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CONSERVATORIO “G. VERDI” A.A.

2017-2018 FABIO CAIRONI

La musica e il balletto
Tesina per l’esame di Analisi delle Forme Compositive

12 Settembre 2018

Fabio Caironi

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CONSERVATORIO “G. VERDI” A.A. 2017-2018 FABIO CAIRONI

Introduzione
Tra i molteplici usi e fini della musica, svetta alto il suo legarsi con le altre Arti,
come il teatro, la danza, il cinema, la letteratura e anche le arti visive. Alcune di
queste “fusioni” sono ancora in fase di sperimentazione e non hanno caratteri
ben definiti; invece altre sono canonizzate e presentano una lunga tradizione
passata, come l’opera e il balletto od anche, più recentemente, la produzione di
colonne sonore per film.
In questa tesina si presenterà la musica da balletto tramite l’analisi di tre brani
tratti da tre opere di autori diversi, vissuti tra l’800 e il ‘900, periodo nel quale il
genere balletto era al suo culmine stilistico e godeva anche di una grande
popolarità. I brani analizzati, in ordine, sono i seguenti:

Danza delle cinque coppie da “Romeo e Giulietta” (1935), Atto II - Sergej Sergeevič
Prokofiev.

Danza guerriera da “Dafni e Cloe” (1909-1912), Seconda Parte - Maurice Ravel.

Danza delle coppe da “Il Lago dei Cigni” (1875-1876), Atto I - Pyotr Ilyich
Tchaikovsky.

Lo scopo della tesina è quello di mostrare che i brani in oggetto e, per


estensione, la maggior parte della musica da balletto, sono stati composti con la
precisa idea di dover accompagnare una scena danzata. Equivalentemente, si
vuole convincere che dall’ascolto di questi brani, completato da un’opportuna
analisi, si può dedurre che siano destinati alla danza senza saperlo a priori.
Per farlo si prenderanno in analisi alcuni parametri, diversi a seconda del brano,
che serviranno a confermare le supposizioni circa alcune proprietà che rendono
la musica adatta alla danza. Un parametro che compare nell’analisi di ogni
brano è il ritmo, a cui verrà dedicato un paragrafo per evidenziarne le
caratteristiche e mostrarne l’importanza a livello globale nel brano. Dunque, si
enuncia già adesso un criterio per dimostrare che una musica è destinata alla
danza: più il ritmo è semplice e marcato e maggiore è la sua incidenza sulla
struttura del brano, maggiore è l’adattabilità della musica alla danza. È evidente,
infatti, che, in particolare per coreografie con più ballerini, una musica dove altri

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elementi prevalgono sul ritmo, per esempio la cantabilità della melodia, non
aiuta i ballerini a coordinarsi. E un ritmo più marcato serve anche ad avere una
percezione più chiara del tempo del brano. Si eseguirà pertanto l’analisi ritmica
di ciascun brano senza necessariamente ricordare questo criterio e rendendo
implicito il fatto che scoprire regole e legami tra i ritmi di un brano implica una
particolare attenzione e ricerca in questa direzione da parte del compositore,
nonché una sua consapevolezza di ciò di cui la danza ha bisogno.

Note per la lettura:


• Laddove la musica si ripete, l’analisi si soffermerà solo su una delle ripetizioni,
tipicamente la prima. Per esempio, quando una frase o un periodo compaiono
uguali in più punti del brano, se ne analizzerà all’occorrenza uno solo,
lasciando implicita l’estensione dell’analisi agli altri.
• Incisi o semifrasi utili compariranno nella tesina come immagini in mezzo al
testo, ma per tutte le altre osservazioni si rimanda alle partiture in allegato. A
tal proposito, indicherò le posizioni nei brani a cui rimando con gli stessi
numeri di riferimento delle partiture originali, e li formatterò in questo modo:
96. Utilizzerò anche altri indici, che renderò noti man mano che si procede
con la lettura.

