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LA
NOTA
PERSONA
ERRICO MALATESTA
IN ITALIA
DICEMBRE 1919
LUGLIO 1920
LA FIACCOLA
Paolo Finzi
La nota persona. Errico Malatesta in Italia (dicembre 1919/luglio 1920)
Edizioni La Fiaccola
c/o Franco Leggio
Via S. Francesco, 238 - 97100 Ragusa
conto corrente postale 11112976
l
sta stesso, ma, in un certo qualmodo, l’elemento di equilibrio, la stella po
lare della costellazione anarchica.
Va però aggiunto che la figura di Malatesta non suscitava entusiasmo
soltanto tra gli anarchici. Era, potremmo dire, patrimonio collettivo delle
masse. Nessun altro agitatore, nessun altro oppositore politico fu al centro
di così ampie manifestazioni popolari come Malatesta. Nel 1919 per ren
dere possibile il suo ritorno in Italia, nel 1920 (o meglio dalla fine di di
cembre del ’19) per festeggiare il suo avvenuto rimpatrio. Ma, ancora, di
nessun altro “sovversivo" il governo italiano ebbe timore come di Mala
testa. Le difficoltà frapposte dalle autorità al suo rientro ne sono ampia te
stimonianza. E non si può dire che non ne avessero motivi. Il lungo tour
di propaganda effettuato da Malatesta agli inizi del ’20 e le accoglienze en
tusiastiche che gli venivano tributate in tutte le piazze d ’Italia ne sono la ri
prova più lampante. Se qualcuno, insomma, poteva rappresentare, fisica-
mente e simbolicamente nello stesso tempo, “il fronte unico” del proleta
riato in quel convulso periodo postbellico, questi era sicuramente - soltan
to - Malatesta.
La straordinaria popolarità di Malatesta è un dato ancor più rilevante,
e curioso al tempo stesso, se si tiene conto che, fino ad allora, Malatesta
aveva vissuto più tempo all’estero che in Italia. Dopo l’espatrio nel 1885,
per sottrarsi ad una condanna, e a parte una brève sosta clandestina nel
1891 in occasione del 1° maggio, l ’anarchico campano aveva trascorso
solo due periodi relativamente brevi in Italia: dagli inizi del 1897, con la
fondazione de “L ’Agitazione” di Ancona, fino all’arresto nel gennaio del
’98 e alla fuga nel maggio '99 dal domicilio coatto di Lampedusa; e poi
ancora nel 1913 - 14 fino alla Settimana rossa. Eppure, nonostante ciò, si
può dire che nel 1919-20 rappresentasse, per il proletariato italiano, un
sorta di mito. Forse proprio questa sua straordinaria carriera di rivoluzio
nario e di perseguitato politico aveva creato intorno a lui una specie di alo
ne leggendario.
Il lavoro di Finzi documenta con chiarezza le tappe dell’evolversi del
mito malatestiano nel primo dopoguera. La campagna per il suo rientro,
guidata da Borghi e dall’Unione Sindacale Italiana con la partecipazione
di tutta “l ’estrema le trionfali accoglienze al suo ritorno, a partire dalla
manifestazione di Genova del 27 dicembre 1919, via via per Sestri Ponen
te, Torino, Milano, TEmilia-Romagna, ecc. Ed è significativo, a riprova
della straordinaria capacità di Malatesta di mediare tra le varie tendenze
dell’anarchismo, che accanto a lui, in più occasioni, ci fossero personaggi
come Galleani, Borghi e Renato Siglich (Souvarine), espressione di cor
renti molto diverse tra loro. Dicevo mediare. Ma non è la parola adatta.
Più che mediare Malatesta era capace di valutare con estrema onestà po
litica la coerenza libertaria di coloro che pure erano su un’altra lunghezza
d ’onda. Ed anche questa qualità, unita ad una chiarezza di idee che non
sconfinava mai nella supponenza e non alimentava mai polemiche astiose,
come capitava spesso nel mondo della sinistra italiana, furono senza dub
bio alla base del mito di cui parlavo prima. Va detto però, come ricorda
Finzi, che fu proprio lo stesso Malatesta a ribellarsi a quel tentativo generoso
ma altrettanto pericoloso di costruirgli un metaforico mausoleo quando era
ancora in vita. Quello che fu definito il “Lenin d ’Italia” (con un certo suo fa
ti
stidio) fortunatamente il mausoleo non l’ebbe neppure da morto.
L ’attività di Malatesta nel 1920 si condensa tutta nell’incessante propa
ganda e nella direzione di “Umanità Nova”, il giornale quotidiano del
movimento (anche in questo caso, non di una tendenza) edito appunto
agli inizi dell’anno. A parte, il breve “incidente” di Tombolo Malatesta
riuscì a godere in quei mesi, come non mai, di una completa libertà po
litica, in un clima di viva speranza rivoluzionaria. Ma con l ’esaurirsi della
fase ascendente, dopo la fine dell’occupazione delle fabbriche, fu il pri
mo, insieme con Borghi, a cadere nelle maglie della giustizia. Arrestato
nell’ottobre, avrebbe trascorso lunghi mesi in carcere per essere poi assol
to e scarcerato, nel luglio del ’21, quando la strage del Dinna e la marea
montante del fascismo avevano avviato la crisi del movimento anarchico.
Il lavoro di Finzi non si spinge fino all’arresto. Si ferma prima, al con
gresso bolognese della UAI, agli inizi di luglio. Siamo ancora in una fase
di ascesa, di illusione. Il movimento anarchico non era mai stato così forte
dai tempi della Prima Internazionale, Il momento non era parso mai così
propizio per la realizzazione di progetto rivoluzionario. Non è il caso di
spiegare in questa sede che probabilmente il desiderio agiva da specchio
deformante e la realtà era ben diversa. Ma non si può neppure addebitare
a Malatesta di non aver visto quello che anche gli altri non vedevano. Per
chi non accettava la logica della politica tradizionale, degli equilibri di po
tere, non c’erano molte vie d ’uscita, se non quella di premere l'accelera
tore dell’“automobile rossa”. E non è solo una metafora la mia. L ’auto
“rossa” esisteva davvero ed era quella con cui Malatesta e Borghi batteva
no TEmilia-Romagna. Ma “l’automobile rossa” non poteva fare corsa a
sé. Aveva bisogno del supporto dei socialisti, o meglio dell’ala massima-
lista. Il tentativo di creare una base d ’intesa con quest’ultima è in fondo
l’esperienza più logorante di tutto il periodo, non solo per Malatesta, ma
per Borghi e molti altri. Se la guerra, l ’internazionalismo, l ’entusiasmo
per la rivoluzione russa aveva avvicinato anarchici e socialisti, la situazio
ne del dopoguerra, gli sviluppi della III Internazionale, la visione com
plessiva del processo storico tendevano ad allontanarli. Il “fronte unico",
che fosse pur “dal basso” o “nell’azione” come preferiva l ’USI, era soltan
to una suggestiva parola d ’ordine. Del resto, non sarebbe stato facile ac
cordarsi neppure con chi sosteneva la necessità della collaborazione tra
socialisti ed anarchici, una “collaborazione franca e leale di due forze po
litiche, basata su problemi concreti proletari”, a condizione però che gli
anarchici rivedessero “i loro criteri tattici tradizionali”, per essere sempli
cemente “più liberi spiritualmente”. Chissà se Gramsci la penserebbe an
cora così, oggi, sulla maggiore libertà spirituale.
Ma, tornando a Malatesta e al lavoro di Finzi, bisogna sottolineare
come occuparsi di quel “fanciullino” (sempre per usare il linguaggio p o
lemico di Gramsci) non sia pura archeologia storica o semplice spirito di
parte, anche se lo spirito di parte è evidente in Finzi. Malatesta è una, cer
to non Tunica, nemmeno la più importante, ma sicuramente significativa,
delle chiavi per comprendere un periodo cruciale ed amaro della nostra
storia. Ammesso poi che capire la storia serva e sia servito a qualcosa, se
non appunto agli storici.
Maurizio Antonioli
9
PREMESSA
Nel dare alle stampe, quindici anni dopo, questa ricerca che costituì la
mia tesi di laurea, mi dispiace dover prendere atto che né l’auspicio né
la speranza con cui chiudevo appunto la premessa alla tesi si siano rea
lizzati.
Mi dispiace non avere il tempo necessario per poter “lavorare” ancora
su quanto scrissi (qualche aggiornamento è stato operato solo su alcune
note). In molti punti avverto l’esigenza di un approfondimento della ri
cerca, della verifica di altre fonti, di un allargamento della prospettiva
storiografica.
Ma il tempo necessario per quest’opera di riflessione e di limatura non
l’ho. Tralasciando certi eccessi terminologici e - a tratti - anche interpre
13
tativi (come nel caso del presunto complotto anarco-fiumano), mi ritro
vo tutto sommato a mio agio con la passione politica e con il taglio mi
litante che caratterizzano questo libro. L’entusiasmo con il quale mi av
vicinai a questa ricerca, anche se è stato la causa prima dei limiti suac
cennati, lo sento ancora mio. Anche se, francamente, mi fanno a volte
sorridere le aggettivazioni enfatiche, i punti esclamativi, l’eccessiva sicu
rezza di troppe affermazioni drastiche. Ma tant’è: visto, si stampi...
Per quanto concerne la biografia di Malatesta, l’unico studio specifico
realizzato in questi tre lustri è quello della ricercatrice giapponese e mia
carissima amica Misato Toda (Errico Malatesta da Mazzini a Bakunin,
Napoli 1988). Ampio risalto alla figura ed all’attività di Malatesta viene
dato nella Storia degli anarchici italiani nell’epoca degli attentati (Milano
1981) di Pier Carlo Masini, che appunto si ferma all’inizio del secolo; e
nel validissimo Mazurka blu (la strage del Diana) di Vincenzo Mantova
ni, uscito nel ’79 per i tipi di Rusconi (e non Bompiani, come l’autore
pensava nel ’75). Era proprio con Mantovani, nelle pause del parallelo
(ed a tratti comune) lavoro di ricerca, che era nata allora l’idea di poter
in futuro lavorare insieme ad una biografia malatestiana.
Due significative iniziative culturali, entrambe promosse da anarchici,
hanno ricordato Malatesta a mezzo secolo dalla sua morte: ad Ancona
(7/8 luglio) ed a Milano (24/26 settembre 1982). In tutto, varie decine di
relazioni e comunicazioni, solo alcune delle quali - però - sono poi state
pubblicate su riviste di studi storici, su pubblicazioni anarchiche o come
opuscoli. Purtroppo gli atti non sono stati né raccolti né pubblicati.
Da segnalare il corposo numero monografico (n. 5/6, giugno 1989)
della rivista francese Itineraire (una vie, unepensée) contenente una doz
zina di saggi su Malatesta.
Va poi segnalato il reprint anastatico, a cura del movimento anarchico
italiano, dei 3 volumi degli scritti malatestiani 1919-1932 (Carrara,
1975); la raccolta di alcuni Scritti antimilitaristi di Malatesta (Milano,
1982) , l’Epistolario 1873/1932 (lettere edite e inedite) a cura di Rosaria
Bertolucci (Avenza 1984); nonché la (consueta) ripubblicazione, in varie
forme, di articoli o raccolte malatestiane a cura di edizioni anarchiche.
Nei quindici anni trascorsi, Leonardo Bettini e Gino Cerrito - due del
le “colonne” della storiografia dell’anarchismo - sono morti. Di Bettini
è uscito il secondo tomo del primo volume della sua (purtroppo interrot
ta) monumentale Bibliografia dell’anarchismo (Firenze 1976). A cura di
Cerrito è uscita una valida antologia malatestiana (Rivoluzione e lotta
quotidiana, Milano. 1982).
Desidero qui ringraziare, oltre alle persone citate nella premessa del
’75, la mia amata compagna Aurora Failla, con cui ho condiviso l’impe
gno e l’entusiasmo di una parte del lavoro di ricerca; e l’amico e compa
gno Giuseppe Gessa, per l’impegno nella “produzione” di questo libro.
Un pensiero grato, infine, a mio padre (morto lo scorso anno) che -
pur lontano dalle idee anarchiche e dal mio entusiasmo militante - mi
spronò sempre nella mia opera. Più di chiunque altro, oggi lui sarebbe
felice nel ricevere la prima copia di questo libro.
Aprile 1990
Paolo Finzi
14
I
15
Consolato d ’Italia in Londra, a capo del quale vi era il
comm. Luigi Frosali. Contemporaneamente tutto l’apparato
informativo-repressivo dello Stato era tenuto pronto a cap
tare ed a ritrasmettere a Roma ogni voce e informazione re
lativa a Malatesta, di cui era ben nota la abilità nel sottrarsi
anche alla più stretta vigilanza.<5)
Bastava, per esempio, che in una riunione di anarchici ita
liani a Ginevra si leggesse una cartolina di Malatesta in cui
fra l’altro esprimeva “vivo rammarico di non potersi recare
in Italia, avendogli le Regie Autorità rifiutato il passapor
to”,<f” perché il delegato di P.S. presso il R. Consolato d’Ita
lia in Lione (Francia) sentisse la necessità di informarne
tempestivamente i suoi superiori. A Roma subito si cercava
di saperne di più e, tramite tal Cav. Restagno, si veniva in
formati che
16
narchico spezzino Pasquale Binazzi, scriveva fra l’altro: “Io
sono sempre qui prigioniero, ansioso di tornare in Italia, ma
impossibilitato a farlo per mancanza di passaporto. Credo
che però non potranno negarmi a lungo il diritto di venire a
farmi processare”.(9>
Un mese dopo, riferendosi al silenzio opposto dal conso
lato alle sue richieste di passaporto, sempre scrivendo a Bi
nazzi l’esule anarchico commentava: “Ma tu vedi in me un
altro esempio che i governi, quando vi trovano la loro con
venienza, si burlano della legge... peggio che se fossero
anarchici. Possa la cosa servire di lezione ai legalitari!”.(10)
Malatesta si riferiva al fatto che poco prima era stata pro
mulgata un’amnistia, della quale si riteneva beneficiario, la
quale avrebbe dovuto sgombrare in ogni modo il campo al
l’ottenimento di quel passaporto per il quale aveva fatto for
male richiesta già tre anni prima.01’ Il Governo italiano, in
vece, tergiversava. Il comm. Frosali, nel frattempo, aveva
fatto discrete pressioni sul Foreign Office per spingere il go
verno inglese ad occuparsi con maggior rigore di Malatesta
e del suo previsto tentativo di espatrio clandestino. La rispo
sta inglese fu però negativa.
|9) Cfr. Il Libertario (La Spezia), 20.3.1919 (a. XVII, n. 706). La lettera datava 11.3.1919.
1101Cfr. Il Libertario (La Spezia), 1.5.1919 (a. XVII, n. 712). La lettera datava 15.4.1919.
(11>“Malatesta aveva perfettamente intuito questa situazione da Londra, fin da prima del
la fine della guerra, ed ardeva dal desiderio di tornare in Italia. Aveva più volte c hiesto il
passaporto fin dal 1917, senza ottenerlo, pur essendo disposto a entrare in carcere e affron
tare il processo ancora pendente contro di lui, per la sua partecipazione ai fatti della "set
timana rossa” del 1914. Tornò ripetutamente a chiederlo nel 1918 e 1919 - cercando nel
contempo un modo qualsiasi per poter tornare clandestinamente”. L. FABBRI, prefazio
ne al 1° volume degli Scritti di Errico Malatesta, Ginevra-Bruxelles 1934, pagg. 8-9.
Lo stesso Fabbri, però, altrove fissava un anno prima la richiesta di Malatesta al Con
solato: “En el mismo ano 1916, Malatesta pidìo al consulado italiano en Londres el pa-
saporte para volver a Italia”. Cfr. L. FABBRI, La vida de Malatesta, Barcellona 1936,
pag. 173.
E la data del 1916 è confermata dallo stesso Malatesta nel suo discorso nella Corte d'Assise
di Milano il 27.7.1921, cfr. E. MALATESTA, Scritti, cit., voi. II, p. 298.
ACS, ibidem, Frosali a Dir. Gen. P.S., 2.4.1919.
17
Rinnovate pressioni da parte italiana non sortivano mi
gliore effetto.(13)
Ben diverso grado di collaborazione il Governo italiano
poteva riscontrare in altri governi. Quello spagnolo*14’ si te
neva in stretto contatto con Roma: così alla fine di aprile il
ministero degli affari esteri di Madrid comunicava che
11,1 “(La polizia inglese) è, per la sua stessa natura, restia a dare informazioni in generale
ad Autorità straniere, come lo sono del resto un po’ tutte le polizie. Non credo infatti che
anche la nostra Questura sarebbe gran che disposta a dare periodiche informazioni ponia
mo caso al Console d'Inghilterra in cotesta città. La mentalità, poi, della Polizia britanni
ca, è molto diversa da quella che informa i criteri della Polizia Continentale; a spiegarla
con un esempio, citerò il fatto che diversi anni fa avendo chiesto informazioni sul conto del
noto pregiudicato Ponti (implicato in un attentato con bombe), la Polizia rispose, con tono
sdegnato, che il dare informazioni sul conto di un individuo che aveva interamente scon
tato la sua pena, era assolutamente contrario ai loro principi. Il malfattore, dunque, il qua
le abbia scontata la pena a cui fu condannato, ha per essi intieramente saldata la partita
“dare ed avere” con la Società, e ridiventa il libero cittadino sul cui passato non è lecito
indagare. Lo stesso dicasi a proposito del Malatesta, che qui era considerato dalla Polizia
come il più innocuo ed innocente dei mortali. Liberissimo questi di pensare e di parlare
come voleva, l’autorità inglese non venendo mai meno all’abito della realtà, avrebbe col
pito il Malatesta nel caso di azione, ma, diversamente, ripeto, egli, come tanti altri sovver
sivi, viene qui considerato senza preoccupazione di sorta. Era impossibile non notare l’e
spressione, o il gesto d’ironia col quale si rispondeva alle mie domande circa di lui. Nes
suno può ignorare che l’Inghilterra, e Londra, sono più che mai un centro della maggiore
attività sovversiva preparatoria e clandestina L..1".
Cfr. ACS, ibidem, cons. Faà di Bruno a Min. ìnt., 31.12.1919.
<l4> Il sospetto che Malatesta intendesse passare per la Spagna nel suo temuto ritorno in
Italia era già stato avanzato dal comm. Frosali in marzo: “(...) ho l’onore di riferire che
Malatesta Errico è deciso di partire dall’Inghilterra per rientrare in Italia. Egli con tutta
probabilità si imbarcherà su un battello clandestinamente, recandosi in Spagna (ove ha
moltissimi compagni ed amici) e per quella via rientrerà nel Regno. (...)” Cfr. ACS, ibi
dem, Frosali a Dir. Gen. P.S., 23 marzo 1919.
051 ACS, ibidem, (mittente incompr.) a Dir. Gen. P.S., 25 aprile 1919.
<“) ACS, ibidem, Secchi (Parigi) a Min. Ini., 31.3.1919.
18
il Ministero degli Interni italiano a diramare alle prefetture
ordini di attenta vigilanza in previsione del suo temuto arri
vo clandestino. Ciò era dovuto principalmente a due fattori:
il viaggio di Malatesta a Liverpool e la sua rinnovata richie
sta ufficiale del passaporto.
Alla fine di aprile il consolato italiano a Londra segnalava
Pimprovvisa partenza di Malatesta dalla capitale inglese cd il
suo arrivo a Liverpool. Per le autorità suonava il campanello
d’allarme: tanto più che veniva contemporaneamente segna
lato che
l' I
si riteneva beneficiario ma specificando nel contempo di es
sere sempre pronto ad affrontare carcere e processo/21’
A circa due anni dalla presentazione della prima doman
da, il 27 maggio122’ l’anarchico scriveva al console italiano a
Londra la seguente lettera:
20
indulto, avendo riportato condanne fra cui una a due anni
per associazione a delinquere. In ogni modo nessuna decla
ratoria è intervenuta in suo favore” .(24)
(241 ACS, ibidem, pref. Ancona a Min. Int. 10.4.1919. Sempre in questo telegramma ve
niva specificata la posizione legale di Malatesta il quale, oltre che dal mandato di c attura
spiccato nel 1914 (di cui alla nota121), risultava colpito da un mandato di arresto della <'orto
d’Assise di Ancona, in data 13.6.1917, in seguito alla condanna a quattro mesi per vilipen
dio delle istituzioni. Il processo relativo si era svolto Malatesta contumace a 1.onditi.
(25) Il 23 agosto, per fare un solo esempio, i prefetti di Macerata, Ancona, Pesaro. Aseoli,
Ravenna e Forlì, ricevevano dalla Dir. Gen. P.S. il seguente telegramma: “Viene riferito
che noto anarchico Malatesta Errico sia riuscito entrare clandestinamente Regno rifugian
dosi presso compagni sicuri in Romagna o Marche. Pregasi ordinare accurate urgenti in
dagini riferendo esito”.
Più sotto veniva specificato che si trattava “di un telegramma con carattere d’urgen/a (clic)
tratta d’affari indilazionabili”. Cfr. ACS, ibidem, Dir. Gen. P.S. u pref. Macérala, Anco
na, Pesaro, Ascoli, Ravenna, Forlì, 23.8.1919.
m II prefetto di Como chiedeva pertanto al Min. Int. “se ingresso Regno Malatesta de
v’essere ancora proibito, qualora si presentasse confine munito regolare passaporto, ovve
ro possa permettersi ingresso segnalandolo Autorità dei luoghi ove sarà diretto". Cfr.
ACS, ibidem, pref. Como a Min. Int. 1 ottobre 1919.
(27) ACS, ibidem, Min. Int. a Cons. Londra, 22 novembre 1919. Sei giorni dopo, il console
informava i suoi superiori dell’avvenuta consegna del passaporto a Malatesta: cfr. ACS,
ibidem, Cons. Londra (Faà di Bruno) a Min. Int., 28 novembre 1919 Due anni dopo, nel
corso di una sua dichiarazione in tribunale, Malatesta ricorderà l’intera vicenda del passa
porto nei termini seguenti. “(...) Si era in tempo di guerra: era impossibile uscire dall’In-
21
Non tutti gli ostacoli, che si frapponevano al rientro in Ita
lia del vecchio anarchico, erano stati così superati e solo a
Natale - come vedremo più avanti - tale rientro potrà avve
n ire/28'
22
II
NÉ DIO NÉ PADRONI
23
Il prezzo pagato dagli anarchici per la loro attività anti
bellicista era stato molto alto: il movimento si era disperso,
molti militanti essendo stati costretti a battere (o a ribattere,
in molti casi) la dura via dell’esilio. Numerosi renitenti e di
sertori si erano rifugiati in Svizzera111’ o altrove, mentre per
chi era rimasto in Italia la vita era diventata alquanto diffi
cile, l’attività politica (per lo più) impossibile. La censura
aveva inesorabilmente imbiancato le pagine dei pochi gior
nali rimasti in vita, costringendoli così ad un’esistenza trava-
sistentemente nella propaganda libertaria - non è la nostra guerra”. E. Malatesta, fin dal
l’estate del 1914 esule a Londra, non si era espresso pubblicamente nei primi mesi della
‘‘Grande Guerra” sulla questione dell’atteggiamento da tenersi di fronte al conflitto: di
questo suo silenzio (dovuto anche al fatto che alcuni suoi articoli per il giornale Volontà di
Ancona non erano giunti al destinatario) avevano approfittato i sostenitori dell’interven
tismo spargendo la voce di una sua incertezza se non addirittura di un suo atteggiamento
favorevole alla guerra. “Mi pare che basta dirsi anarchico - aveva però scritto Malatesta
(L'Università popolare, 9.10.1914) - per affermare implicitamente la propria avversione
alla guerra e ad ogni collaborazione coi governi e colle borghesie che (...) hanno provocato
l’immane catastrofe (...)” Un mese dopo Malatesta pubblicava su Freedom (Londra). Il
Risveglio - Le Reveil (Ginevra) e Volontà (Ancona, a. 11, n. 42, nov. ’14) un articolo di
polemica con Kropotkin, che si era dichiarato solidale con l’esercito anglo-franco-russo,
dal significativo titolo “Gli anarchici hanno dimenticato i loro principi?”
Nel marzo 1915 era poi stato fra i promotori del Manifesto internazionale anarchico contro
la guerra, sottoscritto da altri 35 militanti anarchici (fra i quali A. Berkman, L. Bertoni,
C. Frigerio, E. Goldman, V. Garcia, H. Havel, F.D. Nienwenhuis, E. Recchioni, A.
Schapiro).
Poiché, pur dichiarandosi intransigentemente contro la guerra, Malatesta si era augurato
la sconfitta della Germania (che, a suo parere, avrebbe accelerato il corso della rivoluzio
ne), Mussolini sul Popolo d'Italia aveva accusato Malatesta di contraddirsi e di non saper
essere coerente con se stesso fino all’interventismo. La ferma risposta malatestiana alle in
consistenti insinuazioni di Mussolini (allora appena passato dal neutralismo all'interventi
smo) non fu però pubblicata dal “quotidiano socialista” di Mussolini ed era invece apparsa
su Volontà (Ancona, a. 11, n. 46, 24.12.1914). Su questa sua affermazione Malatesta ritor
nava poi sei anni dopo sulle colonne di Umanità Nova, costrettovi da alcune critiche mos
segli dai repubblicani anconetani del Lucifero: cfr. Facce toste e È vero, o non è vero? ri-
spett. sui nn 165 (8.10.1920) e 172 (16.10.1920) dell’a. I (poi ripubblicati nel I voi., cit., de
gli Scritti malatestiani, pp. 146/50 e 158/60).
I>" Oltre che nei Cantoni di lingua italiana, gli anarchici italiani si erano concentrati nei
centri di Zurigo e Ginevra. In quest’ultima città si pubblicava fin dal 1900 il quindicinale
bilingue II risveglio-Le reveil, compilatore del quale era l’anarchico (nato a Como nel 1872,
ma svizzero “di adozione”) Luigi Bertoni, intimo compagno di Malatesta.
"Guando gli archivi diplomatici saranno aperti, scopriremo quanto fastidio il giornaletto di
Bertoni abbia dato nei suoi quarant'anni di vita alle cancellerie di Roma e di Berna: una
vera spina nelle relazioni diplomatiche italo-elvetiche”. Cfr. P.C. MAS1NI. Luigi Bertoni
(conferenza tenuta in Bellinzona il 6.2.1972 nel centenario della nascita), in Volontà (Pi
stoia) mag.-giu. 1972 (a. XXV, n. 3), pp. 217/24. Sulla figura e sulla opera di Bertoni ed
in particolare sul suo giornale (che uscì dal 1900 fino al secondo dopoguerra), cfr.: M.
NETTLAU, Luigi Bertoni y “Le reveil - Il risveglio", in La revista bianca (Barcellona),
15.8.1930: Luigi Bertoni, in Volontà (Napoli), a. I (1947), n. 8-9; Un uomo nella mischia:
Luigi Bertoni, Bologna 1947: M. ENCKELL. Un journal anarchiste gcnèvois: Le reved
1900-1940, Lausanne 1967; C. LEVI, Un operaio della rivoluzione, in A-Rivista Anarchica
(Milano) ago.-set. 1973 (a. Ili, n. 7). Oltre al quindicinale, Bertoni ed il suo gruppo cu
rarono anche l’edizione di libri, fra i quali ricordiamo - perché legati al nome di Malatesta
- M. NETTLAU, Bakunin e l’Internazionale in Italia dal 1864 al 1872 (con lunga prefazio
ne di Malatesta su “L’Italia rivoluzionaria intorno al 1870”), Ginevra 1928, e i tre volumi
degli Scritti (1919-1932) malatestiani, Ginevra 1934/36.
24
gliata e spesso alla forzata chiusura definitiva.'32’
Terminata la guerra, nelle ultime settimane del 1918 e nel
le prime del 1919, il ritorno dall’esilio, dal confino, dalle ga
lere, di molti militanti anarchici permetteva al movimento di
riannodare le proprie fila e di riprendere l’attività di propa
ganda e di agitazione con ben maggiore efficacia degli anni
precedenti. La stampa anarchica riprendeva fiato e nel giro
di pochi mesi nuove testate vedevano la luce,'33’ contribuen
do ad aggregare le forze prima disperse e a stimolare il di
battito teorico e la discussione politica. Un rinnovato spirito
fraterno caratterizzava il costante dibattito fra le diverse ten
denze dell’anarchismo, dibattito che si manteneva costrutti
vo e per lo più privo di quelle esasperazioni polemiche che
più volte in passato (ed in futuro) avevano (ed avrebbero)
paralizzato non poco l’incidenza del movimento anarchi
co.04’
1,21 Unico periodico anarchico ad essere pubblicato regolarmente per tutta la dui nlu della
guerra era stato VAvvenire Anarchico (Pisa. 1910/22); fino alla morte del suo compilatore
(il noto anarchico Luigi Molinari) era uscito regolarmente L ’Università popolare (Mantova
1901 - poi dal 1906 Milano - apr.-mag. 1918) con periodicità mensile e con l’importante
rubrica (curata dallo stesso Molinari) “Il mio diario di guerra”, in cui si dava spazio alle no
tizie anti-militariste. Da segnalare infine fra le altre pubblicazioni anarchiche del periodo
bellico - per le quali (come per quelle succitate) rinviamo alla fondamentale accuratissima
opera di L. BETTIN1, op. cit., che ha accolto, sistemato e superato anche tutte le in
formazioni bibliografiche contenute in altre precedenti parziali bibliografie il m |Iinta
nale spezzino II Libertario, il cui compilatore P. Binazzi era intimo compagno di Mala-
testa.
