1 Luglio 2018
1. Introduzione
Figura 1
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I due emisferi rappresentano un vero e proprio affascinante mistero rinascimentale: il
primo (anche in ordine cronologico) può essere considerato un vero antesignano dei
planetari per l’inedito realismo e precisione delle posizioni stellari, mentre il secondo, copia
artisticamente e scientificamente più scadente, conserva intatto l’enigma della
duplicazione e rilancia urgenti domande sullo scopo e l’interpretazione di simili inediti
artefatti collocati in ambiente sacro. Domande a cui sono state date molte possibili
risposte, mai del tutto soddisfacenti, che si concentrano ormai su due sole date possibili
per il cielo rappresentato: il 6 luglio del 1439[2] e il 4 o 5 luglio del 1442 [3], ambedue ben
sostenute dall’analisi della cartografia. All’incertezza sulla datazione si aggiunge per
carenza di fonti quella sugli autori materiali dell’opera, pittore e astronomo incaricato del
programma iconografico e delle misure, che sembra almeno parzialmente dissipata per
quanto riguarda quest’ultima figura, da tempo indicata in Paolo dal Pozzo Toscanelli[4]. Un
serrato confronto statistico dei due emisferi con le sue carte celesti superstiti, conservate
nel Fondo Magliabechiano della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, permette infatti
ormai di attribuirgliene la paternità con ragionevole certezza[5].
Come attestato da innumerevoli documenti e ben ricostruito da Dale Kent [7], Cosimo è
certamente il committente dei lavori della Sagrestia Vecchia in San Lorenzo, subentrato a
suo padre Giovanni, lì sepolto fin dal 1429, che la volle edificata da Brunelleschi. Quei lavori
a partire dagli anni ’40 del XV secolo si estesero alla cappella maggiore e alla navata
centrale[8], sancendo così ufficialmente il patrocinio mediceo e rendendo la chiesa il cuore
religioso del territorio cittadino dominato dalla famiglia, insieme al convento di San Marco,
le cui opere di restauro si stavano appena concludendo.
Richiamato trionfalmente dal breve esilio veneziano a cui lo avevano costretto gli avversari
ai vertici della Signoria, Cosimo aveva subito iniziato a tessere la sua ambiziosa tela
politica con l’essenziale sostegno di Eugenio IV, in fuga da una Roma agitata da tumulti e
fermenti ribelli e tormentato dalla minaccia del Concilio di Basilea.
La realizzazione della cupolina nella scarsella della Sagrestia Vecchia dovette avvenire
qualche anno dopo la conclusione del memorabile evento, forse nel momento in cui
Cosimo otteneva il patrocinio della basilica di San Lorenzo nell’estate del 1442. Non
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esistono documenti che ne parlino direttamente tra quelli reperiti riguardo alla decorazione
dell’ambiente e agli interventi di Donatello, e risulta estremamente problematico inquadrare
questo contributo astronomico nel programma iconografico della Sagrestia, che riguarda i
temi della morte e della resurrezione e il corteggio di santi prediletti dalla famiglia:
Giovanni Evangelista, Lorenzo, Cosma e Damiano.
Le costellazioni sono tracciate a mano libera, a secco, come confermato dalla riflettografia
infrarossa utilizzata durante i lavori di restauro. Lapi Ballerini ha attribuito alcune figure a
una seconda mano affrescante[12], mentre James Beck[13] ha successivamente ipotizzato
l’intervento diretto nientedimeno che di Leon Battista Alberti, sia nell’ideazione che nella
realizzazione pittorica[14]. La proposta si basa sull’insistenza nelle rappresentazioni
leonine all’interno dell’affresco, ma anche sulla somiglianza con le pitture dell’altana di
Palazzo Rucellai, attribuite allo stesso Alberti.
Quanto all’autore del programma iconografico, Beck esclude Toscanelli per assenza di
competenze artistiche, dando per scontato che astronomo e pittore debbano coincidere,
ma come abbiamo già accennato mastro Pagolo è quasi certamente l’autore della
cartografia ed è ragionevole pensare che l’opera sia frutto di una sua collaborazione con
Alberti, visto che sappiamo per certo che collaborarono in altre occasioni[15].
5. Quattro stelle di questo medesimo campione sono presenti nelle carte di Toscanelli e
mancanti in ogni altro catalogo di stelle dell’epoca che è stato possibile esaminare[18].
Se l’enigma dell’autore del programma sembra così risolto, resta tuttavia intatta la
difficoltà interpretativa: a cosa di tanto importante si riferisce il firmamento delle due
cupoline da essere riprodotto in due distinte occasioni e da due famiglie differenti, pur unite
al tempo da una solida alleanza (Figura 2)?