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Danza delle cinque coppie


Prokofiev

Questa danza appartiene alla Scena Prima dell’Atto Terzo di Romeo e Giulietta
ed è una normale scena di piazza: priva di uno scopo narrativo o sviluppo, serve
essenzialmente per aprire il nuovo atto e a dare un’aria di festa (Romeo sta per
essere informato che di lì a breve si sposerà con Giulietta).
È utile, prima di tutto, determinare la struttura del brano.
Esso è diviso in tre sezioni, che chiamiamo in ordine A (inizio-182), B (182-188),
A’ (188-fine). La prima sezione è composta di nove frasi, esclusa l’introduzione e
la frase di aggancio a B (181-182) e la seconda sezione da sei frasi, esclusa la coda
e il riaggancio ad A’. A’ è costituito dalle stesse frasi di A, ma in ordine diverso.
Se numeriamo da 1 a 9 le frasi di A, allora l’ordine delle frasi di A’ è il seguente:
5-6-8-9-2-1-finale
Le frasi 4 e 7 sono in realtà uguali a 1 e non sono ripetute in A’, mentre la frase
8 è la frase 3 trasposta di un semitono ascendente. Alla luce di queste
osservazioni risulta quindi sensato chiamare la terza sezione A’ e si può inoltre
dire che la ripetitività è un primo indizio verso la nostra tesi.

Passiamo all’analisi del ritmo del brano.


La prima parte del brano (inizio-180, escluso 178-179) presenta una base ritmica
di quattro ottavi (1) del tamburo e di arpa, pianoforte e archi nel registro medio-
grave.

(1)
!
Ci sono accenti sui primi movimenti di ogni semifrase che scandiscono bene il
tempo e la suddivisione delle stesse (notare che non hanno tutte lunghezza
uguale, per esempio le prime due frasi hanno semifrasi di lunghezza
3+3+3+1+1 battute e la terza di 2+2+2+2). Le note più acute della base

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ritmica, quelle del violino e del piano, non si succedono mai in due ottavi
successivi, se non per raddoppiare la melodia. C’è quindi l’intenzione di
mantenere, almeno fino a 176 il ritmo (1) nel registro grave. Successivamente, da
176 a 177 e da 180 alla fine di A, il ritmo compare nei registri acuti del
pianoforte e dei fiati, nonché nella melodia, risultando perciò ancora più
marcato. In 178-179 il ritmo (1) è aumentato in rapporto 2:1, ottenendo il ritmo
(2), e ciò conferisce a questa frase un carattere distensivo e, possibilmente, una
funzione “riposante” (non solo per l’orecchio, anche per i ballerini!).

(2)
!
Nelle ultime quattro battute di A compaiono per la prima volta dei 32i nel
pianoforte e nei violini, usati per vivacizzare il contrasto con l’inizio della
sezione B (Meno Mosso). Nella sezione B sono due i ritmi dominanti e
addirittura nessuno strumento esegue un altro ritmo. Essi sono il (2) e il ritmo
puntato (3).

(3)
!
Ottoni e percussioni sono i protagonisti di questa sezione, che ha un’evidente
carattere di Marcia militare. La sezione B quindi, generalmente parlando, è una
parentesi del brano che non ha nulla o quasi nulla a che vedere con il resto e che
per questo può essere usata per intervallare il balletto mediante una scena o
l’introduzione di nuovi ballerini. Ciò rende dinamico lo spettacolo e non rischia
pertanto di stancare gli spettatori.
In seguito, gradualmente si riprende la sezione A’, passando dal ritmo (2) in
187-189, per poi ritornare al ritmo (1) da 189 fino alla fine.