Su II Libertario (La Spezia, 1903-1922) esiste un interessante saggio, che si limila però ad
esaminarne solo i primi tredici anni di vita; cfr. G. BIANCO - C. COSTANTINI ,111 ¡ber
tario dalla fondazione alla guerra mondiale, in Movimento operaio e socialista in Liguria,
set.-ott. 1960 (a. VI, n. 5), pp. 131/54, poi riprodotto in Volontà (Genova), die, 1961 (a.
XIV, n. 12), pp. 700/23. Cfr. inoltre U. FEDELI, Periodici e numeri unit i anarchici pub
blicati in Liguria fino all’avvento del fascismo, in Movimento operaio e socialista, otl.-dic.
1963 (a. IX, n. 4), pp. 348/9. Costretto a sospendere le pubblicazioni nel maggio 1917, Il
Libertario era stato rimpiazzato dal settimanale Cronaca libertaria del quale uscirono 17
numeri tra l’agosto e il novembre del 1917 a Milano (l’amministrazione e la dite/tonc era
no però rimaste di fatto a La Spezia) cfr. L. BETONI, op. cit., pp. 274/5 nomili' ISTITU
TO G.G. FELTRINELLI, op. cit., pp. 184/5.
Oltre al già cit. L'avvenire anarchico (Pisa), nel 1919 videro la luce II nttvillorc (Ca
gliari), Volontà (Ancona) - la cui regolare uscita fu anticipata dal numero unico <riterrà e
Pace (Ancona) - , La valanga (Roma), Iconoclasta (Pistoia), Germinai (San Severo di Pu
glia), La frusta anarchica (Pesaro), oltre al cit. Il Libertario (La Spezia) clic nprcse ad
uscire regolarmente nel febbraio 1919 - ed a numerosi “numeri unici". A parie va ricor
dato il quindicinale La protesta (La Spezia) del quale uscirono due minicii pciclié il suo
compilatore, Roberto d’Angiò, uno dei pochissimi interventisti “anarchici’ (eli nota '”’)
era di fatto estraneo al movimento, che nel suo insieme fu ostile a D’Angio, alle sue idee,
alla sua proposta pratica di “revisionare” l’anarchismo... in senso militaiisla Per tutti i
succitati giornali - la cui funzione e caratterizzazione nell’ambito dcll'aniirchisnio sarà esa
minata più avanti - , cfr. L. BETTIN1, op. cit.. rispettivamente alle pp .’33/35 (/ avvenire
anarchico), 276/7 (Il novatore), 277/8 (Guerra e pace e Volontà), 278/') (La valanga), 279/
80 (Iconoclasta), 283 (Germinai), 284 (La frusta anarchica), 167/71 (// Libertario). 255/56
(La protesta).
|V" Malatesta, Fabbri, Binazzi, Galleani ed altri noti c stimati militanti anarchici fecero
25
Accanto alla stampa riprendevano vita le altre forme di
presenza e di propaganda libertaria: si riattivavano i gruppi,
si riaprivano ai simpatizzanti i circoli ed i centri di studi so
ciali, si indicevano le riunioni su scala provinciale e regiona
le. Nel contempo consistenti gruppi di anarchici (militanti e
simpatizzanti) partecipavano ai cortei, agli scioperi, a tutte
le manifestazioni politiche e sociali, sempre ben distinti dalle
altre forze politiche. Distinzione, questa, che appariva netta
anche agli osservatori distratti, grazie al differente colore
(nero) delle bandiere anarchiche rispetto a quelle (rosse) so
cialiste.
Era in quei tempi usuale che gli anarchici prendessero la
parola in tutti i comizi indetti dai socialisti, anche se ciò non
sempre era gradito agli organizzatori socialisti. Nei primi
mesi del dopoguerra, comunque, la reciproca tolleranza -
spesso perfino la fattiva collaborazione - caratterizzò i rap
porti fra socialisti ed anarchici. Ne è una chiara riprova il fat
to che VAvanti!, il quotidiano del P.S.I., desse regolarmente
spazio ai comunicati di parte libertaria: cosicché, pur privi di
un organo quotidiano ed in un momento in cui solo con re
lativa lentezza la stampa periodica libertaria riprendeva fia
to, ai gruppi anarchici nel 1919 non mancò la possibilità di
far conoscere con tempestività le loro opinioni e le loro ini
ziative.
Anche questa ospitalità loro concessa dall 'Avanti! contri-
sempre di tutto per restare estranei alle polemiche interne al movimento, partecipandovi
solo quando o vi erano tirati per i capelli o ritenevano possibile ed utile trasformare un’e
ventuale polemica personale in un dibattito di interesse più generale. Vi fu però sempre
chi - come l’individualista siciliano Paolo Schicchi - portava nelle polemiche un’incontrol
lata carica emotiva, che “con le sue intemperanze (procurava) non solo il danno dei suoi
nemici ma anche tribolazioni ai suoi compagni ed amici”. P.C. MASINI, Storia degli anar
chici italiani da Bakunin a Malatesta (1862-1892), Milano 1969, p. 235. Abbiamo citato l’e
sempio di Schicchi, perché già nel 1909, di fronte alla sua attività diffamatoria, gli anarchici
milanesi Ettore Molinari e Nella Giacomelli avevano sentito la necessità di rispondergli
pubblicamente, cfr. EPIFANE-IREOS, Un triste caso di lihellismo anarchico, Milano
1909. (“Epifane” ed “Ireos” erano i noti pseudonimi usati normalmente da E. Molinari -
da non confondersi con Luigi Molinari, anch’egli anarchico - e da N. Giacomelli). Sulla fi
gura di P. Schicchi, cfr. - con estrema circospezione, dato il suo carattere personalistico e
calunnioso - R. SOUVARINE, Vita eroica e gloriosa di Paolo Schicchi, Napoli s.d.; sin
tetico e puntuale il giudizio formulato da Masini, cfr. P. C. MASINI, Storia degli anarchici
italiani da Bakunin a Malatesta (1882-1892), cit., p. 233/35. Nel primo dopoguerra P.
Schicchi pubblicò i numeri unici 1 gladiatori (Palermo, 20-21/7/1919); 1 picconieri (Palermo,
25.12.1920), 11 vespro anarchico (Palermo). 10.4.1921), Il vespro sociale (Palermo,
22.4.1921), nonché il quindicinale II vespro anarchico (Palermo, mag. 1921 - sett. 1923).
Nonostante fosse avversario della concezione comunista-anarchica di Malatesta e non
avesse mancato occasione per insultare Malatesta e compagni, Schicchi non ruppe mai de
finitivamente col movimento organizzato: una sua lettera a Malatesta sulle lotte in Sicilia,
per esempio, apparve su Umanità Nova del 28.9.1920 (a. I, n. 182).
26
buiva al mantenimento di discrete relazioni tra socialisti ed
anarchici. Inutile sottolineare il fatto che soprattutto alla
frazione massimalista ed alle frange più marcatamente rivo
luzionarie aH’interno del campo socialista andavano le....
minori antipatie (di “maggiori simpatie” sarebbe eccessivo
parlare) di parte anarchica.<35) Va poi ricordato che simpatie
(ricambiate) per il movimento anarchico nutriva in quel pe
riodo la Federazione Giovanile Socialista, tradizionalmente
schierata all’estrema sinistra nell’ambito socialista. Netta
contrapposizione vi fu invece sempre fra la frazione riformi
sta (che controllava anche la segreteria della Confederazio
ne Generale del Lavoro) e gli anarchici: ne è testimonianza
- una fra le tante citabili - il sostanziale disinteresse dimo
strato dalla Critica Sociale turatiana nei confronti degli anar
chici e delle loro posizioni: disinteresse generalizzato e - si
potrebbe dire - programmatico, cui fecero eccezione solo
pochi ma secchi attacchi.
Nel complesso, comunque, seppure in forma a volte atte
nuata, restava viva la tradizionale avversità libertaria alla
politica socialista, per tanta parte basata, direttamente o in
direttamente, sull’attività del gruppo parlamentare e sulle
manovre politiche dei dirigenti del Partito e della Confede
razione: il che da parte degli anarchici, antiparlamentari e
fautori dell’azione diretta per antonomasia, non poteva co
munque essere accettato.
Va poi ricordato che accanto al movimento anarchico co
nosceva in quei mesi una crescita notevole anche l’Unione
Sindacale Italiana,(36) che si poneva sul medesimo terreno di
1,51 Questo spirito di (relativa) collaborazione risaliva indubbiamente agli anni della guer
ra e della repressione statale contro il disfattismo rivoluzionario. “Questa parificazione di
tutti i proletari e i sovversivi nemici della guerra sotto il marchio della stessa infamia - ha
scritto l’anarchico Armando Borghi (La rivoluzione mancata, Milano 1964, p. 62) - e la
minaccia ogni giorno più di togliere loro ogni resto di libertà, dava inevitabilmente luogo
ad una fraternizzazione (...)”. Il volume qui citato di Borghi fu pubblicato a Parigi nel 1925
con il titolo “L’Italia tra due Crispi”, quindi ripubblicato con il titolo e nella edizione suc
citati, cui faremo anche in seguito riferimento. Per una critica all’atteggiamento dei diversi
settori socialisti, cfr. anche A. BORGHI, Mezzo secolo d'anarchia, Napoli 1954, pp. 185/7.
,v" Fondata a Parma nel 1912 (primo segretario, Alceste De Ambris), l’U.S.I. si collocò
fin dalla sua costituzione all’estrema sinistra dello schieramento sindacale italiano, racco
gliendo all'inizio alcune decine di migliaia di lavoratori, accomunati dal rifiuto della poli
tica riformista della C.G.L. e dall’esplicito richiamo alle varie correnti del sindacalismo ri
voluzionario (soprattutto, francese). Verso la fine del 1914 una minoranza filo-interventi
sta (capeggiata dallo stesso De Ambris) si staccò dal vecchio troncone dell’U .S.l. che ri
mase intransigentemente ancorato all’internazionalismo ed all'anti-militarismo disfattista.
Da allora in poi, fino al 1922, la segreteria dell’U .S.l. fu affidata all’anarchico romagnolo
Armando Borghi, cui successe nell’incarico - quando nel 1922 l’U.S.I. era ormai ridotta a
27
lotta rivoluzionaria, anti-autoritaria ed autogestionaria degli
anarchici.
Fra il movimento anarchico e l’U.S.I. non vi era alcun
rapporto organico, anzi più di un anarchico attivo in campo
sindacale agiva autonomamente o addirittura all’interno del
la C .G .L.. Certo gli anarchici, nel loro insieme, erano par
ticolarmente vicini ai sindacalisti rivoluzionari e più di una
Camera del Lavoro Sindacalista (cioè, aderente aH’U.S.I.)
era promossa e guidata da anarchici: sul terreno dell’azione
diretta rivoluzionaria e della ferma polemica con i compro
messi confederali l’accordo fra anarchici ed U.S.I. fu sempre
completo.
All’indomani dell’armistizio il contrasto fra anarchici e
sindacalisti rivoluzionari da una parte, socialisti e confedera
li dall’altra, ebbe una significativa verifica nel corso della
riunione promossa dalla direzione socialista per tentare la
riunificazione tra C.G.L. ed U.S.I. (Roma, 15 gennaio
1919). La riunione, tenutasi appunto presso la direzione del
Partito, finì con un nulla di fatto perché le ventilate “propo
ste di mediazione” da parte socialista altro non prevedevano
che il rientro dei sindacalisti rivoluzionari in seno alla Con
federazione e la conseguente convocazione in un congresso
nazionale della C.G.L. stessa.<37)
I delegati dell’U.S.L, inoltre, contestarono la presenza della
delegazione del P.S.I. e chiesero quantomeno la contempo
ranea presenza equilibratrice degli anarchici: i socialisti ri
fiutarono le obiezioni sindacaliste e la polemica restò aperta.
non molto - Aliprando Giovannetti. Fu soprattutto nel primo dopoguerra, nel “biennio
rosso” - cioè nel periodo oggetto di questo nostro studio - , che l’U.S.I. potè esercitare una
funzione, in alcuni luoghi determinante, nell'ambito della lotta di classe. Nel 1921 l’U.S.I.
conobbe un’altra scissione, dovuta all’uscita dall’organizzazione dei sostenitori del bolsce
vismo e del neonato P.C. d’1. (fra costoro, Giuseppe Di Vittorio, di Cerignola, che nel se
condo dopoguerra sarà a capo della C.G.I.L.).
Manca a tutt’oggi uno studio completo ed esauriente sull’U.S.I. Qualche studio parziale è
stato condotto in tempi recenti nell’ambito dell’Istituto di Storia Moderna e Contempora
nea presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Firenze, sotto la guida del prof. Gino
Cerrito: si tratta sempre di studi parziali e limitati geograficamente, seppure interessanti e
certo indispensabili per una storia più generale dell’U .S.l. stessa.
Qualche spunto interessante (anche di carattere memorialistico) può essere trovato negli
articoli scritti qua e là sulla stampa libertaria di questo dopoguerra da militanti anarchici
come U. Fedeli, I. Garinei, M. Damiani, ecc. Data questa carenza di ricerche storiogra
fiche, indispensabile diventa la lettura dei due volumi di A. BORGHI, La rivoluzione
mancata, cit., e Mezzo secolo d'anarchia, cit., che contengono numerose informazioni e
giudizi utili perlomeno alla “ricostruzione” dell’atmosfera in cui l’U.S.I. agiva.
Fondamentale, naturalmente, la lettura del settimanale dell’U.S.I. Guerra di classe e delle
altre pubblicazioni collaterali (Sempre!, ecc.).
1,71 Cfr. A. BORGHI, Mezzo secolo d'anarchia, cit., p. 187.
28
Il mese seguente, commentando i risultati del convegno
confederale di Bologna, la redazione di Volontàm precisava
la polemica libertaria contro la politica riformista della
C.G.L.:
29
Virgilio Mazzoni e Temistocle M onticelli.(39)
Nella loro proposta di convocazione'401 i tre, dopo aver
messo in rilievo che il movimento anarchico conosceva in
quel periodo una notevole crescita, affermavano che “il mo
mento attuale non consente neghittosità”. Ragioni interne
di efficenza operativa richiedevano dunque, a loro avviso, la
convocazione di un Convegno nazionale, che permettesse
allo stesso Comitato di A .I.A . di superare l'impasse in cui si
trovava a causa della sua forzata riduzione numerica. Nella
circolare di convocazione, un accenno veniva riservato
anche alla necessità di “studiare il problema dei mezzi pecu-
niari”.
Nel momento stesso in cui pubblicava questa circolare,
però, TUnione Anarchica Anconetana la postillava critica-
mente, giudicandola prematura. Secondo gli anarchici anco
netani, un Convegno nazionale anarchico si sarebbe dovuto
convocare solo all’indomani di una serie di riunioni su scala
provinciale e regionale, in modo che il Convegno stesso po
tesse raccogliere non singole individualità, ma delegati rap
presentanti “veramente forze anarchiche organizzate”.(4I)
Nei mesi di febbraio e marzo quasi tutto il movimento
anarchico rispondeva entusiasticamente alla circolare invia
ta da Binazzi, Mazzoni e Monticelli. In poche settimane de
cine di gruppi e di singoli militanti scrivevano al Comitato
promotore del Convegno, comunicando la loro adesione e
spesso preannunciando la loro presenza (o quella di loro de
legati)/421
La stessa redazione de II Libertario polemizzava con lo
scetticismo dimostrato dall’anconetana Volontà di fronte
alla prospettiva del Convegno nazionale e ribadiva la neces
sità dell’assise/431 Sull’onda dell’entusiasmo quasi generale, i
m Nominato durante il precedente convegno nazionale anarchico - tenutosi in condizio
ni di semi-clandestinità a Ravenna nel giugno 1916 - il Comitato d’A.I.A. era costituito
dallo spezzino Binazzi, dal pisano Mazzoni, dal romano Monticelli (che svolgeva la funzio
ne di segretario), dal reggiano Torquato Gobbi (allora vittima di “iniqua detenzione”) e
dal fiorentino Gregorio Benvenuti (che nel frattempo era morto). Il Comitato aveva assol
to al compito di coordinare, per quanto possibile, le attività dei gruppi anarchici nella dif
ficile congiuntura bellica.
l4l,) Cfr. il n.u. Guerra e pace (Ancona), cit.
14,1 Cfr. il n.u. Guerra e pace (Ancona), cit.
1421 L’elenco delle adesioni progressivamente pervenute al Comitato veniva pubblicato
sulle colonne de II Libertario (La Spezia): cfr. i nn. 704-705-707-708 (rispett. 6-13-27.3 e
3.4.1919). Si tenga presente che Binazzi ne era il compilatore principale fin dalla fondazio
ne (1903).
I41>Cfr. Il Libertario (La Spezia), 13.3.1919 (a. XVII, n. 705).
promotori del Convegno ne fissavano luogo e data, dira
mando un’altra circolare in cui si parlava di “magnifico ple
biscito di adesioni”, “molte impazienze”, “pochissime titu
banze”.(44) La redazione di Volontà restava comunque ferma
nel suo atteggiamento critico.145'
11 12 aprile, all’apertura del Convegno, nella sala della Ca
mera del Lavoro di Firenze si riunivano una cinquantina di
anarchici'46': ma i gruppi rappresentati erano in numero di
gran lunga superiore.147' Mentre si aprivano i lavori con una
prima significativa decisione (la non-ammissione della stam
pa borghese),'48' un commissario di P.S. faceva togliere dal
portone della Camera del Lavoro una grande bandiera nera
con la scritta (in bianco) “Né Dio, né padroni” che gli anar
chici fiorentini avevano appena dispiegato. Veniva subito
approvata la seguente mozione:
31
“si accende una passionata e vivace discussione, alla quale
prendono parte molti compagni. Taluni vorrebbero darvi
una forma accentratrice, altri una forma più libera; ma in
tutti i compagni che, con serietà e calore discutono sull’im
portante argomento, predomina il buon intendimento di
unire in un solo poderoso fascio le nostre forze, onde possa
no nel periodo grave che stiamo attraversando, fronteggiare
gli avvenimenti e darvi il più possibile l'impronta della no
stra concezione economica e politica”.
lo d im o stra il fa tto ch e nel sin tetizz are il vivacissim o d ib a ttito n o n faceva a ltro che rip e te re
a n c o ra u n a v o lta la su a c o n cezio n e g e n e ra lm e n te u n ita ria d e ll’o rg an izzazio n e.
32
munque, niente di più.
Nella mattinata del 14, ultimo giorno del Convegno, ini
ziava l’ultima grande discussione, quella relativa alla “siste
mazione della nostra stampa". Le proposte sul tappeto era
no molte, diverse e spesso contraddittorie. Chi proponeva di
fondare un organo dell’U .A .I., lasciando nel contempo i
compagni liberi di editare altri giornali, chi invece di soppri
mere tutti i fogli libertari esistenti e di dar vita ad un giornale
unico per tutti gli anarchici, chi infine di confermare la vali
dità di tutti quelli esistenti e di puntare alla fondazione di
nuovi fogli anarchici nelle zone “scoperte”, prive di giornali
propri. Ma la proposta che inevitabilmente si poneva subito
al centro della discussione era quella di fondare un quotidia
no anarchico, proposta che proveniva da un gruppo di mili
tanti milanesi.
i» Guglielmo Boldrini, senese, attivissimo militante anarchico, siilmii m uli anni - ni. n
ti la violenta reazione dei fascisti senza mai demordere, figura di punln ilei |*imin muti.,
seismo senese.
IM’ Cfr. rispett. Il Libertario (La Spezia), n. 710. cit., e l'informnlivn i i-.oiviti.1 sul t
vegno del questore al prefetto di Firenze, cit.
VI
la discussione e di provocare reazioni come quella succitata
dell’anarchico senese.
Comunque anche la discussione sulla stampa terminava
con l’approvazione di una mozione, con cui si dava mandato
ai compagni promotori del quotidiano di “studiarne le basi
pratiche, mettendosi in rapporto e d’accordo col Comitato
dell’Unione Anarchica Italiana nominato dal congresso”, la
sciando ai promotori stessi “l’incarico di fare appello ai com
pagni d’Italia per la raccolta di adeguati mezzi finanziari”.
Questa mozione, significativamente, era stata stesa e pre
sentata da Boldrini.
34
Ili
LA RIVOLUZIONE NON È PIÙ UN SOGNO
1531 Una copia di questa circolare - firmata “Il gruppo iniziatore" e datala "Milano, mag
gio 1919” - pervenne alla prefettura di Firenze e fu da questa trasmessa alla Dir, (icn. P.S.
il 22.5.1919: cfr. ACS, Min. Int., Dir. Gen. P.S., Div. AA. GG. <■UH . /9/y, /, 5 7 , Cat.
K 1, sottof. Firenze: conv. naz. anarc.
35
La circolare del “gruppo iniziatore” trovava immediata ri
spondenza nel movimento anarchico e la sottoscrizione pro
quotidiano, che già era iniziata durante lo stesso Convegno
di Firenze,'541 prendeva rapidamente quota. Non tutti, però,
erano d ’accordo (o completamente d’accordo) con l’iniziati
va e non tardarono a far sentire la loro voce discorde.
In tal senso si esprimeva Virgilio Gozzoli, che subito al
l’indomani del Convegno di Firenze riconfermava la validità
delle obiezioni in quella sede mosse al progettato quotidiano
da Luigi Fabbri, Virgilio Mazzoni e Giuseppe Boldrini. Co
munque, nel caso che il quotidiano fosse sorto, Gozzoli si di
chiarava fin da allora disposto a chiudere il suo giornale
{Iconoclasta!), che cominciava allora ad uscire in Pistoia,
per favorire il quotidiano, nelle cui casse - previo consenso
dei lettori-sostenitori - era addirittura pronto a versare
eventualmente le eccedenze di cassa deWIconosclasta! 11
che, per un sostenitore dell’individualismo anarchico com’e
ra Gozzoli, non era certo poco!'55’
Profondamente scettica di fronte alla possibilità concreta
di poter realizzare entro breve tempo il quotidiano restava la
redazione di Volontà, in particolare Luigi Fabbri e Cesare
Agostinelli.'5'” Quest’ultimo verso la metà di giugno scriveva
un articolo'57’ nel quale calcolava a 600.000 lire la somma ne
cessaria per “un quotidiano che voglia avere la vita assicura
ta per un anno”. Ed in proposito osservava che
,M| “Allo scopo di finanziare sollecitamente il giornale unico (recte, il quotidiano) gli
anarchici di Santa Croce sull’Arno sottoscrissero spontaneamente per 2.000 lire, gli anar
chici minatori dell'Isola d’Elba e di S. Giovanni dei Sabbioni per lire 6.000, quelli di To
rino 10.000 e quelli di Milano, per iniziativa del Molinari, per lire 70 mila, che saranno ri
cavate dalla vendita del terreno già esistente per la Scuola moderna”.
Cfr. informativa del questore di Firenze sul Convegno, cit.
1,51 Cfr. Iconoclasta! (Pistoia), 23.4.1919, numero di saggio.
IV'1 Cesare Agostinelli, coetaneo di Malatesta, da vari decenni attivo nel movimento
anarchico, in particolare ad Ancona, aveva una lunga esperienza nel campo della stampa
anarchica, soprattutto come amministratore. Era uomo di fiducia di Malatesta. Su di lui
cfr. le notizie ed il profilo tracciato da U. FEDELI, Momenti ed uomini del socialismo
anarchico in Italia: 1896-1924, in Volontà, ott.-nov. 1960 (a. XIII, n. 10-11).
,5'’ Cfr. Volontà (Ancona), 16.6.1919 (n.s., a. I, n. 7).
36
Dato che, sempre secondo Agostinelli, al massimo il mo
vimento avrebbe potuto “tirar fuori” 100.000 lire, tanto va
leva cominciare a pensare alla realizzazione di un bisettima
nale di grande formato, da tirare in 20/30 mila copie, la cui
utilità ai fini della propaganda anarchica sarebbe forse stata
maggiore. Nel fare i suoi conti e nel trarne le conclusioni che
abbiamo visto, Agostinelli si valeva della sua lunga esperien
za come amministratore di più di un giornale anarchico.
Parzialmente differente la posizione di Luigi Fabbri, che
del gruppo editoriale di Volontà era indubbiamente l’espo
nente più noto ed influente. Già dopo il suo ritorno dal ( on-
vegno di Firenze, Fabbri aveva avuto occasione di meglio
precisare la sua personale posizione nei confronti del costi
tuendo quotidiano:
,5'1' Cfr. su Volontà (Ancona), 1.5.1919 (n.s., a. I, n. 4), l’articolo Al ( 'onii/tno Anarchi
co. Impressioni, firmato da Fabbri con lo pseudonimo "Qua Me”.
IW Qui Fabbri si riferisce al fatto che già prima della Grande Ciucrra nel movimento
anarchico si era parlato ed anche progettato di fondare un quotidiano. I 'unica nnliz/a/io-
ne pratica in tal senso avvenne a Milano nel febbraio-marzo 1909. dove furono pubblicati
una ventina di numeri quotidiani del settimanale La protesta umana cfr. I HI ITI NI, op.
cit., pp. 19819.
37
lizzazione del progetto.
Le continue adesioni al progetto e soprattutto le concrete
sottoscrizioni che giungevano da ogni parte d’Italia spinge
vano nel frattempo il gruppo iniziatore a forzare, per quanto
possibile, i tempi. Da maggio in poi su II Libertario, redatto
a La Spezia da Pasquale Binazzi e dalla sua compagna Zel-
mira, i comunicati sui problemi del quotidiano cominciarono
ad apparire quasi settimanalmente, per lo più in prima pagi
na. Passo dopo passo i promotori del quotidiano tenevano
informato il movimento degli sviluppi della sottoscrizione,
dei problemi pratici connessi alla redazione, all’amministra
zione, alla diffusione, alla stampa, ecc., ribattendo puntual
mente le critiche e le titubanze di alcuni compagni.
Il dibattito appassionava la grande maggioranza dei grup
pi e dei militanti. Si arrivò al punto che YIconoclasta! di Pi
stoia dedicò tutto un suo numero(6H) al dibattito sul quotidia
no, ospitando oltre una dozzina di interventi, quasi tutti a fa
vore del progetto. Di particolare interesse l’articolo di Nella
Giacomelli, che del gruppo iniziatore era uno degli elementi
più attivi e conosciuti:
38
do. Umanità Nova, meta suprema di tutte le nostre lotte e
dei nostri dolori, noi ti adottiam o come simbolo luminoso
di una visione vivente, e t ’innalziamo al di sopra di tutte le
folle, verso tutti i cuori, faro e bandiera di luce e di li
bertà”.
40
che comunque sempre avrebbe avuto bisogno del sostegno
degli anarchici delle diverse tendenze? Questi ed altri consi
mili problemi non potevano restare senza risposta, neppure
nel momento in cui il quotidiano era ancora in gestazione.
Un mese e mezzo dopo il Convegno di Firenze il gruppo
iniziatore faceva i nomi di Errico Malatesta e di Luigi (ìal-
leani(65) quali futuri direttori del quotidiano: con questa pro
posta, che avrebbe coinvolto nella responsabilità redaziona
le di Umanità Nova i due massimi esponenti, rispettivamen
te, della tendenza organizzatrice e di quella anti-organi/za-
trice, il gruppo iniziatore puntava al superamento della que
stione suaccennata.
41
punto a Malatesta e Galleani - eliminerebbe qualcuna delle
difficoltà suddette, e non tutte”.
42
inani. Il pericolo c’è, ma non vi si rimedia astenendosi dal
fare. Se i compagni sono in genere inattivi e senza spirito d’i
niziativa, il movimento viene sempre monopolizzato da
qualche gruppo o da qualche individuo attivo. Il rimedio, la
garanzia l’hanno i compagni tutti nella loro attività, nella
loro attitudine a pensare, a criticare, ad agire.
Il quotidiano, quando stia in mano a persone sincere e
senza mire personali, dando al movimento un’ampiezza fi
nora sconosciuta in mezzo a noi, dovrebbe invece portare il
pungolo del pensiero anarchico in tutti i gruppi e suscitare il
sorgere di mille attività spontanee ed indipendenti”.
Anche il giovane Camillo Berneri(69) si pronunciava a favo
re del quotidiano, sottolineando l’importanza della propa
ganda scritta e ricordando in proposito una massima tratta
dal Corano: “L’inchiostro del savio vale quanto la spada del
forte”.
