Apostolorum” che corrisponde al c. 14 C. 16 q. 7.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 77
70
Infatti, si può osservare che, nella forma divulgata della raccolta, la prima parte del
precetto appena trascritto (“Unde … incurrere”) corrisponde all’incipit di c. 1 C. 16 q. 7,
mentre quella in margine risulta distribuita tra tre diversi canoni: “Ambrosius … uenatione
sva” rappresenta il contenuto di C. 16 q. 7 c. 4; “Item concilium tolletanum … congruam
emendationem” equivale all’ultima parte di C. 16 q. 7 c. 5; e il frammento “Peruenit … con-
sanguineis” costituisce l’incipit di c. 3 C. 16 q. 7 (e, ovviamente, di c. 13 C. 1 q. 3). Per la
tabella delle addizioni marginali cfr. C. LARRAINZAR, El borrador de la «Concordia» de Gra-
ciano, p. 663 (con l’avvertenza che l’A. indica in C. 17 q. 7 c. 3 a p. 138 di Sg il corrispondente
C. 16 q. 7 c. 3 dell’edizione del Friedberg).
71
Nonché di c. 13 C. 1 q. 3.
72
Infatti, nell’ipotesi ‘Sg = Ur Gratian’ la ripetizione non è presente e addirittura parte
di C. 16 q. 7 c. 3 è un’aggiunta marginale; nell’ipotesi ‘Sg = abbreviatio di Graziano 1’ parreb-
be esclusa una Dublette in questa fase: in entrambi i casi, dunque, la conclusione del Weigand
non sembra contraddetta. Invece, rispetto a Sg (qualunque sia la natura del manoscritto), il
testimone esaminato dalla Minin attesterebbe una fase successiva, in cui si era già stabilizzata
la ripetizione della norma in esame (cfr. M.-C. MININ, Le Décret de Gratien dans le manuscrit
E.21 de la Bibliothèque municipale de Rouen, citato supra, a nota 40).
73
Il Decreto divulgato presenta l’ampliamento di c. 1 (§ 1 e § 2) e c. 3 (prima parte),
nonché l’inserimento di c. 4, c. 5 e, successivamente, di c. 2 come palea. Se si tiene conto del
fatto che Sg non presenta neanche c. 4 C. 12 q. 2, la tendenza di ‘Graziano’ all’approfondi-
mento della disciplina in tema di concessione di decime ai laici risulta particolarmente eviden-
te, mostrando un progressivo aggiornamento in linea con le statuizioni sinodali in materia,
particolarmente con quelle risalenti al pontificato di Innocenzo II (cfr. supra, note 59-60 e
testo corrispondente).
78 MAURA MORDINI
74
Cfr. supra, note 37, 48 e 53 e testo corrispondente. In sintesi, per il rinnovamento
spirituale del secolo XI che ha comportato anche un mutamento nel regime delle res ecclesiae
cfr. C.D. FONSECA, Discorso conclusivo, in Chiesa e mondo feudale, pp. 567-583, in partico-
lare pp. 570-571.
75
Das Register Gregors VII., II, p. 403.
76
Cfr. supra, nota 61.
77
Su papa Pio I cfr. F. SCORZA BARCELLONA, Pio I, santo, in “Enciclopedia dei papi”,
vol. 1, Roma 2000, pp. 220-222. Cfr. anche C. BURNS, Cronotassi, in “Enciclopedia dei papi”,
vol. 3, Roma 2000, pp. 699-730, in particolare p. 700.
78
MGH, Capitularia Regum Francorum, II, herausgegeben von A. BORETIUS und V.
KRAUSE, unveränderter Nachdruck der 1890-1897 erschienenen Ausgabe, Hannover 2001, n.
193, pp. 17-20, Capitulare pro lege habendum Wormatiense (829 agosto), c. 3: “Quicumque
propria uxore derelicta vel sine culpa interfecta aliam duxerit uxorem, armis depositis publi-
cam agat poenitentiam; et si contumax fuerit, conprehendatur a comite et ferro vinciatur et in
custodia mittatur, donec res ad nostram notitiam deducatur”. Cfr. anche MGH, edidit G.H.
PERTZ, Legum, Tomus I, Hannoverae MDCCCXXXV (Unveränderter Nachdruck Stuttgart
1991), “Capitula pro lege habenda”, pp. 353-354; nonché P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Ro-
manorum, n°†51 (XLVIII), p. 8.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 79
79
Il canone è presente anche nella Collezione in Tre Libri (3L, libro III, titolo XIII:
“De varietate homicidiorvm”, c. 7), nel Decretum di Burcardo di Worms (Burch. VI, 37);
nella Collectio canonum di Anselmo da Lucca (Ans. X, 38); nel Decretum di Ivo di Chartres
(Ivo Decr. X, 166); nella Collezione in 183 Titoli (183T, 125.1); nella Collezione in 2 Libri (2L,
2.243) e nel Policarpus (Polyc. 6.9.2), su cui cfr. Collectio canonum trium librorum, edidit
J. MOTTA, Pars altera (Liber III et Appendix), (Monumenta iuris canonici, Series B: Corpus
Collectionum 8/II), Città del Vaticano 2008, pp. 155-156. Secondo il Friedberg (Decretum
Gratiani, coll. 1151-1152, nota 70) la norma è presente anche nel Liber de synodalibus causis
di Reginone di Prüm (Reg. II, 75).
80
G. PICASSO, Collezioni canoniche, p. 477.
81
Cfr. supra, nota 78.
82
Sull’anatema cfr. A. AMANIEU, v. Anathème, in “Dictionnaire du droit canonique”, I
(Paris 1935), coll. 512-516. Si può ricordare che al tempo del Decretum Gratiani sembra che
la riduzione dell’anatema alla scomunica si sia compiuta, tanto che nel dictum ante c. 24 C.
11 q. 2 Graziano fornisce una falsa etimologia di anatema con il senso di separazione e non
più di maledizione.
80 MAURA MORDINI
83
C. 6 q. 3 c. 4: “Quando episcopus parrochianum alterius excommunicare ualet:
Placuit pro communi utilitate, ut nullus episcoporum grauiter ferat, si eius parrochianum
pro depredationis causa alter episcopus excommunicaverit”. Cfr. Karolomanni Capitulare
Vernense, in MGH, Capitularia Regum Francorum, II, n. 287, pp. 371-375 (884 marzo), in
particolare p. 373, c. 5: “Episcopus, in cuius parrochia aliquis consistens aliquid depraeda-
tus fuerit, semel et bis atque tertio, si necesse fuerit, vocabit illum sua admonitione per suum
presbyterum canonice ad emendationem sive ad compositionem et ad poenitentiam, ut Deo et
ecclesiae satisfaciat, quam laesit. Si autem despexerit atque contempserit eius admonitionem
atque saluberrimam invitationem, feriat illum pastorali virga, hoc est sententia excommuni-
cationis, ut a communione sanctae ecclesiae omniumque christianorum sit separatus usque ad
congruam satisfactionem et dignam emendationem. Quam excommunicationem debebit idem
episcopus seniori illius notam facere et omnibus suis coepiscopis, ne eum recipiant usque ad
satisfactionem” (cfr. anche MGH, Legum, Tomus I, “Karlomanni capitula apud Vernis pala-
tium”, pp. 550-553, in particolare p. 552, c. 5, edizione citata dal Friedberg).
84
Sulla falsa attribuzione cfr. G. PICASSO, Collezioni canoniche, p. 478, nota 16.
85
C. 6 q. 3 c. 5: “De eodem. Item ex Concilio Meldensi, c. 2”. Cfr. Karolomanni Capi-
tulare Vernense, in MGH, Capitularia Regum Francorum, II, n. 287, p. 373, c. 6: “De illis
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 81
autem, qui infra parrochiam beneficia et alodum non habent et alterius episcopi parrochiani
sunt et, dum ad curtem pergunt aut de loco ad locum iter faciunt, rapinas et depraedationes
infra parrochiam faciunt, placuit nobis et fidelibus nostris, ut, si ita prope episcopum fuerit
factum, ut ei depraedatio illorum nota fieri possit, antequam parrochiam eius exeant, mittat
strenuum et prudentem presbyterum, qui sua vice rationabiliter illos ad emendationem vocet;
in quo superior modus compositionis et emendationis servabitur, si vocati venire voluerint.
Si vero vocationem atque ammonitionem episcopi superbe contempserint, simili sententia ex-
communicationis feriantur qua et illi, qui infra parrochiam res aut beneficia habent; et insu-
per excommunicentur, ne extra parrochiam exeant, antequam superius statuta adimpleant.
Quorum excommunicatio seniori illorum et proprio eorum episcopo significanda est, ne eos
recipiant, antequam illuc redeant, ubi rapinam fecerunt, ibique pleniter emendentur” (cfr.
anche MGH, Legum, Tomus I, “Karlomanni capitula apud Vernis palatium”, pp. 550-553, in
particolare p. 552, c. 6, edizione citata dal Friedberg). Il canone è presente anche nel Liber de
synodalibus causis di Reginone di Prüm (Reg. II, 291); nel Decretum di Burcardo di Worms
(Burch. XI, 45), su cui cfr. G. PICASSO, Collezioni canoniche, p. 478, nota 16. Secondo il Fri-
edberg (Decretum Gratiani, coll. 563-564, nota 61) il canone è presente anche nel Decretum
di Ivo di Chartres (Ivo Decr. XIV, 109).
86
G. PICASSO, Collezioni canoniche, pp. 477-478 (la citazione è tratta da p. 478).
82 MAURA MORDINI
87
Dictatus papae c. 27: Das Register Gregors VII., herausgegben von E. CASPAR, I,
Buch I-IV, 2. unveränderte Auflage, Berlin 1955 (MGH, Epistolae Selectae in usum schola-
rum […], Tomus II, Fasciculus I, Gregorii VII Registrum, Lib. I-IV, Editio secunda, Berolini
MCMLV), n°II, 55a, pp. 201-208, in particolare p. 208. In generale, sul Dictatus papae e la
principale bibliografia ad esso relativa cfr. E. CORTESE, Il diritto nella storia medievale, vol. I,
L’alto Medioevo, Roma 1995, pp. pp. 369-373; ID., Le grandi linee, pp. 211-213; O. CAPITANI,
Gregorio VII, santo, pp. 203-204; ID., Gregorio VII, in Dizionario Biografico degli Italiani,
vol. LIX, Roma 2002, pp. 146-160, in particolare pp. 155-156; nonché C. FANTAPPIÈ, Introdu-
zione storica, pp. 86-88.
88
La bibliografia sul punto è sterminata: si rinvia alle sintesi, con chiare indicazioni
sulle fonti e la storiografia, in O. CAPITANI, Gregorio VII, santo (cit. supra, a nota 20), nonché
ID., Gregorio VII.
89
Anche il tema della deposizione dei sovrani da parte del pontefice e, dunque, della
concezione del potere del papa rispetto ai principi secolari durante e dopo la fase della rifor-
ma della Chiesa di Roma è stato oggetto di innumerevoli studi. Le problematiche di carattere
più strettamente storico-giuridico sono state trattate, con ampio riferimento alla storiografia
precedente, in O. HAGENEDER, Il sole e la luna. Papato, impero e regni nella teoria e nella
prassi dei secoli XII e XIII, a cura di M.P. ALBERZONI, (Cultura e Storia 20), Milano 2000, in
particolare alle pp. 165-211, ove si legge il capitolo V intitolato “Il diritto papale di deposizio-
ne del principe: i fondamenti canonistici” [traduzione rivista e aggiornata dall’autore dell’ed.
or. O. HAGENEDER, Das päpstliche Recht der Fürstenabsetzung. Seine kanonistiche Grundle-
gung (1150-1250), in “Archivum Historiae Pontificiae”, 1 (1963), pp. 53-95; già in trad. it.
Il diritto papale di deposizione del principe: i suoi fondamenti canonistici (1150-1250), in Il
pensiero politico del Basso Medioevo. Antologia di saggi, a cura di C. DOLCINI, (Il mondo me-
dievale. Studi di storia e storiografia, 11), Bologna 1983, pp. 193-238]. Sul tema dei rapporti
tra la potestà spirituale della Chiesa e la potestà temporale dell’Impero e dei regni, con cenni
anche alle norme prese in esame in questo paragrafo, cfr. A.M. STICKLER, Magistri Gratiani
sententia de potestate ecclesiae in statum, in “Apollinaris”, XXI (1948), pp. 36-111; S. MOCHI
ONORY, Fonti canonistiche dell’idea moderna dello stato (imperium spirituale – iurisdictio
divisa – sovranità), (Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Nuova Serie,
Volume XXXVIII), Milano 1951; G. CATALANO, Impero, regni e sacerdozio nel pensiero di
Uguccio da Pisa, Milano 1959. Sotto il profilo dell’influenza del diritto feudale sull’emersione
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 83
di un diritto di resistenza dei sudditi verso il sovrano analizza le norme menzionate nel testo,
nonché la posizione della dottrina sul punto, M. RYAN, Feudal Obligation and Rights of Resi-
stance, in Die Gegenwart des Feudalismus. Présence du féodalisme et présent de la féodalité.
The Presence of Feudalism, herausgegeben von N. FRYDE, P. MONNET, O.G. OEXLE, (Veröffen-
tlichungen des Max-Planck-Instituts für Geschichte; Band 173), Göttingen 2002, pp. 51-78.
90
Si tratta della notatio dei Correctores Romani al c. 3 (coll. 755-756 dell’edizione del
Friedberg). L’episodio relativo a Pipino il Breve e a papa Zaccaria è riportato in una fonte
narrativa di poco posteriore (cfr. P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum, post n°2290
[CCCII], p. 268). Cfr. in sintesi E. CORTESE, Il diritto, vol I, pp. 178-179, ove si dà rilievo
all’inserimento del ricordo della vicenda nel Decretum Gratiani, da cui, in tal modo, fu rica-
vata un’auctoritas utilizzata dai canonisti a fini ierocratici. In C. ZENDRI, Elementi canonistici
nella «Compilatio Antiqua», p. 245, la norma è presa in considerazione quale esempio del
dibattito che nel diritto canonico si sviluppò sui limiti della nozione di fidelitas.
84 MAURA MORDINI
91
Così si legge nella notatio: “Habetur autem in regesto Gregor(ii) VII lib. 8 ep. 21 He-
rimanno, Metensi episcopo scripta, quam refert Ivo. In qua quidem epistola paulo ante multa
ex epistola Gelasii Anastasio imperatori scripta afferuntur” (cfr. la nota precedente per la
notatio dei Correctores Romani). La norma è presente anche nel Decretum e nella Panormia
di Ivo di Chartres (Ivo Decr. V, 378; Ivo Pan. V, 109), nella Collectio canonum di Anselmo
da Lucca (Ans. I,80), nella raccolta del cardinale Deusdedit (Deusd. IV,184), nonché nella
Collezione in Tre libri (3L, libro II, titolo XXVI “De excommunicantibus”, c. 28: cfr. Collectio
canonum trium librorum, Pars prior, p. 359 nota a c. 28); e in una collezione milanese del
XII secolo (Milano, Biblioteca Ambrosiana, I 145 inf., cc. 28r-29v), su cui cfr. G. PICASSO,
Collezioni canoniche milanesi, p. 84 n°19.
92
Das Register Gregors VII., I, n°IV, 2, pp. 293-297.
93
Das Register Gregors VII., II, n°VIII, 21, pp. 544-563.
94
Cfr. Das Register Gregors VII., II, n°VIII, 21, p. 554; nonché P. JAFFÉ, Regesta Pon-
tificum Romanorum, n°5201 [3921], p. 639. Per il rinvio a c. 3 C. 15 q. 6 cfr. S. BEULERTZ,
Gregor VII. als «Publizist». Zur Wirkung des Schreibens Reg. VIII, 21, in “Archivum Histo-
riae Pontificiae”, 32 (1994), pp. 7-29, in particolare p. 16.
95
Per tutti questi aspetti e per ulteriori indicazioni bibliografiche cfr. in sintesi O.
CAPITANI, Gregorio VII, santo, pp. 205-207, nonché ID., Gregorio VII, pp. 154, 157-158. Per
l’esame della canonistica su questa norma cfr. la rassegna in S. MOCHI ONORY, Fonti canonisti-
che dell’idea moderna dello stato, passim.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 85
100
Più precisamente si tratta del frammento di una lettera di Urbano II (1088-1099),
su cui cfr. P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum, n°5724 (4291), p. 695. La norma è
presente anche nella Panormia di Ivo di Chartres (Ivo Pan. V, 111) e nella Collezione in Nove
libri (9L, 5, 17, 2), su cui cfr. F.J. GOSSMAN, Pope Urban II and Canon Law, p. 46 n°12 e p.
57 n°11. Secondo il Friedberg (Decretum Gratiani, coll. 755-756, nota 72) il canone si legge
anche nella Collectio Caesaraugustana (Caes. VI, 24).
101
Già il Friedberg aveva annotato che si trattava di un frammento, dalla datazione
incerta, di una lettera diretta ai vescovi “Ebredunensis, Vapicensis et Diensis” (coll. 755-756,
nota 72). Su questa norma cfr. F.J. GOSSMAN, Pope Urban II and Canon Law, p. 127, n° 32.
102
C. 11 q. 3 c. 92: “Preceptis non obedire multociens expedit. Item Augustinus. Non
semper malum est non obedire precepto; cum enim Dominus iubet ea, que Deo sunt contraria,
tunc ei obediendum non est”. Il canone in realtà è tratto da un testo di s. Ambrogio e concerne
i rapporti tra servo e padrone.
103
C. 11 q. 3 c. 93: “De eodem. Item Ieronimus in epist. ad Ephesios: Si dominus iubet
ea, que non sunt contraria sacris scripturis, subiciatur domino seruus. Sin uero contraria
precipit, magis obediat spiritus quam corporis domino. Et infra: §1. Si bonum est quod preci-
pit inperator, iubentis exsequere uoluntatem; si malum, responde: ‘Oportet Deo magis quam
hominibus obedire’. Hoc ipsum et de seruis apud dominos, et de uxoribus apud uiros, et de
filiis apud patres, quod in illis tantum debeant dominis, uiris, parentibus esse subiecti, que
contra Dei mandata non sunt”. Il canone è tratto dall’epistola di s. Girolamo a Tito e concerne
tutti i rapporti ove rileva un vincolo di subordinazione, da quella dei sudditi verso l’impera-
tore a quella tipica dei vincoli coniugali, di filiazione o di servitù.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 87
104
Cfr. O. CAPITANI, Gregorio VII, santo, pp. 205-207; ID., Gregorio VII, pp. 154 e 157.
105
A.M. STICKLER, Magistri Gratiani sententia, pp. 92-97 (la citazione tra virgolette è
tratta da p. 96). Concorda sul punto cfr. anche O. HAGENEDER, Il sole e la luna, p. 171 (a p.
169 lo studioso ricorda che già sotto Urbano II motivo di scioglimento del giuramento era la
‘scomunica’ e non la ‘deposizione’ del sovrano).
106
Per queste osservazioni cfr. P. PRODI, Il sacramento del potere. Il giuramento po-
litico nella storia costituzionale dell’Occidente, Bologna 1992, pp. 119-122 (l’espressione ci-
tata nel testo è tratta da p. 120); cfr. anche le considerazioni relative al potere dell’autorità
ecclesiastica di sciogliere da ogni obbligo giurato alle pp. 142-145. Ricordiamo brevemente
che la politica gregoriana in relazione ai legami di fidelitas e all’utilizzazione dello strumento
feudale come strumento di raccordo tra poteri è stata oggetto di numerose analisi; tra le più
significative si rinvia a K. JORDAN, Das Eindringen des Lehnswesens in das Rechtsleben der
römischen Kurie, mit einem Nachtrag zum Neudruck, Darmstadt 1973, (ed. or. in “Archiv
für Urkundenforschung”, zwölfter Band, 1931, pp. 13-110); P. ZERBI, Il termine «fidelitas»
nelle lettere di Gregorio VII, in “Studi Gregoriani”, III, Roma 1948, pp. 129-148; A. BECKER,
88 MAURA MORDINI
Politique féodale de la papauté à l’égard des rois et des princes (XIe-XIIe siècles), in Chiesa e
mondo feudale, pp. 411-445, in particolare pp. 415-419; U.R. BLUMENTHAL, Gregor VII. Papst
zwischen Canossa und Kirchenreform, (Gestalten des Mittelalters und der Renaissance, he-
rausgegeben von P. HERDE), Darmstadt 2001, pp. 282-326.
107
Cfr. supra, nota 87 e testo corrispondente. Paolo Prodi sottoliena “la portata con-
creta, rivoluzionaria ed esplosiva nella sua concisione” della proposizione 27 (P. PRODI, Il
sacramento del potere, p. 122, nota 42).
108
Così P. PRODI, Il sacramento del potere, p. 124, che prosegue: “non si tratta ancora
di una legislazione organica, come è noto, e anche a proposito del giuramento la forma è an-
cora quella della raccolta sovrapposta e non omogenea delle sentenze dei Padri, dei decreti
dei concili e dei canoni penitenziali, ma nella sostanza è evidente lo sforzo di attuare le indica-
zioni gregoriane affermando la giurisdizione della Chiesa sul giuramento, sulle condizioni di
liceità, di validità, di spergiuro”. Si può notare che queste affermazioni paiono in linea con le
osservazioni generali del Picasso, del Mordek e del Giordanengo sui caratteri delle collezioni
canoniche all’epoca della riforma (cfr. supra, note 16-18 e testo corrispondente).
109
Sulla difficoltà, per un cristiano, di ammettere la liceità del giuramento di fronte
ai testi delle Scritture (in particolare Mt. 5, 37 e Gc. 5, 12) che sembrano vietare l’atto cfr.
J. GAUDEMET, Le serment dans le droit canonique médiéval, in Le serment, vol. II, Théo-
ries et Devenir, édité par R. VERDIER, Paris 1991, pp. 63-75, in particolare pp. 64 e 70-71.