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Figura 2
Le due datazioni celesti sopra riportate hanno ambedue i loro evidenti punti deboli: la
celebrazione della riunificazione delle due chiese sembra avulsa dal contesto religioso
della Sagrestia e della Cappella Pazzi e dalla loro trasparente riproposizione del modello
del Santo Sepolcro[19], mentre il ricordo dell’estate 1442 non sembra sostenuto a dovere
dall’elaborata e vaga teoria di alleanze con i D’Angiò della Lapi Ballerini e pare troppo
debole se riferito ad una Elezione astrologica del momento migliore per estendere
l’influenza medicea all’intera basilica di San Lorenzo[20]. L’interpretazione del cielo dei due
emisferi celesti deve essere almeno coerente con l’impianto teologico e filosofico della
Sagrestia Vecchia, e per questo motivo occorre indagare sul messaggio globale trasmesso
dalle committenze medicee del periodo che più appaiono imbevute di simbologia
astrologica.
In effetti, ad uno sguardo attento, spicca un fil rouge essenziale in molte opere ordinate da
Cosimo in quel decennio. Si tratta della narrativa dei Magi[21], con numerose scene
dell’Adorazione da parte dei tre re d’Oriente commissionate più volte, anche in tarda età,
ma già centrali a pochi anni dal Concilio. Non che i Magi venissero fin lì ignorati – basti
menzionare la grande abbondanza di opere sul tema da parte di Beato Angelico nel
decennio precedente e la celebre pala di Gentile da Fabriano commissionata da Palla
Strozzi, il rivale del pater familias mediceo – ma certamente non è un caso che il modello
tradizionale della rappresentazione venga aggiornato introducendo costumi e dettagli
osservati dal vivo tra i bizantini e che il racconto dell’Epifania catturi così persistentemente
l’attenzione dei Medici. La leggenda dei Magi, dispiegata ossessivamente in quegli anni
anche nei festeggiamenti temporanei della omonima Compagnia[22], la confraternita
patrocinata e controllata dalla famiglia, è chiaramente un dispositivo narrativo concepito
per affermare la pietà e il prestigio medicei, legittimarne il potere e la ricchezza e introdurre
velatamente un presagio monarchico di carattere profetico e sacrale nella percezione
politica coeva.
Per l’aspetto astrologico è però particolarmente significativo l’affresco della cella 39 a San
Marco[23], probabilmente già opera di un giovane Benozzo Gozzoli, dove troviamo
rappresentato al centro del corteo lo stesso Cosimo come Mago con una sfera armillare tra
le mani[24]: è il primo segno inequivocabile, oltre a quello ben noto della Stella, di un
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sapere astrologico che caratterizza i tre Re, e che non a caso è centrale nelle dottrine del
magnetico Pletone[25], tra i greci più stimati e ammirati al Concilio. Per Giorgio Gemisto,
con molta probabilità rappresentato alla sinistra di Cosimo, i Magusei sono i seguaci di
Zoroastro, il primo propagatore della antica dottrina portata a perfezione da Platone, gli
autori dei sacri Oracoli Caldaici[26], testi teurgici che nella sua visione dovrebbero essere
alla base di una rinnovata religione e filosofia universale. Pur non essendo astrologia in
senso stretto, quella degli Oracoli è una dottrina permeata di concetti e visioni celesti, che
ben si addice alle conoscenze astronomiche leggendarie di sacerdoti plasmati dalla
millenaria sapienza celeste caldea e alle competenze scientifiche di Gemisto, che è un vero
esperto della materia[27].
L’astronomia e l’astrologia sono tra l’altro un trait d’union fondamentale con uno dei pochi
intellettuali e umanisti italiani citati da Pletone nei suoi scritti, proprio quel Paolo dal Pozzo
Toscanelli autore dell’Emisfero Celeste di San Lorenzo, secondo Vespasiano da Bisticci[28]
anche grande amico e maestro di Cosimo nelle questioni astrali.
Lo stesso Pletone, che è citato con ammirazione da Ficino come ispiratore del progetto
dell’accademia neoplatonica voluta da Cosimo[29], è rappresentato ancora una volta tra i
Magi nella celebre cappella del palazzo di Via Larga, alla sinistra dell’autoritratto di
Benozzo[30]. Una presenza costante come si vede, anche a vent’anni di distanza dal
Concilio e a sette dalla sua morte nel Peloponneso (Figura 3).
Figura 3
Ma il legame tra Concilio e Magi è forte anche in un’Adorazione che paradossalmente non
li contempla, la pala realizzata intorno al 1440 da Beato Angelico per l’altare della chiesa di
San Marco. In questa opera cruciale Cosimo è ancora una volta al centro della scena
inginocchiato con devozione nelle vesti di San Cosma e in un certo senso è come un
ambasciatore dei re orientali, visto che secondo Cyril Gerbron è possibile che la tavola
fosse la stazione finale della processione organizzata ogni 4 o 5 anni per l’Epifania dalla
Compagnia dei Magi[31]. Studiando il dipinto con attenzione McKillop [32] ha individuato
nel tappeto orientale un’interessante citazione astrologica: simbolo quasi centrale
intessuto ai piedi della Vergine e dei santi è un doppio Cancro, l’unica figura con un
evidente riscontro celeste insieme alla coppia di Pesci del riquadro all’estrema destra.