Irriducibilmente contrario al progetto si dichiarava a più
riprese l’anarchico romano Ettore Sottovia, dalla cui presa
di posizione si dissociavano però pubblicamente gli altri suoi
compagni di gruppo.(70)
IW >Cfr. La Valanga (Roma), 2.8.1919 (a. 1, n.16), “Lettera di adesione (Per il quotidia
no)”, firmata “Camillo da Lodi”. Nato appunto a Lodi nel 1897, dopo una breve ma in
tensa giovanile militanza nella Federazione Giovanile Socialista a Reggio Emilia sotto l'in
fluenza di Camillo Prampolini, Berneri si avvicinò al movimento anarchico, di cui fu atti
vissimo militante fino alla morte. Allievo di Salvemini, restò sempre in contatto ed in po
lemica con i più qualificati esponenti della sinistra italiana laica non-marxista (in partico
lare, Piero Gobetti e Carlo Rosselli). Fu esule per mezza Europa, quindi partecipante alla
Rivoluzione Spagnola del 1936, dove sostenne una linea intransigentemente rivoluzionaria
in contrasto con alcuni settori dell’anarchismo iberico e soprattutto in aperta opposizione
alle manovre politiche degli agenti stalinisti. Perciò fu vigliaccamente assassinato alle spal
le da agenti stalinisti nelle tragiche giornate barcellonesi del maggio 1937, in cui centinaia
di lavoratori catalani furono eliminati dagli stalinisti. Berneri è una figura a sii nell'anar
chismo, particolarmente sensibile al dibattito intellettuale, egli stesso - per quanto conces
sogli dall’assidua militanza politica, - studioso e ricercatore. L'unica valida (ma parziale)
antologia dei suoi scritti è stata curata da P.C. MAS1NI ed A. SORTI: cfr. C. BERNERI
(antologia di scritti di), Pietrogrado 1917- Barcellona 1937, Milano 1964. Alcuni suoi scrit
ti e lettere erano stati già raccolti all’indomani della sua morte da un Comitato Camillo
Berneri: cfr. Pensieri e battaglie, Parigi 1938. Negli ultimi anni numerosi scritti di Berneri
sono stati ripubblicati dall'Archivio Famiglia Berneri di Pistoia. Lo stesso editore ha curato la
stampa di una raccolta di saggi su Berneri e della biografia berneriana di F. Madrid Santos.
Notevoli spunti interessanti presenta ancor oggi, nonostante i molti studi successivi sull’ar
gomento, il suo saggio su Mussolini, pubblicato per la prima volta negli anni '(>0, con una
interessante appendice di P.C. MASINI su “Camillo Berneri alla scuola di Prampolini”:
cfr. C. BERNERI, Mussolini, psicologia di un dittatore, Milano, 1966. Alcuni suoi articoli
del tempo della rivoluzione spagnola sono stati riuniti e pubblicati: clr. C. BERNERI,
Guerra di classe in Spagna, Pistoia 1971. Sulla figura umana di Berneri cfr. quanto scritto
da sua madre: ADALGISA FOCHI BERNERI, Con te, figlio mio, Parma 1948; LA
MAMMA (alias, A.F. BERNERI), In difesa di Camillo Berneri (contro i detrattori ed i ca
lunniatori), Forlì 1951.
<71” Cfr. ne La Valanga (Roma), 16.8.1919 (a. I, n. 18), l’articolo “Per il quotidiano - At-
43
Nel complesso, dunque, a parte limitate voci contrastanti,
il progetto andava sempre più prendendo piede. Sulle pagi
ne de II Libertario della Spezia si susseguivano i comunicati
di adesione, gli incoraggiamenti, gli impegni finanziari sia
dall’Italia sia dall’estero.(7I) Quattro mesi dopo il Convegno
di Firenze, che - come abbiamo visto - aveva dato il via alla
sottoscrizione pro-quotidiano, il gruppo iniziatore aveva
raccolto oltre 60.000 lire, mentre altre 35.000 erano state
promesse e garantite da quei gruppi e compagni che al mo
mento non avevano potuto versarle.<72)
All’inizio dell’autunno, quando ormai la sottoscrizione
permetteva di considerare ormai prossima l’uscita del quoti
diano, la redazione diffondeva nel movimento una circolare-
programma di Umanità Nova, la quale appunto recava la fir
ma della redazione ma era stata stesa a Londra dal direttore
prescelto ed unanimamente accettato del futuro giornale,
Errico Mal atesta.(73)
Obiettivo della circolare-programma era innanzitutto
quello di chiarire gli equivoci ed i dubbi che inevitabilmente
il grande progetto del quotidiano aveva suscitato in alcuni.
Prendendo in esame la differenziazione all’interno del movi
mento, la redazione sosteneva la possibilità di proficua e fra
terna collaborazione fra le diverse tendenze:
44
“Vi sono tra gli anarchici di quelli che amano qualificarsi co
munisti, o collettivisti, o individualisti, o altrimenti. Spesso
è questione di parole diversamente interpretate che oscura
no e nascondono una fondamentale identità di aspirazione;
qualche volta si tratta solo di teorie, di ipotesi, con cui cia
scuno spiega e giustifica diversamente conclusioni pratiche
identiche.
Noi non vediamo ragione perché queste diverse categorie di
compagni non possano collaborare in un’opera comune,
quando il fine è comune ed i mezzi non sono contraddittorii.
(...) Comunque sia, tutte queste varie tendenze, o scuole
che voglian chiamarsi, troveranno in Umanità Nova il loro
organo e la loro palestra, purché accettino i principi seguen
ti, che sono secondo noi, il faro che guida il movimento
anarchico e la via per la quale esso deve avanzare.
46
borghese in cui viviamo, tendono a salvaguardare l’integrità
economica dell’azienda nei rapporti commerciali coi terzi,
ed a stabilire una base alla gestione amministrativa anche
nei confronti coi compagni interessati nell’azienda stessa”.
47
fenomeni di quest’ora storica. Come si vede, un’intenzione
di propositi legittima, un programma di idee, esposto pub
blicamente a mezzo della propria stampa settimanale. Nien
te congiure, niente complotti, niente lavoro sotterraneo.
Chiunque sapeva che con Umanità Nova si poteva corri
spondere indirizzando alla Casella Postale 71, Milano.
Da quattro mesi durava il lavoro di preparazione, fra qual
che settimana il giornale avrebbe dovuto uscire, ed ecco che
ad un tratto senza alcun motivo palese, senza una giustifica
zione, una ragione qualsiasi, l’autorità si impossessa della
corrispondenza e dei valori che quotidianamente sono invia
ti alla Casella Postale (e in questo dev’essere connivente la
Direzione delle Poste), rimettendo, dopo ogni comodo spo
glio, le lettere ed il resto a posto, dopo cinque o sei giorni
dal loro arrivo. Questa manovra ci è stata rivelata la scorsa
settimana, in seguito al ripetuto rinvenimento della casella
vuota. Ne volemmo la prova e, conoscendo la mentalità ar
retrata e quarantottesca della Questura, indirizzammo noi
stessi ad Umanità Nova una misteriosa lettera, riguardante
rivelazioni importanti, plichi da consegnare a persona di tut
ta fiducia, in località segreta, a sera tarda, ecc... La lettera,
impostata direttamente da noi alla Posta centrale, non ci fu
recapitata e le intelligenti autorità dell’ordine disposero in
vece un servizio di appostamento al luogo designato per il
misterioso convegno, per venire in possesso dell’interessan
te plico! E si capisce con quale risultato!
(...) Orbene, siccome gli anarchici non son disposti a tolle
rare più oltre questa sconcia commedia delle conquistate li
bertà della nuova Italia e dei piagnistei patriottici per le li
bertà offese nei comizi elettorali di lor signori, pongono que
sto semplice dilemma: ’O la Questura la smette di far man
bassa sulla corrispondenza di Umanità Nova e rispetta il di
ritto alla libertà di pensiero, o altrimenti gli anarchici tanto
a Milano quanto nelle altre principali città organizzeranno
una vivace e tangibile opera di ostruzionismo alle più impor
tanti manifestazioni politiche, elettorali, sportive della bor
ghesia”. (...)
IL PASSAPORTO NEGATO
49
decreto di amnistia, emanato dal governo in quei giorni, e-
scludeva Malatesta. Al quale, poi, rivolgeva il suo saluto
l’ultimo oratore, il socialista Genunzio Bentini.(82)
Così, quattro giorni dopo, al termine di un comizio a Mi
lano del socialista Serrati in piazza Umanitaria, era un altro
anarchico, Schirolli,<83> a prendere la parola per affermare
che “gli anarchici si compiacciono di veder restituire alla li
bertà Menotti Serrati, mentre domandano ancora una volta
che si riaprano le porte d’Italia ad Errico Malatesta”.<84)
I socialisti recepirono subito la parola d’ordine del rientro
del vecchio anarchico e la agitarono per tutta la durata della
campagna, fino al rientro di Malatesta. Già ai primi di mar
zo appariva sul loro quotidiano un articolo molto netto:
nel movimento anarchico e più in genere in tutta l’estrema sinistra italiana, nel primo do
poguerra.
Nata a Sulmona nel 1890, rimasta giovanissima orfana di entrambi i genitori, era stata af
fidata a un collegio di religiose, presso cui rimase fino al conseguimento del diploma ma
gistrale. Nel 1917 incontrò Armando Borghi all’Impruneta, nei pressi di Firenze, dove il
segretario dell’U.S.I. si trovava internato in seguito alla sua attività “sovversiva” e disfat
tista. Borghi e la D ’Andrea si accompagnarono e restarono insieme fino alla sua morte. In
stancabile attivista dell’U .S.l., la D’Andrea ne divenne co-segretaria nel dicembre 1919,
affiancando così Borghi e addirittura sostituendolo durante i suoi periodi di assenza (viaggi
o carcere). Spesso chiamata come oratrice, per conto degli anarchici o dell’U.S.I. tenne in
numerevoli comizi, anche al fianco di Malatesta. Conobbe a più riprese il carcere. Di fron
te alla predominante violenza fascista, Borghi e la D ’Andrea furono costretti all’esilio: fu
rono a Berlino, a Parigi (dove la D’Andrea diresse il periodico libertario Veglia), infine ne
gli Stati Uniti, dove un male incurabile la stroncò nel 1933. Alcuni dei suoi numerosi scritti
sono stati raccolti in volumetti: cfr. V. D’ANDREA, Tormento, Roma 1922, poi Parigi
1929; id.. L ’ora di Maramaldo, Brooklyn 1925; id.. Torce nella notte, New York 1933; id.,
Richiamo all'anarchia. Cesena 1965.
(MI Cfr. Avanti!, 24 febbraio 1919.
(M) Ezio Schirolli, figura assolutamente secondaria, merita di esser ricordato solo per il
fatto di esser stato, in quei primi mesi del 1919, uno dei più attivi oratori fra gli anarchici
milanesi. “Confusionario” lo ha qualificato Maria Rossi Molaschi, in quel periodo at
tiva militante anarchica a Milano, in una conversazione con noi, relativa appunto a quel
periodo.
Cfr. Avanti!, 28 febbraio 1919. Nel riferire il passo citato dell’intervento di Schirolli
il quotidiano socialista riferiva che le sue parole relative al rientro di Malatesta erano state
accolte da applausi.
(IHI Arturo Velia, allora in un reclusorio militare, condannato per disfattismo ed insubor
dinazione. Poche settimane dopo questo articolo, veniva liberato.
50
Londra. (...) Malatesta non gode dell’amnistia - la quale
pure è stata assai larga per i reati politici - perché è un ‘pre
giudicato’, un ‘recidivo generico e specifico’. La qualificazio
ne non fa torto a lui. Bolla di ridicolo la nostra legge e la no
stra procedura. Pretendere infatti di poter qualificare come
‘malfattore’ un sano idealista, della levatura morale di Mala
testa, è, semplicemente, voler ridicolizzare la giustizia italia
na. Noi ci auguriamo che la penisola abbia parecchi malfat
tori del suo stampo. Ci auguriamo che i deputati, i quali fan
no le leggi, e i magistrati, che le applicano, vadano un pochi
no a scuola di dirittura politica e morale da questo vecchio
anarchico malfattore, che ha consacrato tutta la vita al pro
prio ideale ed è uno dei più bei caratteri della società con
temporanea. (...) L’esilio di Malatesta è una vergogna itali
ca. (...) Nel nome di Malatesta e di Velia noi reclamiamo
una più ampia amnistia per tutti i reati politici, per quelli ci
vili e per quelli militari e comprendiamo fra i reati politici
anche quelli di mille e mille poveri proletari il cui solo delitto
è stato quello di amare più la pace che la guerra, di sentire
più l’affetto per i propri cari che il sadico furore della stra
ge” .(86)
1861 Cfr. Avanti/, 4 marzo 1919. Insieme a questo articolo venivano pubblicate le foto di
Malatesta e di Velia.
"" La maggior parte delle riunioni, convegni, congressi, ecc., delle forze di sinistra, nel
corso della seconda metà del 1919, si apriva con l’approvazione di ordini del giorno favo
revoli al rientro di Malatesta. Tralasciando qui di citare esempi in campo anarchico - valga
per tutti la mozione di apertura del Convegno di Firenze (già citata nel relativo resoconto)
- ricorderemo gli o.d.g. approvati da un’assemblea di lavoratori della F.I.A.T. (25 otto
bre) e da una riunione della F.I.O.M. torinese (31 ottobre), citati in G. MAIONE, Il bien
nio rosso, Bologna 1975, pp. 51 e 55.
1881 Cfr. le due sue lettere citate alle note |,) e
51
siderio dell’esule di ritornare in patria e del rifiuto opposto
dal console a Londra a rilasciargli il passaporto: “inaudita
prepotenza” veniva definito tale comportamento delle auto
rità, tanto più che veniva sottolineato che Malatesta era
pronto a costituirsi ed a subire il processo che “valga a rive
dere quello nel quale fu condannato in contumacia”.(89)
Nello stesso mese di luglio la questione Malatesta faceva
il suo ingresso in Parlamento, tramite la interrogazione che
l’on. Modigliani, per il Gruppo Parlamentare socialista, pre
sentava il 26 del mese:
52
Angelo Faggi e Virgilia D ’Andrea dell’U.S.I. stessa, nonché
il socialista Nicola Bombacci.
53
Il successo della manifestazione di Bologna era indubbio:
l’adesione di tutte le organizzazioni proletarie e la presenza
a Bologna di molte migliaia di lavoratori accorsi al comizio,
davano particolare risalto all’iniziativa.<94)
Dopo un breve intervento di Clodoveo Bonazzi, segreta
rio della Camera del Lavoro sindacalista di Bologna, pren
deva la parola Borghi “il quale ha pronunciato un forte di
scorso frequentemente interrotto da applausi”. In particola
re, il segretario dell’U.S.I. ricordava “la adamantina figura
del nostro grande maestro che pur tra continue persecuzioni
di governi ha mantenuta salda ed intatta la nostra fede. Ma-
latesta è un nome internazionale - proseguiva Borghi - è
caro a tutti i popoli poiché egli è un simbolo, egli è una
fede”. Lo stesso oratore, poi, si compiaceva “che nel nome
di Malatesta si sia trovato concorde tutto il proletariato d’I
talia senza distinzione di scuola o di partito o di organizza
zione”. Fra “frenetici applausi”, “ovazioni”, e “grida di viva
Malatesta”, Borghi lasciava la parola a Nicola Bombacci,
oratore ufficiale del partito socialista. “Questo non è un co
mizio - esordì Bombacci - è una cerimonia, non è un nome
che celebriamo, è una sintesi. Quando si parla di Malatesta,
intendiamo nominare una fiamma, una bandiera”.
Come altri oratori, Bombacci non mancò di accennare
alla rivoluzione russa ed all’indispensabile aiuto che ad essa
doveva sempre garantire il proletariato italiano.
Dopo il saluto del bolognese Masotti, a nome della gio
ventù socialista italiana, era Angelo Sbrana, anarchico, or
ganizzatore di primissimo piano del Sindacato Ferrovieri, a
portare l’adesione dei “lavoratori del moto”, dei gruppi
anarchici di Livorno e di Pisa, nonché del settimanale pisano
L ’Avvenire Anarchico. Intervenivano poi il fiorentino Fan
tozzi, a nome del Sindacato Ferrovieri e degli anarchici del
capoluogo toscano, Sacconi, dell’U .S.I., Velia, per gli anar
chici milanesi, Sassi(95>per i minatori e gli anarchici del Val
m Aderiva all'iniziativa anche il Comitato Promotore “Umanità Nova”, che, in un suo lungo
comunicato di adesione, affermava tra l’altro: “Il Popolo elevi la sua protesta, imponga il suo
Diritto. Un plebiscito di Piazza deve equivalere al plebiscito delle urne. (...) Errico Malatesta
deve essere libero di tornare: è un suo diritto. Il popolo lavoratore d'Italia lo faccia rispettare".
Cfr. Il Libertario (La Spezia), 23.10.1919, cit., “Il grande comizio per Malatesta”: da questo re
soconto dettagliato traiamo anche gli altri particolari della manifestazione, qui di seguito riferiti.
m II resoconto de II Libertario, dal quale traiamo questi particolari, parla di “Sapi At
tilio”, ma si tratta di un evidente errore. Attilio Sassi fu organizzatore sindacale di grandi
capacità, animatore delle lotte proletarie nella Val d’Arno.
54
d’Arno, Candoni, a nome dei seimila lavoratori organizzati
della Carnia, ed infine - più applaudita di tutti - Virgilia
D’Andrea.
m' Si tenga presente che la D ’Andrea era anche una poetessa ed amava esprimersi poe
ticamente, anche quando trattava di questioni politiche o sindacali. Errico Malatesta, nella
sua prefazione al volume Tormento, cit., definiva la D ’Andrea “poetessa dell’anarchia” e
la stimava “degna di prendere il posto che lasciò vuoto il nostro Pietro (ìori”. Su questo
aspetto dell’attività sociale della D’Andrea, cfr. P. FINZI, Antologia tli storia anarchica
(II), in Volontà (Genova), mag./giu. 1975 (a. XXVIII, n.3), pp. 189-191.
I”) Cfr. Il Libertario (La Spezia), 23.10.1919, cit.; e VAvanti!, 20.10,1919. Copia del te
legramma inviato da Borghi al presidente del consiglio, a nome dei partecipanti al comizio,
è conservata in ACS, Min. Int., Dir. Gen., Div. aff. gen. e ris.. (T ’C MALATESTA. f.
2951, sottof. 6, 22.10.1919.
m Anche i socialisti constatavano l’intensificarsi della campagna prò Malatesta dopo il
comizio di Bologna; cfr. Avanti!, 27.10.1919.
Cfr. Avanti!, 28.11.1919.
Quattro giorni dopo, però, sullo stesso giornale appariva
una lunga smentita, da cui traspariva l’imbarazzo della reda
zione per l’infondatezza della notizia diffusa.(IH0) A testimo
nianza del fatto che il vecchio anarchico in effetti era sempre
a Londra, costrettovi da non chiare manovre politiche, YA-
vanti! pubblicava proprio al termine della smentita una let
tera ricevuta dallo stesso Malatesta, datata “Londra, 23 No
vembre 1919”. Smentendo assolutamente quanto affermato
da “un giornale italiano”,(101) secondo il quale era proprio
Malatesta a non voler tornare in patria, il vecchio anarchico
affermava:
“La verità è tu tt’altra. Come sanno tutti i miei amici, fra cui
diversi deputati che reclamarono per me presso il Ministero,
io già da molto tempo prima dell’amnistia domandavo con
insistenza di venire in Italia per affrontare il mio processo, e
non potetti ottenerlo. Dopo l’amnistia continuarono a ne
garmi il passaporto, ed è solo l’altro giorno che me l’hanno
dato in seguito a nulla osta del Ministero degli Interni in data
22 novembre.
Però con questo non sono finite le difficoltà.
Essendo io stato espulso di Francia - solo 40 anni or sono
per avere, in una pubblica riunione a Parigi, denunziato
come agente provocatore una spia del consolato italiano che
s’era messo ad eccitare dei giovani a buttar delle bombe -
l’autorità francese mi nega il permesso di traversare la Fran
cia.(l02)
Le altre vie di terra mi sono egualmente chiuse.
Saluti affettuosi.
Errico Malatesta”.
La redazione de\VAvanti! attribuiva la responsabilità della falsa notizia ad “alcuni se
dicenti anarchici milanesi”, i quali “sorpresero indegnamente la nostra buona fede assicu
randoci che il Malatesta era arrivato a Milano e che era ripartito subito per Ancona. Ve
ramente ci pareva un po' strano che egli non avesse voluto fermarsi qualche giorno a Mi
lano dove pure egli conta numerosi vecchi amici. Ma i sullodati signori - che qualcuno pen
serà a mettere a posto - ci assicurarono che l’avevano visto coi loro occhi. Óra invece ri
ceviamo da Malatesta stesso la lettera che pubblichiamo più sotto, dalla quale risulta ch’e
gli trovasi tuttora a Londra, da dove non può venire in Italia perché la ‘democratica’ Fran
cia non gli permette di attraversare il suo ‘nobile’ territorio. I nostri deputati - concludeva
l’organo socialista - vorranno certamente interessare i loro colleghi francesi perché questi
inducano il loro Governo a recedere da così assurda e reazionaria decisione”.
011,1 Trattavasi del “Giornale d’Italia”: cfr. nota l27>.
"":i “Il 30 ottobre (1879) Cafiero è a Parigi e partecipa con Malatesta ad un comizio a fa
vore dei comunardi amnistiati, alla sala di rue Arras. Durante il comizio un ispettore di po
lizia viene malmenato. In effetti l'incidente sorge per l’energico intervento di Malatesta e
56
Non fu quello il solo caso di falso annuncio del rientro di
Malatesta: altri organi di stampa, nelle ultime settimane del
1919, caddero nel medesimo errore, certo dovuto - nelle sue
linee generali - alla diffusa convinzione che comunque Ma
latesta sarebbe presto tornato.0031 Perfino Volontà, il quindi
cinale che Fabbri ed altri noti militanti anarchici compilava
no in Ancona, sempre attenta e ben informata, riprendeva
all’ultimo momento la notizia diffusa daIVAvanti! ed era poi
costretta a smentire.<104)
Ulteriori equivoci erano creati dal fatto che le elezioni po
litiche del novembre avevano portato in parlamento un albo
Malatesta, di nome Alberto, socialista, redattore dellM iw/-
ti! di Milano. Subito ci fu chi, come il Giornale d ’Italia, con
fuse i due Malatesta, attribuendo a quello anarchico fatti e
pensieri di quello socialista e contribuendo così ad accresce
re la confusione.005’
Anche in quest’ultima fase della campagna per il rientro
di Malatesta, i socialisti vi partecipavano attivamente: il 6 di
cembre, fra l’altro, il socialista Bombacci presentava un’in
terrogazione in parlamento tendente a facilitare il rimpatrio
dell’esule.006’
Cafiero contro un agente provocatore, spia del consolato italiano di Parigi, intrufolatosi
Ira i convenuti e subito distintosi con proposte di attentati. Cafiero e Malatesta sono ai te
stati ed il 19 novembre espulsi dal territorio francese”.
Così P.C. MASINI ha ricostruito l’episodio nel suo eccellente Cafiero, Milano 1974, p.
250. Lo stesso studioso cita la notizia dell’arresto di Cafiero e Malatesta data dal gioì naie
La Plebe del 30.11.1879.
1,101 Citiamo qui solo un altro caso, oltre a quello - certo il più clamoroso dell'A vanti!.
Il numero del 1° dicembre del bimensile La Frusta Anarchica (a. I, n. 4) pubblicava in pri
ma pagina un breve ma caloroso saluto al vecchio esule, di cui veniva comunicato l’avve
nuto ritorno in patria. “Malatesta non è tornato” era invece il titolo di un articolo compar
so sul numero successivo del giornale (13.12.1919: a. 1, n. 5), in cui, smentendo la notizia
del rientro, si invitavano gli anarchici ad intensificare la mobilitazione prò Malatesta. Ac
cuse venivano lanciate alla polizia, colpevole di voler strozzare l’agitazione pio-Malatcsta
“servendosi della nostra stampa”. La Frusta Anarchica venne pubblicata a Pesaro dall’ot
tobre al dicembre 1919; dal gennaio 1920 al settembre 1922 uscì sempre regolai mente (pri
ma a Pesaro, poi dal maggio 1920 a Fano) La Frusta, che della prima testala tu la duella
continuatrice. Redattore di entrambe fu Giobbe Sanchini, amico e compagno ili I augi <inl-
leani, come lui esponente della tendenza anti-organizzatrice. Va rilevalo elle Nanchini lece
mantenere al suo giornale un atteggiamento abbastanza sereno in relazione al dibattito in
terno al movimento anarchico, rifuggendo quasi sempre dalle intemperanze vi aliali One
sta osservazione vale soprattutto per i primi due anni (1919-1920).
Cfr. Volontà (Ancona), 1.12.1919 (ns., a. 1, il. 18).
,,WI L’Avanti! dell’8.12.1919, riferendo di un'intervista al ... deputalo I ....... Maino sta
apparsa sul Giornale d ’Italia, chiariva la verità: “(...) Il guaio si è che posi io <inumile
d'Italia - il Malatesta eletto non è l’Errico, quel profugo a Londra, quello pi I i ut ill uni
si è fatto e si fa l'agitazione, è un altro: è Alberto Malatesta, redattole dell , li ami .0 Mi
lano”.
imi “interrogo il presidente del consiglio ed il ministro degli esten pei \,qn u q u a li mi"
Nel Paese, intanto, continuava l’approvazione di ordini
del giorno da parte di riunioni politiche, sindacali, socialiste,
anarchiche, repubblicane, ecc., auspicanti il pronto rientro
di Malatesta.
Intanto, accanto alla campagna pubblica pro-Malatesta, vi
erano alcuni ambienti dell’anarchismo italiano che non tra
scuravano alcuna possibilità pratica per favorire un eventua
le rientro clandestino di Malatesta.<1H7)
Ma la questione non era certo semplice da risolvere. Ed
alla fine ci volle l'intervento di un uomo veramente “poten
te” che, sollecitato dagli anarchici - o meglio, da alcuni
anarchici - , si decise ad intervenire decisamente e riuscì in
pochissimo tempo a far rientrare clandestinamente il vec
chio anarchico. Q u e st’u o m o era Giuseppe Giulietti.(10!i)
ne abbiano spiegato od intendano spiegare per ottenere che il governo francese lasci tran
sitare attraverso la Francia Errico Malatesta, che ha ottenuto il passaporto dal Governo
italiano”. Il testo di quest'interrogazione veniva riportato daìVAvanti! del 7.12.1919. Sullo
stesso numero del quotidiano socialista, Edmondo Peluso scriveva: “Il caso Malatesta non
è un caso isolato. Mi sembra piuttosto esser la tattica del regio governo italiano di rendere
difficilissimo, se non impossibile, il ritorno dei ‘sovversivi’”.
11071 Una vivace testimonianza in tal senso ci ha lasciato Armando Borghi nella sua auto-
biografia: “Sotto la pressione dell’agitazione, Nitti faceva sapere che il passaporto per Ma
latesta era stato concesso. Le solite fole governative. Malatesta alla sua volta ci scriveva
che lo mandavano da Erode a Pilato. Che fare? Da ogni parte i compagni formulavano
progetti e proposte. Uno di questi progetti era mio. A mezzo di un compagno, Caldari, che
lavorava in una fabbrica di aeroplani a Orbassano (prov. di Torino), avevo fatto la cono
scenza dell’industriale proprietario dello stabilimento e del direttore tecnico. Questi erano
uomini di idee libere, e il nostro compagno aveva contribuito a farli simpatizzare per noi.
Si giunse a combinare un piano che in verità era stato sin dall’inizio la mira del compagno
che aveva fatto da intermediario: il capotecnico ci avrebbe condotti in volo su Londra per
prelevare Errico e condurlo in Italia. Noi dovevamo solo trovarci ad Orbassano al giorno
fissato. Era toccare il cielo col dito. Pieni del gran segreto, il giorno designato Virgilia ed
io ci recammo sul luogo del delitto, già volando prima di volare. Ma una sventura aveva
colpito il capofabbrica: sua moglie, donna di una bellezza eccezionale, era fuggita non so
con chi, e lui, pover’uomo, ne era come impazzito. Ci bastò avvicinarlo un momento per
capire che non era più lui, e ce ne tornammo a Bologna con le pive nel sacco. Ecco come
anche il naso di Cleopatra intervenne a mutare il corso della storia”. Cfr. A. BORGHI,
Mezzo secolo di anarchia, cit., p. 200.
(llw Giuseppe Giulietti, riminese, figlio di un pescatore, da giovane aveva militato nel
Partito Socialista. Amico di Benito Mussolini, lo aveva difeso al tempo della sua espulsio
ne dal P.S., e come lui era stato interventista. Nel 1909 aveva fondato la Federazione Ita
liana dei Lavoratori del Mare, che raggruppava la maggior parte della “gente di mare”, dal
mozzo al capitano. Noto come “il capitano” per antonomasia, era conosciuto come il pa
drone assoluto della Federazione cui aveva dato vita e di cui era fin dalla fondazione il se
gretario. Gelosissimo dell’autonomia sindacale della “sua” Federazione, non aveva mai
aderito né alla CGL né all’USI o ad altro sindacato. Gli anarchici, in genere, lo avevano
visto di malocchio, sia per le sue posizioni politiche (si dichiarava fautore di un “comuni
Smo apostolico basato sull’amore e derivante dalla sublime dottrina di Cristo”, mischiando
confuse rimasticature marxiste e mazziniane) sia per la sua gestione autoritaria ed intolle
rante all’interno della Federazione Italiana Lavoratori del Mare (FILM). In particolare II
Libertario della Spezia, città al centro di una zona in cui sia la FILM sia l’USI sia, infine,
gli anarchici erano attivi, aveva polemizzato in maniera durissima con Giulietti, nel 1914,
accusandolo di vere e proprie azioni squadristiche contro chi dissentiva dalla sua linea e si
58
Ad interessare direttamente Giulietti alla sorte di Malate-
sta era stato, già alcuni mesi prima, l’anarchico Renato Si-
glich (noto con lo pseudonimo di “Souvarine”), redattore
dell'Avvenire Anarchico di Pisa.009’ Nel corso del mese di di
cembre, infine, Giuseppe Giulietti inviava a Londra suo fra-
opponeva alla sua gestione della FILM. 11 suo successivo interventismo non poteva certo
accrescerne la stima presso chi, come gli anarchici, alla guerra si oppose in ogni modo.