Affronta specificamente il tema della liceità del giuramento, dalla vita cristiana dei primi
secoli fino al secolo XI, allorquando tale liceità non è più messa in discussione, M. CALAMARI,
Ricerche sul giuramento nel Diritto Canonico, in “Rivista di storia del diritto italiano”,
XI/I (1938), pp. 127-183, e XI/II (1938), pp. 420-430. Sulla concezione feudale della fedeltà
e del giuramento nella compilazione grazianea ha insistito E. NASALLI ROCCA, «Fidelitas»
e giuramento di fedeltà nell’opera di Graziano, in “Studia Gratiana”, II (1954), pp. 409-
423, in particolare pp. 415-416. A proposito dell’applicazione del giuramento secondo la
disciplina del Decretum Gratiani ai campi più disparati (“allant des relations entre peuples
aux petit affaires de la vie privée”), compreso quello della fedeltà, cfr. J. GAUDEMET, Le
serment, p. 69.
110
Ph. HOFMEISTER, Die Eidesformen nach dem Dekret Gratians, in “Studia Gratiana”,
II (1954), pp. 349-359.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 89
111
M. DAVID, Parjure et mensonge dans le Décret de Gratien, in “Studia Gratiana”, II
(1954), pp. 118-142.
112
E. NASALLI ROCCA, «Fidelitas» e giuramento di fedeltà.
113
Cfr. P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum, n°†49 (XLVI), p. 8. La norma si
legge anche nel Policarpus (Pol. VI, 10, 1), nel Decretum di Burcardo di Worms (Burch. XII,
4*), nella Collectio canonum di Anselmo da Lucca (Ansel. XI, 51), nel Liber de vita christiana
di Bonizone da Sutri (Bonizo IX, 49), nel Decretum di Ivo di Chartres (Ivo Decr. XII, 61),
su cui cfr. Die Kanonessammlung Polycarpus, p. 179 (1360); nonché nella Collezione in Tre
Libri, su cui cfr. Collectio canonum trium librorum, Pars altera, p. 160 (3L, libro III, titolo
XIIII: “De mvltimodis ivramentis”, c. 1). Secondo il Friedberg (Decretum Gratiani, coll. 883-
884, nota 2) la norma è presente altresì nel Liber de synodalibus causis di Reginone di Prüm
(Reg. II, 335) e nella Collectio tredecim partium (Collectio Tredec. P. X, 71).
114
Su questo canone cfr. E. NASALLI ROCCA, «Fidelitas» e giuramento di fedeltà, p. 417.
Per papa Pio I cfr. supra, nota 77.
115
“V Pars. De forma uero fidelitatis, et quid quisque debeat domino, uel e conuerso,
sic inuenitur in epistola Filiberti Episcopi”.
90 MAURA MORDINI
Questo testo, che già prima della fine del XII secolo era stato inserito
all’interno dei Libri Feudorum, ha sollecitato a più riprese l’attenzione de-
gli studiosi117. Il vescovo Fulberto, riprendendo gli elementi principali della
116
Il canone si legge anche nel Decretum e nella Panormia di Ivo di Chartres (Ivo Decr.
XII, 76; Ivo Pan. VIII, 122), nella Collectio Caesaraugustana (Caes. VI, 22), su cui da ultimo
cfr. C. ZENDRI, Elementi canonistici nella «Compilatio Antiqua», p. 234. Per l’inserimento
della lettera del vescovo Fulberto nel Decretum Gratiani e, in particolare, nella ‘first recen-
sio’ della raccolta cfr. K. PENNINGTON, The Formation of the Jurisprudence of the Feudal
Oath of Fealty, pp. 56-57 (a p. 59, nota 10, è trascritto il testo di questo canone secondo il
manoscritto 673 del monastero di St. Gallen).
117
Cfr. adesso C. ZENDRI, Elementi canonistici nella «Compilatio Antiqua», p. 233: tra i
maggiori ha richiamato l’attenzione di Heinrich Mitteis, Marc Bloch, François Louis Ganshof
e Paolo Prodi, i quali hanno sottolineato la sovrapposizione del giuramento di fedeltà “al più
risalente omaggio, con il risultato di ricondurre l’antica pratica germanica della commendatio
vassallatica entro i confini della dottrina cristiana”; nonché ID., Feudum a fidelitate, pp. 296-
300. Sulla norma cfr. inoltre G. GIORDANENGO, “Epistola Philiberti”, pp. 815-827; P. WEIMAR,
Die legistische Literatur der Glossatorenzeit, pp. 165-167; A. BECKER, Form und Materie.
Bemerkungen zu Fulberts von Chartres De Forma Fidelitatis im Lehnrecht des Mittelalters
und der frühen Neuzeit, in “Historisches Jahrbuch”, 102 (1982), pp. 325-361; K. PENNINGTON,
The Formation of the Jurisprudence of the Feudal Oath of Fealty, con particolare attenzione
alla canonistica, da Giovanni da Faenza a Bernardo da Parma. A proposito della lettera di
Fulberto si è anche osservato che in essa il giuramento “è divenuto da elemento secondario
cardine di tutto il rapporto feudale, matrice di migliaia di formule sacramentali […] nei secoli
successivi” (P. PRODI, Il sacramento del potere, p. 112). Per il recepimento della lettera nella
cosiddetta recensio ardizzoniana dei Libri Feudorum cfr. le indicazioni in M. MORDINI, Aspetti
della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, pp. 231-232.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 91
Si quis laicus iuramentum uiolando profanat, quod regi et domino suo iurat,
et postea peruerse et dolose eius regnum tractauerit, et in mortem ipsius ali-
quo machinamento insidiatur, quia sacrilegium peragit, in Christum Domi-
ni manum mittens, anathema sit, nisi per dignam penitenciae satisfactionem
118
Così C. CAROZZI, Les évêques vassaux du roi de France d’après Yves de Chartres, in
Chiesa e mondo feudale, pp. 225-243, in particolare pp. 231-232 (la citazione nel testo è tratta
da p. 231), ove si indicano le fonti antiche, attribuite a Cicerone, del testo di Ivo e di quello del
suo predecessore nella sede episcopale di Chartres, Fulberto.
119
C. ZENDRI, Elementi canonistici nella «Compilatio Antiqua», pp. 234-235 vi ravvisa
anche la somiglianza con un passo delle Etymologiae di Isidoro di Siviglia, già entrato nelle
raccolte di Ivo di Chartres e quindi confluito pure nel Decretum Gratiani, in D. 4 c. 2; cfr.
anche ID., Feudum a fidelitate, p. 297 (per la somiglianza con il luogo isidoriano) e p. 298 (per
un più generale “sfondo canonistico, se non altro per la necessità che la scelta del bene sia
qualcosa di più di un astenersi dal male, si traduca in un’azione, sul modello, fra l’altro, del
Discorso della Montagna”).
120
Per tutto ciò cfr. C. CAROZZI, Les évêques vassaux. Sull’atteggiamento di Ivo di
Chartres in ordine al giuramento di fedeltà dei vescovi al re cfr. anche M. NOBILI, Il «Liber de
anulo et baculo» del vescovo di Lucca Rangerio, Matilde e la lotta per le investiture negli anni
1110-1111, in Sant’Anselo vescovo di Lucca (1073-1086) nel quadro delle trasformazioni so-
ciali e della riforma ecclesiastica, a cura di C. VIOLANTE, (Istituto Storico Italiano per il Medio
Evo-Nuovi Studi Storici, 13), Roma 1992, pp. 157-206, in particolare pp. 162, 166, 168, ove si
spiega l’atteggiamento di Ivo, favorevole alla prestazione del giuramento al re di Francia, che
distingueva la doppia natura dei poteri amministrati dal vescovo (alcuni di carattere ecclesia-
stico e sacramentale, altri di carattere temporale) coerentemente all’appartenenza simultanea
a due gerarchie: quella della Chiesa e quella del regno.
92 MAURA MORDINI
121
La norma si legge anche nel Decretum di Burcardo di Worms (Burch. XII, 21); nel-
la Collectio canonum di Anselmo da Lucca (Ans. XI, 61*); nel Decretum di Ivo di Chartres
(Ivo Decr. XII, 78); nella Collezione in Due libri (2L, II, 266); nel Liber de vita christiana di
Bonizione da Sutri (Bonizo VII, 8) e nel Policarpus (Polyc. VI, 10, 17), su cui cfr. Die Kano-
nessammlung Polycarpus, p. 180 (978); nonché nella Collezione in Tre Libri (3L, libro III,
titolo XIIII: “De his qvi ivrant regi”, c. 17) e nella Collezione in 183 Titoli (183T, 164.28), su
cui cfr. Collectio canonum trium librorum, Pars altera, pp. 164-165.
122
Notatio Correctorum: “Caput hoc in melioribus Gratiani codicibus non habetur.
Burchardus et Ivo citant ex dictis Augustini. Simile autem habetur in concilio Toletano 16 c. 8
ex Hispania misso”. Cfr. P. PRODI, Il sacramento del potere, pp. 53 e 103: il testo si legge nel
X e nel XVI concilio di Toledo, mentre la norma sullo spergiuro contro il re è citata nel sinodo
di Hohenaltheim del 916.
123
Così E. NASALLI ROCCA, «Fidelitas» e giuramento di fedeltà, p. 418, da cui sono tratte
anche le citazioni nel testo.
124
Cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, p. 273.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 93
125
Cfr. J. GAUDEMET, Le serment, p. 70, in relazione a C. 22 q. 5 c. 22.
126
P. HYAMS, Homage and Feudalism: a Judicious Separation, in Die Gegenwart des
Feudalismus, pp. 13-49, in particolare pp. 42-49; nonché F.J. GOSSMAN, Pope Urban II and
Canon Law, pp. 163-165.
127
Cfr. R.L. BENSON, The Bishop Elect, p. 318, nota 12.
128
La definizione riportata nel testo si legge nel “De investitura episcoporum”, libello
scritto nel 1109 per riassumere la posizione imperiale sulla questione delle investiture, ana-
lizzato da M. NOBILI, Il «Liber de anulo et baculo», pp. 158-167 (il passo da noi citato è preso
94 MAURA MORDINI
in considerazione a p. 162). Per il testo del libello cfr. J. KRIMM-BEUMANN, Der Traktat «De
investitura episcoporum» von 1109, in “Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters”,
33 (1977), pp. 37-83, in particolare p. 79.
129
Cfr. M. NOBILI, Il «Liber de anulo et baculo», p. 169.
130
Sul punto e sulla storiografia in tema cfr. M. NOBILI, Il «Liber de anulo et bacu-
lo», pp. 169-171; nonché C. MÄRTL, «Res Ecclesiae», «beneficia ecclesiastica» und Regalien,
pp. 466-467. Per l’ambiente ravennate e le falsificazioni attribuite ai fautori dell’imperatore
Enrico IV cfr. in sintesi E. CORTESE, Il diritto, vol. I, pp. 357-360; ID., Le grandi linee, pp.
219-221.
131
MGH, Legum Sectio IV., Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, To-
mus I. inde ab a. DCCCCXI. usque ad a. MCXCVII., edidit Ludewicus WEILAND, Hannoverae
MDCCCXCIII, nn. 83-101, in particolare n° 85 (“Promissio papae per Petrum Leonis dicta”),
pp. 138-139: “domnus papa precipiet aepiscopis presentibus in die coronationis eius, ut di-
mittant regalia regi, et regno quae ad regnum pertinebant tempore Karoli, Lodoici, Heinrici
et aliorum praedecessorum eius. Et scripto firmabit sub anathemate auctoritate [sua] et iusti-
tia, ne quis eorum [vel] praesentium vel absentium vel successores eorum intromittant se vel
invadant eadem regalia, id est civitates, ducatus, marchias, comitatus, monetas, teloneum,
mercatum, advocatis regni, iura centurionum et curtes quae [manifeste] regni erant, cum
pertinentiis suis, militiam et castra [regni]” (la promissio di Enrico rinvia per la definizione di
‘regalie’ a quella di Pasquale: cfr. ibidem, n° 83, in particolare p. 137.20). Su questi accordi
– che in realtà non furono attuati per un’immediata reazione di protesta – limitatamente ai
profili attinenti al presente studio e anche in riferimento alla storiografia precedente cfr. M.J.
WILKS, Ecclesiastica and regalia: Papal investiture policy from the Council of Guastalla to
the First Lateran Council, 1106-23, in Councils and Assemblies, Papers read at the Eighth
Summer Meeting and the Ninth Winter Meeting of the Ecclesiastical History Society, Edited
by G.J. CUMING and D. BAKER, (Studies in Church History, 7), Cambridge 1971, pp. 69-85, in
particolare p. 71; U.R. BLUMENTHAL, «Patrimonia» and «Regalia» in 1111, in Law, Church
and Society. Essays in Honor of Stephan Kuttner, Philadelphia 1977, pp. 9-20; M. NOBILI,
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 95
Il «Liber de anulo et baculo», p. 166 e pp. 180-183; C. MÄRTL, «Res Ecclesiae», «beneficia
ecclesiastica» und Regalien, pp. 468-470; G.M. CANTARELLA, Pasquale II, in Enciclopedia dei
papi, vol. 2, pp. 228-236, in particolare p. 230-232. La definizione in esame corrisponde in
sostanza anche a quella scaturita dalla dieta di Roncaglia del 1158 su preciso impulso dell’im-
peratore Federico Barbarossa e successivamente accolta anche nei Libri Feudorum: cfr. per
la storiografia tradizionale J. GAUDEMET, Régale (droit de), in “Dictionnaire de droit cano-
nique”, VII, coll. 493-532, in particolare coll. 498-500; più recentemente B. KANNOWSKI, Der
roncalische Regalienbegriff und seine Vorgeschichte, in Gli inizi del diritto pubblico. L’età di
Federico Barbarossa, pp. 157-176.
132
MGH, Legum Sectio IV., Constitutiones et acta publica, n° 108 (Privilegium pon-
tificis), pp. 160-161, in particolare p. 16123-26 per le regalie: “Electus [vescovo o abate del
Regnum Teutonicum] autem regalia per sceptrum a te recipiat et quae ex his iure tibi debet
faciat. Ex aliis vero partibus imperii consecratus infra sex menses regalia per sceptrum a te
recipiat et quae ex his iure tibi debet faciat; exceptis omnibus quae ad Romanam ecclesiam
pertinere noscuntur”. Sul compromesso di Worms del 1122 cfr. in sintesi G. MICCOLI, Callisto
II, in Enciclopedia dei papi, vol. 2, Roma 2000, pp. 248-254, in particolare p. 253. Per il
tema delle regalie cfr. P. CLASSEN, Das Wormser Konkordat in der deutschen Verfassung-
sgeschichte, in Investiturstreit und Reichsverfassung, herausgegeben von J. FLECKENSTEIN,
(Vorträge und Forschungen, herausgegeben vom Kostanzer Arbeitskreis für mittelalterliche
Geschichte, Band XVII), Sigmaringen 1973, pp. 411-460; nonché C. MÄRTL, «Res Ecclesiae»,
«beneficia ecclesiastica» und Regalien, pp. 468-470, con specifico riferimento alle formule del
1111 e del 1122.
133
Cfr. Wortkonkordanz zum Decretum Gratiani, Teil 4. Rispetto al tema delle regalie
e della soluzione adottata a Worms R.L. BENSON, The Obligations of Bishops with Regalia, p.
123, ha fatto riferimento alla “general ‘conspiracy of silence’ about Calixtus II’s embarrassing
concessions to the emperor Henry V”.
96 MAURA MORDINI
Gratian. Ecce quod Nycolaus Papa prohibet episcopus seculari milicia occu-
pari, nec etiam contra maritimos piratas permittit eos ad pugnam accedere.
Quomodo ergo Leo Papa aduersus Sarracenos urbem egreditur, et, ut procul
eos a littore arceat, populum undique conuocat, et suorum iniurias presentia-
liter uindicat, atque cum Gregorio milites ad arma inuitat? Sed notandum est,
quosdam episcopos Leuitica tantum portione esse contentos, qui, sicut in Dei
sorte tantum numerantur, sic ipsum Deum solummodo in hereditatem acci-
piunt, dicentes: “Dominus pars hereditatis meae est”. His nichil commune est
cum principibus seculi, quia temporalia penitus abiciunt, ne eorum occasione
legibus inperatorum obnoxii teneantur. Talibus nulla occasio relinquitur occu-
pationis secularis miliciae, quia, cum de decimis et primiciis uiuunt tamquam
summi regis filii in omni regno a terrenis exactionibus liberi sunt ita, ut dicere
ualeant: “Venit princeps mundi huius, et in nobis non habet quicquam”. Por-
ro alii sunt, qui non contenti decimis et primiciis, predia, uillas, et castella, et
ciuitates possident, ex quibus Cesari debent tributa, nisi inperiali benignitate
inmunitatem promeruerint ab huiusmodi. Quibus a Domino dicitur: “Reddite
que sunt Cesaris Cesari; et que sunt Dei Deo”. Quibus idem Apostolus: “Red-
dite omnibus debita, cui tributum, tributum; cui uectigal, uectigal”.
134
R.L. BENSON, The Bishop Elect, p. 315 per la rassegna degli studi precedenti e pp.
317-318 per il significato dell’espressione utilizzata da Graziano.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 97
Gratian. Hinc datur intelligi, quod de his, que inperiali beneficio, uel a quibu-
slibet pro beneficio sepulturae ecclesia possidet, nullius iuri, nisi episcopi, te-
neatur asstricta. De his uero, que a quibuslibet emerit uel uiuorum donationi-
bus acceperit, principibus consueta debet obsequia, ut et annua eis persoluat
tributa, et conuocato exercitu cum eis proficiscatur ad castra. Quod tamen hoc
ipsum non sine consensu Romani Pontificis fieri debet,
135
Cfr. R.L. BENSON, The Bishop Elect, p. 317: l’A. ha sottolineato l’influenza della dot-
trina di Placido da Nonantola sul linguaggio di Graziano, che in realtà rivela un atteggiamento
decisamente ‘più moderato’ sul tema, poiché non si allinea al rifiuto del monaco di distinguere
tra ‘corporalia’ e ‘spiritualia’ (“Gratian’s position was thoroughly moderate”); per la posizio-
ne di Placido da Nonantola sulle regalie cfr. ibidem, pp. 247-250, nonché M. NOBILI, Il «Liber
de anulo et baculo», pp. 189-190. Per l’indicazione dei richiami al passo evangelico nella libel-
listica dei secoli XI e XII, sia filo-imperiale (per ribadire la netta separazione tra ‘spirituale’
e ‘temporale’ secondo la visione dualista) sia filo-pontificia, tra cui Placido di Nonantola (per
giustificare la distinzione solo funzionale nell’ambito della societas Christiana) cfr. M.J. WIL-
KS, Ecclesiastica and regalia: Papal investiture policy, pp. 84-85. Per l’influenza di Placido
sul pensiero di Graziano in tema di possesso laico di beni ecclesiastici cfr. la rassegna in P.
LANDAU, Ius patronatus. Studien zur Entwicklung des Patronats im Dekretalenrecht und der
Kanonistik des 12. und 13. Jahrhunderts, (Forschungen zur kirchlichen Rechtsgeschichte
und zum Kirchenrecht, Band 12.), Köln-Wien 1975, pp. 3-4.
136
Su questo punto cfr. R.L. BENSON, The Bishop Elect, pp. 318-319; le regalie rientre-
rebbero nelle donazioni vivorum, mentre l’imperialis beneficium si riferirebbe alla benignitas
98 MAURA MORDINI
con la quale l’imperatore concede le immunità. Sul servizio di carattere militare cfr. anche
A.M. STICKLER, Magistri Gratiani sententia, p. 101, note 40 e 41 (nelle quali si attribuisce
esplicitamente questa obbligazione – nonostante il generale divieto di portare le armi – a quei
vescovi che avevano ricevuto dei feudi dai principi secolari), e pp. 55-56.
137
Cfr. ancora R.L. BENSON, The Bishop Elect, pp. 318-319. In sostanza, si potrebbe
collegare all’atteggiamento di Graziano sul tema in esame quella lucida spiegazione di Uguc-
cione sulla necessità della prestazione del giuramento di fedeltà dei vescovi titolari di regalie,
con la quale il Benson chiude su questo argomento (pp. 333-334, nota 55): “Quid ergo dice-
mus de imperatore cui episcopi faciunt iuramentum fidelitatis? Talis consuetudo approbatur
ab ecclesia presertim ea ratione, quia multum lederentur ecclesie si omnia regalia deberent
a[d]mittere, ex quo episcopi pro eis iuramentum [iuramentum] fidelitatis nollent exhibere”
(Summa in C. 22 q. 5 c. 22, tratta da J. JUNCKER, Summen und Glossen. Beiträge zur Litera-
turgeschichte des kanonischen Rechts im zwölften Jahrhundert, in “Zeitschrift der Savigny-
Stiftung für Rechtsgeschichte”, Bd. 45, “Kanonistische Abteilung”, 14 (1925), pp. 384-474,
in particolare p. 453, nota 2). Il passo di Uguccione è segnalato anche in O. GUYOTJEANNIN, La
seigneurie épiscopale dans le royaume de France (Xe-XIIIe siècles), in Chiesa e mondo feuda-
le, pp. 151-188, in particolare p. 169.
138
Per l’atteggiamento di Ivo cfr. supra, nota 120.
139
R.L. BENSON, The Bishop Elect, p. 317, nota 8. Cfr. dictum post c. 26 C. 11 q. 1:
“[…] Clerici ex officio sunt subpositi episcopo, ex possessionibus prediorum inperatori sunt
obnoxii. Ab episcopo unctionem, decimationes et primitias accipiunt; ab inperatore uero pre-
diorum possessiones nanciscuntur […] Quia ergo ut predia possideantur inperiali lege factum
est, patet, quod clerici ex prediorum possessionibus inperatori sunt obnoxii”.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 99
140
Cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I. La regola
tra virgolette costituisce la parte finale di LL.FF., Antiqua, VIII, 28 (LL.FF., Vulgata, II, 21:
“De vasallo milite, qui arma bellica deposuit”).