Non si può fare a meno di notare che la configurazione ha nello sviluppo longitudinale del
tappeto la stessa distribuzione di quella degli emisferi (Figura 4), con il Cancro che culmina
in decima casa a breve distanza dal meridiano e i Pesci che tramontano ad ovest.
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Figura 4
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Figura 5
Ma c’è una qualche connessione tra il 6 luglio e l’Epifania? E in tal caso, quale potrebbe
essere dal momento che nessun calendario antico o moderno la segnala? Per rispondere a
questa domanda occorre prima di tutto notare che si tratta di due giorni che dividono
l’anno a metà, a sei mesi esatti di distanza l’uno dall’altro, qualcosa che probabilmente è
più di una coincidenza visto l’interesse mediceo per la sacra ricorrenza. Ma la chiave della
loro possibile relazione la si trova proprio affrontando la ricca letteratura apocrifa sui Magi,
dalla quale emerge una pista “filologica” che potrebbe essere stata seguita da Toscanelli,
magari anche su ispirazione di Pletone, benché tra i loro argomenti di discussione
conosciamo per certo solo un dibattito sulla Geografia di Strabone[35]. Secondo una
diffusa tradizione orientale di origine probabilmente siriaca o persiana, esemplificata da
testi come la Cronaca di Zuqnin[36], La Caverna dei Tesori[37] e tramandata dall’Opus
Imperfectum in Matthaeum[38], i Magi avrebbero trasmesso le loro conoscenze
astrologiche ed esoteriche attraverso i secoli su ispirazione di Adamo (o di Zoroastro),
aspettando proprio il segno celeste che avrebbe indicato l’avvento del nuovo Re dei Re[39].
L’attesa avrebbe comportato una cerimonia rituale di frequenza annuale (o mensile) di
osservazione del cielo sulla cima del Monte che i latini chiamavano Vittoriale, a poca
distanza dalla caverna dei tesori dove si conservavano testi sacri fin dall’infanzia
dell’umanità. Dall’Opus Imperfectum, un apocrifo allora considerato opera di Giovanni
Crisostomo a commento del Vangelo di Matteo e ben presente agli umanisti dell’epoca,
Toscanelli poteva ricavare informazioni essenziali sulla data e il luogo dell’avvistamento
della celebre Stella, confermate del resto dalla Legenda Aurea di Jacopo da Voragine: i
Magi risiedevano nell’Estremo Oriente presso l’Oceano (“iuxta Oceanum”), e praticavano la
loro osservazione cerimoniale ogni estate, al termine della fase della trebbiatura (“post
messem trituratoriam”) che notoriamente avveniva in luglio. Inoltre, sebbene la durata del
viaggio a Betlemme venisse stimata secondo questi testi generalmente di due anni
(“proficiscentibus autem eis per biennium praecedebat stella”), secondo Alexander Toepel
alcune redazioni dell’Opus la riducono a metà anno [40], coerentemente con la distanza
temporale dalla tradizionale data dell’Epifania, l’arrivo a Betlemme.
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C’è di più. Gli Astronomica di Manilio (allora da poco riscoperti dall’amico umanista di
Toscanelli Poggio Bracciolini) riportano, attribuendola a generici sacerdoti sulla cima del
Monte Tauro nell’Anatolia Meridionale, una cerimonia simile, dedicata all’osservazione
della levata eliaca di Sirio all’inizio dell’anno sotiaco (quando il sole passa dalla
costellazione del Cancro a quella del Leone) per divinare il clima e gli avvenimenti dei mesi
successivi[41]. Questa consuetudine osservativa, di origine iranica ma ripresa in Egitto e
dalle feste di Adone in ambiente ellenistico come ha dimostrato Cumont[42], è citata in un
altro testo perfettamente alla portata di Mastro Pagolo, quello in greco del siriano Siro
contenuto nel celebre Syntagma Laurenziano[43], disponibile all’epoca proprio a Firenze. Le
feste di Adone avvenivano proprio dopo la trebbiatura, secondo il calendario giuliano tra il
19 e il 25 luglio, ma l’effetto della precessione degli Equinozi (che come ben noto a
Toscanelli ammontava in 1400 anni ad un anticipo di una decina di giorni nel cammino del
sole lungo l’eclittica) congiunto a una latitudine molto meridionale (come da requisito
dell’Opus e secondo le mappe tolemaiche intorno ai 30° se nei pressi del Golfo Persico, a
latitudini ancora più basse se più a est, sull’Oceano Indiano) rendono compatibile la prima
apparizione di Sirio all’alba con la configurazione del cielo del 6 luglio nel XV secolo[44]
(Figura 6).