Nell’ottobre 1919, Giulietti aveva fatto dirottare un piroscafo italiano, il Persia, carico di
viveri, armi e munizioni destinate alle forze contro-rivoluzionarie russe, facendolo appro
dare invece a Fiume, in soccorso alle forze dannunziane che da un mese occupavano la cit
tà adriatica. Quest’operazione, dichiarò Giulietti, era stata compiuta “non per questo o
per quell’uomo di governo, ma per un’idea di giustizia umana che ci fa amare il nostro
prossimo come noi stessi, senza distinzione di classe e di nazione”. Le stesse motivazioni,
all’incirca, spingevano capitan Giulietti (che nelle elezioni di novembre era stato eletto de
putato, diventando così “l’on. Giulietti”) ad occuparsi del caso Malatesta. “La coscienza
- ha scritto poi Giulietti nelle sue memorie - mi dice: ‘Cosa aspetti per intervenire? Eli
mina le artificiose resistenze. Il vecchio comunardo (sic!: Malatesta non aveva partecipato
alla Comune di Parigi del 1871) dopo tanti anni di esilio ha diritto di rivedere la Patria.
Come sei intervenuto per i Lavoratori, per il tuo Paese, per Fiume, per D’Annunzio, devi
ora intervenire anche per Malatesta, che ha sofferto lunghi anni di carcere e di esilio per
un’idealità politica. Non preoccuparti delle critiche. I cosiddetti ben pensanti ti tacceranno
di anarchismo, così come ti hanno tacciato di nazionalismo per essere andato a Fiume”.
(G. GIULIETTI, Pax Mundi, La Federazione Marinara nella bufera fascista, Napoli s.d.
(ma 1944) pp. 75-76). In altri termini, a spingere Giulietti sarebbe stata - secondo le sue
stesse parole (op. cit., p. 80) - la volontà di “fare del bene a tutti, difendersi contro il male,
operare per la redenzione e l’affratellamento di tutti i popoli, tenendo presente il trinomio:
Dio, Patria, Famiglia”.
Sulla figura e sull’azione di Giuseppe Giulietti avremo presto occasione di ritornare. Si
tenga presente che anche due suoi fratelli, Alfredo e Riccardo, erano attivi (seppure in
modo a lui subordinato) sulla scena sociale. Vale la pena di riportare la sintetica descrizio
ne che di capitan Giulietti ci ha lasciato Armando Borghi: “Giulietti era uomo di non co
muni qualità, bizzarro e forte nel suo genere. Era riuscito a stivare nella sua federazione
tutto il personale della marina mercantile, dal mozzo al capitano, e per tenere insieme una
massa così eterogenea doveva adorare Dio e il diavolo. Era stato interventista, e ora face
va la corte d\\'Avanti! Appoggiava D ’Annunzio a Fiume, e rapiva Malatesta a Londra.
Non rinunciava ai benefici né del nazionalismo né deU’internazionalismo”. (A. BORGHI,
Mezzo secolo d ’anarchia, cit., p. 201).
In un incontro di molti anni successivo all’epoca trattata in questo nostro lavoro, Cesare
Rossi trasse una forte impressione dall’aspetto fisico di Giulietti e ce l’ha descritto come
“una figura tra il Nettuno del Giambologna ed il corrusco nostromo di un piroscafo in tem
pesta come ce lo hanno ritratto certi pittori olandesi”: era alto e vigoroso, aveva “occhi di
fuoco che talvolta si temperavano di una dolcezza ironica ed impertinente” ed era “sempre
uso al fiorito e maschio linguaggio marinaresco”. (C. ROSSI, Personaggi di ieri e di oggi,
Milano 1960, p. 306).
Una presentazione agiografica dell’opera sindacale di Giulietti trovasi in Le pensioni ma
rinare (1909-1952), Genova s.d.
I"'11 Così almeno ha sostenuto lo stesso Siglich, in un suo articolo (“Accecamento setta
rio”) apparso su L'Avvenire Anarchico del 20.10.1922 (a. XIII, n. 40). Riportiamo qui di
seguito la parte dello scritto del Siglich direttamente connessa con il rientro di Malatesta.
“Dopo una conferenza di Bombacci, in Pisa, Gigi Salvadori mi disse: ‘Non vi vergognate
di esser tanto incapaci di portare Malatesta in Italia? A che credete di approdare con l’a
gitazione della U .S.I.?’. Le sue osservazioni mi ferirono nell’amor proprio. - Salvadori
aveva ragione: si doveva e si poteva portar Malatesta in Italia. Egli mi invitò quindi a casa
sua, in Viareggio, per l’indomani. Quivi trovai lui, Bombacci ed E. Bartalini. Si discusse
il ‘mezzo’ per andarlo a prendere a Londra. Si progettò due mezzi: o un carico di carbone,
o per mezzo di Giulietti. Ezio Bartalini s’incaricò di conferire con Giulietti. Egli era l’av
vocato della Federazione. - Seppi più tardi che la Direzione del P.S.I. mise il veto.
59
tello Alfredo,0"’* il quale riusciva ad orsanizzare l’imbarco
clandestino del vecchio anarchico su di un piroscafo delle
FF.SS. italiane. La stretta vigilanza della polizia inglese e
tutti gli altri intralci di natura burocratica e politica erano
definitivamente superati. Dopo cinque anni e mezzo di for
zata assenza, l’anarchico Errico Malatesta si apprestava a ri
mettere piede in patria.011’
Allora pregai Augusto Castrucci di recarsi da Giulietti. Passarono altri mesi invano. Risol-
si di esporre lo stato delle cose ad Emidio Recchioni di Londra, domandandogli se fosse
disposto di accreditarmi presso un amico di qui per le spese occorrenti per i viaggi Pisa-
Genova. e viceversa, per trattare direttamente con Giulietti. E. Recchioni accettò di buon
grado. Quindi mi recai io stesso a Genova. L’Attilia Piz/orno mi presentò al capitano, e
io combinai tutto in due o tre viaggi. Subito dopo, per eccesso di scrupolo, chiesi un parere
a Borghi, a Galleani, a Bertoni. Tutti mi risposero di esporre il mezzo’ - e gli inconvenien
ti - all’interessato stesso. E scrissi a Errico Malatesta, a Londra, il quale mi rispose di ac
cettare il ‘mezzo’ offertogli e di essere pronto a rispondere a tutti di esso. E continuai ad
affrettare le ‘pratiche’”. Gigi Salvadori era un deputato socialista di Viareggio; Attilia Piz-
zorno, anarchica individualista, componente del gruppo degli “Scamiciati” (Genova), era
impiegata presso la Federazione dei Lavoratori del Mare, in Genova. Su di lei, cfr. U. FE
DELI, Giovanni Cavilli, Firenze-Pistoia 1959, passim.
Sia Malatesta - che era il diretto interessato - sia Borghi hanno parlato di Alfredo
Giulietti, mentre Giuseppe Giulietti e VAvanti! citavano l’altro fratello, Riccardo: cfr. ri
spettivamente E. MALATESTA, Lettera all’Avanti! ne VAvanti! del 30.12.1919; A. BOR
GHI, Mezzo secolo d ’anarchia, cit., p. 201; G. GIULIETTI. op. cit., p. 80; Avanti! del
28.12.1919.
(mi Errico Malatesta, nella sua già cit. dichiarazione al processo di Milano, nell’udienza
del 27.7.1921, (cfr. nota ,27>), così narrava le sue vicende di quei giorni; “(...) Allora non
mi restava altro modo che la via di mare. Ma sulla via di mare c’era la polizia inglese, la
quale, per esser gentile col nostro governo, si adoperava perché nessun capitano, né per
amore né per denaro volesse trasportarmi in Italia. Mi diressi a capitani di tutte le nazio
nalità, a parecchi detti anche e molto largamente il prezzo di trasporto, ma quando andavo
per imbarcarmi mi restituivano il denaro e qualcuno mi diceva: - Sapete, la polizia ci ha
detto che ci succederebbero seri guai se vi trasportassimo. - Ad uno la polizia avrebbe det
to, che se trasportavano me il bastimento sarebbe stato affondato. Insomma non trovavo
modo di venire in Italia, finché con l’aiuto di qualcuno che non divide le mie idee, che è
ben lungi dal dividere le mie idee ma è lo stesso amante di giustizia e di libertà, riuscii a
venire in Italia di contrabbando”. L’allusione finale a Giuseppe Giulietti è evidente. Ve
dremo più avanti perché Malatesta abbia sentito la necessità di sottolineare chiaramente
che Giulietti non “divideva le sue idee”. Il fatto che fosse stato Giulietti a favorire il rientro
di Malatesta suscitò infatti più di un commento polemico in alcuni ambienti socialisti e re-
pubblicani. Avremo comunque occasione di ritornare su questo argomento.
60
V
0121 ACS, Min. Ini., Dir. Gen. P.S., Div. Gen. AA. GG. e KR., CPC MAI .ATESTA, f.
2951, sottof. 7, Debiase a Min. Ini., 24.12.1919, h. 15, 15.
11151 “Adesso, sulla tomba di Errico ci sono i poliziotti di servizio i quali continuano come
quando era in vita. Cioè: prendono le generalità a tutti quelli che osano avvicinarsi alla fos
sa di lui”. Così scriveva EÌena Melli, compagna di Malatesta dal 1920 alla sua morte, in una
sua lettera all’anarchico Gigi Damiani, datata “Roma, 28.7.1932”: cfr. I MALATESTA,
Scritti scelti (a cura di G. Berneri e C. Zaccaria), Napoli 1947, pp. 389/391.
61
gliese a bordo di una nave italiana, il vapore “Teddo”(U4),
sulla quale il vecchio anarchico si era imbarcato a Cardiff
grazie all’aiuto di Alfredo Giulietti.015’
Dopo aver telegrafato alla Giacomelli, che a Milano era al
centro delle attività connesse con la prossima uscita del quo
tidiano Umanità Nova, Malatesta - accompagnato da Alfre
do Giulietti - prendeva il rapido per Genova, via Napoli-
Roma-Pisa, e giungeva alla stazione ferroviaria di Geno-
va.*116*
Una volta nel capoluogo ligure, Malatesta era accolto ed
ospitato dalla famiglia Giulietti. Con il capitano il vecchio
anarchico parlò a lungo.
Questo incontro e questo colloquio non potevano non
preoccupare fortemente le autorità. Malatesta godeva di
una stima generale in tutta la sinistra e di un ascendente par
ticolare fra gli anarchici ed altri raggruppamenti di estrema
sinistra; Giulietti aveva saldamente in mano la potente Fe
derazione Italiana dei Lavoratori del Mare, era amico di
D ’Annunzio e simpatizzava apertamente per la causa fiuma
na (basti pensare al dirottamento del “Persia”, da lui ordina
to non più di due mesi prima). Il loro incontro, dunque, po
teva essere la premessa per chissà quali attività sovversive,
tendenti a minare le basi del sistema regio.
Il 26 dicembre, pertanto, il Ministero degli Interni inviava
ai prefetti di 12 città costiere (Genova, La Spezia, Livorno,
Napoli, Palermo, Catania, Messina, Siracusa, Lecce, Bari,
Ancona, Venezia) il seguente dispaccio telegrafico:1117’
11141 Così appunto lo definiva il sottoprefetto di Taranto nel suo dispaccio riportato in
apertura; VAvanti! del 28.12.1919 lo chiama invece “Teoio”. Secondo la testimonianza di
Borghi, invece, Malatesta sarebbe ritornato in Italia a bordo di un piroscafo greco: cfr. A.
BORGHI, Mezzo secolo di anarchia, cit., p. 201. In realtà Malatesta aveva cercato di im
barcarsi l’i l dicembre su una nave greca, la “Panaghis Drakos”, ma all'ultimo momento
il capitano si era rifiutato di prenderlo a bordo: cfr. Cronaca Sovversiva (Torino),
17.1.1920 (a. I, n. 1). La notizia che Malatesta si era imbarcato su una nave greca ("Pana
ghis Dragatos”, in questa versione) era apparsa anche su II Libertario (La Spezia) del
18.12.1919 (a. XVII, n. 744), che preannunciava il suo arrivo a Genova tra il 22 ed il 25.12.
111,1 Cfr. la lettera di Malatesta al quotidiano socialista pubblicata AM'Avanti!
(30.12.1919), cit..
<llw Malatesta era fornito di biglietto ferroviario fino a Modane: cfr. ACS, ibidem, De-
Biase a Min. Ini., 24.12.1919, h. 19,15.
"I7) ACS, ibidem, Min. Int. a pref. Genova, ecc., 26.12.1919.
62
Giulietti abbia preso accordi per tentare qualche colpo pro
babilmente sfruttando questione fiumana e che il Giulietti
possa ordinare che convergano a Fiume tutte navi partenti
da porti italiani - Rendesi pertanto necessaria massima sor
veglianza occasione tali partenze e Ministero trasporti ha
impartito occorrenti istruzioni - Si prega S.V. disporre ac
cordo Autorità portuali che nessun piroscafo sia lasciato
partire prima che Autorità p.f. ne abbia verificato qualità
quantità passeggeri per accertarsi se siano diretti effettiva
mente destinazione verso cui nave deve far rotta non doven
do consentirsi presenza bordo di persone che non giustifichi
no motivo imbarco. Pregasi pure fare indagini circa ordini
ed istruzioni segrete che personale bordo possa ricevere da
Federazione riferendone telegrafo”.
63
tazione sociale in Italia all’azione di D ’Annunzio e dei legio
nari fiumani, puntando su di un possibile accordo di massi
ma tra questi ultimi e le forze della sinistra italiana, in primo
luogo gli anarchici e (possibilmente) i socialisti. Per avvici
narsi al pensiero di Giulietti, è indispensabile aver fin d’ora
presente il testo della lettera da lui fatta pervenire a D ’An
nunzio nei primi giorni di gennaio:
(,MI Questa lettera veniva inviata da Genova il 5.1.1920. È conservata all’Archivio del
Vittoriale, Archivio fiumano, fase. “Giulietti Giuseppe” ed è stata ripubblicata integral
mente da R. De Felice nel suo saggio introduttivo a G. D ’ANNUNZIO, La penultima ven
tura, Milano 1974. A questo saggio si rimanda per un'efficace visione d’insieme della “que
stione fiumana”, con specifico riferimento ai rapporti Giulietti-D’Annunzio.
"2" Cfr, VAvanti! del 28.12.1919, cit.
0221 Secondo la Cronaca Sovversiva (Torino) del 17.1.1920, cit., settanta-ottantamila la
voratori erano presenti alla manifestazione di quel giorno.
65
anarchiche: fra gli altri, il segretario dell’U.S.I. Armando
Borghi,023’ Luigi Galleani, Giuseppe Giulietti, Pasquale Bi-
nazzi. Quella che doveva essere una semplice cena di ben
tornato per Malatesta, si trasformava però, verso la sua con
clusione, in un’occasione polemica per alcuni dei convenuti.
Al momento dei brevi discorsi, dopo gli interventi di Binazzi
e di Galleani, Malatesta ringraziava “con composte parole,
secondo il suo stile”,024' capitan Giulietti: prendevano quindi
la parola alcuni sostenitori di quest’ultimo, lodandone la
condotta politico-sindacale, finché infine era lo stesso capi
tano ad intervenire ed a polemizzare, senza far nomi, con
“chi aveva voluto tacere” . La frecciata era diretta a Gallea
ni, da più parti sollecitato in quel periodo a prendere pub
blicamente posizione contro il leader socialista Giacinto Me
notti Serrati, con il quale l’anarchico aveva avuto sedici anni
prima una durissima polemica.025’
Alle affermazioni autoincensatrici ed alla puntata polemi
ca anti-Galleani di capitan Giulietti, rispondeva prontamen
te Borghi, invitandolo ad evitare valutazioni sulla propria
condotta ed a discuterne “tra gli interessati della sua federa
zione, dove non si discuteva molto". Per quanto attineva ai
suoi meriti nel rientro di Malatesta, si accontentasse della
gratitudine generale, senza pretendere altro. Ritenendosi
offeso dalle parole del segretario dell’U .S.I., il segretario
11111 “(...) Nella notte fra il 26 e il 27 dicembre 1919, Virgilia ed io ci trovammo a Carrara
per il veglione annuale di quei compagni. Nel bel mezzo della festa un telegramma da Bo
logna di Giuseppe Sartini ei disse che Malatesta a Genova ci pregava di raggiungerlo. Fu
un delirio di entusiasmo all’annuncio che demmo alla folla in festa. La sera del 27 eravamo
a Genova, ma arrivammo in ritardo per il comizio di ricevimento che aveva avuto luogo
nel pomeriggio in piazza Carignano, con una marea di popolo, che al fischio delle sirene
aveva abbandonato il lavoro”. (A. BORGHI, Mezzo secolo d ’anarchia, cit., pp. 200-201).
<,JJI Cfr. A. BORGHI, Mezzo secolo d'anarchia, cit., p. 202.
"2,) Esattamente nel 1903, negli Stati Uniti, dove sia Galleani sia Serrati allora risiede
vano, nel corso di una vivace discussione fra II Proletario, foglio socialista diretto da Ser
rati. e la Cronaca Sovversiva, foglio anarchico diretto da Galleani. entrambi pubblicati a
Barre (nello stato del Vermont). Serrati era stato accusato da Galleani (allora latitante)
e dai suoi compagni di aver fornito alle autorità dati utili per scoprire il nascondiglio-rifu
gio dell’anarchico. La polemica, che si inseriva in un clima tesissimo fra i numerosi emi
grati italiani socialisti ed anarchici (vi erano stati anche tristi fatti di sangue, come l’ucci
sione dell’anarchico Elia Conti), era sfociata nella pubblica infamante accusa degli anar
chici a Serrati di essere (o comunque di aver agito come) una spia: gli venne affibiato il “ti
tolo” di “Pagnacca”, dal nome di una spia del Consolato d’Italia a suo tempo smascherata.
Mentre il Partito Socialista, dopo aver vagliato la situazione, era giunto alla conclusione
che l’accusa degli anarchici era senza fondamento, questi ultimi non ritrattarono mai l’ac
cusa, la quale ancora nel 1912 contribuiva a far cadere (per ragioni di opportunità) la can
didatura Serrati alla direzione del quotidiano socialista. Cfr. a questo proposito, R. DE
FELICE, Mussolini il rivoluzionario, Torino 1965, p. 133. Tutta la polemica tra i due gior
nali di Barre è stata ripubblicata nel volume Metodi della lotta socialista, cit. Nell’autunno
66
della F.I.L.M . (Fed. Ital. Lavor. Mare) prese il cappello e se
ne andò.0261
Terminata così, polemicamente, quella “cena famigliare”,
Malatesta e Borghi passarono la notte insieme all’Hotel
Mazzini, a Sestri Ponente, discutendo della situazione italia
na e delle prospettive rivoluzionarie. Nel corso del collo
quio, Malatesta prospettò a Borghi l’opportunità che abban
donasse la segreteria dell’U.S.I. per dedicarsi interamente al
movimento anarchico, ma Borghi gli spiegò perché non con
divideva la sua opinione, convinto com’era della necessità di
restare, in particolare in quei momenti, alla testa del sinda
cato rivoluzionario.
Altro tema discusso in quella lunga chiacchierata notturna
fu quello dei rapporti con i socialisti, con Giulietti, con le al
tre forze della sinistra. Borghi era molto scettico nei con
dei 1919 Benito Mussolini attaccava duramente Serrati, rinfacciandogli la vecchia accusa
degli anarchici e cercando così di distruggerne radicalmente il prestigio di cui godeva tra
i lavoratori. In settembre, di fronte all’acutizzarsi degli attacchi mussoliniani a Serrati an
che un foglio anarchico, VIconoclasta! di Pistoia, era intervenuto nella questione con una
lunga nota in prima pagina firmata dal redattore Virgilio Gozzoli, dal significativo titolo
“O sì, o no!”: “Io non sono bene a giorno dei ‘fatti’ di Barre Vermont. Ma se debbo illu
minarmi dalla polemica Serrati-Mussolini, vedo che quello dei due che si trova impelagato
nella merda fino al labbro inferiore, è appunto il secondo. Ma potrei anche non vederci
chiaro. Invito perciò - a nome mio e a nome dell’Iconoclasta! - il Compagno Galleani e
tutti gli altri che all’epoca dei “fatti” si trovavano in America - ed ora son qui a farsi vivi.
Perché non sarebbe bene che sotto il loro tenace silenzio si nascondesse - o si facesse sup
porre che si nasconda - una compiacente omertà in favore dell’uno o dell’altro dei pole
mizzanti. Le diversità di teoria e di tattica che ci dividono dalle idee di Serrati e da quelle
- se ne ha - di Mussolini, non debbono farci rimanere appartati in un assenteismo che ha
tutta l’apparenza di cinico settarismo e di implacabile animosità. O Galleani e compagni
hanno la prova provata che Serrati è una spia - e allora lo ripetano alto e forte: o costoro
sanno d’aver lanciata la accusa in un momento d’aspra personalistica polemica - c allora
non si permetta a quel pirata del giornalismo che è il rinnegato e venduto e spione Mus
solini di servirsi di quell’arma stessa che noi dobbiamo cacciare nella sua gola infama (sic!)
(Spia!), per dar modo a lui di creare un diversivo alla documentata schiacciante campagna
che VAvanti! - sia pure a scopo elettorale - va coraggiosamente svolgendo ed ampliando
per disonorare quel Militarismo che ha sempre e dovunque partorito i mostri che oggi han
nome Graziani, Mussolini, e via dicendo... Un po’ di leale coraggio, perdio! Per la Verità
e per l’Anarchia”. Cfr. Iconoclasta!, 15.9.1919 (a. I, n. 7). Poiché Galleani non rispondeva
all’invito di Gozzoli e manteneva un completo silenzio sulla questione, il redattore dell’7-
conoclasta! ritornava sulla vicenda censurando pubblicamente e duramente il comporta
mento dell’anarchico vercellese: “Abbiamo (...) saputo - scriveva su\VIconoclasta! del
24.10.1919 (a. I. n. 8-9) - che Galleani non vuol parlare né ora m- poi. Secondo noi fa
male. E fa male perché così facendo, oltre a far dubitare della sua parola, stabilisce nel
campo anarchico uno stato di cose che non dovrebbe esistervi: Una illltaUtra I lutatura dei
maggiorenni. Una dittatura con le sue conseguenze, prima tra tutti la censura. (...)”. In
conclusione, osserviamo che il riserbo sempre mantenuto dii Galli uni tu apprezzato da
buona parte del movimento, che seppe comprendere che la sua panila i la non avrebbe
potuto che bollare d’infamia (come 16 anni prima) il comportami ittii Ut Si nati avrebbe
giovato a Mussolini e sarebbe stata perciò bassamente strumcntul!//ula II i la eia da evi
tarsi a tutti i costi.
Cfr. A. BORGHI, Mezzo..., cit., p. 202 (la sottolineai ut a e iteli.i si. Borghi).
67
fronti della reale disponibilità rivoluzionaria dei socialisti;
per quanto riguardava, poi, capitan Giulietti, era convinto
che “da Benito a Gabriele il tratto è breve, e Giulietti fra i
due è il sensale di sinistra”.0271 Malatesta, pur condividendo
per lo più le opinioni di Borghi, “sentiva che precipitavamo
verso eventi grossi, ed era logico che gli sembrasse prudente
non far gettito di forze utilizzabili, se non per necessità
estrema ed evidente”.(I2X)
All’indomani mattina, appena usciti dall’Hotel, Malatesta
e Borghi venivano informati da un compagno che II Popolo
d'Italia,0291 il quotidiano di Mussolini, pubblicava un articolo
del suo direttore dedicato al ritorno di Malatesta:
68
rannia, che dopo un breve periodo lascerebbe il popolo a
una spaventevole reazione” .
69
prendevano brevemente la parola Umberto Terracini, per
porgergli il saluto della sezione socialista torinese, Borghi, a
nome dell’U .S.I., e “Souvarine” de\YAvvenire Anarchico di
Pisa.
Il 30 dicembre, nello stesso numero in cui dava il resocon
to della grande manifestazione torinese, YAvanti! pubblica
va una lunga lettera di Malatesta, incentrata sulla “Questio
ne Giulietti”.
Dopo aver accennato a “certe parole di colore oscuro” ap
parse s\i\VAvanti! nella cronaca del comizio di Genova, il
vecchio anarchico spiegava di scrivere con la speranza “così
di mettere fine ad ogni equivoco ed ogni fantastica interpre
tazione”. Raccontava quindi succintamente tutta la questio
ne del passaporto, che le autorità consolari per mesi non gli
avevano fatto avere, sottolineando l’opera in suo favore
svolta dai fratelli Giulietti.
70
Giulietti, invece, preferiva non assumere atteggiamenti dra
stici, anche in considerazione, probabilmente, del possibile
ruolo che il capitano e la sua Federazione avrebbero potuto
giocare in un moto insurrezionale.
Anche i socialisti, dal canto loro, approvavano la condotta
di Malatesta nei confronti di capitan Giulietti. Tant’è vero
che VAvanti! faceva seguire questo commento alla lettera di
Malatesta:
71
dalla borghesia d’allora, si dichiarava solidale con la “tep
pa”; e ricordava inoltre che anche nel 1877, al tempo della
banda del Beneventano,1136’ si erano definiti teppisti coloro
che si erano sollevati - e lui era stato uno di quei teppisti. Al
grido di “Viva Mantova!” concludeva il suo intervento, ac
colto da una grande ovazione.037’
Interveniva a questo punto Giacinto Menotti Serrati, che,
dopo aver abbracciato e baciato Malatesta, invitava anarchi
ci e socialisti a mantenere sempre uno spirito sereno delle di
scussioni e salutava in Malatesta, a nome del Partito Socia
lista, “non solo l’uomo che ha tenuto fede alle proprie idee,
ma anche il diritto del popolo ad impedire le sopraffazioni
della libertà”. Concludeva il comizio Velia, con una nuova
raccomandazione all'unità degli sforzi.038’ Subito dopo grup
pi di anarchici si recavano in piazza Duomo al canto di inni
sovversivi. AH’imbocco della Galleria tra piazza Duomo e
piazza Scala alcuni “cittadini” gridavano “Viva l’Italia!” e
provocavano vivaci battibecchi: interveniva la forza pubbli
ca e disperdeva gli anarchici.039’
72
tà di un’intesa operativa fra gli anarchici, i socialisti e tutti i
lavoratori rivoluzionari. Importante era soprattutto la rispo
sta data da Malatesta ad una precisa domanda, tendente a
conoscere se l’anarchico si definisse o meno “bolscevico” -
dal momento che nella stravolta intervista al Giornale d'Ita
lia avevano scritto che lui era nemico del bolscevismo.
73
Nella stessa giornata si teneva anche una riunione anar
chica dedicata alla prossima uscita del quotidiano, alla pre
senza di Malatesta. Si decideva di fare uscire Umanità Nova
il 22 del mese e, in connessione con ciò, si parlava del pos
sibile trasferimento a Milano da Bologna di Armando Bor
ghi, segretario dell’U .S.I., e di Guerra di Classe, organo set
timanale di quest’ultima organizzazione sindacalista."431
Definite in linea di massima tutte le questioni relative al
quotidiano. Malatesta poteva ripartire con la ferma inten
zione di ritornare a Milano poco prima dell’inizio della pub
blicazione di Umanità Nova.
E venne dentro, ricordo, Malatesta. Vi dirò: io rimasi lì, al vedere un omarello, simpatico,
cordiale, un poco più alto, forse un dito più di me, non di più, leggermente curvo, con un
fortissimo accento napoletano. Non riuscì mai a liberarsi del suo accento, mai. Sapeva l’in
glese, parlava non so quante lingue, ma l’accento napoletano lo sentivi anche nell’italiano,
il suo italiano era un napoletano italianizzato... Aveva un’arguzia naturale, nel viso, negli
occhi, nel modo di guardarti, e io lo salutai dandogli del “lei”: un uomo della sua età, ave
va più di sessant’anni, e lui mi guardò, sorrise, fu molto simpatico, disse: “No, guarda, tra
di noi ci si dà del tu. L’età non conta niente”. Io diventai rosso, eh. Vent’anni avevo. Mi
mise in un imbarazzo fortissimo. Uno degli uomini della Prima Internazionale, figuriamo
ci”. Di questa visita di Malatesta ai locali del quotidiano si interessava anche la questura:
cfr. ACS, ibidem, Pref MI a Min. Ini., 2.1.1920.
(lt'1Questa riunione si tenne presso la sede milanese dell’U .S.I., in via Achille Mauri 8:
cfr. ACS, ibidem, Pref. MI a Min. Ini., 3.1.1920.