La vivacità e la spigliatezza della musica, imbrigliate in un impianto ritmico


definito e preciso, sono l’indizio che si deve trattare di una composizione
dipendente da una qualche necessità di divertire il pubblico. Eppure, da solo, il
brano non è molto convincente: per esempio, perché giunti a metà si dovrebbe

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cambiare tutto per introdurre una sezione di ottoni, perché ci sono così
frequenti ripetizioni degli stessi temi e perché ci sono degli accenti
esageratamente forti sull’inizio e la fine delle semifrasi o frasi? Evidentemente, la
musica non è autonoma ma accompagna qualcos’altro. Ammesso che si tratti di
danza, allora, possiamo anche ben intendere che dev’essere una coreografia per
molti e non, per esempio, di un Pas de Deux (per soli due ballerini).
Le qualità della musica di essere vivace e scherzosa sono rese sostanzialmente
tramite due elementi:
A. Frequenti modulazioni armoniche, spesso a tonalità lontane.
Questo elemento è tipico di tutta la musica di Prokofiev, in realtà, però se ne
apprezza particolarmente l’effetto in una musica che deve sposarsi con una
scena dinamica, come il balletto. Prendiamo in esame le prime due frasi
(inizio-176). La tonalità oscilla in continuazione tra modo maggiore e modo
minore, donando alla musica un’aria buffa; in particolare nella prima frase tra
Fa Maggiore e Fa minore e nella seconda metà della seconda frase, quando il
tema viene variato, tra Fa# Maggiore e Fa# minore. Ciò si può constatare con
una rapida analisi armonica della parte del pianoforte, il quale raccoglie tutte le
note eseguite dagli altri strumenti, rendendo perciò questo metodo non
limitativo. L’analisi della prima frase è riportata qui sotto. Data la presenza di
pedali di tonica (il Fa nei contrabbassi e nelle arpe) e la complessità della
partitura orchestrale, si indica solo il grado dell’accordo e non gli eventuali
rivolti.
Fa M Fa m Fa M Fa m

IV+ I IV II V V7 IV IV V

Fa M Fa m Fa M

IV II II II V IV I
!

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Come si può vedere ci sono ben 6 cambi di modo in sole 11 battute. Con un
procedimento analogo se ne osservano altrettanti nella seconda frase.
Altri casi di modulazione, anche questi frequentissimi nella musica di Prokofiev,
sono le ripetizioni successive di una frase o semifrase in altre tonalità,
tipicamente distanti un tono (=due quinte) dalla prima. Esempi di questo genere
nel brano si trovano nei seguenti punti: all’inizio di 176, dove la semifrase
costituita dalle prime due battute è ripetuta interamente un tono sotto nelle due
battute successive; nell’intera sezione B, che è costituita da tre parti,
rispettivamente la presentazione del tema marciale in Si♭ Magg., la ripetizione
in Do Magg. (un tono sopra) con variazione, la ripresa in Si♭ Magg.

B. Accostamenti e sovrapposizioni di timbri diversi.


Questo elemento è presente in tutto il brano ed in particolare si predilige un
timbro tagliente e squillante, come quello dato dalla sovrapposizione di
pianoforte (con la tecnica dello “staccato”), arpa e legni. Un esempio notevole di
accostamento di timbri diversi, poi, è dalla frase 3 di A, che risulta essere
letteralmente la giustapposizione dello stesso inciso (variato di altezza o e durata)
ripetuto 8 volte da 6 coppie di strumenti diversi. In ordine questi sono:
Clarinetti+violini, clarinetto solo, fagotti+violoncelli, flauti+oboi,
oboi+clarinetti, fagotti+corni inglesi.

Un’altra proprietà del brano è che, con il semplice ascolto, si capisce sempre
bene quando si sta arrivando alla fine di una frase o di una sezione. Infatti, o le
frasi sono binarie simmetriche, come le frasi 3, 4, 5, 6, 8, 9 della sez. A, oppure
terminano su note lunghe e accentate, come 1, 2, 7 di A e tutte le frasi di B.
Pertanto si possono riconoscere naturalmente gli indizi di una chiusura di frase e
d’altronde non ci sono frasi aperte, ovvero frasi dai confini indefiniti.
Anche il collegamento tra le sezioni è percepibile in modo chiaro. Alla fine della

sezione A la semifrase ! può essere considerata una

variazione di ! , presente all’inizio di 180 ed altrove: infatti


entrambe presentano un salto di terza tra i primi due ottavi e un grado
congiunto tra gli ultimi due, ma soprattuto condividono lo stesso ritmo (1) e le
stesse accentazioni, due elementi che, in brani come questo, incidono
fortemente sul criterio di somiglianza. Questa semifrase variata è ripetuta in