141
Cfr. P. GROSSI, Locatio ad longum tempus. Locazione e rapporti reali di godimento
nella problematica del diritto comune, (Università di Macerata. Pubblicazioni della Facoltà
di Giurisprudenza, 1), [Napoli] 1963, p. 125: “Se esaminiamo i canoni del Decretum di Gra-
ziano dedicati al problema della alienazione delle res ecclesiae, vi troviamo un concetto di
alienatio appena precisato o, se vogliamo, romanisticamente identificato con la donazione, la
100 MAURA MORDINI
tutela delle res ecclesiae e per lo scioglimento dal vinculo fidelitatis, non solo
accoglie le istanze ‘gregoriane’ di riforma, ma predilige anche l’uso di brani
dei pontefici riformatori, persino attraverso inesatte attribuzioni, come nel
caso di Gregorio VII per C. 16 q. 7 c. 3 (e C.1 q.3 c.13).
Oltre a ciò, tenuto conto del fatto che le norme esaminate appaiono
almeno in parte come il frutto di diverse stratificazioni, si può affermare che
il feudo sembra filtrare all’interno del Decretum con progressiva incidenza
nel corso della prima metà del XII secolo, ma senza influire profondamente
sulla struttura della raccolta, a differenza di quanto sarebbe accaduto con le
successive compilazioni di decretali extravagantes, nelle quali, precisamente
nella Compilatio tertia di Innocenzo III, compare il titolo “De feudis”145.
che la scarsa circolazione delle lettere di Gregorio VII e Urbano II (fatto che sarebbe stato sot-
tovalutato dal Gilchrist) avrebbe inciso sul limitato inserimento nelle collezioni composte nella
seconda metà del secolo XI, mentre nel XII le cose sarebbero cambiate: nel caso di Graziano,
tuttavia, la modesta presenza dei testi di Gregorio VII, Urbano II e Pasquale II deriverebbe,
per un verso, da quanto incluso nelle raccolte di cui il maestro si è servito, per l’altro da una
visione delle fonti del diritto canonico ancora molto legata alla tradizione (l’A., p. 223, parla
di ‘preconceptions’).
145
3Comp. 3.16. Cfr. Quinque Compilatione Antiquae nec non Collectio canonum Lip-
siensis, ad librorum manu scriptorum fidem recognovit et adnotatione critica instruxit AE.
FRIEDBERG, Graz 1956 (Unveränderter photomechanischer Nachdruck der 1882 in Leipzig
bei Bernard Tauchnitz erschienenen Ausgabe). Sulla novità di questo titolo cfr. P. LANDAU,
Innocenz III. und die Dekretalen seiner Vorgänger, in Innocenzo III. Urbs et orbis, a cura di
A. SOMMERLECHNER, vol. I, Roma 2003, pp. 175-199, in particolare pp. 180-181.
146
Il ruolo della scuola e della pratica nell’evoluzione del diritto canonico è ampiamente
condiviso dalla storiografia: cfr., di recente, K.W. NÖRR, Kuriale Praxis und kanonistische
Wissenschaft: Einige Fragen und Hinweise, in Stagnation oder Fortbildung? Aspekte des
allgemeinen Kirchenrechts im 14. und 15. Jahrhundert, herausgegeben von M. BERTRAM, Tü-
bingen 2005, pp. 33-38, in particolare pp. 33-34; nonché L. KÉRY, Dekretalenrecht zwischen
102 MAURA MORDINI
Zentrale und Peripherie, in Römisches Zentrum und kirchliche Peripherie. Das universale
Papsttum als Bezugspunkt der Kirchen von den Reformpäpsten bis zu Innocenz III., he-
rausgegeben von J. JOHRENDT und H. MÜLLER, (Neue Abhandlungen der Akademie der Wis-
senschaften zu Göttingen, Philologisch-Historische Klasse, Studien zu Papstgeschichte und
Papsturkunden, Neue Folge, Band 2.), Berlin-New York 2008, pp. 19-45, ove si riflette sul
significato sia della decretale in sé, quale decisione del caso concreto, sia come frammento
inserito nelle collezioni di diritto canonico, sia, infine, come fonte di diritto generale.
147
Ricordiamo solo pochi esempi, già noti alla storiografia, che tuttavia ci paiono em-
blematici per sottolineare la peculiarità dell’atteggiamento tenuto sul feudo da Graziano. In
E.H. KANTOROWICZ, Inalienability, p. 492, nota 29, in relazione al concilio Laterano II presie-
duto da Innocenzo II, è segnalato un passo ove, a proposito del giuramento d’ufficio dei vesco-
vi, si afferma: “Romani pontificis licentia ecclesiastici honoris celsitudo quasi foeudalis iuris
consuetudine suscipitur et sine eius permissione legaliter non tenetur” (cfr. anche P. CLASSEN,
Das Wormser Konkordat, pp. 427-428). In P. HYAMS, Homage and Feudalism, p. 44, si insiste
sulla testimonianza di una fonte cronistica relativa al concilio provinciale di Rouen del 1096,
con preciso riferimento al feudum ricevuto da un sacerdos ‘a laico’, nonostante la riafferma-
zione del divieto per i chierici di prestare omaggio ai laici sancita da Urbano II nel concilio
di Clermont del 1095 (cfr. anche M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico.
Parte I, p. 273). Cfr. infine il riferimento alle infeudazioni, effettuate a favore di sacerdoti,
nei testi raccolti in S. BEULERTZ, Das Verbot der Laieninvestitur im Investiturstreit, (MGH,
Studien und Texte, Band 2), Hannover 1991, n° 10, pp. 11-12 e p. 111 per il testo sul concilio
di Rouen menzionato anche da Hyams; nonché il n° 19, p. 19: Benevento, 1108 ottobre (papa
Pasquale II). È evidente che il paragone con il giuramento feudale o il richiamo a infeudazioni
a favore di chierici dimostrano che la Chiesa di Roma aveva ben presente la pervasività del
feudo nei rapporti sociali e di potere, senza rivestire il fenomeno di particolari connotazioni
negative, nonostante questi documenti risalgano a un’epoca (dal pontificato di Urbano II a
quello di Innocenzo II) in cui erano ancora ben presenti le istanze della riforma gregoriana.
148
Histoire du Droit et des Institutions de l’Église en Occident, publiée sous la direction
de Gabriel LE BRAS, Tome VII, L’âge classique 1140-1378. Sources et théorie du droit, par G.
LE BRAS, CH. LEFEBVRE, J. RAMBAUD, Paris 1965, p. 134.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 103
149
Cfr. le sintesi tradizionali e alcune delle più recenti in A. VAN HOVE, Commentarium
Lovaniense in codicem iuris canonici. Prolegomena, Mecklinae-Romae 1945 (2° ed.), pp. 355-
357; A.M. STICKLER, Historia iuris canonici latini. I: Historia fontium, Augustae Taurinorum
1950 (rist. Roma 1974), pp. 225-236; J. GAUDEMET, Les sources du droit canonique. VIIIe-XXe
siècle. Repères canoniques. Sources Occidentales, Paris 1993, pp. 119-126; P. ERDÖ, Storia
delle fonti del diritto canonico, pp. 114-119; C. DUGGAN, Decretal Collections from Gratian’s
Decretum to the Compilationes antiquae. The Making of the New Case Law, in History of Me-
dieval Canon Law in the Classical Period, pp. 246-292; K. PENNINGTON, Decretal Collections
1190-1234, in History of Medieval Canon Law in the Classical Period, pp. 293-317. Per la
definizione di collezione di decretali cfr. in particolare G. FRANSEN, Les décrétales et les col-
lections de décrétales, (Typologie des sources du Moyen Âge occidental, directeur L.GÉNICOT,
Fasc. 2), Turnhout 1972.
150
Cfr. G. FRANSEN, Du cas particulier à la jurisprudence et de la jurisprudence à
la legislation. L’évolution du droit canonique de 1140 à 1234, in … colendo iustitiam et
iura condendo … Federico II legislatore del Regno di Sicilia nell’Europa del Duecento.
Per una storia comparata delle codificazioni europee, Atti del Convegno Internazionale di
Studi organizzato dall’Università degli Studi di Messina, Istituto di Storia del diritto e delle
istituzioni (Messina-Reggio Calabria, 20-24 gennaio 1995), a cura di A. ROMANO, Roma 1997,
pp. 29-37.
151
Così in F. LIOTTA, I papi anagnini e lo sviluppo del diritto canonico classico: tratti
salienti, in “Archivum Historiae Pontificiae”, 36 (1998), pp. 33-47, poi anche in Studi di
storia del diritto medioevale e moderno, a cura di F. LIOTTA, Bologna 1999, pp. 107-128 da
cui si cita: in particolare p. 113. L’uso dell’espressione di “commmandement de loi abstrait”
si deve a Stephan Kuttner: S. KUTTNER, Quelques observations sur l’autorité des collections
canoniques dans le droit classique de l’Église, in Actes du Congrès de droit canonique (Paris
22-26 Avril 1947), Paris 1950, pp. 305-312 (poi in Medieval Councils, Decretals and Col-
lections of Canon Law, Brookfield 19922 [Collected Studies, 126] sub I con Retractationes
e New Retractationes), in particolare p. 311, ove si precisa che fino a Innocenzo III ‘la fun-
zione generale delle decretali individuali, citate sia nelle compilazioni, sia fuori di esse, era
sempre quella di un argomento e non quella di un comando di legge astratta’: è stato questo
104 MAURA MORDINI
del lessico proprio della fattispecie esaminata. Inoltre, non dobbiamo dimen-
ticare che l’evoluzione della decretale come testo normativo è stata determi-
nata in maniera decisiva dalle scelte dei compilatori delle raccolte di maggior
successo, ai quali è opportuno ricondurre l’emersione di temi feudali nella
normativa152.
Così, l’apparire all’interno del ius novum pontificio153 di termini come
‘feudum’ e ‘vasallus’, altrimenti ignorati nel Decretum Gratiani, risponde
alle caratteristiche intrinseche del ius decretalium e, in un certo senso, ‘rial-
linea’ il fenomeno normativo alla prassi attestata dalla tradizione documen-
taria, ossia alla frequenza delle concessioni e delle controversie feudali che
coinvolgevano res ecclesiae o personae ecclesiasticae154.
La definitiva affermazione di questo fenomeno pare compiersi, come si
è già accennato, con la realizzazione del titolo “De feudis” nella Compilatio
tertia di Innocenzo III, vale a dire quando la stessa struttura sistematica
della raccolta si arricchisce della materia, contenendo, seppure in modo al-
quanto marginale perché limitato a due sole norme, la dispersione dei sin-
goli capitoli che regolavano fattispecie di argomento feudale nel complesso
dell’opera155; tuttavia, nella prima delle Quinque compilationes si rinvengo-
no già i primi segnali di questo svolgimento.
a) La Compilatio prima
All’interno del Breviarium extravagantium o Compilatio prima Ber-
nardo da Pavia ha inserito alcune decretali di Alessandro III che menziona-
no esplicitamente il feudo e che, rispetto al contenuto del Decretum Gratiani,
ampliano significativamente l’ambito di rilevanza dei rapporti feudali rispet-
to al diritto canonico156. Probabilmente questo dato è strettamente legato alle
pontefice, infatti, a indicare per primo quali decretali del suo pontificato presentassero que-
sto carattere generale.
152
Per il ruolo della scuola nella scelta dei testi delle decretali e nella loro sistemazione
in raccolte cfr. G. FRANSEN, Du cas particulier à la jurisprudence, pp. 31-32.
153
Così definito dalla Rambaud in Histoire du Droit et des Institutions de l’Église en
Occident, p. 133.
154
Cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, pp. 208-211.
155
Cfr. infra, note 185-189 e testo corrispondente.
156
Il Breviarium extravagantium fu composto da Bernardo da Pavia tra il 1189 e il
1191, raccogliendo e sistemando più di 900 frammenti, e dando all’opera un ordine sistema-
tico che non è stato più abbandonato anche nelle collezioni successive (la divisione in cinque
libri secondo il piano: ‘Iudex, Iudicium, Clerus, Connubia, Crimen’); tra le fonti utilizzate,
prevalgono le decretali di Alessandro III. Sul Breviarium cfr. K. PENNINGTON, Decretal Collec-
tions 1190-1234, pp. 295-298; su Bernardo Balbi da Pavia cfr. F. LIOTTA, Bernardo da Pavia
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 105
Ceterum quia quandoque, sicut accepimus, in eos, quos ab ecclesia tua con-
stat possessiones tenere in feudum, occasione ipsarum excommunicationis seu
interdicti sententia promulgatur, nos id districtius inhibemus, quamdiu parati
fuerint super his in tua praesentia iustitiam exhibere. […].
160
Cfr. P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum, n° 14349 (9251. 9335), p. 412.
161
Sulle fonti del Decretum Gratiani e la loro sistemazione, relativamente alla giuri-
sdizione ecclesiastica e al privilegium fori dei chierici cfr. A.J. DUGGAN, Making the Old Law
‘New’, ove si conclude (pp. 232-235) evidenziando sia l’accrescimento del numero delle aucto-
ritates tra la ‘prima’ e la ‘seconda’ recensione della raccolta, sia il permanere di un’esigenza
di chiarezza, non risolta completamente dal maestro, che trovò successivamente soluzione con
i concili Laterano I (1123) e Laterano III (1179), sotto i pontificati di Callisto II e Alessandro
III, progredendo di pari passo con l’evoluzione della scuola civilistica bolognese, anche in
materia di processo. Su Graziano cfr. anche A.M. STICKLER, Magistri Gratiani sententia, pp.
89-90, il quale non ha ritenuto lesa, a causa del privilegium fori dei chierici, l’indipendenza
giuridica dello ‘Stato’ dalla Chiesa.
162
Per questi aspetti cfr. in sintesi J. GAUDEMET, Storia del diritto canonico, pp. 559-
564.
163
Cfr. M. MACCARRONE, Innocenzo III e la feudalità: «non ratione feudi, sed occasio-
ne peccati», in Structures féodales et féodalisme dans l’Occident méditerranéen (Xe-XIIIe
siècle). Bilan et perspectives de recherches, (Collection de l’École Française de Rome, 44),
Rome 1980, pp. 457-514, in particolare p. 461: “Anche in altre decretali ed in forma più
esplicita, nella Ceterum [1Comp. 2.1.7 = X 2.1.5] e nella Ex termino transmissa [2Comp.
2.2.2 = X 2.2.6], Alessandro III dichiara illegittimo il passaggio dalla giurisdizione secolare
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 107
Altre due norme, invece, non fondano una regola valevole direttamente
in tema di feudo ecclesiastico, ma stabiliscono precetti per ipotesi specifiche,
menzionando in via incidentale l’istituto in esame.
La prima di esse (1Comp. 3.33.16 = X 3.38.13) definisce le conseguen-
ze della trasmissione del diritto di patronato su una chiesa come risultato
dell’alienazione di un feudo avvenuta a qualsiasi titolo, integrando la regola
che in nessun caso devono essere lesi i diritti dell’ordinario diocesano sulla
parrocchia medesima164. Più specificamente, il frammento di decretale, che
risale all’anno 1175, mirava principalmente a integrare la disciplina del ius
patronatus che, nella prassi dell’epoca costituiva una fattispecie assai comu-
ne, e, coerentemente, essa è stata inserita nel titolo “de iure patronatus et
ecclesiis a laicis concessis”165; ai nostri fini, semmai, è interessante rilevare
che attraverso questo precetto l’infeudazione iniziava a configurarsi giuridi-
camente come una forma di alienazione166.
Anche il terzo canone (1Comp. 5.15.10 = X 5.19.8) ove si menziona
esplicitamente il feudo nella Compilatio prima è ricavato da una decretale di
Alessandro III167: il pontefice rispondeva al caso sottopostogli da un clericus,
il quale aveva riferito che suo padre aveva obbligato, a favore dei propri cre-
ditori, un appezzamento di terreno e che costoro avevano imputato i frutti di
questo bene, dedotte le spese, in sortem, vale a dire per coprire il capitale.
a quella ecclesiastica. Facendo proprio un principio sul quale si fondava il diritto feudale,
scrive all’arcivescovo di Sens, cui è diretta la seconda decretale: Per dominum feudi causam
iubeas terminari”.
164
1Comp. 3.33.16 = X 3.38.13: “Quum saeculum reliqueritis, [...] Prohibemus, ne,
quum ratione feudorum emptorum aliterve acquisitorum, vel etiam alio modo ius patronatus
in ecclesiis parochialibus acquisieritis, in eis presbyteros nisi per episcopum instituatis, nec
episcopo ius parochiale minuere aut auferre aliquatenus praesumatis. [...]”. Cfr. P. JAFFÉ,
Regesta Pontificum Romanorum, n° 13960 (9024), p. 384.
165
Il diritto di patronato è stato oggetto di numerosi studi dal punto di vista storico-
giuridico: si veda per tutti il contributo di P. LANDAU, Ius patronatus, ove si possono leggere
riferimenti specifici alla decretale Cum seculum/Quum saeculum di Alessandro III alle pp.
95 (a nota 336 l’A. specifica di aver tratto la data del provvedimento dal testo della Collectio
Francofurtana), 111 e 112-113 (ove si leggono riferimenti alla canonistica in tema di trasfe-
rimento del diritto di patronato insieme alla cessione di un’universitas, tra cui segnaliamo
l’opinione di Uguccione da Pisa che allegava la norma in esame). Sull’alienazione del ius pa-
tronatus cfr. anche infra, nota 276.
166
Cfr. P. LANDAU, Ius patronatus, p. 106.
167
1Comp. 5.15.10 = X 5.19.8: “Conquestus est nobis [...] mandamus, quatenus, si ter-
ram ipsam titulo pignoris detinetis, et de fructibus eius sortem vestram recepistis, praedictam
terram clerico memorato dilatione et appellatione cessante reddatis, et in pace et quiete dim-
ittatis, nisi forte terra ipsa de feudo sit monasterii vestri”. Cfr. P. JAFFÉ, Regesta Pontificum
Romanorum, n° 13979 (9043), p. 386.
108 MAURA MORDINI
Il papa, pertanto, riteneva che il persistere del possesso del terreno in capo
ai monaci a titolo di pegno, dopo che il capitale era stato rimborsato, era
disonorevole e ordinava di restituire immediatamente e pacificamente il bene
al chierico instante; tuttavia precisava che la restituzione non doveva essere
compiuta, se il terreno in questione fosse stato dato al monastero “de feudo”:
questa eccezione si spiega per il fatto che, mentre il pegno deve essere resti-
tuito una volta che il credito è stato soddisfatto, il feudo segue regole proprie
per la detenzione e l’eventuale retrocessione, precisando una regola in tema
di garanzie reali per definire il regime dei beni pignorati nel più ampio con-
testo dell’usura e dei divieti ad essa connessi, particolarmente pregnanti per
il diritto canonico168.
b) La Compilatio tertia
Si è già detto che all’interno della Compilatio tertia, composta nel 1209
dal giurista Pietro Collevaccino da Benevento e pubblicata da papa Inno-
cenzo III con la bolla Devotioni vestrae del 1210169, comparve il titolo “De
feudis” (tit. 16 del libro terzo): adesso si può aggiungere che in essa è dif-
fuso anche l’uso del termine ‘vasallus’ e si ampliano gli argomenti sui quali
influisce l’istituto feudale, soprattutto a tutela dell’integrità del patrimonio
ecclesiastico. Inoltre, molte delle menzioni relative al feudo risultano mera-
mente incidentali, essendo conseguenza dell’esposizione degli elementi pecu-
liari della fattispecie concreta nella parte descrittiva della decretale, e solo
talvolta esse appaiono funzionali alla decisione finale; tra queste, alcune non
168
Effettivamente il titolo 15 del quinto libro della Compilatio prima è dedicato alle
‘usure’. Sul tema cfr. in sintesi A. DUMAS, Intérêt et usure, in “Dictionnaire du droit canoni-
que”, V (Paris 1953), coll. 1475-1518, in particolare coll. 1475-1486; l’A., tra l’altro, ha os-
servato che la politica di Alessandro III in tema di usura e pegno si presenta particolarmente
insistente e coerente, soprattutto per l’affermazione della regola che i frutti del pegno devono
essere computati sul capitale (coll. 1484-1485). Si tenga presente che sui dodici canoni del
titolo “de usuris” della Compilatio prima ben undici sono tratti da decretali di Alessandro III
e che il principio in esame è esplicitamente ribadito in c.1, c.4 e c.10; successivamente, ben
nove di questi frammenti, tra cui quelli segnalati da ultimo, sono stati inseriti anche sotto il
titolo “de usuris” del Liber Extra (cfr. X.19.1, 2 e 8).
169
Su Petrus Beneventanus, probabilmente già maestro a Bologna, quindi notaio della
curia apostolica e infine cardinale, cfr. A. CAMPITELLI, Collevaccino, Pietro (Pietro da Be-
nevento), in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XXVII, Roma 1982, pp. 34-36. Sulla
raccolta cfr. adesso K. PENNINGTON, Decretal Collections 1190-1234, pp. 295-298. Per le ca-
ratteristiche delle raccolte di decretali da Innocenzo III a Bonifacio VIII nell’evoluzione che
condurrà alla formazione del Corpus iuris canonici cfr. F. LIOTTA, I papi anagnini e lo svi-
luppo del diritto canonico classico, pp. 107-128: per la Compilatio tertia cfr. in particolare le
pp. 113-117, ove si affrontano le problematiche relative al carattere ufficiale della collezione.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 109
170
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum inde ab A. post Christum natum
1198 ad A. 1304., Berlin 1874-1875 (rist. Graz 1957), n° 3663, p. 316.
171
3Comp. 2.1.3 (= X 2.1.13): “[…] Non enim intendimus iudicare de feudo, cuius ad
ipsum [scil. rex Francorum] spectat iudicium, nisi forte iuri communi per speciale privilegi-
um vel contrariam consuetudinem aliquid sit detractum, sed decernere de peccato. […]”. Cfr.