Figura 6
La scena della cerimonia osservativa di fronte alla Caverna dei Tesori, con la Stella che
ascende all’orizzonte orientale sarebbe secondo l’interpretazione di Salvatore Settis quella
rappresentata nei celebri “Tre Filosofi” di Giorgione mezzo secolo dopo[46] (Figura 7), sia
pure arricchita di dettagli estranei alla tradizione originale e ibridata con i temi della Grande
Congiunzione del 1503-1504[47].
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Figura 7
Se si accetta questa ipotetica catena di inferenze, il cielo del luglio 1439 celebrato negli
Emisferi Celesti potrebbe dunque individuare un giorno essenziale e misconosciuto del
calendario, sia dal punto di vista astronomico che teologico. La chiusura trionfale del
Concilio rispecchierebbe il momento del primo avvistamento della Stella dei Magi, il
cruciale punto della storia – in anticipo di sei mesi sulla Natività del Messia secondo
questa ricostruzione – in cui l’antica sapienza astrale pagana confluisce nella nascente e
superiore fede cristiana[48].
Il legame tra la proclamazione dell’unità delle due chiese lungamente separate in quella
fatidica mattina del 6 luglio 1439 – la celebre bolla Laetentur Coeli[49] – e il cielo di San
Lorenzo e Santa Croce sarebbe dunque duplice: da un lato risponderebbe alle regole
dell’astrologia elettiva, pervasive ormai da decenni anche in territorio fiorentino[50], ma
soprattutto – vista la debolezza dell’oroscopo e la sua abbondanza di aspetti negativi che
certo di per sé non ne giustificherebbe la scelta per una così importante celebrazione
(Figura 8) – sarebbe dominato da una esigenza che si può a buon diritto definire mitica
quanto teologica.
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Figura 8
Quella di rinforzare la narrativa legata ai Magi come corrispettivo allegorico della dinastia
medicea e come trasfigurazione nobile e sacra in grado di riscattare non solo l’origine
popolare e priva di sangue blu, ma anche lo spirito mercantile della famiglia,
particolarmente gravido di peccati in prospettiva cristiana.
Allo stesso tempo, in controluce, comincia a vedersi in azione in questa committenza una
cruciale dinamica filosofica oltre che religiosa e politica. La sapienza orientale dei Magi,
come noto, è fin da quegli anni caratterizzata da continue e diffuse allusioni iconografiche
alla delegazione bizantina[51] e i Medici riprendono e sviscerano come abbiamo visto il
tema infinite volte, dagli affreschi del Beato Angelico a quelli di Gozzoli. Giorgio Gemisto
Pletone, la figura rappresentata che più spicca, avvalora l’interesse da parte di Cosimo e
della sua cerchia intellettuale nella sua carismatica visione neoplatonica, ben prima del
decisivo intervento ficiniano. Queste prime tracce della sua influenza, che non a caso
abbiamo visto tinte di astronomia e cosmografia, si devono far risalire con tutta probabilità
a Paolo Toscanelli, figura che grazie alle sue competenze scientifiche e linguistiche era in
grado di mediare tra il filosofo greco e il banchiere fiorentino[52].
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saggezza platonica – ritraendola proprio nel momento rigoroso e tanto atteso
dell’identificazione della Stella. Infine è un cielo profetico, che risuona di echi gioachimiti in
continuità con la tradizione medievale, non solo perché celebra il sacro Astro e il suo
potenziale divinatorio materializzato nei testi della Caverna dei Tesori di iranica ispirazione,
ma anche perché sovrasta, a San Lorenzo e a Santa Croce, un’architettura che mima il
Sepolcro di Cristo e lo colloca nel contesto di una nuova Gerusalemme fiorentina[53], un
nuovo centro del mondo nelle mani oligarchiche e ambiziose dei lupi della dinastia
medicea, ancora travestiti da agnelli repubblicani.
Fortini Brown aveva già segnalato nel suo essenziale lavoro del 1981 la presenza di
strabordanti rampicanti e gigli nella ringhiera marmorea del coro della Sagrestia come
possibile allusione alla celebre profezia di Fra Antonino da Rieti del 1422[54], con la sua
promessa per Firenze di divenire nuova sede papale e di dominare la scena italiana ed
europea: la cupolina che allude al cielo dei Magi sigilla certamente questa aspirazione
politica proiettandola in una storia millenaria perfettamente in bilico tra temi sacri ed echi
profani, ed esaltando al tempo stesso con squisita discrezione il contributo mediceo,
proprio come tipico dello stile ambizioso e indiretto di Cosimo.