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ostinato fino all’inizio di B ed è accompagnata da scale ascendenti e discendenti


eseguite da un numero sempre maggiore di strumenti. Si tratta di un’operazione
che, con un crescendo ritmico e sonoro e partendo da una cellula preesistente
troncata (la semifrase sopra, appunto), la ricalca ostinatamente portando la
musica ad un punto di cambiamento ed è una tecnica abbastanza comune nella
musica da balletto e non solo.
Come corroborato dai precedenti esempi e osservazioni, anche per un orecchio
non troppo attento, come quello di un ballerino, e anche dove la musica è
ripetitiva e simile, risulta comunque facile e intuitivo capire in tempo reale
quando si sta per giungere ad una conclusione e, parallelamente, per esempio,
alla fine di una figura coreografica, per iniziarne una nuova. I coreografi, infatti,
prendono spunto dalla struttura formale della composizione musicale per
allestire quella coreica e, d’altronde, i compositori sono indirizzati dai loro
committenti coreografi verso il genere ideale che deve avere il balletto e ciascun
suo pezzo. Questa reciproca fusione e collaborazione è ciò che da luogo alla
riuscita di capolavori artistici come quelli in oggetto della presente analisi.

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Danza guerriera
Ravel

Daphnis et Chloé è un balletto descritto come “sinfonia coreografica“ che ha


un’ispirazione del tutto diversa rispetto agli usuali balletti europei. È infatti
ambientato nell’antica Grecia e narra dell’incontro e dell’amore tra due giovani
pastori, aiutati o ostacolati da forze soprannaturali e da creature mitologiche;
inoltre è costituito da un unico atto, diviso in tre parti. Questa apparente
lontananza dalla tradizione del balletto potrebbe far credere che vengano meno
alcuni elementi di legame tra la musica e la danza. Si mostrerà invece che,
benché questa musica sia indipendente da alcuni standard usati fino ad allora
nel balletto, segue sempre, invece, altri schemi fondamentali per la coesione
artistica con la danza.
La musica di questo brano accompagna la scena di un’irruzione dei pirati, che
tengono in trappola Chloé e che lottano (danzando) per conquistare il bottino.

I diversi ritmi presenti nel brano si manifestano quasi per intero, con le loro
varianti, già nelle prime 20 battute. In ordine di comparsa sono:

(1) (1.v1) (1.v2) (1.v3)

(2) (1.v4) (3) (3.v1)

Si noti che (1.v3) è una diminuzione di (1) e (1.v4) ne è un’aumentazione.


Il compositore opera un’abile concatenazione e sovrapposizione di questi ritmi e
l’importanza e il ruolo di ciascuno di essi cambiano a seconda del punto del
brano in cui sono inseriti. Ad esempio, in 94 l’incidenza di (2) sull’effetto sonoro
è secondaria rispetto a (3) o (1.v3): il primo, infatti è eseguito da sei ottoni in
totale mentre gli ultimi due da tutti gli archi e i legni. Si può considerare la

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funzione di (3), che compare qui per la prima volta, come anticipazione di 102,
dove tale ritmo si manifesta ampiamente. Anche il ritmo (1.v3) ha caratteristiche
diverse a seconda dell’impiego: in 95 e in molte altre parti è suonato dai violini
come ripieno timbrico e sonoro, mentre in 96 è utilizzato dalle trombe e dai
corni per creare una buffa e sonora conclusione di frase. Infine, (1.v3) compare
inizialmente nelle arpe, ma la sua vera proprietà di essere l’aumentazione di (1)
è udibile in 95, quando sono le percussioni a suonarlo.
Passiamo alla sezione B. Il ritmo qui è più lento, infatti compare (1.v4) e una sua
ulteriore aumentazione (1.v5). Il nuovo elemento è il terzinato (4), presente in un
lungo ostinato delle trombe, dei violini e delle arpe; esso non viene inizialmente
sovrapposto a (1) e (1.v1), ma alternato, come accade tra 110 e 111.