A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 2181, p. 189. Ai nostri fini si ricordano in
particolare M. MACCARRONE, Innocenzo III e la feudalità, citato supra, a nota 163, P. PRODI,
Il sacramento del potere, pp. 142-145, nonché O. HAGENEDER, Il sole e la luna, pp. 207-209,
per l’inquadramento della decretale nel contesto politico e giuridico-istituzionale dell’epoca;
S. MOCHI ONORY, Fonti canonistiche dell’idea moderna dello stato, pp. 205-209, nonché ad
indicem, per i riferimenti alla canonistica, che utilizzava la Novit ille a sostegno delle dottrine
sull’indipendenza degli ordinamenti statuali. Il Cortese ha definito l’emanazione di questa de-
cretale come momento in cui è iniziata la rivendicazione di una sfera di competenza esclusiva
110 MAURA MORDINI
della Chiesa (E. CORTESE, Legisti, canonisti e feudisti: la formazione di un ceto medievale, in
Università e società nei secoli XII-XIV, Atti del nono convegno internazionale [Pistoia, 20-25
settembre 1979], Pistoia 1982, pp. 195-281, in particolare p. 241).
172
3Comp. 2.1.3 (= X 2.1.13): “[…] Postremo quum inter reges ipsos reformata fuerint
pacis foedera, et utrinque praestito proprio iuramento firmata, quae tamen usque ad tempus
praetaxatum servata non fuerint, numquid non poterimus de iuramenti religione cognoscere,
quod ad iudicium ecclesiae non est dubium pertinere, ut rupta pacis foedera reformentur?
[…]”.
173
Cfr. supra, note 106-112 e testo corrispondente.
174
3Comp. 2.1.3 (= X 2.1.13): “[…] Iudex ecclesiasticus potest per viam denunciationis
evangelicae seu iudicialis procedere contra quemlibet peccatorem, etiam laicum, maxime ra-
tione periurii vel pacis fractae […]”.
175
Per la decretale, data dal Laterano il 23 marzo 1199, cfr. A. POTTHAST, Regesta
Pontificum Romanorum, n° 641, p. 61. 3Comp. 1.1.2 (= X 1.2.7) è una delle fonti del canone
1256 del V libro del vigente Codex iuris canonici (1983): cfr. Pontificia Commissio Codicis
Iuris Canonici Authentice Interpretando, Codex Iuris Canonici … Fontium Annotatione …
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 111
latio tertia è chiaro che il canone deve essere inteso come affermazione del
principio che le statuizioni dei laici non sono vincolanti per la chiesa e suoi
beni, rientrando nel titolo dedicato proprio alle “constitutiones”, ma appare
significativa anche la posizione di papa Innocenzo III volta alla tutela del
patrimonio ecclesiastico sotto ogni sua forma, vale a dire anche in relazione
a tutti i beni concessi in beneficio feudo-vassallatico: mantenere la stabilità di
queste concessioni significava garantire la titolarità eminente dell’istituzione
religiosa, mentre attraverso un atto di compravendita a favore di terzi e sen-
za il consenso del dominus-concedente questi beni sarebbero stati sottratti
più facilmente al controllo della chiesa176.
Ancora nell’ottica della tutela dei beni della Chiesa e nel rispetto delle
regole valevoli per la loro amministrazione, ma di rilevante interesse in tema
di feudo ecclesiastico, si può menzionare un canone che si occupa esplicita-
mente della donazione di decime (3Comp. 3.11.1 = X 3.10.7), ricavato da una
decretale di Innocenzo III risalente al 7 luglio 1198177 e inserito nella Compi-
latio in apertura al titolo che, più precisamente, detta la disciplina della va-
lidità dei negozi giuridici stipulati dai rettori delle istituzioni ecclesiastiche,
per la quale, in generale, è richiesto il consenso del capitolo178. Il provvedi-
mento pontificio concerneva un arbitrato relativo alle decime pertinenti ai
capitoli di due isituzioni religiose, donate da un miles a un monastero con il
consenso dell’ordinario diocesano, ma senza l’intervento del clero. Di fronte
agli arbitri i monaci avevano allegato un’autorità di s. Girolamo, in base alla
quale era sufficiente il solo consenso del vescovo per la validità della cessione
della decima, detenuta da un laico ed elargita da costui a una istituzione reli-
giosa179; mentre i rappresentanti dei due capitoli menzionati avevano invoca-
Auctus, Città del Vaticano 1989, c. 1256, p. 341; nonché F. SALERNO, I beni temporali della
Chiesa ed il potere primaziale del Romano Pontefice, in I beni temporali della Chiesa, Città
del Vaticano 1999, pp. 103-139, in particolare p. 107.
176
Cfr. il c. 44 del IV concilio Lateranense che presenta un contenuto simile: cfr. infra,
note 209-210 e testo corrispondente.
177
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 322, p. 31.
178
Tit. 11: “De his que conceduntur ab episcopo sine consensu capituli”. La norma è
commentata in J. GAUDEMET, Evêques et chapitres (Législation et doctrine à l’âge classique),
in Mélanges offerts à Jean Dauvillier, Toulouse 1979, pp. 317-328, in particolare pp. 319-
320. Il canone in esame prende in considerazione una delle ipotesi per le quali non è richiesta
l’approvazione del capitolo dell’istituzione religiosa, che si rende altrimenti necessaria in caso
di alienazione di beni ecclesiastici, secondo il dettato del c. 1 (= X 3.10.7); questa approvazio-
ne, tuttavia, può essere anche tacita (c. 2 = X 3.10.8) oppure può sopravvenire successivamen-
te per ratifica (c. 3 = X 3.10.9).
179
L’autorità attribuita a san Girolamo, ma di origine incerta si legge in C. 16 q. 1 c. 68
(cfr. J. GAUDEMET, Evêques et chapitres, p. 327, nota 17).
112 MAURA MORDINI
180
Cfr. C. 12 q. 2 c. 52 (J. GAUDEMET, Evêques et chapitres, p. 327, nota 18).
181
3Comp. 3.11.1 = X 3.10.7: “Nam et in Lateranensi concilio est inhibitum, ne quae-
libet religiosa persona ecclesias et decimas de manibus laicorum sine consensu episcoporum
recipiat, per quod indirecte datur intelligi, quod sufficit consensus episcopi, ut licitum eccle-
siae sit decimas de manibus recipere laicorum. Hoc autem de illis decimis intelligimus, quae
laicis in feudum perpetuo sunt concessae”. Il riferimento potrebbe intendersi al c. 9 e al c.
14 del Concilio Lateranense III (1179) secondo l’esposizione del Thomassin al cap. X/9, della
Vetus et novae Ecclesiae disciplina circa beneficia et beneficiarios [...], Pars tertia, p. 29,
su cui cfr. infra, nota 317, nonché G. CASSANI, Origine giuridica delle decime ecclesiastiche
in generale e delle centesi in particolare (con appendice sull’albergaria), Bologna 1894, pp.
29-30 (sulla derivazione dell’opera del Cassani da quella del Thomassin cfr. le indicazioni in
M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, p. 243). Per il Concilio
Lateranense III del 1179 cfr. Conciliorum Oecumenicorum Decreta, pp. 211-225 (decreti):
i passi in questione potrebbero essere identificati con “Ecclesias sane et decimas de manu
laicorum, sine consensu episcoporum, tam illos quam quoscumque alios religiosos recipere
prohibemus, dimissis etiam quas contra tenorem istum moderno tempore receperunt” (c. 9,
p. 21621-24) e con “Presbyter autem sive clericus, qui ecclesiam per laicos sine proprii episcopi
auctoritate receperit tenendam, communione privetur, et si perstiterit, a ministerio ecclesia-
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 113
stico et ordine deponatur” (c. 14, p. 2192-4); cfr. anche D. QUAGLIONI, I concili del Medioevo e
dell’età Moderna, p. 118. Per la normativa del concilio Lateranense IV in tema di decime cfr.
infra, note 211-213 e testo corrispondente, nonché § 4.
182
3Comp. 3.13.1 = X 3.13.10: “Possessiones ad mensam tuam vel capituli pertinentes,
alienare non debes, aut ecclesias, in quibus monachi ministrare consueverunt, clericis vel lai-
cis assignare personis. Ideoque fraternitati tuae auctoritate praesentium inhibemus, ne pos-
sessiones, casalia vel ecclesias, quae non consueverunt in beneficium assignari, alicui petenti
concedas [...]”. Per la decretale, data da Roma il 21 aprile 1198, cfr. A. POTTHAST, Regesta
Pontificum Romanorum, n° 94, p. 11.
183
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 2729, pp. 233-234.
184
Cfr. supra, nota 22 e testo corrispondente, nonché note 31, 32 e 34.
114 MAURA MORDINI
185
Per Giovanni Teutonico e l’apparato ordinario al Decretum si rinvia al successivo
§ 3.
186
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 2695, p. 231: “Maurianensi
episcopo concedit, ut gageriam, quam de feudo ecclesiae suae apud Argentinam a Nantelmo
de Miolano receperit, retinere possit”.
187
Nel caso della norma in esame è interessante considerare anche alcune glosse apposte
da Giovanni Teutonico, ad esempio ad v. gageria: “Idest pignus”; ad v. quam tu: “Scilicet
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 115
Ex parte tua nostro est apostolatui reseratum, quod saepius dubitasti, utrum,
quum contingit vasallum tuum decedere, et ad te feudum ipsius redire, feu-
dum eius alii liceat tibi dare, quamvis iuramento tenearis adstrictus non in-
feudare de novo Romano Pontifice inconsulto. Ad haec, si vasallum tuum
feudum alienare contingat, an ipsius filium vel consanguineum eiusdem feudi
consortem de ipso valeas investire. Alia quoque tua dubitatio continebat, ut,
quum feudum alienatum repereris, quod per te facile recuperare non potes,
utrum possis alicui laico in feudum illud concedere, qui et illud recuperet, et
in feudum per ecclesiam recognoscat. (Et infra:) In primo ergo casu feudum
decedentis libere, si videris expedire, concedas, atque in secundo filium vel
consanguineum alienantis investiens, in tertio feudum alienatum poteris ei li-
center concedere, per quem ipsa ecclesia valeat rehabere.
dominus feudi”; ad v. nantelmo (su cui cfr. la nota precedente): “Scilicet feudatario”; ad v.
immunis: “In hoc casu permittitur ecclesie fructum non computare in sortem ut res illa cicius
perueniat ad ecclesiam, simile supra de usuris c.i, lib.i. [1Comp. 5.15.1 (=X 5.19.1)] Set quid
si ille uellet seruire ecclesie ad hoc ut ecclesia computaret fructus in sortem? Dico quod in hoc
non est audiendus. jo.”: cfr. l’edizione dell’apparato di Giovanni Teutonico alla Compilatio
tertia resa disponibile on-line da Kenneth Pennington (abbiamo consultato l’apparato al libro
terzo al sito: http://faculty.cua.edu/pennington/edit301.htm, controllato da ultimo in data 13
giugno 2011).
188
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 3525, p. 304.
189
Il passo “quamvis iuramento tenearis adstrictus non infeudare de novo Romano
Pontifice inconsulto” è commentato in E.H. KANTOROWICZ, Inalienability, p. 493, a propo-
sito dell’evoluzione della formula del giuramento prestato dai vescovi al momento dell’inse-
diamento nella cattedra episcopale, che presenta stabilmente la clausola di non-alienazione
dall’epoca di Gregorio IX. Un cenno a questa norma in tema di alienazione dei feudi ecclesia-
116 MAURA MORDINI
Appare in un certo senso collegata al c. 2 del titolo “de feudis” una nor-
ma che si legge sotto il titolo “de donationibus” (3Comp. 3.18.2=X 3.24.5),
tratta da una decretale rilasciata da Innocenzo III il 12 dicembre 1205, a
proposito della possibiltà di integrare, con una nuova elargizione, un feudo
già concesso, nell’ipotesi che la sua consistenza risultasse inferiore a quella
stabilita al momento dell’infeudazione190. Attraverso il provvedimento pon-
tificio fu autorizzata questa integrazione fino alla misura corrispondente
all’entità nominale del beneficio all’atto del conferimento, poiché Innocenzo
III affermò che la Chiesa non poteva agire ‘con frode’: in tal senso il papa
specificò che questo accrescimento non si presentava come un nuovo conferi-
mento e pertanto – potremmo aggiungere – non violava il giuramento di non
procedere a nuove infeudazioni, coerentemente alle limitazioni di 3Comp.
3.16.2 (= X 3.20.2)191.
Infine, per la Compilatio tertia possiamo segnalare qualche canone,
che menziona solo incidentalmente il feudo, come dato di fatto non rilevante
stici si legge in F.A. GORIA, Fra rinnovamento e tradizione. Lo Speculum Feudorum di Claude
de Seyssel, (Università del Piemonte Orientale «Amedeo Avogadro». Memorie della Facoltà
di Giurisprudenza, Serie II, Vol. 32), Milano 2010, pp. 167-168. Il canone è stato glossato da
Giovanni Teutonico nell’apparato alla Compilatio tertia, ove il canonista ha precisato che
il feudo può essere concesso in dote; che è necessario reinvestire il figlio o il socio, perché il
feudo alienato “irrequisito domino” viene perduto e quindi non può trasmettersi né “iure
successionis” né “iure accrescendi”; che, d’altro canto, il figlio può ricevere il feudo, perché
non deve subire le conseguenze del “delictum patris”. Al termine di questi passi Giovanni in-
dica anche un quarto caso di infeudazione “non obstante iuramento” in riferimento a 3Comp.
3.18.2 (= X 3.24.5), per il quale cfr. infra, nel testo. Infine, si può segnalare che il glossatore
chiarisce cosa deve intendersi per “uetus feudum” (quello che è stato concesso in passato, an-
che se il vassallo non ne ha ottenuto il possesso) e per “feudum nouum” (quello che ‘di volta in
volta’ viene infeudato), appoggiandosi su fonti canoniche (rispettivamente 3Comp. 3.18.2 [=X
3.24.5] e C.24 q.1 c.1) e senza riprendere il significato che i feudisti assegnavano alle due fat-
tispecie (per i quali il “feudum vetus” o, meglio, “paternum” è il feudo che si trasmette anche
agli agnati, mentre il “feudum novum” segue esclusivamente la linea di discendenza diretta del
primo infeudato, per cui all’esaurirsi di questa ritorna nella disponibilità del dominus: cfr.
l’apparato ordinario ai Libri Feudorum in M. MONTORZI, Diritto feudale nel basso Medioevo.
Materiali di lavoro e strumenti critici per l’esegesi della glossa ordinaria ai Libri Feudorum,
Torino 1991, ad indicem [p. 389]). Per i passi di Giovanni Teutonico cfr. l’edizione on-line
dell’apparato: http://faculty.cua.edu/pennington/edit301.htm.
190
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 2621, p. 224.
191
Nell’apparato alla Compilatio tertia appaiono particolarmente interessanti i chiari-
menti di Giovanni Teutonico che ammettono questa integrazione con riferimento al principio
stabilito in 3Comp. 3.16.2 (cfr. supra, nota 189 e testo corrispondente), oppure insistendo
sul fatto che in tale ipotesi non si effettua un conferimento ‘nuovo’, ma si ‘precisa’ ciò che
è già stato concesso, oppure spiegando che è consentito compiere ciò che si presenta come
conseguenza di un precedente atto giuridico (cfr. l’edizione on-line: http://faculty.cua.edu/
pennington/edit301.htm).
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 117
per la decisione espressa nella decretale. Uno di essi è compreso nel libro
primo al titolo “de translatione episcopi et electi” (3Comp. 1.5.3 = X 1.7.3)
e tratta della decadenza del presule che abbandona la sua sede a favore di
un’altra: nel momento in cui è inflitto l’anatema a questo vescovo, sono li-
berati dal vincolo della fedeltà tutti coloro che gli hanno prestato il iura-
mentum fidelitatis192. Quattro ulteriori canoni, invece, si leggono nel libro
secondo e sono inseriti in tema di possesso sotto il titolo “de foro compe-
tenti” (3Comp. 2.2.5 = X 1.2.10)193, nel titolo “de restitutione spoliatorum”
(3Comp. 2.6.2 = X 2.13.12)194, nel “de prescriptionibus” (3Comp. 2.17.3 = X
2.26.13)195 e in quello “de appellationibus” (3Comp. 2.19.13 = X 2.28.55)196.
Un ultimo riferimento, più significativo, è presente nel libro quarto sotto il
titolo “de dote post divortium restituenda” (3Comp. 4.15.2 = X 4.20.6)197,
192
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 352, p. 34.
193
La decretale era stata emessa dal Laterano il 27 novembre 1199; cfr. A. POTTHAST,
Regesta Pontificum Romanorum, n° 879, p. 84. Tra i diversi punti controversi, venne sciolta
una questione di natura processuale concernente la competenza dei giudici che si erano oc-
cupati in varie riprese del caso, il quale venne ricondotto all’autorità del pontefice in ragione
dello status di chierici dell’attore e del convenuto. Per quanto attiene al nostro tema, assume
un certo rilievo, tra i motivi addotti per chiedere il rigetto delle istanze di uno dei litiganti,
un passo della decretale ove, in riferimento alla posizione del primo giudice investito del caso
attraverso un compromesso, è spiegato che si trattava di un consanguineo di una delle parti
dell’arbitrato e che oltretutto si trattava di un infeudatus monasterii (successiva parte in cau-
sa). In questa ipotesi, dunque, il richiamo al rapporto feudale è avvicinato alla consanguineità
come motivo per denunciare la frode che inficiava il compromesso, il lodo e la successiva tran-
sazione, in modo tale da non garantire l’imparzialità del giudizio come altre circostanze di fat-
to dimostravano. Cfr. 3Comp. 2.2.5 = X 1.2.10: “[…] Iudex namque, in quem fuit a partibus
compromissum, consanguineus ipsius I. et infeudatus monasterii dicitur exstitisse, nihilque
fecisse in publicum, sed omnia in secreto; quamvis instar iudiciorum sint arbitria introducta.
Coegit quoque partes ad transigendum, sicut ex rescripto transactionis apparet. Et […]”.
194
Questo canone è tratto da una decretale di Innocenzo III (1199/1200) concernente
una controversia instaurata tra una chiesa e i frati militiae templi per il possesso della “do-
mus Calventiae”, in territorio lombardo. Nel provvedimento pontificio si affermava che i beni
oggetto della controversia erano precedentemente detenuti in feudo da alcuni milites e che
l’ordinario diocesano li aveva riscattati per concederli, quindi, a chi ne aveva fatto richie-
sta (3Comp. 2.6.2 = X 2.13.12: “Episcopus Tridonensis possessiones quasdam a quibusdam
militibus, qui eas tenebant in feudum, ab ecclesia Terdonensi redemit, et illas Humiliatis pe-
tentibus sub ea conditione concessit”). Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum,
n° 1195, p. 110.
195
Il canone è volto alla definizione del termine di prescrizione, che poteva essere fatto
valere nei confronti della Chiesa, e presenta alcuni profili di interesse perché alla fine del
frammento di decretale il pontefice si rivolgeva al destinatario precisando il suo status di
vassallo della Chiesa di Roma.
196
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 3269, p. 279, 1208 gennaio
10.
197
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 1139, p. 104.
118 MAURA MORDINI
c) La Compilatio secunda
La storiografia giuridica tramanda da tempo i motivi della realizza-
zione della Compilatio secunda da parte di Giovanni di Galles nell’epoca
immediatamente successiva alla pubblicazione della Compilatio tertia, ve-
rosimilmente tra il 1210 e il 1212: si trattava di rispondere alla necessità di
reperire più facilmente i testi di decretali significative, emanate dai pontefici
predecessori di Innocenzo III, in particolare Alessandro III, Clemente III e
Celestino III, ma omesse nella raccolta composta da Pietro Beneventano198.
Ai nostri fini questa collezione è molto interessante, perché proprio attraver-
so l’inserzione di alcune decretali altrimenti trascurate si nota la tendenza al
completamento della disciplina del feudo rispetto ai progressi compiuti nella
raccolta di Innocenzo III e, precisamente, in tema di competenza giurisdizio-
nale, di definizione del feudo come ‘alienazione’ e di giuramento.
Ad Alessandro III, in particolare, si devono i frammenti collocati nel
titolo “de foro competenti” della raccolta, che insistono sulla competenza
esclusiva del dominus feudi anche se una delle parti in giudizio è una persona
ecclesiastica o se l’oggetto della controversia è una res ecclesiae.
Il primo di essi (2Comp. 2.2.2 = X 2.2.6) è tratto da una decretale
concernente una controversia promossa nei confronti di tre milites ‘ec-
clesiastici’199: costoro erano stati convenuti di fronte a un vescovo per la
restituzione di alcuni possessi, che, tuttavia, erano stati concessi loro da
un dominus laico; quest’ultimo, da parte sua, aveva proibito ai milites di
accettare il giudizio ecclesiastico per discutere di un feudo di carattere ‘se-
colare’; quindi, il vescovo aveva inflitto la scomunica ai tre, dopo averli di-
chiarati contumaci. Il pontefice impose la revoca della sanzione spirituale
198
Cfr. in sintesi P. ERDÖ, Storia delle fonti del diritto canonico, p. 118; K. PENNINGTON,
Decretal Collections, p. 312. Su Giovanni di Galles cfr. G. ŒSTERLÉ, Jean de Galles, in “Dic-
tionnaire du droit canonique”, VI (Paris 1957), coll. 105-106.
199
Cfr. P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum, n° 14099 (9154), p. 395.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 119
e ordinò che la causa fosse terminata dal dominus feudi, precisando che,
solo in presenza di una colpevole dilazione, sarebbe allora intervenuto il
giudice ecclesiastico200.
Il principio che sulle questioni feudali, anche insorte tra un chierico
e un laico, la competenza appartiene sempre al dominus feudi, è ribadito
pure nel canone successivo (2Comp. 2.2.3 = X 2.2.7), ricavato ancora da un
provvedimento di Alessandro III risalente agli anni 1177-1181201: nel caso di
specie il pontefice ebbe occasione di precisare che il giudice ecclesiastico po-
teva giudicare dei feudi che rientravano nella cognitio ecclesiastica, lascian-
do quelli di carattere secolare all’imperiale beneplacitum, confermando la
competenza del dominus feudale, laico o ecclesiastico che fosse202.