Fin qui abbiamo delineato un’ipotesi ragionevole che integra gli indizi, le conoscenze e i
testi disponibili a committente e astronomi con le attitudini e le politiche delle personalità
in gioco, ma bisogna ammettere che di ipotesi si tratta, priva di solidi riscontri documentali.
L’analisi scientifica si ferma all’attribuzione della cartografia a Toscanelli e alla scelta tra
due date egualmente possibili per la configurazione rappresentata. La preferenza per il 6
luglio anziché per il 4/5 luglio è in particolare basata su considerazioni molto generali e di
certo non decisive, vista anzi l’abbondanza di aspetti negativi dell’oroscopo scelto[55].
Tuttavia esiste un indizio indiretto ma molto suggestivo, che nessuno ha finora messo
minimamente in correlazione con i due emisferi celesti e che fa pendere ancora una volta la
bilancia in favore del 1439.
Si tratta di un indizio che ci porta lontano nel tempo, fino al 1484, anno di notevole
importanza astrologica e di grandi preoccupazioni astrali. Firenze è in quegli anni sotto il
controllo di Lorenzo il Magnifico all’indomani della Congiura dei Pazzi e l’astrologia
medicea sta ormai cambiando radicalmente volto: dalle velate allusioni di Cosimo, che
come abbiamo visto toccano temi profetici, teologici e strategici, si passa gradualmente a
un sempre maggiore personalismo, con la scienza dei giudizi che grazie all’impostazione di
Ficino continua a trasparire dall’iconografia e dall’architettura ma si orienta sempre più
verso la genetlialogia[56]. La tendenza esoterica persiste, ma con Leone X e soprattutto
Cosimo I si virerà con decisione verso una smaccata propaganda ad personam che si
materializzerà nel simbolo del Capricorno, col suo immodesto sottotesto augusteo.
Marsilio Ficino dunque cambia tutto, e la sua visione della Stella, come emerge
dall’affascinante sermone del 1482[57], diverge nettamente dall’approccio di Toscanelli per
come lo abbiamo ipotizzato finora. La cometa (Ficino usa esplicitamente questo termine,
ma intendendo un’apparizione angelica) appare una prima volta due anni prima della
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Natività nel Sagittario a Dicembre (in conformità con la redazione più diffusa dell’Opus), e
poi in corrispondenza della nascita a Betlemme si ripresenta nella prima facies della
Vergine per guidare i Magi, che arrivano a destinazione appena ventuno giorni dopo[58].
Figura 9
Morselli e Corti (1982) ricostruiscono nel dettaglio l’ iter del progetto e il brusco passaggio
dopo la posa della prima pietra dalle mani di Giuliano da Maiano a quelle di Giuliano da
Sangallo, architetto di Lorenzo che realizzerà quello che è con tutta probabilità un disegno
di mano dello stesso Medici. Qual è il motivo del precipitoso e radicale cambiamento al
limite dello sgarbo nei confronti delle autorità locali e del primo progettista? Come si
spiega l’improvvisa devozione mariana e l’inedito slancio architettonico del Magnifico[59]?
Si può ipotizzare che in effetti tutto dipenda dalla data dell’apparizione della Vergine: il 6
luglio, così cruciale nell’ascesa della famiglia e così importante per il nonno da averla
immortalata nella Sagrestia Vecchia. Il fatto che il miracolo fosse avvenuto durante l’anno
della Grande Congiunzione poche settimane prima del decesso dell’odiato Sisto IV deve
aver influito sul suo patrocinio, spingendolo – e non sarà certamente un caso – a
rispolverare i precetti architettonici dell’Alberti e l’innovativa pianta a croce greca, in
perfetta assonanza con la Sagrestia e la Cappella Pazzi. A sancire l’ispirazione celeste e la
componente astrologica c’è anche l’accurato orientamento astronomico dimostrato da
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Lapi Ballerini (2007), che genera ogni 15 luglio (6 nel calendario giuliano) una ierofania
sull’altare di fronte all’immagine sacra della Vergine, esattamente nell’ora del miracolo. Il
cielo cristiano e il cielo dell’astrologia ancora una volta si intrecciano.
Ma soprattutto gli emisferi fiorentini sono i predecessori del grande cielo blu lapislazzulo
adorno di stelle dorate nella Cappella Sistina pre-michelangiolesca[65], una
rappresentazione moderna e per certi versi ancora più realistica di quella di San Lorenzo,
dipinta come la cupolina di Montagnana intorno al 1480 da Pier Matteo d’Amelia su
commissione di Sisto IV, proprio nel centro spirituale della Cristianità. Che di una volta
celeste astronomica (per la resa) e astrologica (per il significato) si trattasse non può
esservi dubbio: sopravvive infatti il disegno preparatorio dell’artista[66], che mostra la
fascia dello zodiaco intorno all’eclittica da un orizzonte all’altro, e una moltitudine di astri
(tra cui quasi certamente pianeti) non più tenuti insieme dalle forme delle costellazioni e
dal linguaggio del mito. Non è ancora chiaro il significato e il tempo del cielo
rappresentato[67], forse un otto dicembre a ricordare l’Immacolata Concezione cui era
dedicata la Cappella, ma ci si può aspettare anche in questo caso un firmamento pregno di
significati teologici e auspici profetici dettati dalla scienza delle stelle (Figura 10).