(1.v5)
(4)

Ciò è legato alla presenza di piccoli “flashback” (come in 111) di elementi della
prima sezione, inseriti apposta in maniera incidentale e quindi autonomi anche
ritmicamente. Più avanti però l’autore, com’è solito fare, metterà in
comunicazione tutte le parti del brano mischiando e intersecando ogni ritmo
utilizzato.
A partire da 112 e fino alla fine di B (tranne le ultime quattro battute) il terzinato
passa in secondo piano, essendo vincolato solo a degli arpeggi dei violoncelli. In
quest’ultima parte di B, lunga 69 battute, si inspessisce man mano la trama
ritmica, grazie a sempre più frequenti flashback e raddoppi delle voci che li
eseguono. L’ultima sezione è la realizzazione della fusione di tutti i ritmi finora
usati, di cui si parlava sopra. I ritmi possono venire alternati a blocchi (come in
122), sovrapposti (125) o sovrapposti e alternati contemporaneamente, come
avviene in 130, dove sono presenti tutti tranne il (2) e le trombe si inseguono in
un fugato fino alla fine del brano.

Ci sono spesso degli accenti forti e seguiti da una pausa oppure delle figurazioni
particolari, come rapide scale seguite da note accentate, che possono aiutare i

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ballerini ad andare insieme e coordinarsi. Inoltre anche in questo brano la


diversità timbrica è resa tramite l’accostamento di strumenti diversi; ad esempio,
il tema della sezione B con la scala arabica (indicata in partitura) è ripetuto da
cinque strumenti diversi in totale, che in ordine di apparizione sono: Piccolo,
Clarinetto, Flauto, Oboe, Corno inglese. C’è poi un utilizzo del coro a fini
scenici: sembrerebbe, infatti, che, quando in 32 esso entra con dei vocalizzi
ostinati, stia imitando le grida di incitamento e successivamente di esaltazione
dei pirati. Tutti questi elementi mirano dritto all’affermazione che non si può
trattare di una musica indipendente e libera, ma di una composizione che serve
ad accompagnare una scena di lotta ben precisa. Il ritmo incalzante e
l’uniformità della crescita (vedi sotto) suggeriscono infine che questa scena è
mimata mediante movimenti coordinati, cioè con la danza.

Una peculiarità di questo brano e un elemento interessante da analizzare, se


non per altro perché è assente negli altri due brani, è l’uniformità della crescita
complessiva. Il concetto di Crescita, così come inteso da Jan LaRue (1918-2004),
raccoglie in sé i quattro “elementi attivi”, ovvero Suono, Armonia, Melodia e
Ritmo; dire che la crescita è uniforme equivale a dire che questi quattro
parametri sono vincolati a variare allo stesso modo, con la stessa velocità.
Difatti, la musica si snoda su linee di intensità crescenti e decrescenti per l’intero
brano e appunto con intensità si intende la sovrapposizione di intensità sonora,
ritmo armonico, ritmo superficiale, altezza del registro medio, complessità
timbrica. Spesso è come se la musica “prendesse la rincorsa” per lanciare una
sezione più agitata, che può anche essere più mossa (come il Plus Animè a 102).
Questa caratteristica si traspone immediatamente sulla danza e sulla scena
agitata: crescendi e diminuendi complessivi servono a presentare le ondate di
irruzione dei pirati, nonché a generare la dinamica del corpo di ballo.
Si è cercato di raccogliere nel grafico a pag. 13 l’andamento di quattro
parametri nel corso di tutto il brano, per mostrare che lo scarto tra di essi è
sempre limitato, ovvero variano con un andamento simile. Il procedimento è
stato il seguente: si è indicizzato il brano con 32 numeri di colore verde
posizionati in testa alla partitura, molti dei quali, peraltro, sovrapposti ai numeri
di riferimento originali. Ciascun numero indica un punto del quale è stata fatta
l’analisi per parametri ed è collocato appositamente nella partitura per
intercettare i punti di massima e minima crescita. Gli stessi numeri sono le
ascisse del grafico. In seguito, sono stati individuati 5 livelli di crescita, a