La Compilatio secunda presenta un riferimento al feudo anche sotto
il titolo “de rebus ecclesiae non alienandis”, ove è integrata la disciplina
dell’alienazione dei beni ecclesiastici attraverso l’inserimento di un canone
estratto da una celebre lettera inviata nel 1193 da Celestino III all’arcivesco-
vo di Ravenna (2Comp. 3.10.1 = X 3.13.8), che ha già attirato l’attenzione
degli studiosi a proposito della clausola di non-alienazione nel giuramento
prestato dai vescovi al momento dell’insediamento nel seggio episcopale203.
Per quanto attiene al nostro studio si può segnalare che, rispetto al riaf-
fermato divieto di alienazione dei beni ecclesiastici, sia che appartengano
con chiarezza alla mensa vescovile, sia che questo loro status appaia dub-
bio, l’infeudazione di “possessiones sive reditus regalium decimationum, et
aliunde ex certis locis provenientes” appare uno degli atti di disposizione
consentiti: infatti, a proposito di questi beni il prelato chiedeva se, nel caso
della loro mancata concessione in feudo a terzi, potevano essere considerati
200
Cfr. M. MACCARRONE, Innocenzo III e la feudalità, p. 461, nonché supra, note 159-
163.
201
Cfr. P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum, n° 14324 (9320), p. 411.
202
2Comp. 2.2.3 (= X 2.2.7): “Verum quoniam de quibusdam feudis adversus eun-
dem praepositum quaestio mota fuit, statuimus, ut, ex quo episcopus fuerit in eadem ecclesia
consecratus, qui plenam auctoritatem habeat et potestatem, de feudis ipsis sub suo iudicio
cognoscatur, si ad ecclesiasticam cognitionem pertineant; alioquin ipsa quaestio imperiali be-
neplacito, sicut iustum fuerit, relinquatur”. Il rispetto della competenza del dominus feudi
da parte di Alessandro III, sebbene l’attribuzione della decretale a questo pontefice sia in-
certa, sarebbe attestato anche in Decretales ineditae saeculi XII. From the Papers of the late
Walther Holtzmann, edited and revised by S. CHODOROW and C. DUGGAN, Città del Vaticano
1982, n°7, pp. 14-15, ove gli editori sottolineano la reiterazione delle clausole che accolgono il
principio giuridico in esame negli atti di questo papa.
203
E.H. KANTOROWICZ, Inalienability, p. 493, nota 37; ID., I due corpi del Re, p. 300; P.
PRODI, Il sacramento del potere, pp. 130-132.
120 MAURA MORDINI
d) La Compilatio quarta
Anche la Compilatio quarta, composta da Giovanni Teutonico verso
il 1216, presenta alcuni riferimenti al feudo206, che, soprattutto attraverso
204
2Comp. 3.10.1 = X 3.13.8: “Ut super aliqua †repositae quaestionis dubietas apostol-
icae sedis providentia enodetur, Romana ecclesia, cui licet immeriti praesidemus, singulorum
consultationibus consuevit respondere. Sane quaesivisti a nobis, si possessiones sive reditus
regalium decimationum, et aliunde ex certis locis provenientes, quos praedecessor tuus bonae
memoriae, quousque diem clausit extremum, ad manus suas tenuit, et in proprium usum ex-
cepit vel expendit, nec aliis infeudavit, de mensa sua sint archiepiscopi intelligendi, et de eis,
quum ex sacramento fidelitatis tenearis apostolicae sedi nihil alienare, contractus alienationis
cuiuslibet possit intervenire. Tuae ergo inquisitioni praesenti pagina taliter respondemus,
quod, sive intelligantur de mensa sive non, ut non alienentur, consultius existimamus. Pos-
sessiones vero, quae ecclesiae tuae minus sunt utiles, pro aliis utilioribus de fratrum tuorum
et sanioris partis capituli consilio et assensu alienandi seu commutandi liberam concedimus
facultatem”. Cfr. P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum, n° 17049 (10235. 10442), p.
601. Sulla facoltà per le personae ecclesiasticae di concedere feudi sulle regalie ricevute dal
sovrano cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, pp. 256-260.
205
Cfr. P. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum, n° 10279 (6988), p. 125, 21 maggio
1157. Per la vincolatività della fidelitas che non viene meno neanche in caso di scomunica,
sospendendosi solo la sua esecuzione, cfr. infra, §3 d). Per la continuità dell’istituzione eccle-
siastica, indipendentemente dalle vicende personali del suo rettore, cfr. M. MORDINI, Aspetti
della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, pp. 250-252.
206
Per la Compilatio quarta, che raccoglie, oltre a un certo numero di decretali, le de-
cisioni del Concilio Lateranense IV convocato nel 1215 da papa Innocenzo III, cfr. F. LIOTTA, I
papi anagnini e lo sviluppo del diritto canonico classico, pp. 116-117, nonché K. PENNINGTON,
Decretal Collections, pp. 314-315. Sul concilio cfr. in sintesi D. QUAGLIONI, I concili del Medio-
evo e dell’età Moderna, pp. 122-130. Le relative decisioni sono edite anche in Constitutiones
Concilii quarti Lateranensis una cum Commentariis glossatorum, edidit ANTONIUS GARCÍA Y
GARCÍA, (Monumenta iuris canonici, Series A: Corpus Glossatorum, vol. 2), Città del Vaticano
1981; su cui cfr. anche ID., Las constituciones del concilio IV Lateranense de 1215, in Inno-
cenzo III. Urbs et orbis, vol. I, pp. 200-224.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 121
Quum laicis, quamvis religiosis, disponendi de rebus ecclesiae nulla sit attri-
207
4Comp. 1.15.1 (= X 1.35.7): “Plerique, sicut accepimus, regulares clerici et saecu-
lares interdum, quum vel domos locant, vel feuda concedunt, in praeiudicium parochialium
ecclesiarum pactum adiiciunt, ut conductores et feudatarii decimas eis solvant, et apud eo-
sdem eligant sepulturam. Quum autem id de avaritiae radice procedat, pactum huiusmodi
penitus reprobamus, statuentes, ut quicquid fuerit occasione huiusmodi pacti perceptum ec-
clesiae parochiali reddatur”. Cfr. Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 97, canone
56; Conciliorum Oecumenicorum Decreta, pp. 260-261.
208
Cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, p. 282,
nonché LL.FF., Vulgata, I, 26(28) (LL.FF, Antiqua, VII, 6).
122 MAURA MORDINI
209
Negli atti del sinodo il canone è rubricato “Quod constitutiones principum non
præiudicent ecclesiis” (Conciliorum Oecumenicorum Decreta, p. 254; cfr. anche Constitutio-
nes Concilii quarti Lateranensis, p. 83- 84, canone 44).
210
3 Comp. 1.1.2 (= X 1.2.7) dichiarava la nullità delle norme stabilte da una comuni-
tà se apparivano in contrasto con gli interessi della chiesa locale e se erano state approvate
senza coinvolgere i rappresentanti di quest’ultima: cfr. supra, note 175-176 e testo corri-
spondente.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 123
alle decime (4Comp. 3.9.4 = X 3.30.25)211. In esso si afferma che, non essendo
attribuita ai laici alcuna facoltà di concedere o distribuire diritti di carattere
spirituale, nessun privilegio imperiale può liberare alcuno dal versamento
delle decime, che presentano appunto tale natura: si precisa, quindi, che in
occasione della concessione in feudo di decime ‘antiche’, non possono essere
usurpate le cosiddette decime novalium da parte del vassallo212, con evidente,
sebbene implicito, riferimento alla facoltà di concedere in beneficio quei beni
ecclesiastici che consuetudinariamente erano destinati all’infeudazione213.
Sotto il profilo del legame tra dominus e fidelis, due canoni sistemati
sotto il titolo “de penis” sanciscono lo scioglimento dal vincolo di fedeltà ver-
so coloro che si sono macchiati di gravi delitti a rilevanza canonica, nonché
la perdita definitiva del feudo a carico del vassallo che ha provocato ‘offese’
alla chiesa da cui deriva il beneficio, tutelando, quindi, non solo il rapporto
personale tra dominus e feudatario, ma anche il legame tra quest’ultimo e
l’istituzione ecclesiastica proprietaria dei beni concessi214. Inoltre, sotto il
211
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 898, p. 86. Sul destinatario
(Alberto, vescovo di Vercelli) cfr. ibidem, n° 897, p. 86. La decretale in esame (Tua nobis,
emessa da Innocenzo III nel 1199) sin da subito è stata inserita in diverse collezioni di diritto
canonico e ha esercitato una notevole influenza, in tema di decime, sulla canonistica succes-
siva; su questi aspetti si è soffermato S. HORWITZ, Reshaping a Decretal Chapter: Tua nobis
and the Canonists, in Law, Church and Society. Essays in Honor of Stephan Kuttner, Edited
by K. PENNINGTON and R. SOMMERVILLE, University of Pennsylvania Press. Inc., 1977, pp.
207-221. Dalla decretale sono stati estratti due frammenti: quello in esame (4Comp. 3.9.4
= X 3.30.25) e 3Comp. 3.23.2 (= X 3.30.26); cfr. infra, note 260-262 e testo corrispondente,
nonché § 4.
212
4Comp. 3.9.4 = X 3.30.25: “Tua [...] Porro quum laicis nulla sit de spiritualibus
concedendi vel disponendi attributa facultas, imperialis concessio, quantumcunque generali-
ter fiat, neminem potest a solutione decimarum eximere, quae divina constitutione debentur.
Nec occasione decimationis antiquae, licet in feudum decimae sint concessae, sunt decimae
novalium usurpandae, quum in talibus non sit extendenda licentia, sed potius restringenda”.
Per le decime novali cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I,
pp. 280-281, nota 201.
213
Sulla possibilità per le personae ecclesiasticae di concedere feudi sulle res ecclesiae
cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, pp. 233-235 per i
Libri Feudorum e p. 257 per l’apparato ordinario ai medesimi. Cfr. anche infra, § 4.
214
Così 4Comp. 5.13.1 (= X 5.37.10): aggravando le conseguenze stabilite da Celestino
III per l’omicidio di un vescovo, vale a dire la perdita dei feudi e dei benefici ricevuti dalla
chiesa interessata, Innocenzo III vietava che ai medesimi soggetti o ai loro eredi fossero re-
stituiti questi benefici o ne fossero conferiti altri “de novo”. Sulla decretale di Innocenzo III
cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 60, p. 8. La medesima conseguenza è
stabilita nel caso di omicidio del rettore o di un chierico della chiesa dalla quale il vassallo
ecclesiastico detiene il beneficio in 4Comp. 5.13.2 (= X 5.37.12), corrispondente al canone 45
del Concilio Lateranense IV (cfr. Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, p. 8412; Conci-
124 MAURA MORDINI
e) La Compilatio quinta
La Compilatio quinta, composta dal canonista Tancredi, presenta alcu-
ne norme in tema di competenza dei tribunali ecclesiastici ratione personae,
alienazione e scomunica, che completano la disciplina canonistica delle fatti-
specie feudali per queste materie216.
Sotto il titolo “de foro competenti” il c. 1 stabilisce un’importante ec-
cezione alla giurisdizione esclusiva del dominus feudi, che si aggiunge alla
limitazione ratione peccati già stabilita da Innocenzo III attraverso la de-
cretale Novit ille (3Comp. 2.1.3 = X 2.1.13): si tratta, in particolare, della
sottrazione al giudizio della corte feudale di tutte le controversie concernenti
le cosiddette miserabiles personae, anche se l’oggetto della questione è un
feudo, come lo stesso Onorio III aveva precisato in una decretale emessa nel
gennaio 1217 per rispondere sul caso di Berengaria di Navarra, già regina di
Inghilterra e vedova di Riccardo Cuor di Leone, a proposito di un castello
spettante alla medesima a titolo di dote, ma contesole da un nobile (5Comp.
liorum Oecumenicorum Decreta, p. 254). Relativamente alla perdita del diritto di patronato
a danno dei patroni delle chiese che commettono il medesimo delitto la norma è commentata
in P. LANDAU, Ius patronatus, p. 213.
215
4Comp. 5.5.2 (= X 5.7.13): “[…] Si vero dominus temporalis, requisitus et monitus
ab ecclesia, suam terram purgare neglexerit ab [hac] haeretica foeditate, per metropolitanum
et ceteros comprovinciales episcopos excommunicationis vinculo innodetur, et, si satisfacere
contempserit, infra annum significetur hoc summo Pontifici, ut ex tunc ipse vasallos ab eius
fidelitate denunciet absolutos, et terram exponat catholicis occupandam, qui eam, extermina-
tis haereticis, absque ulla contradictione possideant [...]”. Cfr. Constitutiones Concilii quarti
Lateranensis, p. 4822-28; Conciliorum Oecumenicorum Decreta, p. 2342-8. Sui temi dello scio-
glimento dei vassalli dal vincolo della fedeltà verso i domini scomunicati e dell’expositio terrae
alla conquista altrui in seguito alla condanna di eresia cfr. O. HAGENEDER, Il sole e la luna, pp.
165-211; per il c. 3 del concilio Lateranense IV cfr. in particolare la p. 186.
216
Tancredi, arcidiacono di Bologna, raccolse le decretali di Onorio III (1216-1227) su
ordine dello stesso pontefice e compì l’opera nel maggio 1226: cfr. K. PENNINGTON, Decretal
Collections, pp. 316-317. Sul canonista cfr. J.M. VIEJO-XIMÉNEZ, Tancredo (Tancredus), in
Juristas universales, Volumen I, pp. 428-430.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 125
ti, stabilisce che la locazione dei redditi derivanti dalle decime è ammessa,
nonostante i vincoli, nel caso in cui da essa derivi un miglioramento della
condizione della chiesa titolare del diritto sacramentale, ma questa facoltà
non si estende né alla concessione in feudo, né all’alienazione. In tal modo
è stata definita in maniera esplicita una proibizione, la cui affermazione era
stata chiaramente percepita sin dal tempo della riforma della Chiesa, ma
che era rimasta contraddistinta dall’imposizione di limitazioni alla facoltà
di concedere feudi, piuttosto che dalla statuizione di un esplicito divieto per
simili elargizioni.
Il c. 2 del titolo “de penis” (5Comp. 5.16.2 = X 5.37.13), infine, con-
ferma lo scioglimento dei fideles dal vincolo di fedeltà verso un dominus di-
chiarato eretico221, mentre in base a un precetto del titolo “de sententia ex-
communicationis” (5Comp. 5.18.5 = X 5.39.53) è inflitta la scomunica agli
statutari e al podestà di un comune che abbiano stabilito norme non rispetto-
se della libertà ecclesiastica: alla scomunica è aggiunta anche la privazione di
tutti i feudi che costoro detenevano dalla chiesa, a meno che questi magistrati
non abolissero tutte le norme in questione222.
f) Il Liber Extra
Tutti i canoni esaminati in questa rassegna sono stati inseriti all’inter-
no della collezione promossa da papa Gregorio IX223 e sono stati sistemati
videritis, et cum quibus ecclesiae vestrae conditionem poteritis facere meliorem, ita tamen,
quod huiusmodi locatio ad feudum vel alienationem non videatur extendi”. Cfr. A. POTTHAST,
Regesta Pontificum Romanorum, n° 7802, p. 672.
221
Per la decretale di Onorio III cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum,
n° 7852, p. 676.
222
5Comp. 5.18.5 (= X 5.39.53) “[...] fraternitati tuae mandamus, quatenus in con-
siliarios et officiales civitatis ipsius, nisi statuta ipsa de capitularibus suis deleri fecerint, et
idonee, sicut exigit res, caveri, quod similia de cetero non debeant attentare, excommuni-
cationis sententiam promulgare procures. Ceterum, quum iidem statutarii multa de bonis
ecclesiasticis tenere dicantur in feudum, ipsos fore nihilominus privatos feudis huiusmodi
nunciare procures”. Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 7857, p. 676; il
provvedimento è stato rilasciato da Rieti, il 9 ottobre 1225 (Regestum Senense. Regesten der
Urkunden von Siena, I. Bis zum Frieden von Poggibonsi, 713 - 30 juni 1235, bearbeitet von
F. SCHNEIDER [Regesta chartarum Italiae, VIII], Roma 1911, n° 683, p. 305).
223
Sulla composizione e sui caratteri del Liber Extra cfr. F. LIOTTA, I papi anagnini e
lo sviluppo del diritto canonico classico, in particolare pp. 120-122, nonché ID., Tra compi-
lazione e codificazione. L’opera legislativa di Gregorio IX e Bonifacio VIII, in Studi di storia
del diritto medioevale e moderno, 2, a cura di F. LIOTTA, Bologna 2007, pp. 21-39 (poi in Tra
diritto e storia. Studi in onore di Luigi Berlinguer promossi dalle Università di Siena e di
Sassari, tomo I, Soveria Mannelli (CZ) 2008, pp. 1283-1298).
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 127
224
Solo nel caso di 3Comp. 2.2.5 del titolo “de foro competenti” non è stato seguito il
criterio sistematico degli autori delle Compilationes antiquae, poiché il precetto è stato inse-
rito sotto il titolo “de constitutionibus” (= X 1.2.10); un frammento della medesima decretale
costituisce anche il c. 3 del titolo 16 (“Ut lite pendente nihil innovetur”) del libro secondo del
Liber Extra (= X 2.16.3).
225
Cfr. A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, n° 7887, p. 683.
226
X 5.1.27: “[...] mandamus, quatenus personaliter accedentes ad locum inquiratis
sollicite veritatem, et eam fideliter conscribentes sub sigillis vestris nobis transmittatis in-
clusam, eidem episcopo terminum assignantes, quo nostro se conspectui [personaliter] re-
praesentet pro meritis recepturus, potestate vendendi, dandi, infeudandi seu quomodolibet
alienandi bona ipsius ecclesiae interim eidem [episcopo] penitus interdicta”.
227
Cfr. F. GRAZIAN, La nozione di amministrazione, pp. 62-64; F.A. GORIA, Fra rinno-
vamento e tradizione, pp. 66-67. Su papa Paolo II (1417-1471) cfr. A. MODIGLIANI, Paolo II,
in Enciclopedia dei papi, vol. 2, pp. 685-701.
228
X 3.13.5 (= 1Comp. 3.11.4): “[…]“Alienationis autem verbum continet conditio-
nem, donationem, venditionem, permutationem et emphyteusis perpetuum contractum”. Il
canone è tratto da un concilio tenutosi “apud Silvanectim” (Saint Senlis), il cui testo è andato
perduto. Per il concilio di Saint Senlis cfr. MGH, Concilia, Tomus IV, Concilia Aevi Karolini
DCCCLX-DCCCLXXIV, Hannoverae MCMXCVIII (Die Konzilien der Karolingischen Teilrei-
che 860-874, herausgegeben von W. HARTMANN, Hannover 1998), n. 39, pp. 576-578.
128 MAURA MORDINI
229
Cfr. supra, note 141-142 per il Decretum Gratiani e nota 220 e testo corrispondente
per la Compilatio quinta. Per il titolo “de rebus alienandis vel non” e il canone X 3.13.5 cfr.
F. GRAZIAN, La nozione di amministrazione, pp. 60-61.
230
Su Pillio da Medicina e la glossa rebus suis cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina
del feudo ecclesiastico. Parte I, p. 229. Cfr. PLACENTINI, Summa Codicis, Accessit Proemium
quod in Moguntina editione desiderabatur, prefazione di F. CALASSO, rist. an. Torino 1962
dell’edizione Mogvntiae MDXXXVI, pp. 4-5: proprio al titolo “De sacrosanctis ecclesiis, et de
rebus ac privilegijs earum” il glossatore precisa “Porro hodie multis modis omnis ecclesia, et
omnis alius uenerabilis locus, poterit res immobiles quasi alienare, et uere alienare, non alias:
etiam si omnes clerici consentiant […]. Ecce enim quasi alienabit locando, sed tamen usque ad
annos xxx. […] Item quasi alienabit dando in emphyteusim […], item quasi alienabit pigno-
rando quando debitum urget, quod ex mobilibus solui non possit. item propter mores praelati
ecclesiarum, Episcopi, Abbates, Abbatissae infeudant: ergo quasi alienant. item […]”. Per il
Piacentino cfr. in sintesi E. CORTESE, Il diritto, vol. II, pp. 138-146.
231
Per la nostra analisi abbiamo consultato l’edizione romana con glosse del 1584,
approvata da papa Gregorio XIII, disponibile presso la Biblioteca del Circolo Giuridico
dell’Università di Siena-Sede di Grosseto, d’ora in avanti ‘Decretum Gratiani cum glossis’
(per questa edizione cfr. A. ADVERSI, Saggio d’un catalogo delle edizioni del «Decretum Gra-
tiani» posteriori al sec. XV, in “Studia Gratiana”, VI (1959), pp. 281-451, p. 342, n° 77;
sull’editio romana cfr. P. LANDAU, Gratian and the Decretum Gratiani, p. 50). Nell’edizione
romana del 1584 l’apparato presenta le glosse nel margine esterno precedute dai casus decre-
torum attribuiti dalla storiografia a Benencasa e allo stesso Bartolomeo da Brescia, ai quali
talvolta faremo riferimento (cfr. P. ERDÖ, Storia della scienza del diritto canonico, p. 49; R.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 129
WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s Decretum, pp. 93-95). Per i
casus e Benencasa di Arezzo cfr. S. KUTTNER, Repertorium der Kanonistik (1140-1234). Pro-
dromus Corporis Glossarum, I, (Studi e testi 71), Città del Vaticano 1937, pp. 228 e 229-230;
nonché R. NAZ, Benencasa ou Benincasa Senensis, in “Dictionnaire du droit canonique”, II
(Paris 1937), col. 747; P. ERDÖ, Storia della scienza del diritto canonico, p. 62. Per Bartolo-
meo cfr. infra, nel testo.
232
Cfr. per tutti P. ERDÖ, Storia della scienza del diritto canonico, p. 48.