74
VI
GRAZIE, MA BASTA
75
coatto nella Nuova Caledonia, il recluso di Portolongone;
Malatesta, l’uomo della Prima Internazionale, l’eterno esule
ovunque perseguitato, l’eroe della Settimana Rossa. Il po
polo, con la sua immediata sensibilità, sapeva cogliere senza
esitazioni ciò che più di ogni altra cosa accomunava Cipriani
e Malatesta, per altri aspetti pur così diversi: l’onestà, l’e
strema onestà, la completa dedizione alla causa della reden
zione sociale. E tributava ai suoi “eroi” grandi festeggia
menti. Se poi si consideri, oltre alla statura politica dei due
uomini, anche il momento dei loro rispettivi viaggi (Cipriani
graziato dal re dopo anni di agitazione popolare in suo favo
re, Malatesta rientrato clandestinamente in Italia dopo
un’altra campagna delle sinistre e nonostante l’opposizione
del governo), si comprenderà così meglio che, al di là del sa
luto all’uomo, quelle manifestazioni esprimevano in diversa
misura la disponibilità di ampi settori proletari all’azione ri
voluzionaria.
Di ciò si era ben reso conto lo stesso Malatesta, che nel
suo comizio a Torino non aveva mancato di sottolineare il si
gnificato da lui dato alle imponenti manifestazioni di bentor
nato che i lavoratori gli tributavano, interpretandole come
“segno della volontà che ha il proletariato di fare la rivolu
zione”.
Prima tappa del suo nuovo giro di comizi era Modena,
dove Malatesta giungeva nella stessa giornata del 3 gennaio,
alle ore 13, accolto dai lavoratori che in massa avevano ab
bandonato le fabbriche alla notizia del suo arrivo. Il comi
zio, presenti esponenti del Partito Socialista, si teneva in
Piazza Grande nel corso del pomeriggio, alla presenza di
“circa tremila persone”.04*1 In serata Malatesta proseguiva
per Bologna, dove la Vecchia Camera del Lavoro aveva
pubblicato un manifesto per chiamare a raccolta i lavoratori.
Oltre duemila persone accoglievano il vecchio anarchico alla
stazione ferroviaria, da dove, a bordo di un camion, rag
giungeva lentamente il Teatro Comunale. All’angolo fra via
Indipendenza e via Bertiera, il camion faceva una sosta per
una breve commemorazione del comunista Belloni, lì assas
sinato dalla polizia durante l’ultimo sciopero generale: pren
deva brevemente la parola Armando Borghi. Un “entusia-
Cfr. ACS, ibidem, Pref. MO a Min. Ini., 3.1.1920, h. 23. Cfr. la cronaca della gior
nata ne\VAvanti! del 4.1.1920.
7d
smo indescrivibile” - così riferiva il cronista dell 'A van ti.^ -
accoglieva l’arrivo di Malatesta in teatro, mentre la fanfara
“Francisco Ferrer” intonava le note deH’“InternazionaIe”.
Iniziava quindi il comizio: prendevano la parola borghi,
Bombacci ed il neo-segretario della Camera del Lavoro so
cialista Bucco, quindi interveniva Malatesta, che dichiarava
indispensabile - una volta ancora - la preparazione militare
del proletariato, invitando nel contempo quest’ultimo a
preoccuparsi anche del funzionamento immediato “della
nuova società di domani”.0481 Chiudeva il comizio Virgilia
D ’Andrea. Per pernottare Malatesta si recava a Coi (¡cella,
nei pressi del capoluogo emiliano, dove risiedeva 1 uigi Fab
bri, al quale il vecchio anarchico era legato da vincoli umani
e politici strettissimi.11410
All’indomani Malatesta, Borghi, la D’Andrea, “Souvari-
ne” ed altri si recavano ad Imola, dove alla presenza di 2.000
persone si teneva un altro comizio nel teatro comunale. “ Il
nostro Errico - riferiva poi il cronista del S o r g i a m o par
lò per circa un’ora, incatenando l’uditorio colla sua facile
quanto inconfutabile parola” . Verso sera Malatesta i ¡partiva
per Faenza.051’
All’indomani “mille persone e sette bandiere” secondo
la versione del prefetto di Forlì052’ - accoglievano Malatesta
al teatro comunale di Rimini. Un accenno specifico Malate
sta riservava, nel suo comizio, alla necessità di un accordo
fra socialisti, repubblicani ed anarchici. Era questo un invito
particolarmente significativo in quella terra di Romagna che
aveva in passato conosciuto episodi anche cruenti nella li a
dizionale, accesa polemica tra i seguaci di Andrea ( osta, di
Giuseppe Mazzini e di Michele Bakunin. Fin dai tempi della
Prima Internazionale gli scontri tra le varie frazioni del mo
vimento operaio erano all’ordine del giorno: basti pensare
alle interminabili polemiche relative alla famosa "svolta le-
77
galitaria” di Andrea Costa, cioè al suo progressivo (ma co
munque rapido) passaggio dall’anarchismo al socialismo le
galitario. Polemiche, odii personali, rancori settari erano
ben vivi: la presenza di Malatesta, intransigentemente anar
chico (molti in Romagna si ricordavano bene della sua duris
sima polemica con il “tradimento” costiano, oltre quaran
tan n i prima), avrebbe potuto riattizzare questo spirito e
queste lotte intestine. Proprio per questo, presentandosi
come il fautore della Rivoluzione proletaria, Malatesta, pur
senza rinunciare alla tematica prettamente libertaria, cerca
va in ogni modo di stimolare l’accordo fra le varie compo
nenti proletarie. Compito, questo, non certo facile: si pensi
che durante il suo stesso comizio di Rimini, qualche lieve in
cidente scoppiava in sala tra socialisti e repubblicani. A que
sti ultimi, infatti, socialisti ed anarchici difficilmente poteva
no “perdonare” la posizione interventista sempre sostenuta,
dal 1914 in poi.
Da Rimini Malatesta proseguiva per Sant’Arcangelo di
Romagna, dove nel pomeriggio, al Teatro dei Condomini,
era già previsto un comizio socialista: oratori gli onorevoli
Bianchi e Croce. I lavoratori erano già affluiti numerosi in
teatro per il comizio socialista, quando inatteso giungeva
Malatesta, accolto dalla solita lunga ovazione e da improvvi
sati cortei di operai provenienti dai luoghi di lavoro circo
stanti. Dopo il comizio tutto il paese si raccoglieva per salu
tare il vecchio internazionalista.
78
piazza per attendere il passaggio delle automobili con Mala-
testa ed i numerosi compagni che lo accompagnavano in
quel giro per la Romagna. “Per porgere il saluto fraterno e
per stringere la mano al compagno carissimo”054’ si erano
raccolti a Savignano anche i lavoratori dei paesi limitrofi
(Gatteo, S. Mauro, S. Angelo, ecc.).
Appena giunto, Malatesta veniva invitato a parlare e, sa
lito su di un camion (“con una agilità non comune all’età
sua”), ripeteva i soliti concetti rivoluzionari, insistendo sulla
necessità di preparare la fase ricostruttiva del processo rivo
luzionario, “per far sì che anche durante il periodo cruento
della rivoluzione ogni uomo abbia il suo pane, ogni bimbo
abbia il suo latte”.055’
Quindi, via di nuovo verso Cesena. Qui giungeva alle 17,
a bordo di un’automobile rossa preceduta da un camion tra
sportante dei compagni riminesi ed una bandiera nera. In un
“delirio” popolare di entusiasmo, “il nostro buon Errico -
notava sempre il cronista del Sorgiamo P'56' - (...) sorrideva e
ringraziava, umiliato per la sua modestia e commosso per la
dimostrazione d’affetto”. Accompagnato in corteo fino al
l’albergo “Leon d’O ro”, ove giungeva preceduto dalla fanfa
ra dei socialisti, Malatesta si affacciava al balcone e diceva
poche parole. Alle otto di sera, poi, nel gremitissimo Teatro
Comunale, prendevano la parola Werenine, redattore del
Sorgiamo/, “Souvarine”, redattore de L ’Avvenire Anarchi
co, quindi Malatesta. Nel suo discorso, il vecchio anarchico
aveva parole di accesa polemica con quanti avevano fatto e
della guerra e della rivoluzione una speculazione personale
e politica. Ripeteva inoltre il leit-motiv dei suoi discorsi, cioè
l’appello all’unità d’azione fra le diverse forze della sinistra.
Concludeva il comizio Armando Borghi, giunto proprio al
l’ultimo momento.
All’indomani, a Ravenna, oltre 1.500 persone si riunivano
al Teatro Alighieri per ascoltare i discorsi dell’onorevole so
cialista Umberto Bianchi e di Malatesta. Il primo salutava
l’anarchico e gli assicurava che quelle terre, che aveva lascia
to dopo la Settimana Rossa, erano ancora maturate in senso
rivoluzionario. Malatesta, accolto da una lunga ovazione;
l,M»Cfr. ibidem.
Cfr. ibidem.
,m> Cfr. ibidem; sulla permanenza a Cesena di Malatesta abbiamo raccolto anche la te-
79
toccava nel suo discorso un po’ tutti i principali temi del mo
mento, polemizzando nuovamente con gli interventisti.
Dopo un breve intervento di “Souvarine”, era nuovamente
l’on. Bianchi a prendere la parola con toni violentemente ri
voluzionari.(l57)
In giornata, poi, Malatesta lasciava la Romagna e si diri
geva direttamente ad Ancona. Qui l’attesa per barrivo di
Malatesta, l’eroe della Settimana Rossa, ben noto personal
mente a tutto il proletariato locale, era grandissima.
Proprio quel giorno (8 gennaio), mentre Ancona proleta
ria e ribelle attendeva l’arrivo di Malatesta e si apprestava a
tributargli una grandissima testimonianza di stima e di soli
darietà, su II Libertario della Spezia veniva pubblicata, in se
conda pagina, una presa di posizione dello stesso Malatesta,
il cui titolo (“Grazie, ma basta”) riassumeva felicemente il
contenuto:
80
guardi con cui i compagni mi affliggono. Siamo intesi?”.(l5it)
"WlCfr. Il Libertario (La Spezia), 8.1.1920 (a. XVIII. n. 747), nonché Volontà (Anco
na), 16.1.1920 (n.s., a. II, n. 2), successivamente ripubblicato in E. MALATESTA, Scritti
(1919-1932), cit., 2” voi., pp. 251/252. Secondo Armando Borghi, “dove gli anarchici erano
più numerosi ed influenti (Romagna, Marche e Toscana) i ricevimenti a Malatesta ebbero
un'intonazione più misurata. Non c’era insomma proporzione tra le forze anarchiche con
sapevoli e ben orientate, e la vastità di quelle sagre che trascinavano le masse verso un Ma
latesta oggetto di idolatrie diverse”. (A. BORGHI, Mezzo..., cit., p. 207). Dello stesso pa
rere è anche lo storico anarchico Max Nettlau: cfr. M. NETTLAU, Errico Malatesta, New
York s.d., pp. 300/301.
A nostro avviso, però, non si può trascurare che proprio in alcuni settori anarchici questo
“culto della personalità” trovò più di un adepto.
Cfr. E. SANTARELLI, L'azione di Errico Malatesta e i moti del 1898 ad Ancona, in
“Movimento operaio”, marzo-aprile 1954 (n.s., a. VI, n. 2), pp. 248/274. Sulla traccia della
violenta polemica anti-anarchica di Marx ed Engels, Santarelli tenta di “liquidare” l’azione
e la concezione rivoluzionaria malatestiana: ma - a nostro avviso - non riesce a compren
dere ciò che vuol criticare (cioè, l’anarchismo) e conseguentemente fallisce nel suo inten
to. Dello stesso autore, cfr. Il socialismo anarchico in Italia, 1° ed. Milano 1959. ultima ed.
riveduta ed ampliata Milano 1973.
Cfr., in proposito, la nota
"WlIn una sua dichiarazione nel corso dell’udienza del 27.7.1921 del processo al tribunale
di Milano contro di sé. Borghi e Quaglino, cit., Malatesta. parlando delle accoglienze ri
cevute all’indomani del suo ritorno da Londra, dichiarava ai giudici: "Meno Ancona, dove
forse qualche elemento personale ci poteva essere nella ricezione senza precedenti che mi
fecero, meno Ancona, dico, dove ho numerosissimi amici nella classe operaia ed è città
alla quale sono legato da memorie di vecchie lotte ivi combattute, meno Ancona, in tutte
le altre città io non c’entravo per nulla. Il mio arrivo era un'occasione, un pretesto, se voi
volete, per sfogare l’anima popolare (...)” (E. MALATESTA. Scritti 1919-1932 - , cit.,
2° voi., p. 300).
81
dell'8 gennaio, veniva accolto da duemila persone con 18
bandiere.062’ In corteo, al canto di “Bandiera Rossa”, i con
venuti raggiungevano piazza Plebiscito, ove Malatesta pren
deva brevemente la parola per ringraziare e per spingere al
l’unità rivoluzionaria anarchici, socialisti e repubblicani. Un
rappresentante di ciascuno dei tre raggruppamenti (anarchi
co, socialista e repubblicano) prendeva quindi la parola e la
manifestazione, infine, si scioglieva. Il vecchio anarchico,
con altri 80 “sovversivi”, si recava a cena in Contrada Tor
rette; dopo cena era invitato dalla locale Casa Repubblicana
a tenere una breve conferenza. Malatesta accettava e, pur
invitando sempre alla concordia al di sopra delle differenze
passate e presenti, non mancava di polemizzare con i repub
blicani per la loro posizione interventista. “Dopo aver visita
to alcuni esercizi pubblici” pernottava a casa del ferroviere
Attilio Mengani.
All’indomani mattina si recava alla Casa del Popolo, dove
teneva una conferenza il 9 ed un comizio il 10, quest’ultimo
alla presenza di 4.000 lavoratori.063’ La sera stessa, dopo il
grande comizio alla Camera del Lavoro di Ancona, Malate
sta raggiungeva Fabriano, dove prendeva parte ad un veglio
ne. L’il mattina parlava nella sede del Comune di Fabriano
“alla presenza di 200 persone che con musica e bandiera lo
accompagnarono poscia alla stazione”. Preso il treno diretto
per Roma, Malatesta raggiungeva in giornata la capitale:
lungo il percorso, alle stazioni di Foligno e di Terni special-
mente, il vecchio anarchico veniva fatto segno a manifesta
zioni di simpatia.064’ Ad attendere Malatesta alla stazione
ferroviaria di Roma vi erano alcuni anarchici (Temistocle
Monticelli, Casimiro Chiocchini, Cesare Ciotti, Giovanni
Forbicini ed Angelo Perella). Appena arrivato (ore 15.40),
Malatesta veniva accompagnato a casa del Chiocchini, in via
del Sudario 14; alle 19.30, poi, Malatesta raggiungeva in au
tomobile l’abitazione del Ciotti, in via Salaria 234, dove per
nottava.065’
Cfr. ACS, ibidem, Pref. AN a Min. Ini., 8.1.1920.
Cfr. ACS, ibidem, Pref. AN a Min. Ini., 9.1.1920; nonché ACS, ibidem, Pref. AN a
Min. Ini., 10.1.1920.
Cfr. ACS, ibidem, Pref. AN a Min. Ini., 12.1.1920: nello stesso telegramma il prefetto
di Ancona si premurava di informare il Ministero che Malatesta, appena giunto a Roma,
“fu dagli agenti di scorta di questo ufficio indicato al funzionario ed agli agenti di P.S. in
servizio allo scalo ferroviario”.
"Ml Cfr. ACS, ibidem, Pref. ROMA a Min. Int., 11.1.1920, h. 16.35; nonché, ACS, ibi-
82
Il pedinamento della polizia nei suoi confronti continuava
instancabile. Si veda, per esempio, il risultato di questo pe
dinamento per quanto riguarda la mattinata ed il pomeriggio
del 12 gennaio, quale il questore lo comunicava ai suoi supe
riori nella stessa serata del 12:
IL “NO” DI SERRATI
85
ed anarchici. Non aveva però perso, nel corso degli anni, né
le sue grandi capacità organizzative né una volontà confusa-
mente sovversiva, o almeno profondamente innovatrice.
Ragion per cui era mal visto un po’ da tutti i settori politici.
In De Ambris il poeta-soldato poteva dunque ragionevol
mente sperare di trovare un valido interprete delle sue vel
leità sociali.
Di queste sue velleità le ultime settimane del 1919 aveva
no offerto più di un esempio. U n’ulteriore conferma ce l’of
fre la risposta che D'Annunzio scriveva di getto, nella notte
tra il 5 ed il 6 gennaio 1920, alla lettera inviatagli quel giorno
stesso da capitan Giulietti e fattagli pervenire tramite suo
fratello Riccardo - il quale era costretto a restare in attesa
della risposta dannunziana fino alle tre e mezza della notte,
fuori della porta. Dopo una lunga serie di notizie e di infor
mazioni relative alla sua strategia di sobillazione e di federa
zione delle nazionalità oppresse, allora in pieno svolgimen
to, D ’Annunzio affermava:
87
Erano infatti trascorse ormai tre settimane dal giorno del
suo rientro in Italia e Malatesta, nel suo lungo giro di contat
ti e di comizi, aveva certo acquisito elementi sufficienti per
conoscere la diffusa antipatia e spesso la profonda diffidenza
che circondavano capitan Giulietti negli ambienti anarchici.
Le frequenti oscillazioni politiche, l’interventismo, la stretta
solidarietà con D’Annunzio e la sua impresa fiumana, i rap
porti con Mussolini, la costante indeterminatezza delle sue
proposte politiche, i suoi metodi di gestione autoritaria al
l’interno della Federazione dei Lavoratori del Mare: ecco le
principali ragioni dell’ostilità dei libertari nei confronti del-
l’on. Giulietti. Per controbilanciarle non erano certo suffi
cienti né la doverosa gratitudine per aver permesso il rimpa
trio di Malatesta né la simpatia e la gratitudine che Malate
sta stesso aveva più volte esternato nei suoi confronti.
Eppure Malatesta sapeva di agire con le spalle coperte.
Come Armando Borghi gli aveva dichiarato che “godeva la
nostra piena fiducia e che nessun contatto poteva compro
mettere la sua dignità o gettare un’ombra sulla sua chiaro-
veggente onesta politica”,11721 così tutti gli altri anarchici,
condividendo le parole del segretario dell’U .S.I., erano
compatti con Malatesta, ben conoscendone sia le doti morali
sia la capacità operativa.(l73)
Ottenuto dunque un consenso - almeno in linea di massi
ma - da parte di Malatesta, l’on. Giulietti contattava alcuni
leader socialisti e riusciva ad impegnarli a partecipare ad una
una riunione che, in forma strettamente privata, si sarebbe
dovuta tenere a Firenze il 18 gennaio.
Il progetto insurrezionale procedeva dunque speditamen
te e si inseriva in una realtà sociale caratterizzata da una cre
scente tensione. Si pensi che sempre nel giorno dell’incontro
Giulietti-Malatesta e della nomina di De Ambris a Fiume
117:1 Cfr. A. BORGHI, Mezzo .... rii., p. 219.
,ml Sull’ostilità di molli anarchici nei confronti di G. Giulietti un’interessante testimo
nianza ce la offre una nota informativa manoscritta, datata 2 gennaio 1920. “Un anarchico
militante avrebbe asserito che il partito anarchico tiene d’occhio il Capitano Giulietti il
quale mostra troppo attaccamento all’amico Malatesta, al punto da offrirgli le somme oc
correnti per fondare a Milano un giornale quotidiano anarchico. Si diffida nel partito anar
chico del Giulietti perché si crede che egli abbia accordi col ministero dell’Interno e dia
mezzi per il giornale anarchico appunto per appurare con tale mezzo le mosse del partito
anarchico e fornirsi delle liste di tutti gli aderenti al partito medesimo. Se il Giulietti agisce
in tal senso, sarebbe bene sapesse che ogni sua mossa è seguita dagli addetti anarchici: se
no è necessario sapere da chi il Giulietti trae i denari per darli al Malatesta e fondare il
giornale quotidiano”. Cfr. ACS. ibidem, nota manoscritta di “M.R.", 2.1.1920.
S8
era iniziato lo sciopero dei postelegrafonici, mentre nell’aria
già vi era quello dei ferrovieri - che sarebbe iniziato il 20
gennaio: due categorie, quelle dei postelegrafonici e dei fer
rovieri, dislocate nei gangli vitali dell’apparato statale e del
l’intera società, che non avevano mai scioperato per tutto il
1919.<174)
Nell’attesa della riunione indetta da Giulietti e fissata per
il 18 a Firenze, Malatesta lasciava Genova e faceva ritorno a
Roma, dove era atteso dai compagni del luogo. Questi, in
fatti, la sera del 13 si erano riuniti nella loro sede in Piazza
Madonna dei Monti per deliberare sulle accoglienze da ri
servare a Malatesta ed avevano deciso di pubblicare manife
stini, di far affiggere striscioni murali e di fare ogni propa
ganda possibile per spingere i lavoratori a recarsi alla stazio
ne ferroviaria a ricevere il vecchio anarchico, per formare
poi un corteo con bandiere che si concludesse con un comi-
zio.(,75)
Giunto a Roma, Malatesta teneva un comizio alla presen
za, secondo la stima della questura (tradizionalmente sotto
valutante)0761, di “oltre tremila persone” . Presiedeva il noto
anarchico Spartaco Stagnetti per conto della Federazione
Comunista-Anarchica del Lazio: Stagnetti non riusciva a
sottrarsi alla consueta retorica che già aveva provocato il fer
mo “Grazie, ma basta” di Malatesta e, alludendo alla rivo
luzione, spiegava che “la nave, per arrivare al porto, dev’es
sere condotta da un bravo nocchiero, il quale lo ritrova per
sonificato nel Malatesta”.077' Accolto dal solito “ scrosciante
applauso” , il vecchio anarchico prendeva poi la parola ed in
centrava il suo discorso soprattutto sulla passata guerra e
sulle rovine che aveva causato al popolo. Era la sera del 15
gennaio.
All’indomani Malatesta partiva in treno diretto a Terni
dove, “acclamato (da) numerosissima folla”, parlava al
Campo Boario.078’ Nel corso dello stesso pomeriggio rag
giungeva poi Narni dove teneva un altro discorso alla pre
senza di seicento persone. Alle otto di sera era di nuovo a
11741 Cfr. G. SALVEMINI. Scritti sul fascismo, Milano 1966 (I" ed 1961), I, p. 503.
11751 Cfr. ACS, ibidem. Quest. ROMA a Pref. ROMA e Min. Ini . N I 1920. Il questore
proponeva ai suoi superiori di vietare la succitata manifestazione.
«*» Cfr. ACS, ibidem, Quest. ROMA a Pref. ROMA e Min Ini . IO 1,1920.
11771 Ibidem.
"f“1Cfr. ACS, ibidem, Quest. PC a Min. hit., 17.1.1920.
Terni per un comizio al Politeama, nel corso del quale più
volte incitava alla rivoluzione arm ata.<l79,
Il 17 gennaio, infine, partiva per Firenze, dove era atteso
per almeno tre motivi: un pubblico comizio, la riunione ge
nerale degli interessati alla vita futura del quotidiano Uma
nità Nova ed infine la prevista riunione con Giulietti ed alcu
ni leader socialisti.(IS01 Quest’ultima, però, non aveva luogo,
avendo i socialisti informato all’ultimo momento della loro
impossibilità a parteciparvi.0*1*Nel contempo, gli stessi so
cialisti proponevano il rinvio della riunione all’indomani, a
Roma, garantendo in tal caso la loro partecipazione.
Così Malatesta, giunto a Firenze nel pomeriggio del 17,
dopo essersi incontrato con vari compagni del luogo (fra i
quali Posani ed Aratari) ed aver pernottato in casa del fer
roviere Picciarsini, partecipava nella mattinata del 18 alla
preannunciata riunione per il quotidiano. Vi partecipavano
circa centocinquanta persone, fra le quali il prefetto segna
lava - oltre allo stesso Malatesta - Bassi di Imola, Meschi di
Carrara, Monticelli di Roma, Bencini, Facciadio di Pisa, Bi-
nazzi della Spezia. In quella sede Malatesta proponeva la ti
ratura di 1()().()()() copie per il futuro quotidiano anarchico,
che a suo avviso avrebbe dovuto essere caratterizzato dalla
decisa volontà di “fare la rivoluzione” insieme con repubbli
cani e socialisti. Malatesta riproponeva dunque la sua conce
zione strategica del “fronte unito” delle forze di sinistra, in
aperta polemica con la redazione de L ’Avvenire Anarchico
di Pisa, secondo cui “la rivoluzione sarà anarchica o non
sarà”. Secondo Malatesta. invece, la rivoluzione non sareb
be stata (né avrebbe potuto essere) né anarchica né non
anarchica, per il semplice fatto che essa sarebbe risultata dal
concomitante concorso delle varie tendenze proletarie. Gli
anarchici, dunque, debbono agire in quanto tali, senza con
fondersi con gli altri partiti, ma non debbono rifiutare la
convergenza pratica con le altre forze di sinistra - questa la
concezione malatestiana.
A parte l’opposizione del gruppo pisano, tradizionalmen-
117,11 Ibidem.
(mn j a rjunione dj tutti gli interessati ad Umanità Nova era stata indetta pubblicamente
per il 18 gennaio nella sede fiorentina dell’U.S.I.: cfr. Il Libertario (La Spezia), 8.1.1920,
cit.
('“1>Cfr. G. GIULIETTI, op. cit. , p. 87: “Qualcuno fa sapere che non può intervenire ma
che interverrà il giorno dopo a Roma".
90
tc schierato su posizioni anti-organizzatrici, la linea proposta
da Malatesta per la futura gestione politica del quotidiano
raccoglieva un generale consenso.<182>
Nel corso della m attinata del 18, inoltre, Malatesta ave
va dei colloqui riservati con Pasquale Binazzi e con l’on.
Caroti.
Nel pomeriggio, in piazza Cavour, aveva luogo il grande
comizio indetto dagli anarchici fiorentini, cui partecipavano
alcune migliaia di lavoratori - 3.000 secondo le autorità,
20.000 secondo l’U .S .I.(183) Prendevano la parola gli anarchi
ci Meschi, Lenzini, Sassi, Binazzi, nonché il socialista Pcruz-
za (anche lui inneggiando alla prossima rivoluzione sociale).
Interveniva quindi Malatesta, secondo cui nell’ormai vicino
momento rivoluzionario ci si sarebbe scontrati solo con le
guardie regie e con i carabinieri, dal momento che presumi
bilmente i soldati si sarebbero rifiutati in massa di sostenere
il Governo. Ancora una volta, inoltre, Malatesta polemizza
va con il socialista on. Dugoni per il suo atteggiamento du
rante i recenti fatti di Mantova, dove il popolo insorti) era
stato frenato prima, e bollato come “teppa” poi dall’onore
vole socialista. Non alla calma invitava Malatesta, bensì alla
diretta preparazione rivoluzionaria e post-rivoluzionaria.
Al termine del comizio, incidenti scoppiavano fra un cor
teo composto da anarchici e giovani socialisti da una parte e
Sulla riunione per Umanità Nova del 18.1.1920, cfr. ACS, ibidem, Pref. PI a Min.
Int. 19.1.1920; nonché il resoconto della riunione redatto dall’anarchico Trento Tagliaferri
ne II Libertario (La Spezia), 5.11.1920, (a. XVIII, n. 750), sotto il titolo “Il convegno dei
comunisti-anarchici a Firenze”. Una durissima polemica con Renato Siglich ("Souvari-
ne”), principale esponente del gruppo pisano, sarà svolta da Malatesta due anni e mezzo
dopo: Cfr. Umanità Nova, 14.10.1922 (a. Ili, n. 192), sotto il significativo titolo "Per farla
finita - Contro un impostore”. La violenza delle critiche e delle polemiche nei confronti di
ampi settori del movimento anarchico da parte di “Souvarine” e del suo giornale L'Avve
nire Anarchico creava, nel periodo tra l’armistizio e la fine del 1922 (quando i principali fo
gli libertari erano costretti al silenzio), non poche questioni che di fatto paralizzavano l’at
tività di alcuni gruppi e nel complesso avvelenavano l’ambiente anarchico. Squallidamente
clamorosa la serie di reciproche accuse, calunnie ed insulti tra il foglio pisano ed il Libero
Accordo di Roma, ed in particolare tra i due redattori principali “Souvarine" c Temistocle
Monticelli. Tale violenta diatriba costituiva anche la ragione per la pubblicazione di due
numeri unici, rispettivamente a Pisa ed a Roma, interamente dedicati alla vicenda: cfr.
Una questione di moralità anarchica (Roma), maggio 1922; Le nostre documentazioni
(Pisa), 23.6.1922. In seguito all’inasprirsi della questione Malatesta. con l’articolo succita
to, interveniva con tutta la sua autorità morale contro “Souvarine", criticandone la conce
zione politica e mettendone pesantemente in dubbio l’onestà personale. Onesti gli rispon
deva sul L ’Avvenire Anarchico del 20.10.1922 con un articolo già eit.
okj) (-fr ,\( ^ ìbidem, Pref. FI a Min. Int., 18.1.1920; ACS, ibidem, Comandante inte
rinale divisione interna CC a Min. Int., 19.1.1920. Per la stima dcll'U.S.L, elr, il comuni
cato del comitato esecutivo dell’U .S.I., Bologna, 30.1,1920. diffuso anche come volantino
e pubblicato, tra l'altro, ne II Libertario (La Spezia), 5.2.1920, eit.