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ciascuno dei quali corrispondono valori diversi dei parametri, come indicato in
tabella. Dunque ad ogni configurazione dei quattro parametri, in
corrispondenza di un indice di posizione sulla partitura, sono associati quattro
numeri tra 1 e 5, che saranno le ordinate degli indici sopraccitati. Con quattro
linee di colori diversi si uniscono allora i punti mostrando l’andamento dei
quattro parametri nel corso del brano. L’operazione richiede un po’ di
approssimazione, nel senso che non è stato possibile riportare l’andamento dei
parametri per ogni singola battuta per ovvie ragioni di spazio, ma ciò non è un
problema dal momento che si guarda all’aspetto complessivo del parametro
Crescita. Inoltre, per il prelevamento dei dati si è usato il massimo rigore.

Tabella: suddivisione dei valori dei parametri

Parametro Intensità sonora Complessità Frequenza ritmica Max altezza


timbrica
Unità di misura (segni di dinamica) (n° strumenti (colpi per battuta) (n° d’ottava)

{
diversi)

1 pp o < 1-4 1-2 0-1

2 p 5-10 3 2

Livelli 3 mf 11-14 4-5 3

4 f 15-22 6-7 4-5

5 ff o > 23-29 8 6

Si fanno le ulteriori precisazioni sul modo in cui i parametri sono stati misurati:
• Come intensità sonora si è scelta la dinamica dominante in quel punto con
criteri aritmetici e tenendo conto della numerosità degli strumenti che
suonano. Ad esempio, se cinque legni suonano piano e tutti gli archi più l’arpa
suonano mezzoforte, la scelta del parametro è 3 (mezzoforte).
• La complessità timbrica è stata calcolata contando semplicemente il numero
di strumenti diversi che suonano. Per esempio, al punto 10 sono in 14 (si
contano come un unico strumento le due divisioni di violini e lo stesso per le
due arpe e i due corni).
• Dato che ritmi suonati con timbri diversi sono più incidenti di ritmi suonati
con timbri uguali, cioè da strumenti uguali, per calcolare la frequenza ritmica
si è eseguito, ad ogni passo, il conteggio dei colpi ritmici per battuta (=numero
di note che compaiono, in orizzontale, in una battuta) di ogni strumento,

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dividendo per l’indice di complessità timbrica, cioè appunto il numero di


strumenti diversi.
• L’altezza massima è espressa appunto con il numero d’ottava in cui ricade la
nota più alta che compare in quel passo. Le ottave sono numerate con la
convenzione franco-belga (Do centrale = Do3).
Di seguito si riporta il grafico:

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Danza delle coppe


Tchaikovsky

Il brano è diviso in tre sezioni, di cui la prima e la terza uguali, più un finale;
dunque l’indicizzazione corrispondente è: A-B-A-F. Sono stati poi individuati e
segnati semifrasi, frasi e periodi, delimitandoli rispettivamente con lineette
azzurre, rosse e viola apposte sopra i righi della partitura. I periodi sono stati
numerati, ma non le frasi e le semifrasi, per evitare un proliferare di indici sulla
partitura. Ad ogni modo si indicherà la semifrase x della frase y del periodo z
della sezione W con il seguente formato: W.z.y.x. Ciò sarà d’aiuto più avanti
nell’analisi del dialogo orchestrale.