233
R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s Decretum, in
History of Medieval Canon Law in the Classical Period, pp. 55-97, in particolare p. 91: l’A.
aggiunge che preferisce pensare a eliminazioni o aggiunte dei testi nel corso del tempo, piutto-
sto che a una diversa recensione dell’opera di Giovanni nella versione riveduta; inoltre, non
ritiene decisive le ragioni per rinviare a dopo il 1241 il lavoro di Bartolomeo.
234
Cfr., di recente, R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s
Decretum, pp. 82-86. Su Giovanni Teutonico cfr., in sintesi, E. CORTESE, Il diritto, vol. II,
pp. 216-217; M.A. BERMEJO CASTRILLO, Juan Teutónico (Johannes Zemeke; Teutonicus), in
Juristas universales, Volumen I, pp. 407-409; K. PENNINGTON, The Decretalists 1190 to 1234,
pp. 233-236.
235
Per le caratteristiche dell’apparato di Lorenzo Ispano, chiamato ‘Glossa Palatina’,
cfr. R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s Decretum, pp. 81-
82. Cfr. anche le indicazioni in P. ERDÖ, Storia della scienza del diritto canonico, p. 48. Su
Lorenzo Ispano cfr. A. PÉREZ MARTÍN, Lorenzo Hispano (Laurentius Hispanus), in Juristas
universales, Volumen I, pp. 410-411.
236
Cfr. R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s Decretum,
p. 84 e pp. 65-69 per l’apparato ‘Ordinaturus Magister’, alla composizione della prima recen-
sione del quale, secondo l’A., ha partecipato lo stesso Uguccione.
237
E. CORTESE, Il diritto, vol. II, pp. 226-228; P. ERDÖ, Storia della scienza del diritto
canonico, p. 53. Su Uguccione cfr. M. MARTÍNEZ ALMIRA, Hugocio de Pisa (Hugoccio de Pisa;
Ugoccione da Pisa; Huguccio de Pisa), in Juristas universales, Volumen I, pp. 366-369.
130 MAURA MORDINI
238
Per la datazione cfr. R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gra-
tian’s Decretum, p. 84: l’A., inoltre, ritiene che Giovanni abbia terminato la ‘Glossa ordi-
naria’ prima di aver completato il proprio lavoro sulla Compilatio quarta (le cui citazioni
nell’apparato sono inserite al termine delle glosse, lasciando intendere che si tratta di aggiunte
tardive a un lavoro sostanzialmente compiuto).
239
Cfr. R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s Decretum,
p. 84, ove si sottolinea che l’apparato di Lorenzo, invece, non era aggiornato con i materiali
del Concilio Lateranense IV e presentava discussioni ormai datate.
240
Cfr. le indicazioni in R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gra-
tian’s Decretum, pp. 86-88.
241
Sulle caratteristiche dell’opera di Bartolomeo e sulla sua datazione cfr. R. WEIGAND,
The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s Decretum, pp. 88-91. Su Bartolomeo
cfr. in sintesi G. LE BRAS, Bartholomeus Brixiensis, in “Dictionnaire du droit canonique”, II
(Paris 1937), coll. 216-217; E. CORTESE, Il diritto, vol. II, p. 234; R. DOMINGO, Bartolomé de
Brescia (Bartolomeo da Brescia; Bartholomaeus Brixiensis), in Juristas universales, Volu-
men I, pp. 437-439.
242
Dall’esame di alcuni studi menzionati nelle note successive, appare evidente che an-
che i primi decretisti abbandonano le riserve del maestro e adottano senza remore il lessico
feudale, procedendo nel contempo all’analisi delle implicazioni del relativo istituto in ambito
canonico.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 131
Ben cinque glosse di questo tipo, ad esempio, tutte prive di sigla nell’edi-
zione, si rinvengono in alcune Distinzioni della prima Pars del Decretum,
dove il richiamo al feudo è funzionale alla miglior comprensione del passo
esaminato. La glossa ad v. Non nouum in D. 12 c. 11 indica la concessione del
feudo vacante come ipotesi tipica in cui non è violato l’impegno a non “alie-
nare novum feudum”, a sostegno del principio che non è nuovo ciò che, una
volta stabilito, viene confermato243; allo stesso modo la glossa ad v. A quibus
fiunt in D. 93 c. 25 rammenta gli obblighi di fedeltà verso il concedente che
gravano su colui che ha ricevuto un beneficio, a proposito del rispetto dovuto
dai diaconi ai propri vescovi244. Sono, invece, semplici citazioni del legame
personale che si instaura attraverso il feudo quelle che si leggono nella glossa
ad v. Sorores meae in D. 81 c. 25245 e nella glossa ad v. Beneficia in D. 96
c. 11246, che non aggiungono alcuna spiegazione alla fattispecie richiamata,
mentre la glossa ad v. Tibi domino in D. 63 c. 33 interpreta come ipotesi tipi-
camente ‘feudale’ il giuramento prestato da Ottone I a papa Giovanni XII,
cui l’auctoritas si riferisce247: in particolare l’annotazione chiarisce che il
vassallo ecclesiastico deve prestare il giuramento non solo alla chiesa da cui
ha ricevuto il beneficio, ma anche al rettore della medesima e al suo capito-
243
gl. ad v. Non nouum in D. 12 c. 2 (Praeceptis): “arg. quod non dicitur nouum, quod
quandoque statutum fuit: licet modo renouetur, vt 24. q. 1. Achatius. [C.24 q.1 c.1] et 24. q.
1. non satis. [C.34 q.1 et 2 c.3] vnde si episcopus iurauit, quod non alienabit nouum feudum,
tamen feudum de nouo vacans potest licite alienare, vt extra de feu. ex parte [X 3.20.2]. Item
habes hic, quod per confirmationem Papae non datur ius nouum, vt extra de confir. vti. vel
inuti. cum dilecta. [X 2.30.4] Quid iuris sit, dixi de hoc per dist. prox. c. vlt. [D.13 c.2]” (De-
cretum Gratiani cum glossis, p. 39).
244
gl. ad v. A quibus fiunt in D. 93 c. 25 (Dominus): “Argu. quod nemo debet se oppone-
re illi a quo recipit beneficium, vt 22. quaest. 5. de forma. [C.22 q.5 c.18] et extra de postu.
cap. vlt. [X 1.37.3] ff. de inoffic. testamen. si pars. in fi. §. hoc autem. [Dig. 5.2.10] 8. q. 2.
illud 1. [C.8 q.2 c.1]” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 427).
245
gl. ad v. Sorores meae in D. 81 c. 25 (Legitur): “quia socius socij mei, socius meus
non est. ff. pro socio. nam socij. [Dig. 17.2.20] nec vasallus mei vasalli, meus vasallus est: si-
cut nec libertus mei liberti, libertus meus est. ff. de ver. sig. Modestinus. [Dig. 50.16.105] nec
frater fratris mei, frater meus. ff. de rit. nup. generali. §. inter priuignos. [Dig. 23.2.34.2]”
(Decretum Gratiani cum glossis, p. 370).
246
gl. ad v. Beneficia in D. 96 c. 11 (Si Imperator): “arg. clericum stantem contra eccle-
siam vnde habet beneficium, debere illo priuari: nisi forte pro talibus personis pro quibus lici-
tum sit ei contra quemlibet agere […] Simile est inter vasallum et Dominum, vt infra 22. q. vlt.
de forma. [C.22 q.5 c.18] Simile de aduocatis […]” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 443).
247
Si tratta di un canone tratto dalla formula del giuramento prestato a Roma da Ot-
tone I di Sassonia a papa Giovanni XII al momento dell’incoronazione imperiale; cfr. MGH,
edidit G.H. PERTZ, Legum Tomus II., Hannoverae MDCCCXXXVII (Unveränderter Nach-
druck, Stuttgart 1984), pp. 28-29: Coronatio romana (2 febbraio 962). Sull’episodio cfr. R.
PAULER, Giovanni XII, in Enciclopedia dei papi, vol. 2, pp. 79-83, in particolare pp. 79-80.
132 MAURA MORDINI
lo; inoltre, aggiunge che in questa fattispecie non si applica il precetto che
definisce come simoniaca la prestazione dell’homagium e della fidelitas in
cambio di un beneficio, poiché questo canone non tratta di feudo, bensì di
beneficio ecclesiastico248.
Altre tre glosse della parte successiva del Decretum si riferiscono alla
qualificazione di una disposizione come ‘nuova’ utilizzando proprio il feudo
come argomento de similibus, che sul tema diviene una sorta di ‘luogo comu-
ne’. La prima di esse è la glossa ad v. In haeresim in C. 24 q. 1 c. 1249, canone
volto a spiegare che in caso di ripetizione di un evento già sanzionato o già
regolato non si emette un precetto nuovo, ma si rinnova un provvedimento
248
gl. ad v. Tibi domino in D. 63 c. 33 (Tibi domino): “arg. quod qui feudum recipit ab
ecclesia, iuramentum fidelitatis non solum ecclesiae, sed etiam praelatis praestare debet, vt
extra de iureiuran. Ego N. episcopus. [X 2.24.4] supra dist. 23. quamquam. [D.23 c.6] et 22.
q. 5. de forma. [C.22 q.5 c.18] immo etiam ipsi capitulo, vt extra de verb. sign. cum clerici.
[X 5.40.19] cum ipsi sint pars corporis sui, vt 6. q. 1. si quis cum. [C.6 q.1 c.22]. Non ob.
extra de simo. ex diligenti. [X 5.3.17] quia ibi non erat ius feudi, de quo iure plene habetur in
constitutione Friderici, de feudis. [L.F. 2.54(55)]” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 312).
Si può osservare che la prima parte della glossa corrisponde nella sostanza a un’annotazione
dell’Apparatus Ius naturale apposta a D. 63 c. 33 ad v. Iohanni: “arg. quod qui feudum ha-
bent ab ecclesia non solum ecclesie set prelato debent fidelitatem facere” (il passo è citato in
R.L. BENSON, The Bishop Elect, p. 361, nota 60). P. MICHAUD-QUANTIN, Universitas. Expres-
sion du mouvement communautaire dans le Moyen-âge latin, (L’Église et l’État au Moyen-
âge; directeur: Gabriel Le Bras; XIII), Paris 1970, p. 205, riferisce l’opinione della dottrina
(Uguccione e Apparatus Ius naturale) a proposito del “vassal d’une collectivité” che deve
prestare il giuramento di fedeltà “à la personne morale qu’elle est et non pas aux individus
qui la composent” in relazione a C.12 q.2 c.58, quale esempio non risalente all’Antichità per
sostenere l’affermazione del concetto di universitas come dotata di una personalità propria,
diversa da quella dei suoi membri. Per l’Apparatus Ius naturale, composto da Alano e cono-
sciuto in due redazioni cfr. R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s
Decretum, pp. 79-80; cfr. anche le indicazioni in P. ERDÖ, Storia della scienza del diritto
canonico, p. 104.
249
gl. ad v. In haeresim in C. 24 q. 1 c. 1 (Achatius): “hic est casus, in quo Papa Papam
potest ligare, in quo Papa in canonem latae sententiae incidit. nec huic obuiat regula illa, quia
par parem soluere vel ligare non potest. extra de elec. innotuit. [X 1.6.20] quia si Papa haere-
ticus est, in eo quod haereticus est, minor quolibet catholico. 12. q. 1. scimus. [C.12 q.1 c.9]
quia lex factum notat etiam sine sententia. ff. de rit. nu. l. palam. §. vlt. [Dig. 23.2.43.13] Et
est hic arg. ad quaestionem de feudo. puta iurauit episcopus, quod non infeudaret de nouo,
videtur quod possit dare vetus. quod concedo in dubio, cum non constat quod intellexit cum
iurauit. extra de feu. cap. 2. [X 3.20.2]” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 1259). La glossa
è analizzata anche in R. MACERATINI, La glossa ordinaria al Decreto di Graziano e la glossa di
Accursio al Codice di Giustiniano: una ricerca sullo status giuridico degli eretici, (Università
degli Studi di Trento, Dipartimento di Scienze giuridiche, Quaderni del Dipartimento 39),
Trento 2003, pp. 145-146.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 133
preesistente250, e che costituisce una delle auctoritates allegate anche nella gl.
ad v. Non nouum in D. 12 c. 2251; entrambe queste annotazioni, inoltre, mo-
strano il c. 2 del titolo “de feudis” del Liber Extra tra le allegazioni. Questo
canone e il c. 5 del titolo “de donationibus” della stessa raccolta252 costitui-
scono le aree testuali di allegazione della glossa ad v. Nouum in C. 25 q. 2 c.
20253 e della glossa ad v. Rem non nouam in C. 34 q. 1 et 2 c. 3254: parrebbe,
dunque, che l’inserimento di questi precetti contenenti espliciti riferimenti
al feudo prima nella Compilatio tertia, poi nel Liber Extra, abbia favorito
la loro affermazione come argumenta anche per fattispecie non tipicamente
‘feudali’; del resto, il riferimento all’infeudazione compiuta dal vescovo che
aveva giurato di non effettuarla è stato utilizzato come argomento anche in
alcune delle glosse più risalenti apposte alla raccolta grazianea, in partico-
lare ad v. Non nouum in D. 12 c. 2, senza tuttavia mostrare alcun rinvio a
norme di diritto canonico, se non in un unico caso e solo al Decretum255. Inol-
250
C. 24 q. 1 c. 1: “Qui in iam dampnatam heresim labitur, eius dampnationis se parti-
cipem facit. Achatius non est inuentor factus noui erroris, sed ueteris imitator, atque ideo non
erat necessarium, ut aduersus eum noua scita prodirent, sed antiqua tantummodo renouaren-
tur. Factus sum itaque executor ueteris constituti, non promulgator noui. Quicumque enim in
heresim semel dampnatam labitur, eius dampnatione se ipsum inuoluit”.
251
gl. ad v. Non nouum in D. 12 c. 2 (Praeceptis): “arg. quod non dicitur nouum, quod
quandoque statutum fuit: licet modo renouetur, vt 24. q. 1. Achatius. [C.24 q.1 c.1] et 24. q.
1. non satis. [C.34 q.1 et 2 c.3] vnde si episcopus iurauit, quod non alienabit nouum feudum,
tamen feudum de nouo vacans potest licite alienare, vt extra de feu. ex parte. [X 3.20.2] Item
habes hic, quod per confirmationem Papae non datur ius nouum, vt extra de confir. vti. vel
inuti. cum dilecta. [X 2.30.4] Quid iuris sit, dixi de hoc per dist. prox. c. vlt.” (Decretum
Gratiani cum glossis, p. 39).
252
Per X 3.20.2 (= 3Comp. 3.16.2) e X 3.24.5 (= 3Comp. 3.18.2) cfr. supra, le note 188-
189 e 190-191, nonché i testi corrispondenti.
253
gl. ad v. Nouum in C. 25 q. 2 c. 20 (Qvaecumque): “nota, statutum non dicitur nou-
um, licet de nouo praecipiatur, dummodo quandoque fuerit statutum. sic 24. q. 1. c. 1. Sicut
feudum non dicitur nouum, quod de nouo conceditur, dum tamen quandoque fuerit conces-
sum, vt extra de feud. ex parte. [X 3.20.2] nec donatio dicitur noua licet de nouo adipiscatur
quis rei donatae possessionem, vt extra de dona. per tuas. [X 3.24.5]” (Decretum Gratiani
cum glossis, p. 1359).
254
gl. ad v. Rem non nouam in C. 34 q. 1 et 2 c. 3 (Non satis): “idest, non de nouo tradi-
tam his, qui audierunt. et est ar. quod si episcopus iurauit, quod non daret nouum feudum, et
aliquod feudum de antiquis ad eum peruenerit, bene potest ipsum dare, vt extra de donat. per
tuas. [X 3.24.5] et extra de feu. c. 2. [X 3.20.2]” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 1704).
255
R. WEIGAND, Die Glossen zum Dekret Gratians. Studien zu den frühen Glossen und
Glossenkompositionen, Teil I und II, in “Studia Gratiana”, XXV (Roma 1991), in particolare
n° 430a, 430b, 430c, 433, 434, pp. 83-84; nella glossa n° 430c è annotato: “Arg. episcopum
qui iurauit quod non daret in feudum res ecclesie, eas que quondam in feudo fuerunt si ad
ecclesiam redeant posse dare in feudum arg. xxxiiii. q. ii. Non satis [C.34 q.1 et 2 c.3], xxiiii.
q. i Accatius [C.24 q.1 c.1]”.
134 MAURA MORDINI
tre, X 3.20.2 è allegato in quattro delle glosse esaminate e per tre di esse la
regola racchiusa nel canone è chiara e indiscutibile256; invece, la glossa ad v.
In haeresim in C. 24 q. 1 c. 1 manifesta una dissensio dell’interprete rispetto
alla possibilità di ammettere la liceità dell’infeudazione rispetto a un benefi-
cio vacante o nelle altre ipotesi previste dalla norma dopo che il vescovo ha
promesso solennemente di “non infeudare de nouo”, allorquando non risulti
chiara la reale intenzione del prelato al momento del giuramento (“quod con-
cedo in dubio, cum non constat quod intellexit cum iurauit”).
L’allegazione di un testo di contenuto analogo si legge anche nella glossa
intra annum in C. 12 q. 2 c. 64257, a proposito della necessità per i servi di
una chiesa, che avevano ricevuto la libertà attraverso la manomissione, di
presentare i relativi documenti e di prestare solennemente una dichiarazione
sul loro precedente status di fronte al nuovo rettore dell’istituzione, tassati-
vamente entro un anno dall’ordinazione di costui, per non tornare in manie-
ra definitiva allo stato servile. Tra l’altro, il richiamo al termine di un anno
e un giorno stabilito, a pena di decadenza, nei Libri Feudorum per chiedere
il rinnovo dell’investitura in caso di successione nel rapporto feudale (sia
dal lato passivo che dal lato attivo, LL.FF. 2.54[55]) pare aver influenzato,
256
Cfr. gl. ad v. Non nouum in D. 12 c. 11; gl. ad v. Nouum in C. 25 q. 2 c. 20; ad v. Rem
non nouam in C. 34 q. 1 et 2 c. 3.
257
gl. intra annum in C. 12 q. 2 c. 64 (Longiquitate): “similiter si vasallus intra annum
non petit inuestituram, cadit a iure feudi, vt in consti. Friderichi, imperialis. §. praeterea.
de feud. [LL.FF. 2.54(55)] nec obstat quod legitur extra de iureiu. veritatis. [X 2.24.14] vbi
dicitur quod non iuratur successori Papae. potest enim dici specialem ibi esse indulgentiam:
in emphyteota secus est, quia licet non soluat canonem intra annum tamen non expellitur, vt
10. q. 2. hoc ius. [C.10 q.2 c.2] No. quod hic excursus anni priuat aliquem libertate, sicut ex-
cursus anni probat crimen. 11. q. 3. rursus. [C.11 q.3 c.36] sic 20. q. 2. puella. [C.20 q.2 c.2]
sic extra de of. ordi. pastoralis. [X 1.31.11] sic 54. dist. si seruus [D.54 c.20]” (Decretum Gra-
tiani cum glossis, p. 945). Cfr. anche il Casus in C. 12 q. 2 c. 64 (Longiquitate): “Statutum fuit
in concil. Toletano, vt liberti ecclesiarum professionem facere debeant, qua confiteantur se
esse libertos ecclesiae et ab eius obsequio non recessuros. Sed cum idem concilium fuit iterum
congregatum, adiecit vt cum episcopus eeclesiae [sic!] fuerit defunctus, et ei alius substitutus,
omnes liberti ecclesiae, vel ab eis progeniti substituto pontifici intra annum a tempore suae
ordinationis chartulas suas in conspectu ecclesiae debeant publicare et renouare; quatenus
illi suum statum teneant, et ecclesia eorum obedientia non careat: si vero hoc contemnent,
reuocentur in seruitutem” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 945). Per X 2.24.14 (= 2Comp.
2.16.5) cfr. supra, nota 205 e testo corrispondente; cfr. anche l’opinione del canonista Tan-
credi su questo frammento di decretale (ad v. alii iurare minime compellantur), alla cui prima
parte corrisponde il riferimento al feudo presente nella glossa intra annum dell’apparato
ordinario (cit. in K. PENNINGTON, The Formation of the Jurisprudence of the Feudal Oath of
Fealty, pp. 74-75, nota 71).
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 135
oltre al diritto canonico, anche altri regimi giuridici, ad esempio nel Regno
di Sicilia e nel Regno di Gerusalemme258.
quod fieri non debet, vt extra de deci. prohibemus. [X 3.30.19] Vnde nota,
quod fructus bene possunt dari laico ex causa: sed ius decimale nequaquam:
nam aliud est ius, aliud est ipsa res: sicut dicit iurisperitus, quod cum dicimus
vitulum esse fructum vaccae, non ius, sed corpus demonstramus. ff. de eui. l.
vaccae. [Dig. 21.2.43] possunt ergo dari decimae, idest, res ipsae in feudum,
sed tamen non transibit ad heredes. extra de deci. ad hoc. [X 3.30.15] vnde
forte secundum quod feudum proprie accipitur, non possunt dari in feudum.
extra de deci. quamuis. [X 3.30.17] De hoc dixi. 16. q. 1. cap. vlt. [C.16 q.1
c.68] Et not. quod si dantur decimae laicis, et aliqua crescant noualia, non ac-
crescunt eis decimae noualium, sed ecclesijs. extra de dec. c. tua. [X 3.30.26]
Et dicit Innocentius, quod in his restringenda est potestas, non proroganda.
extra de dec. c. tua nobis. [X 3.30.25]260.
258
Cfr. L. SORRENTI, I sovrani crociati. Chiese, nobili, borghesi nel Mediterraneo me-
dievale, (Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza della Università di Messina, n. 251),
Milano 2011, pp. 26 (in relazione al termine prescrittivo di un anno e un giorno che si rinviene
nella cost. fridericiana “Predecessorum nostrorum” per il Regno di Sicilia) e 59-61 (per i
regimi fondiari del Regno di Gerusalemme, verso i quali si riconosce un’influenza del diritto
feudale comune).