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Figura 10
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Woodhouse, C.M., George Gemistos Plethon: the last of the Hellenes, Oxford, Clarendon
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Note
[1] La bibliografia sulle due architetture di Brunelleschi è molto ampia: per un’introduzione
alla Sagrestia Vecchia e alla Cappella Pazzi si può partire rispettivamente da Battisti (1976)
e da Saalman (1993).
[2] Proposta da Bing (1932) a correzione di una precedente ipotesi di Warburg (1911) e
ripresa da Fortini Brown (1981).
[4] L’ipotesi è presente per la prima volta in Parronchi (1978). Sulla figura di Toscanelli vedi
Uzielli (1984) e per un profilo più sintetico e stimolante l’ancora valido Garin (1967).
[8] All’indomani della morte del fratello (1440), omonimo del santo dedicatario della chiesa.
Ma l’impegno economico e il riconoscimento ufficiale da parte del consiglio del Gonfalone
del quartiere, del priore e dei canonici venne ratificato il 13 agosto 1442. Vedi Kent (2005),
p. 240.
[9] Per approfondire le vicende del Concilio di Ferrara-Firenze ci si può riferire al sempre
utile Gill (1959)
[15] Vedi n.16. D’ora in poi, anche se non menzionato esplicitamente, Alberti viene
considerato in questo lavoro come probabile coautore dell’emisfero e dunque anche
coinvolto nella ricostruzione filologica del cielo dei Magi.
[18] Nelle regioni da cui sono estratte le stelle di cui alla n.17 ci sono 4 stelle (presenti nei
moderni cataloghi) che appaiono solo sulle mappe di Toscanelli e sono assenti nel
catalogo di Tolomeo. Questo appare indicativo di un lavoro cartografico sperimentale
d’altronde del tutto coerente con la personalità del cosmografo fiorentino. Per la raccolta di
tavole stellari medievali consultate per confronto, ricavate da Tolomeo, si veda Chabàs e
Goldstein (2012).
[19] Sulle somiglianze della struttura con il Santo Sepolcro, a partire dalla tomba di
Giovanni passando per la lanterna che ricorda il tholos che lo sovrasta a Gerusalemme, sia
nella Sagrestia Vecchia che nella Cappella Pazzi, si veda McKillop (1991) e Lapi Ballerini
(1988).
[20] La manovra politica dei Medici e dei Pazzi è giudicata storicamente improbabile da
Kent (2000), p. 249. La vicinanza della data del 4/5 luglio 1442 alla cruciale assemblea di
San Lorenzo del 13 agosto (n. 8), può viceversa indurre a sospettare un nesso causale,
vista la frequenza con cui l’astrologia delle Elezioni veniva utilizzata al momento di
decisioni importanti. Vedi Gandolfi (2016).
[21] Per una trattazione estesa delle opere fiorentine dedicate ai Magi che rintraccia la
sorgente del tema nella famiglia degli Embriachi sul finire del ‘300 e ne studia con cura
l’evoluzione prima tra gli Strozzi e poi tra i Medici, si consulti Cardini (1993). Per una
prospettiva ancora più ampia sulla narrativa associata all’Epifania vedi Trexler (1997).
[23] Per un quadro generale delle opere commissionate al Beato Angelico da Cosimo a San
Marco, e in particolare la cella 39, è essenziale Hood (1993).
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[24] Per questo aspetto vedi specialmente Gerbron (2012), lettura essenziale che illustra
con dovizia di particolari gli stretti intrecci tra narrativa dei Magi e Concilio in prospettiva
medicea.
[25] Sulla figura di Giorgio Gemisto Pletone la letteratura è molto ampia. Si può partire dal
classico Woodhouse (1986) per approdare al recente e accurato Hladky (2014).
[26] La teurgia e il neoplatonismo tardo antico degli Oracoli sono analizzati nel
fondamentale Lewy (2011).
[27] Pletone è anche autore di un trattato astronomico piuttosto tecnico noto in due
versioni. Vedi Tihon e Mercier (1998).
[28] “S’egli era astrologo, egli n’aveva uno universale giudicio, per avere sempre praticato con
maestro Pagolo et con altri astrologi, in qualche cosa vi dava fede, et usavala in alcuna sua
cosa.” Da Bisticci (1859), pp. 258-259. La citazione di Toscanelli è contenuta in un
commento autografo di Pletone a Strabone nel manoscritto Marc. Gr. 379 conservato a
Venezia. Vedi Diller (1937).