Nella gran parte del brano le voci melodiche e quelle di accompagnamento


eseguono contemporaneamente gli stessi ritmi, ma raramente accade che ritmi
diversi vengano sovrapposti in un unico passo. Il risultato è una musica limpida
e con un tempo assai facile da contare, elemento distintivo di una musica
destinata alla danza. Infatti, come già detto, i ballerini devono affidarsi al tempo
della musica per coordinarsi reciprocamente dacché non possono guardarsi
sempre, e, se il tempo non è chiaro, la coesione d’insieme viene meno.
Naturalmente questo concetto è noto ai compositori, specie a Tchaikovsky, che
collaborò con i migliori Teatri russi per la realizzazione dei suoi tre balletti.
Un primo sguardo alla partitura potrebbe dar torto a quanto affermato
sull’unità ritmica del brano, dato che, in realtà, vengono sovrapposti già
dall’inizio ritmi differenti. Un’analisi più attenta, però, rivela che i ritmi
sovrapposti derivano tutti da un’unica cellula tramite progressivi addensamenti e
variazioni di durata. Inoltre, anche procedendo in orizzontale si nota una
trasformazione graduale dei ritmi. Il seguente diagramma ad albero mostra
come avvengono tali trasformazioni tramite lo sviluppo della cellula base e i
ritmi che compaiono nel diagramma sono tutti e soli i ritmi presenti nel brano.
Dunque, ritmi che sulla partitura sono apparentemente diversi, possono invece
essere identificati se appartengono ad uno stesso ramo di questo diagramma.

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(2)

(1)

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Alcuni ritmi possono anche presentarsi tronchi, cioè privi dell’ultimo o gli ultimi
due movimenti: una pausa sostituisce la parte mancante. Un’eccezione è
costituita dall’inizio di 62, dove il ritmo (1) si presenta troncato a 2/3 della sua
lunghezza originale ed accostato tre volte senza pause, spezzando dunque il
tempo ternario, per poi ridursi ulteriormente ad 1/3 e venir ripetuto fino alla
ripresa. Un procedimento simile si ritrova anche nelle battute prima della
ripresa di A (64). Di frasi di riaggancio come queste si è parlato
precedentemente durante l’analisi di Prokofiev (cfr. pag 8). In altri casi uno
stesso ritmo può essere ripartito tra più strumenti, come accade in questo passo
(poche battute dopo 63): gli archi si alternano ad ottavi riproducendo il ritmo
(2).

Ciò che forse colpisce più di tutto in questo brano è il modo in cui l’orchestra
mette in comunicazione da un lato i suoi membri e dall’altro le diverse parti
della composizione. Ci sono quattro livelli su cui avviene il dialogo musicale,
vale a dire lo scambio di battute e risposte da parte degli strumenti: essi
dialogano attraverso le semifrasi, le frasi, i periodi e le sezioni. Si possono
individuare, cioè, alternanze a livello tematico, ritmico o fraseologico tra una
semifrase e un’altra, tra una frase e un altra, tra un periodo e un altro e tra le
quattro sezioni. Questi dialoghi possono essere facilmente trasposti a dialoghi tra
ballerini, per esempio tra una sezione maschile e una femminile: ciò è
esattamente quanto fatto, per esempio, sulla contrapposizione archi/flauti
all’inizio della parte B da parte del coreografo Marius Petipa.

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Di seguito si dà uno sguardo alla dinamica di questi scambi, passando dal