259
Come conferma anche la glossa peruenit in C. 1 q. 3 c. 13: “jnfra 16 q. 7. peruenit
[C.16 q.7 c.3]” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 544). Si può aggiungere sin da adesso
che a C. 16 q. 7 c. 3 non sono apposte glosse con riferimenti al feudo. Anche il relativo casus
esplicita la fattispecie senza analoghi cenni: “CASVS. Quidam episcopi decimas et oblationes
non dabant sacerdotibus, sed potius militibus, vel seruitoribus, vel consanguineis: quod cum
significatum fuisset Gregorio; statuit, vt episcopus qui talia fecerit, inter maximos haereticos,
et antichristos computaretur: et episcopus dator et laicus receptor deputentur poenis aeter-
nis” (Decretum Gratiani cum glossis, pp. 1083-1084).
260
Decretum Gratiani cum glossis, p. 544. Anche tra le glosse più antiche al Decretum
se ne segnalano alcune apposte a C.1 q.3 c.13 che presentano espliciti riferimenti al feudo, con
i medesimi chiarimenti sostanzialmente accolti nell’apparato ordinario in relazione ai fructus
decimarum e alla temporaneità della concessione, vale a dire gl. ad v. decimas: “Decime non
possunt dari laicis in perpetuum […] et extra de decimis [1Comp. 3.26.23]. Patet ergo quod
in feudum non possunt dari alicui persone in perpetuum set ad v. uel vi. annos possunt dari
136 MAURA MORDINI
intuitu pietatis” (cfr. R. WEIGAND, Die Glossen zum Dekret Gratians, n° 674, p. 138, ove è
parzialmente completata anche la lacuna); gl. ad v. beneficio: “idest in feudo. Dicunt tamen
quidam quod fructus infeudari possunt usque in finem uite hominis, non quod transeant ad
heredes”, “in feudum”, “feudo” (ibidem, rispettivamente n°703a, n°703b e n°703c, tutte a p.
145).
261
Cfr. supra, note 211-213.
262
Abbiamo esaminato la glossa di Lorenzo Ispano nella trascrizione di S. HORWITZ,
Reshaping a Decretal Chapter: Tua nobis, p. 214: in quest’ultima mancano anche l’allega-
zione di X 3.30.17 e il rinvio a un glossa in C.16 q.1 c.68 dell’apparato ordinario. Pare che
il frammento corrispondente a 4Comp. 3.9.4 (=X 3.30.25) sia stato considerato, almeno in
Italia, solo da Giovanni Teutonico in poi (ibidem, p. 216).
263
X 3.30.19 (1Comp. 3.26.23): “Prohibemus insuper, ne laici, decimas cum animarum
suorum periculo detinentes, in alios laicos possint aliquo modo transferre. Si quis vero rece-
perit, et ecclesiae non reddiderit, Christiana sepultura privetur”. Cfr. Conciliorum Oecume-
nicorum Decreta, p. 2198-10.
264
Dig. 21.2.43: “Iulianus libro 58 digestorum. Vaccae emptor, si vitulus qui post em-
ptionem natus est evincatur, agere ex duplae stipulatione non potest, quia nec ipsa nec usus
fructus evincitur. Nam quod dicimus vitulum fructum esse vaccae, non ius, sed corpus de-
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 137
monstramus, sicuti praediorum frumenta et vinum fructum recte dicimus, cum constet eadem
haec non recte usum fructum appellari”.
265
Per tutto ciò cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte
I, pp. 277-281.
266
Sul punto cfr. S. HORWITZ, Reshaping a Decretal Chapter: Tua nobis, p. 213 e p.
220, nota 23, ove si leggono i passi in questione delle due Summae. Per la Summa Parisiensis
cfr. E. CORTESE, Il diritto, vol. II, pp. 222-223; nonché P. ERDÖ, Storia della scienza del diritto
canonico, p. 55.
138 MAURA MORDINI
toritas del Decretum la ammette purché non sia perpetua267. Nei medesimi
termini problematici si esprimono altre due annotazioni, tutte a margine del-
la Causa 16, che riprendono specificamente la questione della concessione
delle decime ai laici268. La prima di esse è la glossa Decimationum in dictum
post C. 16 q. 3 c. 16, che tratta della possibilità per il laico di praescribere le
decime possedute, ad esempio, a titolo di feudo:
videtur quod laicus possit decimas praescribere. nam ius habet percipiendi et
petendi eas: ex quo ei conceduntur ab episcopo: puta in feudum, vel benefi-
cium ad tempus. Ad hoc dicunt quidam, quod laicus nullum ius habet in eis:
nec habere potest. 1. quaest. 3. peruenit. [C.1 q.3 c.13] et secundum istos
planum est. Alij dicunt, quod cum sic conceduntur laico ab episcopo, laicus
habet ius possidendi: sed illud ius non est spirituale: nec ratione illius iuris
posset praescribere: quia alieno nomine possidet. si vero vellet interuertere
possessionem, iam inciperet esse malae fidei: extra de praescri. si diligenti. [X
2.26.17] et ita non posset praescribere eas: quia licet laicus sit, tamen super
decimis in foro ecclesiae conueniretur. Sed nonne ius spirituale percipiendi
decimas habent leprosi, vt extra de eccl. aedi. c. 2. [X 3.48.2] et templarij,
qui sunt laici? Dic quod non, sed tantum a praestatione sunt liberi. quod ex
eo patet: quia si praedium, de quo ipsi non praestant decimas, deuoluitur ad
ecclesiam vel ad priuatum, statim ecclesia vtitur iure suo: et soluet priuatus
decimas269.
267
gl Comedere in C. 10 q. 1 c. 13: “hic habes decimas appellari non solum ipsa iura,
sed etiam ipsos prouentus, et quod etiam prouentus non possunt concedi laicis. arg. contra
extra ne praela. vices suas. c. vlt. [X 5.4.4] Sed dic vt dicitur 1. q. 3. si quis obiecerit. [C.1
q.3 c.7] quod ad tempus potest decima laicis concedi, non tamen in perpetuum” (Decretum
Gratiani cum glossis, p. 826).
268
Anche la glossa Non licere in C. 16 q. 1 c. 68 insiste sul carattere spirituale delle de-
cime, sebbene essa non tratti esplicitamente del feudo: “hoc est certum, quod ius decimarum
laicus possidere non potest. cum sit spirituale, vt extra de praescri. causam. [X 2.26.7] extra
de deci. prohibemus. [X 3.30.19] Sed numquid fructus decimarum possunt concedi laicis? sic
ad tempus, vt extra ne praela. vices suas. querelam. [X 5.4.4] et vsque ad finem vitae ipso-
rum: arg. extra de iis quae fiunt a praela. cum Apostolica in fi. [X 3.10.7] ar. contra. 10. q. 1.
hanc. [C.10 q.1 c.15]” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 1056). A questo proposito appare
interessante pure il casus in C. 1 q. 3 c. 13 (Peruenit): “CASVS. Dicitur hic quod inter maxi-
mos haereticos debet computari qui laicis extraneis, seruientibus vel consanguineis, et non
sacerdotibus decimas et oblationes concedit: et qui dant et qui recipiunt, aeterno incendio pu-
niuntur, quod H. videtur intelligere, de iure spirituali: sed Bene. intelligit etiam de temporali
fructu. Sequens cap. patet”, ove si riferisce anche di un contrasto dottrinale tra Uguccione e
Benencasa, poiché il primo riteneva la punizione limitata alla cessione del ius, che era di na-
tura spirituale, mentre il secondo la estendeva anche alla concessione dei frutti derivanti dal
diritto alla decima (Decretum Gratiani cum glossis, p. 544). Per le sigle dei decretisti cfr. R.
WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s Decretum, pp. 95-97.
269
Decretum Gratiani cum glossis, p. 1074.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 139
270
Cfr. anche il casus in dictum post C. 16 q. 3 c. 16 (Sic etiam praedia), che parafra-
sa il contenuto di C. 16 q. 3 c. 16 sulla prescrizione acquisitiva: “Supra fuit assumptio ibi,
vbi dixit porro. hic est modo conclusio. Dictum est supra in illa l. iubemus. [C.16 q.3 c.16]
quod praedia tolluntur in praescriptione xl. annorum, sed functiones non. Nunc dicit Cra. [=
Gra.] quod eodem modo praedia ecclesiarum, vel priuatorum praescriptione tolluntur. sed
decimae, vel primitiae non praescribuntur etiam si a summo Pontifice rescriptum super hoc
impetretur. Et hoc probatur duabus rationibus. Prima est, quia rescripta contra ius non va-
lent, nisi talia sint, quae alicui prosint, et nulli obsint. Secunda ratio est, quia contra Domini
mandatum esset, qui non laicis, sed leuitis decimas dari praecepit: et ita laicis nullo priuilegio
concedi possunt: ne praeceptis Dei praeiudicium fiat” (Decretum Gratiani cum glossis, p.
1074). In tema di possesso si può segnalare la glossa possideri al dictum ante C. 14 q. 1 c. 1,
ove si ammette la possibilità di esercitare un’azione di rivendica per il laico che subisca una
sottrazione di decime e si precisa che attualmente i laici posseggono questi beni grazie alla
‘tolleranza’ dei sacerdoti: “[…] nec laicus potest repetere decimas: quia eas non potest possi-
dere, vt extra de prescri. causam. [X 2.26.7] […] Ioan. Ego credo saluo meliori consilio, quod
laicus spoliatus decimis potest petere restitutionem, cum latro restituatur , vt extra de resti.
spol. in litteris. [X 2.13.5] cum laici quotidie possideant decimas ex tolerantia praelatorum
secus in haeretico, cum sit excommunicatus, vt extra de haere. excommunicamus. [X 5.7.13]
140 MAURA MORDINI
et decre. illa. causam. [X 5.7.10] dicit detinere, et non possidere B.” (Decretum Gratiani cum
glossis, pp. 978-979). Cfr. R. MACERATINI, La glossa ordinaria, pp. 132-133.
271
Decretum Gratiani cum glossis, pp. 1082-1083.
272
Per la sigla ‘H’. cfr. R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gra-
tian’s Decretum, p. 96.
273
Cfr. la nota 268 per l’opinione di Benencasa.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 141
274
gl. et decimas in C. 1 q. 3 c. 14: “scilicet si episcopus ab aliquo milite redimeret de-
cimas, non est simoniacum: sed rei ecclesiasticae liberatio. sed si emeret a laicis cum nollent
tribuere, simoniacum esset” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 544). Cfr. anche il casus in
C. 14 q. 3 dictum ante c. 1, ove l’interprete esclude l’applicazione di una violazione canonica,
nella specie l’usura, in ragione della percezione di rendite a titolo di feudo, quando si tratta di
recuperare un bene alla disponibilità ecclesiastica: “CASVS. Hic intitulatur tertia quaestio, in
qua quaeritur vtrum sit vsura, si aliquid praeter sortem exigatur? Et certum est, quod sic: nisi
cum ecclesia mutuat pecuniam laico, ad hoc vt praedium ecclesiasticum de manu laici redima-
tur: quo casu fructus ecclesiastici fundi praeter sortem retinebit, vt dicit Inno. III. in prima
decre. de feu. [3Comp. 3.16.1=X 3.20.1] et Alex. de vsu. in prima decre. in fin. [1Comp.
5.15.1=X 5.19.1] Similiter […]” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 982).
142 MAURA MORDINI
dimostrato il Landau, tra XII e XIII secolo lo ha variamente risolto nel senso
della sua ammissibilità o meno275. L’apparato ordinario contiene una glossa
(gl. ad v. In beneficijs in C. 16 q. 1 c. 56), ove si ammette la trasmissione del
ius patronatus insieme al feudo, a meno che sia fatta esplicita eccezione in
tal senso, precisando le auctoritates ‘pro’ e ‘contra’: essa si rivela piuttosto
interessante perché riecheggia un passo della Summa di Uguccione che si
esprime nei medesimi termini e, soprattutto, indica l’infeudazione come una
causa di trasmissione del diritto di patronato276.
c) La causa feudi.
Uno degli argomenti tralasciati da Graziano, ma affrontati nelle col-
lezioni di decretali soprattutto grazie all’opera di Bernardo da Pavia è la
questione della competenza giurisdizionale in tema di feudo ecclesiastico, che
si è trasmessa anche alla glossa ordinaria. Nell’apparato si leggono, infatti,
due annotazioni che chiariscono senza incertezze quale giudice sia compe-
275
Cfr. P. LANDAU, Ius patronatus, pp. 106-107.
276
gl. ad v. In beneficijs in C. 16 q. 1 c. 56 (In sacris): “idest, feudo. Et est arg. ius
patronatus cum feudo transire, nisi fuerit exceptum: vt extra de iure patro. ex litteris. [X
3.38.7] ar. contra. infra. ea. q. 7. nemini. [C.16 q.7 c.40]” (Decretum Gratiani cum glossis,
p. 1047). Cfr. anche il casus in C. 16 q. 1 c. 56 (In sacris): “CASVS. Conquesti sunt quidam ar-
chipresbyteri de quibusdam laicis, qui decimas ecclesijs baptismalibus subtrahentes episcopi
dispositione contempta dabant eas illis ecclesijs, quas aedificauerant in proprijs predijs vel in
feudis, vel alijs ecclesijs. et ideo prohibet Anastasius ne hoc de cetero fiat” (Decretum Gratia-
ni cum glossis, p. 1047). Per la Summa di Uguccione sul punto cfr. P. LANDAU, Ius patronatus,
p. 113: “Item transfertur (sc. ius patronatus) ratione universitatis, sive illa universitas venda-
tur sive donetur sive infeudetur, vel alio modo aliter, nisi specialiter excipiatur, ut Alexander
III. Ex litteris Cum seculum” [1Comp. 3.33.16=X 3.38.13]. In generale, secondo il Landau,
in tema di ius patronatus l’apparato ordinario risente soprattutto dell’influenza di Uguccione
e di Lorenzo Ispano, ma presenta anche interventi originali di Giovanni Teutonico (cfr. sul
punto anche R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s Decretum,
p. 83). Si può aggiungere che per la glossa ordinaria sussistono quattro modi per trasferire il
diritto di patronato: uno di questi è la trasmissione “cum vniuersitate, vt extra eo. cum sae-
culum [1Comp. 3.33.16=X 3.38.13]”, alla cui ipotesi è ricondotta la possibilità di infeudare
(Decretum Gratiani cum glossis, p. 1092); per la decretale cfr. anche supra, note 164-166 e
testo corrispondente. Al c. 56 C. 16 q. 1 si riferiscono anche le due annotazioni ad v. in benefi-
cijs che contengono gli unici riferimenti espliciti al feudo nella Glossenkomposition analizzata
dal Kuhlkamp, da riferire agli strati più risalenti delle glosse al Decretum: “in feudis” e “idest
feudis, in quibus qui hedificat est patronus constructionis. Dominus est patronus ratione soli.
Set et tertius potest esse patronus ratione locupletationis” (P. KUHLKAMP, Die erste Glossen-
komposition zu C. 16 des Decretum Gratiani, in Ius et Historia. Festgabe für Rudolf Weigand
zu seinem 60. Geburstag von seinem Schülern, Mitarbeitern und Freunden, herausgegeben
von N. HÖHL, [Forschungen zur Kirchenrechtswissenschaft 6], Würzburg 1989, pp. 102-120,
in particolare n° 31a e n° 31b, p. 111).
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 143
277
gl. extra prouinciam in C. 3 q. 6 dictum ante c. 1: al termine della glossa sono indi-
cate le tre ipotesi in cui è fatta eccezione al principio che “regulariter quilibet coram iudice est
conueniendus”, vale a dire “Item in feudo, extra de iud. ceterum. [X 2.1.5] Item si saecularis
iudex est negligens. extra de for. comp. licet. [X 2.2.10] Item in scholaribus, vt in constitutio-
ne Friderici. C. ne si. pro patre. Auth. habita de hoc inuenies per Azo. in summa”(Decretum
Gratiani cum glossis, pp. 689-690).
278
gl. ad v. Quod clericus in C. 11 q. 1 c. 1 (Quod clericus), preceduta dal casus in C.
11 q. 1 c. 1: “Hic intitulatur prima quaestio, qua quaeritur, an clericus ante ciuilem iudicem
sit producendus. Et distinguas, quod causarum alia est criminalis, alia ciuilis, alia spiritualis.
144 MAURA MORDINI
d) Il giuramento e la fidelitas.
I canoni che abbiamo esaminato a proposito dell’assoluzione dal vin-
culum fidelitatis verso lo scomunicato e della fidelitas presentano molte glos-
se che ribadiscono i principi già evidenziati al §1; tuttavia, solo poche tra
esse presentano espliciti riferimenti al feudo, che invece si possono leggere in
margine a norme dedicate a fattispecie diverse.
Una di queste ultime è la glossa Obediebant in C. 11 q. 3 c. 94 (Ivlianus)
che indica chiaramente il vassallo come soggetto interessato dai precetti rela-
tivi all’assoluzione dal vinculum fidelitatis e, in particolare, alla liberazione
dagli obblighi assunti con giuramento verso il dominus scomunicato:
infra 15. quaest. 6. nos sanctorum. [C.15 q.6 c.4] et c. iuratos. [C.15 q.6 c.5]
contra. ibi enim dicitur, quod si dominus est nominatim excommunicatus, vel
haereticus, statim vasallus eius absolutus est a sacramento. Resp. Iulianus
adhuc tolerabatur ab ecclesia, ne suscitaret scandalum aduersus Christianos,
hoc autem verum est, quia excommunicatio non tollit obligationem, qua est va-
sallus obligatus domino, sed tantum effectum obligationis, vnde domino absolu-
to statim tenetur ei obedire, vt 15. quaest. 6. nos sanctorum. [C.15 q.6 c.4]280.
Criminalis est vbi de crimine agitur. Ciuilis, vbi de possessionibus et pecunia agitur. Spiritua-
lis, vbi tractatur de rebus spiritualibus, scilicet de electione, de decimis et primitijs, et de iur.
pat. et de vsuris. In quibus omnibus causis numquam clericus debet conueniri sub iudice, nisi
sub iudice ecclesiastico, vt infra. ead. nullus episcopus. [C.11 q.1 c.8] et c. clericum. [C.11
q.1 c.17] nisi in causa feudi, vt ext. de iud. ceterum. [X 2.1.5] et nisi sit incorrigibilis, vt dist.
17. non licuit. [D.17 c.4] et in causa reconuentionis, vt supra 3. q. 8. cuius in agendo. [C.3 q.8
c.1§2] et nisi Papa delegaret causam spiritualem, vel aliam laico, vt supra […]” (Decretum
Gratiani cum glossis, pp. 840-841).
279
Cfr. supra, note 160-163 e testo corrispondente. Un ulteriore caso in cui l’apparato
ordinario richiama la giurisdizione del dominus feudi, senza però riferirsi specificamente al
feudo ecclesiastico, è costituito dalla gl. ad v. causa in C. 22 q. 5 c. 14, volta a chiarire in quali
casi è obbligatoria la prestazione del giuramento da parte dello spergiuro, come ad esempio
per il iuramentum calumniae in giudizio e “similiter dominis suis iurabit in causa feudi” (De-
cretum Gratiani cum glossis, p. 1198).
280
Decretum Gratiani cum glossis, pp. 893-894.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 145
Sic ergo honestas et possibilitas in omni iuramento sunt intelligenda, vt. su-
pra ea. q. 4. vnusquisque. [C.22 q.4 c.8] et extra de iureiur. quemadmodum.
[X 2.24.25], sed illud sacramentum praestant archiepiscopi Romano Ponti-
fici, vt extra de iureiur. ego. [X 2.24.4] et subditi suis episcopis, vt 23. dist.
quamquam. [D.23 c.6] et Imperator Papae. 63. dist. tibi domino. [D.63 c.33]
281
C. 11 q. 3 c. 94: “Non sunt audiendi qui contra Deum aliquid iubent. Item Ambro-
sius. Iulianus inperator, quamuis esset apostata, habuit tamen sub se Christianos milites,
quibus cum dicebat, producite aciem pro defensione reipublicae, obediebatur ei. Cum autem
diceret eis, producite arma in Christianos, tunc cognoscebant inperatorem celi”. Il canone e
la glossa sono segnalati anche in R. MACERATINI, La glossa ordinaria, pp. 110-112.
282
Cfr. la Summa in c.4 C.15 q.6 (Nos sanctorum): “remanet obligatio fidelitatis, sed
impeditur eius executio interim dum dominus est in excomunicatione, non enim interim tene-
tur vassalli exequi fidelitatem et partecipare domino, sed facta reconciliatione, ita tenentur
servire domino […] vassalli debent subtrahere omne servicium domino excomunicato, scilicet
ut interim non solvant censum vel tributum vel pensionem vel si quid alius ei debent ratio-
ne fidelitatis vel feudis? Et videtur quod sic […] set dico quod vassalli debent solvere talia,
scilicet pensiones et huiusmodi, presertim si iuramento ad hoc sint obligati […] quid ergo
servitium debetur ei negare? dico: quod non debent eum visitare vel ei curiam facere vel cum
eo conversari in equitando, in eundo, in cibo, potu et in omnibus huiusmodi debent ab eo
abstinere sicut ab aliis excomunicatis, non facient ei exercitum, non ibunt cum eo ad bellum,
non defendent eum, non auxiliabuntur eo et huiusmodi […]” (G. CATALANO, Impero, regni e
sacerdozio, pp. 40-41 per il commento e pp. 79-80 per la trascrizione, da cui abbiamo tratto
i frammenti più significativi). Sull’opinione di Uguccione cfr. anche R.L. BENSON, The Bishop
Elect, p. 362 (in riferimento a C.15 q.6 c. 4), nonché M. RYAN, Feudal Obligation and Rights
of Resistance, p. 61, nota 31 (in riferimento a C.15 q.6 c.5).