91
le forze dell’ordine dall’altra. Queste ultime volevano impe
dire al corteo (non autorizzato) di raggiungere il centro cit
tadino - com’era nelle intenzioni dei suoi componenti. Nei
violenti scontri una decina di persone restavano ferite in
modo leggero: tra le altre, tre carabinieri.
Terminato il comizio, Malatesta ritornava nei locali che, nel
corso della mattinata, avevano ospitato il convegno sul quoti
diano: questa volta, però, si trattava di una riunione riserva
ta, cui prendevano parte i principali esponenti anarchici pro
venienti dalle varie località. Al termine, dopo una cena con
sumata insieme con una ventina di compagni, Malatesta a
mezzanotte partiva per Roma. Nella capitale giungeva il 19
mattina, dopo aver viaggiato tutta la notte insieme con gli
anarchici romani Monticelli, Recchi, Forbicini e Mattias.“*4’
Dopo aver passato la mattinata coi compagni, in casa di
Casimiro Chiocchini, il vecchio anarchico si recava alla Ca
mera confederale del Lavoro (C.G.L.) presso la Casa del
Popolo, poi a pranzo in una trattoria dove erano convenuti
altri compagni, fra i quali alcuni ferrovieri rappresentanti il
Comitato Centrale del Sindacato Ferrovieri, come Sbrana,
Castrucci, Signorini.
Alle quattro del pomeriggio, finalmente Malatesta varca
va il portone della sede della direzione del Partito Socialista,
in via del Seminario, per partecipare alla riunione indetta da
Giulietti. Oltre al vecchio anarchico ed al segretario della
F.I.L.M . erano presenti i deputati socialisti Bombacci, Vel
ia, Bacci, D ’Aragona, il segretario amministrativo socialista
Voghera, il direttore de\VAvanti! Serrati. In quella sede,
Giulietti esponeva il suo progetto:
92
nunzio a Giulietti, in cui il poeta-soldato si dichiarava dispo
nibile per un’azione risolutrice come quella prospettata dal
Capitano. Malatesta e Bombacci086’ davano la loro adesione,
Serrati invece rifiutava. 11 suo “no” era netto, senza appello.
La riunione si concludeva così con l’accantonamento, cioè
in altri termini il fallimento, della proposta di Giulietti. Per
il Capitano era certamente una delusione ed una sconfitta.
Tanto più se si consideri che, dietro ordine di capitan Giu
lietti, “la Federazione dei Lavoratori del Mare era pronta al
largo di Ancona con tre bastimenti carichi di armi, che, fal
lito l’accordo, dovettero poi fingere di sbarcare carbone” .0871
La riunione di Roma rimaneva segreta (o comunque co
nosciuta in ristrettissimi ambienti) solo per un mese. Il 17
febbraio, infatti, il Popolo d'Italia pubblicava in prima pagi
na un articolo, senza ombra di dubbio opera del suo diretto
re Benito Mussolini, dal significativo titolo “L’operetta nel
l’epopea - Come doveva scoppiare la rivoluzione".
93
su quella riunione segreta - ma ormai di dominio pubblico -
che avrebbe dovuto deliberare lo scoppio di un’insurrezio
ne... che non scoppiò mai. E terminava in crescendo ironiz
zando ed attaccando “il pus” con il suo consueto fiele pole
mico, tipico del transfuga traditore: anche se, va detto ad
onor del vero, le rodomontate massimaliste e la contempo
ranea incapacità operativa in senso rivoluzionario dei socia
listi non potevano passare inosservate. Oltre due anni dopo
un altro leader fascista, Dino Grandi, così commentava l’e
pisodio sul Popolo d'Italia\ “Se il socialismo italiano avesse
avuto un altro animo, un’altra mentalità, forse le cose non
sarebbero andate così. Ma invece così andarono”.(189)
L’atteggiamento dei socialisti, e di Serrati in particolare,
era una logica derivazione dell’impostazione politica genera
le del Partito e soprattutto della sua rigida ostilità di fronte
ai “fiumaroli”. Il 16 dicembre del 1919, per fare un solo
esempio, il quotidiano del Partito aveva attaccato a tutto
spiano capitan Giulietti per la sua richiesta di uno sciopero
generale per la vicenda del “Persia”:
Cfr. il Popolo d ’Italia, 3.4.1922, cit. in A. TASCA, Nascita e avvento del fascismo,
Bari 1974 (1° ed. it., 1950) I, p. 90.
11,11 Cfr. YAvanti!, 16.12.1919. Una settimana dopo, il quotidiano socialista pubblicava
una risposta deiPon. Giulietti. cfr. VAvanti!, 23.12.1919, cit. in A. TASCA, op. cit., 1, p.
89. Già in settembre, comunque, la direzione del P.S.I., a proposito delle vicende fiuma
ne, aveva dichiarato: “E la stessa minoranza faziosa la quale quattro anni fa, complice il
governo, trascinò il Paese nelle calamità della guerra, ma essa ora trova la classe lavora
trice italiana preparata ed agguerrita, per approfittare degli inevitabili conflitti che potran-
94
Questa dura polemica anti-fiumarola era sostanzialmente
comune a tutte le tendenze presenti nel P.S.I., concordi nel
ritenere che dietro a D ’Annunzio e Giulietti ci fosse la Mas
soneria. Nell’ottobre del 1920, parlando al convegno “con-
centrazionista” di Reggio Emilia, il riformista Mazzotti de
nunciava “il filo massonico che parte da Fiume e passa per
Giulietti e Malatesta - che non ha smentito di essere un mas
sone dormiente”.(I9I) Il che era falso, essendo uscito dalla
Massoneria il Malatesta nel lontano 1878, dopo una breve
adesione durata due anni e mezzo.(192)
Il socialismo italiano, dunque, condannava in blocco, sen
za attenuanti né differenziazioni, i “fiumaroli”, le loro aspi
razioni, le loro illusioni, ma soprattutto non sapeva com
prendere la potenzialità eversiva che l’intera questione fiu
mana poteva rappresentare in vista di un profondo rivolgi
mento politico-sociale. Ancora una volta il verbalismo mas
simalista del socialismo italiano restava tale e non sapeva, in
un momento certo interessante e forse decisivo, trasformarsi
no determinarsi fra le classi dirigenti e la casta militare”. Cfr. La risoluzione in data
13.9.1919 della direzione del P.S.I., ne l'Avanti!, 14.9.1919.
«"•> Cfr. A. TASCA, op. cit., p. 90.
,m Sulla questione della sua breve giovanile esperienza nella Massoneria, Malatesta
dava definitivi chiarimenti in un suo articolo (“Anche questa! - A proposito di Massone
ria”) apparso su Umanità Nova, 7.10.1920 (a. I, n. 190). Dopo aver delimitato tale sua ap
partenenza al periodo compreso tra il 19 ottobre 1875 ed il marzo o aprile del 1876 (recte,
1878), Malatesta spiegava che all’indomani della sua clamorosa assoluzione in seguito alla
sua partecipazione ai moti internazionalisti del 1874, la Loggia Massonica di Napoli lo ave
va invitato ad aderire. Con la speranza di poter svolgere anche nella Massoneria un'effi
cace propaganda rivoluzionaria e nell’illusione di riportarla alle sue origini di fratellanza e
solidarietà umana, Malatesta aveva accettato. “Entrai dunque in Massoneria... e mi accor
si subito che essa non serviva che per favorire gli interessi dei “fratelli" più furbi. Ma sic
come vi trovai dentro dei giovani entusiasti accessibili alle idee socialiste, vi restai per farvi
la propaganda e ve la facevo con grande scandalo e rabbia dei maggiorenti. Ma non potetti
resistere. 11 18 marzo 1878 andò al potere la sinistra con Nicotera come ministro degli in
terni; e la “Loggia” decise di andare a ricevere il ministro con musica e bandiere. Io non
potevo che protestare ed uscire. Da allora non ebbi colla Massoneria che relazioni di osti
lità. Nel 1884, col giornale La Questione Sociale di Firenze e nel 1898 col giornale L'Agi
tazione di Ancona, sostenni colla Massoneria polemiche aspre. (...) I socialisti -conclude
va polemicamente Malatesta - aspettarono fino al 1914 per rompere colla Massoneria. Ed
ora il massone sarei io!”. Otto giorni dopo, Malatesta ritornava sull'argomento con una
sua lettera pubblicata dal quotidiano bolognese II Resto del Carlino (15.10.1920), in cui
smentiva assolutamente di poter esser considerato un “fratello dormiente”, della Masso
neria. “Non è il caso di uno che cade in sonno - scriveva l’anarchico riferendosi al suo caso
-, cioè che si stanca e si ritrae dalla partecipazione attiva ad un’associazione, pur conser
vando sentimenti di devozione o almeno di simpatia verso di essa, lo uscii dalla Massone
ria dichiarandomene avversario, e restai e resto suo avversario (...) Le pare chiedeva poi
Malatesta al direttore del quotidiano bolognese-che così stando le cose. si possa dire ch’io
sia un massone dormiente? A questa stregua Ella potrebbe dire ch’io sono un cattolico dot
mielite, perché da fanciullo mia madre mi mandava a confessarmi ed a comunicarmi. Ma
stia sicuro che massoni e preti non mi considerano certo come un loro fi niello dormiente,
ma come un avversario desto e vigile”.
in precisa strategia rivoluzionaria. Il “sì” di Nicola Bombacci
al progetto di Giulietti non era che un’eccezione: la regola
era il “no” di Serrati.(l93>
Errico Malatesta, da parte sua, manteneva un dignitoso
silenzio sulla riunione di Roma e, più in genere, sull’intera
vicenda. Nemmeno le insinuanti allusioni di Mussolini sul
Popolo d'Italia ne modificavano la condotta. Di fronte al-
l’intensificarsi di voci poco chiare su complotti ... passati,
presenti e futuri, però, il vecchio anarchico interveniva con
un articolo pubblicato su Umanità Nova ai primi di maggio
con il titolo “Vogliono dunque proprio che li trattiamo da
poliziotti?”'1941
96
servii da intermediario per una riunione tra alcuni membri
dirigenti del Partito Socialista ed altri elementi sovversivi
per discutere e deliberare su certe proposte. La riunione
ebbe luogo, ma già le circostanze erano cambiate ed unani
memente si decise che non era più il caso di vagliare le fatte
proposte.
Io non dirò chi erano le persone presenti alla riunione né
quali erano le proposte che si sarebbero dovute discutere,
perché io non faccio il poliziotto. Ma posso affermare che
quelle proposte erano sottoposte alla condizione che il Par
tito socialista le approvasse e s’impegnasse a secondarle.
Dunque? Come fanno ora a presentare la cosa come conce
pita e fatta in ostilità al Partito Socialista? Io non voglio in
dagare chi ha propalato una cosa che, senza essere una co
spirazione, era pur sempre una conversazione intima che
non si poteva ripetere senza mancare di delicatezza.
Mi basta esser sicuro che la propalazione non è partita da
noi. Sopra tutto, malgrado tutto, né per ritorsione né per
qualsiasi altro motivo gli anarchici non fanno la spia ”.<m>
97
nicamente mediante sindacati di produttori riunenti capitale
e lavoro nelle stesse mani, come la ‘Garibaldi’. Gli avveni
menti. da allora in poi, avrebbero preso un altro corso, e
molte lacrime e molto sangue sarebbero stati risparmiati”.
98
V ili
L’ARRESTO A TOMBOLO
imi “(...) Ieri sera all'ultimo comizio dei postelegrafonici un forte gruppo di anarchici ca
pitanati dai noti Forbicini, Vicinanza, Lelli Mazzini, tentarono di fare l'ostruzionismo du
rante il discorso dell'on. D'Aragona. che invitava gli scioperanti a riprendere servizio dopo
otto giorni di sciopero, ma non vi riuscirono perché la maggioranza dei postclcgralonici.
dopo vivaci contrasti, deliberò di sospendere l’agitazione e ritornare al lavoro' ( A( S, ibi
dem, Quest. ROMA a Pref. ROMA e Min. hit., 21.1.P120, cil,).
,3B" Cfr. Il Libertario (La Spezia), 5.2.1920 (a. XVIII. n. 750).
121,11 Cfr. VAvanti!, 31.1.1920.
<»)
anarchico redatto a Torino da Galleani e Schiavina, “un dis
graziato cui l'inclito analfabetismo e la conigliesca anima
lecchina negano ugualmente e la possibilità di sfoggiare in
Parlamento il suo liberalissimo zelo, ed il coraggio di affron
tare in piazza, al sole, nel dibattito aperto, i nemici dell’or-
dine”<2"2); “gridare sulla faccia di codesto Philipson tutta l’im-
becillità ch’egli dimostra - scriveva per parte sua un redatto
re del Sorgiamo! romagnolo - è troppo poco: io, per conto
mio, lo prenderei a calci, sino a ricacciarlo dentro in quella
bolgia orribile ch’è il parlamento e renderlo innocuo così
alla ... salute pubblica”.(2n3)
La denuncia dell'on. Philipson si riferiva naturalmente
alle affermazioni fatte da Malatesta durante il comizio di
piazza Cavour: il fatto, poi, che questo comizio si fosse con
cluso - per la prima volta dal suo ritorno in Italia - con in
cidenti di un certo rilievo costituiva una garanzia per il de
nunciante che la sua azione legale sarebbe al più presto giun
ta in porto.
Appena informato dell’iniziativa del deputato, il governo
telegrafava in modo perentorio al prefetto di Firenze:
UH)
zia e dei culti faceva pervenire al ministero degli interni co
pia delle annotazioni relative alle condanne subite da Errico
Malatesta in quasi mezzo secolo di agitazione rivoluzionaria:
in tutto, otto condanne/206’
È sì vero che il mandato di cattura firmato del giudice
istruttore di Firenze recava la data del 19 gennaio, ma è pre
sumibile che in realtà fosse stato spiccato due giorni dopo,
cioè dopo barrivo a Firenze del certificato penale di Malate-
sta.(2,17)
Nel frattempo, sulla stampa cominciavano a trovare spa
zio non meglio precisate “voci” secondo cui un mandato di
arresto sarebbe stato spiccato dalla magistratura fiorentina
appunto in seguito al comizio del 18 ed alla successiva de
nuncia dell’on. Philipson. Tali voci, naturalmente, provoca
vano immediato allarme negli ambienti anarchici ed in gene
re di sinistra, ma non raccoglievano certo un gran credito:
tanto più che il vecchio anarchico era notoriamente a Roma,
in buona salute, come sempre attivo ed in contatto con i
compagni. Oltre alla sua partecipazione il 25 ad una festa
pro-quotidiano anarchico (più sopra citata), ricorderemo
qui un suo comizio alla Casa del Popolo, sempre a Roma,
davanti a 7.000 persone.<2m)
Nonostante ciò, certa stampa era arrivata al punto di scri
vere che Malatesta, gravemente ammalato, si era chiuso in
casa ed evitava accuratamente di uscirvi dal momento che in
questo modo - e solo in questo modo - poteva sottrarsi al
l’arresto, in virtù di una singolare norma del codice di pro
cedura penale. Ma il vecchio anarchico era sanissimo e non
avrebbe mai potuto “godere” del privilegio suaccennato ri-
l!""i Eccole in dettaglio: 1) 1884, 2 anni per associazione a delinquere; 2) 188'», u mesi per
diffamazione; 3) 1893, 2 anni 4 mesi 29 giorni per reato di stampa; 4) 1898, 7 un si più una
multa per associazione a delinquere; 5) 1902, 9 mesi più 100 lire di multa pei apologia di
reato; 6) 1904, 4 mesi più 79 lire di multa per apologia di reato; 7) 191.3 (7). 9 mi si più 600
lire di multa per apologia di insubordinazione militare con omicidio; 8) I I 7. I mesi per
vilipendio delle Istituzioni.
Altre condanne - non menzionate nella fedina penale di Malatesta gli et ano siale inflitte
all’estero. Cfr. il documento qui citato in ACS, ibidem. Si tenga pero po si liti quanto af
fermato da Malatesta nell’udienza del 28.7.1921 del processo di Milano "thianliinquc io
non abbia scontato che 7 mesi di condanne, - tutte le altre condanne sono siali o prescritte
o amnistiate - , pure l’autorità ha trovato il modo, a pezzi ed a bocconi, ili I timi passare
più di dieci anni della mia vita in prigione”. Cfr. E. MALATI S I A Si mii ( / “l'i 19.12).
cil., Il voi., p. 311.
1211,1 Per la data del 19 sul mandato di cattura, cfr. /Ve/. MS a Min Ini I ' l'i'O i /Ve/
GE a Min. bit.. 1.2.1920. entrambi in ACS, ibidem. Secondo il quollillan......... nlisla in
vece, il mandato di arresto sarebbe stato emesso il 21: cfr. VAvutiti! ' ' I'1'Il
l!'"1Cfr. VAvanti!, 31.1.1920.
servato solo agli ammalati gravissimi. Altri giornali (tra i
quali “La Tribuna”) scrivevano invece che Malatesta era la
titante. Tutto falso.
Di fronte alla ridda di voci contraddittorie prendeva posi
zione il comitato esecutivo dell’U .S.I., che si riuniva il 20
gennaio a Bologna e diramava una circolare “Ai proletari,
alle organizzazioni rosse d’Italia, in difesa di Malatesta”, che
veniva subito ripresa da tutta la stampa di sinistra:
102
guenze, cui eventualmente potesse giungere l’istruttoria”;
più oltre la nota ufficiosa ribadiva che il domicilio dell’anar
chico era tutt’altro che sconosciuto e negava che lo stesso
Malatesta fosse rinchiuso in casa per sfuggire al ventilato ar
resto.
La verità però era un’altra: il mandato d’arresto era stato
emesso almeno nove giorni prima, ma le autorità avevano
preferito tenerlo nel cassetto per ragioni di opportunità po
litica. Era infatti in corso - dal 20 gennaio - lo sciopero dei
ferrovieri e la tensione sociale nel Paese, soprattutto tra i la
voratori, era altissima. Il Sindacato Ferrovieri, inoltre, era
autonomo dalla riformista C.G.L. e alcuni dei suoi massimi
dirigenti erano attivi militanti anarchici, la cui influenza non
era trascurabile. In queste condizioni, l’arresto di Malatesta
durante lo sciopero ferroviario avrebbe potuto provocare
gravi conseguenze ed avrebbe posto indubbiamente il gover
no di fronte ad una prova di forza della quale faceva volen
tieri a meno.
Il 29 gennaio, intanto, l’on. Philipson comunicava che alla
ripresa dei lavori parlamentari avrebbe presentato la se
guente interrogazione orale:
103
giornata del 1° febbraio teneva due comizi, a Livorno ed al
l’Ardenza.,2|;,) La sua attività, dunque, era ripresa a pieno
ritmo.
Appena avuta notizia del fatto che Malatesta aveva ripre
so a circolare per l’Italia, prefetti e sottoprefetti chiedevano
urgentemente spiegazioni ed eventuali ordini al ministero
degli interni: tutti, improvvisamente, all’unisono preoccupa
ti, interessati, ansiosi di m etter le mani sul vecchio anar
chico.
“Poiché dai giornali rilevasi che ieri arrivato Pisa prese parte
corteo anarchico e parlò in pubblico comizio senza fosse ar
restato - telegrafava a sua volta il prefetto di Genova - pre
gherei istruzioni in proposito”.<2I5)
104
menti che gli stavano pervenendo numerose da tutta Italia.
Il 1° febbraio, infatti, il ministero degli interni inviava due
telegrammi che non lasciavano più dubbi sulle intenzioni del
governo.
121,1 Cfr. ACS, ibidem, Min. Ini. a pref. LI, 1.2.1920, h. 20.35. Si ponili attenzione all’o
ra: questo telegramma era successivo a quelli provenienti da tutta Italia richiedenti chia
rimenti e ordini.
I2"‘' Cfr. ACS, ibidem. Min. Ini. a Pref. FI, 1.2.1920, h. 20.35.
I21'" Cfr. l'Avanti!, 3.2.1920. Il prefetto di Livorno, però, attribuiva l'urreslo ih Malatesta
ad un funzionario alle sue dirette dipendenze: cfr. ACS. ibidem, Pref I I a Min. Ini.,
2.2.1920, h. 3.25. Da notare che sempre secondo la stessa fonte. Malatesta era diretto a
Bologna: cfr. ACS, ibidem, pref. LI a Min. Ini., 1.2.1920, li. 19,30.
105
trassegnata dal numero 32/221” La sera stessa, comunque,
Malatesta veniva rimesso in libertà provvisoria: il ministero
degli interni ne era avvisato dal seguente telegramma, invia
togli dal prefetto di Firenze De Fabritiis: “Nota persona sta
ta ora rimessa libertà”.<22l) Alla rapidità del rilascio della
“nota persona” Errico Malatesta non erano certo estranee le
molte proteste che la notizia del suo arresto a Tombolo ave
va provocato in molte province.
,2M Cfr. VAvanti!, 3.2.192«, cit.\ ACS, ibidem, pref. LI a Min. Ini., 2.2.1920, n. 332.
Cfr. ACS, ibidem, Pref. FI a Min. Ini., 2.2.1920, h. 20.20.
'”31 Cfr. // Libertario (La Spezia), 5.2.1920, cil.
Secondo il prefetto di Livorno, però, “eventuale sciopero generale (...) non incontra
per ora molte simpatie, specialmente da parte della massa operaia che è stanca di queste
continue interruzioni di lavoro per ragioni non economiche”. Cfr. ACS, ibidem, pref. LI
a Min. Ini., 2.2.1920. Il successo dello sciopero generale del 3 febbraio, però, avrebbe
smentito tale informazione prefettizia.
'”JI Cfr. ACS, ibidem, Pref. LI a Min. Ini., 3.2..1920, h. 5.30.
Cfr. ibidem.
106
“Fu subito annunciato che Malatesta, dopo l’interrogatorio,
era stato rilasciato in libertà provvisoria - ricordava sempre
Il Libertario - , ma gli operai, essendo stati troppo spesso in
gannati, non volevano prestar fede alla notizia e solo si per
suasero a tornare al lavoro, quando la liberazione fu annun
ziata da tutti i giornali”.(22h)
107
mediato rilascio del vecchio anarchico ci è fornita da una co
municazione che il 7 febbraio il Direttore Generale della
Pubblica Sicurezza inviava al Sottosegretario agli Interni
onde permettergli di disporre degli elementi indispensabili
per rispondere a due interrogazioni presentate in Parlamen
to appunto sul caso Malatesta. La prima era quella già nota,
preannunciata dall’on. Philipson il 29 gennaio (che voleva
sapere come mai Malatesta allora non fosse stato ancora ar
restato), l’altra era dell’on. Bombacci (che invece voleva sa
pere come mai Malatesta fosse stato arrestato).(23l)
Dopo aver riferito quanto comunicatogli a suo tempo dal
prefetto di Livorno all'indomani del famoso comizio fioren
tino del 18 gennaio (cioè che Malatesta aveva usato “un lin
guaggio violentissimo, eccitando alla rivoluzione e rilevando
specialmente la necessità di combattere contro le guardie ed
i carabinieri che sostengono il governo”), il Direttore Gene
rale della P.S. sosteneva che il successivo mandato di cattura
spiccato dal giudice istruttore di Firenze non aveva potuto
essere eseguito “per le continue peregrinazioni del Malate
sta”.112321
Quest’ultimo, però, non si era mosso da Roma nell’ultima
decade di gennaio a causa dello sciopero ferroviario e -
come abbiamo accennato - non aveva certo lesinato la sua
attiva partecipazione a pubbliche dimostrazioni e comizi:
quindi le forze dell’ordine ben conoscevano e seguivano le
sue mosse, come testimoniano i puntuali e dettagliati tele
grammi inviati al Ministero degli Interni ed alla Direzione
Generale di P.S. in quei giorni.
Il capo della polizia, dunque, mentiva smaccatamente
quando sosteneva che l’arresto del vecchio anarchico non
era stato effettuato a causa dei suoi continui spostamenti. E
nella sua menzogna, per così dire “ufficiale”, si rivelava an
cora una volta la manovra politica governativa che, in con
siderazione di una chiara valutazione opportunistica, aveva
ritardato di una decina di giorni almeno un arresto che, le
galmente, avrebbe dovuto esser stato eseguito immediata
mente, appena spiccato il mandato di cattura.
Cfr. VAvanti!, 3.2.1920; ACS, ibidem, capo di gab. del sottosegr. Min. Ini. a Dir.
Gen. P.S., 4.2.1920.
1:01 C fr. A C S , ib id e m , D ir. G e n . P .S . a g a b . d e l so tto s e g r. M in. ln t., 7 .2 .1 9 2 0 .
108
IX
l2n> Cfr. ACS, ibidem, Pref. FI a Min. Ini., 4.2.1920', nonché ACS, ibidem, milizie per il
prospetto biografico di Malatesta, da Pref. AN a Min. Int., 9.2.1920.
I1U1 Cfr. Il Libertario (La Spezia), 12.2.192« (a. XVIII. n. 751).
«""Cfr. ACS ibidem. Pref. FI a Min. Ini . 5.2.1920.
Cfr. ACS, ibidem, Pref. LI a Min. Int., 4.2.1920, h. 19.10.
imi £ fr ACS. ibidem, Pref. LI a Min. hit., 4.2.1920: in questo suo tolegnimma. il pre
fetto, riferendosi all'imprevisto carattere pubblico della riunione ullcnnuvu clic il Com
missario che dirigeva il servizio non ha ritenuto vietare ciò, dappoiché itvicbbc dovuto usa
re la forza, cosa che non era prudente in quella circostanza".
Cfr. ibidem.
109
socialisti parlamentari ed i repubblicani, “dicendo che costo
ro promettono la rivoluzione ma, al momento opportuno,
indugiano e si tirano indietro, per cui è necessario che gli
anarchici si decidano ad una azione diretta per raggiungere
al più presto lo scopo”.(m
Interveniva quindi il segretario della Camera del Lavoro
D’Alberto, al quale seguivano i brevi discorsi di due anar
chici di Firenze: questi ultimi attaccavano pesantemente i
socialisti, provocando urla di protesta da parte di elementi
socialisti presenti in piazza. Al che riprendeva la parola Ma-
latesta, “ripetendo che i socialisti sono fratelli degli anarchi
ci, che anche essi debbono lavorare per la causa comune e
che gli attacchi vanno diretti contro coloro che al Parlamen
to hanno fornicato col Ministero”.(240) Terminato il comizio,
Malatesta si recava in auto ad Ardenza, alla periferia di Li
vorno, ospite di Amedeo Boschi.
All’indomani Malatesta raggiungeva direttamente Bolo
gna, ove arrivava in giornata accolto da Armando Borghi e
da altri anarchici: questi in serata offrivano un banchetto in
suo onore, cui intervenivano una trentina di elementi rivolu
zionari. Dopo di che il vecchio anarchico teneva un comizio
alla Vecchia Camera del Lavoro (aderente all’U .S.I.), pre
senti molte centinaia di lavoratori. Malatesta sosteneva che
l’articolo 246 del Codice Penale, in base al quale lo si era ar
restato a Tombolo tre giorni prima, era stato di fatto cancel
lato dal Codice Penale grazie all’azione diretta del proleta
riato ed alla forza dimostrata dalle forze sindacaliste. Ag
giungeva però che quella stessa agitazione che era stata at
tuata in suo favore doveva essere puntualmente ripetuta in
favore di chiunque, anche del più umile dei proletari, qualo
ra il Governo lo arrestasse in base all’articolo 246 che il pro
letariato stesso aveva appunto abrogato. “Accennando sor
ridendo al suo arresto - riferiva con una prosa un po’ zoppi
cante il cronista del Sorgiamo! - disse che quando un gover
no arresta i sovversivi come un brigante qualsiasi assale il
passante, essendo egli stato arrestato a Tombolo tra le mac
chie, e tra le risa generali, ricordò come, quand’egli era in
automobile tra gli sbirri, che lo accompagnavano a Firenze,
al passaggio d ’ogni paese, gli veniva cortesemente coperto il
Cfr. ibidem.