generale al particolare.
1. Le sezioni sono naturalmente alternate in modo tale che la presentazione di
A sia seguita da una sezione di risposta B, dal carattere più grazioso e meno
energico rispetto alla prima, per poi riaffermare A e innalzarne l’espressività
in un finale F.
2. I periodi sono organizzati secondo la seguente successione di rapporti: ad A.
1 e A.2 risponde A.3, che prende materiale dai primi due e lo rielabora
avviando lo sviluppo del primo tema; poi d’improvviso subentra il più
agitato e iracondo (per via dei ripetuti cromatismi) A.4, che contiene
richiami del tema non gli permette di ritornare pienamente. Alla fine, però,
A.4 cede e lascia rientrare il tema principale in A.5 e A.6. Si entra nella
sezione B con B.1 che presenta un tema sullo stesso ritmo del tema
principale. Segue poi B.2, di carattere completamente diverso, e la stessa
successione avviene tra B.3-B.4 e B.5-B.6. A questo punto B.7 riprende in
parte quanto espresso da B.5, ma innalzandolo a B.8, che porta alla ripresa
di A e del tema principale.
3. Anche tra le frasi esiste un dialogo: per esempio, la B.1.2 riprende la testa
del tema dalla B.1.1 e lo conclude. Oppure, come si diceva prima, la B.1.2 è
un’evidente riecheggio da parte dei fiati della B.1.1, suonata invece dagli
archi.
4. Lo scambio di materiale e il rapporto tra le semifrasi è già evidente dal
modo in cui sono stati suddivisi (si sono presi in considerazione elementi
quali la ripetitività degli incisi, dei ritmi o l’andamento della melodia per
determinare i confini tra un inciso e l’altro). Tuttavia vale la pena notare un
paio di casi in cui il dialogo avviene tra sezioni dell’orchestra, oltre che tra
un inciso e l’altro:
• Le semifrasi A.4.1.1 e A.4.1.2 e quelle a seguire presentano la ripetizione della
stessa cellula prima da parte dei violini e delle viole e in seguito da parte dei
flauti e del piccolo, come se queste sezioni di strumenti si rincorressero
vicendevolmente.
• La frase B.7.1 è costituita da quattro semifrasi in cui quattro sezioni di
strumenti propongono una dopo l’altra, dal grave all’acuto e con variazione
armonica, la stessa semifrase.

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CONSERVATORIO “G. VERDI” A.A. 2017-2018 FABIO CAIRONI

È noto che l’uso di giochi imitativi e dialoghi orchestrali è una tecnica comune
nella composizione. Tuttavia, ancora una volta, un loro eccessivo uso, come in
questo caso, può far presagire che la musica non sia fine a sé stessa, ma che
l’inserimento di queste tecniche sia stato fatto con uno scopo definito ed
extramusicale.

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CONSERVATORIO “G. VERDI” A.A. 2017-2018 FABIO CAIRONI

Conclusioni
È stato visto come, tramite l’analisi della partitura, l’ascolto generale e l’ascolto
mirato, la musica di questi tre brani presenta tutte le caratteristiche ideali per
una musica da balletto. D’altronde si è anche osservato come certe scelte relative
alla strumentazione, al timbro e alla sonorità di talune sezioni sarebbero strane o
ardite per una musica non finalizzata al balletto. Inoltre, in tutte queste
composizioni il ritmo è ben scandito e la musica ha un andamento costante, cioè
non ci sono interruzioni, cambi repentini, variazioni agogiche, momenti di
tempo indefinito. Ciò accade perché, come già evidenziato, la musica, nonché il
suo compositore, non è libera ma al servizio della danza e dei ballerini: in
qualche modo essa stessa disegna il movimento fisico prima ancora che questo
venga pensato.
Inoltre nel balletto, così come nell’opera, è della musica, spesso, il compito di
introdurre nuove ambientazioni, nuovi personaggi, o solamente creare i dettagli
scenici che arricchiscono la narrazione. A sua volta, naturalmente, la musica è
completata dal balletto e dunque si può comprendere cosa sta accadendo solo
guardando e ascoltando insieme.
Questa tesina descrive solo una delle fusioni della musica con altre discipline:
tanti sono e tanti saranno i modi in cui essa lega ad altre arti. La sua versatilità è
un indice della sua grande complessità e bellezza e le forme che può assumere
stimoleranno sempre la ricerca e l’analisi in campo musicale.

Bibliografia:
LARUE, JAN - Guidelines for Style Analysis
RESTAGNO, ENZO - Ravel e l’anima delle cose

Le partiture sono state tratte dal sito www.imlsp.org.

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