146 MAURA MORDINI
et licet generaliter iuret vasallus domino, scilicet quod in omnibus causis iuua-
bit ipsum, et contra quemlibet: tamen contra propriam patriam non iuuabit
ipsum, vt ff. de reli. minime. [Dig. 11.7.35] nec contra Papam, vt extra de iu-
reiur. venientes. [X 2.24.19] Sed quid si dominus vult filium vasalli impetere:
nunquid iuuabit ipsum contra filium? videtur quod non: quia nec contra filium
excommunicatum iuuabit. 11. quaest. 3. quoniam multos. [C.11 q.3 c.103] et
arg. ad hoc ff. de reli. minime. [Dig. 11.7.35] et contrarium tamen dicit lex
feudi in titu. quemadmo. feu. amit. [LL.FF. I.5] dicitur enim ibi, quod vasal-
lus obligatus est filio suo tantum vinculo naturae: sed domino suo obligatus
est vinculo iuramenti. Item non tenetur ipsum iuuare si iniuste impetit alium.
nec enim opem fert qui ad peccandum nos adiuuat, vt 14. q. 6. si res. [C.14
q.6 c.1] Item nunquid vasallus potest accusare dominum? Non, vt hic potest
colligi: nisi prosequatur suam iniuriam. alioquin si accusat perdit ius feudi:
sicut patronus, qui accusat libertum perdit bonorum possessionem, vt ff. de
bo. lib. qui cum maior. [Dig. 38.2.14pr.] nec etiam testimonium potest contra
ipsum ferre, nec in criminali causa, nec etiam pro ipso, vt extra de offi. dele.
causam [X 1.29.17]283.
283
Decretum Gratiani cum glossis, p. 1199. Cfr. anche ibidem, il casus in C. 22 q. 5 c.
18 (De forma): “Quidam rogauit Fulbertum episcopum vt scriberet sibi quot debeant conti-
neri in iuramento fidelitatis, quam facit vasallus domino: qui rescripsit sex debere ibi conti-
neri, scilicet incolume, tutum, honestum, vtile, facile, possibile: quae vasallus semper debet
in memoria habere. Et ponit exemplum de illis sex, in quibus omnibus debet vasallus domino
consilium et auxilium praestare, si vult beneficio dignus videri, et saluus esse de fidelitate, et
dominus in his omnibus vasallo vicem reddere debet”.
284
LL.FF., Antiqua, II “Qualiter feudum amittatur”; LL.FF., Vulgata, I, 5: “Quibus
modis feudum amittatur”. Cfr. anche la nota successiva. Sulla scarsa attenzione prestata dai
canonisti ai Libri Feudorum cfr. M. RYAN, Feudal Obligation and Rights of Resistance, p. 55,
nota 13. Per LL.FF. 2.54(55) l’allegazione indicava la costituzione di Federico Barbarossa:
cfr. supra, nota 257.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 147
e) Le regalie.
L’apparato ordinario dedica una certa attenzione ai profili attinenti al
servizio che deve essere prestato dalle personae ecclesiasticae come corri-
spettivo dell’elargizione di regalie, considerando soprattutto quello di carat-
tere militare.
Nella quaestio 8 della Causa 23 Graziano aveva insistito sull’impossibi-
lità per il chierico di prendere e usare le armi, come appare evidente anche
dal dictum premesso al c. 1. La glossa ad v. Clericis in C. 23 q. 8 dictum ante
c. 1, tuttavia, evidenzia che sul punto sono successivamente emerse posizioni
diverse:
De hac materia a varijs tractatum est varie. quidam dicunt quod clerici pos-
sunt vti armis pro defensione tantum, vt clypeo, lorica; sed non armis impu-
gnationis. Alij dicunt quod arma possunt accipere ad defendendum se: dum
tamen illud incontinenti fiat, et pro se tantum, non pro alijs, et in necessitate
ineuitabili, vt extra de homi. c. 2. [X 5.12.2] infra ea. conuenior. [C.23 q.8
c.21] vt dixi, supra ea. q. 1. in prin. [C.23 q.1 d.a. c.1] sed si alias possunt
euadere, non sument arma, vt extra de homi. suscepimus. [X 5.12.10] Alij
dicunt, quod auctoritate Papae possunt: aliter non. G. dixit quod possunt non
in propria persona, sed alios hortando ad pugnam, vt infra ea. vt pridem.
[C.23 q.8 c.17] Et etiam possunt milites aliquos dare principi pro feudo, vt
infra ead. §. ecce. [C. 23 q. 8 dictum post c. 20] Quid autem iuris sit si clerici
defendendo se occidant aliquem, habes notatum 50. dist. de his clericis. [D.50
c.6]286.
285
Cfr. la glossa ad v. Vicem in C. 22 q. 5 c. 18: “Et sic eadem fide tenetur quis subdito
suo, sicut subditus domino, vt 95. dist. esto subiectus. [D.95 c.7] et extra de iureiur. peruenit.
[X 2.24.2] et 32. q. 6. nihil iniquius. [C.32 q.6 c.1] et si non fecerit, priuatur illo. vel domi-
nio, quod habet in vasallo, et transit feudum ad superiorem, vt in lib. de feu. quemadmodum
feu. amit. [LL.FF. I.5]” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 1200). Per la corrispondenza
dell’apparato ordinario con l’annotazione di Giovanni Teutonico, da cui differisce solo per
il richiamo al Liber Extra invece che alla Compilatio prima, cfr. M. RYAN, Feudal Obligation
and Rights of Resistance, p. 64, nota 41.
286
Decretum Gratiani cum glossis, p. 1279.
148 MAURA MORDINI
hoc de illis tantum episcopis intelligitur, qui leuitica portione sunt contenti.
de ceteris namque regularibus, et alijs possessionibus suis senioribus seruire
tenentur, vt extra de censi. sancitum est. [X 3.39.1] Haec enim est consuetu-
do, quae est optima legum interpres. Io. Vel hic loquitur cum Papa aliquem
episcopum ad se vocat, sicut diximus supra ea. reprehensibile. [C.23 q.8 c.19]
cum enim vocetur ad maius tribunal. obedire debet. ff. de re iud. contumacia.
§. 1. [Dig. 42.1.53.1] arg. contra extra de appella. si duobus. [X 2.28.7] Vel
intellige hoc in eo casu, in quo et sequens c. cum scilicet [C.23 q.8 c.26 e c.27]
contempto iudice ecclesiastico pergit ad saecularem. 11. q. 1. placuit. [C.11
q.1 c.43] B.288
287
Decretum Gratiani cum glossis, pp. 1285-1286. Cfr. supra, punto d) del §1.
288
Decretum Gratiani cum glossis, p. 1290. Per alcune varianti cfr. l’edizione dello
Schulte riprodotta in S. MOCHI ONORY, Fonti canonistiche dell’idea moderna dello stato, p.
132, nota 3: “ceteri namque regalibus et aliis possessionibus suis senioribus servire teneantur
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 149
hoc verbo significatur curia principis cum omnibus suis officijs instructa, vt C.
quando Imperator. inter pupillos. l. vna. [Cod. 3.14.1pr.]291
ut hic et LIII. di sancitum est [C.23 q.8 c.25=1Comp. 3.34.1=X 3.39.1] Hoc quoque consuetu-
do approbat, quae est optima legum interpres. io.”. La glossa è riprodotta anche in R.L. BEN-
SON, The Bishop Elect, p. 333, e nota 54. Cfr. anche infra, nota 295 e testo corrispondente.
289
Su Giovanni da Faenza cfr. J.M. VIEJO-XIMÉNEZ, Juan de Faenza (Giovanni di Fa-
enza; Johannes Faventinus), pp. 340-343. Secondo il Weigand le glosse di questo canonista
possono essere messe in relazione con quelle che appaiono negli strati anteriori alla glossa or-
dinaria con la sigla ‘Jo.’ (R. WEIGAND, The Development of the Glossa ordinaria to Gratian’s
Decretum, pp. 74, 63-65); esse ebbero una grande influenza sulla canonistica dell’epoca, al
punto che Giovanni è probabilmente l’interprete anteriore a Uguccione più citato, in partico-
lare nell’Apparatus ‘Ordinaturus Magister’ (ibidem, p. 67).
290
Per la sigla di Bartolomeo da Brescia cfr. R. WEIGAND, The Development of the Glos-
sa ordinaria to Gratian’s Decretum, p. 95.
291
Decretum Gratiani cum glossis, p. 1291.
292
Per l’interpretazione dell’“episcopal comitatus” soprattutto come ‘servizio militare’
cfr. R.L. BENSON, The Bishop Elect, pp. 318-319, nota 12. A proposito della canonistica pre-
150 MAURA MORDINI
cedente, l’A. rileva che i decretisti ritenevano che i vescovi beneficiari di regalie fossero tenuti
a seguire il sovrano nelle spedizioni militari; la Glossa Palatina, addirittura, non riteneva ne-
cessaria la dispensa pontificia in caso di guerra giusta, avendo effetto solo un esplicito divieto
del papa, e soprattutto allargava la partecipazione anche ai vescovi che non detenevano rega-
lie (ibidem, p. 324). È interessante, dunque, sottolineare il contrasto con l’apparato ordina-
rio, che ha ridotto il servizio corrispettivo a carico dei vescovi alla partecipazione all’esercizio
della giurisdizione secolare (curia principis).
293
Rufino e Uguccione avevano affermato che l’investitura laica era un tema ormai
superato, ma il secondo aveva anche precisato che per le regalie si trattava di un atto con-
sentito e lo aveva esplicitamente definito come una concessione in feudo: “Item nota quod
inuestitura regalium non prohibetur recipi ab imperatoribus uel regibus uel aliis principibus.
Set numquid laicus habebit potestatem in rebus ecclesie? Non, regalia enim non sunt ecclesie
quo ad proprietatem set quo ad usum, in feudum enim sunt data ecclesie” (R.L. BENSON, The
Bishop Elect, p. 320, e nota 16 per il passo tra virgolette). Per Rufino cfr. P. ERDÖ, Storia
della scienza del diritto canonico, pp. 51-52, nonché R. WEIGAND, The Development of the
Glossa ordinaria to Gratian’s Decretum, pp. 71-72.
294
R.L. BENSON, The Bishop Elect, pp. 320-333.
295
Cfr. supra, le note 288-290 e il testo corrispondente.
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 151
f) L’infeudazione.
Si è visto nelle pagine precedenti che con le decretali pontificie il feudo
viene a configurarsi come un’ipotesi di alienazione, che è proibita con poche
eccezioni. Nell’apparato ordinario, tuttavia, si legge una glossa con la sigla di
Giovanni (gl. Subscriptione episcopi in C. 12 q. 2 c. 41) che ammette la facol-
tà di infeudare, per il vescovo e per l’abate, se sussiste una consuetudo loci
in tal senso, e ciò, in caso di necessità, anche senza il consenso del capitolo:
licet abbas non posset sine consensu episcopi alienare rem ecclesiae, vt hic.
et infra 17. q. 4. in venditionibus. [C.17 q.4 c.40] et extra de rebus ec. non
ali. nulli. [X 3.13.5] tamen si consuetudo loci habet, bene potest dare modi-
cum. extra de do. c. 2. et 3. [X 3.24.2 et 3] et infeudare potest. extra de rebus
ecc. non alie. ad nostram. [X 3.13.11] et hoc potest episcopus vel abbas sine
consensu capituli, si subest necessitas, et res est modica. infra ea. c. terrulas.
[C.12 q.2 c.53] Io. quod falsum est, nisi in paruis rebus296.
296
Glossa Subscriptione episcopi in C. 12 q. 2 c. 41 (Abbatibus): Decretum Gratiani
cum glossis, p. 935. Cfr. il casus in C. 12 q. 2 c. 41 (Abbatibus): “Constitutum est in concilio
Aurelianen. vt abbates, presbyteri, vel alij praelati nil de rebus suarum ecclesiarum alienare
praesumant sine licentia et subscriptione episcopi: et quod hoc praesumpserint, deponatur,
et quod temere alienatum est, per episcopum reuocetur” (Decretum Gratiani cum glossis, p.
935).
297
Cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, pp. 233-
235, 256-263 e 283.
298
Sull’atteggiamento di papa Innocenzo III sul tema cfr. supra, §2 b).
299
Cfr. P. LANDAU, Ius patronatus, pp. 106-107. Cfr. supra, note 164-166, nonché 275-
276 e testo corrispondente.
152 MAURA MORDINI
tra chi (Giovanni) riteneva sufficiente il parametro della ‘res modica’ e chi
invece insisteva su quello della ‘res parva’, probabilmente più aderente al
dettato del Decretum Gratiani.
In relazione a questa pratica, infine, si può segnalare una glossa appo-
sta al c. 8 C. 23 q. 8, auctoritas che ribadisce il dovere del papa e dei vescovi
di aiutare gli uomini loro affidati e che, addirittura, si esprime in termini di
‘vendetta’300. L’annotazione (gl. ad v. Praesentialiter in C. 23 q. 8 c. 8), che
mantiene la sigla di Giovanni, presenta un esplicito riferimento ai vassalli
vescovili e dunque riconosce la validità del legame instaurato con il feudo,
affermando che i vescovi erano tenuti a difendere anche i propri vassalli,
pur insistendo sul fatto che doveva trattarsi di un’azione di ‘difesa’ e non di
‘vendetta’301.
300
C. 23 q. 8 c. 8: “Ultor sui gregis Papa debet esse ac precipuus adiutor. Item. Scire
uos opertet, quod numquam ab aliquibus nostros homines sinimus opprimi; sed, si necessitas
ulla incurrerit, presentialiter uindicamus, quia nostri gregis in omnibus ultores esse debemus
et precipui adiutores”.
301
Glossa ad v. Praesentialiter in C. 23 q. 8 c. 8 (Scire): “idest, sine mora: nec enim
tantum debent episcopi esse custodes chartarum, sed etiam defensores ecclesiarum, vt 16. q.
1. in canonibus [C.16 q.1 c.57]. Et sic patet hic, quod episcopi etiam vasallos suos tenentur
defendere, defendendo, non vlciscendo iniurias, vt 46. dist. seditionarios. [D.46 c.8] Ioan-
nes” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 1281).
302
Glossa ad v. Arma in C. 33 q. 2 c. 15 (Latorem): “amittit ergo feudum, cum dominum
iuuare non possit, et sibi hoc imputet: quia ex culpa sua hoc damnum incurrit. 15. q. 1. sane.
[C.15 q.1 c.7] argum. 17. q. 4. vxor. [C.17 q.4 c.33] ff. de regu. iur. quod quis ex culpa. [Dig.
50.17.203] et hoc est verum, nisi tale sit feudum, in quo per alium seruire possit. tunc enim
seruiat per substitutum. C. de epi. et cle. quisquis. [Cod. 1.3.27] et 94. distin. valde. [D.94
c.1]” (Decretum Gratiani cum glossis, p. 1550).
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 153
anche in questo caso, come nella glossa ordinaria al Decretum, era ammessa
la possibilità di assolvere al servizio per interposta persona – purché idonea
– con qualche dubbio solo per il caso del vassallo che acquisiva l’abito reli-
gioso303. Le varie aree testuali di allegazione corrispondono sostanzialmente,
per la feudistica, ai Libri Feudorum e, per la canonistica, al Decretum, con
qualche richiamo al Corpus iuris civilis, particolarmente ricco nel caso della
quaestio pilliana: un’unica fonte di diritto civile è, comunque, comune alla
glossa ad v. Arma in C. 33 q. 2 c. 15 e alla glossa succedere in LL.FF. II, 30
dell’apparato ordinario ai Libri Feudorum, vale a dire Cod. 1.3.27, tratta
da una costituzione dell’anno 466 dell’imperatore d’Oriente Leone I, che
definiva in maniera specifica i diritti del soldato che abbandonava la milizia
per farsi clericus304.
§ 4 Conclusioni
303
Per l’ipotesi di perdita del feudo in caso di acquisizione dell’abito religioso da parte
del vassallo e per la possibilità di servire per substitutum cfr. M. MORDINI, Aspetti della disci-
plina del feudo ecclesiastico. Parte I, pp. 245-246 e 267-273.
304
Per la gl. succedere cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico.
Parte I, p. 271. Per l’esame della dottrina successiva a Roffredo da Benevento sul tema rela-
tivo alla perdita del feudo per i chierici, i monaci e gli invalidi cfr. R. DEL GRATTA, Feudum a
fidelitate. Esperienze feudali e scienza giuridica dal Medioevo all’Età Moderna, Pisa 1994,
pp. 217-236.
305
X 2.1.5 (= 1Comp. 2.1.7); X 2.1.13 (= 3Comp. 2.1.3); X 2.2.6 (= 2Comp. 2.2.2);
X 2.2.7 (= 2Comp. 2.2.3); X 2.2.15 (= 5Comp. 2.2.1); riferimento implicito in X 1.29.32 (=
3Comp. 1.18.11). Per alcuni cenni alla decretalistica (Goffredo da Trani, Sinibaldo Fieschi,
Enrico da Susa) sul tema della competenza giurisdizionale del dominus feudi in relazione alle
personae ecclesiasticae cfr. G. VALLONE, Iurisdictio domini. Introduzione a Matteo d’Afflitto
e alla cultura giuridica meridionale tra Quattro e Cinquecento, (Collana di studi storici e
giuridici, 1), Lecce 1985, pp. 38-44.
306
X 5.37.13 (= 5Comp. 5.16.2); X 5.7.13 (4Comp. 5.5.2).
154 MAURA MORDINI
307
X 1.2.7(= 3Comp. 1.1.2); X 1.2.10 (= 3Comp. 2.2.5); X 5.39.53 (= 5Comp. 5.18.5).
308
X 3.13.8 (= 2Comp. 3.10.1); X 3.13.11 (= 3Comp. 3.13.2); X 3.13.12 (= 4Comp.
3.5.1); X 3.18.2 (= 5Comp. 3.11.1).
309
X 5.37.10 (= 4Comp. 5.13.1); X 5.37.12 (= 4Comp. 5.13.2).
310
Oltre a X 3.20.2 (= 3Comp. 3.16.2), la possibilità di concedere res ecclesiae in bene-
ficio feudo-vassallatico si evince da X 1.35.7 (= 4Comp. 1.15.1); X 3.24.5 (= 3Comp. 3.18.2);
X 3.38.13 (= 1Comp. 3.33.16); X 2.24.14 (= 2Comp. 2.16.5).
311
X 3.10.7 (= 3Comp. 3.11.1); X 3.30.25 (= 4Comp. 3.9.4).
312
X 5.19.8 (= 1Comp. 5.15.10); X 3.20.1 (= 3Comp. 3.16.1).
313
Cfr. supra, §3 c).
314
Cfr. M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, p. 272;
nonché A. CAMPITELLI, Spunti su una teoria della consuetudine accolta nell’apparato accur-
siano, in El dret comú i Catalunya, Actes del V Simposi Internacional (Barcelona, 26-27 de
maig de 1995), Barcelona 1996, pp. 35-49, in particolare pp. 46-47; e M. RYAN, Ius commune
feudorum in the Thirteenth Century, in … colendo iustitiam et iura condendo … Federico II
legislatore, pp. 51-65, in particolare p. 55.
315
Cfr. supra, §3 a).
ASPETTI DELLA DISCIPLINA DEL FEUDO ECCLESIASTICO 155
316
Cfr. supra, il § “Il Decretum Gratiani e il feudo: una prima valutazione”.
317
Abbiamo consultato l’edizione conservata presso il ‘Fondo Antico’ della Biblioteca
del Circolo Giuridico dell’Università di Siena: Vetus et novae Ecclesiae disciplina circa ben-
eficia et beneficiarios [...], Pars tertia sive Tomus tertius, [...] editio secunda italica [...],
authore eodemque interprete LUDOVICO THOMASSINO, Venetiis MDCCXXX, Ex Typographia
Balleoniana. Cfr. supra, nota 181.
318
Vetus et novae Ecclesiae disciplina, Pars tertia, p. 34.
319
Il riferimento all’emersione, dopo il concilio Lateranense III, di una opinio in base
alla quale erano tollerate le elargizioni di decime ai laici antecedenti al 1179, al punto che su
di esse non poteva sorgere controversia, mentre quelle sopravvenute successivamente (per
invasio oppure per concessione vescovile) comportavano la restituzione alla chiesa titolare del
relativo diritto, si legge in Vetus et novae Ecclesiae disciplina, p. 33, § 7 e § 8.
156 MAURA MORDINI
320
Vetus et novae Ecclesiae disciplina, p. 34.
321
M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, pp. 248-249.
322
M. MORDINI, Aspetti della disciplina del feudo ecclesiastico. Parte I, pp. 233-235 e
256-260. Si tenga presente che il riferimento a una consuetudine in relazione alla facoltà di
infeudare (consuetudo loci) è presente anche nell’apparato al Decretum, alla glossa Subscrip-
tione episcopi in C. 12 q. 2 c. 41 (cfr. supra, note 296-299 e testo corrispondente).
323
Ad esempio M.G. DI RENZO VILLATA, La formazione dei «Libri Feudorum» (tra pra-
tica di giudici e scienza di dottori …), in Il feudalesimo nell’Alto medioevo, tomo II, pp. 651-
721, in particolare pp. 700-701 con riferimento alla fidelitas e al giuramento; S. REYNOLDS,
Feudi e Vassalli. Una nuova interpretazione delle fonti medievali, traduzione di Sara Menzin-
ger (Storia, 48), Roma 2004 (ed. or. Fiefs and Vassals. The Medieval Evidence Reinterpreted,
New York and Oxford 1994), pp. 298 e 303; C. ZENDRI, Elementi canonistici nella «Compilatio
Antiqua», p. 251: “Non solo infatti, come aveva già mostrato proprio Karl Lehmann, i testi
che compongono i Libri feudorum, e in particolare la Compilatio Antiqua, sono sostanzial-
mente testi di carattere sapienziale, dottrinale, prodotto dell’attività di giuristi […]. In realtà
anche i loro contenuti si rivelano essere non semplicemente il frutto di una mera ricognizione
di norme legislative e consuetudinarie già esistenti, ma piuttosto il risultato di una vera ri-
flessione dottrinale, condotta certamente a partire da un ricco deposito consuetudinario, ma
anche tenendo conto di auctoritates che spesso sono depositate nella tradizione canonistica”;
ID., Feudum a fidelitate, pp. 294 e 299.
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