[29] Nella celebre prefazione a Plotino (Ficino, Opera Omnia, p. 1537). Si è cercato di
demolire questa ricostruzione ficiniana mostrandola largamente d’invenzione, ad esempio
in Hankins (1991), ma l’influenza di Pletone su Cosimo è in un modo o in un altro
decisamente innegabile, come ben spiega Tambrun (2006).
[31] La pala venne inaugurata nell’Epifania del 1443, in presenza di Eugenio IV. In Gerbron
(2012), pp. 30-35.
[32] La discussione in McKillop (1983) non è purtroppo mai stata pubblicata, ma è citata in
Hood (1993), p.116.
[33] La fase Ferrarese è esclusa dall’indicazione calendariale: si aprì infatti l’8 gennaio
1438, con il Sole nel Capricorno, due soli giorni dopo l’Epifania (un caso?). Vedi Gill (1959),
p. 95.
[34] Per questi due capolavori dell’arte e dell’astronomia medievale vedi Bartolini (2013) e
Incerti (2013).
[37] Una sinossi di questo secondo importante apocrifo di origine iranica è contenuta in
Toepel (2013b).
[38] Il testo di questa serie (incompleta) di Omelie sul Vangelo di Matteo, opera di un
anonimo clerico ariano della tarda antichità, è stato edito di recente da Kellerman e Oden
(2010). Questo il passo rilevante: “Audivi aliquos referentes de quadam scriptura, etsi non
certa, tamen non destruente fidem, sed potius delectante, quoniam erat quaedam gens sita in
ipse principio orientis juxta Oceanum, apud quos ferebatur quaedam scriptura, inscripta
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nomine Seth, de apparitura hac stella, et muneribus ei hujusmodi offerendis, quae per
generationes studiosorum hominum, patribus referentibus filiis suis, habebatur deducta.
Itaque elegerunt seipsos duodecim quidam ex ipsis studiosiores, et amatores mysteriorum
caelestium, et posuerunt seipsos ad expectationem stellae illius. […] Hi ergo per singulos
annos, post messem trituratoriam, ascendebant in montem aliquem positum ibi, qui
vocabatur lingua eorum Mons Victorialis, habens in se quamdam speluncam in saxo,
fontibus, et electis arboribus amoenissimus: in quem ascendentes, et lavantes se, orabant et
laudabant in silentio Deum tribus diebus, et sic faciebant per singulos generationes,
expectantes semper, ne forte in generatione sua stella illa beatitudinis oriretur, donec
apparuit eis descendens super Montem illum Victorialem, habens in se formam quasi pueri
parvuli, et super se similitudinem crucis: et loquuta est eis, et docuit eos, et praecepit eis, ut
proficiscerentur in Judam.” Opus, Hom. II
[39] Un’efficace analisi della leggenda zoroastriana dei Magi è condotta con rigore da
Messina (1933).
[41] “Hanc qui surgentem, primo cum redditur ortu,/montis ab excelso speculantur vertice
Tauri,/
eventus frugum varios et tempora dicunt,/quaeque valetudo veniat, concordia quanta;/bella
facit pacemque refert varieque revertens/sic movet, ut vidit mundum, vultuque
gubernat.”.Manilio, Astronomica, I, 401-406.
[43] Nel codice Laur. Plut.28.34 studiato e così battezzato da Franz Boll, edito da Cumont
in CCAG, I, pp. 171-172. La traduzione in italiano, insieme ad altro testo analogo sulla levata
eliaca di Sirio, è disponibile a cura di Giuseppe Bezza alla pagina
http://www.cieloeterra.it/testi.sirio/sirio.html . Anche Alberuni e Albumasar alludono a
questa tradizione divinatoria, ma solo il secondo autore era accessibile con questa
informazione ai contemporanei di Toscanelli.
[44] La cosiddetta Canicula avveniva secondo tutte le fonti antiche tra il 19 e il 25 luglio
secondo il calendario giuliano, ma è probabile che la data si riferisse alla latitudine di Atene
e all’epoca della sua istituzione (per una tabella della levata eliaca di Sirio – stella
sull’orizzonte e sole 7° sotto l’orizzonte – a latitudini differenti e secoli diversi vedi
http://www.cieloeterra.it/strumenti/sorgeresirio.html). Ad una latitudine di 30° nell’anno 1
d.c. (la carta tolemaica dell’edizione romana del 1478 riporta una catena montuosa a
ridosso del Golfo Persico proprio a questa altezza, ma tutta la costa è intorno a 30°/31°) il
s/w Stellarium calcola la levata al 16 luglio. Tenendo conto della precessione si retrocede
così nel Quattrocento al sesto giorno del mese, con il Sole nel 22° anziché nel 25° grado del
Cancro.