IMI1 Cfr. ibidem.
no
viso, perché la folla non s’accorgesse di lui. Di fronte a que
sto stato di cose noi possiamo proclamarci già vincitori in at
tesa della vittoria finale”.<24l) Le ormai prossime elezioni am
ministrative fornivano poi l’occasione a Malatesta per un
rinnovato attacco al parlamentarismo socialista, che non
avrebbe mai portato ad alcuna conquista proletaria. Secon
do lui, la stessa costruzione di case popolari - uno dei cardini
delle promesse pre-elettorali dei socialisti - non doveva inte
ressare i lavoratori, dal momento che “noi vogliamo assider
ci nei palazzi, nelle ville, nei castelli dei signori, prenderne
possesso per non più muoverci, per restarci da padroni. Per
raggiungere tale scopo non vi è che un solo mezzo: la rivo
luzione, alla quale è tempo di prepararsi sul serio senza più
chiacchiere e sporadiche azioni tumultuose, che non posso
no fare alcun bene alla causa generale”. - così il prefetto ri
feriva testualmente ai suoi superiori.(242)
All’indomani sera, nuovo discorso di Malatesta a Bolo
gna, questa volta al liceo musicale sul tema “La vecchia e la
nuova Internazionale”: anche questa conferenza si svolgeva
nel massimo ordine ed inutile si rivelava il servizio poliziesco
di vigilanza, composto da un drappello di soldati con l’el
metto in testa e la baionetta innestata. Secondo il cronista
del Sorgiamo! quel drappello sembrava “quasi schierato per
rendere gli onori militari all’agitatore” .(243)
Nei due giorni successivi Malatesta si recava a parlare a
Crevalcuore, Persiceto, Castelfranco Emilia, Ponte Ronco e
Bazzano. Il 9 infine partiva da Bologna per Milano.1244*
Nel frattempo, il 7 febbraio Malatesta aveva scritto una
lettera al quotidiano socialista per puntualizzare il suo atteg
giamento nei confronti dei socialisti stessi; quattro giorni
dopo veniva pubblicata integralmente:
“Caro Avanti!,
(...) Il Giornale d ’Italia ed altri giornali dello stesso calibro,
dando conto dei discorsi che io sono andato facendo in mol
te città, hanno detto che io ho eccitato all’odio contro i so
cialisti, che li ho accusati di viltà, ecc. ecc. La cosa si capisce
I li
facilmente, poiché nelle condizioni attuali d’Italia non vi è
per la borghesia e per le istituzioni altra speranza di salvezza
che la discordia tra lavoratori, ed è naturale che i giornali
borghesi per servire gli interessi di chi li paga cerchino di
creare ragioni di discordia. Ma la cosa è falsa, ed io prego i
miei amici ed il pubblico di non prestar fede a resoconti ed
interviste, che sono artatamente falsate e spesso compieta-
mente inventate, e di credere solamente a quanto odono
dalla mia bocca o vedono scritto dalla mia penna. Ben lungi
dall’avere sentimenti di ostilità verso i socialisti, io li consi
dero come amici e fratelli perché sono, al pari degli anarchi
ci, lavoratori che lottano per l’emancipazione umana, che,
come gli anarchici, si espongono, e son disposti ad esporsi,
a pericoli e sacrifici per raggiungere un ideale radioso di li
bertà, di giustizia, di benessere per tutti.
Le vie che percorrono anarchici e socialisti sono qualche vol
ta concorrenti ed allora non abbiamo che da lavorare insie
me; qualche volta sono diverse ed opposte ed allora è giusto
che ciascuno cerchi di far prevalere i proprii metodi ed i pro-
prii fini. Ed io, essendo anarchico, faccio naturalmente la
propaganda anarchica e critico i socialisti quando mi sembra
che si sbagliano. E siccome a me pare che la tattica parla-
mentaristica sia la ragione principale per la quale il movi
mento socialista non dà tutto il rendimento rivoluzionario
che potrebbe, io combatto con ¡speciale insistenza l’elezioni-
smo e tutte le altre manifestazioni parlamentaristiche.
Ma ciò non significa mancanza di cordialità veramente sen
tita verso i lavoratori socialisti, né deve impedire un lavoro
comune e concorde quando v’è da combattere contro la bor
ghesia e contro il Governo. (...).
Errico Malatesta”.(245)
112
in cui l’ormai imminente uscita del quotidiano anarchico
Umanità Nova preannunciava un ulteriore rilancio della pre
senza specificatamente anarchica nelle lotte dei lavoratori,
Malatesta intendeva tenere più che mai aperta la via ad una
proficua collaborazione con i socialisti (ed anche con i re-
pubblicani): per l’attuazione della rivoluzione sociale - a suo
avviso, imminente - non vi era altra “politica” possibile.
Rientrato a Milano il 9 febbraio, Malatesta si occupava
principalmente di Umanità Nova. Erano ormai passati dicci
mesi dal Convegno di Firenze, nella cui sede si era delibera
to di lanciare la campagna di sottoscrizione pro-quotidiano
anarchico. Da vari mesi, inoltre, l’uscita di Umanità Nova
veniva ogni tanto data per imminente... e poi smentita. ()i
mai tutto era pronto per l’inizio delle pubblicazioni: il fon
do-cassa, i redattori, parte dei diffusori, il programma del
giornale, il materiale tipografico, ecc. Mancava “solo” una
cosa essenziale: la carta. Il Governo, tramite la cartiera di
Isola del Liri, non sembrava per niente disposto a fornirne
agli anarchici per il loro quotidiano, per cui anche la scaden
za del 24 gennaio - preannunciata come data d’uscita del
quotidiano - era passata invano.
Proprio in quella data VAvanti! pubblicava il seguente co
municato firmato dalla redazione di Umanità Nova:
113
né ha potuto procurarsene in via privata. (247)
12471 Cfr. l’Avanti!, 17.2.1920; per la redazione di Umanità Nova, il comunicato era firma
to da Errico Malatesta.
12481 Cfr. Il Libertario (La Spezia), 26.2.1920, (a. XVIII, n. 753).
124,1 Cfr. ACS, ibidem, Quest. MI a Min. Int., 21.2.1920; nonché II Libertario (La Spe
zia), 26.2.1920, cit.
,2'"’ Cfr. ACS. ibidem. Quest. MI u Min. Int., 24.2.1920: nonché H Libertario (La Spe
zia), 5.3.1920 (a. XVIII. n. 754).
12511 Cfr. ACS, ibidem.
114
Malatesta e i suoi amici” .(252) Il telegramma di Malatesta, è
evidente, non poteva sortire alcun effetto sostanziale: lo
stretto pedinamento da parte dei “brutti ceffi” - come li de
finiva il quotidiano socialista - sarebbe continuato fino alla
sua morte, ed anche oltre - come abbiamo già avuto occasio
ne di accennare.
Se la polizia compiva il suo dovere, la magistratura non
era da meno. Il procedimento giudiziario, relativo agli inci
denti occorsi in Firenze il 18 gennaio al termine di un comi
zio di Malatesta, andava avanti ed il 21 febbraio il prefetto
di Firenze riferiva ai suoi superiori che l’istruttoria penale
relativa era sul punto di essere chiusa e che dopo poco sareb
be stata pronunciata dalla sezione d’accusa la sentenza di
rinvio a giudizio.(253)
12521 Cfr. VAvanti!, 21.2.1920; cfr. anche II Libertario (La Spezia). 26.2.1920, cit.
,25” Cfr. ACS, ibidem, Pref. FI Min. bit., 21.2.1920.
,2HI Cfr. ibidem.
<255>Cfr. ACS, ibidem, Pref. BO a Min. Int., 20.2.1920.
115
pubblicata, con il titolo “I nostri propositi”, la circolare-pro
gramma che Malatesta aveva scritto a Londra cinque mesi
prima e che in quella veste già era stata pubblicata su 11 Li
bertario del 9 ottobre 1919.<256)
Per salutare la nascita di Umanità Nova, VAvanti! pubbli
cava una vignetta del suo disegnatore politico, il noto Scala
rmi, accompagnata da un favorevole commento redaziona
le. Nella vignetta si vedono due uomini, vestiti con abiti scu
ri e con cappelli neri, ciascuno con una grande bandiera, ri
spettivamente rossa con la scritta “Avanti!” e nera con la
scritta “Umanità Nova”. I due si trovano su di una strada
rettilinea che prosegue fino alla linea dell’orizzonte, ove
brilla il sole (dell'avvenire), caratterizzato dalla falce e mar
tello e circondato da due rami di alloro. Alla base della vi
gnetta la frase (evidentemente da attribuirsi al vessillifero
delVAvanti!): “Andiamo, compagno; faremo un bel tratto di
strada insieme”.
Sopra alla vignetta ed alla sua relativa didascalia la reda
zione premetteva il suo saluto al neonato quotidiano degli
anarchici:
116
Così appunto il quotidiano socialista salutava la nascita
del quotidiano anarchico, che si poneva nettamente alla sua
sinistra rompendo di fatto il monopolio che VAvanti! aveva
fino ad allora esercitato nel campo deirinformazione quoti
diana all’interno del movimento operaio e contadino. Per
tutto il 1920, infatti. Umanità Nova restava l’unico punto di
riferimento quotidiano alla sinistra del P.S., coagulando in
torno a sè l’attenzione ed a volte anche il sostegno dei vari
settori della sinistra rivoluzionaria italiana: dall’U.S.I. al
Sindacato Ferrovieri, dalla Federazione dei Lavoratori del
Mare alla Federazione Giovanile Socialista, dalle correnti
massimaliste del socialismo alla Federazione dei Lavoratori
dei Porti. Nell’anno successivo, poi, VOrdine Nuovo di To
rino, trasformatosi in quotidiano e quasi subito in organo del
neonato Partito Comunista d’Italia, si sarebbe affiancato (e,
a volte, anche contrapposto) al quotidiano anarchico.
Va rilevato appunto che Umanità Nova non si presentava
- programmaticamente - come portavoce dei soli anarchici
aderenti all’Unione Anarchica Italiana, bensì di tutto il mo
vimento anarchico nel suo insieme, senza distinzioni apriori
stiche in senso organizzatore o anti-organizzatore. Più in ge
nerale, Umanità Nova si proponeva di essere - ed in effetti
fu - oltre che un organo di propaganda anarchica uno stru
mento di agitazione delle correnti “estreme” della sinistra
italiana/258’
Oltre che da IVAvanti!, l'uscita del quotidiano anarchico
era salutata con vivo favore e grandi speranze da tutte le
pubblicazioni libertarie, di ogni sfumatura o tendenza. Par
ticolarmente significativa la posizione della Cronaca Sovver
siva di Torino, redatta da Luigi Galleani e Raffaele Schiavi
na, noti esponenti della tendenza anti-organizzatricc. In vi
sta del 24 gennaio - una delle date previste (e poi rinviate)
per l’uscita del nuovo giornale - la Cronaca Sovversiva ave
va infatti pubblicato un commento redazionale favorevole
all’iniziativa, pur non nascondendo le riserve che alcuni ave
vano sollevato nei mesi precedenti e che Galleani stesso ave-
,-'*1“Con Umanità Nova - ha scritto lo storico P.C. Masini - ¡ili aliati Im i ilaliain tentano,
per la prima volta nella loro agitata storia di partito, la pubblicn/ione ili un ipiotidiano.
E l’esperimento viene fatto in una grande città moderna, a Milano, dove I anni Itismo ha
piuttosto una tradizione individualistica (che nel dopoguerra esplode am III in Ini ine ili ter
rorismo) ma dove trova ora una sua base nel movimento sindacalista il volli /li inni io dell'U
nione Sindacale Italiana e nelle frazioni estreme del socialismo t •m i.li min la modestia
117
va ben presenti:
delle forze che gli anarchici hanno a disposizione, si può dire che il loro ambizioso disegno
ha pieno successo, come del resto stanno a dimostrare i lunghi elenchi delle sottoscrizioni
che al giornale pervengono da ogni parte d’Italia. Questo sul piano politico. Sul piano tec
nico invece si notano parecchie insufficienze come la scarsezza e l'occasionalità delle infor
mazioni, il primitivismo e la genericità della propaganda (...). Alcuni di questi difetti ven
gono eliminati quando il giornale assume il formato intero e si rafforza l'équipe dei colla
boratori”. Cfr. ISTITUTO G. G. FELTRINELLI, / periodici..., cit., p. 237.
a«) £ fr Cronaca Sovversiva (Torino), 17.1.1920 (a. I, n. 1). L'articolo redazionale qui
riprodotto, firmato “La Cronaca Sovversiva”, è secondo noi attribuibile con ragionevole
certezza alla penna di Galleani (se ne riconosce lo stile a prima lettura).
118
America si riconosceva, nella sua stragrande maggioranza,
nella concezione e nelle prese di posizione di Galleani: una
sua parola contro Umanità Nova avrebbe certamente ridotto
di molto le sottoscrizioni provenienti d’Oltreatlantico. Gal
leani, invece, che fino a qualche mese prima era considerato
uno dei futuri condirettori del quotidiano (insieme con Ma-
latesta), si schierava al fianco della pattuglia redazionale di
Umanità Nova e salutava con entusiasmo, poco tempo dopo,
il successo ottenuto dal primo numero del quotidiano:
119
“La classe operaia passa adesso un brutto quarto d’ora di
contagio anarchico. Ormai VAvanti! è quasi boicottato, e gli
operai non leggono che VUmanità Nova, che mi dicono su
peri ora le centomila copie. Lo affermano i frequentatori
della Camera del Lavoro e i viaggiatori nei tram del mattino,
ove non si trovano più operai senza VUmanità Nova in
mano. Gli articoli del Malatesta contro le dittature di qual
siasi governo, fosse anche comunista, distaccano dal massi
malismo, ma sono qualche cosa di peggio, perché un’esalta
zione dei “buoni” istituti del popolo, che, a rivoluzione com
piuta, saprà regolare da sé la produzione e la distribuzio-
a'21Cfr. lettera di Turati alla Kuliscioff, da Milano in data 16.8.1920, ora in F. TURATI-
A. KULISCIOFF, Carteggio, V, Dopoguerra e fascismo (1919-1922), a cura di A. Schiavi,
Torino 1953, p. 386.
120
X
121
partecipanti si dirigeva verso il centro. Una lunga fila di
tram si formava nello stesso corso di Porta Romana in dire
zione di piazza Missori, la quale era bloccata da alcuni cor
doni di soldati e carabinieri.
Pare che all’intimazione delle forze dell’ordine di arrestar
si, la prima vettura tramviaria non avesse ottemperato, se
guita da tutte le altre vetture scampanellanti. Sta di fatto che
i tram non si arrestavano e che i carabinieri, per tutta rispo
sta, aprivano il fuoco.
122
di un gruppo di operai metallurgici, dopo aver giudicato or
mai inefficace lo strumento dello sciopero come protesta
operaia, presentava un ordine del giorno in favore della pre
parazione per l’occupazione delle fabbriche. Tale proposta
suscitava l’immediata adesione degli anarchici (Malatesta) e
dei sindacalisti rivoluzionari (Borghi), mentre i rappresen
tanti della Camera del Lavoro (Bensi) e della Direzione del
P.S. (Repossi) cercavano di buttare acqua sul fuoco, invitan
do i lavoratori alla calma sottolineando i rischi connessi con
una simile prospettiva di lotta. La discussione si accendeva
sulla questione se prolungare o meno lo sciopero generale.
(2w) £ fr ACS, ibidem, Pref. M ia Min. htt., 1.3.1920: “La proposta pi lo notava (¡asti
- non fu presa in considerazione”.
Cfr. ACS, ibidem, Pref. M ia Min. Ini., 2.3.1920.
™ Cfr. YAvanti!, 2.3.1920, cit.
123
il comizio invitasse gli esponenti sindacali e politici a riunirsi
la sera stessa nei locali della Camera del Lavoro confederale
e decidere sullo sviluppo del movimento. La proposta fu ac
cettata per acclamazione: alla controprova si alzarono poche
mani”.<27l) I socialisti, però, non si presentavano alla sera
presso la “loro” Camera del Lavoro: la sezione socialista mi
lanese, i capi della Camera del Lavoro e la Lega Tramvieri,
riunitisi a parte, avevano deliberato la cessazione dello scio
pero.
La parola d’ordine del ritorno alla normalità, però, nono
stante l’attivismo dei socialisti e dei confederali per renderla
effettiva, non raccoglieva l’adesione dell’intera classe lavo
ratrice milanese. Il 3 mattina - sottolineava VAvanti! - “i
tram circolavano regolarmente ed il lavoro nelle officine si
svolgeva normale quando avvennero improvvisi fatti che de
terminarono di nuovo la sospensione del lavoro in parecchi
degli stabilimenti ed il ritiro dalla circolazione delle carrozze
tramviarie”.(272) La responsabilità di questi improvvisi sciope
ri - che oggi potremmo definire “a gatto selvaggio” - era dal
quotidiano socialista attribuita “all’indisciplina di alcuni ele
menti operai, i quali, tanto per mostrare che sono degli anti
autoritari, hanno voluto che la massa - la totalità della mas
sa - seguisse la loro deliberazione di continuare nello sciope
ro”.1(273) Il tono polemico è innegabile, la rabbia malcelata.
L’Avanti! spiegava che la decisione di riprendere il lavoro
era stata presa dalla Camera del Lavoro e dalla sezione so
cialista “ad onta di un voto contrario emesso da un comizio
che non può certamente rappresentare la maggioranza del
proletariato organizzato”, ma doveva poi ammettere che “la
cosa non ha incontrato la simpatia (...) del gruppo anarchico
sindacalista, che si ò decisamente opposto alla continuazione
del lavoro nelle fabbriche ed alla circolazione dei tram ”.
Così, per “evitare conflitti fra operai” e “per ragioni di evi
dente opportunità”, i lavoratori avevano abbandonato le of
ficine, “pur non facendo proprio Vatteggiamento degli anar
chici”. In molti stabilimenti erano scoppiati incidenti, in altri
si era lavorato: “gli anarchici - proseguiva YAvanti! - hanno
,!,h Cfr. A. BORGHI, Mezzo..., cit., p. 208.
(J7’’ Cfr. \'Avanti!, 3.3.1920. "Non ostante che il quotidiano Avanti!-d'accordocon la di
rezione del partito socialista - dichiari cessato lo sciopero a Milano, questo continua com
patto”: cfr. A A. VV., Un trentennio..., cit., p. 26.
127,1 Cfr. VAvanti!, ibidem.
124
anche commesso violenze ai danni della Camera del Lavoro
provocando vivaci incidenti seguiti da pugilati c da qualche
bastonata”. L’atteggiamento dei dirigenti confederali veniva
approvato senza riserve, dal momento che essi “giustamente
non potevano dare la sanatoria ad un voto di minoranza che
proclamava la continuazione dello sciopero e che per giunta
cambiava aspetto e significato allo sciopero stesso” .
In questo contrasto tra anarchici e socialisti in relazione
alle vicende milanesi, VAvanti! vedeva in discussione que
stioni di ordine generale e della massima importanza: gli
anarchici stavano tentando di instaurare un “nuovo princi
pio" nelle agitazioni proletarie e ciò, secondo i socialisti, era
inaccettabile perché tale principio avrebbe portato inevita
bilmente al “trionfo dell’irresponsabilità ed alla morte delle
organizzazioni”. Contro questo “disfattismo d’ogni rivolu
zione”, YAvanti! ribadiva la necessità per il movimento so
cialista di cercare di assorbire “tutti gli elementi operai irre
quieti e tumultuanti che ancora non hanno acquistato un
preciso senso del divenire della rivoluzione”.
Qualora questi “elementi arretrati” si mostrassero “irridu
cibili ad ogni principio di organizzazione” - concludeva YA-
vanti! - la classe operaia aveva il “dovere di isolarli” , per
non compromettere i suoi interessi. L’esistenza di una situa
zione rivoluzionaria, infatti, richiedeva disciplina ed orga
nizzazione.(274) Alle affermazioni polemiche, duramente po
lemiche, del quotidiano socialista, Umanità Nova risponde
va seccamente!
125
Armando Borghi nelle sue memorie'2761- Io fui chiamato dal
questore Gasti per sentirmi dire che non ci sarebbe stato
concesso il permesso di usufruire dell’Arena per il comizio
degli scioperanti, dato che socialisti e confederazione dissen
tivano".
126
per “forzare la situazione”, non senza speranze di successo.
La folla all’Arena si radunava numerosissima: i lavoratori
avevano risposto in massa all’invito di Umanità Nova, le au
torità dal canto loro non se l’erano sentita di far trovare
chiuse le porte dell’Arena. Prendevano la parola Errico Ma-
latesta ed Armando Borghi.
I !1
fatta da tutto il proletariato”.(282) Veniva quindi approvato un
ordine del giorno, polemico nei confronti delle organizzazio
ni riformiste, in cui si prendeva atto della riuscita dei tre
giorni di sciopero generale e si chiedeva “l’immediata costi
tuzione dei comitati di fabbrica per la preparazione necessa
ria alla gerenza proletaria”. Veniva nel contempo decisa la
ripresa del lavoro.
Le giornate milanesi di lotta e di sciopero si concludevano
così, ma l’eco da esse provocate non si spegneva certo pre
sto.
128
XI
129
nelle singole località ed agitazioni proletarie, con viva parte
cipazione.
Già nella primavera del 1919, all’indomani dell’attacco fa
scista alla sede milanese dell 'Avanti!, nel comizio di protesta
tenutosi a Bologna, Armando Borghi aveva proposto la co
stituzione di un comitato d’azione e preparazione rivoluzio
naria formato da un rappresentante di ciascuno dei cinque
organismi sovversivi e proletari che erano stati concordi nel
la protesta contro “l'aggressione borghese e nazionalista”:
cioè, il Partito Socialista, la Camera del Lavoro, PUnione
Anarchica, l’Unione Sindacale ed il Sindacato Ferrovieri.
La proposta di Borghi veniva fatta propria e rilanciata a li
vello più generale da L'Avvenire Anarchico di Pisa, che sot
tolineava la necessità e l'urgenza di giungere alla formazione
della “barricata unica”.(2li5) Anche la redazione di Volontà si
associava in linea di massima alla proposta di Borghi, non
senza qualche riserva sulla sua pratica attuabilità.128'” Co
munque, non se n’era fatto niente.
Interessante pure un altro aspetto della vicenda milanese, cioè il tentativo della grande
stampa d’informazione di addossare a Malatcsta la responsabilità dei disordini milanesi, e
la conseguente reazione in campo anarchico. Di fronte alla campagna anti-Malatesta, che
raggiungeva punte da linciaggio giornalistico, la più significativa era certamente la seguen
te presa di posizione pubblica: ' (ìli appartenenti ai gruppi anarchici di Ancona, riuniti in
assemblea la sera del 2 marzo u.s., constatando come la campagna di denunzie, di infamia
e di ignobili calunnie si sia ancor più violenta scatenata, ad opera dei giornalisti borghesi,
contro il carissimo compagno ERRICO MALATESTA - al quale va l’espressione della
loro piena ed assoluta solidarietà dopo il recente eccidio di Milano voluto dalla follia
omicida della poliziottaglia aizzata prima e premiata poi; rammentano ai pennivendoli
d’ogni risma che le piazze e le vie d'Italia sanno un lungo martirio di popolani trafitti (39
eccidi dal 13 aprile al 31 dicembre 1919) quando ancora Malatesta risiedeva all’estero; dif
fidano costoro ed il Governo a smettere l'infame e ripugnante gazzarra ammonendoli che
qualunque attentato alla libertà ed alla persona del gagliardo lottatore per la redenzione
proletaria equivarrebbe per gli anarchici d’Italia (dei quali siamo sicuri d’interpretare il
sentimento) ad una dichiarazione di guerra cui seguirebbe immediatamente l'inizio delle
ostilità; invitano i compagni ed il proletariato ribelle d’Italia: 1) a tenersi pronti in ogni lo
calità; 2) ad esigere che la stampa prezzolata cessi dall'inveire contro il Malatesta; 3) ad as
sociarsi al presente o.d.g. comunicandone le approvazioni a: UMANITÀ NOVA Via Gol-
doni 3, Milano”. Tale appello veniva pubblicato e sottoscritto sia dal Sorgiamo! (Rimini),
2.4.1920 (a. I, n. 10), sia da L\Avvenire Anarchico (Pisa), 26.3.1920 (a. XI, n. 9).
Cfr. L'Avvenire Anarchico, (Pisa), 25.4.1919.
Cfr. Volontà (Ancona), 16.5.1920 (n.s., a. I, n. 5): “(...) L’idea è ottima ... a un pat
to: che tutti gli organismi invitati a parteciparvi siano almeno concordi in una cosa, (CEN
SURA) nei mezzi pratici, l’azione rivoluzionaria (...) Ci sembra, a dire il vero, un po’ dif
ficile che anche la Confederazione del Lavoro acceda al concetto surriferito (...) Noi siamo
però d’opinione che il Comitato d’Azione, una volta formato, possa e debba essere indi-
pendente dai singoli partiti ed organismi (...) Sul terreno pratico esso dovrebbe riservarsi
solo quei compiti che non fosse possibile essere assunti e svolti dalle singole forze ed ini
ziative locali (...) Ma il compito principale, secondo noi, dovrebbe sempre restare alle for
ze locali. E in ogni centro, piccolo o grande, che l’accordo deve farsi (...) Senza di che,
nessun comitato servirà a niente”.
130
Al di là di mancati accordi “di vertice”, si può con certez
za affermare che il “fronte unito”, la “barricata unica” erano
nelle cose: in altri termini, spesso i lavoratori si mobilitava
no in massa, al di là delle direttive dei loro “rappresentanti”,
e ciò avveniva su scala locale. Ciò che mancava, invece, e
che quasi sempre mancò - salvo qualche raro tentativo - , era
una organica e sistematica collaborazione strategica tra le di
verse componenti del movimento operaio. Mentre, a parte
alcune resistenze, il movimento anarchico era decisamente
orientato verso una prospettiva operativa frontista, fra i so
cialisti prevaleva la volontà di rafforzare innanzitutto le
strutture e la capacità operativa della propria organizzazione
politica (P.S.) e sindacale (C.G.L.).
La concezione rivoluzionaria malatestiana nel 1920 ha
nell’unità operativa delle forze di sinistra un proprio cardi
ne. Ripeteremo qui, una volta per tutte, che Malatesta -
come già abbiamo visto nella sua lettera aÌVAvanti! del 7
febbraio - è innanzitutto un militante anarchico e come tale
si comporta, dedicandosi allo sviluppo dell’organizzazione e
della propaganda ideologica specificatamente anarchiche.
Questa prospettiva è strettamente connessa con la scelta e la
volontà rivoluzionaria: infatti
131
tiva, assolutamente negativa. La volontà rivoluzionaria in
lui era fortissima, tanto più che
Cfr. ibidem.
Cfr. ibidem.
132
“Noi siamo convinti che tutti i lavoratori ribelli, malgrado le
differenze di denominazioni e di diversi quadri in cui milita
no, hanno in fondo gli stessi sentimenti, lo stesso desiderio
ardente di emancipazione umana. E noi ci sentiamo fratelli
con tutti e vogliamo lottare il più possibile d’accordo con
tutti.
Se attacchiamo spesso e volentieri certi dirigenti socialisti, è
perché li vediamo sempre lavorare contro la rivoluzione, ed
i più interessati a mandarli via quali traditori del socialismo
sono proprio i socialisti veri e sinceri.
Se attacchiamo certi capi repubblicani, è perché sappiamo
che la repubblica non la vogliono fare, perché li abbiamo vi
sti mandare al macello i loro ingenui seguaci mentre essi re
stavano a casa per trescare nella Reggia e nei ministeri, per
far quattrini e per fare la spia; e di quei capi, che han mac
chiato e tradito la loro bandiera, i repubblicani sinceri sono
i più interessati a sbarazzarsi.
Ci riflettano i lavoratori socialisti e repubblicani e vedranno
da che parte stanno i loro amici e i loro nemici”.<2')l)
IM" C fr. ib id e m .
mente tradiscono la causa che essi dicono di servire”/ 292’
li«, Qj. “Fronte unico proletario”, in Umanità Nova, 8.4.1920 (a. I, n. 35).
Cfr. “Questione di onestà - Noi ed i socialisti”; “Noi ed i repubblicani”; “Gli anar
chici ed i socialisti - Affinità e contrasti”; “Noi ed i mazziniani”; “Rapporti tra socialisti e
anarchici"; “Ancora sulla repubblica”; cfr. Umanità Nova, rispettivamente del 22,25 apri
le, del 1, 9, 15, 21 maggio 1920 (a. I, nn. 47, 50, 55, 61, 66 , 71).
IWI> Non intendiamo affrontare in questa sede l’arduo e dibattuto problema delle cause
del mancato scoppio di una rivoluzione. Rimandiamo, per parte anarchica, ad A. BOR
GHI, L'Italia tra due Crispi, cit. ; per parte liberale a G. SALVEMINI, Scritti sul fascismo,
I, cit. , pp. 13-16 (“Perché in Italia non vi fu una rivoluzione bolscevica”).
134
XII
IL COMPLOTTO INESISTENTE
I.VS
a nostro avviso, seguire Malatesta nei suoi spostamenti in
lungo ed in largo per l’Italia Centro-Settentrionale.
Il 7 marzo era alla Spezia, città ricca di tradizioni liberta
rie e centro fondamentale nella geografia deH’anarchismo
italiano - grazie all’intelligente e ininterrotto lavoro politico
e sindacale portato avanti dai gruppi raccolti intorno a lì Li
bertario di Pasquale e Zelmira Binazzi: Malatesta parlava al Po
liteama Duca di Genova, quindi si recava a Sarzana e teneva un
altro comizio; all’indomani era oratore a Lerici.(297) Tre giorni
dopo partecipava a Milano ad una serata di propaganda
anarchica nella sede delI’U .S.I., nel corso della quale pren
devano la parola Faggi, Vecchi, Borghi e Bonazzi.'2981 Il 13
sera con Pasquale Binazzi era a Vigevano,(299) quindi a Pavia
il giorno successivo Malatesta teneva un’altra conferenza,
indetta dalla locale Camera del 1.avoro, invitando i lavorato
ri a prepararsi per la rivoluzione, per non farsi cogliere di
sorpresa dal maturare degli eventi."""1Il 18 marzo Malatesta
interveniva ad una conferenza di Carlo Molaschi sul tema
“Nichilismo”, che era anche il titolo di una rivista che il Mo
laschi stesso si accingeva ad editare a Milano.(30l)
Dal 20 al 22 marzo Malatesta era nell’“Apuania Rossa”
(come la definiva Umanità Noia), certamente una delle
zone di massima penetrazione anarchica e sindacalista rivo
luzionaria nel tessuto sociale. Parlava a Pietrasanta. Massa,
Carrara, Serravezza, Forte dei Marmi, Viareggio. In que-
st'ultima città la polizia aveva in un primo tempo vietato il
comizio di Malatesta, ma una secca presa di posizione del
deputato socialista Salvadori aveva fatto ritornare le autori
tà sui propri passi:
13 6
alla stregua tutta Italia dove Malatesta ha parlato e parla li
beramente - Deputato Salvatore (recte, Salvadori)".(W2)
Quindi Malatesta si recava a parlare, nei giorni successivi,
a Lucca,'303’ Monastero Valdarno,13041 Castelnuovo dei Sab
bioni,<3<)5) Figline Valdarno,'306’ S. Giovanni Valdarno,<307>
Pontassieve,'308’ per poi fare ritorno a Milano'309’ il 27 marzo.