[47] E’ probabile che la leggenda iranica dei Magi sia in qualche modo contaminata nel
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quadro di Giorgione con il millenarismo astrologico illustrato da Gentili (1999), che
coerentemente con altre opere giorgionesche legge temi divinatori legati al
congiunzionismo e alla temuta apparizione dell’Anticristo, derivanti dall’influenza del poeta
Augurello e dell’astrologo Abioso.
[49] Il testo della Bolla, proclamato da Eugenio IV nel corso di una lunga e solenne
cerimonia in Santa Maria Novella lunedì 6 luglio 1439 tra le 7 e le 13 (come riportato nelle
Istorie di Giovanni Cambi), è disponibile su http://w2.vatican.va/content/eugenius-
iv/la/documents/bulla-laetentur-caeli-6-iulii-1439.html.
[50] Sul tema delle elezioni astrologiche in ambiente fiorentino si può consultare Federici
Vescovini (2012).
[52] Woodhouse (1986) annovera Toscanelli insieme a Ugo Benzi, Francesco Filelfo e
Ambrogio Traversari tra i pochi umanisti che possono aver frequentato le riunioni
neoplatoniche in cui Gemisto Pletone diffondeva tra i latini le sue idee (vedi n. 35).
L’astronomo aveva tra l’altro studiato greco all’Università di Padova all’inizio del secolo,
compagno di corsi di Alberti e Cusano (Dezzi Bardeschi, 1973).
[53] Il “mito di Firenze”, con tutti i suoi echi profetici, religiosi, storici e politici, è
magistralmente indagato dall’ormai classico studio di Weinstein (1968), che approfondisce
in modo particolare la fase medicea.
[54] Fortini Brown (1981), p. 180. Magi e ruolo politico.religioso di Firenze come Nuova
Gerusalemme sono temi ben intrecciati anche da Duclos-Grenet (2014).
[55] Per una disamina tecnica delle due possibili datazioni a partire dall’evidenza
cartografica e qualche sommaria considerazione astrologica si veda Gandolfi (2016).
[56] Cox-Rearick (1984), pp. 159-178, ricostruisce molto bene l’evoluzione dell’astrologia
medicea.
[58] Pompeo Faracovi (1999), p.181. Ficino allude naturalmente al primo decano della
Vergine citando un celeberrimo passo di Albumasar e lo rende compatibile con la
lunghezza del viaggio dei Magi introducendo due apparizioni distinte della stella. Ma la
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cronologia ficiniana è piuttosto confusa: in un passo precedente (p. 178) la durata del
viaggio viene quantificata in 41 giorni. Se la seconda apparizione della cometa coincide
davvero con la Natività, la contraddizione è insanabile.
[59] Uno slancio duplice, visto che negli stessi anni Lorenzo progetta anche la sua celebre
villa di Poggio a Caiano, anch’essa orientata astronomicamente.
[60] E’ ancora una volta Aby Warburg (1911) a concentrare l’attenzione sul valore
astrologico della cupola della Sagrestia Vecchia, ma l’opera è già citata nella importante
guida di Giamboni (1700).
[63] I rapporti tra Marzio e Lorenzo devono essere stati prolungati nel tempo: qualcuno
suppone l’intervento del Medici nella drammatica vicenda della fine degli anni ’70 del
secolo che vide l’astrologo imprigionato dall’Inquisizione per il suo De Incognitis Vulgo e il
De Doctrina Promiscua del 1489/90 è proprio dedicato al Magnifico. Vedi Békés (2006).
[65] La vecchia volta astrologica della Sistina è stata analizzata recentemente da Pfisterer
(2018)
[66] Il disegno si conserva agli Uffizi (inv. 711 A). Per una esauriente bibliografia vedi
Castrichini (2009). Dezzi Bardeschi (1974) ipotizzò al riguardo del progetto della Volta
un’influenza di Alberti su Sisto IV, anche se l’opera venne realizzata quasi un decennio dopo
la sua morte.
[67] Vincenzo Farinella, in uno studio inedito citato da De Simone e Marcelli (2011), ipotizza
una carta natale di Sisto IV, mentre Pfisterer (2018) lo considera un cielo di agosto, legato
all’Assunzione. L’ipotesi di chi scrive, coerente con la dedicazione della Cappella, sarà
descritta in uno studio in preparazione.
[68] Sulla lettura astronomica della cupolina in Santa Maria del Popolo si veda Weil-Garris
Brandt K. (1986), su quella della cappella napoletana, invece, Canone (2005). In ambedue i
casi la mappa celeste di grande precisione cartografica trascolora in una rappresentazione
puramente simbolica, dove le stelle lasciano il posto alle pure figure delle costellazioni.
Giangiacomo Gandolfi
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Astrophysicist, scientific consultant and researcher with a long-standing experience in the
field of Space Science, Institutional Outreach and of Planetaria, is currently a member of
the staff of scientific curators of Planetario di Roma.
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