Nei suoi comizi, in tutti i suoi comizi, Malatesta non face
va altro che invitare insistentemente il proletariato alla pre
parazione rivoluzionaria. La parola d’ordine dell’occupazio
ne delle fabbriche caratterizzava la sua propaganda:
138
rezione del Veneto, accompagnato da Armando Borghi e
Virgilia D ’Andrea: comizi avevano luogo a Verona, Noven
ta e Vicenza.(3I5)
Le autorità, com’è naturale, seguivano con attenzione e
preoccupazione l’attività di Malatesta. Non si accontentava
no certo di controllarne gli spostamenti ed i comizi, ma cer
cavano di captare eventuali notizie relative a complotti se
greti, a reconditi progetti insurrezionali, a rifugi predisposti.
Per queste loro attività di contro-informazione e di spionag
gio politico, le autorità non potevano che basarsi sull’opera
di informatori prezzolati, inseriti in una qualche maniera tra
le fila sovversive. L’inattendibilità di queste spie è tradizio
nale: spesso rasenta la menzogna cosciente, il più delle volte
è causata da ignoranza, presunzione, quando non imbecilli
tà. Allora come oggi. In ogni caso, vere o false che fossero,
le informazioni fatte pervenire alle prefetture, e da queste al
governo, provocavano vivissimo allarme nelle autorità. Na
turalmente tali voci si intensificavano in occasione di parti
colari momenti di tensione politica e sociale.
Particolarmente allarmate erano le autorità in relazione
ad un paventato accordo tra D ’Annunzio e Malatesta. Pur
tempestivamente informate della riunione di Roma, presso
la Direzione del P.S.I., tra Malatesta, Giulietti ed alcuni
capi socialisti - avvenuta, come si ricorderà, il 19 gennaio,
alla vigilia dello sciopero ferroviario - le autorità erano ve
nute a conoscenza dell’oggetto di quell’incontro solo grazie
alla pubblica “delazione” operata dal leader fascista Musso
lini sul Popolo d'Italia del 17 febbraio. Due settimane dopo
il prefetto di Milano telegrafava quanto segue al Ministero
dell’Interno:
1,151 Cfr. Umanità Nova, 9.4.1920 (a. I, n. 36) ACS, Min. hit.. D ii lin i l'S D ii A A.
GG. e RR.. CPC MALATESTA, sotto/. 6, Pref. VI a Min. Ini , 1 •/ W »
139
sua opera alla direzione del partito socialista, la quale l’a
vrebbe rifiutata, essendo a cognizione dell’intesa che legava
il Malatesta al Giulietti ed al D ’Annunzio. Personalità socia
liste, si aggiunge, sarebbero in possesso di documenti com
provanti la cosa che per evitare scandali si terrebbe Cela
la ” (316)
140
fo delle idee anarchiche: e ciò che è utile o meno per il pro
gresso di dette idee lo discuto coi miei compagni e non con
altri. Senza aver alcun preconcetto generico contro i com
plotti, i colpi di mano, ecc., io credo che nella situazione at
tuale le cose camminano da loro, e che la missione degli
anarchici in questo momento è quella di cercare di indirizza
re il movimento per quanto più è possibile nel senso nostro.
Ed ecco perché io non faccio che parlare. Che se poi i tempi
mutassero ed io giudicassi, previo accordo coi miei compa
gni, che è utile complottare, allora ... pregherei i nostri buo
ni cugini di non fare la spia, e spero ch’essi si affretterebbero
ad evitare tutto ciò che potrebbe essere, o sembrare, denun
zia al governo di una qualsiasi specie di attività sovversi
va”.017'
141
tando accordi fra anarchici, socialisti e sindacalisti allo scopo
di iniziare subito dopo il prossimo Consiglio Nazionale So
cialista di Torino e quello sindacalista del 10 corrente di Fi
renze l’occupazione delle fabbriche. Tale movimento do
vrebbe iniziarsi contem poraneam ente in tutto il Regno, ma
si ritiene che avrebbe più sicuri risultati in Liguria, Lombar
dia, Piemonte, Emilia e Romagna. Il movimento stesso sa
rebbe seguito dalla occupazione immediata dei municipi per
facilitarne la riuscita. Ad esso avrebbero aderito anche i re-
pubblicani rinunciatari (sic!)".
<’3"' ACS, ibidem, b. 79, cat. H 1 - H 7, Min. Int. a Pref. Regno, 7.4.1920.
I>;‘ Cfr. Umanità Nova, 13.4.1920 (a. I, n. 39).
I’~l Cfr. per Novara, Umanità Nova, 13.4.1920, cit. ; per Milano (conferenza privata nella
sede U .S.Ì.), ACS, ibidem, B. 79, cat. K 1, Pref. MI a Min. Int., 20.4.1920.
143
voro (aderente all’U.S.I.) Riccardo Sacconi riceveva una
lettera da Malatesta - la polizia la intercettava ed il questore
di Pisa ne ritrasmetteva il testo ai suoi superiori, per cui an
che noi, oggi, possiamo conoscerlo:
144
meritata vicenda fiumana.
145
eri favorevole al progetto di un colpo di Stato militarista
anarchico a Roma e per questo proteggevi i vari elaboratori
di simile progetto (ricordo tutti quelli usciti dalla segreteria
speciale), tu volevi o dicevi di volere andare a Roma, a Trie
ste, Spalato (vedi il tuo inno alle truppe fiumane), volevi un
colpo di Stato per innalzare il Duca d’Aosta; hai adottato
come formula assoluta il Patto di Londra più Fiume, mentre
io ero convinto che non ci si dovesse interessare che di Fiu
me e per questo solo d’accordo con i miei soldati ho dato a
te il comando della spedizione”.1328’
146
zionaria” tout court una vicenda complessa come quella fiu
mana, che non era priva di differenziazioni al suo interno.
Ancora più in là, Malatesta sentiva che non era da escludersi
a priori una convergenza di fatto tra l’azione rivoluzionaria
in Italia e l’azione indubbiamente “di disturbo” (e per vari
aspetti, oggettivamente anti-istituzionale) portata avanti a
Fiume. Nessuna convergenza o confusione teorica, nessun
appoggio alle rivendicazioni nazionaliste, nessuna conces
sione alla vacua e pericolosa demagogia dannunziana, rifiu
to di qualsiasi contatto con gli interessati amici di D ’Annun
zio e della causa fiumana (Mussolini ed i fascisti, innanzitut
to): Malatesta non derogò mai da questi punti. E certamente
lo fecero sorridere le dichiarazioni fatte da D ’Annunzio al
l’anarchico Randolfo Velia, che in qualità di inviato del quo
tidiano Umanità Nova (il cui direttore, si ricordi, era proprio
Malatesta) lo era andato ad intervistare. “Io sono per il co
muniSmo senza dittatura” aveva affermato il poeta-soldato.
Al che Velia, stupitissimo, gli aveva chiesto: “Lei per il co
muniSmo?”
148
XIII
LA REAZIONE VINCERÀ
140
ne vittoriosa, consigliò i rivoluzionari ad acquistare armi, a
prendere di sorpresa o d’assalto i depositi governativi, im
possessandosi delle armi le quali ‘Voi che avete fatto la guer
ra sapete benissimo manovrare’. Inoltre consigliate (sic!) i
rivoluzionari ad acquistarne per proprio conto, soggiungen
do: ‘Appena si inizia un moto rivoluzionario seguite l’esem
pio del Governo. Quando Governo teme qualche rivolta se
questra i sovversivi più in vista; sebbene (sic!) voi fate altret
tanto: sequestrate il Prefetto, il Commisario, ecc.”(333)
150
s t e n t e r i c h i e s t a d e i c o n v e n u t i in p i a z z a / 335’
151
mento. Intendiamo vendere il giornale al prezzo che deside
rano i nostri compagni, passività essendo coperta da sotto-
scrizioni volontarie. Protestiamo contro tentativo corruzio
ne giornalisti mediante l’offerta di un centesimo per co
pia”.1;337)
152
“organo di un partito, o meglio di un forte insieme di indi
vidui i quali si sentono uniti da un programma che nelle linee
generali essi tutti professano e del quale vogliono il trionfo.
Si tratta dunque di un organo di propaganda che non può ac
cettare prezzi proibitivi di vendita e di abbonamenti che ne
limiterebbero la circolazione tra le classi proletarie, alle qua
li specialmente la sua propaganda è rivolta”/ 339’
154
con la Russia sovietica (temi, questi, per lo più concomitan
ti). All’intensificarsi di questa attività rivoluzionaria, carat
terizzata da frequenti massicce mobilitazioni di piazza, le au
torità cercavano di dare un’adeguata risposta, intensificando
la prevenzione e la repressione di simili reati “sociali”: negli
ambienti di sinistra si sentiva pronunciare sempre più spesso
la parola “reazione”.
“La reazione vincerà?”: questa la domanda che sorgeva
spontanea in molti, questo il titolo di un significativo arti
colo apparso su Umanità Nova ai primi di giugno,1<343) a fir
ma “h .”.
155
generale inversione di tendenza non solo nella crescente for
za della “reazione” padronale, ma anche (e, forse, soprat
tutto) nell’intrinseca debolezza del movimento socialista.
Emblematica, in questo contesto, la conclusione dell’edito
riale:
“il problema della terra è forse il più grave e più gravido che
la rivoluzione dovrà risolvere”,'344’
156
della costruzione post-rivoluzionaria. Di ciò si sarebbe avuto
riscontro anche nel Congresso di Bologna dell’U .A .I., in un
primo tempo preannunciato per la fine della primavera e
quindi rimandato ai primi di luglio.
I.V7
XIV
IL CONGRESSO DI BOLOGNA
l541” L’elenco completo delle 183 località veniva pubblicato sul settimanale anarchico imo
lese Sorgiamo!, 10.7.1920 (a. I, n. 21). Eccolo: Ancona, Anzola Emilia, Alfonsine, Bolo
gna, Bergamo, Brescia, Bentivoglio, Bisceglie, Barletta, Borello, Bertinoro, Cavriglia,
Campiglia Marittima, Cesena, Castellana, Canara, Cremona, Castelbolognese, Correg-
gioli d’Ostiglia, Civitella di Romagna, Crevalcuore, Conselice, Certaldo, Castelmaggiore,
Cusercoli, Cattolica, Castagneto Carducci, Campiano, Cotignola, Castelfranco di Sotto,
Castrocaro, Città di Castello, Città della Pieve, Corticella, Colle Val d’Elsa, Cesenatico,
Carpinelle, Cornigliano Ligure, Empoli, Durazzano, Firenze, Forlì, Ferrara, Faenza, Fo
ligno, Foggia, Galeata, Granarolo, Gualdo Tadino, Gubbio, Genova, Gambettola, Gros
seto, Imola, Livorno, Lucca, Lavezzola, Limone, Milano, Modena, Molfetta, Meletole,
Molinella, Mirandola, Mezzano, Medolla, Massa Lombarda, Montelupo, Muggia, Mon-
falcone, Montenero. Massa Carrara, Massa Marittima, Monterotondo, Novellare, Orvie
to, Pontedera, Pontassieve, Peccioli, Padova, Pisa, Parma, Piacenza, Piombino, Pescia,
Pontremoli, Perugia, Pola, Reggio Emilia, Roma, Rocca S. Cassiano, S. Croce, Ravenna,
Rò Ferrarese, Rieti, Rivarolo Ligure, S. Giovanni Val d'Arno, Senigallia, Serravezza, La
Spezia, S. Stefano, Sassuolo, Signa, Suzzare, Sulmona, S. Martino in Strada, S. Sofia, Sie
na, S. Pietro in Vincoli, Sant'Arcangelo, S. Alberto, S. Nicandro Garganico, S. Jacopo,
S. Vincenzo, Sestri Ponente, Savona, S. Severo, Torino, Trento, Trieste, Trecase, Terni,
Udine, Tolmezzo, Volterra, Verona, Vergato, Villa S. Martino, Vicenza, Veronclla, Ve-
159
subito sottolineato che non tutti gli anarchici di lingua italia
na erano aderenti all’U .A .I.: in particolare, un certo peso
aveva quella tendenza anti-organizzatrice che rifiutava
aprioristicamente qualsiasi struttura organizzativa stabile,
preferendo le intese temporanee tra gruppi ed individui con
tingentemente concordi su specifiche iniziative da svolgere
in comune. Esponenti di questa tendenza - nettamente mi
noritaria anche dal punto di vista numerico - erano Luigi
Galleani e Raffaele Schiavina, che a Torino editavano Cro
naca Sovversiva: Galleani, in particolare, era l’esponente
più autorevole - per età, esperienza e generale stima - e,
tutto sommato, anche il più sereno ed equilibrato nel critica
re gli “organizzatori”. Sintomatico l’articolo, significativa
mente intitolato “Attenti ai mali passi!”, scritto da Galleani
alla vigilia del Congresso :(347)
ronetta, Villa Romeo, Venezia, Zocca Ferrarese, Napoli, Cagliari, Alessandria, Alessan
dria d’Egitto, Bazzano, Castellammare Adriatico, Fano, Lugo, Luzzara. Riccione, Rimi
ni, Cuneo, Alessandria (sic!), Novara, Casale Monferrato, Casale Popolo, S. Antonio di
Saluggia, Pianceri, Mortara di Mortig., Brusnengo, Pinerolo, Adorno Lorazzo, Asti, Li
vorno Vercellese, Santhià, Galliate, Biella, Montanaro, Mondovl, Crescentino, Castagno
lo M., Ciré, Lerici, Mombaruzzo, Strana, Settimo E., Saluzzo, Verrua, Verolongo, Fos-
sano, Aosta, Forno Rivara, Follizzo, Rondizzone, Almese, Chieri, S. Angelo Lizzola,
Cattolica (sic!), Soresina. Come si deduce da questo elenco, la grande maggioranza delle
località si trovava nella Valle Padana e nella fascia superiore dell’Italia Centrale. Impres
sionante la quasi totale assenza di gruppi anarchici meridionali. “Bisogna tener conto -
sottolineava la redazione del Sorgiamo! nel pubblicare questo elenco - che molte località
sotto indicate rappresentano Federazioni Provinciali e Comunali, quindi il numero dei
Gruppi rappresentati sale a circa 700”. Il che era presumibilmente vero se solo si consideri
che a Carrara (indicata nell'elenco insieme con Massa) erano allora attivi almeno una tren
tina di gruppi, sparsi tra la cittadina ed i suoi immediati dintorni.
imi Cfr Cronaca Sovversiva (Torino). 10.7.1920 (a. I, n. 13). Malatesta rispondeva a
160
zanti l’anarchismo, non mancavano comunque i temi speci
fici oggetto di accesa discussione. E Galleani non perdeva
l’occasione per affrontarli di petto:
Galleani su Umanità nova, 17.7.1920 (a. I, n. 120). Entrambi questi articoli sono stati ri-
pubblicati con una presentazione cui rimandiamo: cfr. P. FINZÌ, Antologia di storia anar
chica (I), in “Volontà” (Pistoia), mar/apr. 1975, (a. XXVIII, n. 2), pp. 122-135, cit.
161
Questa, in sintesi, l’opinione di Galleani e, più in genera
le, degli anti-organizzatori, su due delle questioni più impor
tanti all'ordine del giorno: il “fronte unito” e la questione
dei consigli di fabbrica.
Fra gli stessi aderenti all’U .A .I. il dibattito si era da tem
po acceso, soprattutto sulla base delle relazioni congressuali
sui singoli temi che, in buona parte. Umanità Nova era venu
ta pubblicando nella seconda metà di giugno. Proprio sulla
questione dei consigli di fabbrica la relazione era stata stesa
da Maurizio Garino (Torino), che era insieme a Pietro Fer
rerò il principale esponente di quel gruppetto di anarchici
torinesi che militavano, sindacalmente, nella F.I.O .M ., il
sindacato di categoria dei metallurgici aderente alla
C .G .L ..<348) Garino, pur con spirito critico e recependo alcu
ne delle molte perplessità che in campo anarchico circonda
vano la questione dei consigli, ne difendeva la sostanza e la
potenzialità. Come Galleani - seppure con motivazioni par
zialmente differenti - anche Malatesta, Fabbri, Bertoni ed
altri esprimevano profonde riserve sull’efficacia di tali consi
gli. L ’opinione del Congresso, alla fine, era abbastanza in
terlocutoria, e comunque non forniva al gruppo torinese di
Garino e Ferrerò l’avallo “ufficiale” che forse quelli si atten
devano.
Sulla questione sindacale, due opinioni fondamentali si
trovavano a confronto: da una parte i sostenitori senza riser
ve dell’U.S.I. e della necessità che tutti gli anarchici (o, al
meno, quelli aderenti all’U. A .I.) ne fossero membri; dall’al
tra coloro che, pur manifestando apprezzamento per l’attivi
tà svolta dai sindacalisti rivoluzionari, ritenevano che i mili
tanti dell’U .A .I. dovevano esser lasciati liberi di aderire al-
l’U .S.I., alla C.G.L. o a qualsiasi altro sindacato - al limite,
a nessuno. Prevalse alla fine questa seconda opinione, cal
deggiata da Malatesta in particolare, così come già era avve
nuto quindici mesi prima al Convegno di Firenze.
162
Sulla controversa questione del “fronte unico” veniva ap
provato un lungo documento*3491 nel quale, dopo aver analiz
zato la generale situazione italiana (giudicata rivoluzionaria
“non quale noi la vorremmo, ma che noi non possiamo rifiu
tare senza essere annientati”), veniva appunto spiegata la
concezione anarchica del fronte unico - tale che lo stesso
Galleani non avrebbe potuto non essere d’accordo. Non un
accordo di vertice veniva prospettato, bensì una sistematica
alleanza operativa su scala locale tra le diverse forze sovver
sive, al di fuori di qualsiasi struttura organizzativa pre-esi-
stente.
163
mata la costituzione dell 'Unione Anarchica Italiana, fondata
nell’aprile del 1919 al Congresso Anarchico di Firenze”.
1,511 La fortuna del Programma Anarchico in campo anarchico è stata immensa. Non si
contano le ristampe, dal 1920 ad oggi. Ne citiamo qui l'ultima: E. MALATESTA, Il ¡>ro-
gramma anarchico, Carrara 1975 (supplemento al settimanale anarchico Umanità Nova,
13.5.1975).
rivoluzionari che agiscano per un ideale, e che siano ispirati
e guidati dall’amore per gli uomini, per tutti gli uomini, una
tale rivoluzione divorerà sè medesima.
L’odio non produce l’amore, e con l’odio non si rinnova il
mondo.
La rivoluzione dell’odio fallirebbe completamente, e fareb
be capo ad una nuova tirannia, che potrebbe magari chia
marsi anarchica, come si chiamano liberali i governanti di
oggi, ma non sarà meno per questo una tirannia e non man
cherà di produrre gli effetti che produce ogni tirannia”.(352)
166
INDICE DEI NOMI
Per ovvie ragioni Malatesta Errico non è compreso in questo indice
169
Candoni, 55 Di Vittorio Giuseppe, 28 n.
Caroti, 91 Dommanget M., 149 n.
Castrucci Augusto, 60 n., 92 Dugoni, 71, 91
Caviglia, 144 Duval Clemente, 41 n.
Celentano, 114
Cerrito Gino, 11, 13, 14, 15 n.,
23 n., 26 n. Enckell Marianne, 24 n.
Chiocchini Casimiro, 82, 83, 92 Epifane, v. Molinari Luigi
Ciotti Cesare, 82, 83
Cipriani Amilcare, 23 n., 75,75 n.
Clemenceau Georges, 16 Faà di Bruno, 18 n., 21 n.
Combeferre, v. Sottovia Ettore Fabbri Luigi, 12, 13, 17 n., 22 n.,
Conti Elia, 66 n. 25 n., 29 n., 36, 37, 37 n.,
Coselschi, 140 n., 145, 145 n. 39, 41, 42 n., 44 n., 57, 77,
Costa Andrea, 77, 78 162, 163
Costantini G., 25 n. Facciadio, 90
Cottin Emile, 16 n. Faggi Angelo, 53, 136, 138
Croce; 78 Fantozzi Enzo, 54
Fedeli Ugo, 23 n., 25 n., 28 n.,
29 n., 36 n., 41 n.
D ’Alberto, 110 Ferraris Dante, 151, 152
Damiani Gigi, 61 n., 73 n., 152 Ferrerò Pietro, 162
Damiani Michele, 28 n. Filippetti Alberico, 83
D’Andrea Virgilia, 12,49, 49 n., Finzi Paolo, 24 n., 55 n., 161 n.
50 n., 53, 55, 55 n., 58 n., Flores Enrico, 142 n.
66 n„ 71, 77,114,127 n., 136 Fochi Berneri Adalgisa, 43 n.
D’Angiò Roberto, 25 n. Forbicini Giovanni, 82, 83, 92,
Daniele Nino, 93 n. 99 n.
D ’Annunzio Gabriele, 59 n., 62, Frigerio Carlo, 73 n.
64, 65, 65 n., 85, 85 n., 86, Frosali Luigi, 15 n., 16, 17,
87, 87 n., 92, 93, 95, 96, 18 n., 19 n.
139, 140, 140 n., 144, 145,
145 n., 146, 146 n., 147,
148, 150 Galleani Luigi, 8, 12, 25 n., 41,
D ’Aragona Ludovico, 92, 93, 41 n., 42, 42 n., 57 n. 60 n.,
99 n. 65, 66, 66 n., 67, 71, 100,
De Ambris Alceste, 27 n., 85, 117, 118 n., 119, 160, 161,
88, 145 161 n., 162, 163
De Biase, 61, 62 n. Garinei Italo, 28 n.
De Fabritiis, 106 Garino Maurizio, 162, 162 n.
De Felice Renzo, 65 n., 66 n., Gasti Giovanni, 123, 123 n., 126
70 n., 98 n., 142 n., 145 n. Cavilli Giovanni, 60 n.
Del Guasta Gino, 103 Gerra F., 87 n.
170
Giacomelli Nella, 26 n., 38, 40, Leonetti Alfonso, 129 n.
40 n., 42, 61, 62 Levi C., v. Finzi Paolo
Giolitti Giovanni, 140 n., 144 n. Lotti Luigi, 15 n.
Giovannetti Aliprando, 28 n. Luzi Giuseppe, 83
Giulietti Alfredo, 60,60 n., 62,87
Giulietti Giuseppe, 58, 58 n., 59, M.R., 141
59 n., 60 n., 62, 63, 63 n., Madrid Santos Francisco, 43 n.
64, 65, 65 n., 66, 67, 68, 70, Maione G., 51 n., 163 n.
71, 83, 85, 86, 87, 88, 88 n., Malatesta Alberto, 57, 57 n.
89, 90, 90 n., 92, 92 n., Malato Charles, 23 n.
93, 94, 94 n., 95, 96, 96 n., Mantovani Mario, 22 n.
97, 97 n., 139, 140, 140 n., Mantovani Vincenzo, 13, 14,
145, 146, 148 140 n.
Giulietti Riccardo, 59 n., 60 n., Marsili Alfredo, 83
86, 87 Marx Karl, 11
Giulietti f.Ili, 12, 70 Marzocchi Umberto, 107 n.
Giuriati, 85 Masini Pier Carlo, 11, 12, 13, 14,
Gobbi Torquato, 30 n. 23 n., 24 n., 26 n., 41 n.,
Gobetti Piero, 43 n. 43 n., 57 n., 72 n., 75 n.,
Gori Pietro, 41 n., 55 n. 117 n., 162
Gozzoli Virgilio, 36, 67 Masotti, 54
Gramsci Antonio, 8 Mattias Ennio, 92
Grandi Dino, 94 Mazzini Giuseppe, 77
Grave Jean, 23 n. Mazzoni Virgilio, 30, 30 n., 36
Graziani, 67 Mazzo tti, 95
Guarino E., 70 n. Melinelli Giuseppe, 83
Melli Elena, 61 n.
H., 155, 156 Mengani Attilio, 82
Havel H., 24 n. Meniconi, 73 n.
Mentana, v. Galleani Luigi
Meschi Alberto, 90, 91
Ireos, v. Giacomelli Nella Modigliani Emanuele, 52
Molaschi Carlo, 136
Kropotkin Pètr, 12, 23 n., 24 n., Molinari Ettore, 26 n.
41 n. Molinari Luigi, 25 n., 44 n.
Kuliscioff Anna, 119, 120 n. Monatte Pierre, 53 n.
Monticelli Temistocle, 30, 30 n.,
31, 44 n., 82, 83, 90, 91 n„
Latini, 33 92
Lelli Mazzini, 99 n. Moretti Natale, 109
Lenin (Ulianov) Vladimir Ilic, Mori Cesare, 92 n., 99
23, 44 n. Mosconi Antonio, 140 n., 144,
Lenzini, 91 145, 145 n.
171
Mussolini Benito, 24 n., 43 n., Rabezzana Pietro, 49
58 n., 67, 68, 70, 71 n., 87, Rafanelli Leda, 39
93, 139, 140, 140 n., 142 n., Ravaschio, 65
144 n., 147 Recchi Gaetano, 83, 92
Recchioni Emidio, 24 n., 60 n.
Nanni Torquato, 71 Reclus Paul, 23 n.
Nejrotti Mariella, 41 n. Reina Carlo, 145,145 n., 146 n.,
Nettlau Max, 12, 24 n., 81 n. 148
Nicotera Giovanni, 95 n. Repossi Luigi, 122, 123, 126
Nienwenhuis Domela, 24 n. Restagno, 16
Nitti Francesco Saverio, 22 n., Romano Aldo, 23 n.
58 n., 106, 136, 140 n., 144, Rosselli Carlo, 43 n.
145,145 n., 148, 150, 150 n. Rossi Cesare, 59 n.
Rossi Molaschi Maria, 50 n.
Oradei Oreste, 83
Orlando Vittorio Emanuele, 22 n. Sacconi Riccardo, 54, 138
Salvadori Gigi, 59 n., 60 n., 136,
137, 137 n.
Pagliai Dante, 153 Salvemini Gaetano, 43 n., 89 n.,
Pannunzio G., 72, 73, 73 n. 134 n.
Passigli, 140 n., 145, 145 n. Sanchini Giobbe, 57 n.
Pelicour, 53 n. Santarelli Enzo, 12, 81 n.
Peluso Edmondo, 58 n. Sartini Giuseppe, 66 n.
Perella Angelo, 82, 83 Sassi Attilio, 54, 91
Perelli Orazio Mario, 73 n. Sbrana Angelo, 54, 92
Peruzza, 91 Scalarini Giuseppe, 116, 121 n.,
Pesce Angelo, 141, 142, 142 n. 129
Petit Jardin, v. Giacomelli Nella Schapiro A ., 24 n.
Philipson Dino, 99, 100, 101,
Schiavi A ., 120 n.
103, 108
Schiavina Raffaele, 100, 117, 160
Pianezza Giuseppe, 49
Schicchi Paolo, 26 n.
Picciarsini, 90
Schirolli Ezio, 50, 50 n.
Pizzorno Attilia, 60 n. Scotti, 122, 123
Poggi Cesare, 150, 150 n. Secchi, 18 n.
Ponti, 18 n. Senigalliesi Mario, 40, 40 n.
Porcelli, 114 Serrati Giacinto Menotti, 41 n.,
Posani, 90 49, 50, 66, 66 n., 67, 72, 85,
Prampolini Camillo, 43 n.
92, 93, 96, 96 n.
Preziosi, 19 n. Siglich Renato, 8, 26 n., 59,
59 n., 70, 71,77,79, 80,91 n.
Qua Me, v. Fabbri Luigi Signorini, 92
Quaglino Corrado, 39, 73 n., Sorti A ., 43 n.
81 n., 154 Sottovia Ettore, 43, 44 n., 52 n.
172
Souvarine, v. Siglich Renato Vecchi, 136
Spadi Giuseppe, 83 Velia Arturo, 50, 50 n., 51, 51 n.
Stagnetti Spartaco, 89 Velia Randolfo, 54, 71, 72, 92,
114, 147
Tagliaferri Trento, 91 n. Vicinanza, 99 n.
Tasca Angelo, 94 n., 95 n., 162 n. Voghera Luigi, 92
Terracini Umberto, 70, 162 n.
Toda Misato, 14
Werenine, 79
Turati Filippo, 119, 120 n.
Turroni Pio, 80 n.
Zaccaria Cesare, 61 n.
Valeri Nino, 140 n., 144 n., 145 n. Zanni Carlo, 83
173
INDICE
PREMESSA 11